Sentenza n. 922 del 1988

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SENTENZA N.922

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 399 del codice di procedura penale, come sostituito ad opera dell'art. 11 della legge 31 luglio 1984, n. 400 (Norme sulla competenza penale e sull'appello contro le sentenze del pretore), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 13 ottobre 1987 dalla Sezione istruttoria presso la Corte d'appello di Bologna nel procedimento penale a carico di Cobianchi Roberta, iscritta al n. 820 del registro ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 54, prima serie speciale, dell'anno 1987;

2) ordinanza emessa il 3 dicembre 1987 dalla Sezione istruttoria presso la Corte d'appello di Perugia nel procedimento penale a carico di Crincoli Adriano, iscritta al n.70 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell'anno 1988;

3) ordinanza emessa il 1° dicembre 1987 dalla Sezione istruttoria presso la Corte d'appello di Trento nel procedimento penale a carico di Abeccara Gianfranco ed altri, iscritta al n. 107 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell'anno 1988.

Udito nella camera di consiglio del 22 giugno 1988 il Giudice relatore Giovanni Conso.

 

Considerato in diritto

 

1. - Le tre ordinanze in epigrafe sollevano questioni di legittimità costituzionale quasi del tutto coincidenti: i relativi giudizi vanno, quindi, riuniti per essere decisi con un'unica sentenza.

2.-Comune oggetto di censura é l'art. 399, primo comma, del codice di procedura penale, quale sostituito ad opera dell'art. 11 della legge 31 luglio 1984, n. 400, nella parte in cui esclude il diritto dell'imputato di proporre appello, ai fini e nei limiti dell'art. 152, secondo comma, dello stesso codice, contro la sentenza istruttoria del pretore che l'abbia prosciolto per amnistia.

Ad avviso di tutti i giudici a quibus, che concordemente adducono come specifico precedente la sentenza n. 224 del 1983, la norma impugnata sarebbe in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione. In aggiunta a tali parametri la Sezione istruttoria presso la Corte d'appello di Trento invoca anche l'art. 136 della Costituzione, richiamando in proposito un altro precedente di questa Corte, la sentenza n. 73 del 1963.

Poiché, in definitiva, le ordinanze di rimessione muovono all'art. 399, primo comma, del codice di procedura penale, quale risulta a seguito della novellazione dell'intero articolo operata dall'art. 11 della legge 31 luglio 1984, n. 400, l'addebito di aver ripetuto l'identica" norma dichiarata costituzionalmente illegittima con la sentenza n. 224 del 1983, e l'ultimo dei tre parametri dedotti a venire subito in considerazione. Come sintetizza il giudice che invoca tale parametro, <il rigore del precetto costituzionale>, di cui al primo comma dell'art. 136, imponendo <al legislatore> di <accettare l'immediata cessazione dell'efficacia giuridica della norma illegittima>, non gli consentirebbe di <riprodurre una norma dichiarata illegittima>.

La questione é fondata.

3. - Effettivamente, non molto tempo dopo che, con la sentenza n. 224 del 24 luglio 1983, questa Corte aveva dichiarato costituzionalmente illegittimo il testo dell'allora vigente art. 399, primo comma, del codice di procedura penale, <nella parte in cui esclude il diritto dell'imputato di proporre appello, ai fini e nei limiti di cui all'art. 152, comma secondo, cod. proc. pen., avverso la sentenza del Pretore, che lo abbia prosciolto per estinzione del reato per amnistia o prescrizione>, l'art. 11 della legge 31 luglio 1984, n. 400, recante <Nuove norme sulla competenza penale e sull'appello contro le sentenze del pretore>, nel sostituire per intero l'art. 399 del codice di procedura penale, ha riprodotto il precetto dedicato all'individuazione delle sentenze istruttorie pretorili appellabili dall'imputato (v. il secondo periodo del primo comma) usando le identiche parole del testo antecedente, senza tenere in alcun conto la statuizione della sentenza n. 224 del 1983 relativa ad esso, come immediatamente é stato sottolineato da autorevole dottrina.

La trascuratezza risulta tanto più sorprendente se si considera che ad altre analoghe statuizioni della

stessa sentenza -quelle relative agli artt. 512 n. 2 e 513 n. 2 del codice di procedura penale - si sono uniformati gli artt. 3 e 4 della medesima legge 31 luglio 1984, n. 400, il secondo dei quali frutto di un emendamento governativo, non diversamente dal qui censurato art. 11. Ed una tale trascuratezza appare ancora più grave perché da luogo ad un inaccettabile squilibrio dell'art. 399, primo comma, non tanto con gli artt. 512 e 513 del codice di procedura penale, i quali, per il fatto di riguardare l'appello contro le sentenze dibattimentali, rispondono ad una logica parzialmente diversa, potendo l'estinzione del reato dipendere nella fase del giudizio anche dalla valutazione delle circostanze, quanto con il parallelo art. 387, terzo comma, del codice di procedura penale, concernente l'appello contro le sentenze del giudice istruttore, non coinvolto dalla legge n. 400 del 1984 é rimasto, perciò, tuttora operante, con riferimento ai casi di proscioglimento per amnistia, nei termini fissati dalla sentenza n. 224 del 1983.

Né, a giustificazione dell'atteggiamento adottato dal legislatore del 1984 in ordine alla parte dell'art. 399, primo comma, del codice di procedura penale che qui interessa, potrebbe addursi il mutamento del quadro normativo conseguente alla nuova legge rispetto al quadro normativo nel quale si era inserita la sentenza n. 224 del 1983. Le modificazioni apportate dalla legge n. 400 del 1984, come l'intitolazione data ad essa puntualmente sottolinea, concernono, da un lato, l'ampliamento della competenza pretorile (artt. 1, 2, 5) e, dall'altro, la devoluzione dell'appello contro le sentenze pronunciate dal pretore alla corte d'appello e alla sezione istruttoria, anziché, come per il passato, al tribunale e al giudice istruttore (artt. 3, 4, 6-11). Innovazioni tutte circoscritte alle tematiche della competenza e della legittimazione ad impugnare, senza incidere sui tipi, sui contenuti e sulle formule terminative delle sentenze.

4.-Di fronte ad una situazione così agevolmente ricostruibile, deve essere affermata la sussistenza dei presupposti necessari per ritenere violato l'art. 136, primo comma, della Costituzione, in base a quanto questa Corte ha avuto modo di precisare non solo con la sentenza n. 73 del 1963, richiamata dall'ordinanza della Sezione istruttoria presso la Corte d'appello di Trento, ma più ancora in due successive occasioni, con le sentenze n. 88 del 1966 e n. 223 del 1983.

Sia pur con riguardo a fattispecie parzialmente diverse dalla presente, perché dirette a riprodurre in via transitoria una disciplina appena invalidata, la Corte ha da tempo chiarito che <le decisioni di accoglimento hanno per destinatario non solo chi e chiamato ad applicare la legge, ma anche il legislatore>, al quale <e, quindi, precluso perseguire e raggiungere, direttamente o indirettamente, esiti corrispondenti a quelli già ritenuti lesivi della Costituzione> (sentenza n. 223 del 1983, che sviluppa analoghe prese di posizione delle due sentenze precedenti).

Pertanto, <la testuale corrispondenza> riscontrabile fra la norma dichiarata illegittima ed un'altra emanata successivamente <non può mai essere trascurata o sottovalutata>, nemmeno quando la <restaurazione> venga <operata sulla base di un titolo formalmente diverso, perché di carattere provvisorio> (v. ancora sentenza n. 223 del 1983). Né, quindi, a maggior ragione, quando la nuova disciplina presenti carattere di stabilità.

Il far <rivivere norme già divenute inefficaci in conseguenza del loro annullamento da parte della Corte> contrasta con <1 rigore del precetto racchiuso nel primo comma dell'art. 136> della Costituzione, che impone al legislatore ordinario di uniformarsi alla <immediata cessazione dell'efficacia giuridica della norma illegittima> (sentenza n. 73 del 1963), così escludendo sia che se ne possa <prolungare la vita> sia che la si possa <far risorgere>. Non é, infatti, consentito <ridare nuova efficacia giuridica ad una norma che ha perduto efficacia in conseguenza della sentenza di illegittimità>, a meno che, tenuto conto di tutte le circostanze, <il quadro normativo in cui si e inserito l'articolo> subentrante risulti <mutato rispetto a quello in cui si colloca (e dal quale traeva argomento) la pronuncia della Corte> (sentenza n. 223 del 1983). Va, cioè, evitato che una nuova legge valuti fatti, atti o situazioni <come se la dichiarazione di illegittimità costituzionale non fosse intervenuta> (sentenza n. 88 del 1966).

5. -Per questo complesso unitario di ragioni dev' essere dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 399, primo comma, del codice di procedura penale, quale sostituito ad opera dell'art. 11 della legge 31 luglio 1984, n. 400, nella parte in cui esclude il diritto dell'imputato di proporre appello, ai fini e nei limiti dell'art. 152, secondo comma, del codice di procedura penale, avverso la sentenza del pretore che lo abbia prosciolto per estinzione del reato per amnistia, parte già dichiarata illegittima, nel testo precedente alla sostituzione operata dalla legge n. 400 del 1984, con la sentenza n. 224 del 1983.

Restano, pertanto, assorbiti gli altri motivi di illegittimità prospettati dalle ordinanze di rimessione.

6.-Una volta dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 399, primo comma, del codice di procedura penale, nei termini dei quali si é detto, va dichiarata d'ufficio, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'art. 399, primo comma, del codice di procedura penale, come sostituito ad opera dell'art. 11 della legge 31 luglio 1984, n. 400, nella parte in cui esclude il diritto dell'imputato di proporre appello, ai fini e nei limiti dell'art. 152, secondo comma, del codice di procedura penale, avverso la sentenza del pretore che lo abbia prosciolto per estinzione del reato per prescrizione. Anche a questo proposito valgono tutte le considerazioni svolte in ordine al proscioglimento per amnistia, sia per ciò che attiene al testo oggetto della declaratoria di illegittimità risalente alla sentenza n. 224 del 1983, sia per ciò che attiene ai rapporti dell'art. 399, primo comma, del codice di procedura penale con l'art. 387, terzo comma, dello stesso codice.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

a) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 399, primo comma, del codice di procedura penale, come sostituito ad opera dell'art. 11 della legge 31 luglio 1984, n. 400 (Norme sulla competenza penale e sull'appello contro le sentenze del pretore), nella parte in cui esclude il diritto dell'imputato di proporre appello, ai fini e nei limiti dell'art. 152, secondo comma, del codice di procedura penale, avverso la sentenza del pretore che lo abbia prosciolto per estinzione del reato per amnistia;

b) dichiara d'ufficio, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'art. 399, primo comma, del codice di procedura penale, come sostituito ad opera dell'art. 11 della legge 31 luglio 1984, n. 400 (Norme sulla competenza penale e sull'appello contro le sentenze del pretore), nella parte in cui esclude il diritto dell'imputato di proporre appello, ai fini e nei limiti dell'art. 152, secondo comma, del codice di procedura penale, avverso la sentenza del pretore che lo abbia prosciolto per estinzione del reato per prescrizione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 08/07/88.

 

Francesco SAJA - Giovanni CONSO

 

Depositata in cancelleria il 28/07/88.