Sentenza n. 88 del 1966
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SENTENZA N. 88

ANNO 1966

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'articolo 7 della legge 18 aprile 1962, n. 208, recante "Modifiche alla tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche", promosso con ordinanza emessa il 21 maggio 1965 dal Tribunale di Torino nel procedimento civile vertente tra Arneri Enrico e Gai Paolo, iscritta al n. 216 del Registro ordinanze 1965 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 326 del 31 dicembre 1965.

Udita nella camera di consiglio del 5 maggio 1966 la relazione del Giudice Francesco Paolo Bonifacio.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Nel corso di un procedimento civile tra il Sig. Enrico Arneri, appaltatore di imposte nel Comune di Collegno, ed il Sig. Paolo Gai, il Tribunale di Torino, ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 della legge 18 aprile 1962, n. 208, sollevata dal convenuto, ha sospeso il giudizio ed ha rimesso gli atti a questa Corte.

Nell'ordinanza emessa il 21 maggio 1965, il Tribunale, richiamata la sentenza n. 2 del 1962 con la quale la Corte dichiarò l'illegittimità costituzionale dell'art. 195 del T.U. della finanza locale (R. D. 14 settembre 1931, n. 1175), osserva che il legislatore con la successiva legge 18 aprile 1962, n. 208, ha modificato la disciplina relativa alla tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, ma ha anche stabilito in via transitoria (art. 7) che per le occupazioni effettuate prima o dopo il 4 febbraio 1962 (giorno successivo a quello della pubblicazione della sentenza della Corte) i Comuni e le Province hanno diritto di chiedere gli arretrati in base alle tariffe in vigore alla data del 3 febbraio 1962. Tale norma, secondo il giudice a quo, é formalmente nuova, ma al pari di quella che venne dichiarata illegittima é in contrasto con l'art. 23 della Costituzione perché, in sostanza, finisce col conferire nuovo vigore a tariffe la cui determinazione venne effettuata nell'esercizio di un potere amministrativo non limitato e non circoscritto dalla legge.

Il Tribunale osserva che il caso attuale é del tutto analogo a quello deciso con la sentenza n. 73 del 1963, la quale dichiarò l'illegittimità costituzionale dell'art. 30 della legge 5 luglio 1961, n. 641, che aveva ridato vigore transitorio alle tariffe in tema di pubblicità emanato in forza di una legge poi dichiarata costituzionalmente illegittima. Il Tribunale ricorda che in quella occasione la Corte accertò l'illegittimità in riferimento all'articolo 136 della Costituzione, ma espone l'avviso che il contrasto con la Costituzione debba esser visto in riferimento all'art. 23, e ciò sia perché la norma impugnata non può essere considerata come fonte di riviviscenza della precedente norma dichiarata illegittima, sia perché il precetto contenuto nell'art. 136 sembra rivolto agli organi che devono applicare la legge, non al legislatore. Il Tribunale, tuttavia, in ossequio al precedente giurisprudenziale, solleva la questione anche in riferimento all'art. 136.

2. - L'ordinanza é stata notificata alle parti ed al Presidente del Consiglio dei Ministri, comunicata ai Presidenti delle due Camere e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 326 del 31 dicembre 1965.

Nel presente giudizio nessuna delle parti si é costituita e non é intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri. La causa, pertanto, a norma del secondo comma dell'art. 26 della legge 11 marzo 1953, n. 87, viene decisa in camera di consiglio.

 

Considerato in diritto

 

1. - Con sentenza n. 2 del 23 gennaio 1962 questa Corte dichiarò l'illegittimità costituzionale, per inosservanza della riserva di legge disposta dall'art. 23 della Costituzione, dell'articolo 195 del T.U. della finanza locale (R. D. 14 settembre 1931, n. 1175), relativo alle tariffe per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche.

La successiva legge 18 aprile 1962, n. 208, ha apportato modifiche alla materia ed ha fissato i criteri ed i limiti del potere di imposizione attribuito alle autorità amministrative locali: nell'art. 7, tuttavia, la legge ha stabilito che, per l'ipotesi in cui non sia stata pagata alcuna tassa per le occupazioni effettuate prima o dopo il 4 febbraio 1962, "i Comuni e le Province avranno diritto di chiedere gli arretrati in base alle tariffe vigenti alla data del 3 febbraio 1962".

La Corte ritiene che la questione di legittimità costituzionale di tale disposizione, sollevata dall'ordinanza di rimessione in riferimento sia all'art. 23 che all'art. 136 della Costituzione, sia fondata.

2. - L'opinione, sostanzialmente condivisa dal giudice a quo, secondo la quale l'art. 136 della Costituzione, disponendo che la norma di legge dichiarata costituzionalmente illegittima cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione, avrebbe per destinatario solo chi é chiamato ad applicare la legge e non anche il legislatore, appare priva di fondamento. La disposizione costituzionale, invero, pone un divieto che non può non operare erga omnes: essa, infatti, non solo comporta che la norma dichiarata illegittima non venga assunta a criterio di qualificazione di fatti, atti o situazioni, ma impedisce anche, e necessariamente, che attraverso una legge si imponga che fatti, atti o situazioni siano valutati come se la dichiarazione di illegittimità costituzionale non fosse intervenuta. E come l'art. 136 sarebbe violato ove espressamente si disponesse che una norma dichiarata illegittima conservi la sua efficacia, del pari contrastante col precetto costituzionale deve ritenersi una legge la quale, per il modo in cui provvede a regolare le fattispecie verificatesi prima della sua entrata in vigore, persegue e raggiunge, anche se indirettamente, lo stesso risultato.

3. - Alla stregua di tale premessa - e per le stesse ragioni che, in un caso del tutto analogo, la Corte pose a fondamento della decisione n. 73 del 24 maggio 1963 - appare chiaro il vizio nel quale la norma denunziata é incorsa.

L'art. 7 in esame prende in considerazione le occupazioni di spazi ed aree pubbliche intervenute prima dell'entrata in vigore delle tariffe deliberate in base alla nuova disciplina introdotta con gli artt. 1 e 2 della legge: occupazioni alle quali, a partire dal 4 febbraio 1962 - e quale che fosse il momento (anteriore o posteriore a tale data) al quale risalivano - non erano più applicabili quelle tariffe che, adottate in base al precedente sistema, erano state caducate dalla cessazione di efficacia dell'art. 195 T.U. della finanza locale, conseguente alla sentenza (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 31 del 3 febbraio 1962) che dichiarò tale norma costituzionalmente illegittima.

La legge ora impugnata ha regolato tali fattispecie sottoponendole, come si é detto, alle "tariffe in vigore il 3 febbraio 1962"; a tariffe, dunque, che, anche se vengono assunte ad immodificabile parametro delle imposizioni transitorie, non sono il frutto di un'autonoma valutazione del legislatore, ma vengono recepite così come erano state determinate dagli enti locali nell'esercizio di un potere illegittimo perché conferito senza limiti o direttive. É evidente che in tale modo la norma denunziata, sotto l'aspetto di una diretta disciplina dei rapporti, ha sottoposto questi agli effetti di provvedimenti amministrativi adottati senza il rispetto di canoni previamente fissati dalla legge e, così operando, non solo ha violato l'art. 136 della Costituzione, ma ha anche eluso il disposto dell'art. 23 della Costituzione. Le tariffe ed il potere, assolutamente libero, sul quale esse poggiavano si collegano, infatti, in un nesso inscindibile, con la conseguenza che attraverso il richiamo alle tariffe vigenti il 3 febbraio 1962 la legge non ha dato vita ad una disciplina diversa e, perciò, autonoma rispetto a quella divenuta inefficace, ma ha conferito rinnovato vigore al precedente sistema, conservato nella stessa configurazione obiettiva, realizzando così un risultato non diverso da quello che avrebbe raggiunto ove esplicitamente avesse disposto la conservazione transitoria dell'efficacia dell'art. 195 del T.U. della finanza locale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 7 della legge 18 aprile 1962, n. 208, contenente "Modifiche alla tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche".

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 giugno 1966.

 

Gaspare AMBROSINI - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO 

 

Depositata in cancelleria il 6 luglio 1966.