Sentenza n. 213 del 2010

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SENTENZA N. 213

ANNO 2010

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-          Francesco                     AMIRANTE                                      Presidente

-          Ugo                              DE SIERVO                                        Giudice

-          Paolo                            MADDALENA                                         “

-          Alfio                             FINOCCHIARO                                       “

-          Alfonso                         QUARANTA                                            “

-          Franco                          GALLO                                                     “

-          Luigi                             MAZZELLA                                              “

-          Gaetano                        SILVESTRI                                               “

-          Sabino                          CASSESE                                                 “

-          Maria Rita                    SAULLE                                                   “

-          Giuseppe                      TESAURO                                                “

-          Paolo Maria                  NAPOLITANO                                        “

-          Giuseppe                      FRIGO                                                      “

-          Alessandro                   CRISCUOLO                                           “

-          Paolo                            GROSSI                                                    “

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 8, commi 4 e 6 (recte: comma 2), della legge della Regione Trentino-Alto Adige 15 luglio 2009, n. 5 (Norme di accompagnamento alla manovra finanziaria di assestamento per l’anno 2009), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 18-23 settembre 2009, depositato in cancelleria il 22 settembre 2009 ed iscritto al n. 62 del registro ricorsi 2009.

Visto l’atto di costituzione della Regione Trentino-Alto Adige;

udito nell’udienza pubblica del 27 aprile 2010 il Giudice relatore Luigi Mazzella;

uditi l’avvocato dello Stato Enrico Arena per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Daria De Pretis e Luigi Manzi per la Regione Trentino-Alto Adige.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso depositato in cancelleria il 22 settembre 2009, il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso, con riferimento agli articoli 2, 51, primo comma, e 97, primo e terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, commi 4 e 6 (recte: comma 2), della legge della Regione Trentino-Alto Adige 15 luglio 2009, n. 5 (Norme di accompagnamento alla manovra finanziaria di assestamento per l’anno 2009).  

Riferisce il Presidente del Consiglio dei ministri che tale articolo, che apporta modificazioni della legge regionale 9 novembre 1983, n. 15 (Ordinamento degli uffici regionali e norme sullo stato giuridico e trattamento economico del personale), e segnatamente al suo art. 24, e successive modificazioni e integrazioni, stabilisce, al comma 4 di quest’ultima disposizione, che «la qualità di dirigente è conferita a seguito di concorsi pubblici per esami o per titoli ed esami o a seguito di concorsi per titoli riservati agli iscritti all’albo degli idonei alle funzioni dirigenziali». Il correlato comma 6, a sua volta, dispone che «con regolamento la Giunta definisce le ipotesi di ricorso alle diverse procedure concorsuali di cui al comma 4, le tipologie delle prove e le modalità di svolgimento degli esami, nonché i criteri di valutazione dei titoli». 

Ritiene il Presidente del Consiglio che entrambi i riportati commi 4 e 6 siano illegittimi. Il comma 4, in particolare, disponendo che la qualifica di dirigente sia conferita anche «a seguito di concorsi per titoli riservati agli iscritti all’albo degli idonei alle funzioni dirigenziali» e prevedendo, pertanto, la possibilità che la qualifica di dirigente sia attribuita anche con soli concorsi per titoli e riservati, si porrebbe in contrasto con i principi di ragionevolezza, imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione tutelati dagli articoli 3, 51, primo comma, e 97, primo e terzo comma, della Costituzione, nonché con il principio costituzionale del pubblico concorso, che offre le migliori garanzie di selezione dei più capaci, in funzione dell’efficienza della stessa amministrazione, anche per l’accesso dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni a funzioni più elevate. 

La circostanza, poi, che tale disposizione sia stata introdotta da una legge della Regione Trentino-Alto Adige, che in base all’art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) ha competenza legislativa primaria in materia di ordinamento degli uffici regionali e del personale ad essi addetto, secondo il Presidente del Consiglio non inciderebbe sui termini della questione, dato che tale competenza dovrebbe pur sempre essere esercitata in armonia con la Costituzione.

2. – Si è costituita in giudizio la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol e ha chiesto il rigetto del ricorso. Secondo la resistente, l’art. 8 della legge regionale n. 5 del 2009, ben lungi dal violare gli invocati principi, avrebbe apportato un miglioramento al previgente sistema, basato esclusivamente sul concorso interno, con l’introduzione, in suo luogo, di un duplice canale per l’acquisizione della qualifica dirigenziale, articolatesi nel concorso pubblico, per esami o per titoli ed esami, e nel concorso interno per titoli, riservato al personale iscritto nell’albo degli idonei alle funzioni dirigenziali. In essa sarebbero offerte dunque precise indicazioni circa le condizioni alle quali è consentito derogare al principio del pubblico concorso.

Il sistema riservato di selezione in essa previsto, concorrendo con il meccanismo aperto, presenterebbe tutti i requisiti in presenza dei quali la Corte riconosce la legittimità di tale forma di selezione, dato che, nella giurisprudenza della Corte costituzionale il principio del concorso pubblico è derogabile, al fine di consentire il consolidamento di pregresse esperienze lavorative maturate nella stessa pubblica amministrazione, a condizione che la legge preveda adeguate condizioni di accesso, tra le quali: a) che la riserva in favore di personale interno non sia integrale; b) che la deroga alla regola del concorso sia giustificata da situazioni differenti e peculiari rispetto a quelle che danno luogo al concorso pubblico, e in particolare dall’esigenza di garantire il buon andamento dell’amministrazione o di attuare altri principi di rilievo costituzionale.

Secondo la Regione, la previsione impugnata non contempla affatto la possibilità che la qualifica di dirigente sia attribuita anche con soli concorsi per titoli e riservati, ma contemplerebbe due distinti meccanismi, destinati a concorrere nel reclutamento del personale da preporre alle qualifiche dirigenziali, ossia la selezione pubblica per esami o per titoli ed esami, e il concorso interno per coloro che hanno superato l’esame finale di apposito corso; e spetta al regolamento il compito di identificare le ipotesi di ricorso alle diverse procedure (art. 8, comma 6).

La difesa della Regione sottolinea, infine, che il personale per il quale opera il meccanismo di selezione riservato (per una percentuale dei posti da coprire, come già detto) è inquadrato nelle posizioni dell’area C - direttiva -, alla quale si accede con laurea e mediante concorso pubblico, e ha conseguito l’iscrizione all’albo degli idonei alle funzioni dirigenziali, al quale accede solo il personale in possesso dell’idoneità alla direzione d’ufficio e del diploma di laurea almeno quadriennale che abbia superato l’esame finale del corso di formazione per aspiranti dirigenti indetto dall’amministrazione.

3. – Con memoria depositata il 6 aprile 2010 la Regione illustrava ulteriormente le proprie conclusioni.

Considerato in diritto

1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri dubita, con riferimento agli articoli 2, 51, primo comma, e 97, primo e terzo comma, della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 8 della legge 15 luglio 2009, n. 5 (Norme di accompagnamento alla manovra finanziaria di assestamento per l’anno 2009).  

La norma regionale censurata, in materia di dirigenti regionali, apporta una significativa modifica al sistema di selezione del personale dirigente nei ruoli della Regione Trentino-Alto Adige.

Originariamente l’art. 24 della legge regionale n. 15 del 1983 prevedeva che tale personale dovesse essere selezionato esclusivamente all’interno dell’amministrazione regionale, mediante concorso interno per titoli ed esami.

Tale sistema era stato modificato ed integrato dall’art. 17 della successiva legge regionale 11 giugno 1987, n. 5 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 9 novembre 1983, n. 15 “Ordinamento degli uffici regionali e norme sullo stato giuridico e sul trattamento economico del personale”), e dalla successiva legge regionale 6 dicembre 1993, n. 22 (Adeguamento normativo della dirigenza e disposizioni urgenti in materia di personale). In conseguenza delle modifiche apportate da tale ultima novella, in aggiunta al personale dirigente selezionato con concorso interno, veniva introdotta la possibilità di distacco da altre amministrazioni.

Rispetto al sistema sopra descritto, la legge regionale impugnata, da un lato, ha sostituito al concorso interno per esami e titoli, un concorso interno per soli titoli, riservato agli iscritti ad un albo di soggetti idonei alle funzioni dirigenziali; dall’altro, ha introdotto, in alternativa alla selezione interna dei dirigenti, anche il concorso aperto a personale esterno. Infine, essa ha rimesso alla Giunta regionale il compito di precisare, con apposita norma regolamentare, le ipotesi di ricorso alle due procedure alternative.

Il Presidente del Consiglio reputa la norma illegittima in quanto consentirebbe alla Giunta di coprire i posti di dirigenti a disposizione soltanto mediante concorsi interni per titoli. Il sistema introdotto, pertanto, sarebbe irragionevole e violerebbe sia i principi di imparzialità e di buon andamento della pubblica amministrazione, di cui all’art. 97, primo comma, sia il principio del pubblico concorso, di cui agli artt. 51 e 97, terzo comma, della Costituzione.

La Regione, per contro, ha sottolineato che la norma, nel prevedere il ricorso a entrambe le procedure selettive, non consentirebbe l’esclusiva utilizzazione del solo sistema selettivo basato sul concorso interno, ma renderebbe necessario il ricorso ad entrambi i metodi selettivi, rimettendo alla Giunta il compito di stabilire, mediante regolamento, le percentuali di ricorso ai due diversi meccanismi selettivi.

2. – Preliminarmente, deve rilevarsi che la questione, sollevata con riferimento all’art. 8, commi 4 e 6, della legge regionale 15 luglio 2009, n. 5 (Norme di accompagnamento alla manovra finanziaria regionale di assestamento per l’anno 2009), deve intendersi riferita all’art. 24, commi 4 e 6, della legge regionale 9 novembre 1983, n. 15 (Ordinamento degli uffici regionali e norme sullo stato giuridico e trattamento economico del personale), così come modificato dalla prima. La trasposizione deve infatti ritenersi consentita poiché non sussistono dubbi sulla reale volontà del ricorrente, dal momento che l’art. 8 della norma regionale del 2009 si compone di soli due commi, il secondo dei quali sostituisce l’art. 24 della legge del 1983, come risultante dalle successive modifiche, con l’attuale formulazione, nella quale sono individuabili i commi censurati dal ricorrente, per cui non è dubitabile che le censure siano rivolte alla norma originaria, così come modificata dall’art. 8, comma 2, della legge del 2009.

3. – Nel merito, le questioni sollevate con riferimento all’art. 51 Cost. e all’art. 97, terzo comma, Cost., sono fondate.

Questa Corte ha sempre ritenuto che il concorso pubblico è la forma generale ed ordinaria di reclutamento per il pubblico impiego e che può derogarsi a tale regola solo in presenza di peculiari situazioni giustificatrici, nell’esercizio di una discrezionalità che trova il suo limite nella necessità di garantire il buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97, primo comma, della Costituzione) e il diritto di tutti i cittadini ad accedere ai pubblici uffici (art. 51 Cost.) e il cui vaglio di costituzionalità passa attraverso una valutazione di ragionevolezza della scelta operata dal legislatore.

Coerentemente, essa, se ha riconosciuto la legittimità di norme che affidavano la scelta dei dirigenti a criteri di selezione alternativi al concorso pubblico e volti a valorizzare esperienze interne all’amministrazione (in tal senso, sentenze n. 159 del 2005, n. 205 del 2004, n. 517 del 2002, n. 141 del 1999, n. 1 del 1999, e, da ultimo, n. 100 del 2010, n. 293 e n. 215 del 2009), ha sempre chiarito che tali deroghe possono ritenersi consentite a condizione, da un lato, che siano previsti adeguati criteri selettivi volti a garantire la necessaria professionalità degli assunti e, dall’altro, che la legge bilanci in modo equilibrato il criterio di selezione del personale mediante concorso pubblico con i sistemi alternativi allo stesso, stabilendo delle percentuali rigorose entro le quali è consentito, all’ente pubblico, il ricorso alle procedure di selezione interne (v. sentenze n. 205 e n. 81 del 2006, n. 407 del 2005, n. 34 del 2004).

Più specificamente, in tale prospettiva, questa Corte ha avuto modo di chiarire che l’accesso al concorso può anche essere condizionato al possesso di requisiti fissati dalla legge, allo scopo di consolidare pregresse esperienze lavorative maturate nell’ambito dell’amministrazione, purché l’assunzione nell’amministrazione pubblica non escluda o irragionevolmente riduca, attraverso norme di privilegio, le possibilità di accesso per tutti gli altri aspiranti, con violazione del carattere pubblico del concorso (sentenze n. 34 del 2004 e n. 141 del 1999).

La legge regionale censurata, introducendo un sistema misto di selezione del personale regionale, allo scopo di valorizzare le professionalità interne all’amministrazione, non solo omette di prevedere i criteri in base ai quali la Giunta è autorizzata a scegliere un sistema o l’altro, ma lascia nell’indeterminatezza la proporzione tra dirigenti selezionati con concorso interno per titoli e dirigenti selezionati con concorso pubblico per titoli ed esami.

La mancata determinazione dei criteri in base ai quali la Giunta, sulla scorta del comma 6 della norma censurata, è autorizzata a scegliere un sistema o l’altro e la mancata individuazione, in alternativa, di una percentuale di posti riservati al concorso pubblico, lasciano all’arbitrio dell’organo esecutivo la scelta del sistema di selezione del personale, rendendo astrattamente possibile l’obliterazione del criterio del concorso pubblico. Ciò determina un’eccessiva e non preventivabile compressione del carattere aperto dei meccanismi di selezione, consentendo, in ultima analisi, che l’assunzione di personale a seguito di concorso pubblico sia relegata a ipotesi marginali e sia assicurata entro percentuali esigue e, comunque, non predeterminate.

In tale prospettiva, la circostanza, evidenziata dalla difesa regionale, che la legge censurata riservi la possibilità di concorso interno al personale laureato, a suo tempo selezionato mediante concorso pubblico ed iscritto all’albo degli idonei alle funzioni dirigenziali, non consente di ritenere superati tutti i profili di illegittimità costituzionale. Se, infatti, la previsione di requisiti di partecipazione al concorso interno rende la norma non irragionevole e rispettosa del principio di efficienza dell’azione amministrativa, essa non vale a salvaguardare il necessario carattere pubblico del concorso; carattere che, pur essendo finalizzato al buon andamento della pubblica amministrazione, non si esaurisce nella tutela di tale valore, essendo diretto anche e prima di tutto ad assicurare il diritto di tutti i cittadini di poter concorrere, in condizione di uguaglianza, agli uffici pubblici.

4. – Deve dunque essere dichiarata l’illegittimità costituzionale, con riferimento agli artt. 51 e 97, comma terzo, Cost., sia del comma 4 dell’art. 24 della legge della Regione Trentino-Alto Adige n. 15 del 1983, che, per la selezione dei dirigenti, contempla il duplice meccanismo di selezione senza predeterminare i criteri e le percentuali per la scelta dell’uno o all’altro, sia del successivo e correlato comma 6, che rimette tale scelta alle determinazioni dell’organo esecutivo della Regione.

5. – L’accoglimento della questione, con riferimento ai parametri sopra indicati determina l’assorbimento delle altre questioni sollevate.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 24, commi 4 e 6, della legge della Regione Trentino-Alto Adige 9 novembre 1983, n. 15 (Ordinamento degli uffici regionali e norme sullo stato giuridico e sul trattamento economico del personale), come modificato dall’art. 8, comma 2, della legge della Regione Trentino-Alto Adige 15 luglio 2009, n. 5 (Norme di accompagnamento alla manovra finanziaria di assestamento per l’anno 2009).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 giugno 2010.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Luigi MAZZELLA, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 17 giugno 2010.