SENTENZA N. 289
ANNO 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, della legge della Regione Abruzzo 5 aprile 2007, n. 6 (Linee guida per la redazione del piano sanitario 2007/2009 – Un sistema di garanzie per la salute – Piano di riordino della rete ospedaliera), nonché del punto 5 dell’allegato “Piano di riordino posti letto ospedalieri”, promossi dal Tribunale amministrativo regionale dell’Abruzzo con ordinanze del 30 ottobre e del 13 novembre 2008, iscritte ai nn. 89 e 90 del registro ordinanze 2009 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell’anno 2009.
Visti gli atti di costituzione dell’INI s.r.l. Istituto Neurotraumatologico Italiano e della Casa di Cura Villa Pini d’Abruzzo s.r.l. ed altre nonchè gli atti di intervento della Casa di Cura privata Pierangeli s.r.l., della Casa di Cura privata Villa Letizia s.r.l., della Casa di Cura privata Villa Serena s.r.l. e della Casa di Cura privata Dr. G. Spatocco s.r.l.;
udito nell’udienza pubblica del 6 luglio 2010 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;
uditi gli avvocati Tommaso Marchese per le parti intervenienti e Sabatino Ciprietti per le parti costituitesi.
Ritenuto in fatto
1.– Con due ordinanze, di identico tenore, depositate rispettivamente il 30 ottobre ed il 13 novembre 2008, il Tribunale amministrativo regionale dell’Abruzzo, nel corso di altrettanti giudizi aventi ciascuno ad oggetto la impugnazione di una deliberazione assunta dalla locale Giunta regionale in merito al piano di risanamento del sistema sanitario regionale per gli anni dal 2007 al 2009 e alla definizione del relativo tetto di spesa per l’anno 2008, nonché della presupposta deliberazione con la quale la medesima Giunta aveva definito, riducendolo, il numero dei posti letto assegnati alla spedalità privata convenzionata, ha sollevato, con riferimento agli artt. 3, 24, 41, 42, 43, 97, 113 e 117 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, della legge regionale dell’Abruzzo 5 aprile 2007, n. 6 (Linee guida per la redazione del piano sanitario 2007/2009 – Un sistema di garanzie per la salute – Piano di riordino della rete ospedaliera), nonché del punto 5 dell’allegato “Piano di riordino posti letto ospedalieri”.
1.1.– Riferisce il TAR che la riduzione dei posti letto assegnati alle case di cura ricorrenti nei giudizi a quibus consegue alla più ampia diminuzione del complessivo numero dei posti letto riferibili alla sanità regionale secondo quanto previsto dalla legge regionale n. 6 del 2007 e dall’allegato Piano di riordino della spesa ospedaliera, oggetto di accordo fra la Regione Abruzzo e lo Stato, nel quadro di un piano volto al perseguimento dell’equilibrio economico.
Tanto premesso, il rimettente osserva che la legge regionale oggetto della questione di legittimità costituzionale presenta i caratteri della legge-provvedimento, in particolare nella parte in cui, all’art. 1, comma 2, contiene l’approvazione dell’allegato “Piano di riordino dei posti letto ospedalieri”. Precisa, infatti, il giudice amministrativo che il comma 10 del paragarafo 5.1 del ricordato allegato, stabilisce, quale criterio guida, l’abbattimento sino al 30% dei posti letto di riabilitazione; del 15% di quelli per la lungodegenza e sino ad un massimo del 30% di quelli destinati ai degenti in fase acuta.
Ritiene, quindi, il rimettente che in tal modo la legge regionale, non limitandosi a dettare precetti di carattere generale ed astratto, andrebbe ad incidere direttamente sugli interessi delle parti ricorrenti e sulle loro strutture imprenditoriali, determinando, fra l’altro, la riduzione dei “tetti di spesa” disponibili.
Aggiunge il giudice a quo che non è in discussione la possibilità per il legislatore regionale di pianificare con atti normativi le risorse da destinare alla spesa sanitaria, ma lo è il grado di sindacabilità dell’operato della pubblica Amministrazione ove essa eserciti un potere amministrativo tramite l’adozione di strumenti legislativi. Infatti, stante la mancanza di un sindacato diffuso sulla costituzionalità delle leggi, il cittadino può solamente sollecitare, previa la verifica da parte dell’autorità giudiziaria della sua rilevanza nell’ambito di un ordinario giudizio e della non manifesta infondatezza, un incidente di costituzionalità avente ad oggetto la legge-provvedimento.
1.2.– Con riferimento, appunto, alla rilevanza della questione nei giudizi a quibus il rimettente osserva che essa deriva direttamente dal fatto che la legittimità o meno dell’atto amministrativo impugnato è condizionata dall’esito della questione di legittimità costituzionale.
1.3.– Riguardo alla non manifesta infondatezza il rimettente:
quanto alla violazione degli artt. 24 e 113 della Costituzione, nonché dell’art. 117 della Costituzione – quest’ultimo evocato con riferimento «ai principi fondamentali stabiliti dalla legislazione dello stato per la ridefinizione dei posti letto» – ferma la natura provvedimentale della legge censurata, ritiene che questa non ha come effetto la complessiva riduzione della spesa sanitaria, così «come imposta, in via di indirizzo,» sia dal decreto-legge18 settembre 2001, n. 347 (Interventi urgenti in materia di spesa sanitaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, sia dall’art. 2, comma 5, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), oltre che dalla stessa legge regionale dell’Abruzzo n. 6 del 2007. Infatti, prevedendo le citate disposizioni che la riorganizzazione del piano ospedaliero concerna la sola spedalità pubblica, la riduzione dei posti letto frutto delle disposizioni censurate, non corrispondendo a tale previsione, si pone in contrasto con esse;
quanto alla violazione degli artt. 41, 42 e 43 della Costituzione, osserva che le disposizioni impugnate comprimono la libertà di iniziativa economica privata, impedendo che questa, a causa della riduzione dei posti letto, si possa esprimere secondo logiche di mercato e determinando, stante «la complessiva riduzione dell’attività», un effetto espropriativo in assenza di qualsivoglia indennizzo;
quanto alla violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, infine, afferma che il piano di riorganizzazione conduce, in maniera ingiustificata, «all’aumento dei posti letto nella spedalità pubblica e alla riduzione in quella privata», con una immotivata diversa incidenza dei tagli relativamente alle singole strutture, sia pubbliche che private.
2.– Si sono costituite in giudizio, ognuna in relazione alla ordinanza di rimessione scaturita dal giudizio in cui esse sono ricorrenti, la INI s.r.l. Istituto Neurotraumatologico Italiano, la Casa di Cura Villa Pini d’Abruzzo s.r.l., la Santa Maria s.r.l. e la Sanatrix s.r.l., svolgendo argomenti difensivi fra loro coincidenti.
Esse, in particolare, riferiscono quanto già da ciascuna dedotto in sede di ricorso di fronte al TAR rimettente, illustrando le eccezioni di illegittimità costituzionale ivi segnalate.
Dato atto della avvenuta proposizione della questione di costituzionalità da parte del rimettente, le parti private ribadiscono puntualmente le motivazioni delle ordinanze di rimessione.
3.– Con separati – ancorché identici – atti sono, altresì, intervenute in giudizio, ciascuna in ambedue i giudizi di legittimità costituzionale, la s.r.l. Villa Serena, la s.r.l. Dr. G. Spatocco, la s.r.l. Villa Letizia e la s.r.l. Pierangeli.
Le parti intervenienti, assumendo di essere case di cura private provvisoriamente accreditate con il servizio sanitario pubblico, affermano di essere «attinte dalle disposizioni legislative […] sospettate di incostituzionalità» avendo subito anch’esse una riduzione dei posti letto in convenzione. Da ciò fanno discendere la sussistenza di «un chiaro e qualificato interesse a partecipare al presente giudizio di legittimità costituzionale, in quanto l’auspicata declaratoria di incostituzionalità» delle disposizioni censurate, porrebbe nel nulla anche la riduzione dei posti letto da loro subita.
Sulla base di tale rilievo, rivendicano la ammissibilità del loro intervento, sebbene non siano parti dei giudizi a quibus.
4.– Analoghi argomenti sono contenuti nelle memorie illustrative depositate dalla parti intervenienti, peraltro oltre il termine di 20 giorni liberi prima della data fissata per la trattazione della questione in udienza pubblica.
Considerato in diritto
1.– Il Tribunale amministrativo regionale dell’Abruzzo, con due ordinanze aventi identico tenore, emesse nel corso di altrettanti giudizi, dubita, con riferimento agli artt. 3, 24, 41, 42, 43, 97, 113 e 117 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, della legge della Regione Abruzzo 5 aprile 2007, n. 6 (Linee guida per la redazione del piano sanitario 2007/2009 – Un sistema di garanzie per la salute – Piano di riordino della rete ospedaliera), nonché del punto 5 dell’allegato “Piano di riordino posti letto ospedalieri”.
1.1.– Con la prima di tali disposizioni, la Regione ha provveduto ad approvare, in attuazione di altra, precedente, norma di legge regionale, il “Piano di riordino dei posti letto ospedalieri” il quale, al punto 5, come detto oggetto anch’esso di impugnazione, prevede, a sua volta, la determinazione dei posti letto fruibili, nella Regione, presso le strutture sanitarie pubbliche e private accreditate. In relazione a questa decisione, la ridefinizione dei posti letto in dotazione della spedalità privata accreditata presso il Servizio sanitario prevede i seguenti criteri, enunciati al comma 10 del paragrafo 1 del predetto punto 5 (che parrebbe essere, pertanto, la specifica disposizione oggetto del dubbio di legittimità costituzionale): abbattimento sino ad un massimo del 30% «per i posti letto di riabilitazione»; «un ulteriore abbattimento pari al 15% della dotazione complessiva dei PL di lungodegenza» ed, infine, l’abbattimento sino ad un massimo del 30% dei «posti letto per acuti».
1.2.– Riscontrata la natura provvedimentale delle predette disposizioni, il rimettente dubita della legittimità costituzionale delle medesime sotto diversi profili. Afferma, infatti, il TAR dell’Abruzzo che esse sarebbero in contrasto: con gli artt. 24 e 113 della Costituzione in quanto, stante la riferita natura di legge provvedimento, la legge regionale n. 6 del 2007 impone ai destinatari dei suoi effetti non la impugnazione di un atto amministrativo ma quella, mediata attraverso l’incidente di legittimità costituzionale, della legge stessa; con l’art. 117 della Costituzione poiché, determinando la riduzione dei posti letto accreditati presso la spedalità privata, senza contribuire alla riduzione della complessiva spesa sanitaria, violerebbero i principi statali in materia, in base ai quali la «riorganizzazione del piano ospedaliero riguarda la sola spedalità pubblica»; con gli artt. 41, 42 e 43 della Costituzione poiché, a causa della predetta riduzione dei posti letto accreditati presso la spedalità privata, impedirebbe il libero esplicarsi della iniziativa economica privata secondo le logiche del mercato, imponendo, anzi, ad essa dei limiti di contenuto espropriativo in assenza di indennizzo; con gli artt. 3 e 97 della Costituzione, essendo esse viziate da eccesso di potere per ingiustizia ed irrazionalità manifeste in quanto determinerebbero la riduzione dei posti letto fruibili presso la spedalità privata in favore di quelli ascrivibili a quella pubblica, senza che siano chiariti i criteri che giustificano le scelte assunte relativamente alle singole strutture sanitarie.
2.– Disposta la riunione dei giudizi, attesa l’evidente opportunità che gli stessi, stante la uniformità delle questioni in ciascuno di essi in discussione, siano unitariamente decisi, deve, preliminarmente, essere ribadito il contenuto della ordinanza dibattimentale n. 134, pronunziata in data 6 luglio 2010, nel senso della inammissibilità dell’intervento nei giudizi incidentali di costituzionalità delle leggi e degli altri atti avente forza di legge di soggetti che non siano parti nei giudizi a quibus.
3.– La questione sollevata dal TAR dell’Abruzzo è inammissibile, riguardo all’art. 43 Cost., non fondata, riguardo agli altri.
3.1.– Ferma la indiscussa natura provvedimentale delle disposizioni censurate, rileva questa Corte, relativamente alla pretesa violazione degli artt. 24 e 113 della Costituzione, come più volta essa, chiamata a scrutinare la legittimità costituzionale di disposizioni normative aventi un contenuto non generale ed astratto ma concreto e particolare, abbia affermato che non è preclusa alla legge ordinaria, né a quella di fonte regionale, la possibilità di attrarre nella propria sfera di disciplina oggetti o materie normalmente affidati alla autorità amministrativa (sentenza n. 267 del 2007); né ciò determina un vulnus al diritto di difesa del cittadino riguardo agli effetti provvedimentali dell’atto normativo, posto che la posizione soggettiva di questo troverà la sua adeguata tutela, ovviamente non sul piano della giurisdizione amministrativa ma, tramite questa, su quello, proprio della tipologia dell’atto in ipotesi lesivo, della giurisdizione costituzionale.
Ripetutamente, infatti, questa Corte ha affermato che la legittimità delle leggi provvedimento deve essere valutata in relazione al loro specifico contenuto; esse, in specie, proprio in relazione al pericolo di ingiustificate disparità di trattamento che è insito nella adozione di disposizioni legislative di tipo particolare, sono soggette ad un controllo stretto di costituzionalità, essenzialmente sotto i profili della non arbitrarietà e della ragionevolezza, in tal modo garantendo i soggetti interessati dagli effetti dell’atto, il cui scrutinio sarà tanto più stringente quanto più marcati sono i profili provvedimentali caratteristici della legge soggetta al controllo (così, ex plurimis, sentenze n. 241 del 2008 e n. 267 del 2007).
Peraltro, si tratta di considerazioni fatte proprie dal rimettente che, contraddittoriamente, non trae da esse la conseguenza che l’uso dello strumento legislativo per l’adozione di misure di natura provvedimentale non costituisce, di per sé, violazione degli invocati parametri costituzionali.
Le censure, con riferimento ai suddetti articoli 24 e 113 della Costituzione, non sono, quindi, fondate.
3.2.– Per ciò che concerne la asserita violazione dell’art. 117 della Costituzione, deve, prima d’ogni altra considerazione, interpretarsi la laconica ordinanza di rimessione specificando l’ambito di riferimento del parametro costituzionale evocato, che è costituito dal terzo comma della detta disposizione. Più in particolare, dato che si afferma, che «la riorganizzazione del piano ospedaliero riguarda la sola spedalità pubblica» e che «la riduzione dei posti letto […] non risponde, dunque, ad alcuna logica di riduzione della spesa», il riferimento deve ritenersi rivolto alla parte in cui detto terzo comma assegna alle legislazioni concorrenti di Stato e Regioni le materie della «tutela della salute» e del «coordinamento della finanza pubblica». All’interno di tali disposizioni va a collocarsi sia la disciplina che è volta alla ridefinizione del numero dei posti letto fruibili nelle strutture di ricovero e cura accreditate col servizio sanitario, sia quella che pone quale vincolo alla potestà legislativa delle Regioni il rispetto dei principi fondamentali fissati nella legislazione statale.
3.2.1.– Ciò detto, rileva questa Corte che il rimettente ha indicato in maniera generica ed erronea i principi fondamentali in base ai quali l’esigenza di «complessiva riduzione della spesa sanitaria» dovrebbe essere soddisfatta, per ciò che concerne la «riorganizzazione del piano ospedaliero», incidendo esclusivamente su «la sola spedalità pubblica».
Non solo il dedotto principio generale viene indicato dal rimettente genericamente nell’art. 3 del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347 (Interventi urgenti in materia di spesa sanitaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, e nell’art. 2, comma 5, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), senza in alcun modo chiarire in che termini esso sarebbe stato espresso dal legislatore statale, ma viene erroneamente ed immotivatamente esclusa dai limiti operativi della ristrutturazione della rete ospedaliera di cui al comma 4 del suddetto art. 3 del decreto-legge n. 347 del 2001 la spesa della spedalità privata in regime di accreditamento, posto che anche i costi di questa, così come di quella pubblica, gravano sul servizio sanitario.
Non a caso, infatti, in sede di intesa, intervenuta in data 23 marzo 2005, ai sensi dell’art. 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), in attuazione dell’art. 1, comma 173, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, fra Stato e Regioni, queste ultime si sono impegnate ad intervenire con provvedimenti che prevedano un determinato standard di posti letto anche presso le strutture sanitarie accreditate a carico del servizio sanitario regionale.
3.2.2.– Non risultando, pertanto, il dedotto contrasto con principi fondamentali rinvenibili nella legislazione statale, la adombrata violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione deve ritenersi non fondata.
3.3.– Il rimettente deduce, altresì, il contrasto fra le disposizioni oggetto di censura e gli artt. 41, 42 e 43 della Costituzione affermando, per un verso, la illegittima compressione della libertà di iniziativa economica e, per altro verso, che siffatta compressione avrebbe una valenza sostanzialmente espropriativa in assenza di qualsivoglia forma di indennizzo.
3.3.1.– Quanto ai parametri evocati la censura è inammissibile con riferimento all’art. 43 Cost., non fondata con riferimento agli artt. 41 e 42 Cost.
3.3.2.– In particolare è inammissibile per incongruità del parametro evocato la censura articolata sulla base della asserita violazione dell’art. 43 della Costituzione. Siffatta disposizione ha, infatti, ad oggetto un fenomeno del tutto diverso da quello che concerneva la normativa impugnata, riguardando, infatti, l’eventuale ipotesi in cui, a fini generali e tramite strumenti legislativi, è riservato, ovvero è trasferito, allo Stato, ad altri enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti, l’esercizio di determinate attività imprenditoriali laddove riferite a specifici settori strategici della vita economica e sociale del Paese.
Di tutta evidenza è l’estraneità a siffatta problematica della disciplina della determinazione del numero dei posti letto accreditabili presso il servizio sanitario nelle strutture sanitarie private.
3.3.3.– Quanto alla pretesa violazione degli artt. 41 e 42 della Costituzione, la questione è priva di fondamento.
Riguardo alla asserita violazione della libertà di impresa, anche a voler prescindere dal fatto che lo stesso legislatore costituzionale ha opportunamente costruito tale libertà non come assoluta, ma l’ha subordinata al vincolo costituito dal mancato contrasto, fra l’altro, con l’utilità sociale, deve osservarsi che la disciplina in questione in realtà non comporta alcun vincolo alla iniziativa economica, in quanto non pone alcun limite quantitativo alla facoltà degli imprenditori privati di realizzare strutture sanitarie, in particolare riguardo al numero dei posti letto ivi installati.
Essa si limita, in applicazione dell’ineludibile principio di autorganizzazione della pubblica Amministrazione, a determinare quale sia il numero dei posti letto che, in base al regime dell’accreditamento, sono a carico economico del servizio sanitario pubblico.
Alla infondatezza della questione argomentata in relazione all’art. 41 della Costituzione consegue, in assenza di qualsivoglia meccanismo espropriativo, l’infondatezza anche di quella ipotizzata ai sensi dell’art. 42 della Costituzione.
3.4.– La questione non è, infine, fondata neppure là dove essa è parametrata agli artt. 3 e 97 della Costituzione.
Nessuna irragionevolezza né alcun contrasto col principio di buon andamento della pubblica Amministrazione viene, infatti, a minare la disciplina censurata nella parte in cui, al già rilevato ed evidente scopo di contenere la spesa pubblica nel settore sanitario, realizza la rideterminazione del numero dei posti letto ospedalieri fruibili nella Regione Abruzzo. La circostanza che siffatto riordino comporti una diversa incidenza della diminuzione dei posti letto fra la spedalità pubblica e quella privata non costituisce motivo di manifesta irragionevolezza della disciplina, rientrando nella sfera di discrezionalità del legislatore regionale, nel rispetto delle esigenze di funzionalità degli essenziali servizi offerti – ora non in discussione –, la modulazione degli strumenti volti al contenimento della spesa pubblica nel predetto settore.
Priva di irragionevolezza viene ad essere, nel caso di specie, la scelta adottata, ove si consideri, ad esempio, la più agevole possibilità di accesso a forme di economie di scala e la maggiore facilità del controllo che la pubblica Amministrazione incontra nel settore della sanità propriamente pubblica rispetto a quello della sanità privata accreditata.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, della legge della Regione Abruzzo 5 aprile 2007, n. 6 (Linee guida per la redazione del piano sanitario 2007/2009 – Un sistema di garanzie per la salute – Piano di riordino della rete ospedaliera), nonché del punto 5 dell’allegato “Piano di riordino posti letto ospedalieri”, sollevata dal Tribunale amministrativo regionale dell’Abruzzo, in relazione all’art. 43 della Costituzione, con le ordinanze indicate in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale delle medesime disposizioni, sollevata dal Tribunale amministrativo regionale dell’Abruzzo, in relazione agli art. 3, 24, 41, 42, 97 e 117, terzo comma, della Costituzione, con le stesse ordinanze.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 ottobre 2010.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria l'8 ottobre 2010.
Allegato: