SENTENZA N. 156
ANNO 2015
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Alessandro CRISCUOLO Presidente
- Paolo
Maria NAPOLITANO Giudice
- Giuseppe FRIGO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario
Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de
PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale
dell’art. 1, commi 454, 456, 457 e 459, della legge
24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), promossi dalle
Regioni autonome Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste e Friuli-Venezia
Giulia e dalla Regione siciliana, con ricorsi notificati il 19-22 e 27 febbraio
2013, depositati in cancelleria il 25 febbraio, il 5 e l’8 marzo 2013,
rispettivamente iscritti ai nn. 24, 32 e 43 del
registro ricorsi 2013.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio
dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 12 maggio 2015 il Giudice
relatore Marta Cartabia;
uditi gli avvocati Francesco Saverio Marini per la Regione
autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, Giandomenico Falcon per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia,
Marina Valli per la Regione siciliana nonché l’avvocato dello
Stato Stefano Varone per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato, a mezzo
servizio postale, in data 19-22 febbraio 2013 e depositato il successivo 25
febbraio (reg. ric. n. 24 del 2013), la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste ha
promosso questioni di legittimità costituzionale, tra l’altro,
dell’art. 1, commi 454 e 456, della legge 24 dicembre 2012, n. 228
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
– Legge di stabilità 2013) per violazione degli artt. 3, comma 1,
lettera f), e 12 della legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Regione Valle
d’Aosta), degli artt. 117, terzo comma,
119, secondo comma,
della Costituzione, in combinato disposto con l’art. 10 della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda
della Costituzione), degli articoli da 2 a 7 della legge
26 novembre 1981, n. 690 (Revisione dell’ordinamento finanziario della
regione Valle d’Aosta), nonché del principio consensualistico che deve presiedere, per costante
giurisprudenza della Corte costituzionale, la regolamentazione dei rapporti
finanziari tra lo Stato e la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste.
La ricorrente sostiene che, con gli
impugnati commi 454 e 456, il legislatore ha rideterminato unilateralmente gli
obiettivi del concorso valdostano alla manovra finanziaria prevedendo che la
“rimodulazione” da parte dello Stato del patto di stabilità
operi anche nel caso in cui non venga raggiunto l’accordo con il Ministro
dell’economia e delle finanze. Con ciò si originerebbe una violazione
degli artt. 3, comma 1, lettera f),
(“finanze regionali e comunali”) e 12 dello statuto speciale, letti
anche alla luce degli artt. 117, terzo comma, e 119, secondo comma, Cost., in
combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del
2001, e della legge, n. 690 del 1981 (articoli da 2 a 7, che fissano le quote
di tributi erariali spettanti alla Regione autonoma), nonché del
principio consensualistico nei rapporti finanziari
tra lo Stato e la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée
d’Aoste. In particolare, tale principio consensualistico sarebbe violato dalle disposizioni in
oggetto che “svuotano” del tutto i contenuti del previsto accordo
con il Ministro dell’economia e delle finanze, consentendo allo Stato di
rimodulare i meccanismi del patto anche in assenza della conclusione
dell’accordo.
1.1.– Con memoria depositata in
data 2 aprile 2013, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, si è costituito in
giudizio chiedendo che le questioni di legittimità costituzionale
promosse con il ricorso siano dichiarate non fondate.
Il Presidente del Consiglio dei ministri
ritiene che, nel caso di specie, non sussista alcuna violazione del principio
dell’accordo in materia finanziaria, in quanto non verrebbe in alcun modo
pregiudicata la procedura volta a salvaguardare la speciale autonomia
finanziaria di cui godono le Regioni a statuto speciale. Queste ultime,
infatti, concordano con il Ministro dell’economia e delle finanze gli
obiettivi in termini di patto di stabilità interno loro assegnati. La
previsione di cui al comma 456, troverebbe, invece, applicazione unicamente
nell’eventualità in cui non si riesca a raggiungere il predetto
accordo e soltanto in via provvisoria, fino alla conclusione
dell’accordo, che può intervenire anche successivamente (sentenza n. 82 del
2007).
La difesa erariale sottolinea come per
il 2012 si sia registrato un significativo ritardo nella definizione degli
accordi con le autonomie speciali previsti dall’art. 32 della legge 12
novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2012), propedeutici
all’applicazione del patto di stabilità interno. La clausola di
salvaguardia previgente, che disponeva l’applicazione delle regole
previste per le Regioni a statuto ordinario, sarebbe risultata poco efficace,
considerata la diversità strutturale di tali ultime regole rispetto a
quelle delle autonomie speciali. Le norme impugnate si porrebbero
l’obiettivo di ovviare a tale problematica e di evitare il rischio di non
conseguire gli effetti positivi sull’indebitamento netto previsti a
legislazione vigente.
2.– Con ricorso notificato in data
27 febbraio 2013 e depositato il successivo 5 marzo (reg. ric. n. 32 del 2013),
la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha promosso questioni di
legittimità costituzionale, tra l’altro, dell’art. 1, commi
454, 456, 457 e 459, della legge n. 228 del 2012, per violazione degli artt. 4,
numero 1-bis), 48, 51, 54, 63, quinto
comma, e 65, della legge
costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione
Friuli-Venezia Giulia) – anche in riferimento all’art. 1, commi 154 e 155,
della legge
13 dicembre 2010, n. 220 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2011) –, dell’art. 9 del decreto
legislativo 2 gennaio 1997, n. 9 (Norme di attuazione dello statuto speciale
per la regione Friuli-Venezia Giulia in materia di ordinamento degli enti
locali e delle relative circoscrizioni), degli artt. 3 e 119 Cost.
nonché del “principio dell’accordo” in materia
finanziaria e del principio di leale collaborazione.
La ricorrente premette che alcune
disposizioni impugnate sono destinate ad applicarsi ad essa, in quanto
includono espressamente la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia tra i propri
destinatari. In altri casi, l’intenzione del legislatore di riferire le
discipline contestate alla ricorrente non sarebbe certa e, anzi, sarebbe
possibile intenderle nel senso che queste ultime non si applichino ad essa. La
ricorrente riporta, al riguardo, il contenuto della clausola di salvaguardia di
cui al comma 554 dell’art. 1: «Le regioni a statuto speciale e le
province autonome di Trento e di Bolzano attuano le disposizioni di cui alla
presente legge nelle forme stabilite dai rispettivi statuti di autonomia e
dalle relative norme di attuazione». Ad avviso della Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia, tale clausola dovrebbe essere intesa nel senso di un
rinvio al meccanismo generale delle norme di attuazione previsto dagli statuti
speciali nonché ad eventuali meccanismi differenziati previsti dalle
stesse norme di attuazione per specifici ambiti. La ricorrente ritiene che
né la particolare formulazione della clausola (con l’assegnazione
alle stesse Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di un compito
attuativo), né il contenuto delle singole disposizioni impugnate
consentano di escluderne l’applicabilità – sia pure
indirettamente – anche alla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia. La
stessa osserva che, qualora si dovesse condividere che il comma 554
dell’art. 1 escluda l’applicabilità delle norme impugnate
nella Regione ricorrente senza porre per il futuro vincoli di contenuto alle
norme di attuazione dello statuto, le ragioni di doglianza verrebbero meno in
relazione a tutte le disposizioni che non si riferiscono espressamente
né alle Regioni speciali né, in particolare, alla Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia.
La Regione autonoma Friuli-Venezia
Giulia sospetta l’illegittimità costituzionale dei commi 454 e 456
dell’art. 1 della legge n. 228 del 2012, in riferimento all’art. 48
della legge cost. n. 1 del 1963 –
anche in relazione all’art. 1, comma 155, della legge n. 220 del 2010 –,
all’art. 119 Cost., sotto il profilo dell’autonomia finanziaria
regionale, all’art. 119, quarto comma, Cost., sotto il profilo del
principio della corrispondenza tra funzioni regionali e risorse, all’art.
3 Cost., sotto il profilo della violazione del principio di ragionevolezza,
nonché al principio di leale collaborazione codificato nell’art.
1, comma 155, della legge n. 220 del
2010 e negli artt. 63, comma 5, e 65 del richiamato statuto speciale.
Dopo avere riportato il contenuto dei
citati commi 454 e 456 dell’art. 1, la ricorrente precisa, in primo luogo,
che il comma 454 prevede in teoria l’accordo tra la Regione autonoma e il
Ministro dell’economia e delle finanze con riferimento al patto di
stabilità, ma, in realtà, dispone unilateralmente che «il
saldo programmatico è determinato riducendo il complesso delle spese
finali in termini di competenza eurocompatibile
risultante dal consuntivo 2011» degli importi previsti da alcune leggi;
in secondo luogo, che il comma 456 conferma il carattere illusorio della
determinazione concordata del patto, in quanto rende facoltativo
l’accordo.
Ad avviso della ricorrente, i commi 454
e 456 violano, in primo luogo, l’art.
1, comma 155, della legge n. 220 del 2010, norma adottata sulla base di un
accordo tra Stato e Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, che codifica, in
relazione al patto di stabilità, il principio consensuale nei rapporti
finanziari tra Stato e Regioni speciali (vengono richiamate le sentenze n. 133 del 2010;
n. 82 del 2007;
n. 353 del 2004;
n. 98 del 2000;
n. 39 del 1984),
stabilendo che «a decorrere dall’esercizio finanziario 2011,
l’accordo annuale relativo al patto di stabilità interno della
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia è costruito considerando il
complesso delle spese finali al netto delle concessioni di crediti valutate
prendendo a riferimento le corrispondenti spese considerate nell’accordo
per l’esercizio precedente».
La ricorrente ricorda che, in base alla sentenza n. 118 del
2012, «l’accordo è lo strumento, ormai consolidato (in
quanto già presente nella legge 27 dicembre 1997, n. 449 recante
“Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica” e poi confermato
da tutte le disposizioni che si sono occupate successivamente della materia)
per conciliare e regolare in modo negoziato il doveroso concorso delle Regioni
a statuto speciale alla manovra di finanza pubblica e la tutela della loro
autonomia finanziaria, costituzionalmente rafforzata (ex plurimis, sentenza n. 353 del
2004)». La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia osserva come la
Corte costituzionale abbia sottolineato che «[n]el
solco di questo indirizzo normativo l’art. 1, comma 132, della legge n.
220 del 2010, ha stabilito che, per gli esercizi 2011, 2012 e 2013, le Regioni
a statuto speciale, escluse la Regione Trentino-Alto Adige e le Province
autonome di Trento e di Bolzano, concordano con il Ministero
dell’economia e delle finanze le concrete modalità attuative del
patto di stabilità e del concorso alla manovra di finanza
pubblica».
La ricorrente richiama, altresì,
la pronuncia di questa Corte (sentenza n. 3 del
2013) con la quale è stata dichiarata l’illegittimità
costituzionale di una norma della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, per
violazione del principio di leale collaborazione, in quanto contrastava con una
disposizione della legge n. 220 del 2010, adottata in ricezione del Protocollo
d’intesa firmato a Roma il 29 ottobre 2010.
La Regione autonoma Friuli-Venezia
Giulia sottolinea che, mentre l’art. 1, comma 155, della legge n. 220 del
2010 prevedeva come punto di partenza per il patto di stabilità le
«spese considerate nell’accordo per l’esercizio
precedente», il comma 454 della legge n. 228 del 2012 fa riferimento al
«complesso delle spese finali in termini di competenza eurocompatibile risultante dal consuntivo 2011»:
cioè alle spese effettivamente sostenute, anziché a quelle
sostenibili nei termini dell’accordo. Il tetto di competenza eurocompatibile per il 2013 sarebbe, pertanto, più
basso (di quasi 600 milioni di euro) rispetto al previgente tetto di cassa 2013
(rectius: 2011), il tutto anteriormente
all’applicazione delle manovre statali previste per gli anni 2013 e
seguenti. La ricorrente evidenzia che, per un effetto cumulato delle manovre e
della ridefinizione della base di partenza, la Regione autonoma Friuli-Venezia
Giulia si troverà a dovere osservare nell’anno 2013 un limite ai
propri impegni di spesa di 1,4 miliardi inferiore rispetto al tetto 2011, con
un’incidenza percentuale del 23,55 per cento. L’entità della
riduzione delle spese comporterebbe – ad avviso della ricorrente –
il grave rischio che sia compromesso l’esercizio di funzioni fondamentali
della Regione e che lo stesso risulti insostenibile qualora rapportato alle
grandezze rappresentate dai dovuti trasferimenti al sistema sanitario, alle
autonomie locali nonché alle spese obbligatorie.
Tale distorsione sarebbe determinata
dall’utilizzazione, quale base di partenza, delle risultanze finali di un
esercizio finanziario scelto sulla base di criteri non esplicitati e senza
alcuna considerazione delle peculiarità che possono avere segnato
l’andamento della spesa e non averne permesso il perfezionamento, talora
per importi molto rilevanti. Secondo la ricorrente, l’essersi mantenuti
al di sotto dei tetti di spesa per l’anno 2011 avrebbe indotto a delle
conseguenze ben più gravi di quelle che avrebbe comportato, nel medesimo
esercizio, l’inosservanza del patto per sforamento dei tetti in
questione. La ricorrente sottolinea che le spese effettivamente sostenute,
spesso condizionate da eventi ascrivibili all’esercizio di riferimento,
possono incongruamente incidere sull’accordo relativo agli esercizi
successivi. La ricorrente ritiene, pertanto, che il comma 454 del citato art. 1
sia in contrasto con l’art. 3 Cost., sotto il
profilo della irragionevolezza, con l’art. 48 dello statuto speciale e
con l’art. 119 Cost., quanto all’autonomia finanziaria regionale,
nonché con l’art. 119, quarto comma, Cost., sotto il profilo del
principio della corrispondenza tra funzioni regionali e risorse.
Ad avviso della ricorrente, un ulteriore
aspetto di irragionevolezza insito nell’aprioristica applicazione delle
risultanze di un esercizio, quale base di partenza per l’obiettivo del
patto di stabilità, sarebbe rappresentato dal fatto che la minore spesa
può essere determinata, anche solo in parte, dalla decisione di
avvalersi di una specifica previsione statale (precisamente, l’art. 1,
comma 138, della legge n. 220 del 2010, secondo cui «[a] decorrere
dall’anno 2011, le regioni, escluse la regione Trentino-Alto Adige e le
province autonome di Trento e di Bolzano, possono autorizzare gli enti locali
del proprio territorio a peggiorare il loro saldo programmatico attraverso un
aumento dei pagamenti in conto capitale e contestualmente per lo stesso importo
procedono a rideterminare il proprio obiettivo programmatico in termini di
cassa o di competenza») che consente alle Regioni di abbassare
volontariamente i propri obiettivi di spesa, al fine di cedere spazi finanziari
agli enti locali del proprio territorio per un importo definito annualmente e
con esclusivo riferimento all’esercizio in corso. Pertanto, una riduzione
della spesa autonomamente e provvisoriamente determinata da una Regione per
sopperire a gravi esigenze di spesa dei propri enti locali sarebbe fatta
propria dallo Stato senza alcuna disamina della ratio sottostante o delle conseguenze.
Le disposizioni impugnate sarebbero,
inoltre, affette da irragionevolezza, in quanto: per un verso, internamente
contraddittorie, prevedendo, da un lato, un accordo e, dall’altro,
vanificandolo tramite una definizione aprioristica del suo contenuto; per altro
verso, sarebbero in contrasto anche con il comma 458, in base al quale
«L’attuazione dei commi 454, 455 e 457 avviene nel rispetto degli
statuti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e
di Bolzano e delle relative norme di attuazione». La Regione ricorrente
precisa di essere legittimata a fare valere la violazione del principio di
ragionevolezza (art. 3 Cost.), in quanto le dette norme rientrano in materia
regionale (attenendo al coordinamento della finanza pubblica) e incidono
sull’autonomia finanziaria regionale.
In particolare, il comma 456 avrebbe
l’effetto di vanificare la previsione di un’intesa di natura forte
con lo Stato, stabilendo che al «mancato accordo» segua la
determinazione unilaterale (predefinita dalla legge) degli obiettivi
finanziari. Ciò implicherebbe la violazione del principio di leale
collaborazione che si declina nell’art. 1, comma 155, della legge n. 220
del 2010 e nelle norme che richiedono il consenso della Regione per la
disciplina dei rapporti finanziari con lo Stato (artt. 63, comma 5, e 65 dello
statuto speciale). La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia sottolinea come la
previsione legislativa della possibilità di una decisione unilaterale
semplicemente «in caso di mancato accordo» vanificherebbe la
previsione dell’intesa, caratterizzata dalla paritaria codeterminazione
dell’atto (viene richiamata la sentenza n. 121 del
2010). Ed evidenzia, come messo in luce dalla giurisprudenza
costituzionale, la necessità che il legislatore preveda meccanismi
paritetici volti a superare il dissenso (sentenza n. 383 del
2005).
La Regione autonoma Friuli-Venezia
Giulia impugna, altresì, il comma 457 dell’art. 1 della legge n.
228 del 2012, per violazione degli artt. 4, numero 1-bis), 51 e 54, dello statuto speciale, dell’art. 9 del d.lgs.
n. 9 del 1997, anche in riferimento all’art. 1, commi 154 e 155, della
legge n. 220 del 2010. Dopo avere riportato il contenuto del comma 457, la
ricorrente osserva, in primo luogo, che la previsione secondo la quale la
Provincia definisce il patto di stabilità per gli enti locali
«nell’ambito degli accordi di cui ai commi 454 e 455» violerebbe, anzitutto, gli artt. 4,
numero 1-bis), 51 e 54, dello statuto
speciale e l’art. 9 del d.lgs. n. 9 del 1997, che attribuiscono
competenza alla Regione in materia di finanza locale; in secondo luogo, i commi
154 e 155 dell’art. 1 della legge n. 220 del 2010 (fonte cosiddetta
“rinforzata”), che attribuiscono alla Regione poteri di
coordinamento finanziario sugli enti locali (in particolare, il comma 155
dispone che: «in merito agli obiettivi sui saldi di finanza pubblica,
spetta alla regione individuare, con riferimento agli enti locali costituenti
il sistema regionale integrato, gli obiettivi per ciascun ente e le
modalità necessarie al raggiungimento degli obiettivi complessivi di
volta in volta concordati con lo Stato per il periodo di riferimento, compreso
il sistema sanzionatorio»). La ricorrente ritiene che siano tali
disposizioni – e non già gli accordi di cui ai commi 454 e 455
– a definire il quadro entro il quale la Regione definisce il patto di
stabilità per i rispettivi enti locali. Inoltre, ad avviso della
ricorrente, l’illegittimità costituzionale del comma 454 (il comma
455 non riguarda la ricorrente) si riverbererebbe in via derivata sul comma
457.
In secondo luogo, ad avviso della
ricorrente, il comma 457 sarebbe incostituzionale anche nella parte in cui
assoggetta gli enti locali del territorio della Regione
«all’obiettivo complessivamente determinato in applicazione
dell’articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183» per gli enti
locali del restante territorio nazionale. Tale disposizione si porrebbe in
contrasto con la citata clausola di salvaguardia di cui al comma 458, contrasto
che – data la puntualità della disposizione impugnata – non
sembrerebbe superabile in via interpretativa. Inoltre, il suddetto comma 457
violerebbe i commi 154 e 155 dell’art. 1 della legge n. 220 del 2010, che
attribuiscono alla Regione poteri di coordinamento finanziario sugli enti
locali in attuazione della competenza regionale in materia di finanza locale
(artt. 4, numero 1-bis, 51 e 54 dello
statuto speciale e art. 9 del d.lgs. n. 9 del 1997). In particolare, il
richiamato comma 155 prevede che, salvo il caso di inerzia regionale, «le
disposizioni statali relative al patto di stabilità interno non trovano
applicazione con riferimento agli enti locali costituenti il sistema regionale
integrato».
Infine, ad avviso della Regione
ricorrente, il comma 457 sarebbe costituzionalmente illegittimo anche nella
parte in cui stabilisce che, in caso di mancato accordo, si applicano le regole
stabilite per gli enti locali del restante territorio nazionale (al riguardo,
la ricorrente rimanda alle medesime ragioni già illustrate a proposito
delle censure mosse al comma 456). Inoltre, la diretta applicazione agli enti
locali della Regione di norme statali contraddirebbe l’esclusiva
responsabilità di quest’ultima per il coordinamento finanziario
degli enti locali (artt. 4, numero 1-bis,
51 e 54, dello statuto speciale, art. 9 del d.lgs. n. 9 del 1997, art. 1, commi
154 e 155, della legge n. 220 del 2010).
La Regione autonoma Friuli-Venezia
Giulia denuncia l’illegittimità costituzionale anche del comma 459
dell’art. 1 della legge n. 228 del 2012, per violazione degli artt. 48 e 65
dello statuto speciale, nonché dell’art. 119, quarto comma, Cost.
Dopo avere riportato il contenuto del
comma 459 del citato art. 1, la ricorrente osserva che detta disposizione viola
l’autonomia finanziaria regionale (art. 48 e seguenti dello statuto speciale)
e, in particolare, il principio della corrispondenza tra funzioni e risorse
(art. 119, quarto comma, Cost.), in quanto prevede l’assunzione da parte
regionale dell’esercizio di funzioni statali senza un corrispondente
trasferimento di risorse; inoltre, ad avviso della ricorrente, il comma 459
violerebbe anche l’art. 65 dello statuto speciale in quanto pretende di
vincolare, in parte, il contenuto delle norme di attuazione statutaria.
2.1.– Con memoria depositata in data 8 aprile 2013, si è costituito
il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni di
legittimità costituzionale promosse con il ricorso siano dichiarate
inammissibili o non fondate.
In particolare, relativamente ai commi
454 e 456 dell’art. 1 della legge n. 228 del 2012, la difesa erariale
evidenzia la mancata violazione del principio dell’accordo in materia
finanziaria, in quanto non verrebbe in alcun modo pregiudicata la procedura
volta a salvaguardare la speciale autonomia finanziaria delle Regioni e delle
Province a statuto speciale, le quali concordano con il Ministro
dell’economia e delle finanze gli obiettivi loro assegnati in termini di
patto di stabilità interno.
La previsione di cui al comma 456 troverebbe
applicazione solo nell’eventualità in cui non si riesca a
raggiungere il predetto accordo. Il Presidente del Consiglio dei ministri ne
evidenzia la legittimità alla luce della sentenza di questa Corte n. 82 del
2007, per cui l’applicazione automatica, in caso di mancato accordo,
delle regole di cui al comma 456 dovrebbe intendersi come provvisoria, ossia
fino alla conclusione dell’accordo, che può intervenire anche
successivamente. La difesa erariale ricorda che, nel 2012, si è
registrato un significativo ritardo nella definizione degli accordi con le
autonomie speciali previsti dall’art. 32 della legge n. 183 del 2011,
propedeutici all’applicazione del patto di stabilità interno. Sottolinea,
inoltre, come la clausola di salvaguardia previgente – che disponeva
l’applicazione delle regole previste per le Regioni a statuto ordinario
– sia risultata poco efficace, considerato che tali ultime regole sono
ormai strutturalmente diverse da quelle delle autonomie speciali e, quindi,
difficilmente adattabili. Pertanto, ad avviso del Presidente del Consiglio dei
ministri, le norme impugnate si pongono l’obiettivo di ovviare a tale
problematica e di evitare il rischio di non conseguire gli effetti positivi
sull’indebitamento netto previsti a legislazione vigente.
Quanto alle censure mosse in ordine al
comma 457 dell’art. 1, la difesa erariale sostiene che tale previsione,
lungi dal violare le prerogative statutarie in materia di finanza locale, consentirebbe
alla Regione di definire autonomamente gli obiettivi concordati, di volta in
volta, con lo Stato da attribuire ai propri enti locali, mentre l’accordo
di cui ai commi 454 e 455 costituirebbe il necessario strumento di recepimento
di tali obiettivi. La prevista applicazione, in caso di mancato accordo, delle
disposizioni stabilite in materia di patto di stabilità interno per gli
enti locali del restante territorio nazionale risulterebbe, inoltre, necessaria
considerato che la definizione degli obiettivi da attribuire agli enti locali
deve realizzarsi, comunque, nell’ambito dei principi di coordinamento
finanziario attribuiti dalla Costituzione allo Stato, assicurando gli effetti
positivi sui saldi di finanza pubblica previsti a legislazione vigente. Il
Presidente del Consiglio dei ministri evidenzia come l’applicazione, in
caso di mancato accordo, dei limiti di spesa previsti nel restante territorio
nazionale dovrebbe intendersi come provvisoria, ossia fino alla conclusione
dell’accordo, che può intervenire anche successivamente, e,
pertanto, non dovrebbe considerarsi lesiva delle prerogative provinciali (sentenza n. 82 del
2007).
In merito al comma 459 dell’art.
1, l’Avvocatura generale dello Stato ricorda che, in merito ad analoga
norma, questa Corte (sentenza n. 145 del
2008) ha precisato la inesistenza di un’alterazione del rapporto tra
complessivi bisogni regionali e insieme di mezzi finanziari per farvi fronte.
Il Presidente del Consiglio dei ministri osserva, inoltre, che la previsione
per cui le misure contenute in tale disposizione trovano applicazione
attraverso apposite norme di attuazione statutaria, ovvero norme determinate da
una Commissione paritetica, deve considerarsi a tutela delle prerogative
costituzionali delle autonomie speciali. Tale interpretazione troverebbe
conferma nella consolidata giurisprudenza costituzionale, secondo cui il
semplice richiamo alle modalità di attuazione statutaria, contenuto
nelle leggi statali che trasferiscono funzioni alle Regioni, è
sufficiente a garantire la determinazione delle relative norme di attuazione
nel rispetto dell’autonomia regionale.
2.2.– La Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia il 21 aprile 2015 ha depositato una memoria, nella quale,
per quanto riguarda le disposizioni oggetto del presente giudizio, ha dato
conto di alcune modifiche normative e ha replicato alla memoria
dell’Avvocatura generale dello Stato.
In particolare, riguardo all’art.
1, comma 454, la ricorrente segnala che esso è stato a più
riprese modificato: prima dall’art. 1, comma 499, della legge 27 dicembre
2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato – Legge di stabilità 2014); poi dall’art. 46,
comma 2, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la
competitività e la giustizia sociale), convertito, con modificazioni,
dall’art. 1, comma 1, della legge 23 giugno 2014, n. 89; e, infine,
dall’art. 1, comma 415, della legge 23 dicembre 2014, n. 190
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
– legge di stabilità 2015). L’ambito temporale della
disciplina è esteso fino al 2018 e ulteriori importi sono stati
addossati alla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, quali riduzioni di
spesa. Inoltre, l’art. 1, comma 517, della medesima legge n. 190 del 2014
ha ridisciplinato il patto di stabilità per
gli anni 2014-2017, a seguito dell’accordo tra Stato e Regione
Friuli-Venezia Giulia del 23 ottobre 2014. E il successivo comma 518 ha
disposto che «[n]egli anni dal 2014 al 2017 non si applica alla regione
Friuli-Venezia Giulia quanto disposto dagli ultimi due periodi del comma 454
dell’articolo 1 della legge 24
dicembre 2012, n. 228».
Ad avviso
della ricorrente queste modifiche non sarebbero idonee a far cessare la materia
del contendere, in quanto, per un verso, esse sarebbero da considerarsi
“sostanzialmente peggiorative” e, per altro verso, la norma impugnata
avrebbe comunque avuto applicazione nel 2013. La ricorrente critica, peraltro,
il richiamo alla sentenza
n. 82 del 2007 di questa Corte, contenuto nella memoria
dell’Avvocatura generale dello Stato, con cui è stata ritenuta
legittima una disposizione provvisoriamente adottata fino alla conclusione
dell’accordo, in quanto essa aveva ad oggetto una fattispecie diversa,
visto che essa prevedeva un reale accordo sul livello delle spese, e non un
accordo svuotato dalla preventiva indicazione legislativa degli importi di
riduzione delle spese.
Relativamente
all’art. 1, comma 457, non modificato nelle more del giudizio, la
ricorrente ribadisce che la diretta applicazione, anche provvisoria, delle
disposizioni statali violerebbe la competenza regionale in materia di finanza
locale e l’esclusiva responsabilità della Regione per il
coordinamento finanziario degli enti locali.
Infine, con riferimento all’art.
1, comma 459, non modificato nelle more del giudizio, la ricorrente rileva che
la sentenza n.
145 del 2008 di questa Corte, richiamata dall’Avvocatura generale
dello Stato, si fonderebbe in parte su motivi inapplicabili nel caso di specie,
posto che la prova del “grave” squilibrio finanziario andrebbe
fornita di fronte a norme che producono una limitazione delle risorse della
Regione, mentre l’attribuzione di funzioni non accompagnata da un
corrispondente trasferimento di risorse violerebbe di per sé
l’autonomia finanziaria regionale. La Regione autonoma Friuli-Venezia
Giulia dichiara poi di prendere atto dell’interpretazione “adeguatrice” che l’Avvocatura generale dello
Stato propone dell’art. 1, comma 459, secondo cui tale disposizione non
potrebbe realmente condizionare l’autonomia regionale con riferimento
all’adozione delle norme di attuazione.
3.– Con ricorso notificato in data
27 febbraio 2013 e depositato il successivo 8 marzo (reg. ric. n. 43 del 2013),
la Regione siciliana ha promosso questioni di legittimità
costituzionale, tra l’altro, dell’art. 1, comma 459, della legge n.
228 del 2012, per violazione degli artt. 36 e 43 del regio
decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della
Regione siciliana), convertito dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n.
2 nonché del principio di leale
collaborazione.
La ricorrente premette che il censurato
comma 459 – come, in modo identico, l’art. 32, comma 16, della
legge n. 183 del 2011, impugnato con il ricorso n. 15 del 2012 – dispone
un aggravio di spese per le Regioni a statuto speciale, tra cui la Sicilia,
mediante la generica attribuzione dell’esercizio di funzioni statali,
senza che vengano individuate ed impinguate le risorse finanziarie per farvi fronte,
mediante un indefinito rinvio a specifiche norme di attuazione statutaria volte
unicamente a precisare le modalità e l’entità del risparmio
per il bilancio dello Stato da ottenere in modo permanente o, comunque, per
annualità definite. Da qui la assunta illegittimità
costituzionale di detta disposizione, che inciderebbe sulle
disponibilità finanziarie della Regione siciliana, sottraendo risorse da
questa destinate allo svolgimento di sue funzioni proprie al fine di
finalizzarle all’esercizio di funzioni statali genericamente indicate.
In particolare, ad avviso della
ricorrente, la norma in questione risulterebbe in contrasto con gli artt. 36 e
43 dello Statuto speciale della Regione siciliana nonché con il
principio di leale collaborazione. Essa violerebbe detti parametri nella misura
in cui non prevede che, in sede di Commissione paritetica, debba essere
determinato l’importo delle somme che lo Stato dovrà trasferire
alla Regione per l’assunzione dell’esercizio delle dette funzioni,
ovvero che tali funzioni siano esercitate dalla Regione senza aggravi
finanziari.
3.1.– Con memoria depositata in
data 8 aprile 2013 si è costituito il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato,
chiedendo che le questioni di legittimità costituzionale promosse con il
ricorso siano dichiarate non fondate. In particolare, ad avviso della difesa
erariale, le censure mosse con riguardo al comma 459 dell’art. 1, in
riferimento agli artt. 36 e 43 dello Statuto speciale della Regione siciliana e
al principio di leale collaborazione, non sarebbero fondate.
La difesa erariale ricorda che, in
merito ad analoga norma, questa Corte (sentenza n. 145 del
2008) ha precisato la inesistenza di un’alterazione del rapporto tra
complessivi bisogni regionali e insieme di mezzi finanziari per farvi fronte.
Il Presidente del Consiglio dei ministri osserva, inoltre, che la previsione
per cui le misure previste da tale disposizione trovano applicazione attraverso
apposite norme di attuazione statutaria, ovvero norme determinate da una
Commissione paritetica, deve considerarsi a tutela delle prerogative
costituzionali delle autonomie speciali. Tale interpretazione sarebbe
confermata dalla consolidata giurisprudenza costituzionale, secondo cui il
semplice richiamo alle modalità di attuazione statutaria, contenuto
nelle leggi statali che trasferiscono funzioni alle Regioni, è
sufficiente a garantire la determinazione delle relative norme di attuazione
nel rispetto dell’autonomia regionale.
Considerato
in diritto
1.– Con ricorso notificato, a
mezzo servizio postale, in data 19-22 febbraio 2013 e depositato il successivo
25 febbraio (iscritto al n. 24 del registro ricorsi 2013), la Regione autonoma
Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste ha promosso questione di legittimità
costituzionale dell’art. 1, commi 454 e 456, della legge 24 dicembre
2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato – Legge di stabilità 2013), per violazione degli artt.
3, comma 1, lettera f), e 12 della
legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Regione
Valle d’Aosta), degli artt. 117, terzo comma, 119, secondo comma, della
Costituzione, in combinato disposto con l’art. 10 della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda
della Costituzione), degli articoli da 2 a 7 della legge 26 novembre 1981, n.
690 (Revisione dell’ordinamento finanziario della regione Valle d’Aosta),
nonché del principio consensualistico che deve
presiedere, per costante giurisprudenza costituzionale, la regolamentazione dei
rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste.
Con ricorso notificato in data 27
febbraio 2013 e depositato il successivo 5 marzo (iscritto al n. 32 del
registro ricorsi 2013), la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha promosso
questioni di legittimità costituzionale, tra l’altro,
dell’art. 1, commi 454, 456, 457 e 459, della legge n. 228 del 2012, per
violazione degli artt. 4, numero 1-bis),
48, 51, 54, 63, quinto comma, e 65, della legge costituzionale 31 gennaio 1963,
n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia
Giulia) – anche in riferimento
all’art. 1, commi 154 e 155 della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge
di stabilità 2011) –, dell’art. 9 del
decreto legislativo 2 gennaio 1997, n. 9 (Norme di attuazione dello
statuto speciale per la regione Friuli-Venezia Giulia in materia di ordinamento
degli enti locali e delle relative circoscrizioni),
degli artt. 3 e 119 Cost., nonché del “principio
dell’accordo” in materia finanziaria e del principio di leale
collaborazione.
Con ricorso notificato in data 27 febbraio 2013 e depositato il successivo 8 marzo (iscritto al n. 43 del registro ricorsi 2013), la Regione siciliana ha promosso questioni di legittimità costituzionale, tra l’altro, dell’art. 1, comma 459, della legge n. 228 del 2012, per violazione degli artt. 36 e 43 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2 nonché del principio di leale collaborazione.
Riservata a separate pronunce la decisione
delle ulteriori questioni promosse nei confronti di altre disposizioni della
legge n. 228 del 2012, i richiamati tre ricorsi devono essere riuniti e qui
esaminati congiuntamente, limitatamente ai commi 454, 456, 457 e 459, censurati
dalle ricorrenti in riferimento a parametri e per motivi almeno in parte
coincidenti (ex plurimis,
sentenze n. 82
e n. 77 del 2015,
n. 144, n. 44, n. 28 e n. 23 del 2014).
Il Presidente del Consiglio dei ministri
si è costituito in tutti i giudizi.
2.– Nell’esaminare le
censure conviene muovere da un problema preliminare, sollevato in particolare
nel ricorso della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, relativo
all’effetto della clausola di salvaguardia generale, contenuta
nell’art. 1, comma 554, della legge n. 228 del 2012, ai sensi del quale
«Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di
Bolzano attuano le disposizioni di cui alla presente legge nelle forme
stabilite dai rispettivi statuti di autonomia e dalle relative norme di
attuazione», la quale in ipotesi porrebbe in dubbio
l’applicabilità alle autonomie speciali delle disposizioni
contestate.
Nel medesimo ricorso è
altresì richiamata, al fine di sostenere la contraddittorietà
interna della disciplina in esame, la clausola di salvaguardia più
specifica – riferita cioè a due dei quattro commi sulla cui legittimità
costituzionale la Corte è chiamata ad esprimersi – di cui
all’art. 1, comma 458, della legge n. 228 del 2012, nella quale si
afferma che «[l]’attuazione dei commi 454, 455 e 457 avviene nel
rispetto degli statuti delle regioni a statuto speciale e delle province
autonome di Trento e di Bolzano e delle relative norme di attuazione».
Invero, a prescindere da quale sia la
clausola di salvaguardia in ipotesi applicabile ai commi impugnati nel presente
giudizio e dal significato da attribuirsi a ciascuna di esse, né
l’una né l’altra clausola di salvaguardia paiono
suscettibili di incidere sulla applicabilità dell’art. 1, commi
454, 456, 457 e 459, alle autonomie speciali. Tutti e quattro i commi in esame,
infatti, recano prescrizioni specificamente ed esclusivamente rivolte alle
Regioni a statuto speciale e alle Province autonome. Deve perciò farsi
applicazione del principio, già affermato dalla giurisprudenza
costituzionale, secondo cui l’illegittimità costituzionale di una
previsione legislativa non è esclusa dalla presenza di una clausola di
salvaguardia allorquando tale clausola entri «in contraddizione con
quanto affermato nel seguito della disposizione, con esplicito riferimento alle
Regioni a statuto speciale e alle Province autonome» (sentenza n. 133 del
2010).
3.– I commi 454 e 456
dell’art. 1 della legge n. 228 del 2012 sono congiuntamente impugnati
dalle Regioni autonome Valle d’Aosta/Vallée
d’Aoste e Friuli-Venezia Giulia, con censure in entrambi i casi incentrate
soprattutto sul carattere unilaterale della disciplina statale, la quale
delinea una procedura per determinare il concorso finanziario delle Regioni a
statuto speciale agli obiettivi di finanza pubblica, con la sola eccezione
della Regione Trentino-Alto Adige e delle Province autonome di Trento e di
Bolzano, cui è specificamente dedicato il comma 455.
La Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia ritiene che le modifiche successivamente
intervenute con riferimento al comma 456 – peraltro impugnate davanti a
questa Corte con successivi ricorsi – non sarebbero idonee a far cessare
la materia del contendere, in quanto, per un verso, esse sarebbero da
considerarsi «sostanzialmente peggiorative», e, per altro verso, la
disciplina impugnata avrebbe comunque avuto applicazione nell’anno 2013.
3.1.– Le
questioni non sono fondate.
Questioni
analoghe e strettamente connesse a quella in esame nel presente giudizio sono
state affrontate e rigettate da questa Corte con le sentenze n. 82, n. 77 e n. 19 del 2015,
aventi ad oggetto modalità di concorso finanziario delle Regioni ad
autonomia speciale che le disposizioni in esame richiamano e ribadiscono.
Infatti, il
comma 454 qui impugnato stabilisce che «[a]l fine di assicurare il
concorso agli obiettivi di finanza pubblica, le regioni a statuto speciale,
escluse la regione Trentino-Alto Adige e le province autonome di Trento e di
Bolzano, concordano, con il Ministro dell’economia e delle finanze, per
ciascuno degli anni dal 2013 al 2016, l’obiettivo in termini di
competenza finanziaria e di competenza eurocompatibile,
determinato riducendo il complesso delle spese finali in termini di competenza eurocompatibile risultante dal consuntivo 2011:
a) degli importi indicati per il 2013 nella tabella
di cui all’articolo 32, comma 10, della legge 12 novembre 2011, n. 183;
b) del contributo previsto dall’articolo 28,
comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge, con
modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n.
214, come rideterminato dall’articolo 35, comma 4, del decreto-legge 24
gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012,
n. 27, e dall’articolo 4, comma 11, del decreto-legge 2 marzo 2012, n.
16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44;
c) degli importi indicati nel decreto del Ministero
dell’economia e delle finanze, relativi al 2013, 2014, 2015 e 2016,
emanato in attuazione dell’articolo 16, comma 3, del decreto-legge 6
luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012,
n. 135;
d) degli ulteriori contributi disposti a carico delle
autonomie speciali.
Il complesso
delle spese finali in termini di competenza finanziaria di ciascuna autonomia
speciale di cui al presente comma non può essere superiore, per ciascuno
degli anni dal 2013 al 2016, all’obiettivo di competenza eurocompatibile determinato per il corrispondente esercizio
ai sensi del presente comma. A tal fine, entro il 31 marzo di ogni anno, il
Presidente dell’ente trasmette la proposta di accordo al Ministro
dell’economia e delle finanze».
In sostanza,
la disposizione di cui al comma 454 ha inteso in qualche modo cristallizzare la
situazione venutasi a determinare, per il concorso delle Regioni speciali alla
finanza pubblica, nel corso degli ultimi esercizi e, al contempo, ribadirla per
il quadriennio successivo, rimettendo agli accordi tra il Ministro
dell’economia e delle finanze e il Presidente di ciascuna autonomia
speciale – da raggiungersi entro il 31 luglio di ogni anno, sulla base di
una proposta del Presidente dell’ente autonomo, da trasmettere entro il
precedente 31 marzo – la determinazione delle modalità con cui le
singole autonomie sono chiamate a fornire tale concorso.
Ora, le
singole disposizioni richiamate nel comma 454 qui in esame hanno già superato
il vaglio di questa Corte. Infatti, la sentenza n. 19 del
2015 ha respinto le censure relative all’art. 32, comma 10, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di
stabilità 2012), richiamato
dall’art. 1, comma 454, lettera a),
della legge n. 228 del 2012; la sentenza n. 82 del
2015 ha giudicato non fondati i ricorsi avverso l’art. 28, comma 3,
del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la
crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici),
convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 22
dicembre 2011, n. 214, richiamato dall’art. 1, comma 454, lettera b), della legge n. 228 del 2012; la sentenza n. 77 del
2015 ha rigettato le questioni di legittimità costituzionale avverso
l’art. 16, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni
urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai
cittadini), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135,
richiamato, assieme ai relativi decreti attuativi, dall’art. 1, comma
454, lettera c), della legge n. 228
del 2012.
Quindi,
l’ammontare preso a base dalla disciplina impugnata, che determina
l’obiettivo in termini di competenza finanziaria e di competenza eurocompatibile per le autonomie speciali, sottraendo al
livello delle spese finali risultanti dal consuntivo 2011 gli importi suddetti
e quelli ulteriormente disposti a carico delle medesime autonomie speciali,
deve ritenersi conforme a Costituzione.
3.2.– I
ricorsi censurano altresì l’unilateralità
dell’intervento statale, che emerge in particolare dal comma 456, ai
sensi del quale: «[i]n caso di mancato accordo di cui ai commi 454 e 455
entro il 31 luglio, gli obiettivi delle regioni Sardegna, Sicilia,
Friuli-Venezia Giulia e Valle d’Aosta sono determinati sulla base dei
dati trasmessi, ai sensi dell’articolo 19-bis, comma 1, del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135,
convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166, ridotti
degli importi previsti dal comma 454 […]» . A questo proposito
occorre ancora una volta ribadire quanto affermato dalla costante
giurisprudenza costituzionale, in particolare nella sentenza n. 19 del
2015: «la determinazione unilaterale da parte dello Stato, in assenza
di criteri condivisi con le autonomie speciali, è legittima in quanto
assolve provvisoriamente all’onere di assicurare il raggiungimento, nei
termini temporali previsti, degli obiettivi finanziari delle manovre di
bilancio in attesa del perfezionarsi dell’intesa, mentre l’accordo
bilaterale con ciascuna autonomia costituisce momento di ricognizione e di
eventuale ridefinizione delle relazioni finanziarie tra lo Stato e l’ente
territoriale». Per un verso, infatti, la normativa vigente in ambito di
Unione europea riguardo alla definizione delle manovre finanziarie negli Stati
membri fa sì che non sia «ipotizzabile che lo Stato possa
presentare quella inerente al concorso regionale dopo aver completato il complesso
iter di negoziazione con ciascuno degli enti a statuto speciale
interessati». Per altro verso, una lettura costituzionalmente orientata
della norma «dimostra che lo strumento dell’accordo serve a
determinare nel loro complesso punti controversi o indefiniti delle relazioni
finanziarie tra Stato e Regioni, sia ai fini del raggiungimento degli obiettivi
di finanza pubblica nel rispetto dei vincoli europei, sia al fine di evitare
che il necessario concorso delle Regioni comprima oltre i limiti consentiti
l’autonomia finanziaria ad esse spettante. Ciò anche modulando le
regole di evoluzione dei flussi finanziari dei singoli enti, in relazione alla
diversità delle situazioni esistenti nelle varie realtà
territoriali».
Anche
l’impugnata normativa si muove in questa logica, in quanto individua, da
un lato, il limite entro il quale possono muoversi gli accordi (art. 1, comma
454, penultimo periodo) e contiene, dall’altro, una determinazione
unilaterale da applicarsi in caso di mancato accordo (art. 1, comma 456).
3.3.–
Alla luce di queste argomentazioni, le censure sollevate dalle Regioni autonome
Valle d’Aosta/Vallée
d’Aoste e Friuli-Venezia Giulia riguardo ai commi 454 e 456 dell’art.
1 della legge n. 228 del 2012 vanno dichiarate non fondate.
4.– La
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha impugnato, altresì,
l’art. 1, comma 457, della legge n. 228 del 2012, il quale dispone che le
Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano, che
svolgono in via esclusiva le funzioni in materia di finanza locale, definiscono
le modalità attuative del patto di stabilità interno per gli enti
locali dei rispettivi territori mediante l’esercizio delle competenze
alle stesse attribuite dai rispettivi statuti di autonomia e dalle relative
norme di attuazione, con la precisazione che tale attuazione deve avvenire
nell’ambito degli accordi di cui ai commi 454 e 455 e che, comunque, deve
rimanere fermo l’obiettivo complessivamente determinato in applicazione
dell’art. 31 della legge n. 183 del 2011. È inoltre stabilito che,
in caso di mancato accordo, si applichino per gli enti locali di cui al
suddetto comma 457 le disposizioni previste in materia di patto di
stabilità interno per gli enti locali del restante territorio nazionale.
Le censure
della ricorrente si appuntano soprattutto nei confronti di quest’ultima
disposizione, la quale violerebbe: in primo luogo, gli artt. 4, numero 1-bis), 51 e 54 dello statuto speciale e
l’art. 9 del d.lgs. n. 9 del 1997, che attribuiscono
competenza alla Regione in materia di finanza locale; in secondo luogo, i commi
154 e 155 dell’art. 1 della legge n. 220 del 2010 – qualificati
come «fonte “rinforzata”», in quanto recepiscono i
contenuti del Protocollo d’intesa tra lo Stato e la Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia firmato a Roma il 29 ottobre 2010 – i quali
attribuiscono alla Regione poteri di coordinamento finanziario sugli enti
locali costituenti il «sistema regionale integrato», derogando alla
disciplina ivi prevista, previamente concordata tra lo Stato e la Regione autonoma.
4.1.–
Occorre anzitutto osservare che la disciplina di cui al comma 457 costituisce
principio di coordinamento della finanza pubblica, come tale pacificamente
applicabile anche alle autonomie speciali (ex
plurimis, sentenze n. 77 del 2015;
n. 39 del 2014;
n. 219 del 2013;
n. 30 del 2012;
n. 229 del 2011;
n. 120 del 2008,
n. 169 del 2007).
Secondo quanto la Corte ha già osservato, i principi fondamentali della
legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica,
funzionali, tra l’altro, a garantire l’unità economica della
Repubblica e a prevenire squilibri di bilancio, sono applicabili anche alle
Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome, in quanto necessari per
preservare l’equilibrio economico-finanziario del complesso delle
amministrazioni pubbliche in riferimento a parametri costituzionali (artt. 81,
119 e 120 Cost.) e ai vincoli derivanti dall’appartenenza
dell’Italia all’Unione europea (artt. 11 e 117, primo comma,
Cost.): equilibrio e vincoli oggi ancor più pregnanti nel quadro
delineato dall’art. 2, comma 1, della legge costituzionale 20 aprile
2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta
costituzionale) che, nel comma premesso all’art. 97 Cost., richiama il
complesso delle pubbliche amministrazioni ad assicurare, in coerenza con
l’ordinamento dell’Unione europea, l’equilibrio dei bilanci e
la sostenibilità del debito pubblico (sentenza n. 60 del
2013). Sicché, a fronte di un simile intervento legislativo statale,
è naturale che derivi una, per quanto parziale, compressione degli spazi
entro cui possono esercitarsi le competenze legislative e amministrative di
Regioni e Province autonome, nonché della stessa autonomia di spesa loro
spettante (sentenza
n. 175 del 2014).
I principi
fondamentali di coordinamento della finanza pubblica possono anche assumere la
veste di limiti complessivi all’autonomia di spesa delle Regioni e
Province autonome, a condizione che essi lascino agli enti stessi ampia
libertà di allocazione delle risorse tra i diversi ambiti e obiettivi di
spesa. Come ha chiarito questa Corte nella sentenza n. 236 del
2013, «le norme statali devono limitarsi a porre obiettivi di
contenimento senza prevedere in modo esaustivo strumenti e modalità per
il perseguimento dei suddetti obiettivi in modo che rimanga uno spazio aperto
all’esercizio dell’autonomia regionale» e non devono
«ledere il canone generale della ragionevolezza e proporzionalità
dell’intervento normativo rispetto all’obiettivo prefissato».
Per i medesimi
motivi, la Corte ha, altresì, specificato che la competenza in materia
di coordinamento della finanza pubblica consente allo Stato di imporre alle
Regioni a statuto speciale e alle Province autonome limiti analoghi a quelli
che valgono per le Regioni a statuto ordinario, nelle more delle trattative
finalizzate al raggiungimento degli accordi che si rendano necessari (sentenze n. 82 del 2015,
n. 120 del 2008,
n. 169 e n. 82 del 2007,
n. 353 del 2004).
Dalla
qualificazione della disciplina oggetto della presente questione di
legittimità costituzionale come principio di coordinamento della finanza
pubblica discende l’infondatezza della censura di illegittimità
costituzionale avente ad oggetto il comma 457 e basata sulla violazione del
principio consensualistico.
4.2.– Non è fondata neppure la censura, riferita sempre al comma 457,
per violazione dei commi 154 e 155 dell’art. 1 della legge n. 220 del
2010, che si assume come “fonte rinforzata”.
Infatti, la
qualifica di “fonte rinforzata” – qui da intendersi nel senso
di legge con forza passiva superiore a quella delle leggi ordinarie, dal
momento che ogni sua modifica richiede la previa consultazione con la Regione
speciale interessata – può al più attribuirsi
esclusivamente al comma 157 dell’art. 1 della legge n. 220 del 2010, il
quale, in esecuzione del Protocollo d’intesa sottoscritto il 29 ottobre
2010, ha disposto alcune espresse modificazioni allo statuto speciale del
Friuli-Venezia Giulia. Del resto, è solo a tale comma 157 che fa
riferimento il successivo comma 158, il quale risulta del seguente tenore:
«[l]e disposizioni recate dal comma 157 sono approvate ai sensi e per gli
effetti dell’articolo 63, quinto comma, dello Statuto speciale della
regione Friuli-Venezia Giulia, di cui alla legge costituzionale 31 gennaio
1963, n. 1, e successive modificazioni» (l’art. 63, quinto comma,
consentendo la modifica delle disposizioni contenute nel Titolo IV dello
statuto con «leggi ordinarie, su proposta di ciascun membro delle Camere,
del Governo e della Regione, e, in ogni caso, sentita la Regione»).
Dunque, la
qualifica di “fonte rinforzata” non si estende ai commi 154 e 155
dell’art. 1 della legge n. 220 del 2010, invocati a parametro della
questione di legittimità costituzionale in esame.
La circostanza
che alcune disposizioni della legge n. 220 del 2010 siano state il frutto del
recepimento di un Protocollo d’intesa tra Stato e singola Regione a
statuto speciale – quale quello sottoscritto con la Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia il 29 ottobre 2010 – non rappresenta certamente
ragione idonea, di per sé, a rendere tali disposizioni insuperabili ad
opera del legislatore statale successivo, qualora questi intervenga, in via
transitoria, nell’attesa di un nuovo accordo, in un mutato contesto
economico-finanziario e sulla scorta dell’esigenza di adempiere a nuovi e
ulteriori obblighi assunti in sede di Unione europea e senza ledere i canoni
generali di ragionevolezza e proporzionalità dell’intervento
normativo rispetto all’obiettivo prefissato.
Del resto, va
segnalato che la disciplina della legge di stabilità per il 2011, nella
parte in cui ha delineato la costituzione, nella Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia, di un «sistema regionale integrato» e ha
determinato il concorso della Regione autonoma al risanamento della finanza
pubblica e all’attuazione del federalismo fiscale – analogamente a
simili previsioni adottate nei medesimi anni con riferimento ad altre autonomie
speciali, che rimettevano ad un accordo con ciascuna di esse la determinazione
del loro concorso al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica –
ha subito una serie di deroghe da parte della legislazione statale successiva
in materia finanziaria, in seguito all’aggravarsi della situazione economico-finanziaria
e alla necessità di conformarsi agli impegni assunti in sede europea. La
conformità a Costituzione di misure siffatte è stata già
riconosciuta, avendo la Corte rigettato le censure mosse nel giudizio definito
dalla più volte citata sentenza n. 19 del
2015, per la quale non è ipotizzabile che lo Stato possa presentare
la manovra finanziaria inerente al concorso regionale unicamente «dopo
aver completato il complesso iter di negoziazione con ciascuno degli enti a
statuto speciale interessati».
Giova, infine,
ricordare che un nuovo «protocollo di intesa tra lo Stato e la Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia per la revisione del protocollo del 23 ottobre
2010 e per la definizione dei rapporti finanziari negli esercizi
2014-2017» è stato sottoscritto il 29 ottobre 2014, e che esso ha
ad oggetto, tra l’altro, proprio i principi generali del «patto di
stabilità interno per gli enti locali della Regione Friuli Venezia
Giulia» e il «sistema regionale integrato» (rispettivamente
artt. 6 e 7 del Protocollo).
5.– La
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e la Regione siciliana hanno impugnato
l’art. 1, comma 459, della legge n. 228 del 2012, il quale stabilisce che
le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano
concorrono al riequilibrio della finanza pubblica non solo con i modi stabiliti
nei commi 454, 455 e 457, ma anche mediante l’assunzione
dell’esercizio di funzioni statali, attraverso l’emanazione di
specifiche norme di attuazione statutaria. Tali norme, da adottare con le
modalità stabilite dai rispettivi statuti, sono chiamate a precisare le
modalità e l’entità dei risparmi per il bilancio dello Stato,
da ottenere in modo permanente, o comunque per annualità definite.
La Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia ritiene che il comma 459 violi gli artt. 48 e 65
dello statuto speciale, nonché l’art. 119, quarto comma, Cost.,
poiché si porrebbe in contrasto con il principio della corrispondenza
tra funzioni e risorse (art. 119, quarto comma, Cost.), in quanto prevederebbe l’assunzione da parte regionale
dell’esercizio di funzioni statali senza un corrispondente trasferimento
di risorse; inoltre, ad avviso della ricorrente, l’impugnato comma 459
pretenderebbe di vincolare altresì il contenuto delle norme di
attuazione statutaria.
La Regione
siciliana rileva che la disposizione di cui al comma 459 determinerebbe un
aggravio di spese per le Regioni a statuto speciale, tra cui la Sicilia, mediante
la generica attribuzione dell’esercizio di funzioni statali, senza che
vengano individuate ed impinguate le risorse finanziarie per farvi fronte,
mediante un indefinito rinvio a specifiche norme di attuazione statutaria volte
unicamente a precisare le modalità e l’entità del risparmio
per il bilancio dello Stato da ottenere in modo permanente o, comunque, per
annualità definite. Da qui la assunta illegittimità
costituzionale di detta disposizione, che inciderebbe sulle
disponibilità finanziarie della Regione siciliana, sottraendo risorse da
questa destinate allo svolgimento di sue funzioni proprie al fine di impiegarle
per finanziare l’esercizio di funzioni statali genericamente indicate.
In tal modo si
determinerebbe una violazione degli artt. 36 e 43 dello statuto speciale della
Regione siciliana, nonché del principio di leale collaborazione per il
fatto che la disposizione impugnata non prevede che, in sede di Commissione
paritetica, debba essere determinato l’importo delle somme che lo Stato
dovrà trasferire alla Regione per l’assunzione
dell’esercizio delle dette funzioni ovvero che esse funzioni siano
esercitate dalla Regione senza aggravi finanziari.
5.1.– Le
questioni non sono fondate.
L’impugnato
comma 459 ha un contenuto sostanzialmente analogo a quello dell’art. 32,
comma 16, della legge n. 183 del 2011. Anche tale disposizione è stata
oggetto di censura da parte della Regione siciliana, sulla base delle medesime
motivazioni del ricorso in esame (che a quelle, in effetti, fa rinvio).
Il ricorso avverso
l’art. 32, comma 16, della legge n. 183 del 2011 è stato rigettato
da questa Corte con la già citata sentenza n. 19 del
2015, in quanto (punto 7. del Considerato
in diritto) dalla formulazione della disposizione «emerge chiaramente
che la sua applicazione è condizionata al rispetto degli statuti delle
autonomie speciali, sia in termini procedurali che sostanziali, ed è
proprio per questo motivo che non può essere considerata lesiva
dell’autonomia regionale come sostenuto dalla ricorrente». La
medesima pronuncia ha ricordato che, «[c]ome
già affermato da questa Corte, il principio dell’autonomia
regionale deve essere contemperato con gli obiettivi e i vincoli di risparmio
concordati in sede europea (sentenza n. 118 del
2012)» e ha fatto presente che «[d]etti obiettivi non si
esauriscono negli ambiti discrezionali dell’accordo, ma possono –
nell’indefettibile rispetto delle norme statutarie – prevedere,
come nel caso in esame, forme di riorganizzazione delle funzioni amministrative
e del loro riparto tra Stato e Regioni, capaci di produrre effetti favorevoli
in termini di efficienza ed economicità».
Sulla base di
questi motivi vanno, pertanto, dichiarate non fondate anche le questioni
relative all’art. 1, comma 459, della legge n. 228 del 2012 sollevate
dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e dalla Regione siciliana.
riservata a separate pronunce la decisione delle ulteriori questioni di
legittimità costituzionale promosse con i ricorsi indicati in epigrafe;
riuniti i giudizi,
1) dichiara non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 454 e 456, della
legge 24 dicembre 2012, n. 228
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
– Legge di stabilità 2013), promossa, in riferimento agli artt. 3, comma 1, lettera f), e 12 della legge costituzionale 26
febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Regione Valle d’Aosta), agli
artt. 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione, in combinato
disposto con l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche
al titolo V della parte seconda della Costituzione), e alla legge 26 novembre 1981, n. 690 (Revisione dell’ordinamento
finanziario della regione Valle d’Aosta), nonché al principio consensualistico, dalla Regione autonoma Valle
d’Aosta/ Vallée d’Aoste (reg. ric. n. 24 del 2013);
2) dichiara non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 454 e 456, della
legge n. 228 del 2012, promossa, in riferimento all’art. 48 della legge
costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia
Giulia), all’art. 119 Cost., all’art. 3 Cost., nonché
all’art. 1, comma 155, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge
di stabilità 2011) e al principio di leale collaborazione, dalla Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia (reg. ric. n. 32 del 2013);
3) dichiara non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 457, della legge n.
228 del 2012, promossa, in riferimento agli artt. 4, numero 1-bis), 51 e 54 della legge costituzionale
n. 1 del 1963, all’art. 9 del decreto legislativo 2 gennaio 1997, n. 9
(Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Friuli-Venezia
Giulia in materia di ordinamento degli enti locali e delle relative
circoscrizioni), all’art. 1, commi 154 e 155, della legge n. 220 del
2010, nonché all’art. 3 Cost., dalla Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia (reg. ric. n. 32 del 2013);
4) dichiara non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 459, della legge n. 228
del 2012, promossa, in riferimento agli artt. 48 e 65 della legge
costituzionale n. 1 del 1963, dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia
(reg. ric. n. 32 del 2013);
5) dichiara non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 459, della legge n.
228 del 2012, promossa, in riferimento agli artt. 36 e 43 del regio decreto
legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione
siciliana), convertito dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, nonché
al principio di leale collaborazione, dalla Regione siciliana (reg. ric. n. 43
del 2013).
F.to:
Alessandro
CRISCUOLO, Presidente
Marta
CARTABIA, Redattore
Gabriella
Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata
in Cancelleria il 15 luglio 2015.