Sentenza n. 241 del 2008

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SENTENZA N. 241

ANNO 2008

 

Commento alla decisione

di

Andrea Cardone

 

Nuovi sviluppi (rectius, ritorni al passato) sulle aree regionali protette in tema di riparto di giurisdizione tra corte costituzionale e giudice amministrativo

 

(per gentile concessione del Forum dei Quaderni Costituzionali)

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                    BILE                      Presidente

- Giovanni Maria       FLICK                     Giudice

- Francesco               AMIRANTE                   "

- Ugo                        DE SIERVO                   "

- Paolo                      MADDALENA               "

- Alfio                      FINOCCHIARO             "

- Alfonso                  QUARANTA                  "

- Franco                    GALLO                          "

- Luigi                      MAZZELLA                   "

- Gaetano                  SILVESTRI                    "

- Sabino                    CASSESE                      "

- Maria Rita              SAULLE                        "

- Giuseppe                TESAURO                     "

- Paolo Maria            NAPOLITANO               "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1 e seguenti della legge regionale della Puglia 10 luglio 2006, n. 20 (Istituzione del Parco naturale regionale "Isola di S. Andrea e litorale di Punta Pizzo”), degli artt. 1 e seguenti della legge regionale della Puglia 28 maggio 2007, n. 13 (Istituzione del Parco naturale regionale "Litorale di Ugento”), e degli artt. 1 e seguenti della  legge regionale della Puglia  26 ottobre 2006, n. 30 (Istituzione del Parco naturale regionale "Costa di Otranto – Santa Maria di Leuca e Bosco di Tricase”), promossi con ordinanze del 12 gennaio (nn. 8 ordinanze), del 27 giugno (nn. 3 ordinanze), del 28 settembre (nn. 5 ordinanze) 2007 dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, rispettivamente iscritte ai nn. da 436 a 443, da 697 a 699 e da 807 a 811 del registro ordinanze 2007 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 24, 40 e 50, prima serie speciale, dell’anno 2007.

Visti gli atti di costituzione della Torre Pizzo Investimenti s.r.l. ed altri, del Comune di Gallipoli, di Lupo Gregorio ed altri, del Comune di Ugento, della Provincia di Lecce, di Benegiamo Laura ed altri, del Comune di Gagliano del Capo, del Comune di Tricase nonché della Regione Puglia;

udito nell’udienza pubblica del 20 maggio 2008 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;

uditi gli avvocati Gianluigi Pellegrino per la Torre Pizzo Investimenti s.r.l. ed altri, per Lupo Gregorio ed altri e per Benegiamo Laura ed altri, Ernesto Sticchi Damiani, Luigi Paccione e Fulvio Mastroviti per la Regione Puglia e Pietro Quinto per i Comuni di Gallipoli, Ugento e Gagliano del Capo.

Ritenuto in fatto

1. – Con otto ordinanze, tutte del medesimo tenore, il Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e seguenti della legge regionale della Puglia 10 luglio 2006, n. 20 (Istituzione del Parco naturale regionale "Isola di S. Andrea e litorale di Punta Pizzo”).

1.1. – Il rimettente, dopo aver premesso che i giudizi a quibus, tutti introdotti da soggetti titolari di diritti su beni immobili ubicati in zone comprese nel perimetro del Parco, hanno ad oggetto atti del procedimento amministrativo finalizzato alla istituzione del Parco (in particolare, il verbale della conferenza dei servizi tenutasi – ai sensi del comma 5 dell’art. 6 della legge regionale 24 luglio 1997, n. 19, recante «Norme per l’istituzione delle aree naturali protette nella Regione Puglia» – in data 15 maggio 2006, nonché tutti gli atti preparatori e consequenziali), osserva che i giudizi medesimi dovrebbero essere dichiarati improcedibili, essendo stata, medio tempore, approvata, promulgata ed entrata in vigore la legge regionale n. 20 del 2006, istitutiva del Parco naturale in questione.

Fa infatti presente che, sopravvenuta la legge-provvedimento, il sindacato del giudice amministrativo trova un limite insormontabile nell’avvenuta legificazione del preesistente provvedimento amministrativo.

Tale fenomeno, prosegue il rimettente, non comporta, peraltro, il sacrificio degli interessi dei cittadini, trasferendosi la tutela di questi dal piano della giurisdizione amministrativa a quello della giustizia costituzionale.

Esaminando, perciò, le eccezioni di legittimità costituzionale avanzate dalle parti private ricorrenti, il TAR rimettente ritiene non rilevante quella avente ad oggetto gli artt. 6 e 8 della legge regionale n. 19 del 1997. Ciò in quanto le misure di salvaguardia ivi previste hanno cessato di avere efficacia all’atto dell’approvazione della successiva legge regionale n. 20 del 2006.

1.2. – Il rimettente ritiene, invece, che sia rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale di tale ultima legge regionale.

Questa sarebbe, infatti, irragionevole poiché «la stessa non avrebbe tenuto conto del mancato rispetto delle regole dettate [dal suddetto] T.A.R. (nelle sentenze nn° 1184, 1185, 1186 e 1187/2006) in relazione alla fase del propedeutico procedimento amministrativo, in particolare per ciò che attiene al (corretto) contraddittorio con gli interessati».

  Riguardo alla rilevanza della questione, il rimettente richiama la problematica connessa alla garanzia giurisdizionale in caso di legge-provvedimento di approvazione, connotata quest’ultima sia dal vincolo funzionale che la lega a precedenti provvedimenti amministrativi, sia dal concorso della volontà legislativa con quella amministrativa nella definizione del contenuto dispositivo sostanziale, contenuto in cui confluiscono gli atti amministrativi assorbiti nell’atto legislativo, di cui acquistano valore e forza.

Pertanto, aggiunge il rimettente, per un verso l’incidente di costituzionalità è l’unico strumento di tutela nei confronti dei provvedimenti amministrativi impugnati e assorbiti dalla legge regionale, per altro verso, solo ove la legge censurata fosse dichiarata incostituzionale, i giudizi a quibus non sarebbero improcedibili.

Quanto alla non manifesta infondatezza, il rimettente premette che, riguardo alle leggi-provvedimento, il riconoscimento in capo al legislatore di un vasto ambito di discrezionalità deve essere bilanciato tramite la loro sottoposizione ad un controllo di costituzionalità – tanto più rigoroso quanto più marcata è la natura provvedimentale dell’atto – sotto il profilo della non arbitrarietà e ragionevolezza; controllo che investe anche gli atti amministrativi che sono il presupposto di quello legislativo.

Sulle base di queste premesse, il TAR della Puglia, sezione staccata di Lecce, ritiene che la legge regionale n. 20 del 2006 sia in contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione in quanto il Consiglio regionale, nell’approvarla, non avrebbe tenuto conto del mancato rispetto delle regole dettate dallo stesso TAR, con le quattro sentenze prima ricordate, in relazione alla fase del procedimento amministrativo propedeutico alla adozione degli atti legislativi.

Ciò si sarebbe verificato sia riguardo alla non corretta attivazione del «contraddittorio con gli interessati» sia riguardo al mancato rispetto del carattere «necessariamente decisorio della conferenza dei servizi di cui all’art. 6, quinto comma, della legge regionale pugliese 24 luglio 1997, n. 19».

Infatti, da una parte la conferenza dei servizi del 15 maggio 2006 sarebbe stata convocata prima della scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni da parte degli interessati, osservazioni che, peraltro, anche ove presentate, non avrebbero avuto risposta in sede amministrativa; e, dall’altra parte, non si sarebbe raggiunta la unanimità dei consensi delle amministrazioni coinvolte nella conferenza dei servizi, avendo la Amministrazione provinciale di Lecce espresso "parere favorevole” a condizione che fosse operata una rettifica della perimetrazione del Parco.

1.3. – Si sono costituite nei giudizi di legittimità costituzionale numerose parti private: l’uniformità delle difese svolte consente che esse siano unitariamente illustrate.

Preliminarmente, richiamati i principi espressi dalla Corte costituzionale con le sentenze n. 225 e n. 226 del 1999, è stata eccepita la inammissibilità della questione per difetto di rilevanza.

Affermano, infatti, le parti private  che in ipotesi come quelle oggetto dei giudizi a quibus, poiché la legge-provvedimento emanata non rientra nel "tipo” che esse definiscono «in sanatoria o approvazione» avendo invece questa un ruolo di «copertura politica e di istituzione (e quindi di integrazione di efficacia)» rispetto alle determinazioni assunte in sede amministrativa, gli atti precedentemente emanati non sono da quella sostituiti e, quindi, non risulterebbe sottratta al giudice amministrativo la verifica delle denunciate violazioni delle regole procedimentali.

Di conseguenza, stante la procedibilità dei ricorsi a quibus, ne deriverebbe la inammissibilità per difetto di rilevanza dell’incidente di costituzionalità.

Quanto al merito, la difesa delle parti private, sostanzialmente associandosi ai rilievi del rimettente, conclude per la fondatezza della questione.

1.4. – Si è altresì costituita nei giudizi di costituzionalità la Regione Puglia: anche in questo caso la identità delle argomentazioni, svolte nei vari giudizi, ne giustifica la unitaria illustrazione.

La difesa della Regione deduce in via preliminare la inammissibilità della questione sotto il profilo della carenza di motivazione sia sulla rilevanza che sulla non manifesta infondatezza.

Secondo la suddetta difesa, infatti, sebbene il rimettente deduca la violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, non sarebbe poi dato rinvenire nelle ordinanze di rimessione alcuno specifico e puntuale  riferimento alla violazione dei principi di eguaglianza e a quello di buon andamento dell’azione amministrativa.

Ad avviso della Regione la questione di legittimità sarebbe, altresì, inammissibile in quanto il rimettente non avrebbe precisato in qual modo, da una parte, l’istituzione dell’area naturale protetta avrebbe leso i ricorrenti nei giudizi a quibus e come, invece, l’eventuale rispetto dei parametri di costituzionalità, di cui si afferma la violazione, avrebbe, invece, evitato la lesione dei loro interessi.

Un ulteriore motivo di inammissibilità della questione sarebbe, ad avviso della Regione, rinvenibile nel difetto di interesse dei ricorrenti.

Infatti, anche nell’ipotesi in cui la legge regionale censurata dovesse essere dichiarata incostituzionale, costoro non ne trarrebbero alcun sostanziale beneficio, non potendo, comunque, avviare sui loro terreni attività incompatibili con la conservazione dell’area protetta, in quanto l’eventuale caducazione della legge avrebbe l’effetto di dare nuovo vigore alle misure di salvaguardia edilizie previste dagli artt. 6 e 8 della legge regionale n. 19 del 1997.

Quanto al merito, la Regione ritiene l’incidente di costituzionalità infondato, non essendoci stata, da parte del Consiglio regionale, alcuna violazione procedimentale nella fase anteriore alla approvazione della legge regionale censurata.

1.5. – Anche il Comune di Gallipoli, già parte nei giudizi a quibus, si è costituito di fronte alla Corte costituzionale.

Per la difesa di tale ente territoriale la complessa questione di costituzionalità è inammissibile e, comunque, infondata.

Quanto alla inammissibilità, il costituito Comune riscontra una carenza di motivazione sia riguardo alla rilevanza che alla non manifesta infondatezza della questione, eccependo, altresì, l’erronea indicazione dei parametri costituzionali.

Osserva, infatti, che non è dato arguire dalla lettura delle ordinanze né in che modo sia stato leso il principio di uguaglianza dalla adozione dell’atto legislativo censurato né quali lesioni abbiano sofferto i ricorrenti dallo svolgimento del procedimento amministrativo.

Il Comune di Gallipoli aggiunge che, comunque, va esclusa la possibilità di riscontrare la violazione dell’art. 97 della Costituzione, essendo tale disposizione volta a regolare il corretto svolgimento della attività dei pubblici uffici e non quella normativa.

Precisa, infine, la medesima parte, sempre riguardo alla rilevanza della questione, che anche l’eventuale declaratoria di incostituzionalità della legge censurata non farebbe conseguire ai ricorrenti alcun utile risultato, permanendo sull’area del Parco la vigenza delle misure di salvaguardia di cui agli artt. 6 e 8 della legge regionale n. 19 del 1997.

Riguardo al merito, la infondatezza della questione è fatta discendere dalla dedotta assenza di vizi nel procedimento amministrativo prodromico alla adozione della legge regionale censurata.

2. – Con altre tre ordinanze lo stesso Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, ha sollevato, in riferimento ai medesimi parametri dianzi indicati, questione di legittimità costituzionale della legge regionale della Puglia 28 maggio 2007, n. 13 (Istituzione del Parco naturale regionale "Litorale di Ugento”).

2.1. – Anche in questo caso il giudice rimettente, avendo premesso che i ricorsi, depositati a cura di soggetti proprietari di beni immobili siti in zona interessata dalla istituzione del Parco naturale, hanno ad oggetto il verbale della conferenza dei servizi del 24 novembre 2006 inerente la istituzione del Parco naturale in questione, nonché ogni altro atto connesso relativo al procedimento per la predetta istituzione, precisa che la legge regionale pugliese n. 19 del 1997 ha previsto per la istituzione delle aree naturali protette di interesse regionale un articolato procedimento, suddiviso in due fasi da svolgersi in sequenza: l’una, di natura amministrativa, diretta a «realizzare la partecipazione ed il concorso dei soggetti pubblici e privati portatori dei molteplici interessi coinvolti», l’altra, di carattere legislativo, che inizia con la presentazione al Consiglio regionale, da parte della Giunta, dello schema definitivo di disegno di  legge per l’approvazione della legge-provvedimento.         

   Tale duplicità risulta conservata, chiarisce il rimettente, anche a seguito della intervenuta modifica dell’art. 6 della legge regionale n. 19 del 1997, realizzata tramite l’art. 22 della legge regionale 19 luglio 2006, n. 22 (Assestamento e prima variazione al bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2006), la quale, prescrivendo la pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione Puglia dello schema di disegno di legge, richiede, se correttamente interpretata, che dopo questo adempimento si tenga un’ulteriore conferenza dei servizi, per la valutazione degli «apporti partecipativi» conseguenti a tale pubblicazione.

Tanto premesso, il TAR rimettente osserva che gli originari ricorsi dovrebbero essere dichiarati improcedibili poiché, durante il giudizio, è stata approvata, promulgata ed è entrata in vigore la legge regionale n. 13 del 2007, istitutiva del ricordato Parco naturale. Infatti, sopravvenuta la legge-provvedimento, il sindacato del giudice amministrativo trova un limite insormontabile nell’avvenuta legificazione del preesistente provvedimento amministrativo.

Tale fenomeno non comporta, peraltro, il sacrificio degli interessi dei cittadini, trasferendosi la tutela di questi dal piano della giurisdizione amministrativa a quello della giustizia costituzionale.

2.2. – Esaminando, perciò, le eccezioni di legittimità costituzionale sollecitate dalle parti private ricorrenti, il TAR rimettente ritiene che sia rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della legge regionale n. 13 del 2007.

Questa sarebbe, infatti, irragionevole poiché «la stessa non ha tenuto conto del mancato rispetto delle regole dettate [dal suddetto] T.A.R. (nelle sentenze nn° 1184, 1185, 1186 e 1187/2006) in relazione alla fase del propedeutico procedimento amministrativo, in particolare per ciò che attiene al (corretto) contraddittorio con gli interessati».

  Riguardo alla rilevanza della questione il rimettente richiama la problematica connessa alla garanzia giurisdizionale in caso di legge-provvedimento di approvazione, connotata sia dal vincolo funzionale che lega questa a precedenti provvedimenti amministrativi, sia dal concorso della volontà legislativa con quella amministrativa nella definizione del contenuto dispositivo sostanziale, contenuto in cui confluiscono gli atti amministrativi assorbiti nell’atto legislativo, di cui acquistano valore e forza.

Pertanto, aggiunge il rimettente, per un verso l’incidente di costituzionalità è l’unico strumento di tutela nei confronti dei provvedimenti amministrativi impugnati e assorbiti dalla legge regionale, per altro verso, solo ove la legge censurata fosse dichiarata incostituzionale, i giudizi a quibus non sarebbero improcedibili.

Quanto alla non manifesta infondatezza, il rimettente premette che, riguardo alle leggi-provvedimento, il riconoscimento in capo al legislatore di un vasto ambito di discrezionalità deve essere bilanciato tramite la sua sottoposizione ad un controllo di costituzionalità – tanto più rigoroso quanto più marcata è la natura provvedimentale dell’atto – sotto il profilo della non arbitrarietà e ragionevolezza; controllo che investe anche gli atti amministrativi che sono il presupposto di quello legislativo.

Sulla base di queste premesse, il TAR della Puglia, sezione staccata di Lecce, ritiene che la legge regionale n. 13 del 2007 sia in contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione in quanto il Consiglio regionale, nell’approvarla, non avrebbe tenuto conto del mancato rispetto delle regole dettate dallo stesso TAR, con le quattro sentenze prima ricordate, in relazione alla fase del procedimento amministrativo propedeutico alla adozione degli atti legislativi.

Ciò si sarebbe verificato riguardo alla non corretta attivazione del «contraddittorio con gli interessati», in quanto, ad avviso del rimettente, non sarebbe stata data adeguata pubblicità a tale fase del procedimento onde consentire ai soggetti interessati di partecipare ad esso. In particolare non sarebbe stato chiarito che, prima della convocazione della conferenza dei servizi del 24 novembre 2006, vi era la possibilità per gli interessati di formulare le loro osservazioni né il termine entro cui queste dovevano essere presentate.

2.3. – Anche nei giudizi di legittimità costituzionale originati dalla tre ordinanze ora riferite si sono costituite in giudizio diverse parti private, nelle cui difese, fra loro identiche, si riportano integralmente gli argomenti, che qui si intendono richiamati, già svolti dalle parti private costituitesi nei precedenti giudizi.

2.4. – Si è, altresì, costituita la Regione Puglia, concludendo, in via preliminare, per la inammissibilità e, nel merito, per l’infondatezza della questione.

Per la difesa regionale, infatti, la questione sarebbe inammissibile per difetto di motivazione in quanto nelle ordinanze con la quali è stata sollevata la questione non si rinviene alcun riferimento a violazioni da parte delle disposizioni regionali censurate sia dell’art. 97 che dell’art. 3 della Costituzione: il richiamo alle norme costituzionali sarebbe svolto, difatti, con estrema genericità senza alcuna analisi «dei profili di rilevanza costituzionali sollevati».

Aggiunge la medesima difesa che la questione sarebbe anche inammissibile per difetto di rilevanza in quanto, essendo stati i provvedimenti impugnati emanati in base a disposizioni legislative, non oggetto di autonome censure, che non prevedono la partecipazione dei cittadini interessati alla fase amministrativa della procedura, anche se le norme censurate dovessero essere dichiarate incostituzionali, la amministrazione dovrebbe adottare nuovamente gli atti impugnati reiterandone i medesimi contenuti.

Quanto al merito della questione, la Regione Puglia contesta la sussistenza di qualsivoglia vizio procedimentale nella fase a monte della adozione della legge censurata, in particolare osservando come, a mente di quanto previsto dall’art. 13 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e diritto di accesso ai documenti amministrativi), in caso di atti generali di pianificazione e programmazione territoriale (ambito nel quale sono compresi quelli aventi ad oggetto la istituzione di Parchi naturali), sono derogate le disposizioni contenute nella medesima legge in tema di partecipazione degli interessati al procedimento, essendo, viceversa, a tale fine applicabili le particolari discipline di settore, discipline che, aggiunge la Regione, sono state nel caso di specie rispettate.

Escluso, pertanto, il vizio presupposto, risulterebbe in tal modo l’infondatezza delle censure formulate dal rimettente quanto alla violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione.

2.5. – Si è costituita nei tre giudizi relativi alla legge regionale n. 13 del 2007 la Provincia di Lecce, la quale ha preliminarmente eccepito la inammissibilità della questione per difetto di rilevanza sulla scorta di quanto affermato dalla Corte costituzionale nelle già menzionate sentenze n. 225 e n. 226 del 1999: potendo, infatti, i giudizi a quibus essere definiti indipendentemente dalla risoluzione del quesito sottoposto alla Corte, la relativa questione sarebbe inammissibile.

La difesa provinciale contesta, altresì, la ammissibilità della questione in quanto il rimettente non avrebbe indicato con precisione quali disposizioni della legge regionale si assumono essere costituzionalmente illegittime. Il rimettente, infatti, avendo utilizzato la locuzione «artt. 1 e seguenti della legge regionale pugliese 28 maggio 2007, n. 13», usa un’espressione del tutto generica che fa identificare, in definitiva, la censura col testo della intera legge.

Altro profilo di inammissibilità concerne il vizio della motivazione sulla non manifesta infondatezza, non essendo sul punto le argomentazioni del rimettente sostenute da un adeguato corredo motivazionale sia per ciò che concerne l’asserita violazione dell’art. 3 della Costituzione sia per ciò che riguarda la violazione dell’art. 97 della medesima.        

Anche la difesa della Provincia di Lecce ritiene che la questione sarebbe comunque priva di rilevanza, poiché il suo accoglimento non recherebbe alcun concreto vantaggio ai ricorrenti, stanti le misure di salvaguardia previste dagli artt. 6 e 8 della legge regionale n. 19 del 1997, le quali inibiscono qualsiasi trasformazione del territorio.

Nel merito, infine, la questione sarebbe infondata, attesa la legittimità della fase amministrativa del procedimento, la quale si è svolta nel rispetto dei principi fissati sia dalla legge n. 394 del 1991 che dalla legge regionale n. 19 del 1997, che non prevedono la partecipazione dei privati alla conferenza dei servizi.

2.6. – Si è, infine, costituito nei giudizi di fronte alla Corte relativi alle tre ordinanze in questione anche il Comune di Ugento, concludendo per l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza della questione. 

Quanto alla prima, essa sarebbe motivata dalla circostanza che il rimettente non avrebbe chiarito in quale modo dal difetto di partecipazione degli interessati al procedimento amministrativo sarebbe scaturita una violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione da parte della successiva legge regionale n. 13 del 2007.

Ulteriore profilo di inammissibilità deriverebbe dal difetto di rilevanza della questione di legittimità costituzionale rispetto alla decisione da assumere nei giudizi a quibus. Infatti, al di là del dedotto vizio formale, il rimettente non avrebbe indicato alcuna lesione sostanziale alla posizione dei ricorrenti in tali giudizi che possa essere sanata attraverso l’eventuale declaratoria di incostituzionalità della legge censurata: peraltro tale declaratoria non comporterebbe alcun concreto risultato in favore di costoro, attesa la persistenza delle misure di salvaguardia dettate dagli artt. 6 e 8 della legge regionale n. 19 del 1997 in forza delle quali è, comunque, preclusa ogni attività di trasformazione del territorio.

Quanto alla infondatezza della questione, il Comune di Ugento la fa derivare dalla insussistenza dei vizi procedimentali lamentati dal rimettente: in particolare si rileva che, data la tipologia del provvedimento da assumere, volto alla istituzione di un’area naturale protetta, non vi era alcuna necessità di coinvolgere in esso i proprietari dei terreni inclusi nel perimetro dell’area stessa.

La insussistenza del vizio procedimentale escluderebbe la sussistenza del vizio di costituzionalità.

3. – Con altre cinque ordinanze, tutte del medesimo tenore, il Tribunale amministrativo ragionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, dubita, con riferimento sempre agli artt. 3 e 97 della Costituzione, della legittimità costituzionale degli artt. 1 e seguenti della  legge regionale 26 ottobre 2006, n. 30 (Istituzione del Parco naturale regionale "Costa di Otranto – Santa Maria di Leuca e Bosco di Tricase”).

I giudizi  a quibus, introdotti da soggetti titolari di diritti in aree ubicate all’interno del perimetro dell’istituito Parco naturale, hanno ad oggetto il verbale, (mai comunicato e mai pubblicato, secondo quanto viene precisato) della conferenza dei servizi tenutasi ai sensi dell’art. 6, comma 5, della legge regionale n. 19 del 1997 al fine della istituzione del Parco naturale di cui alla legge censurata, nonché la presupposta determinazione (anch’essa, si precisa, mai pubblicata e mai comunicata), assunta dalla Giunta regionale ai sensi dell’art. 6, comma 3, della citata legge regionale n. 19 del 1997, e, infine, ogni altro atto connesso, consequenziale e presupposto.

Essendo la motivazione delle ordinanze di rimessione identica a quella delle ordinanze con le quali è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale della legge regionale della Puglia n. 13 del 2007, si rinvia, quanto alla illustrazione di essa, a quanto già riportato riguardo a tali altre ordinanze di rimessione.    

3.1. – Si sono costituite nei giudizi incidentali di legittimità costituzionale di fronte a questa Corte numerose parti private, già ricorrenti nei giudizi  a quibus.

Anche in questo caso il tenore degli atti di costituzione è il medesimo delle comparse depositate dalle parti private costituitesi nei giudizi di legittimità costituzionale aventi ad oggetto la legge regionale n. 13 del 2007: pertanto si rinvia a quanto già riportato relativamente a tali atti.

3.2. – Si è costituita, nei giudizi relativi alla legge regionale n. 30 del 2006, la Regione Puglia, concludendo per la inammissibilità o, comunque, per la infondatezza della questione di legittimità costituzionale.

In particolare la difesa regionale, negata la natura di legge-provvedimento relativamente alla legge censurata, non trattandosi di norma con la quale viene sussunto a rango legislativo un preesistente provvedimento amministrativo e affermato il difetto di giurisdizione del rimettente in merito ai giudizi a quibus, deduce di conseguenza la mancanza di rilevanza della questione di legittimità costituzionale.

3.3. – Si è, altresì, costituita la Provincia di Lecce, svolgendo le medesime argomentazioni già dedotte in occasione della precedente costituzione in giudizio e rassegnando le medesime conclusioni.

Si rinvia, pertanto, a quanto in precedenza già riferito in merito ad esse.

3.4. – Si è costituito nei giudizi di legittimità costituzionale il Comune di Gagliano del Capo.

Poiché gli atti di costituzione in giudizio hanno lo stesso contenuto degli atti con i quali si era costituito il Comune di Ugento nei giudizi aventi ad oggetto la legge regionale n. 13 del 2007, si rinvia a quanto a tale riguardo riportato.

3.5. – Si è, infine, costituito anche il Comune di Tricase, concludendo per l’inammissibilità o l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale della legge regionale n. 30 del 2006.

  Viene, preliminarmente, eccepita la inammissibilità della questione di legittimità costituzionale in quanto in essa difetterebbe il requisito della incidentalità nei giudizi a quibus, posto che, come riferisce il rimettente, l’incidente di costituzionalità sarebbe «l’unico strumento processuale a disposizione dei ricorrenti per tutelare le loro posizioni soggettive nei confronti degli impugnati provvedimenti amministrativi, assorbiti dalla legge regionale». In altre parole, secondo la difesa del Comune di Tricase, «il bene della vita per conseguire il quale è stato instaurato il giudizio principale, risulta […] conseguibile, nella prospettiva dell’ordinanza, unicamente e direttamente attraverso quello principale».

Ulteriore motivo di inammissibilità delle ordinanze viene individuato dalla riportata difesa nel fatto che, poiché il rimettente afferma che, solo nell’ipotesi in cui la questione di legittimità costituzionale fosse accolta, i ricorsi principali non sarebbero destinati ad una pronunzia di inammissibilità, egli, implicitamente, affermerebbe di essere, fino al momento dell’accoglimento della questione di costituzionalità «sostanzialmente privo o carente di giurisdizione»: da ciò tale difesa fa discendere la attuale carenza di legittimazione del TAR della Puglia a sollevare la questione in oggetto.

Riguardo al merito della questione, il concludente Comune ritiene che non troverebbe alcun fondamento la tesi, attribuita al rimettente, secondo la quale la attività legislativa, per essere svolta secondo ragionevolezza, deve conformarsi al rispetto dei giudicati amministrativi. Ciò tanto più ove il denunciato vizio attiene, nel caso di legge-provvedimento, al mancato rispetto di regole procedimentali, riferite alla fase amministrativa del complesso procedimento, enunciate dal giudice amministrativo alla stregua di una legge ordinaria.

4. – Nell’imminenza della udienza pubblica molte delle parti costituite hanno depositato memorie illustrative.

4.1. – Con riferimento ai giudizi relativi alla legittimità costituzionale della legge regionale n. 20 del 2006, la Regione Puglia insiste nella eccezione di inammissibilità della questione stante la sua irrilevanza nei giudizi a quibus, legata al difetto assoluto di giurisdizione del rimettente.

In particolare, la Regione, confermate le eccezioni di inammissibilità per difetto di motivazione delle ordinanze di rimessione e per difetto di interesse degli originari ricorrenti, richiama la recente ordinanza 1° febbraio 2008, n. 2439, delle Sezioni unite civili della Corte di cassazione, con la quale tale giudice, adito in sede di regolamento preventivo di giurisdizione, ha affermato, in relazione alla impugnazione di fronte al TAR della Puglia di taluni atti relativi al procedimento – analogo a quelli che hanno condotto alla adozione delle tre leggi regionali ora allo scrutinio della Corte – che ha portato alla emanazione della legge regionale della Puglia 20 dicembre 2005, n. 18 (Istituzione del Parco naturale regionale "Terra delle gravine”), il difetto assoluto di giurisdizione, non spettando ad alcun giudice il sindacato su atti facenti parte dell’iter formativo di una legge regionale.

Osserva pertanto la difesa regionale che, avendo i giudizi a quibus ad oggetto l’impugnativa di atti del procedimento da cui è scaturita la legge regionale n. 20 del 2006, emergerebbe il difetto di giurisdizione del rimettente, non spettando ad alcun giudice il sindacato sugli atti del detto procedimento, con la conseguente inammissibilità, per difetto di rilevanza, delle questioni di legittimità costituzionale da lui sollevate.

Quanto al merito, ribadita la insussistenza di vizi procedimentali nell’iter formativo della legge, esclude la fondatezza delle questioni.

4.2. – Nella memoria illustrativa depositata dall’unica difesa delle numerose parti private costituitesi, si prende in particolare posizione in ordine alla prospettata tesi dell’inammissibilità delle questioni, stante la carenza di giurisdizione del rimettente.

Ad avviso di tale difesa il richiamo alla citata ordinanza della Corte di cassazione n. 2439 del 2008 non sarebbe pertinente in quanto, nel caso oggetto di tale decisione erano impugnati di fronte al giudice amministrativo solo atti riferibili al procedimento legislativo di istituzione di un Parco naturale mentre, nelle ipotesi ora in esame, oggetto di impugnazione sono atti amministrativi – i verbali delle conferenze dei servizi previste dalla legge regionale n. 19 del 1997 – di tal che andrebbe esclusa la carenza di giurisdizione del rimettente.

Nel merito, la memoria si riporta alle difese già svolte.

4.3. – Ha depositato memoria illustrativa anche il Comune di Gallipoli, contestando, sulla scorta di quanto sostenuto dalla Corte di cassazione nella ordinanza n. 2439 del 2008, la ammissibilità  della questione.

5. – La Regione Puglia, nell’ambito dei giudizi di legittimità costituzionale della legge regionale n. 13 del 2007, ha depositato altra memoria illustrativa nella quale contesta, per un verso, la definibilità della questione sulla base dei precedenti costituiti dalle sentenze n. 225 e n. 226  del 1999 di questa Corte, mentre, per altro verso, eccepisce la inammissibilità della questione alla luce di quanto statuito dalla Corte di cassazione con la ordinanza n. 2439 del 2008.

La Regione, confermate, per il resto, le precedenti difese, ribadisce l’inammissibilità della questione per non avere il rimettente censurato anche la legge regionale n. 19 del 1997 che regola il procedimento per l’istituzione delle aree naturali protette. Tale omissione, secondo la difesa regionale, avrebbe la paradossale conseguenza che, anche ove la questione sollevata fosse accolta, la Regione dovrebbe emanare altra legge in base allo stesso procedimento che avrebbe determinato l’incostituzionalità ora denunciata.

  5.1. – Ha depositato memoria illustrativa anche il Comune di Ugento: essa riporta gli stessi argomenti già contenuti nella memoria del Comune di Gallipoli, che, pertanto, qui si richiamano.

6. – Relativamente ai giudizi di legittimità costituzionale aventi ad oggetto la legge regionale n. 30 del 2006 hanno depositato memoria illustrativa sia la Regione Puglia che il Comune di Gagliano del Capo.

La Regione ha eccepito la inammissibilità della questione stante la carenza di giurisdizione del TAR rimettente, secondo i rilievi della ordinanza n. 2439 del 2008 della Corte di cassazione.

Il Comune sopraindicato ha, a sua volta, reiterato i temi difensivi già illustrati dai Comuni di Gallipoli e di Ugento. 

 Considerato in diritto

1. – Il Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, dubita, con riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, della legittimità costituzionale di tre leggi della Regione Puglia: cioè della legge regionale 10 luglio 2006, n. 20 (Istituzione del Parco naturale regionale "Isola di S. Andrea e litorale di Punta Pizzo”), della legge regionale 28 maggio 2007, n. 13 (Istituzione del Parco naturale regionale "Litorale di Ugento”), e della  legge regionale 26 ottobre 2006, n. 30 (Istituzione del Parco naturale regionale "Costa di Otranto – Santa Maria di Leuca e Bosco di Tricase”).

In particolare, il giudice amministrativo territoriale pugliese ha sollevato questione di legittimità costituzionale:

 della legge regionale n. 20 del 2006, con otto ordinanze depositate, nel corso di altrettanti giudizi, in data 12 gennaio 2007;

della legge regionale n. 13 del 2007, con tre ordinanze depositate, nel corso di altrettanti giudizi, in data 27 giugno 2007;

della legge regionale n. 30 del 2006, con cinque ordinanze depositate, nel corso di altrettanti giudizi, in data 28 settembre 2007.

Tenuto conto, pur nella formale diversità dei testi normativi censurati, della sostanziale identità degli argomenti sviluppati dal rimettente nelle sedici ordinanze di rimessione a sostegno delle dedotte questioni di legittimità costituzionale, i relativi giudizi possono essere riuniti per essere unitariamente decisi.

   2. – Infatti il TAR salentino, essendo stati impugnati, da numerosi soggetti titolari di diritti su beni immobili ricadenti in zone ubicate all’interno del territorio dei Parchi naturali istituiti con le tre leggi censurate, atti pertinenti al procedimento amministrativo prodromico alla adozione degli atti legislativi in discorso, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dei medesimi affermandone il contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione, in quanto essi sarebbero viziati da irragionevolezza e sarebbero lesivi del principio di buona amministrazione. Infatti essi sarebbero stati approvati da parte del Consiglio regionale pugliese senza che si fosse adeguatamente tenuto conto di quanto, in precedenza, stabilito dal medesimo TAR, con taluni provvedimenti giurisdizionali, in merito alle modalità di attivazione, nel corso delle fasi amministrative rispettivamente preordinate alla istituzione dei singoli Parchi naturali, del contraddittorio con i soggetti interessati. Limitatamente alla censura riguardante la legge regionale n. 20 del 2006, il Consiglio regionale non avrebbe, altresì, tenuto conto della circostanza che, in sede di conferenza dei servizi, non sarebbe stata raggiunta la unanimità dei partecipanti in ordine alla perimetrazione del Parco naturale con tale legge istituito.

3. – Onde meglio esporre le ragioni della presente decisione e comprendere le ragioni delle doglianze del rimettente, pare preliminarmente opportuno premettere una, sia pur schematica, disamina della disciplina regionale pugliese in tema di istituzioni di parchi naturali.

3.1. – Emanata in conformità ai principi contenuti nella legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette),  la legge regionale  24 luglio 1997, n. 19 (Norme per la istituzione delle aree naturali protette nella Regione Puglia), nel dettare le regole del procedimento preordinato alla istituzione, per legge regionale, di parchi e aree naturali protette, prevedeva, nella sua originaria formulazione, all’art. 6, che nei trenta giorni successivi alla entrata in vigore della legge stessa – ovvero nei trenta giorni successivi alla dichiarazione di ammissibilità della proposta di legge di iniziativa popolare volta alla istituzione di un’area naturale protetta – il Presidente della Giunta regionale dovesse convocare le "preconferenze” dei servizi finalizzate alla individuazione di linee guida per la redazione dei documenti di indirizzo, come previste dall’art. 22, comma 1, della legge n. 394 del 1991. I lavori di tali "preconferenze”, ai quali erano chiamati a partecipare le amministrazioni interessate, i Consorzi di bonifica  e le organizzazioni agricole, imprenditoriali e ambientaliste, dovevano concludersi entro trenta giorni dalla loro convocazione.

Nei successivi trenta giorni era adottato, a cura della Giunta regionale, alla luce dei documenti di indirizzo scaturiti all’esito delle citate "preconferenze”, lo schema di disegno di legge nel quale erano, fra l’altro, precisate la descrizione dei luoghi e la loro perimetrazione, e venivano individuate le misure provvisorie di salvaguardia, il regime vincolistico e gli eventuali indennizzi. Tale schema di disegno di legge era, nei successivi trenta giorni, portato a conoscenza degli enti territoriali interessati, mentre negli ulteriori sessanta giorni erano convocate, dal Presidente della Giunta, le conferenze dei servizi aventi le finalità di cui agli artt. 22 della citata legge n. 394 del 1991, 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142 (Ordinamento delle autonomie locali) [disposizione questa, peraltro, abrogata e sostituita dagli artt. 112 e 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali)], e 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e diritto di accesso ai documenti amministrativi).

Conclusasi anche questa fase, nei seguenti sessanta giorni era adottato dalla Giunta il «provvedimento definitivo», che doveva essere inviato al Consiglio regionale per l’approvazione della legge istitutiva del Parco.

Tale modello procedimentale è stato, peraltro, oggetto di revisione da parte del legislatore regionale pugliese proprio successivamente alla emissione da parte del TAR dei provvedimenti giurisdizionali della cui mancata osservanza da parte del medesimo legislatore, in occasione della adozione delle tre leggi regionali censurate, tale organo giurisdizionale si duole.

Infatti, con l’art. 30 della legge regionale 19 luglio 2006, n. 22 (Assestamento e prima variazione al bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2006), il testo del richiamato art. 6 della legge regionale n. 19 del 1997 è stato modificato nel senso di prevedere un procedimento più snello, caratterizzato: dalla immediata convocazione – in luogo delle anteriormente previste "preconferenze” – delle conferenze dei servizi volte alla individuazione delle linee guida per la redazione dei documenti di indirizzo; dalla predisposizione, da parte della Giunta, nei trenta giorni successivi alla chiusura dei lavori della conferenza dei servizi (per i quali era dato il termine di novanta giorni dalla convocazione), del disegno di legge di istituzione dell’area naturale protetta; dalla pubblicazione di tale disegno di legge nel Bollettino ufficiale della Regione, oltre che dalla già prevista comunicazione di esso agli enti territoriali interessati; dalla adozione, infine, dal parte della Giunta regionale, del provvedimento definitivo da inviare al Consiglio regionale per l’approvazione della legge istitutiva dell’area protetta.

Applicata la predetta disciplina – sebbene non sia ben chiaro alla luce delle diverse ordinanze di rimessione se si sia pervenuti alla adozione delle tre leggi censurate applicando il modello procedimentale previsto precedentemente alla modifica introdotta con la legge n. 22 del 2006 ovvero applicando il modello ad essa successivo o, infine, applicando una sorta di modello misto, in parte articolato sulla prima disciplina in parte sulla seconda – il legislatore regionale pugliese ha adottato le tre leggi censurate, istitutive dei ricordati Parchi naturali.

4. – Come dianzi accennato, diversi soggetti proprietari, o comunque titolari di diritti di godimento, di beni siti all’interno del perimetro dei tre parchi definiti con le leggi censurate hanno impugnato, ciascuno per quanto di specifico interesse, gli atti delle conferenze dei servizi rispettivamente preordinate alla istituzione dei parchi naturali "Isola di S. Andrea e litorale di Punta Pizzo”, "Litorale di Ugento” e "Costa di Otranto – Santa Maria di Leuca e Bosco di Tricase”, nonché degli atti preparatori e consequenziali alle predette conferenze, ivi comprese le determinazioni assunte dalla Giunta regionale in ordine alla individuazione dello schema di disegno di legge da inviare e sottoporre al Consiglio regionale per la sua approvazione.

4.1. – Nel corso di tali controversie il TAR ha sollevato le questioni di costituzionalità di cui al presente giudizio.

5. – Le eccezioni di inammissibilità delle questioni, variamente sollevate dalle parti costituite, non sono fondate.

5.1. –  Infondata è, infatti, la eccezione di inammissibilità per difetto di rilevanza della questione argomentata dalle difese sia della Regione Puglia che degli altri enti territoriali parti del giudizio di costituzionalità, in relazione ad un preteso difetto di giurisdizione del giudice rimettente rispetto a tutti quanti i giudizi a quibus.

Tale eccezione si basa principalmente sulla esistenza di una decisione resa di recente dalle Sezioni unite civili della Corte di cassazione (cioè della ordinanza 1° febbraio 2008, n. 2439) con la quale la Corte regolatrice ha affermato la carenza assoluta di giurisdizione relativamente ad una controversia in cui oggetto di impugnazione di fronte al giudice amministrativo era stata, secondo quanto risulta dallo stesso provvedimento giurisdizionale,  la delibera della Giunta regionale pugliese di approvazione dello schema di disegno di legge di istituzione del Parco naturale regionale "Terra delle Gravine”.

Nell’occasione, i giudici di legittimità hanno rilevato che, costituendo gli atti impugnati fasi legislativamente regolamentate del processo di formazione della legge regionale in materia di istituzione di parchi naturali, gli stessi, in quanto espressione di esercizio della potestà legislativa della Regione, sono sottratti al sindacato giurisdizionale, sia del giudice ordinario che di quello amministrativo.

5.2. – Sollecitando l’adesione di questa Corte a siffatto orientamento, le ricordate parti costituite deducono la inammissibilità della questione per l’evidente difetto di rilevanza della stessa là dove risultasse che il giudice a quo, in quanto carente di potestà giurisdizionale riguardo alle questioni alla sua attenzione nei giudizi principali, non li dovrebbe decidere facendo applicazione delle disposizioni della cui costituzionalità egli dubita.

La eccezione non è meritevole di accoglimento.

Infatti la giurisprudenza di questa Corte si è più volte, anche di recente, espressa nel senso che, in considerazione della autonomia del giudizio incidentale di costituzionalità rispetto a quello principale, discende che, in sede di verifica dell’ammissibilità della questione, la Corte medesima può rilevare il difetto di giurisdizione soltanto nei casi in cui questo appaia macroscopico, così che nessun dubbio possa aversi sulla sua sussistenza (fra le altre, le sentenze n. 156 del 2007; n. 144 del 2005; n. 288 del 2003). La relativa indagine deve, peraltro, arrestarsi laddove il rimettente abbia espressamente motivato in maniera non implausibile in ordine alla sua giurisdizione (sentenza n. 11 del 2007; n. 144 del 2005; n. 291 del 2001).

Precisatosi che, comunque, la verifica operata da questa Corte – operata su di un piano, giova chiarire, di esclusiva ed astratta non implausibilità della motivazione addotta dal rimettente, elemento questo dal punto di vista semantico ovviamente assai meno pregnante della fondatezza – è meramente strumentale al riscontro della rilevanza della questione di costituzionalità e che, esaurendosi la sua funzione all’interno del relativo giudizio, non è certamente idonea a determinare alcuna preclusione in ordine all’eventuale successivo spiegarsi della cognizione piena sul punto da parte del giudice istituzionalmente preposto alle definizione delle questioni di giurisdizione, va osservato che, riguardo alle fattispecie che interessano il presente giudizio, il TAR rimettente ha motivato in ordine alla sua affermata giurisdizione, rilevando che gli atti oggetto delle impugnazioni pendenti di fronte a lui, appartenendo – nella complessa serie procedimentale preordinata alla adozione delle leggi istitutive di aree naturali protette – alla fase amministrativa, erano suscettibili di essere validamente impugnati  dinanzi al giudice amministrativo.

Al riguardo, d’altra parte, non può non considerarsi, ai fine del riscontro della non implausibilità di tali considerazioni, che, diversamente da quanto emerge dall’esame della citata ordinanza n. 2439 del 2008 della Corte di cassazione, nei casi che ora interessano l’oggetto della impugnazione di fronte al giudice a quibus sono, principalmente, gli atti delle conferenze dei servizi tenutesi prima dell’invio da parte della Giunta regionale al Consiglio regionale dello schema definitivo di disegno di legge per la sua approvazione e non, invece, tale schema di disegno di legge.        

5.3. – Parimenti infondata è la eccezione di inammissibilità, ancora per difetto di giurisdizione del rimettente, formulata dalla difesa del Comune di Tricase. Invero, la circostanza che il TAR salentino affermi che, solo in ipotesi di accoglimento della questione di legittimità costituzionale da lui sollevata, i ricorsi oggetto dei giudizi a quibus non sarebbero destinati ad una pronunzia di improcedibilità o, comunque, di inammissibilità, nulla ha a che vedere con la sussistenza o meno della giurisdizione in capo al rimettente: infatti, diversamente da come sembra intendere il Comune di Tricase,  la avvenuta entrata in vigore della censurata legge-provvedimento non si pone, neppure nella prospettazione del rimettente, quale elemento condizionante ab origine la sua potestas judicandi ma solo quale fatto che incide, negativamente, sulla procedibilità dei ricorsi stessi.

5.4. – In questo senso viene anche disattesa la ulteriore eccezione di inammissibilità dedotta dalla medesima difesa, attinente alla mancanza di incidentalità nella questione di costituzionalità sollevata dal TAR della Puglia.

Ove, infatti, fosse rimosso l’elemento sopravvenuto, costituito dai censurati interventi legislativi, che, a giudizio del medesimo TAR, rende attualmente improcedibili gli originari ricorsi, il sindacato del giudice amministrativo sugli atti impugnati riprenderebbe il suo primitivo vigore, risultando in tal senso evidenziata la incidentalità, rispetto ai giudizi principali, di quello di legittimità costituzionale.

5.5. – Riguardo alla (dedotta da più parti) inammissibilità delle questioni di costituzionalità stante il denunciato difetto di interesse delle parti ricorrenti nei giudizi a quibus le quali, anche in caso di accoglimento delle censure mosse dal rimettente alle tre ricordate leggi regionali, non potrebbero svolgere alcuna attività di trasformazione del territorio a causa della contestuale riattivazione delle misure di salvaguardia previste dagli artt. 6 e 8 della legge regionale 24 luglio 1997, n. 19 (Norme per l’istituzione delle aree naturali protette nella Regione Puglia), va rilevato che, ai fini dell’ammissibilità dello scrutinio di costituzionalità di una legge, e proprio in ragione della autonomia di questo giudizio rispetto a quello a quo, non è necessario che vi sia un interesse sostanziale di una delle parti in ordine all’accoglimento o meno della questione, essendo, invece, sufficiente (oltre, ovviamente, al requisito della non manifesta infondatezza) che la norma di cui si dubita si ponga come necessaria ai fini della definizione del giudizio, essendo, poi, irrilevante questione di fatto se le parti del giudizio a quo  si possano o meno giovare degli effetti della decisione con la quale si è chiuso il giudizio medesimo.  

5.6. – Sia la Regione Puglia che il Comune di Gallipoli deducono quale motivo di inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dal TAR di Lecce la circostanza che tale organo non abbia adeguatamente motivato in ordine alla asserita lesione degli invocati parametri di costituzionalità e in ordine alla conseguente lesione degli interessi dei ricorrenti nei giudizi a quibus. Anche in questo caso la eccezione formulata deve essere disattesa .

Per quanto interessa ai fini della ammissibilità delle questioni, infatti, il rimettente chiarisce che il vizio di costituzionalità deriverebbe dal non avere il legislatore regionale tenuto conto della esistenza di determinati vizi nell’iter procedimentale che ha condotto alla adozione della legge, vizi che sarebbero consistiti nella lesione del diritto di piena partecipazione dei soggetti coinvolti nel procedimento di istituzione dei Parchi naturali.

Tale comportamento del legislatore, recidendo in sostanza il legame funzionale tra la fase amministrativa e quella propriamente legislativa del procedimento volto alla istituzione in Puglia delle aree naturali di rilevanza regionale, costituirebbe il motivo sia della asserita irragionevolezza della scelta legislativa sia del contrasto col principio di buona amministrazione, ledendo, secondo la tesi del rimettente, la posizione dei soggetti interessati a tutela dei quali sarebbe posta la fase amministrativa del procedimento stesso.

5.7. – Non determina, nel caso in esame, la inammissibilità delle questioni di costituzionalità, contrariamente a quanto eccepisce la difesa della Provincia di Lecce, il fatto che il rimettente abbia censurato, rispettivamente, tre interi testi legislativi, senza precisare quale norma, tra quelle contenute in tali testi, si ponga in contrasto coi parametri evocati: infatti il tipo di vizio dedotto dal rimettente, attenendo ad un profilo genetico delle leggi censurate, ne coinvolge necessariamente tutte le disposizioni (sentenze n. 37 del 1991 e n. 204 del 1981).  

5.8. – Va, infine, disattesa anche la eccezione di inammissibilità delle questioni per difetto di rilevanza, svolta dalle difese delle costituite parti private, nonché da quella della Provincia di Lecce, la quale si basa sugli argomenti sviluppati da questa Corte nelle sue precedenti sentenze nn. 225 e  226 del 1999.

Infatti, tali, peraltro isolate, decisioni ebbero ad affermare il principio della perdurante sindacabilità di un atto amministrativo, nonostante  la sua avvenuta approvazione con legge regionale.

L’adesione a tale tesi renderebbe non rilevanti le questioni di legittimità costituzionale ora sollevate dal TAR salentino.

 Tuttavia questa Corte ritiene che i richiamati precedenti, dei quali, per la loro peculiarità, appare giustificata un’applicazione restrittiva, non siano pertinenti al presente caso.

Infatti in tali occasioni questa Corte, a differenza di quanto si verifica attualmente, era chiamata a sindacare, nel primo caso, la legittimità costituzionale non solo della legge istitutiva dell’area naturale, ma anche della legge con la quale era fissato l’iter procedimentale della successiva legge-provvedimento, e, nel secondo, un conflitto di attribuzione sollevato dalla Regione Lombardia in merito, fra l’altro, alla sentenza con la quale il locale TAR aveva annullato in sede giurisdizionale il provvedimento della Giunta regionale di approvazione e trasmissione al Consiglio regionale dello schema di disegno di legge relativo alla adozione del piano territoriale di coordinamento concernente un parco regionale lombardo. 

Nella prima fattispecie si presentava, quindi, uno spazio relativo ai provvedimenti amministrativi consequenziali rispetto alla cosiddetta "legge madre” e prodromici rispetto alla cosiddetta "legge figlia”, mentre nel secondo la decisione precisava, comunque, che la «fase legislativa, al contrario della precedente [fase amministrativa], non [poteva] essere oggetto del sindacato diretto del giudice amministrativo, ed [era] soggetta al controllo di costituzionalità attraverso la verifica dell’esistenza dei vizi tipici delle leggi, compresi quelli procedimentali».

E’ significativo osservare che la prevalente giurisprudenza amministrativa, cui, tra l’altro, aderisce lo stesso rimettente, non condivide il principio della perdurante sindacabilità dell’atto amministrativo anche se il suo contenuto sia recepito da un atto legislativo. In ogni caso, deve ritenersi che le citate sentenze nn. 225 e 226 del 1999 costituiscano specifiche soluzioni delle particolari questioni che erano state allora sottoposte al giudizio di costituzionalità. In più occasioni (sentenze n. 267 del 2007, n. 429 del 2002, n. 364 del 1999, n. 211 del 1998, n. 185 del 1998, n. 492 del 1995, n. 347 del 1995, n. 62 del 1993, n. 143 del 1989, n. 59 del 1957) questa Corte ha, direttamente o indirettamente, affermato che in caso di leggi-provvedimento volte a "legificare” scelte che di regola spettano alla autorità amministrativa, la tutela dei soggetti incisi da tali atti verrà a connotarsi, come nel presente caso, stante la preclusione di un sindacato da parte del giudice amministrativo, «secondo il regime tipico dell’atto legislativo adottato, trasferendosi dall’ambito della giustizia amministrativa a quello proprio della giustizia costituzionale» (sentenza n. 62 del 1993).

6. – Nel merito, la questione non è fondata.

6.1. – Il TAR rimettente, infatti, nel dubitare della legittimità costituzionale delle tre leggi censurate, afferma che le stesse sarebbero irragionevoli e non rispettose del principio di buon andamento della pubblica amministrazione, violando, pertanto, gli artt. 3 e 97 della Costituzione, in quanto il Consiglio regionale, nell’approvarle, non avrebbe tenuto conto del fatto che la propedeutica fase amministrativa, indirizzata alla istituzione delle tre aree protette, non si era svolta nel rispetto delle regole procedimentali dettate dal medesimo TAR con le quattro sentenze n. 1184, n. 1185, n. 1186 e n. 1187 del 2006.

Tale tesi non può essere condivisa.

6.2. – Per ciò che concerne la lesione dell’art. 97 della Costituzione, va detto che la disposizione richiamata è del tutto inconferente rispetto al dedotto profilo di incostituzionalità.

Al riguardo è sufficiente osservare che il precetto relativo al principio di buon andamento della pubblica amministrazione espresso dall’art. 97 della Costituzione è applicabile esclusivamente all’amministrazione, essendo qui, invece, in discussione non il contenuto di una disposizione legislativa che imponga un determinato comportamento alla pubblica amministrazione (ipotesi alla quale è certamente pertinente il sindacato di costituzionalità esperito alla stregua dell’art. 97 della Costituzione), ma esclusivamente l’andamento di un’attività che, in toto, è riferibile allo svolgimento della funzione legislativa. In altre parole, l’art. 97 Cost. costituisce parametro di legittimità costituzionale di una disposizione legislativa che venga a regolare una procedura amministrativa, ma non può essere invocato per valutare il corretto svolgimento di un iter procedimentale legislativo.

6.3. – Quanto alla affermata irragionevolezza delle tre leggi censurate, va osservato che il rimettente non si cura di prendere in considerazione il contenuto delle leggi regionali in discorso.

La questione di costituzionalità da lui formulata si fonda, infatti, non su aspetti di irragionevolezza direttamente riferibili al contenuto precettivo delle disposizioni emanate dal legislatore pugliese, quanto, piuttosto, su di un profilo che potrebbe dirsi sintomatico: sulla circostanza, cioè, che il legislatore non avrebbe tenuto conto nell’emanarle di quanto statuito, con riferimento al prodromico procedimento amministrativo, dallo stesso attuale rimettente nelle ricordate quattro sentenze, delle quali, peraltro, neppure risulta l’avvenuto passaggio in giudicato,  contrassegnate dai  numeri 1184, 1185, 1186 e 1187 del 2006.

Ma per far derivare da ciò, come invece preteso dal giudice a quo, l’affermazione della fondatezza della sollevata censura di illegittimità costituzionale, andrebbe presupposta, indipendentemente e prioritariamente rispetto ad ogni valutazione relativa al sostanziale contenuto dell’atto normativo in tal modo adottato, la sussistenza di un vincolo procedimentale all’attività legislativa che possa essere dettato da organi giudiziari.

La circostanza che, viceversa, la funzione legislativa, anche regionale,  può essere condizionata solo con disposizioni che traggano direttamente la loro origine dalla Costituzione, esclude la possibilità che un siffatto vincolo possa derivare da decisioni assunte in sede giurisdizionale.

6.4. – Né, affrontando sotto l’aspetto del merito una questione già esaminata al precedente punto 5.8 con riferimento ai sollevati profili di inammissibilità, può ritenersi che la materia in oggetto possa essere disciplinata solo con provvedimenti amministrativi, in quanto nella legge quadro statale sulle aree protette n. 394 del 1991 è espressamente previsto all’art. 23 il principio fondamentale che sia una legge regionale ad istituire il parco naturale regionale. Ugualmente, non può affermarsi che, in deroga al generale principio della modificabilità della legge anteriore da parte della posteriore, la legge successiva non possa innovare i modelli procedurali amministrativi previsti da leggi precedenti.

Vale, al riguardo, quanto affermato da questa Corte, in molteplici decisioni. In particolare nella sentenza n. 143 del 1989 si precisa che «Tanto la Costituzione (artt. 70 e 121), quanto gli Statuti regionali definiscono la legge, non già in ragione del suo contenuto strutturale o materiale, bensì in dipendenza dei suoi caratteri formali, quali la provenienza da un certo organo o da un certo potere, il procedimento di formazione e il particolare valore giuridico (rango primario delle norme legislative, trattamento giuridico sotto il profilo del sindacato, residenza all’abrogazione, etc.). Né si potrebbe dire che il divieto di leggi a contenuto particolare e concreto tocchi soltanto le Regioni in conseguenza di un presunto principio generale dell’ordinamento giuridico, poiché un principio del genere, concernendo i caratteri strutturali della legge diretti a qualificarne l’essenza o l’identità tipologica come atto normativo, dovrebbe essere desunto da una inequivoca norma avente un rango superiore alla stessa legge, che in verità non è dato rinvenire nel nostro ordinamento positivo. D’altra parte, come pure ha affermato questa Corte nelle decisioni precedentemente ricordate, nessuna disposizione costituzionale o statutaria comporta una riserva agli organi amministrativi o "esecutivi” degli atti a contenuto particolare e concreto».

Si tratta di principi ribaditi, anche di recente, nella sentenza n. 267 del 2007, nella quale si ricorda «che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, non è preclusa alla legge ordinaria la possibilità di attrarre nella propria sfera di disciplina oggetti o materie normalmente affidati all’autorità amministrativa, non sussistendo un divieto di adozione di leggi a contenuto particolare e concreto, ossia di leggi-provvedimento (sentenza n. 347 del 1995). [……] La legittimità di questo tipo di leggi deve, quindi, essere valutata in relazione al loro specifico contenuto. In considerazione del pericolo di disparità di trattamento insito in previsioni di tipo particolare o derogatorio (sentenze n. 185 del 1998, n. 153 del 1997), la legge-provvedimento è, conseguentemente, soggetta ad uno scrutinio stretto di costituzionalità (sentenze n. 429 del 2002, n. 364 del 1999, nn. 153 e 2 del 1997), essenzialmente sotto i profili della non arbitrarietà e della non irragionevolezza della scelta del legislatore. Ed un tale sindacato deve essere tanto più rigoroso quanto più marcata sia, come nella specie, la natura provvedimentale dell’atto legislativo sottoposto a controllo (sentenza n. 153 del 1997)». Ma tali profili, come si è già sottolineato, non vengono motivatamente sottoposti al giudizio di questa Corte nelle ordinanze che sollevano le questioni di costituzionalità.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1 e seguenti della legge regionale della Puglia 10 luglio 2006, n. 20 (Istituzione del Parco naturale regionale "Isola di S. Andrea e litorale di Punta Pizzo”), degli artt. 1 e seguenti della legge regionale della Puglia 28 maggio 2007, n. 13 (Istituzione del Parco naturale regionale "Litorale di Ugento”), e degli artt. 1 e seguenti della  legge regionale della Puglia  26 ottobre 2006, n. 30 (Istituzione del Parco naturale regionale "Costa di Otranto – Santa Maria di Leuca e Bosco di Tricase”), sollevate, con riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 giugno 2008.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore

Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 2 luglio 2008.