SENTENZA N. 105
ANNO 2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Luigi MAZZELLA Presidente
- Gaetano SILVESTRI Giudice
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della legge della Regione Abruzzo 5 aprile 2012, n. 16 [Modifiche alla L.R. 14 settembre 1999, n. 77 (Norme in materia di organizzazione e rapporti di lavoro della Regione Abruzzo) ed alla L.R. 23 marzo 2000, n. 43 (Contributo al Circolo d’Arte e Cultura “Il Quadrivio” di Sulmona per l’organizzazione del Premio Sulmona)], promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato l’11-13 giugno 2012, depositato in cancelleria il 18 giugno 2012 ed iscritto al n. 93 del registro ricorsi 2012.
Udito nell’udienza pubblica del 12 marzo 2013 il Giudice relatore Luigi Mazzella;
udito l’avvocato dello Stato Enrico Arena per il Presidente del Consiglio dei ministri.
1.– Con ricorso notificato l’11 giugno 2012 e depositato in cancelleria il 18 giugno 2012, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, in riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1 della legge della Regione Abruzzo 5 aprile 2012, n. 16 [Modifiche alla L.R. 14 settembre 1999, n. 77 (Norme in materia di organizzazione e rapporti di lavoro della Regione Abruzzo) ed alla L.R. 23 marzo 2000, n. 43 (Contributo al Circolo d’Arte e Cultura “Il Quadrivio” di Sulmona per l’organizzazione del Premio Sulmona)].
La norma impugnata sostituisce il comma 5 dell’art. 22 della legge della Regione Abruzzo 14 settembre 1999, n. 77 (Norme in materia di organizzazione e rapporti di lavoro della Regione Abruzzo), il quale dispone ora che «In deroga alle percentuali di cui al comma 1, gli incarichi di Dirigente di Servizio nelle more della copertura a tempo indeterminato ed al fine di garantire specifiche necessità funzionali dell’Ente possono essere conferiti, entro il limite del 10% delle posizioni dirigenziali, con contratto a tempo determinato rinnovabile per massimo 3 anni, a dipendenti regionali di categoria D a tempo indeterminato in servizio presso la Direzione interessata, in possesso dei requisiti per l’accesso alla qualifica dirigenziale, nonché di una specializzazione professionale altamente qualificata. Gli incarichi sono conferiti dalla Giunta Regionale mediante selezione, su proposta del Direttore competente, nel rispetto delle relazioni sindacali».
Ad avviso del ricorrente, la disposizione censurata aumenta indebitamente il limite percentuale per il conferimento degli incarichi dirigenziali a soggetti non appartenenti ai ruoli dirigenziali dell’amministrazione e, altrettanto illegittimamente, prevede un rinnovo per tre anni di tali incarichi, ponendosi in contrasto sia con l’art. 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), che impone un limite percentuale pari all’8 per cento e una durata degli incarichi che non può eccedere i cinque anni, sia dell’art. 19, comma 6-ter, del medesimo decreto legislativo, il quale estende alle Regioni l’applicabilità della disposizione del richiamato comma 6.
La difesa dello Stato aggiunge che la norma regionale impugnata, prevedendo la conferibilità degli incarichi da essa contemplati esclusivamente ai dipendenti regionali in servizio presso la direzione interessata, accorda a tali lavoratori un beneficio, a danno di tutti gli altri che sono ugualmente in possesso dei requisiti per accedere alla qualifica dirigenziale, determinando in questa maniera un’ingiustificata disparità di trattamento a favore dei primi.
L’art. 1 della legge reg. Abruzzo n. 16 del 2012 contrasterebbe, pertanto, con i principi di uguaglianza e ragionevolezza, nonché di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione e del pubblico concorso, enunciati, rispettivamente, dall’art. 3 e dall’art. 97, primo e terzo comma, della Costituzione.
Il ricorrente menziona, al riguardo, la sentenza di questa Corte n. 213 del 2010 che, con espresso riferimento ai dirigenti, ha precisato che le deroghe alla regola del pubblico concorso possono ritenersi consentite a condizione, da un lato, che siano previsti adeguati criteri selettivi volti a garantire la necessaria professionalità degli assunti e, dall’altro, che la legge bilanci in modo equilibrato il criterio di selezione del personale mediante concorso pubblico con sistemi alternativi allo stesso, stabilendo percentuali rigorose entro le quali è consentito all’ente pubblico il ricorso alle procedure di selezione interne.
L’Avvocatura generale dello Stato deduce altresì che questa Corte ha dichiarato che l’accesso al concorso può essere condizionato al possesso di requisiti fissati dalla legge allo scopo di consolidare pregresse esperienze lavorative maturate nell’ambito dell’amministrazione, purché non si escludano o riducano, attraverso norme di privilegio, le possibilità di accesso per tutti gli altri aspiranti, con violazione del carattere pubblico del concorso (sentenze n. 34 del 2004 e n. 141 del 1999). Possibilità di accesso alla dirigenza che invece sarebbero state irragionevolmente precluse dalla norma impugnata ai dipendenti non facenti parte della direzione generale interessata.
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso, in riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1 della legge della Regione Abruzzo 5 aprile 2012, n. 16 [Modifiche alla L.R. 14 settembre 1999, n. 77 (Norme in materia di organizzazione e rapporti di lavoro della Regione Abruzzo) ed alla L.R. 23 marzo 2000, n. 43 (Contributo al Circolo d’Arte e Cultura “Il Quadrivio” di Sulmona per l’organizzazione del Premio Sulmona)].
La norma sostituisce il comma 5 dell’art. 22 della legge della Regione Abruzzo 14 settembre 1999, n. 77 (Norme in materia di organizzazione e rapporti di lavoro della Regione Abruzzo), il quale dispone ora che «In deroga alle percentuali di cui al comma 1, gli incarichi di Dirigente di Servizio nelle more della copertura a tempo indeterminato ed al fine di garantire specifiche necessità funzionali dell’Ente possono essere conferiti, entro il limite del 10% delle posizioni dirigenziali, con contratto a tempo determinato rinnovabile per massimo 3 anni, a dipendenti regionali di categoria D a tempo indeterminato in servizio presso la Direzione interessata, in possesso dei requisiti per l’accesso alla qualifica dirigenziale, nonché di una specializzazione professionale altamente qualificata. Gli incarichi sono conferiti dalla Giunta Regionale mediante selezione, su proposta del Direttore competente, nel rispetto delle relazioni sindacali».
Ad avviso del ricorrente, così disponendo, l’art. 1 della legge reg. Abruzzo n. 16 del 2012 vìola l’art. 3 Cost., perché, prevedendo la conferibilità degli incarichi da esso contemplati esclusivamente ai dipendenti regionali in servizio presso la direzione interessata, accorda a tali lavoratori un beneficio a danno di tutti gli altri che sono ugualmente in possesso dei requisiti per accedere alla qualifica dirigenziale, determinando in questa maniera un’ingiustificata disparità di trattamento a favore dei primi.
La difesa dello Stato aggiunge che la norma impugnata lede anche l’art. 97, primo e terzo comma, della Costituzione. In primo luogo, per contrasto con i principi di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione, poiché aumenta il limite percentuale massimo stabilito per il conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti non appartenenti ai ruoli dirigenziali dell’amministrazione e ne prevede un rinnovo per tre anni, in difformità con quanto previsto dai principi fondamentali che disciplinano l’organizzazione degli uffici e il rapporto di impiego alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni stabiliti dal decreto legislativo 30 marzo 2011, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), e, in particolare, dall’art. 19, comma 6, di detto decreto legislativo. In secondo luogo, perché, seppure la partecipazione al concorso può essere condizionato al possesso di requisiti fissati dalla legge allo scopo di consolidare pregresse esperienze lavorative maturate nell’ambito dell’amministrazione, la norma censurata preclude irragionevolmente l’accesso alla dirigenza ai dipendenti non facenti parte della direzione generale interessata.
2.– La questione sollevata in riferimento all’art. 97 Cost. è fondata.
Il comma 5 dell’art. 22 della legge reg. Abruzzo n. 77 del 1999 (così come sostituito dalla norma impugnata) prevede che gli incarichi di dirigente di servizio sostituito possano essere conferiti ai dipendenti regionali appartenenti alla qualifica impiegatizia di categoria D entro il limite del 10 per cento. Tale quota si aggiunge a quella, anch’essa pari al 10 per cento, prevista dal comma 1 dello stesso art. 22 per gli incarichi attribuibili a soggetti esterni all’ente regionale con contratto a tempo determinato.
Pertanto, per effetto della norma impugnata, la quota di incarichi conferibili a soggetti non appartenenti ai ruoli dirigenziali regionali può arrivare al 20 per cento e ciò contrasta con il principio di buon andamento della pubblica amministrazione.
Quest’ultimo, infatti, richiede che le funzioni di direzione delle strutture fondamentali dell’apparato burocratico (appunto, quelle di livello dirigenziale) siano attribuite a soggetti muniti di adeguate competenze; il che è assicurato essenzialmente dal fatto che i soggetti cui quegli incarichi sono affidati rivestano la corrispondente qualifica alla quale abbiano avuto accesso a seguito di apposita selezione comparativa.
Ciò non esclude, ovviamente, che, in mancanza di dipendenti che possano vantare questi requisiti, sia consentito all’amministrazione di affidare temporaneamente tali funzioni a soggetti che offrano comunque adeguate garanzie circa il possesso dell’idonea attitudine professionale.
Tuttavia, al fine di non vanificare, nei fatti, le esigenze tutelate dall’art. 97 Cost., è necessario che simili deviazioni dalla regola generale siano contenute entro limiti quantitativi ristretti e che i soggetti in questione siano individuati in maniera tale da assicurare il possesso della necessaria professionalità.
Ed infatti, l’art. 19, comma 6, del d. lgs. n. 165 del 2001 prevede che gli incarichi dirigenziali possano essere affidati a soggetti non appartenenti ai ruoli dirigenziali dell’amministrazione entro il limite massimo complessivo del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti di prima fascia e dell’8 per cento della dotazione organica di quelli di seconda fascia.
Orbene, il fatto che la norma regionale impugnata consenta, invece, il ricorso al conferimento di incarichi dirigenziali in misura addirittura doppia rispetto alla disciplina stabilita dallo Stato nell’esercizio della sua competenza esclusiva in materia, costituisce un sicuro indizio dell’incongruenza della norma stessa rispetto alla realizzazione del principio del buon andamento della pubblica amministrazione.
Se si aggiunge che la norma impugnata è caratterizzata da una notevole vaghezza circa il meccanismo di individuazione degli impiegati cui conferire gli incarichi di dirigente di servizio (è richiesta, genericamente, una “selezione”, senza che siano precisate né le modalità di svolgimento della stessa, né i criteri in base alla quale essa dovrebbe essere condotta), si deve concludere nel senso che l’art. 1 della legge reg. Abruzzo n. 16 del 2012 finisce per consentire che un rilevante numero di incarichi dirigenziali siano attribuiti a soggetti estranei ai ruoli dirigenziali dell’amministrazione senza che siano prestabilite adeguate garanzie circa la loro selezione.
La norma, complessivamente considerata, contrasta, dunque, con il principio del buon andamento della pubblica amministrazione. Pertanto, fermo restando l’effetto abrogativo dell’originario testo del comma 5 dell’art. 22 della legge reg. Abruzzo n. 77 del 1999 (non oggetto di impugnazione da parte del Presidente del Consiglio dei ministri), deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge reg. Abruzzo n. 16 del 2012, limitatamente alla parte in cui introduce la nuova disciplina in materia di conferimento di incarichi di dirigente di servizio.
Resta assorbito il profilo di illegittimità costituzionale sollevato in riferimento all’art. 3 della Costituzione.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 1 della legge della Regione Abruzzo 5 aprile 2012, n. 16 [Modifiche alla L.R. 14 settembre 1999, n. 77 (Norme in materia di organizzazione e rapporti di lavoro della Regione Abruzzo) ed alla L.R. 23 marzo 2000, n. 43 (Contributo al Circolo d’Arte e Cultura “Il Quadrivio” di Sulmona per l’organizzazione del Premio Sulmona)], nella parte in cui sostituisce l’articolo 22, comma 5, della legge della Regione Abruzzo 14 settembre 1999, n. 77 (Norme in materia di organizzazione e rapporti di lavoro della Regione Abruzzo).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 maggio 2013.
F.to:
Luigi MAZZELLA, Presidente e Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 29 maggio 2013.