SENTENZA N. 35
ANNO 2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Valerio ONIDA Presidente
- Carlo MEZZANOTTE Giudice
- Fernanda CONTRI “
- Guido NEPPI MODONA “
- Piero Alberto CAPOTOSTI “
- Franco BILE “
- Giovanni Maria FLICK “
- Francesco AMIRANTE “
- Ugo DE SIERVO “
- Romano VACCARELLA “
- Paolo MADDALENA “
- Alfio FINOCCHIARO “
- Alfonso QUARANTA “
- Franco GALLO “
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 28 della legge 27 novembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2003), promossi con ricorsi della Regione Valle d’Aosta ed Emilia-Romagna, notificati il 28 febbraio e il 1° marzo 2003, depositati in cancelleria il 7 marzo successivo ed iscritti al n. 19 e al n. 25 del registro ricorsi 2003.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 28 settembre 2004 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte;
uditi gli avvocati Giuseppe F. Ferrari per la Regione Valle d’Aosta, Giandomenico Falcon, Franco Mastragostino e Luigi Manzi per la Regione Emilia-Romagna e l’avvocato dello Stato Giancarlo Mandò per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto1. ¾ Le Regioni Valle d’Aosta ed Emilia-Romagna hanno proposto questione di legittimità costituzionale di numerose disposizioni della legge 27 novembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2003) e, tra queste, dell’art. 28.
La Regione valdostana impugna l’intero articolo, in riferimento agli artt. 3, 5, 114, 117, 118, 119 della Costituzione, nonché all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione). La Regione Emilia-Romagna indirizza le sue censure nei confronti dei commi 5 e 6 dell’art. 28, denunciandone il contrasto con il principio di leale collaborazione.
La disposizione impugnata, dopo avere stabilito, nel comma 1, che il Ministero dell’economia e delle finanze, allo scopo di assicurare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, provvede all’acquisizione di ogni utile informazione sul comportamento degli enti ed organismi pubblici di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), prevede, al comma 2, che tutte le predette amministrazioni pubbliche debbano codificare con criteri uniformi gli incassi, i pagamenti e i dati di competenza economica «al fine di garantire la rispondenza dei conti pubblici alle condizioni dell’articolo 104 del trattato istitutivo della Comunità europea e delle norme conseguenti». Il comma 5 attribuisce poi al Ministro dell’economia e delle finanze il potere di disciplinare le modalità e i tempi della codificazione con propri decreti, sentita la Conferenza unificata.
Il comma 6, infine, nel sostituire il comma 6 dell’art. 227 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), stabilisce che gli enti locali debbano inviare telematicamente «il rendiconto completo di allegati, le informazioni relative al rispetto del patto di stabilità interno, nonché i certificati del conto preventivo e consuntivo» alle sezioni enti locali della Corte dei conti e ulteriormente dispone che «tempi, modalità e protocollo di comunicazione per la trasmissione telematica dei dati sono stabiliti con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentite la Conferenza Stato-Città e autonomie locali e la Corte dei conti».
Secondo la Regione Valle d’Aosta la disposizione oggetto di impugnazione, dettando disposizioni di dettaglio in ambiti riferibili a materie di competenza residuale della Regione o comunque di legislazione concorrente, contravverrebbe al criterio di riparto delle potestà legislative definito nell’art. 117 Cost.
Secondo la medesima ricorrente la disposizione censurata inciderebbe sulla materia “finanza pubblica”, che sarebbe del tutto sottratta alla competenza legislativa dello Stato, non essendo ricompresa negli elenchi di cui ai commi secondo e terzo dell’art. 117 Cost. Ove poi si ritenesse che la materia coinvolta sia quella della “armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica”, affidata alla legislazione ripartita, l’impugnato art. 28 sarebbe comunque lesivo dell’autonomia legislativa regionale, in quanto porrebbe una disciplina di analitico dettaglio e comunque farebbe rinvio a decreti ministeriali in una materia estranea all’ambito della legislazione esclusiva dello Stato. Sarebbero in tal modo violati i commi terzo e sesto dell’art. 117 Cost.
La Regione Emilia-Romagna ha impugnato il medesimo art. 28 nei commi 5 e 6. Secondo la ricorrente, le disposizioni censurate potrebbero ascriversi alla competenza statale in tema di “coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale” (art. 117, secondo comma, lettera r). Tuttavia la previsione, nel comma 5, di un mero parere, anziché di una intesa con la Conferenza unificata ai fini della definizione, con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, delle modalità di rilevazione dei dati economici, determinerebbe una violazione del principio di leale collaborazione. In considerazione della forte incidenza di tali modalità di rilevazione sull’organizzazione regionale e degli enti locali, i decreti ministeriali dovrebbero infatti costituire il risultato di una codeterminazione paritaria fra Stato, Regioni ed enti locali.
Quanto al comma 6, la Regione Emilia-Romagna, pur concedendo che la disposizione in oggetto possa essere ascritta alla competenza statale in materia di coordinamento informativo, rileva come essa incida comunque sull’organizzazione degli enti locali, ossia su una materia demandata (salva la riserva allo Stato della disciplina degli organi di Governo) alla potestà legislativa regionale residuale. Da ciò la conclusione che il decreto sostanzialmente regolamentare al quale l’impugnato comma 6 affida la determinazione delle modalità di comunicazione per la trasmissione telematica dei dati dovrebbe essere emanato, in ossequio al principio di leale collaborazione, previa intesa con la Conferenza unificata, e non, come previsto, con il semplice parere della stessa.
2. ¾ Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, e ha chiesto che tutte le questioni proposte siano dichiarate inammissibili o comunque infondate.
In via preliminare, la difesa dello Stato osserva che gli artt. 117, terzo comma, e 119, secondo comma, Cost., attribuiscono allo Stato la competenza a stabilire principî in tema di coordinamento della finanza pubblica, espressione che comprenderebbe in sé la finanza “allargata”. Si rileva inoltre che nel testo costituzionale tale competenza risulta rinsaldata e ampliata nel suo oggetto da numerose altre disposizioni e segnatamente: dall’art. 117, primo comma, ove sono menzionati come limite alla potestà legislativa regionale «i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario», fra i quali sarebbero certamente da annoverare le regole poste nel trattato di Maastricht per il coordinamento delle politiche economiche e di bilancio degli Stati membri dell’Unione europea; dal medesimo art. 117, primo comma, nella parte in cui assoggetta le leggi regionali al rispetto della Costituzione e così rende attivi nei confronti dell’autonomia legislativa regionale i precetti posti negli artt. 5, 81 e 95, primo comma, Cost.; dal secondo comma dell’art. 117, ove si affidano alla legislazione esclusiva statale: la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (lettera m), le norme in materia di previdenza sociale (lettera o) e la perequazione delle risorse finanziarie (lettera e); dall’art. 119, quinto comma, ove si riconosce allo Stato il compito di promuovere «lo sviluppo economico e la coesione e la solidarietà sociale» anche, ma non esclusivamente, attraverso interventi “speciali”; dall’art. 119, quinto comma, ove si pone il principio dell’integrale finanziamento delle funzioni attribuite ai diversi enti territoriali con le risorse indicate nel medesimo art. 119, ciò che presuppone che lo Stato, e il Parlamento in primo luogo, possano indirizzare e guidare i processi di acquisizione e distribuzione delle risorse finanziarie e le “grandezze” della finanza pubblica.
Con specifico riguardo alla censura formulata nei confronti dell’art. 28 dalla Regione valdostana, l’Avvocatura replica che la disposizione è volta ad acquisire informazioni sull’attività degli enti pubblici al fine di conseguire obiettivi di finanza pubblica e di contabilità generale ed è pertanto riconducibile alla competenza esclusiva dello Stato di cui alla lettera l) (recte: r) dell’art. 117, secondo comma, Cost. L’esercizio, in tale materia, di potestà regolamentare da parte dello Stato sarebbe pertanto perfettamente legittimo in quanto conforme alla regola di competenza posta nel sesto comma dell’art. 117 Cost.
Quanto alle doglianze fatte valere dalla Regione Emilia-Romagna nei confronti dei commi 5 e 6 del menzionato art. 28, la difesa erariale, rammentato come la ricorrente non contesti la spettanza allo Stato di una competenza legislativa esclusiva in materia, osserva che la previsione di un parere della Conferenza unificata appare del tutto idonea ad assicurare il necessario coinvolgimento delle Regioni e degli enti locali, in considerazione del rilievo eminentemente tecnico delle operazioni regolate dalla fonte statale.
3. ¾ Nell’imminenza dell’udienza pubblica del 28 settembre 2004 hanno depositato ulteriori memorie difensive la Regione Emilia-Romagna e l’Avvocatura dello Stato.
In replica alle difese dell’Avvocatura, la ricorrente deduce che l’art. 28, comma 6, prevede il parere della sola Conferenza Stato-Città (e non di quella unificata, come prescritto nel comma 5), e che il carattere tecnico delle operazioni previste nelle disposizioni impugnate non rende, di per sé, superflua l’intesa e sufficiente il parere. Si sostiene, al contrario, che i profili tecnici sono inevitabilmente connessi a quelli organizzativi e che, in virtù dell’interferenza dei poteri descritti nelle disposizioni impugnate con l’organizzazione degli enti territoriali, il principio di leale collaborazione avrebbe imposto l’acquisizione, in entrambe le fattispecie, dell’intesa con la Conferenza unificata.
Anche il Presidente del Consiglio dei ministri, con il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, ha depositato memorie con le quali ulteriormente argomenta per il rigetto di entrambi i ricorsi regionali.
Con riguardo al ricorso della Regione Valle d’Aosta, si ribadisce come la norma censurata, limitandosi a disporre l’acquisizione di elementi conoscitivi e la codificazione generalizzata di dati economici, non incide sulle competenze regionali e costituisce esercizio delle competenze legislative dello Stato di cui all’art. 117, secondo comma, lettere e) ed r), Cost.
In relazione al ricorso della Regione Emilia-Romagna, l’Avvocatura ribadisce che entrambe le disposizioni impugnate (art. 28, commi 5 e 6) concernono prescrizioni di carattere meramente tecnico-contabile ed operativo, non idonee quindi a coinvolgere scelte discrezionali delle Regioni. Pertanto, secondo la difesa erariale, il coinvolgimento tramite parere, rispettivamente, della Conferenza unificata e della Conferenza Stato-Città sarebbe sufficiente ad assicurare la leale collaborazione, tanto più ove si consideri che la codificazione riguarderebbe solo gli enti territoriali e non anche le Regioni.
Considerato in diritto
1. ¾ Le Regioni Valle d’Aosta ed Emilia-Romagna hanno proposto questione di legittimità costituzionale di numerose disposizioni della legge 27 novembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2003).
2. ¾ Le impugnazioni relative all’art. 28 vengono qui trattate distintamente rispetto alle altre questioni proposte negli stessi ricorsi, riservate a separate decisioni, e, per l’omogeneità della materia, possono essere decise con unica sentenza.
3. ¾ La disposizione impugnata stabilisce che il Ministero dell’economia e delle finanze, allo scopo di assicurare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, provvede all’acquisizione di ogni utile informazione sul comportamento degli enti ed organismi pubblici di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), anche con riferimento all’obbligo di utilizzo delle convenzioni CONSIP (comma 1), avvalendosi, anche in caso di mancato o tempestivo riscontro, del collegio dei revisori o dei sindaci o ancora dei nuclei di valutazione o dei servizi di controllo interno (comma 2). Il comma 3, al fine di garantire la rispondenza dei conti pubblici alle condizioni fissate dall’articolo 104 del trattato istitutivo della Comunità europea, prescrive che debbano essere codificati con criteri uniformi su tutto il territorio nazionale gli incassi, i pagamenti e i dati di competenza economica rilevati dalle amministrazioni pubbliche, di cui al già citato art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, vale a dire tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300 (Riforma dell’organizzazione del Governo, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59).
Nel successivo comma 4 si impone alle banche incaricate dei servizi di tesoreria e di cassa e agli uffici postali che svolgono analoghi servizi un divieto di accettare disposizioni di pagamento prive di tale codificazione. Il comma 5 attribuisce poi al Ministro dell’economia e delle finanze il potere di stabilire con propri decreti, sentita la Conferenza unificata di cui all’art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, la codificazione, le modalità e i tempi per l’attuazione delle disposizioni di cui ai commi 3 e 4, nonché di provvedere ad apportare, con propri decreti, modifiche e integrazioni alla codificazione stabilita.
Secondo la Regione Valle d’Aosta la disposizione oggetto di impugnazione, dettando disposizioni di dettaglio in ambiti riferibili a materie di competenza residuale della Regione o comunque di legislazione concorrente, contravverrebbe al criterio di riparto delle potestà legislative definito nell’art. 117 Cost. Inoltre, nel fare rinvio a decreti ministeriali in materia estranea all’ambito della legislazione esclusiva dello Stato, essa violerebbe i commi terzo e sesto dell’art. 117 Cost.
La Regione Emilia-Romagna lamenta invece la lesione del principio di leale collaborazione da parte del comma 5 del medesimo art. 28, nella parte in cui prevede un mero parere, anziché una intesa con la Conferenza unificata, ai fini della definizione delle modalità di rilevazione dei dati economici. Analogamente, in ossequio al principio di leale collaborazione, il decreto ministeriale al quale il comma 6 dell’art. 28 affida la determinazione delle modalità di comunicazione per la trasmissione telematica dei dati dovrebbe essere emanato previa intesa con la Conferenza unificata, e non, come previsto, con il semplice parere della stessa.
4. ¾ Tutte le questioni proposte sono infondate.
La disposizione censurata racchiude in sé due distinti ambiti di disciplina. I commi da 1 a 4 concernono l’attività di acquisizione, da parte del Ministero dell’economia, delle informazioni concernenti la gestione finanziaria delle amministrazioni pubbliche. Si mira in tal modo ad assicurare al Ministero gli strumenti conoscitivi necessari per seguire le complessive dinamiche della finanza pubblica, così da facilitare la verifica del rispetto degli obblighi derivanti, in via diretta (art. 104 TCE) o mediata (alla stregua del cosiddetto ‘Patto di stabilità interno’), dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea.
I commi 5 e 6 abilitano lo Stato, con decreti ministeriali, a determinare le caratteristiche uniformi nella rappresentazione dei dati contabili delle amministrazioni pubbliche, nonché le modalità di invio dei bilanci da parte degli enti locali alla competente sezione di controllo della Corte dei conti.
Così chiariti i contenuti regolativi della disposizione impugnata, non è difficile rinvenire nella disciplina recata dai primi quattro commi l’espressione della competenza legislativa concorrente in tema di “coordinamento della finanza pubblica”; materia che, come questa Corte ha avuto modo di chiarire (sentenza n. 36 del 2004), legittima l’imposizione di vincoli agli enti locali quando lo rendano necessario ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali (comprensivi, dunque, della cosiddetta “finanza pubblica allargata”), a loro volta condizionati dagli obblighi comunitari.
I poteri di determinazione, rispettivamente, della cosiddetta “codificazione” dei dati contabili e delle modalità di invio da parte degli enti locali dei propri bilanci alla Corte dei conti sono, in tal senso, pienamente partecipi della finalità di coordinamento e insieme di regolazione tecnica, rilevazione dati e controllo, che connotano la legislazione in tema di coordinamento della finanza pubblica.
Quanto poi al denunciato carattere puntuale della disciplina statale, è stato da questa Corte precisato che il coordinamento finanziario «può richiedere, per la sua stessa natura, anche l’esercizio di poteri di ordine amministrativo, di regolazione tecnica, di rilevazione di dati e di controllo», e che il carattere “finalistico” dell’azione di coordinamento postula che «a livello centrale si possano collocare non solo la determinazione delle norme fondamentali che reggono la materia, ma altresì i poteri puntuali eventualmente necessari perché la finalità di coordinamento», per sua natura eccedente le possibilità di intervento dei livelli territoriali sub-statali, «possa essere concretamente realizzata» (sentenza n. 376 del 2003). Da ciò l’infondatezza delle censure proposte dalla Regione Valle d’Aosta.
Riguardo ai commi 5 e 6, che concernono, rispettivamente, la predisposizione di modalità uniformi di codificazione di dati di rilievo contabile (incassi e pagamenti) e di trasmissione dei bilanci degli enti locali alla competente sezione della Corte dei conti, viene invece in rilievo un puntuale titolo di competenza legislativa esclusiva dello Stato: quello in tema di coordinamento statistico ed informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale (art. 117, primo comma, lettera r, Cost.). La disciplina impugnata, infatti, ha ad oggetto la predisposizione di modalità uniformi di rappresentazione (comma 5) e di trasmissione (comma 6) di dati contabili (incassi e pagamenti), che vengono resi omogenei al fine di aggregarli per poter così predisporre la base informativa necessaria al controllo delle dinamiche reali della finanza pubblica.
Versandosi in un ambito riservato alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, va pertanto decisa nel senso della infondatezza anche la denunciata violazione del riparto costituzionale della potestà regolamentare, per avere le disposizioni impugnate affidato a decreti ministeriali la concreta predisposizione delle modalità di “codificazione”. In una materia rimessa alla propria competenza legislativa esclusiva, lo Stato ben può, infatti, esercitare, nelle forme che ritenga più opportune, la potestà regolamentare.
Neppure si può sostenere che, pur in una materia ascritta alla competenza legislativa esclusiva, il rispetto del principio di leale collaborazione imporrebbe allo Stato di garantire alle Regioni, quando esso regoli attività di queste ultime, una forma di codeterminazione paritaria del contenuto dell’atto. La previsione, nel comma 5, di un parere (e non di una intesa) della Conferenza unificata, al contrario, appare del tutto idonea ad assicurare il necessario coinvolgimento delle Regioni e degli enti locali, tanto più in considerazione della natura eminentemente tecnica della disciplina di coordinamento statale.
Deve infine aggiungersi che la previsione di obblighi informativi è di per sé inidonea a ledere sfere di autonomia costituzionalmente garantita (si veda ancora la sentenza n. 376 del 2003).
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservate a separate decisioni le restanti questioni di legittimità costituzionale della legge 27 novembre 2002, n. 289, sollevate dalle Regioni Valle d’Aosta ed Emilia-Romagna con i ricorsi indicati in epigrafe;
riuniti i giudizi,
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 28 della legge 27 novembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2003), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 5, 114, 117, 118, 119 della Costituzione, nonché all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), dalle Regioni Valle d’Aosta ed Emilia-Romagna, con i ricorsi indicati in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 gennaio 2005.
Valerio ONIDA, Presidente
Carlo MEZZANOTTE, Redattore
Depositata in Cancelleria il 27 gennaio 2005.