SENTENZA N.
125
ANNO 2015
Commento
alla decisione di
Patrizio
D’Andrea
per g.c.
di Federalismi.it
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL
POPOLO ITALIANO
LA CORTE
COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Alessandro
CRISCUOLO Presidente
- Paolo
Maria
NAPOLITANO Giudice
- Giuseppe
FRIGO
”
- Paolo GROSSI
”
- Giorgio
LATTANZI ”
- Aldo
CAROSI
”
- Marta
CARTABIA
”
- Mario
Rosario MORELLI
”
- Giancarlo
CORAGGIO
”
- Giuliano
AMATO
”
- Silvana
SCIARRA
”
- Daria
de PRETIS ”
- Nicolò
ZANON ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità
costituzionale degli artt. 15, commi 13, lettera c), 15, 16, 17, 22 e 24-bis
del decreto-legge
6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa
pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini), convertito, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135 e
dell’art 1, comma 132, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge
di stabilità 2013), promossi dalla Regione autonoma Valle
d’Aosta/Vallée d’Aoste, dalle Province autonome di Bolzano e di Trento, dalla
Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée
d’Aoste e dalla Regione siciliana con ricorsi
notificati il 12-17, il 9 e il 13 ottobre 2012, il 19-22 e il 27 febbraio 2013,
depositati in cancelleria il 16, il 17 e il 18 ottobre 2012, il 25 febbraio e
l’8 marzo 2013, rispettivamente iscritti ai nn. 144, 149 e 156
del registro ricorsi 2012 e ai nn. 24 e 43 del
registro ricorsi 2013.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del
Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 24 marzo 2015 il Giudice relatore Paolo
Maria Napolitano sostituito per la redazione della decisione dal Giudice Aldo Carosi;
uditi gli avvocati Francesco Saverio Marini per la Regione autonoma Valle
d’Aosta/Vallée d’Aoste, Michele Costa e Cristina Bernardi per la Provincia
autonoma di Bolzano, Giandomenico Falcon per la
Provincia autonoma di Trento, Beatrice Fiandaca per la Regione siciliana e
l’avvocato dello Stato Stefano Varone per il Presidente del Consiglio dei
ministri.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso depositato il 16
ottobre 2012 ed iscritto al registro ricorsi n. 144 del 2012, la Regione
autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste ha impugnato, tra le altre disposizioni, l’art.
15, comma 22, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per
la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini)
– convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge
7 agosto 2012, n. 135 – in riferimento agli artt. 2, primo comma, lettera
a), 3, primo comma, lettere f) ed l), 4, 12, 48-bis e 50 della legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle
d’Aosta), in relazione agli artt. 34 e 36 della legge
23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica),
ed agli articoli da 2 a 7 della legge
26 novembre 1981, n. 690 (Revisione dell’ordinamento finanziario della
regione Valle d’Aosta), nonché in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 della Costituzione,
in combinato disposto con l’art. 10 della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda
della Costituzione), ed ai principi di leale collaborazione
e di ragionevolezza.
1.1.– L’art. 15, comma 22, alla luce delle
precedenti disposizioni volte al contenimento della spesa per il settore
sanitario, prevede la progressiva riduzione del livello di fabbisogno del
Servizio sanitario nazionale (di 900 milioni di euro per il 2012, 1.800 per il
2013, 2.000 per il 2014, 2.100 a decorrere dal 2015). Tali riduzioni sono ripartite
tra le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano secondo criteri e
modalità proposti in sede di autocoordinamento
regionale, da recepire attraverso intesa in sede di Conferenza permanente
Stato-Regioni per la ripartizione del fabbisogno sanitario e le
disponibilità finanziarie annue per il Servizio sanitario nazionale,
entro il 30 settembre 2012, con riferimento al 2012, ed entro il 30 novembre
2012 con riferimento agli anni 2013 e seguenti. Qualora non intervenga la
proposta in sede di autocoordinamento entro i termini
prestabiliti, è la normativa vigente a regolare il concorso di ciascuna
Regione e Provincia autonoma alla ripartizione del fabbisogno e delle
disponibilità finanziarie annue per il Servizio sanitario nazionale.
Infine, il comma impugnato stabilisce che le Regioni a statuto speciale e le
Province autonome, con l’esclusione della Regione siciliana, assicurino
il concorso alla ripartizione del fabbisogno e delle disponibilità
mediante le procedure previste dall’art. 27 della legge 5 maggio 2009, n.
42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione
dell’articolo 119 della Costituzione). Fino all’emanazione di tali
norme di attuazione, l’importo del concorso alla manovra di contenimento è
annualmente accantonato a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi
erariali.
Secondo la ricorrente, la norma
censurata contrasterebbe con la disposizione statutaria che riconosce alla
Regione potestà legislativa in materia di «ordinamento degli
uffici e degli enti dipendenti dalla Regione e stato giuridico ed economico del
personale» (art. 2, primo comma, lettera a, dello statuto), ambito cui
andrebbe ricondotto l’ordinamento contabile ed il potere di regolare la
gestione del bilancio regionale, in base alla giurisprudenza costituzionale.
Inoltre, la Regione sarebbe titolare, ai
sensi dell’art. 3, primo comma, lettere f) ed l), dello statuto, di
potestà legislativa integrativa e attuativa in materia di «finanze
regionali e comunali» e di «igiene e sanità, assistenza ospedaliera
e profilattica». Tali disposizioni, alla luce degli artt. 117, terzo
comma, e 119 Cost., quali risultanti dalla riforma del
Titolo V Cost., le attribuirebbero una competenza legislativa non più
meramente suppletiva di quella statale. Infine, la ricorrente evoca
l’art. 4 dello statuto, che le attribuisce il potere di esercitare le
funzioni amministrative nei corrispondenti ambiti, e l’art. 12 dello
statuto, in materia di quote tributarie erariali. In attuazione di tali
disposizioni statutarie sarebbe stata approvata la legge n. 724 del 1994, i cui
artt. 34 e 36 prevedrebbero che la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste
provveda al finanziamento del Servizio sanitario nazionale nel rispettivo
territorio senza oneri a carico del bilancio statale. Tale quadro normativo
renderebbe evidente come l’obbligo imposto alla ricorrente di partecipare
alla riduzione del fabbisogno sanitario e del relativo finanziamento,
interamente a suo carico, contrasti apertamente con i parametri evocati, rendendo
irragionevole l’imposizione della partecipazione alla manovra di
contenimento del fabbisogno. Le eventuali economie di spesa derivanti
dall’applicazione del decreto-legge impugnato non potrebbero che essere
esclusivamente destinate ad interventi relativi al settore sanitario regionale,
diversamente da quanto stabilito dalla norma impugnata.
L’intervento della normativa
statale, inoltre, sarebbe illegittimo in base agli artt. 117, terzo comma, e
119 Cost., letti in combinato disposto con
l’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, poiché determinerebbe
un’ingiustificata limitazione dell’autonomia finanziaria valdostana
in materia sanitaria.
Il meccanismo di concorso al risanamento
finanziario previsto, inoltre, inciderebbe unilateralmente sulle
compartecipazioni ai tributi erariali, senza considerare come tale materia sia
riservata alla normativa di attuazione contenuta negli articoli da 2 a 7 della
legge n. 690 del 1981, che fissa le quote di compartecipazione al gettito dei
tributi erariali da devolvere alla Regione. Tali disposizioni, del resto, non
sarebbero modificabili con legge ordinaria, ma soltanto con il procedimento
previsto dall’art. 48-bis dello statuto. Infatti, l’art. 1 del
decreto legislativo 22 aprile 1994, n. 320 (Norme di attuazione dello statuto
speciale della regione Valle d’Aosta), stabilisce che l’ordinamento
finanziario regionale, previsto dall’art. 50 dello statuto, possa essere
modificato soltanto con il procedimento di cui all’art. 48-bis dello
statuto medesimo.
Per analoghe ragioni la normativa
censurata colliderebbe anche con i principi costituzionali di leale
collaborazione e di ragionevolezza. Con riferimento al primo, andrebbe
considerato che non sono stati previsti meccanismi di coinvolgimento diretto
della Regione né criteri per la concreta ripartizione del concorso tra
le Regioni ad autonomia speciale, aspetto che ridonderebbe nella violazione
delle norme statutarie e di attuazione relative all’autonomia finanziaria
regionale. Quanto al secondo, anch’esso ridondante in una menomazione
della sfera di autonomia organizzativa e finanziaria della Regione, la
disposizione impugnata prevederebbe che
l’accantonamento sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali
operi fino all’emanazione delle norme di attuazione di cui all’art.
27 della legge n. 42 del 2009. Poiché un termine finale non sarebbe
individuato, la disciplina transitoria acquisirebbe un’irragionevole
durata indeterminata nel tempo.
2.– Con atto depositato il 26 novembre 2012 si è
costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, deducendo
l’inammissibilità o, comunque, l’infondatezza delle censure
proposte dalla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée
d’Aoste.
2.1.– Il resistente evidenzia come l’art. 15, comma
22, del d.l. n. 95 del 2012 abbia previsto un sistema per stabilire le
modalità di conseguimento degli obiettivi di contenimento della spesa
sanitaria basato sull’art. 27 della legge n. 42 del 2009 e come la
disposizione censurata si inserisca tra gli interventi del legislatore statale
legittimi, in quanto riconducibili a ragioni di coordinamento finanziario ed,
in particolare, al contenimento della spesa.
A tale contenimento, infatti, tenderebbe
la fissazione del livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale, il
quale si configurerebbe come una riduzione non delle risorse disponibili per le
Regioni, ma del livello dei costi sanitari. In particolare, la riduzione del
fabbisogno deriverebbe da quella degli standard di posti letto, che
diminuirebbero il livello della spesa e tenderebbero alla maggiore efficienza
della stessa. Per tale ragione, oltre al coordinamento finanziario, la
disposizione censurata sarebbe espressione della potestà legislativa
statale in materia di livelli essenziali delle prestazioni, ai sensi
dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.,
e sarebbe proprio a causa della riduzione del fabbisogno che il comma censurato
prevede che lo Stato rientri nella disponibilità di una quota delle
risorse finanziarie precedentemente destinate al suo finanziamento.
Nell’ottica del rispetto
dell’autonomia regionale e delle Province autonome di Trento e di
Bolzano, la disposizione censurata avrebbe attribuito loro il compito di
distribuire l’effetto della riduzione del fabbisogno attraverso forme di
coordinamento da recepire con un’intesa sancita dalla Conferenza
Stato-Regioni. Solo in via residuale viene previsto che, qualora la proposta di
ripartizione del concorso alla manovra di correzione non giunga entro il termine
stabilito, la ripartizione si effettui sulla base della normativa vigente.
Al ridimensionamento delle risorse
destinate al Servizio sanitario nazionale, derivante dalla riduzione del
relativo fabbisogno, sarebbero tenute anche le autonomie speciali senza che per
questo si verifichi una violazione delle loro prerogative costituzionali in
materia finanziaria, aspetto che configurerebbe anche un vizio
d’inammissibilità del ricorso.
In mancanza di tale partecipazione, le
Regioni speciali e le Province autonome manterrebbero risorse in eccedenza e
dunque potrebbero effettuare delle spese maggiori rispetto a quelle consentite
alle altre Regioni. Inoltre, qualora le autonomie speciali non fossero
coinvolte nella riduzione del fabbisogno, l’intervento legislativo statale
avrebbe caratteri discriminatori con riferimento alle prestazioni offerte ai
cittadini sul territorio nazionale.
La circostanza che
l’accantonamento dell’importo avvenga sulle quote di
compartecipazione ai tributi erariali non comporterebbe, d’altronde, una
violazione dell’art. 48-bis dello statuto della Regione autonoma Valle
d’Aosta/Vallée d’Aoste, mediata dagli articoli da 2 a 7 della legge n. 690
del 1981, in quanto la norma censurata detterebbe una disciplina meramente
transitoria e contingente, strumentale alla realizzazione degli obiettivi di
coordinamento e limitata al periodo necessario ad adottare le norme di
attuazione. Pertanto, non sussisterebbe alcuna violazione né del canone
della ragionevolezza, né del principio di leale collaborazione.
3.– Con memoria depositata il 28 maggio 2013 la Regione
autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste ha sostanzialmente ribadito gli argomenti già
svolti nel ricorso, contestando gli assunti della difesa erariale.
4.– Con memoria depositata il 29
maggio 2013 il Presidente del Consiglio dei ministri ha ulteriormente
replicato, evidenziando, in particolare, che recente giurisprudenza
costituzionale avrebbe validato strumenti di controllo del fabbisogno
finanziario, lasciando impregiudicata la disponibilità da parte degli
enti territoriali delle risorse di cui essi sono titolari, escludendo, ad
esempio, l’illegittimità delle norme che disciplinano il sistema
di tesoreria unica statale ed ammettendo limitazioni della spesa per il
personale, configurandole quali principi fondamentali della legislazione
statale.
5.– Con ricorso depositato il 17
ottobre 2012 ed iscritto al n. 149 del registro ricorsi per l’anno 2012,
la Provincia autonoma di Bolzano ha proposto questione di legittimità
costituzionale, tra le altre disposizioni, dell’art. 15, comma 13,
lettera c), del d.l. n. 95 del 2012 in riferimento agli artt. 4, primo comma,
numero 7), 8, primo comma, numero 1), 9, primo comma, numero 10), e 16 del decreto
del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo
unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige), in relazione al decreto
del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 474 (Norme di attuazione
dello statuto per la regione Trentino-Alto Adige in materia di igiene e
sanità), al decreto
del Presidente della Repubblica 26 gennaio 1980, n. 197 (Norme di attuazione
dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti integrazioni alle
norme di attuazione in materia di igiene e sanità approvate con decreto
del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 474), ed agli artt. 2, 3
e 4 del decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale
per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra gli atti legislativi
statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà
statale di indirizzo e coordinamento), nonché in riferimento
all’art. 117, terzo comma, Cost. in combinato
disposto con l’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001.
5.1.– La ricorrente evidenzia che il citato art. 15, al
fine di ottenere risparmi di spesa nel settore sanitario, assume specifiche
misure afferenti all’organizzazione sanitaria. Tra le stesse, viene in
evidenza l’art. 15, comma 13, lettera c), il quale prevede
l’assunzione, entro il 31 ottobre 2012, di un regolamento statale, da
approvare previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni e Province
autonome, avente ad oggetto standard qualitativi, strutturali, tecnologici e
quantitativi dell’assistenza ospedaliera, sulla base del quale le Regioni
e le Province autonome adottano provvedimenti di riduzione dello standard dei
posti letto ospedalieri accreditati ed a carico del Servizio sanitario
regionale, adeguando le dotazioni organiche sulla base di un tasso di
ospedalizzazione predeterminato dal medesimo comma 13, lettera c). In ogni caso
viene stabilito che almeno il cinquanta per cento dei posti letto da ridurre
sia a carico dei presidi ospedalieri pubblici e che la riduzione sia conseguita
esclusivamente attraverso la soppressione di unità operative complesse.
Fino alla realizzazione del processo di riduzione, viene sospeso il
conferimento o il rinnovo di incarichi a tempo determinato.
Infine, la norma dispone che venga
promosso il passaggio dal ricovero ordinario a quello diurno e da
quest’ultimo all’assistenza in regime ambulatoriale, favorendo
l’assistenza residenziale e domiciliare.
Secondo la ricorrente, risulterebbero
così violate le competenze attribuite alle Province autonome di Trento e
di Bolzano dagli artt. 4, primo comma, numero 7), 8, primo comma, numero1), 9,
primo comma, numero 10), e 16 dello statuto della Regione Trentino-Alto Adige
in materia di organizzazione dei propri uffici e del relativo personale,
nonché in materia di igiene e sanità, compresa l’assistenza
sanitaria ed ospedaliera, e la corrispondente potestà amministrativa.
Tali disposizioni statutarie avrebbero
in parte ricevuto attuazione ad opera del d.P.R. n. 474 del 1975 e del d.P.R.
n. 197 del 1980. Inoltre, a seguito della riforma del Titolo V Cost., alle Province autonome sarebbe attribuita la
competenza legislativa in materia di tutela della salute, ai sensi
dell’art. 117, terzo comma, Cost., in combinato disposto con l’art.
10 della legge cost. n. 3 del 2001, materia di portata più ampia di quella
«assistenza sanitaria e ospedaliera» e di organizzazione sanitaria.
La normativa censurata, qualora fosse
effettivamente applicabile alla Provincia autonoma di Bolzano, inciderebbe su
detti ambiti materiali con una disciplina estremamente dettagliata, praticando
una riduzione dello standard dei posti letto ed assumendo specifici tassi di
ospedalizzazione senza considerare le competenze provinciali sopra richiamate.
Inoltre, la ricorrente assume la
violazione dell’art. 4 del d.lgs. n. 266 del 1992, in quanto il
legislatore statale avrebbe illegittimamente disposto la delegificazione dei
principi fondamentali, essendo il regolamento di delegificazione un veicolo
normativo inidoneo a delineare le grandi riforme economico-sociali che
s’impongono alla potestà legislativa provinciale.
Ancora, verrebbe in rilievo il sistema
dei rapporti tra la potestà normativa ed amministrativa dello Stato e
quella della Provincia autonoma, prevista dagli artt. 2, 3 e 4 del d.lgs. n.
266 del 1992, che disciplinano il processo di adeguamento della legislazione
regionale e provinciale alle norme di principio fissate dal legislatore statale
e vincolanti anche per gli ordinamenti regionale e provinciale, in tal modo
impedendo che il primo possa dettare norme direttamente precettive per i
secondi o assumere atti di indirizzo e coordinamento o svolgere attività
amministrativa al di fuori delle ipotesi e secondo le procedure espressamente
individuate dalla normativa di attuazione statutaria.
Infine, la ricorrente rammenta di aver
già esercitato le proprie competenze in materia di tutela della salute,
anche con riferimento all’organizzazione del Servizio sanitario
provinciale, in particolare con la legge della Provincia autonoma di Bolzano 5
marzo 2001, n. 7 (Riordinamento del servizio sanitario provinciale). La
sospensione del conferimento o del rinnovo di incarichi prevista dalla norma
censurata fino all’avvenuta realizzazione del processo di riduzione dei
posti letto e delle unità operative complesse comporterebbe la completa
sospensione dell’art. 24 della legge provinciale n. 7 del 2001,
disciplinante a livello provinciale i contratti a tempo determinato in
violazione delle competenze in materia di tutela della salute e dei limiti alla
potestà statale d’indirizzo e coordinamento.
6.– Con atto depositato il 19 novembre 2012 si è
costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, deducendo
l’infondatezza delle questioni prospettate.
6.1.– Il resistente evidenzia come il censurato art. 15
del d.l. n. 95 del 2012 miri a razionalizzare e ridurre la spesa sanitaria,
limitatamente agli anni 2012-2015, con l’obiettivo di ridurre il livello
del fabbisogno del Servizio sanitario nazionale e del correlato finanziamento.
Ne emergerebbe un quadro volto al rapido riequilibrio dei conti pubblici come
richiesto dall’Unione europea. Conseguentemente, la materia sarebbe
rimessa, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera a), alla
competenza legislativa esclusiva statale, in quanto inquadrabile tra i
«rapporti dello Stato con l’Unione europea».
Relativamente alla prevista adozione di
un regolamento, il resistente assume che la competenza a definire gli standard
di assistenza ospedaliera atterrebbe direttamente ai livelli essenziali di
assistenza, la cui determinazione spetta allo Stato in base all’art. 117,
secondo comma, lettera m), Cost., su una base
egualitaria, con riferimento all’intero territorio nazionale. Di
conseguenza, non sussisterebbe alcuna lesione di competenze legislative della
Provincia autonoma di Bolzano.
7.– Con memoria depositata il 27 maggio 2013, il
Presidente del Consiglio dei ministri ha insistito per la dichiarazione di
inammissibilità o infondatezza delle questioni proposte dalla Provincia
autonoma di Bolzano.
7.1.– In particolare, la difesa dello Stato ha rimarcato
che l’intervento normativo di cui al censurato art. 15 sarebbe da
ricondursi al potere di fissazione dei livelli essenziali delle prestazioni
sanitarie di cui all’art. 117, lettera m), Cost., venendo in rilievo un
comune denominatore dei livelli di struttura e di tecnologia degli ospedali
nonché di qualità dell’assistenza ospedaliera offerta dal
sistema sanitario pubblico.
Inoltre, l’intervento normativo,
mediante la fissazione di regole e modalità di contenimento della spesa
sanitaria, configurerebbe attuazione del coordinamento della finanza pubblica
di cui agli artt. 117, terzo comma, e 119, secondo comma, Cost., applicabili
anche alle autonomie speciali in forza del loro obbligo di partecipazione all’azione
di risanamento della finanza pubblica, obbligo reso ancor più stringente
dalla recente introduzione in Costituzione del principio di pareggio del
bilancio da intendersi in senso dinamico, nel perdurare della situazione di
emergenza finanziaria, anche ai sensi dei principi di solidarietà
economica e politica (art. 2 Cost.), di equità sostanziale nella
ripartizione dei sacrifici imposti (art. 3 Cost.), di proporzionalità
dei carichi fiscali (art. 53 Cost.), di tutela della unità economica e
giuridica dello Stato (art. 120 Cost.) e delle istanze perequative (art. 119
Cost.).
8.– Con memoria depositata il 29 maggio 2013 la
Provincia autonoma di Bolzano ha ulteriormente dedotto
l’illegittimità della disposizione da essa censurata.
8.1.– L’art. 15, comma 13, lettera c), del d.l. n.
95 del 2012 interverrebbe al dichiarato scopo di ridurre il livello del
fabbisogno del Servizio sanitario nazionale insieme al suo finanziamento. Per
tale ragione la disposizione non potrebbe rivolgersi alla Provincia autonoma di
Bolzano, in quanto sganciata dal finanziamento del Servizio sanitario
nazionale, ai sensi dell’art. 34, comma 3, della legge n. 724 del 1994.
Il richiamo ai livelli essenziali di
assistenza sarebbe inconferente, considerato il potere provinciale di incrementare
il livello di tutela rispetto a quanto fissato dal legislatore statale.
9.– Con memoria depositata il 29 settembre 2014 la
Provincia autonoma di Bolzano evidenzia l’intervenuta attuazione
dell’art. 15, comma 13, lettera c), del d.l. n. 95 del 2012 ad opera del
decreto del Ministero della salute 18 ottobre 2012 (Remunerazione prestazioni
di assistenza ospedaliera per acuti, assistenza ospedaliera di riabilitazione e
di lungodegenza post acuzie e di assistenza specialistica ambulatoriale).
10.– Con ricorso depositato il 18 ottobre 2012 ed
iscritto al registro ricorsi n. 156 del 2012, la Provincia autonoma di Trento
ha impugnato l’art. 15, comma 13, lettera c), del d.l. n. 95 del 2012 in
riferimento agli artt. 9, primo comma, numero 10), 16 e 79 dello statuto della
Regione autonoma Trentino-Alto Adige, in relazione all’art. 2, secondo
comma, del d.P.R. n. 474 del 1975 ed al d.P.R. n. 197 del 1980, nonché
in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost.
10.1.– La Provincia autonoma di Trento inquadra preliminarmente
le competenze provinciali in tema di sanità richiamando le disposizioni
statutarie (segnatamente gli artt. 9, primo comma, numero 10), e 16 dello
statuto) per poi segnalare che, in base alla giurisprudenza di questa Corte, la
competenza provinciale si sarebbe estesa con la riforma del Titolo V Cost. in ragione dell’art. 117, terzo comma, Cost. in materia di «tutela della salute». Inoltre,
l’art. 2, secondo comma, del d.P.R. n. 474 del 1975 assegna alle Province
autonome le potestà legislative e amministrative attinenti al
funzionamento e alla gestione delle istituzioni e degli enti sanitari,
chiamandole a garantire prestazioni di assistenza igienico-sanitaria ed
ospedaliera non inferiori agli standard minimi previsti dalle normative
nazionale e comunitaria.
Relativamente al meccanismo di
finanziamento del Servizio sanitario nazionale, la ricorrente evidenzia come
l’art. 34, comma 3, della legge n. 724 del 1994 disponga che le Province
autonome provvedano al relativo finanziamento nei rispettivi territori, senza
alcun apporto da parte del bilancio statale. Questa disposizione si inserirebbe
in un più ampio contesto, relativo alla materia finanziaria, in cui
vengono precisati – segnatamente dall’art. 79, primo comma, dello
statuto – i termini nei quali le Province autonome partecipano agli
obiettivi, tra l’altro, di perequazione e solidarietà.
L’art. 79, terzo comma, dello statuto, inoltre, precisa che spetta alle
Province autonome stabilire gli obblighi relativi al patto di stabilità
interno, anche con riferimento alle aziende sanitarie, escludendo
l’applicazione delle misure adottate per le Regioni e per gli altri enti
nel restante territorio nazionale. Infine, il quarto comma del medesimo art. 79
ribadirebbe che le disposizioni statali relative agli obiettivi di perequazione
e solidarietà, nonché al patto di stabilità interno, non
trovano applicazione con riferimento alle Province autonome.
Così ricostruito il quadro
normativo, la ricorrente denuncia innanzitutto l’illegittimità del
vincolo al rispetto degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e
quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera fissati con regolamento
statale, in quanto non si tratterebbe di livelli essenziali, ma
dell’obbligo di non oltrepassare gli standard stessi. Se tale
disposizione venisse interpretata nel senso di stabilire standard inderogabili
anche nel massimo, la sua applicazione alla Provincia autonoma di Trento
sarebbe costituzionalmente illegittima in quanto sarebbe violata la norma di
attuazione di cui all’art. 2, secondo comma, del d.P.R. n. 474 del 1975,
laddove stabilisce che la Provincia garantisca l’erogazione di
prestazioni di assistenza «non inferiori» a standard minimi
previsti dalle normative nazionale e comunitaria, consentendo dunque di
garantire standard superiori a tale livello.
Verrebbe inoltre lesa l’autonomia
finanziaria provinciale relativamente al finanziamento della sanità.
Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la legislazione statale non
potrebbe dettare norme di coordinamento finanziario relative al finanziamento
della spesa sanitaria, qualora – come nella fattispecie – non vi
concorra.
In terzo luogo, la limitazione negli
standard in materia sanitaria sarebbe incongrua anche se commisurata alla
generale autonomia finanziaria provinciale. Infatti, l’art. 79 dello
statuto e il principio dell’accordo, al centro dei rapporti finanziari
tra lo Stato e le autonomie speciali, escluderebbe che la Provincia sia soggetta
alle misure di coordinamento finanziario relative alle Regioni ordinarie.
Dunque, sarebbe illegittima l’assimilazione a queste ultime, atteso che
la ricorrente finanzia il Servizio sanitario nazionale ed è dotata di
uno speciale regime con riferimento al concorso agli obiettivi di finanza
pubblica, anche con specifico riferimento alle aziende sanitarie.
Risulterebbe altresì illegittimo
quanto disposto dalla normativa censurata con riferimento ai provvedimenti di
riduzione dello standard dei posti letto ospedalieri, con l’obbligo che
questa avvenga per almeno il cinquanta per cento a carico dei presidi
ospedalieri pubblici e tramite la soppressione di unità operative
complesse. A tale vincolo si opporrebbero innanzitutto le medesime
considerazioni relative alla norma di attuazione di cui all’art. 2,
secondo comma, del d.P.R. n. 474 del 1975, così come di quelle relative
all’autonomia finanziaria provinciale, sia generale che specifica per il
settore sanitario. Inoltre, a tali profili d’illegittimità si
aggiungerebbe quello relativo al carattere dettagliato dei vincoli in
questione, dal momento che non si tratterebbe di livelli minimi, ma di standard
relativi alle caratteristiche organizzative ed operative del servizio, in
violazione della competenza in materia di «organizzazione
sanitaria».
Sarebbe inoltre illegittima la
disposizione di cui al terzo periodo del censurato art. 15, comma 13, lettera
c), secondo cui nelle singole Regioni e Province autonome è sospeso il
conferimento o il rinnovo d’incarichi a tempo determinato fino alla
realizzazione del processo di riduzione dei posti letto e delle corrispondenti
unità operative complesse. Tale disposizione da un lato si connetterebbe
strumentalmente alle disposizioni già contestate, evidenziando che queste
ultime enucleano non standard minimi, ma livelli massimi da non superare;
dall’altro, essa recherebbe una disciplina direttamente ed immediatamente
precettiva, facendo sorgere doveri e divieti, in violazione dell’art. 2
del d.lgs. n. 266 del 1992, in base al quale nelle materie provinciali le leggi
statali non si applicano direttamente, ma fanno sorgere solo doveri di
adeguamento, nella misura in cui concretano limiti statutari.
11.– Con atto depositato il 22 novembre 2012 si è
costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, deducendo
l’inammissibilità o, comunque, l’infondatezza delle
questioni proposte dalla Provincia autonoma di Trento.
11.1.– Preliminarmente, il resistente evidenzia che
l’art. 15 del d.l. n. 95 del 2012 forma oggetto di deroga espressa alla
clausola di salvaguardia prevista al successivo art. 24-bis a favore delle
autonomie speciali e, pertanto, sarebbe applicabile a tali enti nei limiti e
nei termini previsti.
Venendo poi a qualificare
l’intervento del legislatore statale, il resistente afferma che,
trattandosi di misure complessivamente destinate a perseguire il rapido
riequilibrio dei conti pubblici, come ripetutamente richiesto dall’Unione
europea, la materia sarebbe rimessa, ai sensi dell’art. 117, secondo
comma, lettera a), Cost., alla competenza esclusiva
statale in tema di «rapporti dello Stato con l’Unione
europea».
Inoltre, il regolamento indicato
dall’art. 15, comma 13, lettera c), del d.l. n. 95 del 2012 atterrebbe
direttamente ai livelli essenziali di assistenza, la cui determinazione compete
allo Stato in forza dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.
12.– Con memoria depositata il 28 maggio 2013 la
Provincia autonoma di Trento ha ulteriormente argomentato in ordine alle
censure proposte.
12.1.– In particolare, la Provincia sostiene che
l’oggetto ed il fine della disposizione censurata inducono a ricondurla
nell’ambito dell’organizzazione sanitaria e del coordinamento
finanziario piuttosto che in quello dei rapporti tra lo Stato e l’Unione
europea. Inoltre, il riferimento ai livelli essenziali delle prestazioni non
sarebbe corretto, in quanto essi garantirebbero un uniforme trattamento di base
e non imporrebbero un’assoluta uniformità delle prestazioni.
13.– Con memoria depositata il 28 maggio 2013 il
Presidente del Consiglio dei ministri ha ribadito l’infondatezza
dell’impugnativa provinciale.
13.1.– In particolare, secondo il resistente,
l’intervento normativo in considerazione si inquadrerebbe all’interno
di un processo di riduzione del fabbisogno sanitario attraverso
l’efficientamento del sistema, a cui corrisponderebbe la ratio
dell’art. 15, comma 3, lettera c), del d.l. n. 95 del 2012 che al
contempo rientrerebbe nel potere statale di fissare i livelli essenziali delle
prestazioni sanitarie.
14.– Con memoria depositata il 7 gennaio 2014 la
Provincia autonoma di Trento ha ulteriormente negato la riconducibilità
dell’intervento normativo statale al coordinamento della finanza pubblica
o ai livelli essenziali delle prestazioni.
15.– Con ricorso depositato il 25
febbraio 2013 ed iscritto al n. 24 del registro ricorsi dell’anno 2013,
la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée
d’Aoste ha promosso questione di
legittimità costituzionale, tra gli altri, dell’art. 1, comma 132,
della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità
2013), in riferimento agli artt. 2, primo comma, lettera a), 3, primo comma, lettere
f) ed l), 4, 12, 48-bis e 50 dello statuto della Regione autonoma Valle
d’Aosta /Vallée d’Aoste, in relazione agli articoli da 2 a 7 della legge n.
690 del 1981 ed agli artt. 34 e 36 della legge n. 724 del 1994, nonché
in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., in combinato disposto
con l’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, ed ai principi di
ragionevolezza e di leale collaborazione.
15.1.– L’art. 1, comma 132, della legge n. 228 del
2012 dispone una riduzione del livello del fabbisogno del Servizio sanitario
nazionale e del correlato finanziamento – come già rideterminato
dall’art. 15, comma 22, del d.l. n. 95 del 2012 – stabilendo che il
relativo importo è ridoto di 600 milioni di euro per l’anno 2013 e
di 1.000 milioni di euro a decorrere dall’anno 2014. La disposizione
aggiunge che le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e
di Bolzano assicurano detto concorso «mediante le procedure previste
dall’art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni»
e che fino all’emanazione delle norme di attuazione di cui al citato art.
27 della legge n. 42 del 2009, l’importo del concorso alla manovra
«è annualmente accantonato, a valere sulle quote di
compartecipazione ai tributi erariali».
Ad avviso della ricorrente, la disposizione
impugnata sarebbe lesiva dell’autonomia organizzativa e finanziaria come
disegnata dallo statuto, che riserva alla Regione la potestà legislativa
in materia di «ordinamento contabile», in base all’art. 2,
primo comma, lettera a), e la potestà legislativa integrativa e
attuativa in materia sia di «finanze regionali e comunali» che di
«igiene e sanità, assistenza ospedaliera e profilattica», ai
sensi dell’art. 3, primo comma, lettere f) ed l); l’art. 4 dello
statuto attribuisce poi alla Regione il potere di esercitare nei predetti
ambiti di competenza le corrispondenti funzioni amministrative e l’art.
12 garantisce alla Regione, oltre al gettito delle entrate proprie, anche una
quota dei tributi erariali. In attuazione di tali previsioni – prosegue
la ricorrente – è stata approvata la legge n. 724 del 1994, i cui
artt. 34 e 36 stabiliscono che la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste
provvede al finanziamento del Servizio sanitario nazionale nel proprio
territorio senza oneri a carico del bilancio statale. Ne consegue che
l’obbligo di concorso alla manovra imposto alla Regione si porrebbe in
contrasto con i parametri suindicati, in quanto lo Stato non avrebbe titolo per
dettare norme di coordinamento finanziario nelle ipotesti in cui esso non concorre
al finanziamento della spesa sanitaria.
Sotto ulteriore e concorrente profilo,
la Regione denuncia l’illegittimità della disciplina gravata in
riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119, Cost.,
in combinato disposto con l’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, in
ragione dell’intollerabile compressione dell’autonomia finanziaria
valdostana in materia sanitaria, in assenza di qualsiasi titolo attributivo
della competenza. La lesione di dette prerogative regionali è dedotta,
altresì, in relazione al meccanismo di concorso dettato dal legislatore
statale, diretto ad incidere unilateralmente sull’entità della
compartecipazione regionale ai tributi erariali, in contrasto con le
«procedure pattizie» previste dalla normativa di attuazione
statutaria di cui agli articoli da 2 a 7 della legge n. 690 del 1981, che
fissano le quote di tributi erariali spettanti alla Regione autonoma Valle
d’Aosta/Vallée d’Aoste, ed in violazione dell’autonomia organizzativa
e finanziaria riconosciuta dagli artt. 2, primo comma, lettera a), 3, primo
comma, lettera f), 4, 12, 48-bis e 50 dello statuto.
Secondo la difesa della ricorrente, la
mancata previsione di una forma di partecipazione diretta della Regione alla
definizione delle modalità del concorso finanziario comporterebbe la
violazione del principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost., che imporrebbe la tecnica dell’accordo in
materia di rapporti finanziari tra lo Stato e le Regioni a statuto speciale.
L’illegittimità
costituzionale della disciplina dettata dal comma 132 in scrutinio è
infine dedotta anche in riferimento al principio di ragionevolezza di cui
all’art. 3 Cost., in quanto il previsto «accantonamento a valere
sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali» operante fino
all’emanazione delle norme di attuazione di cui all’art. 27 della
legge n. 42 del 2009 ridonderebbe – in assenza di una disciplina statale
che individui un termine finale per l’adozione di tale normativa di
attuazione – nella menomazione della sfera di autonomia organizzativa e
finanziaria regionale.
16.– Con atto depositato il 2 aprile 2013 si è
costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo il rigetto del
ricorso.
16.1.– Il resistente rileva, innanzitutto, come la
disposizione censurata sia diretta a ridurre il livello del fabbisogno
sanitario e del correlato finanziamento in conseguenza dell’introduzione
delle misure previste dal comma 131 del medesimo art. 1 della legge n. 228 del
2012, che avrebbero determinato una corrispondente riduzione dei costi per le
Regioni e le Province autonome. A tale proposito, prosegue la difesa erariale,
la manovra in materia sanitaria risponderebbe alla finalità di garantire
il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede
europea: ciò imporrebbe, in un contesto di grave crisi finanziaria, la
riduzione dei costi che il Servizio sanitario nazionale nella sua interezza
è chiamato a sopportare e determinerebbe, pertanto, un minore fabbisogno
sanitario espresso in termini finanziari. In tale contesto sarebbe stato,
pertanto, necessario non solo ridurre il livello dei trasferimenti statali a
favore delle Regioni a statuto ordinario e della Regione siciliana, ma anche
ridefinire le relazioni finanziarie con le autonomie speciali nello stesso
ambito, posto che, in caso contrario, queste ultime potrebbero effettuare una
maggiore spesa rispetto a quella consentita alle altre Regioni, con conseguenti
discriminazioni tra diverse platee di cittadini fondate sulla mera residenza
regionale.
Conclusivamente, l’Avvocatura
generale dello Stato sostiene che la disposizione che impone alle Regioni a
statuto speciale ed alle Province autonome il concorso alla riduzione del
finanziamento del Servizio sanitario nazionale mediante le procedure previste
dall’art. 27 della legge n. 42 del 2009 – secondo quanto già
previsto dall’art. 15, comma 22, del d.l. n. 95 del 2012 – sarebbe
idonea a garantire il rispetto del principio di leale collaborazione «mentre
l’accantonamento prudenziale a valere sulle quote di compartecipazione ai
tributi erariali è previsto transitoriamente al fine di garantire gli
effetti positivi sulla finanza pubblica nelle more della concreta attuazione
del predetto articolo 27».
17.– Con ricorso depositato
l’8 marzo 2013 ed iscritto al n. 43 del registro ricorsi dell’anno
2013, la Regione siciliana ha promosso questione di legittimità
costituzionale, tra l’altro, dell’art. 1, comma 132, della legge n.
228 del 2012 in riferimento agli artt. 17, lettere b) e c), e 20, del regio
decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della
Regione siciliana), ed al principio di leale collaborazione.
17.1.– Premessi cenni sul
contenuto della legge di stabilità 2013, la ricorrente osserva che le
misure di riduzione del livello di finanziamento del Servizio sanitario
nazionale di cui ai commi 131 e 132 dell’art. 1 della citata legge n. 228
del 2012 sarebbero lesive del principio costituzionale di leale collaborazione
che dovrebbe presiedere e regolare i rapporti tra gli enti che costituiscono la
Repubblica in quanto «[l]’esclusione della Sicilia dal meccanismo applicato
alle altre autonomie speciali per l’attuazione del risparmio dipende solo
dal diverso sistema di finanziamento dell’assistenza sanitaria».
La difesa regionale denuncia
l’arbitrarietà della scelta del legislatore nazionale di non
considerare in alcun modo il ruolo e gli interessi della Regione, già
sottoposta alle specifiche misure di contenimento della spesa sanitaria di cui
all’Accordo del 31 luglio 2007, intercorso tra il Ministro della salute,
il Ministro dell’economia e delle finanze e la Regione siciliana per
l’approvazione del Piano di rientro e degli interventi di riequilibrio
economico del Servizio sanitario regionale per il 2007-2009 ai sensi
dell’art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
– legge finanziaria 2005), e di cui al Programma operativo regionale
2010-2012 per la prosecuzione del predetto Piano di rientro, richiesto ai sensi
dell’art. 11 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in
materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica),
convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30
luglio 2010, n. 122. Da ultimo, prosegue la ricorrente, l’Assessore
regionale per la salute, con nota del 24 gennaio 2013, n. 6795, avrebbe
manifestato la volontà di procedere nel percorso di riqualificazione del
sistema sanitario, avvalendosi della facoltà prevista dall’art.
15, comma 20, del d.l. n. 95 del 2012 con l’elaborazione di un Programma
di consolidamento e sviluppo, per il periodo 2013-2015, delle misure
strutturali e di innalzamento dei livelli di qualità del sistema
sanitario regionale.
In tale quadro, la riduzione del livello
di fabbisogno e del suo finanziamento lederebbe, in particolare, la Regione
siciliana, rendendo più gravoso il raggiungimento degli obiettivi
già concordati con lo Stato con i suindicati Piani ed impedendo, tra
l’altro, lo svincolo di ingenti risorse economiche a vantaggio del
bilancio regionale, posto che la condizione per l’accesso a tali risorse
sarebbe la positiva verifica degli adempimenti scaturenti dai Piani medesimi,
come previsto dal citato art. 11 del d.l. n. 78 del 2010, il quale stabilisce
che «La prosecuzione e il completamento del Piano di rientro sono condizioni
per l’attribuzione in via definitiva delle risorse finanziarie, in
termini di competenza e di cassa, già previste a legislazione vigente e
condizionate alla piena attuazione del Piano». Da ciò
conseguirebbe, a detta della ricorrente, che la prevista riduzione del
fabbisogno sanitario ed il decremento del finanziamento complessivo del sistema
sanitario causerebbe un ulteriore ostacolo al raggiungimento della
stabilizzazione del livello di spesa e del correlato suo allineamento al
finanziamento ordinario programmato.
La difesa regionale aggiunge che a
fronte dei maggiori oneri di compartecipazione previsti dall’art. 1,
comma 830, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007),
e fatti gravare sul bilancio regionale, lo Stato non avrebbe adeguato i livelli
di retrocessione delle accise sui prodotti petroliferi immessi in consumo nel
territorio regionale, né avrebbe assicurato diverse fonti finanziarie
per coprire tali maggiori bisogni, con la conseguente creazione di uno
squilibrio strutturale nella gestione del bilancio regionale che, fino al 2012,
si sarebbe potuto gestire grazie alla possibilità di utilizzare i fondi
per le aree sottoutilizzate (Fas) per il ripiano delle
perdite risalenti delle aziende sanitarie siciliane. Evidenzia inoltre che
– in coerenza con il Patto nazionale per la salute per il triennio
2007-2009 ed ai fini dell’accesso al fondo transitorio di cui
all’art. 1, comma 796, lettera b), della legge n. 296 del 2006, con
decorrenza dall’anno di imposta 2008 – la Regione siciliana avrebbe
fatto ricorso alla leva fiscale, innalzando al massimo l’aliquota
dell’addizionale regionale dell’IRPEF e dell’IRAP: dette
maggiorazioni sarebbero state mantenute anche per il triennio 2013-2015,
destinando il maggior gettito alla copertura del disavanzo di gestione nel
settore sanitario e, per la differenza, al finanziamento della quota di
compartecipazione regionale alla spesa sanitaria come fissata dall’art. 1
della legge della Regione siciliana 9 maggio 2012, n. 26 (Disposizioni
programmatiche e correttive per l’anno 2012 – Legge di
stabilità regionale).
Conclusivamente, la Regione si duole del
fatto che, non potendo più azionare la leva fiscale per rientrare dal
disavanzo programmato della spesa sanitaria, la norma statale verrebbe ad
incidere negativamente sull’entità di detto disavanzo, creando
maggiori difficoltà per gli adempimenti previsti dal Piano di rientro,
che si aggiungono a quelli necessari per garantire i livelli elementari di
assistenza.
La ricorrente afferma infine che
«anche a voler ritenere che la disposizione non comporti, quanto meno
direttamente, un pregiudizio all’assetto finanziario regionale di cui
all’art. 36 dello Statuto, appunto per la clausola “ad
esclusione” della Regione siciliana e per la circostanza che
l’aliquota regionale di compartecipazione alla spesa sanitaria va
applicata ad un minor livello del fabbisogno del Servizio sanitario
nazionale», l’unilaterale valutazione di detto fabbisogno sarebbe
lesiva delle prerogative regionali, in quanto assunta senza tener conto delle
esigenze della sanità siciliana, massimamente impegnata, in base al
Piano di rientro, nella razionalizzazione e nel contenimento della spesa.
18.– Con atto depositato l’8 aprile 2013 si
è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo
che il ricorso sia dichiarato inammissibile o, comunque, infondato.
18.1.– L’Avvocatura generale osserva che la
disposizione censurata sarebbe diretta a ridurre il livello del fabbisogno
sanitario e del relativo finanziamento come conseguenza dell’introduzione
delle ulteriori misure di contenimento della spesa pubblica di cui all’art.
1, comma 131, della legge n. 228 del 2012, le quali avrebbero determinato la
corrispondente riduzione dei costi per le Regioni e le Province autonome.
Aggiunge che la normativa statale impugnata risponderebbe alla finalità
di ridurre, in via omogenea e su tutto il territorio nazionale, il fabbisogno
del Servizio sanitario nazionale in un contesto di grave crisi finanziaria,
oltre che per garantire il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica
concordati in sede europea. Ciò avrebbe reso appunto necessaria –
per consentire allo Stato di poter rientrare nella disponibilità di una
quota delle risorse finanziarie già stanziate – la riduzione dei
costi del Servizio sanitario nazionale nella sua interezza mediante la
rideterminazione dei trasferimenti statali a favore delle Regioni a statuto
ordinario e della Regione siciliana.
Ad avviso della difesa erariale
risulterebbe comunque rispettato il principio di leale collaborazione tra Stato
ed autonomie speciali, dal momento che, in base al disposto dell’art. 27
della legge n. 42 del 2009, l’attuazione del concorso delle Regioni a
statuto speciale al conseguimento degli obiettivi di perequazione potrebbe
essere garantita «anche mediante l’assunzione di oneri derivanti
[...] da altre misure finalizzate al conseguimento di risparmi per il bilancio
dello Stato». Richiama, inoltre, le pronunce in cui questa Corte ha
riconosciuto il potere del legislatore statale di imporre agli enti autonomi
vincoli alle politiche di bilancio per ragioni di coordinamento finanziario
connesse ad obiettivi nazionali ed obblighi comunitari – anche se essi si
traducono in limitazioni indirette alla loro autonomia di spesa –
nonché limiti complessivi alla crescita della spesa corrente, in via
transitoria ed in vista degli obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica.
Detti vincoli sarebbero applicabili anche alle autonomie speciali in
considerazione dell’obbligo di generale partecipazione di tutte le
Regioni all’azione di risanamento della finanza pubblica.
Quanto alla specifica doglianza della
Regione siciliana secondo cui la riduzione del fondo sanitario nazionale
verrebbe a compromettere la possibilità per la Regione stessa di
ottemperare agli obblighi dei Piani di rientro in relazione ai disavanzi
sanitari, la difesa dello Stato ne contesta il fondamento sul rilievo che a
detta riduzione – applicata anche alle altre sette Regioni impegnate nei
Piani di rientro – corrisponderebbero minori oneri per il Servizio
sanitario regionale.
19.– Con memoria depositata il 30 settembre 2014 il
resistente ha prospettato la cessazione della materia del contendere in ordine
all’impugnazione dell’art. 1, comma 132, della legge n. 228 del
2012 in ragione dell’accordo in materia di finanza pubblica sottoscritto
il 9 giugno 2014 dal Ministro dell’economia e delle finanze con la
Regione siciliana.
Considerato in diritto
1.– Con i ricorsi indicati in epigrafe la Regione
autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste e le Province autonome di Bolzano e di Trento
impugnano, tra le altre, alcune disposizioni contenute nell’art. 15 del
decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della
spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini), convertito, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135.
1.1.– In particolare, la Regione
propone questione di legittimità costituzionale dell’art. 15,
comma 22, del citato decreto in riferimento agli artt. 2, primo comma, lettera
a), 3, primo comma, lettere f) ed l), 4, 12, 48-bis e 50 della legge costituzionale
26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta), in
relazione agli artt. 34 e 36 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di
razionalizzazione della finanza pubblica), ed agli articoli da 2 a 7 della
legge 26 novembre 1981, n. 690 (Revisione dell’ordinamento finanziario
della regione Valle d’Aosta), nonché in riferimento agli artt.
117, terzo comma, e 119 della Costituzione, in combinato disposto con
l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al
titolo V della parte seconda della Costituzione), ed ai principi di leale
collaborazione e di ragionevolezza.
La Provincia autonoma di Bolzano impugna
l’art. 15, comma 13, lettera c), del d.l. n. 95 del 2012 in riferimento
agli artt. 4, primo comma, numero 7), 8, primo comma, numero 1), 9, primo
comma, numero 10), e 16 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto
1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali
concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), in relazione al
decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 474 (Norme di
attuazione dello statuto per la regione Trentino-Alto Adige in materia di
igiene e sanità), al decreto del Presidente della Repubblica 26 gennaio
1980, n. 197 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige concernenti integrazioni alle norme di attuazione in materia di igiene e
sanità approvate con decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo
1975, n. 474), ed agli artt. 2, 3 e 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n.
266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige
concernenti il rapporto tra gli atti legislativi statali e leggi regionali e
provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e
coordinamento), nonché in riferimento all’art. 117, terzo comma,
Cost. in combinato disposto con l’art. 10 della
legge cost. n. 3 del 2001.
Anche la Provincia autonoma di Trento
impugna l’art. 15, comma 13, lettera c), del d.l. n. 95 del 2012 in
riferimento agli artt. 9, primo comma, numero 10), 16 e 79 dello statuto della
Regione autonoma Trentino-Alto Adige, in relazione all’art. 2, secondo
comma, del d.P.R. n. 474 del 1975 ed al d.P.R. n. 197 del 1980, nonché
in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost.
L’art. 15 (Disposizioni urgenti
per l’equilibrio del settore sanitario e misure di governo della spesa
farmaceutica) del d.l. n. 95 del 2012 prevede una serie di misure che
determinano una riduzione dei costi nel settore sanitario. Tra di esse si
annovera quella disposta dall’art. 15, comma 13, lettera c), secondo il
quale «Al fine di razionalizzare le risorse in ambito sanitario e di
conseguire una riduzione della spesa per acquisto di beni e servizi: […]
c) sulla base e nel rispetto degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici
e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera fissati, entro il 31
ottobre 2012, con regolamento approvato ai sensi dell’articolo 1, comma
169, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, previa intesa della Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, nonché tenendo conto della mobilità
interregionale, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano
adottano, nel rispetto della riorganizzazione di servizi distrettuali e delle
cure primarie finalizzate all’assistenza 24 ore su 24 sul territorio
adeguandoli agli standard europei, entro il 31 dicembre 2012, provvedimenti di
riduzione dello standard dei posti letto ospedalieri accreditati ed
effettivamente a carico del servizio sanitario regionale, ad un livello non
superiore a 3,7 posti letto per mille abitanti, comprensivi di 0,7 posti letto
per mille abitanti per la riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie,
adeguando coerentemente le dotazioni organiche dei presidi ospedalieri pubblici
ed assumendo come riferimento un tasso di ospedalizzazione pari a 160 per mille
abitanti di cui il 25 per cento riferito a ricoveri diurni. La riduzione dei
posti letto è a carico dei presidi ospedalieri pubblici per una quota
non inferiore al 50 per cento del totale dei posti letto da ridurre ed è
conseguita esclusivamente attraverso la soppressione di unità operative
complesse. Nelle singole regioni e province autonome, fino ad avvenuta
realizzazione del processo di riduzione dei posti letto e delle corrispondenti
unità operative complesse, è sospeso il conferimento o il rinnovo
di incarichi ai sensi dell’articolo 15-septies del decreto legislativo 30
dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni. Nell’ambito del
processo di riduzione, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano
operano una verifica, sotto il profilo assistenziale e gestionale, della
funzionalità delle piccole strutture ospedaliere pubbliche, anche se
funzionalmente e amministrativamente facenti parte di presidi ospedalieri articolati
in più sedi, e promuovono l’ulteriore passaggio dal ricovero
ordinario al ricovero diurno e dal ricovero diurno all’assistenza in
regime ambulatoriale, favorendo l’assistenza residenziale e
domiciliare».
Il comma 22 del medesimo art. 15 dispone
che «In funzione delle disposizioni recate dal presente articolo il
livello del fabbisogno del servizio sanitario nazionale e del correlato
finanziamento, previsto dalla vigente legislazione, è ridotto di 900
milioni di euro per l’anno 2012, di 1.800 milioni di euro per
l’anno 2013 e di 2.000 milioni di euro per l’anno 2014 e 2.100
milioni di euro a decorrere dall’anno 2015. Le predette riduzioni sono
ripartite fra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano secondo
criteri e modalità proposti in sede di autocoordinamento
dalle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano medesime, da recepire,
in sede di espressione dell’Intesa sancita dalla Conferenza permanente
per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
Bolzano per la ripartizione del fabbisogno sanitario e delle
disponibilità finanziarie annue per il Servizio sanitario nazionale,
entro il 30 settembre 2012, con riferimento all’anno 2012 ed entro il 30
novembre 2012 con riferimento agli anni 2013 e seguenti. Qualora non intervenga
la predetta proposta entro i termini predetti, all’attribuzione del
concorso alla manovra di correzione dei conti alle singole regioni e alle
Province autonome di Trento e di Bolzano, alla ripartizione del fabbisogno e
alla ripartizione delle disponibilità finanziarie annue per il Servizio
sanitario nazionale si provvede secondo i criteri previsti dalla normativa
vigente. Le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e
Bolzano, ad esclusione della regione Siciliana, assicurano il concorso di cui
al presente comma mediante le procedure previste dall’articolo 27 della
legge 5 maggio 2009, n. 42. Fino all’emanazione delle norme di attuazione
di cui al predetto articolo 27, l’importo del concorso alla manovra di
cui al presente comma è annualmente accantonato, a valere sulle quote di
compartecipazione ai tributi erariali».
2.– Con i ricorsi indicati in epigrafe la Regione
autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste e la Regione siciliana impugnano, tra le altre
disposizioni, l’art. 1, comma 132, della legge 24 dicembre 2012, n. 228
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
– Legge di stabilità 2013).
2.1.– In particolare, la Regione
autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste propone questione di legittimità
costituzionale dell’art. 1, comma 132, della legge n. 228 del 2012 in
riferimento agli artt. 2, primo comma, lettera a), 3, primo comma, lettera f)
ed l), 4, 12, 48-bis e 50 dello statuto della Regione autonoma Valle
d’Aosta/Vallée d’Aoste, in relazione agli articoli da 2 a 7 della legge n.
690 del 1981 ed agli artt. 34 e 36 della legge n. 724 del 1994, nonché
in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., in combinato disposto
con l’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, ed ai principi di
ragionevolezza e di leale collaborazione.
La Regione siciliana impugna il medesimo
art. 1, comma 132, in riferimento agli artt. 17, lettere b) e c), e 20 del
regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello Statuto
della Regione siciliana), ed al principio di leale collaborazione.
L’art. 1, comma 132, della legge
n. 228 del 2012 prevede un’ulteriore riduzione del fabbisogno del
Servizio sanitario nazionale e del relativo finanziamento, disponendo che
«In funzione delle disposizioni recate dal comma 131 e dal presente
comma, il livello del fabbisogno del Servizio sanitario nazionale e del
correlato finanziamento, come rideterminato dall’articolo 15, comma 22,
del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge
7 agosto 2012, n. 135, è ridotto di 600 milioni di euro per l’anno
2013 e di 1.000 milioni di euro a decorrere dall’anno 2014. Le regioni a
statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, ad esclusione
della Regione siciliana, assicurano il concorso di cui al presente comma
mediante le procedure previste dall’articolo 27 della legge 5 maggio
2009, n. 42, e successive modificazioni. Fino all’emanazione delle norme
di attuazione di cui al citato articolo 27 della legge n. 42 del 2009,
l’importo del concorso alla manovra di cui al presente comma è
annualmente accantonato, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi
erariali».
3.– I ricorsi vertono sulle medesime disposizioni o su
disposizioni strettamente correlate e pongono problematiche parzialmente
analoghe, sicché ne è opportuna la riunione ai fini di una
decisione congiunta, riservando a separate decisioni la trattazione delle
questioni vertenti sulle altre norme contestualmente impugnate.
4.– Per ragioni di sequenzialità logica, lo
scrutinio deve prendere le mosse dalle questioni di legittimità
costituzionale dell’art. 15, comma 13, lettera c), del d.l. n. 95 del
2012 proposte dalle Province autonome di Bolzano e di Trento, che contestano le
specifiche misure di contenimento della spesa ivi previste, invocando le
proprie competenze in materia sanitaria.
Queste ultime trovano fondamento nei
rispettivi statuti speciali e nelle norme di attuazione, nonché
nell’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto la
materia «tutela della salute» da esso contemplata è
più ampia rispetto a quella «igiene e sanità, ivi compresa
l’assistenza sanitaria e ospedaliera» (art. 9, primo comma, numero
10, dello statuto Trentino-Alto Adige), in cui le Province autonome di Trento e
di Bolzano hanno competenza legislativa concorrente. Ne deriva
l’applicazione dell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001 (sentenza n. 134 del
2006) il quale prescrive che «[…] le disposizioni della
presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto
speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui
prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già
attribuite».
4.1.– Alla luce di quanto premesso le questioni sono
fondate.
Secondo la giurisprudenza di questa
Corte la ridefinizione del numero dei posti letto fruibili va ricondotta alle
materie della «tutela della salute» e del «coordinamento
della finanza pubblica» (sentenza n. 289 del
2010). I primi due periodi dell’art. 15, comma 13, lettera c), del
d.l. n. 95 del 2012, che ne prevedono la riduzione, sono pertanto ascrivibili a
detti titoli di competenza legislativa, secondo cui lo Stato determina i
principi generali della materia e le Regioni la normazione specificativa.
Le norme impugnate non si articolano in
enunciati generali riconducibili alla categoria dei principi, ma pongono in
essere una disciplina di dettaglio. Ciò comporta che le misure in
considerazione non possono trovare fondamento nella potestà legislativa
concorrente dello Stato, così come sostenuto dalla difesa erariale.
A tale argomento si aggiunge il rilevo
che, ai sensi dell’art. 34, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724
(Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), «La regione Valle
d’Aosta e le province autonome di Trento e Bolzano provvedono al
finanziamento del Servizio sanitario nazionale nei rispettivi territori, senza
alcun apporto a carico del bilancio dello Stato […]». Dunque, come
meglio chiarito in prosieguo, lo Stato non ha comunque titolo per dettare norme
di coordinamento finanziario che definiscano le modalità di contenimento
di una spesa sanitaria interamente sostenuta da tali enti.
Le disposizioni in esame non possono
nemmeno essere ricondotte alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in
materia di livelli essenziali di assistenza (LEA), ex art. 117, secondo comma,
lettera m), Cost., così come ritenuto dall’Avvocatura dello Stato
e come evocato dall’incipit dell’art. 15, comma 13, lettera c), del
d.l. n. 95 del 2012 e dal richiamo ivi operato all’art. 1, comma 169,
della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005).
La Corte ha già avuto modo di
precisare che questo titolo di legittimazione dell’intervento dello Stato
riguarda fattispecie per le quali la normativa statale definisce il livello
essenziale di erogazione delle prestazioni destinate ai fruitori dei vari
servizi sociali. Nella prospettiva della loro tutela la Costituzione assegna
«al legislatore statale un fondamentale strumento per garantire il
mantenimento di una adeguata uniformità di trattamento sul piano dei diritti
di tutti i soggetti, pur in un sistema caratterizzato da un livello di
autonomia regionale e locale decisamente accresciuto» (sentenza n. 111 del
2014). Si tratta, dunque, «non tanto di una “materia” in
senso stretto, quanto di una competenza del legislatore statale idonea ad
investire tutte le materie, rispetto alle quali il legislatore stesso deve
poter porre le norme necessarie per assicurare a tutti, sull’intero
territorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite, come contenuto
essenziale di tali diritti, senza che la legislazione regionale possa limitarle
o condizionarle» (sentenza n. 207 del
2012).
I LEA rappresentano quindi degli
«standard minimi» (sentenza n. 115 del
2012) da assicurare in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, per
cui «la deroga alla competenza legislativa delle Regioni, in favore di
quella dello Stato, è ammessa solo nei limiti necessari ad evitare che,
in parti del territorio nazionale, gli utenti debbano assoggettarsi ad un
regime di assistenza sanitaria inferiore, per quantità e qualità,
a quello ritenuto intangibile dallo Stato» (sentenza n. 207 del
2010), «ferma comunque la possibilità delle singole Regioni,
nell’ambito della loro competenza concorrente in materia, di migliorare i
suddetti livelli di prestazioni» (sentenza n. 200 del
2009). Fermo restando che le prestazioni attualmente assicurate dal
servizio sanitario provinciale presentano livelli sicuramente superiori a
quelli previsti dalle disposizioni impugnate, occorre ricordare che
l’art. 2, secondo comma, del d.P.R. n. 474 del 1975 – recante la
normativa di attuazione statutaria trentina in materia di igiene e
sanità – vincola le Province autonome a «garantire l’erogazione
di prestazioni di assistenza igienico-sanitaria ed ospedaliera non inferiore
agli standards minimi previsti dalle normative
nazionale e comunitaria» e che, come accennato, le stesse Province
finanziano integralmente il Servizio sanitario nazionale nei rispettivi
territori.
Alla luce delle esposte premesse, si
deve sottolineare come l’art. 15, comma 13, lettera c), del d.l. n. 95
del 2012, disponendo una riduzione dello standard dei posti letto, non tenda a
garantire un minimum intangibile alla prestazione, ma ad imporre un tetto
massimo alla stessa. Quest’ultima prescrizione, dunque, non essendo
nemmeno correlata all’ipotesi del finanziamento da parte dello Stato, non
appare conforme ai parametri di riferimento invocati nel ricorso.
L’illegittimità
costituzionale della disposizione nella parte in cui prescrive la riduzione dei
posti letto (primo e secondo periodo) determina il travolgimento del terzo
periodo della stessa – che «fino ad avvenuta realizzazione del
processo di riduzione» sospende il conferimento o il rinnovo dei
contratti a tempo determinato in ambito sanitario – e di quello
successivo, che «[n]ell’ambito del
processo di riduzione» dispone la verifica di funzionalità, sotto
il profilo assistenziale e gestionale, delle piccole strutture ospedaliere e la
promozione del passaggio dal ricovero ordinario a quello diurno e dal ricovero
diurno all’assistenza ambulatoriale, favorendo altresì quella
residenziale e domiciliare. Ciò in ragione del rapporto di
presupposizione che lega le norme citate alle illegittime prescrizioni di
riduzione contenute nei periodi immediatamente precedenti.
4.2.– I residui motivi di censura devono ritenersi
assorbiti.
5.– Per valutare compiutamente la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 15, comma 22, del d.l. n. 95
del 2012 promossa dalla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste
è utile evidenziare come la disposizione si correli direttamente ai
commi precedenti del medesimo art. 15. Questi ultimi, prevedendo misure di
contenimento della spesa, comportano una riduzione dei costi nel settore
sanitario e, conseguentemente, una riduzione del fabbisogno del Servizio
sanitario nazionale e del relativo finanziamento secondo le quantificazioni
globali indicate nella disposizione impugnata. Le misure di riduzione dei costi
disposte dai commi precedenti riguarderebbero anche la Regione autonoma Valle
d’Aosta/Vallée d’Aoste che, ai sensi dell’art. 34, comma 3, della
legge n. 724 del 1994, finanzia interamente nel suo territorio il Servizio
sanitario nazionale senza oneri a carico del bilancio statale.
Attraverso la norma impugnata –
che coinvolge nel riparto della riduzione del fabbisogno e del relativo
finanziamento anche la Regione in considerazione, imponendole un
«concorso alla manovra di correzione dei conti» – lo Stato
acquisirebbe senza titolo l’eventuale risparmio realizzato da
quest’ultima sulla base delle disposizioni ivi richiamate.
5.1. – Tanto premesso, la
questione di legittimità costituzionale dell’art. 15, comma 22,
del d.l. n. 95 del 2012 promossa dalla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste
è fondata in riferimento agli artt. 48-bis e 50, quinto comma, dello
statuto regionale, in relazione agli artt. 34 e 36 della legge n. 724 del 1994,
ed al principio di leale collaborazione.
Il citato art. 34 ed il successivo art.
36 – secondo il quale «Rimangono salve le competenze attribuite
alla regione Valle d’Aosta dalla legge 26 novembre 1981, n. 690»
– della legge n. 724 del 1994 non contengono norme di attuazione
statutaria e non hanno pertanto rango superiore a quello della legge ordinaria.
Tuttavia, la disciplina dell’ordinamento finanziario della Regione
autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste può essere modificata solo con l’accordo
della medesima, in virtù degli artt. 48-bis e 50, quinto comma, dello
statuto (sentenza
n. 133 del 2010).
L’art. 15, comma 22, del d.l. n.
95 del 2012 incide invece in modo unilaterale, violando il principio di leale
collaborazione, sull’autonomia finanziaria della ricorrente, la cui
specialità sarebbe vanificata se fosse possibile variare l’assetto
dei rapporti finanziari con lo Stato attraverso una semplice legge ordinaria (sentenza n. 133 del
2010).
Nel caso in esame non vale richiamare la
potestà legislativa statale in materia di coordinamento della finanza
pubblica di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.: questa Corte ha infatti
precisato che «lo Stato, quando non concorre al finanziamento della spesa
sanitaria, “neppure ha titolo per dettare norme di coordinamento
finanziario” (sentenza n. 341 del
2009)» (sentenza
n. 133 del 2010; nello stesso senso, successivamente, sentenze n. 115 e n. 187 del 2012).
Come evidenziato, la Regione autonoma
Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste non grava, per il finanziamento della spesa sanitaria
nell’ambito del proprio territorio, sul bilancio dello Stato e quindi
quest’ultimo non è legittimato ad imporle il descritto concorso.
Infine, si sottolinea come nel caso in
esame non rilevi l’esigenza di riparto degli obiettivi del patto di
stabilità o di ottemperanza a precisi vincoli assunti dallo Stato in
sede europea, ipotesi per le quali è consentita la determinazione
unilaterale del concorso da parte dello Stato in attesa del perfezionamento
delle procedure pattizie previste per le autonomie speciali (sentenza n. 19 del
2015). A ben vedere, il meccanismo previsto dalla norma impugnata
costituisce una mera riallocazione di risorse all’interno del bilancio
consolidato delle pubbliche amministrazioni: infatti alla riduzione complessiva
del fabbisogno del Servizio sanitario nazionale le autonomie speciali –
ad esclusione della Regione siciliana – partecipano, ai sensi del comma
22 dell’art. 15, attraverso un conferimento di risorse, mentre le Regioni
a statuto ordinario e la stessa Regione siciliana subiscono, per effetto della
stessa norma, la riduzione pro quota del finanziamento attinto dal bilancio
dello Stato mediante il tradizionale trasferimento di fondi. Ne consegue che
della sommatoria della riduzione dei trasferimenti alle Regioni a statuto ordinario
e dell’acquisizione dalle autonomie speciali beneficia direttamente il
bilancio dello Stato attraverso una diversa riallocazione di dette risorse.
Dal momento che il prelievo, di cui la
disposizione censurata onera la ricorrente, non è conforme ai richiamati
parametri costituzionali, detto vizio si riverbera sulle modalità
relative alla sua determinazione, rendendo altresì illegittimo
l’accantonamento dell’equivalente importo a valere sulle quote di
compartecipazione ai tributi erariali, il quale presuppone la legittima
imposizione del contributo (in tal senso sentenze n. 77 e n. 82 del 2015).
5.2.– I residui motivi di censura devono ritenersi
assorbiti.
6.– La Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste e la
Regione siciliana hanno impugnato anche l’art. 1, comma 132, della legge
n. 228 del 2012.
La disposizione in questione riduce
ulteriormente il fabbisogno sanitario ed il correlato finanziamento, anche in
questo caso chiamandovi a concorrere le autonomie speciali – ad
esclusione della Regione siciliana – mediante le procedure previste
dall’art. 27 della legge n. 42 del 2009 e, fino all’emanazione
delle norme di attuazione di cui al citato articolo, disponendo che
l’importo del concorso alla manovra sia annualmente accantonato a valere
sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali.
6.1.– La questione di legittimità costituzionale
dell’art. 1, comma 132, della legge n. 228 del 2012 promossa dalla
Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée
d’Aoste in riferimento agli artt. 48-bis e 50,
quinto comma, dello statuto, in relazione agli artt. 34 e 36 della legge n. 724
del 1994, ed al principio di leale collaborazione è fondata.
È evidente che la disposizione
censurata riproduce sostanzialmente il contenuto del già richiamato art.
15, comma 22, del d.l. n. 95 del 2012, incrementando, rispetto a quanto da
quest’ultimo previsto, la riduzione del fabbisogno del Servizio sanitario
nazionale nonché del relativo finanziamento secondo le quantificazioni
globali indicate e chiamando a concorrervi le autonomie speciali – ad
esclusione della Regione siciliana – secondo un meccanismo corrispondente
a quello di cui agli ultimi due periodi del citato art. 15, comma 22.
Le censure articolate in modo analogo a
quelle proposte avverso l’art. 15, comma 22, devono essere pertanto
accolte con conseguente dichiarazione d’illegittimità
costituzionale anche del censurato art. 1, comma 132, della legge n. 228 del
2012.
Rimangono assorbiti gli ulteriori
profili di censura.
6.2.– Quanto alla questione di
legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 132, della legge n.
228 del 2012 promossa dalla Regione siciliana in riferimento agli artt. 17,
lettere b) e c), e 20 dello statuto ed al principio di leale collaborazione,
deve anzitutto escludersi che sia cessata la materia del contendere in ragione
della sottoscrizione, da parte del Presidente della Regione, in data 9 giugno
2014, di «un’ipotesi di accordo» con il Ministro
dell’economia e delle finanze (sentenza n. 19 del
2015; nello stesso senso, implicitamente, sentenze n. 77 e n. 82 del 2015).
Tanto premesso, la questione è
inammissibile.
In sostanza, la ricorrente, evocando
parametri statutari relativi alla potestà legislativa regionale ed alle
funzioni amministrative in materia di «igiene e sanità
pubblica» e di «assistenza sanitaria» ed il principio di
leale collaborazione piuttosto che parametri finanziari, sostiene che la
riduzione del fabbisogno sanitario e del relativo finanziamento interferirebbe
con l’attuazione del Piano di rientro sanitario cui essa è
soggetta.
Se il principio di leale collaborazione
è meramente evocato e non meglio argomentato, con riferimento agli altri
parametri – in disparte la loro conferenza – la Regione non
chiarisce in che modo la disposizione censurata, che si correla
all’adozione di misure di contenimento dei costi sanitari foriere di una
riduzione di spesa, possa ostacolare l’attuazione del Piano di rientro
volto al riequilibrio del Servizio sanitario regionale. Peraltro, tale pretesa
interferenza ben avrebbe potuto essere argomentata in maniera chiara dalla
Regione, considerate le prescrizioni dettate dall’art. 20, commi 1 e 2,
del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di
armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni,
degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della
legge 5 maggio 2009, n. 42) in ordine al rapporto tra spese sanitarie e
disciplina del bilancio regionale, in modo da garantire «un’esatta
perimetrazione delle entrate e delle uscite relative al finanziamento del
proprio servizio sanitario regionale, al fine di consentire la
confrontabilità immediata fra le entrate e le spese sanitarie iscritte
nel bilancio regionale e le risorse indicate negli atti di determinazione del
fabbisogno sanitario regionale standard» (sentenza n. 51 del
2013, pronunciata proprio nei confronti della Regione siciliana).
In conclusione, le argomentazioni svolte
dalla ricorrente a sostegno dell’impugnazione «non raggiungono
quella soglia minima di chiarezza e completezza cui è subordinata
l’ammissibilità delle impugnative in via principale (ex plurimus, sentenza n. 312 del 2013» (sentenza n. 88 del
2014).
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata a separate pronunce la decisione delle altre
questioni di legittimità costituzionale promosse con i ricorsi indicati
in epigrafe;
riuniti i giudizi,
1) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’art. 15, comma 13,
lettera c), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la
revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini),
convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 agosto
2012, n. 135, nella parte in cui si applica alle Province autonome di Bolzano e
di Trento;
2) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’art. 15, comma 22, del
d.l. n. 95 del 2012, nella parte in cui si applica alla Regione autonoma Valle
d’Aosta/Vallée d’Aoste;
3) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 132, della
legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013),
nella parte in cui si applica alla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste;
4) dichiara
inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art.
1, comma 132, della legge n. 228 del 2012, promossa, in riferimento agli artt.
17, lettere b) e c), e 20, del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455
(Approvazione dello Statuto della Regione siciliana), ed al principio di leale
collaborazione, dalla Regione siciliana.
Così deciso in Roma, nella sede
della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’8 giugno 2015.
F.to:
Alessandro CRISCUOLO, Presidente
Aldo CAROSI, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria l'1 luglio
2015.