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SENTENZA N. 207
ANNO 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 23, lettera e), del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, nella parte in cui aggiunge all’art. 71 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, i commi 5-bis e 5-ter, promosso con ricorso della Regione Toscana notificato il 2 ottobre 2009, depositato in cancelleria l’8 ottobre 2009 ed iscritto al n. 84 del registro ricorsi 2009.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 28 aprile 2010 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;
uditi l’avvocato Lucia Bora per la Regione Toscana e l’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato il 2 ottobre 2009 e depositato il successivo 8 ottobre, la Regione Toscana ha promosso, tra le altre, la questione di legittimità costituzionale – in riferimento agli artt. 117 e 119 della Costituzione – dell’art. 17, comma 23, lettera e), del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, nella parte in cui aggiunge all’art. 71 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, i seguente commi: «5-bis. Gli accertamenti medico-legali sui dipendenti assenti dal servizio per malattia effettuati dalle aziende sanitarie locali su richiesta delle Amministrazioni pubbliche interessate rientrano nei compiti istituzionali del Servizio sanitario nazionale; conseguentemente i relativi oneri restano comunque a carico delle aziende sanitarie locali», e «5-ter. A decorrere dall’anno 2010 in sede di riparto delle risorse per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale è individuata una quota di finanziamento destinata agli scopi di cui al comma 5-bis, ripartita fra le regioni tenendo conto del numero dei dipendenti pubblici presenti nei rispettivi territori; gli accertamenti di cui al medesimo comma 5-bis sono effettuati nei limiti delle ordinarie risorse disponibili a tale scopo».
2.– Osserva la ricorrente che le disposizioni impugnate, cosi come formulate, obbligano le Regioni a sostenere, per il tramite del fondo sanitario, l’onere delle visite fiscali ai dipendenti assenti dal servizio per malattia. Infatti, se è vero che gli accertamenti medico-legali effettuati dalle Aziende sanitarie rientrano nei compiti istituzionali del Servizio Sanitario, ciò non comporta la conseguenza che le relative prestazioni siano effettuate a titolo gratuito.
La Regione Toscana ricorda che, nell’esercizio delle proprie competenze in materia di tutela della salute ed organizzazione del servizio sanitario regionale, nel 2005 ha emanato una delibera di Giunta (n. 622 del 6 giugno 2005) in base alla quale le visite fiscali richieste dai datori di lavoro pubblici per i propri dipendenti assenti per malattia venivano poste a carico dell’amministrazione richiedente, trattandosi di certificazioni mediche da effettuare non nell’interesse del lavoratore, ma del datore di lavoro per accertare la legittimità dell’assenza del dipendente.
Tale delibera, prosegue la ricorrente, è stata oggetto di impugnazione dall’Amministrazione statale sulla base del presupposto che per il datore di lavoro «pubblica amministrazione» il servizio di visita fiscale fosse gratuito in quanto prestazione rientrante nei livelli essenziali di assistenza (LEA) dovuti al lavoratore. Il Tribunale amministrativo della Regione Toscana (sentenze n. 43531 del 2004 e n. 60381 del 2006) e il Consiglio di Stato poi (Sez. V, n. 5690 del 2008) hanno riconosciuto la legittimità dell’operato della Regione, rilevando che le suddette visite «si sostanziano in un momento procedimentale tecnico volto a tutelare un interesse specifico dell’Amministrazione istante ed il loro espletamento non risponde, quindi, all’interesse diffuso della salute collettiva. Pertanto la visita fiscale disposta nell’interesse dell’Amministrazione non integra un L.E.A.». Lo stesso principio, peraltro, è stato affermato anche dalla Corte di cassazione con la sentenza della Sez. I, n. 13992, del 28 maggio 2008.
A parere della ricorrente, la norma impugnata vanificherebbe la legittima scelta organizzativa regionale: imponendo la gratuità delle visite fiscali, il relativo onere verrebbe a ricadere sulle aziende sanitarie e, quindi, sul fondo sanitario regionale.
Le norme impugnate, dunque, sarebbero lesive delle attribuzioni regionali di cui all’art. 117 Cost, in materia di tutela della salute e di organizzazione del servizio sanitario. Infatti, l’attività di controllo medico-legale sulle condizioni di salute dei lavoratori dipendenti, al fine di accertare, su richiesta del datore di lavoro, la legittimità dell’assenza dal lavoro, pur rientrando nelle competenze delle ASL, non costituisce prestazione di cura e prevenzione e, pertanto, non risponde ai fini di tutela della salute collettiva garantiti dalla legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale). Non sarebbe, quindi, precluso alle Regioni richiedere il pagamento delle prestazioni secondo una tariffa determinata.
Il finanziamento sanitario, prosegue la ricorrente, è, infatti, finalizzato al soddisfacimento dei LEA, determinati sulla base di accordi Stato-Regioni e deve essere utilizzato per far fronte alle prestazioni dirette alla tutela della salute. Ciò sarebbe ulteriormente dimostrato, secondo la Regione Toscana, dal d.P.C.m. 29 novembre 2001 (Definizione dei livelli essenziali di assistenza) e dalle sue successive modificazioni (d.P.C.m. 28 novembre 2003 e d.P.C.m. 21 aprile 2008) che escludono totalmente dai LEA le prestazioni rappresentate da «certificazioni mediche, comprese le prestazioni diagnostiche necessarie per il loro rilascio, non rispondenti ai fini della tutela della salute collettiva, anche quando richieste da disposizioni di legge».
La Regione Toscana evidenzia anche che «le norme impugnate individuano la quota necessaria a finanziare gli accertamenti medico-legali in riferimento all’espletamento delle visite fiscali, quale parte del Fondo Sanitario e non come fondo aggiuntivo da destinare agli scopi di cui sopra, pertanto la prestazione richiesta si configura come un L.E.A., per la cui definizione risulta necessario l’accordo in conferenza Stato-Regione (secondo quanto la Corte Costituzionale, con le sentenze n. 134 del 2006 e n. 88 del 2003, ha ritenuto costituzionalmente necessitato)».
Le disposizioni impugnate oltre a ledere la competenza legislativa regionale in materia di tutela della salute di cui all’art. 117, terzo comma, Cost. si porrebbero in contrasto anche con l’art. 119 Cost. in quanto la Regione, per garantire invariato il livello di assistenza sanitaria, si troverebbe nella condizione di dover integrare il fondo sanitario regionale con proprie risorse finanziarie.
In altri termini, il legislatore statale, con le disposizioni oggetto di impugnativa, impone di utilizzare il finanziamento sanitario per prestazioni del tutto estranee alla finalità del finanziamento stesso, riducendo le risorse per i LEA, che restano così a carico delle Regioni.
3.– In data 10 novembre 2009 si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri concludendo per la declaratoria di infondatezza del ricorso.
La parte resistente precisa che fin dall’anno 1988 i fondi per gli accertamenti medico-legali sono stati trasferiti dagli stati di previsione dei singoli Ministeri al Fondo Sanitario Nazionale, come evidenziato nella relazione del 16 maggio 2004 del Tavolo di monitoraggio dei livelli essenziali di assistenza sanitaria istituito presso la Segreteria della Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le Regioni e le Province autonome.
Pertanto, le norme oggetto di impugnazione, nel prevedere che gli accertamenti medico-legali rientrano nei compiti istituzionali del servizio sanitario nazionale, non dispongono un incremento del livello del finanziamento del servizio sanitario nazionale stesso, in quanto il fondo sanitario nazionale già ingloba le risorse destinate a tale scopo.
La disposizione impugnata si limita a prevedere che sia individuata, all’interno del Fondo Sanitario Nazionale, la quota complessiva di risorse che consente la copertura degli oneri connessi all’espletamento delle visite fiscali e che sia ripartita tra le Regioni sulla base del numero di dipendenti pubblici presenti nelle Regioni medesime.
Qualora la spesa effettiva per gli accertamenti medico-legali risulti inferiore alla quota individuata in sede di riparto, le Regioni potranno utilizzare le restanti risorse per altre finalità sanitarie. L’individuazione di tale quota, pertanto, non si configurerebbe come un vincolo di bilancio, ma come un’indicazione per la programmazione regionale.
L’Avvocatura dello Stato sottolinea, infine, che l’ammontare delle predette risorse sarà definito congiuntamente con le Regioni, perché sul riparto del fondo sanitario nazionale è prevista l’adozione dell’intesa nella Conferenza Stato-Regioni.
4.– Con memoria illustrativa depositata in data 7 aprile 2010 la difesa del Presidente del Consiglio ha ribadito le argomentazioni esposte nell’atto di costituzione, insistendo nella richiesta di rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
1.– La Regione Toscana ha promosso, tra le altre, la questione di legittimità costituzionale – per violazione degli artt. 117 e 119 della Costituzione – dell’art. 17, comma 23, lettera e), del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, nella parte in cui aggiunge all’art. 71 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, i seguenti commi: «5-bis. Gli accertamenti medico-legali sui dipendenti assenti dal servizio per malattia effettuati dalle aziende sanitarie locali su richiesta delle Amministrazioni pubbliche interessate rientrano nei compiti istituzionali del Servizio sanitario nazionale; conseguentemente i relativi oneri restano comunque a carico delle aziende sanitarie locali», e «5-ter. A decorrere dall’anno 2010 in sede di riparto delle risorse per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale è individuata una quota di finanziamento destinata agli scopi di cui al comma 5-bis, ripartita fra le regioni tenendo conto del numero dei dipendenti pubblici presenti nei rispettivi territori; gli accertamenti di cui al medesimo comma 5-bis sono effettuati nei limiti delle ordinarie risorse disponibili a tale scopo».
2.– In particolare, secondo la ricorrente, sarebbe violata la competenza legislativa concorrente della Regione in materia di tutela della salute e di organizzazione del servizio sanitario di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto le norme impugnate, imponendo la gratuità delle visite fiscali, gravano del relativo onere le aziende sanitarie e, quindi, il fondo sanitario regionale, così vanificando la scelta organizzativa regionale di richiedere il pagamento delle prestazioni secondo una tariffa determinata.
Infatti, l’attività di controllo medico-legale sulle condizioni di salute dei lavoratori dipendenti, al fine di accertare, su richiesta del datore di lavoro, la legittimità dell’assenza del lavoratore, pur rientrando nelle competenze delle ASL, non costituisce un livello essenziale di assistenza, non essendo una prestazione di cura e prevenzione e, tanto meno, avendo la finalità di tutelare la salute collettiva.
Inoltre, secondo la Regione Toscana, sarebbe lesa anche l’autonomia finanziaria regionale di cui all’art. 119 Cost. perché la Regione, per garantire invariato il livello di assistenza sanitaria, si troverebbe costretta ad integrare il fondo sanitario regionale con proprie risorse finanziarie.
2.1.– È riservata a separate pronunce ogni decisione sulle ulteriori questioni di legittimità costituzionale del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, proposte dalla Regione Toscana con il presente ricorso.
3.– La questione innanzi indicata è fondata.
3.1.– Il legislatore statale nell’ultimo biennio è intervenuto ripetutamente in tema di assenze per malattia dei dipendenti pubblici. In un primo momento, l’art. 71, comma 3, del d.l. n. 112 del 2008, ha previsto che l’Amministrazione «dispone il controllo in ordine alla sussistenza della malattia del dipendente anche nel caso di assenza di un solo giorno, tenuto conto delle esigenze funzionali e organizzative». Successivamente, l’art. 17, comma 23, lettera e), del decreto-legge n. 78 del 2009, oggetto del presente giudizio, ha modificato l’art. 71 del d.l. n. 112 del 2008, da un lato aggiungendovi i commi 5-bis e 5-ter, e, dall’altro, abrogando il citato comma 3.
Tale ultima disposizione è stata poi trasfusa, ad opera dell’art. 69 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni), senza alcuna modifica, nell’art. 55-septies, comma 5, primo periodo, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).
A sua volta, l’art. 74, comma 1, del d.lgs. n. 150 del 2009 afferma che numerosi articoli del medesimo decreto legislativo, tra i quali l’art. 69, che come si è visto, contiene il nuovo art. 55-septies ora citato, sono espressione della potestà legislativa esclusiva attribuita allo Stato dall’art. 117, secondo comma, lettere l) ed m), della Costituzione
3.2.– Così delineato il quadro normativo di riferimento, è necessario, ai fini del presente giudizio, individuare l’ambito materiale al quale ricondurre la disciplina oggetto dell’impugnazione della Regione Toscana. Tale materia è quella della «tutela della salute» di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.
Infatti, nonostante l’autoqualificazione compiuta dal legislatore statale con il citato art. 74, comma 1, del d.lgs. n. 150 del 2009, la disciplina in esame non è riconducibile alla materia della «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale», attribuita dall’articolo 117, secondo comma, lettera m), Cost., alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Nella giurisprudenza di questa Corte si è costantemente affermato che «ai fini del giudizio di legittimità costituzionale, la qualificazione legislativa non vale ad attribuire alle norme una natura diversa da quella ad esse propria, quale risulta dalla loro oggettiva sostanza» (ex plurimis, sentenze n. 447 del 2006 e n. 482 del 1995).
In altri termini, per individuare la materia alla quale devono essere ascritte le disposizioni oggetto di censura, non assume rilievo la qualificazione che di esse dà il legislatore, ma occorre fare riferimento all’oggetto ed alla disciplina delle medesime, tenendo conto della loro ratio e tralasciando gli aspetti marginali e gli effetti riflessi, così da identificare correttamente e compiutamente anche l’interesse tutelato (sentenze n. 430, n. 169 e n. 165 del 2007).
La fissazione dei livelli essenziali di assistenza si identifica, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nella «determinazione degli standard strutturali e qualitativi delle prestazioni da garantire agli aventi diritto su tutto il territorio nazionale», non essendo «pertanto inquadrabili in tale categoria le norme volte ad altri fini, quali, ad esempio, l’individuazione del fondamento costituzionale della disciplina, da parte dello Stato, di interi settori materiali o la regolamentazione dell’assetto organizzativo e gestorio degli enti preposti all’erogazione delle prestazioni» (sentenza n. 371 del 2008).
Si è già avuto modo di affermare che, in tema di tutela della salute, la disciplina statale che determina i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale comporta una forte compressione della sfera di autonomia regionale. Pertanto, con riferimento alle prestazioni richieste alle aziende sanitarie, la deroga alla competenza legislativa delle Regioni, in favore di quella dello Stato, è ammessa solo nei limiti necessari ad evitare che, in parti del territorio nazionale, gli utenti debbano assoggettarsi ad un regime di assistenza sanitaria inferiore, per quantità e qualità, a quello ritenuto intangibile dallo Stato (sentenza n. 387 del 2007).
Così delineata la nozione di prestazione sanitaria che possieda le caratteristiche per rientrare nell’ambito dei livelli essenziali di assistenza, deve ritenersi condivisibile la ricostruzione operata dalla giurisprudenza ordinaria e amministrativa, secondo cui l’accertamento medico-legale sui dipendenti pubblici assenti dal servizio per malattia è un’attività strumentale al controllo della regolarità dell’assenza del dipendente, volta principalmente alla tutela di un interesse del datore di lavoro, la quale trova solo indirettamente un collegamento con prestazioni poste a tutela della salute del lavoratore (Cass. Sez. 1, sentenza n. 13992 del 28 maggio 2008 e Cons. di Stato Sez. V, sentenza n. 5690 del 29 gennaio 2008).
Inoltre, sarebbe del tutto irragionevole, qualora si volesse riconoscere agli accertamenti medico-legali sui dipendenti assenti dal servizio per malattia il carattere di livello essenziale di assistenza, limitare tale qualificazione alla sola ipotesi delle visite fiscali richieste dalle amministrazioni pubbliche e non anche riconoscere pari natura a quelle richieste dai datori di lavoro privati, dato che si attribuirebbe a questo tipo di verifiche il carattere di prestazione diretta a realizzare uno standard strutturale e qualitativo tale da dover essere garantito in modo uniforme a tutti gli aventi diritto sul territorio nazionale.
3.4.– Le norme in esame, dunque, devono essere correttamente ricondotte alla materia di competenza legislativa concorrente della «tutela della salute» (art. 117, terzo comma, della Costituzione) che, come la Corte ha più volte ribadito, è «assai più ampia» rispetto a quella precedente dell’«assistenza ospedaliera» (sentenze n. 134 del 2006 e n. 270 del 2005), ed esprime «l’intento di una più netta distinzione fra la competenza regionale a legiferare in queste materie e la competenza statale, limitata alla determinazione dei principi fondamentali della disciplina» (sentenza n. 162 del 2007).
Infatti, la disciplina degli accertamenti medico-legali sui dipendenti assenti per malattia, anche se viene attivata per soddisfare l’interesse del datore di lavoro volto a controllare e verificare la regolarità e legittimità dell’assenza per malattia del lavoratore, viene altresì a configurare una prestazione di tipo sanitario che si sostanzia, quanto meno, in una diagnosi sulla salute del lavoratore conforme o difforme rispetto a quella effettuata dal medico curante o alla condizione denunciata dal lavoratore e che può anche determinare l’adozione di misure che eccedono la persona del dipendente, qualora l’accertamento evidenzi patologie che presentino rischi di contagio.
Inoltre, questa Corte ha più volte affermato che le norme che disciplinano gli aspetti organizzativi dell’attività sanitaria vanno anch’esse ricondotte alla materia della tutela della salute, quando sono idonee ad incidere sulla salute dei cittadini, costituendo le modalità di organizzazione del servizio sanitario la cornice funzionale ed operativa che garantisce la qualità e l’adeguatezza delle prestazioni erogate (sentenza n. 181 del 2006).
Nel caso in questione, risulta evidente la stretta inerenza che tutte le norme de quibus presentano con l’organizzazione del servizio sanitario e con il relativo finanziamento, tenendo, tra l’altro, conto che è stato legislativamente previsto che tale tipo di prestazioni possa essere effettuato solo mediante le aziende sanitarie locali.
3.5.– Una volta stabilito che le norme impugnate dalla Regione Toscana rientrano nella materia «tutela della salute», occorre verificare, trattandosi di una materia rimessa alla competenza legislativa concorrente, se alle stesse possa essere riconosciuta la natura di normativa di principio.
La risposta deve essere negativa, in quanto la disciplina introdotta dai commi 5-bis e 5-ter non lascia alcuno spazio di intervento alla Regione non solo per un’ipotetica legiferazione ulteriore, ma persino per una normazione secondaria di mera esecuzione, con l’effetto, peraltro, di vincolare risorse per l’effettuazione di una prestazione che non rientra nella materia di competenza esclusiva dello Stato di cui al già citato art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., incidendo, in tal modo, anche sull’autonomia finanziaria della Regione, tutelata dall’art. 119 Cost.
In conclusione, il comma 5-bis dell’art. 71 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, il quale dispone che le visite fiscali sul personale dipendente delle pubbliche amministrazioni rientrano tra i compiti istituzionali del servizio sanitario nazionale e che i relativi oneri sono a carico delle aziende sanitarie, non è ascrivibile ad alcun titolo di competenza legislativa esclusiva dello Stato e, trattandosi di normativa di dettaglio in materia di «tutela della salute», si pone in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., mentre il comma 5-ter, che vincola una quota delle risorse per il finanziamento del servizio sanitario nazionale, destinandole a sostenere il costo di una prestazione che non può essere qualificata come livello essenziale di assistenza, si pone in contrasto con l’art. 119 Cost., ledendo l’autonomia finanziaria delle Regioni.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata a separate pronunce ogni decisione sulle ulteriori questioni di legittimità costituzionale del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, proposte dalla Regione Toscana con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 17, comma 23, lettera e), del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, nella parte in cui aggiunge all’art. 71 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, i commi 5-bis e 5-ter.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 giugno 2010.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 10 giugno 2010.