Sentenza n. 226/99

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SENTENZA N. 226

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

- Prof.    Giuliano VASSALLI, Presidente

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI            

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO               

- Avv.    Massimo VARI                     

- Dott.   Cesare RUPERTO                

- Dott.   Riccardo CHIEPPA             

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY              

- Prof.    Valerio ONIDA                    

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE                     

- Avv.    Fernanda CONTRI               

- Prof.    Guido NEPPI MODONA                

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente                  

SENTENZA

nel giudizio promosso con ricorso della Regione Lombardia, notificato il 13 dicembre 1997 depositato in Cancelleria il 23 successivo per conflitto di attribuzione sorto a seguito della sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, sezione II, n. 1738 dell'8 ottobre 1997 ed iscritto al n. 59 del registro conflitti 1997.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 30 giugno 1998 il Giudice relatore Riccardo Chieppa;

uditi l'avvocato Beniamino Caravita di Toritto per la Regione Lombardia e l'Avvocato dello Stato Pier Giorgio Ferri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Con ricorso notificato il 13 dicembre 1997, la Regione Lombardia ha sollevato, in riferimento agli artt. 97, 117, 118, 121, 122 e 123 della Costituzione, nonchè allo statuto regionale, conflitto di attribuzione nei confronti della sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, sez. II, 8 ottobre 1997, n. 1738, con la quale sono state annullate:

- la deliberazione della Giunta regionale della Lombardia, n. 9479 del 1° marzo 1996, avente ad oggetto "Approvazione e trasmissione al Consiglio regionale del progetto di legge per l’approvazione del Piano territoriale di coordinamento (Ptc) del parco regionale di cintura metropolitana Parco agricolo sud Milano";

- la deliberazione di Giunta regionale n. 9480 del 1° marzo 1996, avente ad oggetto "Trasmissione al Consiglio regionale della Relazione istruttoria relativa alla verifica ai sensi dell’art. 19, comma 2, penultimo alinea della legge regionale n. 86 del 1983, concernente la proposta di piano territoriale di coordinamento del parco regionale di cintura metropolitana Parco agricolo sud Milano";

- la deliberazione della Giunta regionale n. 67573 del 20 aprile 1995, recante "Approvazione della Relazione istruttoria relativa alla proposta di approvazione del Piano territoriale di coordinamento del Parco agricolo sud Milano ai sensi dell’art. 19, comma 2, penultimo alinea della legge reg. n. 86 del 30 novembre 1983".

La Regione ricorrente premette che gli originari ricorsi esperiti avanti al Tar della Lombardia da una società, proprietaria delle aree ricomprese nel c.d. "triangolo industriale" entro le circoscrizioni comunali di Lacchiarella e Zibido San Giacomo, avverso la proposta di adozione dell’Ente gestore Provincia di Milano del piano territoriale di coordinamento del Parco agricolo sud Milano, erano stati dichiarati improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse, per effetto dell’adozione da parte della Giunta regionale della relazione istruttoria alla relativa proposta di piano territoriale di coordinamento, ritenuta dal Tribunale amministrativo regionale "nuova proposta che supera integralmente quella contenuta nella precedente deliberazione del Consiglio provinciale del 21.10.1993".

Contro tale relazione della Giunta e le deliberazioni conseguenti la società anzidetta proponeva ricorso e domanda cautelare: la fase incidentale, innanzi alla sez. I del Tar, avente ad oggetto la sospensione delle deliberazioni impugnate, veniva definita con ordinanza di diniego del 9 giugno 1996, in considerazione del fatto "che il ricorso si dirige avverso atti interni al procedimento legislativo regionale, non suscettibili in quanto tali di impugnazione in via giurisdizionale".

A differente conclusione, invece, giungeva la sezione II del Tar con la sentenza censurata con il conflitto, che, chiamata a pronunciarsi nel merito, accoglieva il ricorso e, per l’effetto, annullava le deliberazioni impugnate.

La Regione ricorrente sottolinea che il giudice amministrativo, pur riconoscendo che gli atti impugnati hanno il carattere di atti interni ad un procedimento legislativo, aventi efficacia endoprocedimentale, preclusiva del riscontro di legittimità giurisdizionale, avrebbe fondato l’impugnabilità sulla considerazione che essi producono anche effetti esterni, scaturenti dalle misure di salvaguardia di cui all’art. 18 della legge regionale n. 86 del 1983, idonei a ledere immediatamente le posizioni giuridiche soggettive dei titolari dei diritti dominicali incisi dalle deliberazioni impugnate.

Il vizio in cui incorrerebbe la sentenza del Tar rientra, secondo la Regione ricorrente, nell’ipotesi di menomazione della sfera di attribuzione costituzionalmente assegnata alla Regione da parte di un atto giurisdizionale, reiteratamente affermata dalla Corte (sentenze n. 432 del 1994; n. 285 del 1990), tale da violare gli artt. 97, 117, 118, 121, 122 e 123 della Costituzione, nonchè lo statuto regionale.

L’esorbitanza della sentenza dai confini della giurisdizione si renderebbe evidente in ragione del regime degli atti di iniziativa legislativa regionale, di cui agli artt. 71 e 121 della Costituzione, quali sono la delibera della Giunta e la trasmissione al Consiglio, che, in quanto facenti parte del procedimento legislativo, hanno lo stessa sorte dell’atto al quale sono finalizzati.

Del resto recentemente, sia con riguardo alla materia dei referendum abrogativi che a quella di variazione della circoscrizione comunale, la giurisprudenza avrebbe confermato l’acquisizione teorica che il regime giuridico degli atti di iniziativa legislativa é quello della legge cui essi ineriscono.

Nè avrebbe maggior fondamento, ai fini della prospettazione della cognizione del giudice amministrativo, la pretesa di scindere gli effetti delle delibere inserite in un procedimento legislativo, al fine di attribuirvi natura estrinsecamente e sostanzialmente amministrativa. Non esistendo, infatti, seguendo le argomentazioni della Regione Lombardia, un contenuto tipico della legge, ne discenderebbe l’impossibilità di attribuire natura e carattere amministrativo agli atti che fanno parte del procedimento legislativo, articolato in una pluralità di fasi destinate all’approvazione dell’atto legislativo.

D’altra parte la definizione di legge non dipenderebbe dal contenuto sostanziale, ma dai suoi caratteri formali; di guisa che anche un atto avente sostanza amministrativa, in forza della forma di legge assunta, attinge il valore di legge (sentenza n. 143 del 1989).

Il rimedio del giudizio incidentale di costituzionalità sarebbe lo specifico strumento atto a consentire la tutela avverso gli eventuali vizi procedimentali degli atti legislativi.

Stante la gravità dei danni conseguenti all’interruzione del procedimento legislativo di approvazione del piano territoriale di coordinamento la Regione ha fatto richiesta di sospensione della sentenza impugnata.

Si é costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall’Avvocatura generale dello Stato chiedendo che il conflitto sia dichiarato infondato.

Rileva la difesa erariale che il Tar, lungi dall’avere esercitato il sindacato giurisdizionale nei riguardi dell’atto di iniziativa della funzione legislativa, avrebbe annullato le deliberazioni della Giunta regionale nella parte in cui incidono, ai sensi dell’art. 18, sesto comma, della legge regionale n. 86 del 1983, sulla sfera giuridica dei titolari di interessi legittimi, non esorbitando pertanto dall’ordinario giudizio di legittimità.

D’altra parte, secondo l’Avvocatura, l’esercizio della potestà legislativa regionale spetta solo al Consiglio regionale, senza che alla Giunta, non essendo conferite analoghe attribuzioni di cui agli artt. 76 e 77 della Costituzione, competa il potere di adottare atti con valore di legge, sottratti al sindacato di legittimità del giudice amministrativo.

In prossimità dell’udienza la Regione Lombardia ha depositato memoria con la quale ha ribadito quanto già dedotto con il ricorso: sarebbe regola generale la qualificazione di un atto sulla base dei suoi caratteri formali, come disciplinati dalla Costituzione e dagli statuti regionali; il regime giuridico di un atto avente valore di legge, essendo inserito in un procedimento legislativo, sarebbe tipico, precludendo pertanto l’annullamento giurisdizionale; da ultimo, gli atti preparatori o prodromici non sarebbero immediatamente impugnabili in via autonoma, ma solo unitamente all’atto conclusivo del procedimento.

Inoltre, l’invasione dei poteri costituzionali garantiti alla Regione, ad avviso della Regione ricorrente, si evincerebbe, per effetto della concorrente violazione degli artt. 71 e 72 della Costituzione, dall’illegittimo annullamento di atti di iniziativa legislativa.

Considerato in diritto

1.- Con il ricorso in epigrafe indicato la Regione Lombardia ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, sez. II, in relazione alla sentenza 8 ottobre 1997, n. 1738 con la quale sono state annullate: la deliberazione della Giunta regionale della Lombardia n. 67573 del 20 aprile 1995, recante "Approvazione della Relazione istruttoria relativa alla proposta di approvazione del Piano territoriale di coordinamento del Parco agricolo sud Milano ai sensi dell’art. 19, comma 2, penultimo alinea, della legge regionale n. 86 del 30 novembre 1983"; la deliberazione di Giunta regionale n. 9480 del 1° marzo 1996, avente ad oggetto "Trasmissione al Consiglio regionale della Relazione istruttoria relativa alla verifica ai sensi dell’art. 19, comma 2, penultimo alinea, della legge regionale n. 86 del 1983, concernente la proposta di piano territoriale di coordinamento del parco regionale di cintura metropolitana Parco agricolo sud Milano" nonchè la deliberazione della Giunta regionale n. 9479 del 1° marzo 1996, avente ad oggetto "Approvazione e trasmissione al Consiglio regionale del progetto di legge per l’approvazione del Piano territoriale di coordinamento (Ptc) del parco regionale di cintura metropolitana Parco agricolo sud Milano".

La Regione lamenta che il Tribunale amministrativo regionale abbia esorbitato dai confini della giurisdizione, annullando atti del procedimento legislativo regionale, così da ledere l’integrità della potestà legislativa della Regione Lombardia con precipuo riferimento alla sfera dell’iniziativa, violando, altresì, gli artt. 97, 117, 118, 121, 122 e 123 della Costituzione, nonchè lo statuto regionale.

2.- Preliminarmente occorre richiamare quanto affermato da questa Corte, con sentenza n. 225 del 1999 in data odierna, in occasione dell’esame della questione incidentale di legittimità costituzionale delle norme della Regione Lombardia relative alla procedura di formazione, adozione e approvazione dei piani territoriali di coordinamento di parco regionale: la fattispecie si riferiva al piano del parco naturale di Montevecchia e della Valle del Curone, per il quale era già intervenuta la legge regionale di approvazione. Detti piani sostituiscono i piani territoriali paesistici nei territori compresi nei parchi naturali, ed hanno la funzione non di solo coordinamento al fine di indirizzare le successive pianificazioni sottordinate - creando vincoli nei confronti delle amministrazioni locali come indirizzo nella pianificazione (come era nella fattispecie decisa con la sentenza n. 143 del 1989)-, ma comportano immediatamente e direttamente vincoli e limiti anche per i privati.

Il legislatore regionale della Lombardia, con una scelta suscettibile di interpretazione tale da raggiungere un risultato del tutto corretto sul piano costituzionale, ha previsto un dettagliato speciale procedimento per la formazione, l’adozione, la verifica e l’approvazione del piano territoriale di coordinamento dei parchi regionali, suddiviso in due fasi autonome, aventi natura e finalità diverse.

La prima fase, esclusivamente amministrativa, con tutte le caratteristiche del "giusto procedimento", é diretta, per espressa scelta legislativa, a realizzare la partecipazione ed il concorso dei soggetti pubblici e privati portatori dei molteplici interessi coinvolti, come apporto non solo meramente collaborativo, ma con funzione anche garantistica del ruolo dei Comuni - tipica in ogni forma di pianificazione territoriale, tanto più se sovracomunale -, cioé con il concorso attivo degli enti locali, nonchè con la facoltà di intervento di altri soggetti privati interessati. Nella specie, il concorso attivo dei Comuni, data la natura dell'ente gestore del Parco, é rafforzato dall'art. 13 della legge regionale 23 aprile 1990, n. 24 (Istituzione del parco regionale di cintura metropolitana "Parco Agricolo Sud Milano").

In detta fase vengono posti in essere atti, adottati da organi amministrativi e nell’esercizio di attività amministrativa, con efficacia non limitata all’interno del procedimento di formazione e adozione del piano territoriale, ma suscettibili di ledere immediatamente, attraverso l’automatica cogenza della salvaguardia, le posizioni di tutti i soggetti interessati (pubblici e privati), che soggiacciono alle previsioni del progetto di piano (adottato dall’ente gestore ed eventualmente modificato dalla Giunta regionale) per gli effetti impeditivi rispetto ad ogni intervento in contrasto.

I vizi della delibera di adozione del piano del parco assunta dall’ente gestore e della delibera di modifiche da parte della Giunta regionale, nonchè le eventuali violazioni dello specifico procedimento amministrativo di formazione, adozione, verifica e partecipazione, non sono sottratti all’ordinario sindacato giurisdizionale sulle scelte amministrative che incidano immediatamente su posizioni giuridiche soggettive.

3.- Ovviamente, il sindacato del giudice amministrativo non può andare oltre la fase amministrativa, che si completa con la verifica del piano affidata alla Giunta regionale della Lombardia, cui spetta - in via esclusiva - un correlato potere amministrativo correttivo (introduzione di modifiche al piano) attraverso una delibera di approvazione delle modifiche.

La fase legislativa inizia con la presentazione da parte della stessa Giunta regionale del progetto di legge di approvazione del piano territoriale del parco, in quanto solo la presentazione del progetto di legge é l’atto che assume il valore di formale iniziativa legislativa di mera approvazione del piano.

Detta fase legislativa, al contrario della precedente, non può essere oggetto del sindacato diretto del giudice amministrativo, ed é soggetta al controllo di costituzionalità attraverso la verifica dell’esistenza dei vizi tipici delle leggi, compresi quelli procedimentali.

Le predette conclusioni hanno valore non solo quando la fase legislativa si sia conclusa con la legge di mera approvazione del piano (v. l’ipotesi di cui alla citata sentenza n. 225 del 1999), ma, a maggior ragione, quando non sia ancora intervenuta la legge regionale di approvazione del piano, essendo in corso l’esame della relativa proposta (come nella fattispecie di cui al presente conflitto).

In realtà, nella ipotesi considerata, dopo la sentenza oggetto del conflitto sono intervenute due leggi regionali, che hanno semplicemente prorogato il regime di salvaguardia per il Parco agricolo sud Milano (art. 3 della legge della Regione Lombardia 30 gennaio 1998, n. 3, "Proroga del regime di salvaguardia dei parchi regionali"; art. 1 della legge regionale 29 gennaio 1999, n. 7, "Proroga della salvaguardia del parco agricolo sud Milano e nuove disposizioni in materia di salvaguardia dei parchi regionali") e in via generale il regime di salvaguardia per le proposte di piano territoriale di coordinamento dei parchi regionali (art. 2 della legge regionale n. 7 del 1999, cit.).

4.- Deve, pertanto, restare fuori dall’ambito del sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo l’atto di iniziativa legislativa della Giunta regionale, cui spetta la presentazione della proposta di legge regionale di approvazione del piano del parco: l’iniziativa legislativa si perfeziona con la presentazione al Consiglio regionale della proposta di legge regionale, rispetto alla quale la delibera di Giunta di approvazione e trasmissione del progetto di legge assume valore non autonomo, ma preparatorio e meramente strumentale rispetto alla presentazione anzidetta e, come tale, non é suscettibile di essere attratta nel sindacato giurisdizionale amministrativo.

La sentenza del giudice amministrativo di accoglimento con annullamento del piano adottato può invece produrre l’effetto di rimuovere totalmente o parzialmente - a seconda dell’ampiezza dell’annullamento, totale o parziale - il contenuto del piano territoriale adottato dall’ente gestore ed eventualmente modificato dalla Giunta regionale ancorchè approvato con legge, la quale, in simili evenienze, finisce con il rimanere in tutto o in parte priva di oggetto.

La legge regionale interviene esclusivamente sulla approvazione del piano adottato dall'ente gestore e modificato dalla Giunta in sede di verifica, in funzione di controllo e di compartecipazione come atto di consenso (espressione di scelta politica) alla decisione contenuta nell'atto sottoposto ad approvazione finale. La legge anzidetta non vale nè come conversione dell’atto contenente la sostanziale programmazione pianificatoria, nè come forma di "validazione" legislativa, nè come sanatoria del piano stesso, nè fa assumere al complesso del piano anzidetto (composto da una serie di eleborati) valore di legge.

5.- Pertanto, sulla base delle predette considerazioni, il ricorso per conflitto di attribuzioni é infondato per la parte in cui la sentenza di annullamento riguarda l’approvazione della relazione istruttoria concernente la verifica compiuta dalla Giunta regionale sulla proposta di Piano territoriale di coordinamento del parco agricolo sud Milano e la conseguente adozione delle relative modifiche al piano.

Invece, il ricorso proposto dalla Regione é fondato per la parte in cui la sentenza si pronuncia, annullandola, sulla delibera della Giunta regionale n. 9479 del 1° marzo 1996 avente ad oggetto "Approvazione e trasmissione al Consiglio regionale del progetto di legge per l’approvazione del piano territoriale di coordinamento (Ptc) del parco regionale di cintura metropolitana Parco agricolo sud Milano". Tale delibera é finalizzata esclusivamente alla presentazione del progetto di legge di approvazione, e non ha valore autonomo nè comporta ulteriori effetti, ma é semplicemente preparatoria e strumentale rispetto alla iniziativa legislativa anzidetta. Ne consegue che la relativa pronuncia di annullamento del giudice amministrativo costituisce menomazione della sfera di attribuzione assegnata alla Regione con riferimento alla iniziativa legislativa ed al procedimento legislativo regionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che spetta allo Stato, e per esso al giudice amministrativo, annullare le delibere della Giunta regionale della Lombardia relative alla verifica e alle modifiche del piano territoriale dei parchi naturali e dei parchi di cintura metropolitana, in accoglimento di ricorsi proposti dai soggetti immediatamente lesi dall’applicazione delle misure di salvaguardia;

dichiara che non spetta allo Stato, e per esso al giudice amministrativo, annullare la delibera della Giunta regionale della Lombardia di approvazione e di trasmissione al Consiglio regionale di progetto di legge regionale;

annulla conseguentemente la sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, sez. II, 8 ottobre 1997, n. 1738, nella parte in cui pronuncia l'annullamento della deliberazione della Giunta regionale della Lombardia, n. 9479 del 1° marzo 1996, avente ad oggetto "Approvazione e trasmissione al Consiglio regionale del progetto di legge per l’approvazione del Piano territoriale di coordinamento (Ptc) del parco regionale di cintura metropolitana Parco agricolo sud Milano".

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 giugno 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in cancelleria l’11 giugno 1999.