Sentenza n. 62 del 1993

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SENTENZA N. 62

 

ANNO 1993

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Giudici

 

Dott. Francesco GRECO

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, primo e secondo comma, 2 e 4 del decreto-legge 1° aprile 1989, n. 121, convertito con modificazioni nella legge 29 maggio 1989, n. 205 (Interventi infrastrutturali nelle aree interessate dai campionati mondiali di calcio del 1990) e degli artt. 2, primo comma, lett. e) e 4, primo, secondo e terzo comma, della legge della Regione Lazio 17 luglio 1989 n. 46 (Interventi finanziari in occasione dei mondiali di calcio 1990), promosso con ordinanza emessa il 7 e 14 giugno 1990 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio sui ricorsi riuniti proposti dalla s.r.l. ELMAR ed altri contro il Comune di Roma ed altri, iscritta al n.421 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36 prima serie speciale dell'anno 1992.

 

Visti gli atti di costituzione della s.r.l. ELMAR ed ECTOR, di Pantanella Cecilia ed altri, della s.r.l. Compagnia Finanziaria Laziale, della s.a.s. TELEX 1 ed altre, della s.n.c. COMED 81, di Beltramo Luciana, della s.r.l. FE.ME.C. ed altri, del Comune di Roma e della Regione Lazio nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nell'udienza pubblica del 15 dicembre 1992 il Giudice relatore Enzo Cheli;

 

uditi gli avvocati Stanislao Aureli per le s.r.l. ELMAR ed ECTOR, Giuseppe e Riccardo Lavitola per Pantanella Cecilia ed altri, Alessandro Pallottino per la s.r.l. Compagnia Finanziaria Laziale, Mario Sanino per la s.a.s. TELEX 1 ed altre, Federico Mannucci per la s.n.c. COMED 81 e Beltramo Lu ciana, Bruno Riitano per la s.r.l. FE.ME.C. ed altri, Enrico Lorusso per il Comune di Roma, Franco G. Scoca per la Regione Lazio e l'Avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

l.- Nei giudizi promossi dalla s.r.l. Elmar, dalla s.r.l. C.P.C. Servizi, dai signori Pantanella, dalla s.p.a. Terriera Milvia, dalla s.a.s. Telex 1 di Sergio Broise e C., dalla s.a.s. Summarex di Sergio Broise e C., dalla soc. Summaron di Sergio Broise e C. , dalla s.n.c. Comed 81 di Antonio De Luca e soci, da Luciana Beltramo, dalla s.r.l. FE.MEC., da Marcella Tabolacci, da Severino Civitella, da Armando Civitella, dalla s.r.l. Coop. Centro Stampa Regionale, dalla s.r.l. Ector, dalla s.r.l. Società Editoriale Ore 12 per l'annullamento di un complesso di provvedimenti del Comune di Roma relativi alla approvazione del parco pubblico attrezzato di Tor di Quinto ed alle conseguenti procedure espropriative, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, dopo aver disposto la riunione dei ricorsi, ha sollevato, con ordinanza del 7 - 14 giugno 1990 (R.O. n. 421 del 1992), varie questioni di legittimità costituzionale nei confronti degli artt. 1, primo e secondo comma, 2 e 4 del d.l. 1° aprile 1989, n. 121, convertito con modificazioni nella legge 29 maggio 1989, n.205 (Interventi infrastrutturali nelle aree interessate dai campionati mondiali di calcio del 1990) e degli artt. 2, primo comma, lett. e) e 4, primo, secondo e terzo comma, della legge della Regione Lazio 17 luglio 1989 n. 46 (Interventi finanziari in occasione dei mondiali di calcio 1990), per violazione degli artt. 3, 11, 24, 97, 113 e 128 della Costituzione.

 

2.- In primo luogo il T.A.R. del Lazio contesta la conformità al dettato costituzionale della procedura regolata dall'art. 2, primo e terzo comma, della legge n.205 del 1989 laddove si prevede che "una conferenza cui partecipano tutti i rappresentanti delle amministrazioni dello Stato e degli enti comunque tenuti ad adottare atti d'intesa, nonchè a rilasciare pareri, autorizzazioni, approvazioni, nulla osta" sia chiamata a pronunciarsi sui progetti esecutivi delle opere pubbliche e che "l'approvazione assunta all'unanimità sostituisce ad ogni effetto gli atti d'intesa , i pareri, le autorizzazioni, le approvazioni, i nulla osta previsti dalle leggi statali e regionali".

 

Sottolinea il T.A.R. remittente che le disposizioni denunciate non prevedono la partecipazione alla conferenza dei servizi degli stessi soggetti investiti, nei singoli ordinamenti di settore, del potere di emettere gli atti di intesa, i pareri etc., con la conseguenza che alla conferenza potrebbero partecipare "rappresentanti " diversi dai soggetti abilitati per legge ad adottare gli atti del procedimento sostituiti dalla deliberazione della conferenza dei servizi. Inoltre - sostiene il giudice a quo - alle sedute della conferenza che adottano le delibere sostitutive non è prevista come necessaria la presenza di tutti i rappresentanti delle amministrazioni, con la conseguenza che anche la regola dell'unanimità necessaria per garantire l'effetto sostitutivo potrebbe non garantire la corretta esplicazione dei poteri amministrativi.

 

Di qui, ad avviso del T.A.R. del Lazio , il sospetto di un contrasto tra le norme impugnate e l'art. 97 della Costituzione in quanto gli atti d'intesa, i pareri, le autorizzazioni, le approvazioni, i nulla osta previsti dalle leggi statali e regionali potrebbero essere assorbiti da una deliberazione assunta dalla conferenza dei servizi senza la partecipazione dei soggetti costituzionalmente competenti ad esprimere la volontà delle amministrazioni o degli enti, con una sostanziale elusione delle norme che nell'ordinamento provvedono a ripartire le competenze tra i vari organi amministrativi e che, in relazione alla speciale e provata idoneità tecnica e professionale dei soggetti preposti ai singoli uffici, garantiscono il corretto esercizio dei poteri amministrativi.

 

Dubbi di legittimità costituzionale analoghi a quelli manifestati in ordine all'art. 2, primo e terzo comma, della legge n. 205 vengono poi espressi nella stessa ordinanza anche in relazione alle norme dettate dall'art.4, primo, secondo e terzo comma, della legge della Regione Lazio 17 luglio 1989 n. 46.

 

3.- In secondo luogo, l'autonomia dell'ente comunale sarebbe violata dalla norma contenuta nella seconda parte del terzo comma dell'art. 2 della legge n. 205 del 1989, dove si prevede che l'approvazione all'unanimità da parte della conferenza dei servizi "comporta, per quanto occorra, variazione anche integrativa agli strumenti urbanistici e ai piani territoriali senza necessità di ulteriori adempimenti". Per effetto di tale disposizione il Comune - ad avviso del T.A.R. del Lazio - verrebbe sostanzialmente privato dei propri poteri in materia urbanistica, con conseguente violazione dell'art.128 Cost., che affida a leggi generali dello Stato la disciplina delle funzioni e dei limiti dell'autonomia degli enti locali territoriali.

 

4.- Anche il diritto di difesa in giudizio dei soggetti interessati dai procedimenti espropriativi, risulterebbe, ad avviso del giudice remittente, fortemente compresso dalla normativa in questione. Tale limitazione - lesiva degli artt. 24 e 113 Cost. - discenderebbe dal fatto che la localizzazione dell'opera è stata, nel caso di specie, compiuta con una norma legislativa che ha direttamente individuato il parco di Tor di Quinto tra le opere da realizzare in occasione dei campionati mondiali di calcio 1990, negando così - in assenza di un procedimento amministrativo diretto a tale individuazione - una efficace difesa agli interessati in sede di giustizia amministrativa.

 

5.- Nell'ordinanza di rinvio viene poi individuato un ulteriore profilo di incompatibilità della norma dettata dall'art. 4 della legge n. 205 con l'art. 11 Cost. e con i principi di imparzialità e ragionevolezza che devono ispirare le scelte del legislatore. La contraddizione risiederebbe nel fatto che la possibilità di deroga alle normali procedure concorsuali in tema di appalti pubblici è realizzabile - ai sensi dell'art. 5 lett.d) della legge 8 agosto 1977, n. 584, concernente l'adeguamento delle procedure di aggiudicazione alle direttive della Comunità economica europea - solo in caso di imprevedibilità degli eventi che rendono eccezionalmente urgente l'esecuzione delle opere, mentre nel caso in esame era nota da tempo la designazione dell'Italia quale paese ospitante dei campionati mondiali di calcio 1990.

 

6.- Infine l'ordinanza prospetta l'illegittimità costituzionale del primo comma dell'art. 1 della legge n.205 nella parte in cui si riferisce all'elenco allegato che contempla (al n. 38 dell'area di Roma) la realizzazione del parco di Tor di Quinto. Per tale opera risulterebbe, infatti, dubbia - secondo il giudice a quo - la sussistenza dei requisiti indicati dalle lettere a) e b) del secondo comma dell'art. 1 della citata legge n.205 e, in particolare, la connessione strumentale dell'opera stessa con le opere viarie necessarie per la manifestazione sportiva, tanto più che il progetto esecutivo del parco era già stato in precedenza approvato ai sensi e per gli effetti della legge n. 1 del 31 gennaio 1978.

 

Analoghe considerazioni dovrebbero valere - sempre a giudizio del giudice remittente - anche per gli artt. 2, primo comma, lett. e) e 4, primo, secondo e terzo comma, della legge regionale 17 luglio 1989 n. 46, in relazione agli artt. 3, 24, 97 e 113 della Costituzione.

 

7.- Nel giudizio dinanzi alla Corte si sono costituiti la s.r.l. Elmar, la s.r.l. Ector, i Signori Pantanella, la s.r.l. Compagnia Finanziaria Laziale, (già Soc. Terriera Milvia p. Az.), la s.a.s. Telex 1, la s.a.s. Summarex 1, la s.n.c. Comed 81 di Antonio De Luca e soci, la Signora Luciana Beltramo, la s.r.l. FE.MEC., tutti per aderire alle censure di illegittimità costituzionale prospettate dal T.A.R. del Lazio.

 

Il Comune di Roma si è costituito per sostenere l'infondatezza delle questioni sollevate.

 

Hanno altresì spiegato intervento la Regione Lazio ed il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, per sostenere l'inammissibilità e l'infondatezza delle stesse questioni.

 

A sostegno delle tesi prospettate nell'ordinanza è intervenuto in giudizio anche il Codacons (Coordinamento delle associazioni per la difesa dell'ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori), asserendo di essere parte costituita nel giudizio promosso dalla Società editoriale Ore 12.

 

8.- Nell'imminenza dell'udienza di discussione tutte le parti costituite e intervenute hanno presentato memorie al fine di sviluppare le rispettive tesi.

 

Considerato in diritto

 

l. Va preliminarmente dichiarata l'inammissibilità dell'intervento in giudizio del Codacons (Coordinamento delle associazioni per la difesa dell'ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori), che, alla data del deposito dell'ordinanza di rimessione, non aveva assunto la qualità di parte in alcuno dei giudizi che la stessa ordinanza ha provveduto a riunire ai fini della prospettazione delle questioni di costituzionalità di cui è causa (cfr. sent. 315 del 1992).

 

2. Il T.A.R. del Lazio dubita della legittimità costituzionale degli artt. 1, primo e secondo comma, 2 e 4 della legge 29 maggio 1989 n. 205 (Conversione, con modificazioni, del decreto-legge 1° aprile 1989 n.121, recante interventi infrastrutturali nelle aree interessate dai campionati mondiali di calcio del 1990) e degli artt. 2, primo comma, lett e) e 4, primo, secondo e terzo comma, della legge regionale del Lazio 17 luglio 1989 n. 46 (Interventi finanziari in occasione dei campionati mondiali di calcio) in relazione a cinque diversi profili, che possono essere così riassunti: a) gli artt. 2, primo e terzo comma, della legge n. 205 del 1989 e l'art. 4, primo, secondo e terzo comma, della legge della Regione Lazio n. 46 del 1989 verrebbero a violare il principio del buon andamento della pubblica amministrazione sancito dall'art. 97 Cost. nella parte in cui prevedono una "conferenza di servizi" con il compito di valutare e approvare i progetti esecutivi delle opere da realizzare: "conferenza" cui sono chiamati a partecipare tutti i rappresentanti delle amministrazioni statali e locali interessate al procedimento e le cui determinazioni, se assunte all'unanimità, sostituiscono ad ogni effetto gli atti di intesa, i pareri, le autorizzazioni, le approvazioni, i nulla osta previsti dalle leggi statali e regionali. L'incostituzionalità della "conferenza" discenderebbe dal fatto che alla stessa potrebbero partecipare, quali rappresentanti delle varie amministrazioni, anche soggetti diversi da quelli legittimati a porre i vari atti del procedimento, mentre le deliberazioni adottate dall' organo, anche se assunte con l'unanimità dei presenti, non richiederebbero la presenza necessaria di tutti i soggetti abilitati a parteciparvi; b) l'art. 2, seconda parte del terzo comma, della legge n. 205 del 1989 risulterebbe in contrasto con l'art. 128 Cost., dal momento che l'approvazione dei progetti da parte della "conferenza", comportando variazioni anche integrative agli strumenti urbanistici ed ai piani territoriali senza necessità di ulteriori adempimenti, verrebbe a violare l'autonomia dei Comuni limitando le competenze agli stessi spettanti in materia urbanistica; c) gli artt. 2 e 4 della legge n. 205 del 1989 sarebbero in contrasto con gli artt. 24 e 113 Cost. avendo limitato il diritto di difesa spettante ai soggetti colpiti dai procedimenti espropriativi mediante la copertura legislativa data ad una serie di atti ed operazioni normalmente affidate all'autorità amministrativa e nelle quali è di regola garantita la partecipazione degli interessati; d) l'art.

 

4 della legge n. 205 del 1989, nel prevedere un affidamento delle opere non subordinata ai criteri fissati dalla legge 8 agosto 1977 n.584 (secondo le direttive poste dalla Comunità economica europea in tema di appalti pubblici), verrebbe a violare i principi costituzionali sulla imparzialità e ragionevolezza della legislazione nonchè l'art. 11 Cost.; e) gli artt. 1, primo e secondo comma, della legge n. 205 del 1989 e l'art. 2, primo comma, lett. e) della legge regionale n.46 del 1989 sarebbero in contrasto con gli artt. 3, 24, 97 e 113 Cost., dal momento che il parco di Tor di Quinto non risponderebbe ai requisiti fissati dalla stessa legge per le realizzazioni delle opere connesse con i campionati mondiali del 1990, risultando dubbia la connessione strumentale dell'opera in questione con le opere viarie necessarie per lo svolgimento della manifestazione sportiva.

 

Nessuna delle questioni prospettate appare fondata nei termini che verranno di seguito esposti.

 

3. Va innanzitutto escluso che l'istituto della "conferenza di servizi", disciplinato dall'art. 2 della legge n. 205 del 1989 e dall'art. 4 della legge della Regione Lazio n. 46 del 1989, possa ritenersi in contrasto con il principio del buon andamento dell'attività amministrativa sanzionato dall'art. 97 Cost., dal momento che, nella disciplina in esame, detto istituto appare orientato proprio verso la realizzazione di tale principio, nell'ambito di quelle particolari condizioni di urgenza che il legislatore si è trovato a dover affrontare in occasione dei mondiali di calcio del 1990.

 

In una recente pronuncia questa Corte - nel giudicare la legittimità di una conferenza regionale costituita quale sede per la valutazione di progetti di edilizia sanitaria da parte di tutti i soggetti comunque interessati al procedimento - ha avuto modo di sottolineare come "la previsione di un organo misto in cui, nell'esercizio di funzioni amministrative, siano rappresentati tutti i soggetti portatori di interessi coinvolti nel procedimento di realizzazione delle opere, in modo che tali soggetti possano confrontarsi direttamente ed esprimere le loro posizioni, trovando, in un quadro di valutazione globale, soluzioni di corretto ed idoneo contemperamento delle diverse esigenze" venga a configurarsi quale "mezzo di semplificazione e snellimento dell'azione amministrativa" (sent. n. 37 del 1991): mezzo da valutare con favore anche alla luce di quei recenti indirizzi che, nella legislazione statale di principio, hanno condotto a valorizzare l'istituto della "conferenza di servizi" sia nell'ambito dell'ordinamento delle autonomie locali, ai fini della formazione degli accordi di programma tra enti locali ed altri soggetti pubblici (art. 27 L. 8 giugno 1990 n. 142), sia nell'ambito del procedimento amministrativo, qualora si presenti opportuno effettuare un esame contestuale dei vari interessi pubblici coinvolti nel procedimento (art. 14 L. 7 agosto 1990, n.241).

 

Va, peraltro, rilevato che nell'ordinanza di cui è causa la costituzionalità della "conferenza di servizi" prevista dalle norme impugnate viene contestata non tanto come istituto in sè, quanto in relazione alle particolari modalità con cui la stessa, ad avviso del giudice a quo, sarebbe stata in concreto attuata: e questo in relazione sia alle forme di partecipazione dei rappresentanti delle amministrazioni interessate al procedimento (data l'asserita possibilità di una partecipazione anche di soggetti non legittimati al compimento dei singoli atti), sia ai criteri di assunzione delle deliberazioni da parte della "conferenza", nel caso in cui tali deliberazioni, assunte con l'unanimità dei presenti, siano destinate a sostituire ad ogni effetto i singoli atti del procedimento (stante l'asserita eventualità di deliberazioni adottate anche senza la presenza di tutti i soggetti legittimati).

 

Ma l'interpretazione delle norme impugnate che è stata adottata nell'ordinanza di rinvio su questi due aspetti non può essere condivisa.

 

4.- In primo luogo nè la lettera nè lo spirito della disciplina posta dall'art. 2 della legge n. 205 del 1989 (nonchè dall'art. 4 della legge regionale n. 46 del 1989) consentono di affermare che alla "conferenza di servizi" prevista da tali norme sia consentita la partecipazione, quali rappresentanti delle amministrazioni interessate, di soggetti non abilitati ad adottare gli atti del procedimento destinati ad essere assorbiti nella pronuncia finale della conferenza, o, comunque, sprovvisti della competenza ad esprimere validamente, nella sede collegiale, la volontà dell'ente di appartenenza. Tale eventualità deve ritenersi esclusa dal momento che risulterebbe in contrasto con la natura stessa di una "conferenza di servizi" quale quella contemplata dalle norme in esame, investita della competenza a esercitare, quale organo di raccordo tra varie amministrazioni, poteri non solo istruttori, ma anche deliberativi, suscettibili di sostituire, ove la delibera di approvazione dell'opera sia stata assunta all'unanimità, tutti gli atti compresi nelle varie fasi della procedura ordinaria. Con la conseguenza che, ai fini di una valida formazione dell'organo, i rappresentanti delle amministrazioni chiamate a partecipare allo stesso non potranno non disporre - o per competenza propria o per delega ricevuta dall'organo istituzionalmente competente - dei poteri corrispondenti all'atto del procedimento spettante alla sfera dell'amministrazione rappresentata.

 

In secondo luogo, non risponde ad una corretta lettura delle norme denunciate neppure la tesi secondo cui sarebbe sufficiente che le delibere adottate in "conferenza", per poter spiegare i propri effetti sostitutivi, vengano approvate con il voto unanime dei soli presenti e non anche dei componenti l'organo, con la conseguente possibilità di delibere assunte all'unanimità, ma senza la presenza di rappresentanti di amministrazioni investite, nel procedimento, della tutela di interessi primari.

 

Anche questa interpretazione appare in contrasto sia con i contenuti della disciplina in esame, dove si prevede che alla "conferenza di servizi" partecipino "tutti i rappresentanti" delle amministrazioni comunque tenute ad adottare atti del procedimento (art. 2, primo comma, legge n. 205 del 1984 e art. 4, primo comma legge regionale n. 46 del 1989); sia con la funzione dell'istituto in esame, che, a fini di semplificazione, è stato introdotto dalla legge non tanto per eliminare uno o più atti del procedimento, quanto per rendere con testuale quell'esame da parte di amministrazioni diverse che, nella procedura ordinaria, sarebbe destinato, invece, a svolgersi secondo una sequenza temporale scomposta in fasi distinte.

 

Sono, dunque, le caratteristiche proprie della "conferenza" prevista dalle norme impugnate ad imporre - stante anche la non operatività, nel caso di specie, della disciplina successivamente introdotta mediante l'art.14, terzo comma, dalla legge n. 241 del 1990 - che, ai fini della validità delle delibere adottate, debba concorrere, con l'unanimità dei votanti, anche la presenza necessaria di tutti i rappresentanti chiamati a comporre la "conferenza". Questa soluzione, oltre che rispondente alla natura ed alla funzione dell'istituto in esame, viene, tra l'altro, a trovare un avallo significativo nei lavori preparatori della legge n. 205 del 1989, in relazione all'ordine del giorno che, su proposta del relatore, venne approvato dal Senato nella seduta del 24 maggio 1989 al fine di impegnare il Governo a diramare direttive volte a specificare che "l'approvazione di cui al comma terzo dell'art. 2 svolge gli effetti previsti soltanto se il consenso unanime è espresso da tutti i componenti la conferenza".

 

La questione prospettata nei confronti dell'art. 2, primo e terzo comma, della legge n. 205 del 1989 e dell'art. 4, primo, secondo e terzo comma, della legge regionale n. 46 del 1989, con riferimento all'art. 97 Cost., dev'essere, pertanto, dichiarata infondata nei termini che sono stati sopra precisati.

 

5. Infondata si presenta anche la questione di costituzionalità sollevata nei confronti dell'art. 2, seconda parte del terzo comma, della legge n. 205 del 1989 per violazione dell'autonomia comunale garantita dall'art. 128 Cost.. La norma impugnata - nel prevedere che l'approvazione dei progetti esecutivi delle opere assunta all'unanimità dalla conferenza di servizi "comporta, per quanto occorra, variazione anche integrativa agli strumenti urbanistici ed ai piani territoriali...senza necessità di ulteriori adempimenti"- non appare lesiva dell'autonomia comunale, dal momento che l'art. 128 Cost., nel fondare tale autonomia sui "principi fissati da leggi generali della Repubblica", non esclude che la legge statale, nel rispetto di tali principi (oggi espressi dalla legge 8 giugno 1990, n. 142), possa apportare - in presenza di situazioni particolari, quale quella che ha dato luogo alla disciplina in esame - variazioni alle procedure ordinarie connesse all'esercizio delle competenze spettanti all'ente locale; variazioni che, nella specie, non hanno, tra l'altro, determinato una sottrazione di competenza a danno del Comune, dal momento che lo stesso, come ente rappresentativo degli interessi connessi all'assetto ed alla utilizzazione del territorio, è chiamato in ogni caso a partecipare, con una presenza necessaria e determinante, all'attività della "conferenza".

 

6.- Parimenti priva di fondamento appare la censura prospettata nei confronti dell'intera disciplina che forma oggetto di impugnativa per violazione del diritto di difesa di cui agli artt. 24 e 113 Cost.. Ed invero, nè la localizzazione dell'opera da parte della legge nè la copertura legislativa data dalle norme impugnate ad atti del processo espropriativo normalmente affidati al potere amministrativo possono di per sè rappresentare una indebita compressione del diritto di difesa spettante ai soggetti interessati ai procedimenti espropriativi, dal momento che - in assenza nell'ordinamento attuale di una "riserva di amministrazione" opponibile al legislatore - non può ritenersi preclusa alla legge ordinaria la possibilità di attrarre nella propria sfera di disciplina oggetti o materie normalmente affidate all'azione amministrativa quali quelle afferenti allo svolgimento delle procedure di esproprio: con la conseguenza che, in questi casi, il diritto di difesa concesso ai soggetti espropriati non risulterà annullato, ma verrà a connotarsi secondo il regime tipico dell'atto legislativo adottato, trasferendo si dall'ambito della giustizia amministrativa a quello proprio della giustizia costituzionale. Questo rilievo, di per sè decisivo, non esime d'altro canto dal constatare anche che, nel caso in esame, la procedura adottata dalla legge n. 205 del 1989, pur nella sua specialità legata all'urgenza, non preclude l'esercizio, sia da parte della "conferenza di servizi" che di altri soggetti, di poteri amministrativi, lasciando di conseguenza aperta la possibilità di una tutela anche in sede di giusti zia amministrativa (come dimostra la stessa presenza dei giudizi nel cui ambito sono state sollevate le questioni di costituzionalità di cui è causa).

 

7.- Infondata risulta anche la questione sollevata, in relazione all'art. 3 Cost., nei confronti dell'art. 1, primo e secondo comma, della legge n. 205 del 1989 e dell'art. 2, primo comma, lett. e) della legge regionale n. 46 del 1989, nella parte in cui elencano tra le opere da realizzare nell'area di Roma il parco di Tor di Quinto. Tale censura investe, nella sostanza, la ragionevolezza della scelta operata dal legislatore mediante la localizzazione dell'opera in questione, scelta che, con riferimento al tempo in cui la stessa venne operata ed al quadro complessivo degli interventi relativi all'area di Roma, non poteva certamente qualificarsi nè manifestamente irragionevole nè intimamente contraddittoria rispetto ai criteri generali enunciati, ai fini della individuazione delle opere da realizzare, dall'art. 1, secondo comma, della stessa legge. E questo specialmente in relazione al fine, indicato dalla stessa norma, di garantire "la mobilità del pubblico nei centri urbani" e "l'afflusso negli stadi", stante la vicinanza del parco progettato con una delle maggiori strutture sportive destinate ad ospitare i campionati.

 

8.- Va, infine, dichiarata l'inammissibilità per difetto di rilevanza della questione sollevata nei confronti dell'art. 4 della Legge n. 205 del 1989 per violazione dei principi costituzionali di cui agli artt. 3, 11 e 97 Cost..

 

La disciplina espressa nell'art. 4 regola, infatti, la procedura per l'affidamento in appalto delle opere da realizzare, mentre i provvedimenti di cui si chiede l'annullamento nel giudizio a quo attengono esclusivamente alle fasi anteriori, regolate dall'art. 2, concernenti l'approvazione del progetto ed i conseguenti atti espropriativi. Nessuna incidenza può, dunque, esplicare la questione ai fini della decisione delle controversie all'esame del T.A.R. del Lazio.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

- dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale sollevata, con l'ordinanza di cui in epigrafe, nei confronti dell'art. 2, primo comma e prima parte del terzo comma, della legge 29 maggio 1989 n. 205 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 1° aprile 1989 n.121, recante inter venti infrastrutturali nelle aree interessate ai campionati mondiali di calcio del 1990) e dell'art. 4, primo, secondo e terzo comma, della legge della Regione Lazio 17 luglio 1989 n. 46 (Interventi finanziari in occasione dei campionati mondiali di calcio 1990), in relazione all'art. 97 della Costituzione;

 

- dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate, con la stessa ordinanza, nei confronti degli artt. 1, primo e secondo comma, e 2, seconda parte del terzo comma, della legge 29 maggio 1989 n. 205 e dell'art. 2, primo comma, lett. e) della legge della Regione Lazio 17 luglio 1989 n. 46, in relazione agli artt. 3, 24, 113 e 128 della Costituzione;

 

- dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata, con la stessa ordinanza, nei confronti dell'art. 4 della legge 29 maggio 1989 n. 205 in relazione agli artt. 3, 11, 24, 97 e 113 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 08/02/93.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Enzo CHELI, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 16/02/93.