Sentenza n. 23 del 2022

SENTENZA N. 23

ANNO 2022

Commento alla decisione di

Vincenzo Desantis

La sent. n. 23/2022 come occasione di nuova razionalizzazione del riparto di competenze in materia di procedure a evidenza pubblica

per g.c. del Forum di Quaderni Costituzionali

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giancarlo CORAGGIO

Giudici: Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 1, 3, 4, 7 e 8, e degli artt. 3, 4 e 6 della legge della Provincia autonoma di Trento 23 marzo 2020, n. 2 (Misure urgenti di sostegno per le famiglie, i lavoratori e i settori economici connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19 e altre disposizioni); degli artt. 13, comma 1, 14, 16, 17, 18, 19, 22 e 23 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 16 aprile 2020, n. 3 (Variazioni al bilancio di previsione della Provincia autonoma di Bolzano per gli esercizi 2020, 2021 e 2022 e altre disposizioni); dell’art. 52, commi 2, 4, lettera c), 6, 7 e 8, e dell’art. 57, comma 1, della legge della Provincia autonoma di Trento 13 maggio 2020, n. 3 (Ulteriori misure di sostegno per le famiglie, i lavoratori e i settori economici connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19 e conseguente variazione al bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2020 - 2022); dell’art. 29 della legge della Provincia autonoma di Trento 6 agosto 2020, n. 6 (Assestamento del bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2020 - 2022) e degli artt. 1, comma 4, e 2, comma 3, della legge della Provincia autonoma di Trento 30 novembre 2020, n. 13, recante «Modificazioni della legge provinciale 23 marzo 2020, n. 2, e della legge provinciale 13 maggio 2020, n. 3, in materia di contratti pubblici, e modificazioni della legge provinciale 30 dicembre 2014, n. 14, in materia di imposta immobiliare semplice (IMIS)», promossi dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorsi notificati il 22-27 maggio 2020, il 12-18 giugno 2020, il 13-17 luglio 2020, il 5-8 ottobre 2020 e il 27 gennaio-1° febbraio 2021, rispettivamente depositati in cancelleria il 28 maggio 2020, il 19 giugno 2020, il 17 luglio 2020, il 13 ottobre 2020 e il 2 febbraio 2021, iscritti ai numeri 50, 54, 59 e 92 del registro ricorsi 2020 e al n. 6 del registro ricorsi 2021, e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 25, 31, 36 e 47, prima serie speciale, dell’anno 2020, e n. 8, prima serie speciale, dell’anno 2021.

Visti gli atti di costituzione della Provincia autonoma di Trento e della Provincia autonoma di Bolzano;

udita nell’udienza pubblica del 9 novembre 2021 la Giudice relatrice Emanuela Navarretta;

uditi gli avvocati dello Stato Alessandro Maddalo e Francesco Sclafani per il Presidente del Consiglio dei ministri, l’avvocata Sabrina Azzolini per la Provincia autonoma di Trento e l’avvocata Renate Von Guggenberg per la Provincia autonoma di Bolzano, entrambe in collegamento da remoto, ai sensi del punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 18 maggio 2021;

deliberato nelle camere di consiglio dell’11 e del 25 novembre 2021.

Ritenuto in fatto

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, con il ricorso iscritto al n. 50 del reg. ric. 2020, questioni di legittimità costituzionale di varie disposizioni, di seguito indicate, della legge della Provincia autonoma di Trento 23 marzo 2020, n. 2 (Misure urgenti di sostegno per le famiglie, i lavoratori e i settori economici connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19 e altre disposizioni).

Sono stati, in particolare, impugnati: i commi 1, 3, 4, 7 e 8 dell’art. 2, che disciplina l’affidamento di contratti pubblici di importo superiore alla soglia europea, per violazione dell’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), della Costituzione, in relazione agli artt. 63, 95, comma 6, 97, commi 2, 2-bis, 2-ter e 3, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici); l’art. 3, che regola la procedura di appalto dei lavori pubblici di importo inferiore alla soglia europea, per contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in relazione all’art. 36 del d.lgs. n. 50 del 2016 (d’ora in avanti, cod. contratti pubblici); l’art. 4, che dispone meccanismi di semplificazione e di accelerazione delle procedure di affidamento, per violazione dell’art. 117, commi primo e secondo, lettere e) ed l), in relazione all’art. 80 cod. contratti pubblici; e, infine, l’art. 6, in materia di affidamento di incarichi tecnici di importo inferiore alla soglia europea, per contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in relazione agli artt. 36 e 95 cod. contratti pubblici.

2.– Con successivi ricorsi, iscritti ai numeri 59 e 92 del registro ricorsi del 2020 e 6 del registro ricorsi del 2021, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso – tra le altre – questioni di legittimità costituzionale di ulteriori disposizioni delle seguenti leggi modificative della citata legge prov. Trento n. 2 del 2020: rispettivamente, la legge della Provincia autonoma di Trento 13 maggio 2020, n. 3 (Ulteriori misure di sostegno per le famiglie, i lavoratori e i settori economici connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19 e conseguente variazione al bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2020 - 2022); la legge della Provincia autonoma di Trento 6 agosto 2020, n. 6 (Assestamento del bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2020 - 2022); la legge della Provincia autonoma di Trento 30 novembre 2020, n. 13, recante «Modificazioni della legge provinciale 23 marzo 2020, n. 2, e della legge provinciale 13 maggio 2020, n. 3, in materia di contratti pubblici, e modificazioni della legge provinciale 30 dicembre 2014, n. 14, in materia di imposta immobiliare semplice (IMIS)».

In particolare, con il ricorso n. 59 del 2020, l’Avvocatura generale ha impugnato i commi 2, 3, 4, lettera c), e 8 dell’art. 52 della legge prov. Trento n. 3 del 2020 – che hanno rispettivamente modificato i commi 1, 2, 3, lettera a), e 8 dell’art. 2 della legge prov. Trento n. 2 del 2020 – e i commi 6 e 7 del medesimo art. 52 – che hanno aggiunto i commi 5-bis e 6-bis al medesimo art. 2 –, per violazione degli artt. 4 e 8 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) e dell’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., in relazione agli artt. 32, 67, paragrafo 2, e 69 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE; agli artt. 50, 82, paragrafo 2, e 84 della direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE; agli artt. 3, 49, 56, 101, 102 e 106 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, come modificato dall’art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130; nonché agli artt. 63, 95, comma 6, 97, commi 2, 2-bis e 2-ter, e 157 cod. contratti pubblici.

Con il medesimo ricorso n. 59 del 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri ha, altresì, promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 57, comma 1, della legge prov. Trento n. 3 del 2020, che ha introdotto nella legge prov. Trento n. 2 del 2020 l’art. 7-bis, vòlto a consentire l’affidamento congiunto della progettazione e dell’esecuzione dei lavori, ponendo a base di gara il progetto preliminare o il progetto definitivo, per contrasto con gli artt. 4 e 8 dello statuto reg. Trentino-Alto Adige e con l’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost.

Di seguito, tramite il ricorso n. 92 del 2020, è stato impugnato l’art. 29 della legge della Provincia autonoma di Trento 6 agosto 2020, n. 6 (Assestamento del bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2020-2022), che ha modificato l’art. 3 della legge prov. Trento n. 2 del 2020, in quanto, incidendo sulla concorrenza, avrebbe violato i limiti alle competenze statutarie.

Infine, con il ricorso n. 6 del 2021, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale delle seguenti disposizioni: art. 1, comma 4, della legge prov. Trento n. 13 del 2020, che ha modificato l’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, per violazione degli artt. 4, 8 e 9 dello statuto reg. Trentino-Alto Adige, in relazione all’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., all’art. 67 della direttiva 2014/24/UE e all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici; art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 13 del 2020, che ha modificato l’art. 3, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, per violazione degli artt. 4, 8 e 9 dello statuto reg. Trentino-Alto Adige, in relazione all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. e all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici.

3.– In tutti i giudizi si è costituita la Provincia autonoma di Trento, la quale ha chiesto che le questioni promosse siano dichiarate inammissibili o comunque non fondate.

4.– Nell’imminenza dell’udienza di discussione, l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato memoria per il solo ricorso n. 50 del 2020, mentre la Provincia autonoma di Trento ha depositato memorie per tutti i menzionati ricorsi (numeri 50, 59 e 92 del 2020 e n. 6 del 2021).

5.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha inoltre promosso, con il ricorso iscritto al n. 54 del registro ricorsi del 2020, questioni di legittimità costituzionale di varie disposizioni, di seguito indicate, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 16 aprile 2020, n. 3 (Variazioni al bilancio di previsione della Provincia autonoma di Bolzano per gli esercizi 2020, 2021 e 2022 e altre disposizioni), in relazione a molteplici parametri che paleserebbero una violazione dei limiti statutari previsti dagli artt. 4, comma 1, e 8, comma 1, numero 17), dello statuto reg. Trentino-Alto Adige.

È stato, innanzitutto, impugnato l’art. 13, comma 1, rubricato «Disposizioni sui criteri premianti di aggiudicazione nell’ambito del subappalto a microimprese, piccole e medie imprese e imprese localizzate sul territorio provinciale», per contrasto con l’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., in relazione agli artt. 3, 49, 101, 102 e 106 TFUE, all’art. 67 della direttiva 2014/24/UE e all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici.

Parimenti, si è dubitato della legittimità costituzionale dell’art. 14, relativo alle soglie per l’affidamento diretto dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria e dei servizi ad essi connessi, in quanto ritenuto confliggente con l’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., in relazione agli artt. 3, 101, 102 e 106 TFUE e all’art. 157, comma 2, cod. contratti pubblici.

E, ancora, è stato impugnato l’art. 16, che disciplina la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando per appalti di lavori di importo pari o superiore a 2.000.000 di euro e inferiore alla soglia europea, per violazione dell’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., in relazione agli artt. 3, 101, 102 e 106 TFUE e all’art. 36, comma 2, cod. contratti pubblici.

Sempre con il ricorso n. 54 del 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’art. 17, il quale prevede misure di accelerazione delle procedure, che incidono sulla disciplina della cauzione provvisoria e sul momento di verifica dei requisiti di partecipazione, per violazione dell’art. 117, commi primo e secondo, lettere e) ed l), Cost., in relazione agli artt. 3, 101, 102 e 106 TFUE, nonché agli artt. 32, commi 7, 8 e 9, e 93 cod. contratti pubblici.

Alla luce dell’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost., è stato poi ravvisato un contrasto dell’art. 18, che disciplina i pagamenti e l’esecuzione del contratto, in relazione all’art. 101, comma 3, cod. contratti pubblici, nonché dell’art. 19, che regola l’anticipazione del prezzo, in relazione all’art. 35, comma 18, cod. contratti pubblici.

Ancora, il Presidente del Consiglio dei ministri ha dubitato della legittimità costituzionale dell’art. 22, che interviene sul regime di proroga dei contratti di appalto e di concessione, per contrasto con l’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), in relazione agli artt. 3, 101, 102 e 106 TFUE, all’art. 72, paragrafi 1 e 5, della direttiva 2014/24/UE, all’art. 43, paragrafi 1 e 5, della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, nonché in relazione all’art. 106 cod. contratti pubblici.

Infine, è stato impugnato l’art. 23, che limita l’ambito temporale di applicazione di alcune norme della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020, previste «per far fronte all’emergenza sanitaria ed economica causata dal virus SARS-CoV-2», per violazione dell’art. 117, commi primo e secondo, lettere e) ed l), Cost.

6.– Si è costituita in giudizio la Provincia autonoma di Bolzano, la quale ha chiesto che le questioni di legittimità promosse siano dichiarate inammissibili o comunque non fondate.

7.– Nella imminenza dell’udienza di discussione, l’Avvocatura generale dello Stato e la Provincia autonoma di Bolzano hanno depositato memorie.

Considerato in diritto

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, con il ricorso iscritto al n. 50 del registro ricorsi 2020, questioni di legittimità costituzionale di varie disposizioni, di seguito indicate, della legge della Provincia autonoma di Trento 23 marzo 2020, n. 2 (Misure urgenti di sostegno per le famiglie, i lavoratori e i settori economici connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19 e altre disposizioni).

Sono stati, in particolare, impugnati: i commi 1, 3, 4, 7 e 8 dell’art. 2 per violazione dell’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), della Costituzione, in relazione agli artt. 63, 95, comma 6, e 97, commi 2, 2-bis, 2-ter e 3, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici); l’art. 3 per contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in relazione all’art. 36 del d.lgs. n. 50 del 2016 (d’ora in avanti, cod. contratti pubblici); l’art. 4 per violazione dell’art. 117, commi primo e secondo, lettere e) ed l), in relazione all’art. 80 cod. contratti pubblici; e, infine, l’art. 6 per contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in relazione agli artt. 36 e 95 cod. contratti pubblici.

2.– Con successivi ricorsi, iscritti ai numeri 59 e 92 del registro ricorsi del 2020 e al n. 6 del registro ricorsi del 2021, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso – tra le altre – questioni di legittimità costituzionale di ulteriori disposizioni delle seguenti leggi modificative della citata legge prov. Trento n. 2 del 2020: la legge della Provincia autonoma di Trento 13 maggio 2020, n. 3 (Ulteriori misure di sostegno per le famiglie, i lavoratori e i settori economici connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19 e conseguente variazione al bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2020 - 2022); la legge della Provincia autonoma di Trento 6 agosto 2020, n. 6 (Assestamento del bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2020 - 2022); la legge della Provincia autonoma di Trento 30 novembre 2020, n. 13, recante «Modificazioni della legge provinciale 23 marzo 2020, n. 2, e della legge provinciale 13 maggio 2020, n. 3, in materia di contratti pubblici, e modificazioni della legge provinciale 30 dicembre 2014, n. 14, in materia di imposta immobiliare semplice (IMIS)».

In particolare, con il ricorso n. 59 del 2020, l’Avvocatura generale ha impugnato, tra gli altri, i commi 2, 3, 4, lettera c), e 8 dell’art. 52 della legge prov. Trento n. 3 del 2020 – che hanno rispettivamente modificato i commi 1, 2, 3, lettera a), e 8 dell’art. 2 della legge prov. Trento n. 2 del 2020 – e i commi 6 e 7 del medesimo art. 52 – che hanno aggiunto i commi 5-bis e 6-bis al medesimo art. 2 –, per violazione degli artt. 4 e 8 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), in relazione dell’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., agli artt. 32, 67, paragrafo 2, e 69 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE; agli artt. 50, 82, paragrafo 2, e 84 della direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE; agli artt. 3, 49, 56, 101, 102 e 106 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, come modificato dall’art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130; nonché agli artt. 63, 95, comma 6, 97, commi 2, 2-bis e 2-ter, e 157 cod. contratti pubblici.

Il ricorrente ha impugnato, altresì, l’art. 57, comma 1, della legge prov. Trento n. 3 del 2020, che ha introdotto nella legge prov. Trento n. 2 del 2020 l’art. 7-bis, per contrasto con gli artt. 4 e 8 dello statuto reg. Trentino-Alto Adige e con l’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost.

Le ulteriori questioni promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri, relative ad altre disposizioni della medesima legge prov. Trento n. 3 del 2020, sono state decise con la sentenza n. 262 del 2021.

Di seguito, con il ricorso n. 92 del 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato – tra gli altri – l’art. 29 della legge prov. Trento n. 6 del 2020, che ha modificato l’art. 3 della legge prov. Trento n. 2 del 2020, per violazione dei limiti statutari, in relazione all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

Infine, con il ricorso n. 6 del 2021, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale delle seguenti disposizioni: art. 1, comma 4, della legge prov. Trento n. 13 del 2020, che ha modificato l’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, per violazione degli artt. 4, 8 e 9 dello statuto reg. Trentino-Alto Adige, in relazione all’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., all’art. 67 della direttiva 2014/24/UE e all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici; l’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 13 del 2020, che ha modificato l’art. 3, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, per violazione degli artt. 4, 8 e 9 dello statuto reg. Trentino-Alto Adige, in relazione all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. e all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici.

3.– La Provincia autonoma di Trento si è costituita in tutti i giudizi e ha sollevato plurime eccezioni di inammissibilità.

3.1.– Con riferimento al ricorso n. 50 del 2020, ha eccepito la mancata indicazione del parametro statutario violato, a dispetto della competenza legislativa primaria spettante alla Provincia «in materia di lavori pubblici di interesse provinciale e in materia di ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetto, ai sensi dell’art. 8, comma 1, numeri 1) e 17) dello statuto speciale di autonomia per il Trentino-Alto Adige, nonché ai sensi di quanto disposto dal decreto legislativo 7 settembre 2017, n. 162 (recante le norme di attuazione statutaria in materia di contratti pubblici)».

3.2.– La difesa provinciale ha, inoltre, eccepito l’inammissibilità delle questioni sollevate in riferimento ai parametri di cui all’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost., che individuano materie di competenza legislativa primaria dello Stato, posto che l’art. 117 Cost., in ragione di quanto disposto dall’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), si applicherebbe alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome solo nella parte in cui attribuisce forme di autonomia più ampie di quelle già riconosciute dagli statuti.

La citata eccezione viene sollevata non solo in relazione al ricorso n. 50 del 2020, ma anche ai successivi ricorsi n. 59 e n. 92 del 2020 e n. 6 del 2021, che pure invocano il parametro statutario. Proprio in virtù del richiamo allo statuto speciale, il riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost., sarebbe ingiustificato e contraddittorio, tanto più che «l’affermazione della violazione dei limiti della competenza statutaria è fatta derivare direttamente dal contrasto con il codice dei contratti pubblici» (la difesa provinciale cita il punto 1.2.1. del ricorso n. 6 del 2021).

3.3.– In tutti i giudizi la Provincia autonoma di Trento lamenta, inoltre, che l’Avvocatura generale non avrebbe comprovato, per le singole disposizioni del codice dei contratti pubblici richiamate quali parametri interposti, la natura di norme fondamentali di riforma economico-sociale, mentre tale carattere sarebbe stata evocato in modo generico e cumulativo.

3.4.– Infine, secondo la Provincia resistente, la difesa erariale non avrebbe indicato, per le varie censure mosse, in quali termini si sarebbe determinato un livello di tutela della concorrenza inferiore rispetto a quello garantito dalla legislazione statale.

4.– Tutte le eccezioni di inammissibilità sopra illustrate non sono fondate.

4.1.– Quanto alla prima eccezione, con cui si lamenta la mancata indicazione nel ricorso n. 50 del 2020 del parametro statutario violato, si deve rilevare che – secondo la giurisprudenza di questa Corte – nel caso in cui venga impugnata, in via principale, la legge di una Regione a statuto speciale o di una Provincia autonoma, la mancata indicazione delle competenze statutarie non inficia di per sé l’ammissibilità della questione, qualora «siano evocate disposizioni statali espressione di competenze trasversali e configurabili, quindi, quali norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica, che costituiscono un limite alla potestà legislativa primaria delle Regioni speciali (tra le tante, sentenze n. 16 del 2020, n. 166 e n. 153 del 2019, n. 201 del 2018 e n. 103 del 2017)» (sentenza n. 255 del 2020).

Nel caso di specie, le disposizioni del codice dei contratti pubblici che attengono alla concorrenza e all’ordinamento civile – materie di chiaro tenore trasversale (per la concorrenza, ex multis, sentenze n. 134 e n. 104 del 2021, e n. 56 del 2020; per l’ordinamento civile, ex multis, sentenza n. 287 del 2016) – sono ascritte, per costante giurisprudenza costituzionale, all’area delle norme fondamentali di riforma economico-sociale (ex multis, sentenze n. 166 del 2019, n. 263 del 2016, n. 36 del 2013, n. 74 del 2012, n. 328, n. 184 e n. 114 del 2011, n. 221 e n. 45 del 2010), che limitano anche la competenza primaria delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome.

4.2.– Parimenti, non può accogliersi l’eccezione di inammissibilità sollevata in tutti i giudizi in relazione ai parametri dell’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost.

Vero è che, ai sensi dell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, l’art. 117 Cost. non è applicabile alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome se non «per le parti in cui preved[e] forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite», e questo «sino all’adeguamento» degli statuti speciali al nuovo art. 117 Cost.

Con l’art. 10, infatti, la legge cost. n. 3 del 2001, in attesa di una revisione degli statuti speciali, ha perseguito «l’obbiettivo di evitare che il rafforzamento del sistema delle autonomie delle Regioni ordinarie, attuato dalla riforma del Titolo V, potesse determinare un divario rispetto a quelle Regioni che godono di forme e condizioni particolari di autonomia» (sentenza n. 370 del 2006).

Tuttavia, l’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost. non viene evocato, nei ricorsi in esame, per negare la competenza primaria della Provincia autonoma di Trento, riconosciuta dallo statuto reg. Trentino-Alto Adige all’art. 8, comma 1, numeri 1) e 17), bensì per orientare, quale paradigma ermeneutico, l’individuazione dei limiti che tale competenza è tenuta a rispettare. Nell’indicare materie trasversali, che incarnano istanze di disciplina uniforme a livello nazionale, l’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost. contribuisce a selezionare, nell’ambito del codice dei contratti pubblici, corpo normativo dal contenuto riformatore di un rilevante settore della vita economico-sociale (sentenze n. 166 del 2019 e n. 263 del 2016), le norme fondamentali che si impongono quali limiti alla citata competenza legislativa primaria della Provincia autonoma.

In altri termini, se il codice dei contratti pubblici presenta, nel suo complesso, i tratti di una riforma economico-sociale, attuativa anche di «obblighi internazionali nascenti dalla partecipazione dell’Italia all’Unione europea» (sentenza n. 114 del 2011), la disciplina della concorrenza e quella dell’ordinamento civile segnalano, al suo interno, istanze fondamentali di uniformità che limitano la competenza primaria di Regioni a statuto speciale e di Province autonome.

Questa Corte ha, pertanto, individuato, quali norme fondamentali di riforma economico-sociale nell’ambito del codice dei contratti pubblici, quelle «che attengono, da un lato, alla scelta del contraente (alle procedure di affidamento) e, dall’altro [lato], al perfezionamento del vincolo negoziale e alla correlata sua esecuzione» (sentenza n. 45 del 2010, il cui percorso argomentativo è stato anche di recente ribadito da questa Corte: ex multis, sentenze n. 166 del 2019, n. 263 del 2016, n. 36 del 2013, n. 74 del 2012, n. 328, n. 184 e n. 114 del 2011 e n. 221 del 2010).

Il quadro sopra delineato non può ritenersi, d’altro canto, in alcun modo inciso dall’adozione del decreto legislativo 7 settembre 2017, n. 162 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol in materia di contratti pubblici), secondo cui, all’art. 1, comma 1, «le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con legge provinciale, nel rispetto della normativa dell’Unione europea e delle norme legislative fondamentali di riforma economico-sociale, ivi comprese quelle che stabiliscono i livelli minimi di regolazione richiesti dal diritto dell’Unione europea in materia di appalti e concessioni, le procedure di aggiudicazione e i contratti pubblici, compresa la fase della loro esecuzione, relativi a lavori, servizi e forniture ai sensi dell’articolo 8, comma 1, numeri 1) e 17) del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, attenendosi al predetto principio di cui all’articolo 32, comma 1, lettera c), della legge 24 dicembre 2012, n. 234».

Il citato decreto legislativo preserva, infatti, il riferimento al rispetto della normativa dell’Unione europea e delle norme legislative fondamentali di riforma economico-sociale.

Tale duplice richiamo deve essere, dunque, interpretato in linea di continuità con la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale «le disposizioni del codice dei contratti pubblici [...] regolanti le procedure di gara sono riconducibili alla materia della tutela della concorrenza, e [...] le Regioni, anche ad autonomia speciale, non possono dettare una disciplina da esse difforme (tra le tante, sentenze n. 263 del 2016, n. 36 del 2013, n. 328 del 2011, n. 411 e n. 322 del 2008)» (sentenza n. 39 del 2020; negli stessi termini, le sentenze già richiamate in questo stesso paragrafo).

La concorrenza, che in generale rinviene nell’uniformità di disciplina «un valore in sé perché differenti normative regionali sono suscettibili di creare dislivelli di regolazione, produttivi di barriere territoriali» (sentenza n. 283 del 2009), a fortiori, non tollera regole differenziate a livello locale nelle procedure che danno accesso alla stipula dei contratti pubblici.

Si deve, inoltre, precisare che, se è vero che «la nozione di concorrenza di cui al secondo comma, lettera e), dell’art. 117 della Costituzione “non può che riflettere quella operante in ambito comunitario” (sentenza n. 401 del 2007)» (sentenza n. 45 del 2010), tuttavia, tale coincidenza a livello concettuale non implica – come invece assume la difesa provinciale – che le istanze di uniformità della disciplina, che si impongono anche alle autonomie speciali, debbano limitarsi al rispetto dei livelli minimi di regolazione richiesti dal diritto dell’Unione europea. Lo statuto reg. Trentino-Alto Adige nonché il d.lgs. n. 162 del 2017, attuativo del medesimo, evocano, infatti, non soltanto il rispetto degli obblighi imposti dall’Unione europea, ma anche l’osservanza delle norme di riforma economico-sociale, tra le quali devono ascriversi quelle dettate dal codice dei contratti pubblici per le procedure di aggiudicazione, comprese «le disposizioni relative ai contratti sotto soglia (sentenze n. 263 del 2016, n. 184 del 2011, n. 283 e n. 160 del 2009, n. 401 del 2007), [...] senza che rilevi che la procedura sia aperta o negoziata (sentenza n. 322 del 2008)» (sentenza n. 39 del 2020 e, in senso conforme, sentenza n. 98 del 2020).

Quanto al parametro dell’ordinamento civile, il riferimento, contenuto nel d.lgs. n. 162 del 2017, attuativo dello statuto reg. Trentino-Alto Adige, ai «contratti pubblici, compresa la fase della loro esecuzione, relativi a lavori, servizi e forniture», va di necessità coordinato con «l’esigenza, sottesa al principio costituzionale di eguaglianza, di garantire l’uniformità di trattamento, nell’intero territorio nazionale, della disciplina dei momenti di conclusione ed esecuzione dei contratti» (sentenza n. 43 del 2011). Con riferimento a tali fasi, questa Corte «ha avuto modo di rilevare come l’amministrazione si ponga in una posizione di tendenziale parità con la controparte ed agisca non nell’esercizio di poteri amministrativi, bensì nell’esercizio della propria autonomia negoziale (sentenza n. 401 del 2007)» (sentenza n. 45 del 2010). Resta, dunque, senza dubbio, confermato il limite imposto alla competenza primaria della Provincia autonoma di Trento, costituito dal rispetto delle norme di riforma economico-sociale, contemplate dal codice dei contratti pubblici in materia di conclusione e di esecuzione dei contratti.

4.3.– Le precedenti considerazioni, nel chiarire il senso del riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost., dimostrano come siano proprio la concorrenza e l’ordinamento civile a illuminare la natura di parametro interposto delle norme del d.lgs. n. 50 del 2016 relative alle procedure di aggiudicazione nonché alla conclusione e all’esecuzione dei contratti pubblici. Tali disposizioni, pertanto, anche alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte, «riempi[ono] di contenuto i limiti statutari alla potestà legislativa regionale in materia di lavori pubblici» (sentenza n. 166 del 2019, che richiama sul punto le sentenze n. 263 del 2016 e n. 187 del 2013).

Non è, pertanto, fondata neppure l’eccezione che contesta il carattere generico delle censure riferite alle disposizioni del codice dei contratti pubblici, poiché, al contrario, il paradigma della concorrenza e quello dell’ordinamento civile consentono di perimetrare le norme di riforma economico-sociale che limitano la competenza primaria della Provincia autonoma.

4.4.– Da ultimo, non è parimenti fondata l’eccezione secondo la quale il ricorrente non avrebbe dimostrato che le singole norme impugnate abbiano determinato un livello di tutela della concorrenza inferiore rispetto a quello garantito dalla legislazione statale.

In disparte la sua natura di eccezione attinente al merito e non al rito, si deve in ogni caso ritenere che la previsione di regimi differenziati per le procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici generi, di per sé, effetti distorsivi della concorrenza. Garantire l’uniformità di tale disciplina è un obiettivo delle norme statali, che tutelano e promuovono la concorrenza.

Nella regolamentazione delle procedure di aggiudicazione non sussistono, pertanto, le condizioni che consentono a norme regionali o provinciali, riconducibili a competenze primarie, di produrre “effetti proconcorrenziali”. Le conseguenze di una diversificazione a livello territoriale, in questo ambito, sono tali da evidenziare un «contrasto con gli obiettivi posti dalle norme statali che tutelano e promuovono la concorrenza” ([…] sentenza n. 160 del 2009, che riprende, testualmente, le affermazioni della sentenza n. 431 del 2007)» (sentenza n. 45 del 2010).

5.– Infine, prima di passare all’esame del merito, occorre precisare che la Provincia autonoma di Trento ha eccepito, nelle sue memorie di costituzione, che le norme impugnate sono state oggetto di modifica e che il carattere satisfattivo di queste ultime dovrebbe determinare la cessazione della materia del contendere.

Tuttavia, anche a prescindere dalla valutazione sull’effettiva natura satisfattiva delle modifiche apportate, manca, a ben vedere, la prova dell’altro requisito necessario perché possa pronunciarsi la cessazione della materia del contendere, ovverosia la dimostrazione che la norma non abbia trovato medio tempore applicazione (ex multis, sentenze n. 125 e n. 7 del 2021; n. 200, n. 70 e n. 25 del 2020).

Al contrario, il contenuto di tali norme, che disciplinano gare su tutto il territorio provinciale, consente di presumere la loro applicazione.

6.– Venendo ora al merito, le numerose questioni promosse verranno analizzate partendo dalle singole censure, mosse dal ricorso n. 50 del 2020 alla legge prov. Trento n. 2 del 2020, per poi valutare, rispetto a ciascuna disposizione impugnata, le modifiche apportate dalle successive leggi provinciali, oggetto, a loro volta, di ulteriori impugnazioni con i susseguenti ricorsi.

7.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso, innanzitutto, questione di legittimità costituzionale dei commi 1, 3, 4, 7 e 8 dell’art. 2 della legge prov. Trento n. 2 del 2020, deducendo la violazione dell’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost.

8.– L’art. 2, comma 1, della legge prov. Trento n. 2 del 2020 stabilisce che «[i]n considerazione di quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2020 (Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull’intero territorio nazionale) e dalle altre ordinanze statali e provinciali che hanno introdotto misure di limitazione degli spostamenti sul territorio nazionale per la prevenzione e gestione dell’emergenza epidemiologica in atto, e per tutta la durata di queste limitazioni, le amministrazioni aggiudicatrici procedono all’affidamento di lavori pubblici di importo superiore alla soglia europea mediante la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara prevista dall’articolo 33 della legge provinciale 10 settembre 1993, n. 26 (legge provinciale sui lavori pubblici 1993), e all’affidamento di servizi e forniture di importo superiore alla soglia europea mediante la procedura negoziata prevista dall’articolo 63 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici); con regolamento sono definiti i criteri e le modalità per l’applicazione di questo comma anche in deroga alla normativa vigente in materia di contratti pubblici».

8.1.– Secondo il ricorrente, l’art. 2, comma 1, violerebbe l’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., ponendosi in contrasto con «il principio eurounitario della concorrenza» (vengono citate le sentenze di questa Corte n. 166 del 2019 e n. 160 del 2009) e con l’art. 63 cod. contratti pubblici. In particolare, la disposizione impugnata non rispetterebbe le condizioni dettate dall’art. 63, comma 2, lettera c), il quale consente all’amministrazione aggiudicatrice di ricorrere, «nella misura strettamente necessaria», alla procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara soltanto qualora, «per ragioni di estrema urgenza derivanti da eventi imprevedibili», non imputabili alla stessa amministrazione, «i termini per le procedure aperte o per le procedure ristrette o per le procedure competitive con negoziazione non possono essere rispettati».

8.2.– Nell’atto di costituzione in giudizio, la resistente ha eccepito la non fondatezza delle richiamate censure, perché «il legislatore provinciale non [sarebbe] tenuto a replicare in una propria norma la legge dello Stato» e «il carattere derogatorio e transeunte della disposizione si giustific[herebbe] in ragione della straordinarietà del contesto». Si tratterebbe, infatti, di una disposizione destinata a trovare applicazione in un arco ben delimitato di tempo, coincidente con i periodi in cui sono state in vigore misure di limitazione degli spostamenti, adottate, in virtù dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020, con i decreti del Presidente del consiglio dei ministri dell’8 marzo 2020, del 9 marzo 2020 e del 22 marzo 2020 – che avrebbero poi trovato conferma nel decreto legge 25 marzo 2020, n. 19 (Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19) – nonché con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° aprile 2020 e del 10 aprile 2020. Alla luce di tale quadro normativo, l’art. 2 della legge provinciale impugnata avrebbe trovato applicazione «limitatamente al periodo tra il 10 marzo ed il 3 maggio».

Ciò premesso, la difesa provinciale ha ricondotto la disciplina di cui all’art. 2 della legge prov. Trento n. 2 del 2020 alla materia dei «lavori pubblici di interesse provinciale», attribuita alla competenza legislativa primaria della Provincia dall’art. 8, comma 1, numeri 1) e 17), dello statuto reg. Trentino-Alto Adige e dall’art. 1 del d.lgs. n. 162 del 2017.

Sul presupposto di tale competenza primaria, la resistente ha sostenuto la conformità della norma impugnata rispetto a quanto sancito dall’art. 32, comma 2, lettera c), della direttiva 2014/24/UE, che consente il ricorso alla procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando, «quando, per ragioni di estrema urgenza derivanti da eventi imprevedibili all’amministrazione aggiudicatrice, i termini» per le varie procedure non possono essere rispettati. L’art. 2, comma 1, della legge prov. Trento n. 2 del 2020 sarebbe, inoltre, «in linea con quanto stabilito dall’articolo 33 della legge provinciale n. 26 del 1993 e dall’articolo 54 del relativo Regolamento attuativo nonché dall’articolo 63 del d.lgs. n. 50/2016». Ciò emergerebbe dall’art. 1, comma 1, del decreto del Presidente della Provincia 27 aprile 2020 n. 4-17/Leg. (Regolamento concernente criteri e modalità applicativi della legge provinciale n. 2 del 23 marzo 2020 per l’affidamento di contratti pubblici in emergenza COVID-19), come modificato dal successivo decreto del Presidente della Provincia 11 giugno 2020 n. 6-19/Leg. La disposizione da ultimo citata, infatti, stabilirebbe che le amministrazioni aggiudicatrici possono selezionare, per l’affidamento di lavori sopra soglia mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara, da dieci a venti operatori economici «nel rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza, rotazione» e tenendo conto di altri elementi che comunque non pregiudicherebbero «il corretto esplicarsi delle dinamiche concorrenziali».

Da ultimo, la resistente ha evidenziato come la disposizione in questione investirebbe anche le materie – di competenza legislativa provinciale primaria – dell’ordinamento degli uffici provinciali e del personale addetto, nonché dell’artigianato, del commercio e dell’incremento della produzione industriale, di cui, rispettivamente, all’art. 8, numeri 1) e 9), e all’art. 9, numeri 3) e 8), dello statuto speciale.

8.3.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, della legge prov. Trento n. 2 del 2020 è fondata per violazione dei limiti statutari, in relazione all’art. 63 cod. contratti pubblici, con assorbimento di ogni altro profilo.

8.3.1.– L’art. 2, comma 1, della legge prov. Trento n. 2 del 2020 introduce misure di semplificazione nelle procedure di aggiudicazione degli appalti di valore superiore alla soglia europea, temporalmente circoscritte, nella loro vigenza, alla durata delle limitazioni degli spostamenti sul territorio nazionale, per la prevenzione e per la gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.

La norma prevede, in particolare, che i lavori pubblici di importo superiore alla soglia europea siano affidati «mediante la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara prevista dall’articolo 33 della legge provinciale 10 settembre 1993, n. 26 (legge provinciale sui lavori pubblici 1993)» e che i servizi e le forniture di importo superiore alla soglia europea vengano affidati «mediante la procedura negoziata prevista dall’articolo 63 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici)». Infine, la disposizione precisa che, con regolamento da adottarsi, saranno definiti «i criteri e le modalità per l’applicazione [della citata previsione] anche in deroga alla normativa vigente in materia di contratti pubblici».

8.3.2.– L’art. 2, comma 1, è riconducibile all’ambito materiale delle procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici, di sicura attinenza alla materia della tutela della concorrenza (sentenze n. 98 del 2020 e n. 28 del 2013).

In particolare, la disposizione provinciale impugnata applica agli appalti sia di lavori sia di servizi e forniture di importo superiore alla soglia europea la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando, regolata, in termini generali, a livello statale, dall’art. 63 cod. contratti pubblici e, a livello provinciale, dall’art. 33 della legge prov. Trento n. 26 del 1993.

Si tratta di una «peculiare figura» (sentenza n. 168 del 2020) di aggiudicazione, fortemente limitativa della concorrenza, il ricorso alla quale richiede «rigorosi presupposti», che devono inserirsi «in un ambito di disciplina unitario finalizzato ad assicurare un sistema di tutele uniforme sull’intero territorio nazionale, che consenta la deroga ai normali metodi di gara soltanto in presenza delle condizioni puntualmente individuate dal legislatore statale» (sentenza n. 160 del 2009).

Non può, dunque, dubitarsi che sia inibito al legislatore provinciale derogare all’uniforme disciplina dettata in materia da norme di riforma economico-sociale, quali quelle dettate dal codice dei contratti pubblici, senza che possa in alcun modo rilevare la peculiare contingenza della crisi economica determinata dal COVID-19. La precarietà del contesto di emergenza non ha, infatti, ampliato le competenze provinciali, semmai, in una materia come quella dei contratti pubblici, ha acuito le esigenze di uniformità della disciplina e di certezza del diritto.

8.3.3.– Ebbene, la disposizione provinciale impugnata presenta un contenuto palesemente divergente rispetto a quanto stabilito a livello nazionale.

Il codice dei contratti pubblici autorizza il ricorso al metodo di gara in esame nelle specifiche circostanze, indicate dall’art. 63, commi 2, 3, 4 e 5. In particolare, la censura si focalizza sui presupposti previsti dal comma 2, lettera c), in base al quale «la procedura negoziata senza previa pubblicazione può essere utilizzata: […] nella misura strettamente necessaria quando, per ragioni di estrema urgenza derivante da eventi imprevedibili dall’amministrazione aggiudicatrice, i termini per le procedure aperte o per le procedure ristrette o per le procedure competitive con negoziazione non possono essere rispettati».

8.3.3.1.– Or dunque, là dove la previsione statale delinea una facoltà per le amministrazioni aggiudicatrici di avvalersi di tale procedura meno competitiva, la norma provinciale in esame contempla, viceversa, un automatismo, in quanto stabilisce che «le amministrazioni aggiudicatrici procedono all’affidamento […] mediante la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara». La disposizione provinciale opera, dunque, una cristallizzazione ex ante della valutazione che, viceversa, il codice dei contratti pubblici rimette alla discrezionalità dell’amministrazione, chiamata a operare tale scelta «nella misura strettamente necessaria» e sulla base dell’accertamento in concreto delle ragioni «di estrema urgenza derivanti da eventi imprevedibili». Ne deriva, di riflesso, una generalizzazione e un sicuro ampliamento dell’ambito di applicazione della procedura meno concorrenziale.

8.3.3.2.– Inoltre, la difformità dalla normativa statale è accentuata dalla previsione secondo cui il regolamento provinciale, chiamato a predisporre modalità e criteri di applicazione della disposizione impugnata, è legittimato espressamente a derogare alla normativa vigente (compresa quella statale) in materia di contratti pubblici.

8.3.4.– Va dunque dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, della legge prov. Trento n. 2 del 2020.

9.– La citata disposizione è stata, successivamente, oggetto di modifica ad opera dell’art. 52, comma 2, della legge prov. Trento n. 3 del 2020.

A seguito di tale intervento, la norma impugnata dispone che, «[p]er tutta la durata dello stato di emergenza sul territorio nazionale dichiarato in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili, e comunque fino al termine dell’ulteriore proroga della durata dello stato di emergenza, le amministrazioni aggiudicatrici procedono all’affidamento di lavori pubblici, all’affidamento di incarichi tecnico-professionali e all’affidamento di servizi e forniture di importo pari o superiore alla soglia europea mediante la procedura negoziata prevista dall’articolo 63 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici); negli affidamenti di lavori pubblici il responsabile del procedimento seleziona almeno dieci operatori economici, se sussistono in tale numero soggetti idonei. Con regolamento sono definiti i criteri e le modalità per l’applicazione di questo comma».

9.1.– Con il ricorso n. 59 del 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato anche tale disposizione per contrasto con i limiti statutari, in relazione all’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., all’art. 32 della direttiva 2014/24/UE, all’art. 50 della direttiva 2014/25/UE e agli artt. 63 e 157 cod. contratti pubblici.

L’Avvocatura generale dello Stato ha rilevato che, mentre le citate norme interposte consentirebbero alle amministrazioni aggiudicatrici di avvalersi della procedura negoziata senza pubblicazione del bando unicamente in presenza delle condizioni dalle stesse indicate, la disposizione provinciale permetterebbe un ricorso a tale procedura «generalizzato per gli affidamenti sopra-soglia di lavori, servizi e forniture, prescindendo […] dalla sussistenza delle condizioni richieste dalle norme europee e da quella nazionale di recepimento e indipendentemente da esse».

Il contrasto con la normativa europea emergerebbe anche alla luce della Comunicazione 2020/C/108-1101 della Commissione europea adottata il 1° aprile 2020, in cui è stata ribadita l’eccezionalità della procedura negoziata senza bando, che deve essere oggetto di una relazione che ne giustifichi la scelta e a cui le amministrazioni possono ricorrere «solo se un’impresa è in grado di fornire i risultati richiesti nel rispetto dei vincoli tecnici e temporanei imposti dall’estrema urgenza».

Il ricorrente ha osservato, infine, che la disposizione provinciale, nella parte in cui si riferisce all’affidamento degli incarichi tecnico-professionali, si porrebbe in contrasto anche con l’art. 157, comma 2, cod. contratti pubblici, altra norma di riforma economico-sociale.

9.2.– Nell’atto di costituzione in giudizio, la Provincia autonoma di Trento ha eccepito, oltre alle già esaminate ragioni di inammissibilità, la non fondatezza del ricorso per gli stessi motivi già dedotti nella memoria avverso il ricorso n. 50 del 2020.

Ad ulteriore precisazione, ha rilevato, in generale, che anche il legislatore statale avrebbe adottato norme analoghe a quella provinciale, come si desumerebbe dall’art. 2, comma 3, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale), convertito, con modificazioni, nella legge 11 settembre 2020, n. 120, alla luce del quale la gravità della crisi economica costituirebbe «ragione di estrema urgenza, a fronte della quale “non possono essere rispettati” i termini di svolgimento delle procedure ordinarie» e sarebbe, pertanto, giustificato il ricorso alla procedura negoziata di cui all’art. 63 cod. contratti pubblici. Il citato art. 2, comma 3, stabilirebbe inoltre per i «lavori pubblici rispetto ai quali l’inefficacia delle procedure di appalto risulta assumere rilevanza di maggiore gravità […] una facoltà indeterminata di operare in deroga a qualsiasi disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il codice antimafia, i vincoli inderogabili delle direttive 2014/24/UE e 2014/25/UE e i principi dettati dagli articoli 30, 34 e 42 del Codice dei contratti pubblici».

9.2.1.– Con specifico riferimento all’art. 117, primo comma, Cost., la Provincia resistente ha eccepito, inoltre, che limitazioni alla libertà di circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali, nonché al diritto di stabilimento sarebbero ammesse anche dagli artt. 45, comma 3, e 52 TFUE.

9.2.2.– Per quanto, invece, concerne la dedotta violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., la resistente ha sostenuto che le norme dettate a tutela della concorrenza si imporrebbero al legislatore provinciale soltanto nella misura in cui siano riconducibili al rispetto degli obblighi internazionali (si cita la sentenza n. 45 del 2010). In tal senso deporrebbe – sempre secondo la difesa provinciale – anche l’art. 1 del d.lgs. n. 162 del 2017, dal quale si evincerebbe che la potestà legislativa provinciale in materia di «procedure di aggiudicazione e [di] contratti pubblici, compresa la fase della loro esecuzione, relativi a lavori, servizi e forniture» non incontrerebbe «il limite della riserva allo Stato della materia “tutela della concorrenza”».

In ogni caso, la resistente ha contestato la possibilità di confrontare l’art. 63 cod. contratti pubblici e la disposizione provinciale impugnata, poiché il primo disciplinerebbe il regime ordinario, mentre la seconda atterrebbe a un contesto emergenziale.

9.3.– Anche la questione promossa nei confronti dell’art. 52, comma 2, della legge prov. Trento n. 3 del 2020, per violazione dei limiti statutari in relazione agli artt. 63 e 157, comma 1, cod. contratti pubblici, è fondata, con assorbimento di ogni altro profilo.

9.3.1.– In via preliminare, occorre ribadire – come già sopra evidenziato al punto 4.2. – che anche le norme di riforma economico-sociale, di cui al codice dei contratti pubblici, desumibili dalle esigenze poste dalla concorrenza, si impongono quali limiti alla competenza primaria delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome. Il presunto carattere vincolante dei soli obblighi prescritti dal diritto dell’Unione europea non può essere, infatti, dedotto né dalla sentenza n. 45 del 2010, né dallo stesso d.lgs. n. 162 del 2017. La prima si limita a rilevare l’identità concettuale della nozione di concorrenza, di cui dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., rispetto a quella accolta dal diritto dell’Unione europea. Il decreto legislativo, dal suo canto, richiama espressamente il necessario rispetto «delle norme legislative fondamentali di riforma economico-sociale, ivi comprese», ma non certo in via esclusiva, «quelle che stabiliscono i livelli minimi di regolazione richiesti dal diritto dell’Unione europea in materia di appalti e concessioni».

Sempre in termini generali, deve poi riaffermarsi che la crisi economica determinata dalla emergenza pandemica non può in alcun modo mutare il giudizio relativo ai limiti imposti alla competenza provinciale.

9.3.2.– Tanto premesso, occorre rilevare che l’art. 52, comma 2, della legge prov. Trento n. 3 del 2020 ha ampliato sia l’efficacia temporale della norma, estesa a tutta la durata dello stato di emergenza, sia l’ambito oggettivo della sua applicazione, riferito anche agli affidamenti di incarichi tecnico-professionali di importo pari o superiore alla soglia europea, nonché agli affidamenti di servizi e forniture di importo pari alla citata soglia. Ciò determina un inasprimento del contrasto con l’art. 63 cod. contratti pubblici, cui si aggiunge la violazione dell’art. 157, comma 1, cod. contratti pubblici, che regola a livello statale l’affidamento di incarichi tecnico-professionali, con conseguente violazione dei limiti statutari rappresentati dalle norme di riforma economico-sociale cui sono ascrivibili le citate norme codicistiche.

In particolare, l’art. 157, comma 1, cod. contratti pubblici prevede che tali incarichi siano «affidati secondo le modalità di cui alla Parte II, Titolo I, II, III e IV del presente codice», e dunque al più alle stesse condizioni di cui all’art. 63 cod. contratti pubblici; inoltre «l’affidamento diretto della direzione dei lavori e coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione al progettista è consentito soltanto per particolari e motivate ragioni e ove espressamente previsto dal bando di gara della progettazione». Viceversa, la norma impugnata prevede in via generalizzata la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando.

9.3.3.– Quanto all’affidamento di lavori pubblici, non vale a sanare il conflitto con la citata disposizione statale la modifica, contenuta nella norma impugnata, secondo la quale il responsabile unico del procedimento (RUP) deve comunque individuare almeno dieci operatori economici, «se sussistono in tale numero soggetti idonei».

La disposizione provinciale, infatti, presenta un contenuto pur sempre difforme rispetto alla norma interposta di cui all’art. 63 cod. contratti pubblici. Resta, in particolare, l’automatismo con cui viene contemplata la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando, il che inibisce all’amministrazione aggiudicatrice di verificare in concreto la sussistenza dei presupposti, di cui al comma 2, lettera c) dell’art. 63 cod. contratti pubblici, e di decidere se avvalersi di tale procedura.

9.3.4.– Parimenti non risolve il contrasto con l’art. 63 cod. contratti pubblici l’eliminazione dell’inciso secondo cui il regolamento provinciale di attuazione poteva dettare una disciplina «anche in deroga alla normativa vigente in materia di contratti pubblici». La disposizione impugnata continua, infatti, a contemplare un regolamento che detta «i criteri e le modalità» di una procedura divergente rispetto a quella disegnata dalle norme statali di riforma economico-sociale e, dunque, riflette l’illegittimità costituzionale della prima parte dell’art. 2, comma 1, come modificato dalla legge prov. Trento n. 3 del 2020.

9.4.– Da ultimo, non rileva quanto obietta la Provincia autonoma in merito alla circostanza che anche il legislatore statale avrebbe introdotto, con l’art. 2 del d.l. n. 76 del 2020, rilevanti deroghe alle norme fondamentali di riforma economico-sociale sull’aggiudicazione dei contratti sopra soglia.

Premesso che spetta solo allo Stato modificare (o derogare a) norme fondamentali di riforma economico-sociale, deve osservarsi quanto segue.

Da un lato, la modifica legislativa di tale parametro statale non può sanare retroattivamente il contrasto con una disposizione provinciale, né far venire meno l’interesse alla questione di legittimità costituzionale, se vi è stato un lasso di tempo in cui la norma impugnata ha trovato applicazione in contrasto con principi statali vigenti in quel periodo. «[L’]illegittimità costituzionale non può essere sanata per il periodo precedente a[ll’] intervent[o]» della nuova disciplina statale (sentenza n. 262 del 2021).

Da un altro lato, non può comunque tacersi che la disposizione provinciale continua a mostrare profili di frizione anche rispetto all’art. 2, comma 3, del d.l. n. 76 del 2020. La norma statale stabilisce, infatti, che, «per l’affidamento delle attività di esecuzione di lavori, servizi e forniture, nonché dei servizi di ingegneria e architettura, inclusa l’attività di progettazione, di opere di importo pari o superiore alle soglie di cui all’articolo 35 del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50, la procedura negoziata di cui all’articolo 63 del decreto legislativo n. 50 del 2016, per i settori ordinari, e di cui all’articolo 125, per i settori speciali, può» – e non deve, come invece impone la disposizione provinciale impugnata – «essere utilizzata, previa pubblicazione dell’avviso di indizione della gara o di altro atto equivalente, nel rispetto di un criterio di rotazione, nella misura strettamente necessaria quando, per ragioni di estrema urgenza derivanti dagli effetti negativi della crisi causata dalla pandemia da COVID-19 o dal periodo di sospensione delle attività determinato dalle misure di contenimento adottate per fronteggiare la crisi, i termini, anche abbreviati, previsti dalle procedure ordinarie non possono essere rispettati».

9.5.– Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 52, comma 2, della legge prov. Trento n. 3 del 2020.

10.– Con il ricorso n. 50 del 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato anche l’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, in riferimento all’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., in relazione all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici.

La disposizione provinciale prevede che: «[f]ermo restando quanto previsto dall’articolo 16, comma 4, della legge provinciale 9 marzo 2016, n. 2 (legge provinciale di recepimento delle direttive europee in materia di contratti pubblici 2016), i lavori, nonché i servizi e le forniture, per quanto compatibili, sono aggiudicati con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e l’offerta tecnica è valutata sulla base dei seguenti elementi da tradurre in criteri di natura quantitativa o tabellare: a) l’impegno da parte del concorrente di affidare in subappalto l’esecuzione di parte della prestazione a microimprese, piccole e medie imprese locali, specificando per ogni subcontratto le prestazioni affidate e i nominativi dei singoli subappaltatori; resta fermo il divieto di frazionare fra più operatori economici il subappalto di una medesima lavorazione o prestazione omogenea, come individuata nel progetto messo in gara, anche tramite lo strumento delle WBS-work breakdown structure; b) l’impegno da parte del concorrente ad acquisire le forniture necessarie per l’esecuzione della prestazione da microimprese, piccole e medie imprese locali, specificando i nominativi dei singoli fornitori; c) per le prestazioni affidate in subappalto, l’impegno del concorrente a praticare il minor ribasso rispetto all’elenco prezzi posto a base di gara, al fine di assicurare la qualità nell’esecuzione del contratto».

10.1.– Il ricorrente ha impugnato tale comma nella parte in cui stabilisce che, nell’aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, l’offerta tecnica debba essere valutata sulla base dei citati elementi «da tradurre in criteri di natura quantitativa o tabellare», poiché detti elementi non collimerebbero con i requisiti di oggettività attinenti agli «aspetti qualitativi, ambientali o sociali», richiesti dall’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici.

In riferimento poi a quanto previsto dalla lettera a) del citato comma 3, viene evocata la sentenza di questa Corte n. 440 del 2006, con la quale si è sottolineato il divieto di discriminare le imprese sulla base di un elemento di localizzazione territoriale.

10.2.– Con l’atto di costituzione in giudizio, la Provincia autonoma di Trento ha eccepito, oltre alle cause di inammissibilità già esaminate, la non fondatezza della questione.

La disposizione provinciale affiderebbe all’amministrazione la traduzione «in criteri di natura quantitativa o tabellare» degli elementi di valutazione da essa indicati e rimetterebbe ad un successivo regolamento di attuazione «il compito di declinare le modalità di questa conversione». I criteri quantitativi fissati dal comma 3 sarebbero in ogni caso «elementi di valutazione dell’offerta che non richiedono un giudizio di apprezzamento discrezionale di una qualità, bensì il mero accertamento di una quantità» e, pur perseguendo «un obiettivo sociale, ossia il sostegno alle micro, piccole e medie imprese», assicurerebbero «l’oggettività della valutazione».

Si tratterebbe, peraltro, di una previsione coerente con quanto stabilito sia dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 162 del 2017, che consente al legislatore provinciale di agevolare la partecipazione agli appalti pubblici delle piccole e medie imprese, sia dall’art. 95, comma 13, cod. contratti pubblici, che permette alle amministrazioni aggiudicatrici di indicare, nei bandi, negli avvisi o negli inviti, criteri premiali da applicare alla valutazione dell’offerta anche per agevolare la partecipazione delle micro, piccole e medie imprese.

10.3.– La questione di legittimità costituzionale, focalizzata sugli elementi di valutazione dell’offerta tecnica, da tradurre in criteri di natura quantitativa o tabellare, di cui all’art. 2, comma 3, lettere a), b) e c), della legge prov. Trento n. 2 del 2020, è fondata per superamento dei limiti statutari, in relazione all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici. Sono assorbite le ulteriori censure.

La disposizione provinciale presenta, in particolare, un contenuto difforme rispetto a quanto stabilito dalla citata norma statale di riforma economico-sociale. Secondo l’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici, i criteri di aggiudicazione dell’offerta, da stabilirsi nei documenti di gara, devono essere «pertinenti alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche del contratto». Inoltre, l’offerta economicamente più vantaggiosa deve essere valutata sulla base di criteri oggettivi, «quali gli aspetti qualitativi, ambientali o sociali, connessi all’oggetto dell’appalto».

L’art. 95, comma 6, descrive, dunque, una stretta connessione tra l’oggettività dei criteri di aggiudicazione e la loro pertinenza all’oggetto, alla natura e alle caratteristiche del contratto. Del resto, gli stessi aspetti qualitativi, ambientali e sociali devono essere connessi all’oggetto del contratto.

10.3.1.– Ciò premesso, la fondatezza della questione discende da molteplici considerazioni.

In primo luogo, l’art. 2, comma 3, dispone testualmente, che «l’offerta tecnica è valutata sulla base dei seguenti elementi da tradurre in criteri di natura quantitativa o tabellare» e, dunque, non prevede, come la norma statale, la loro necessaria riproduzione nei documenti di gara, né lascia alla stazione appaltante la possibilità di non valutarli, in quanto non attinenti all’oggetto e perciò inidonei a dimostrare la qualità dell’offerta.

Per converso, la norma codicistica di riforma economico-sociale stabilisce che sia sempre il committente a dover individuare i criteri e a dover calibrare la loro rilevanza nei documenti di gara, in ragione della pertinenza rispetto alla specifica natura e all’oggetto dell’appalto.

In secondo luogo, per gli elementi indicati dalla norma provinciale viene obbligatoriamente prescritta la conversione in criteri quantitativi o tabellari. Viceversa, ai sensi dell’art. 95 cod. contratti pubblici, la scelta se tradurre un elemento in dati quantitativi o tabellari o piuttosto lasciare alla discrezionalità tecnica il suo apprezzamento spetta ancora una volta all’amministrazione aggiudicatrice, che deve essere orientata dalla congruenza con la natura e con l’oggetto dell’appalto.

10.3.2.– Sotto un altro profilo, risulta poi contraddittorio, rispetto al giudizio sulla qualità dell’offerta, richiesto dall’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici, che orienta la valutazione «del miglior rapporto qualità/prezzo», il riferimento, di cui alle lettere a) e b) dell’impugnato comma 3, alle micro, piccole o medie imprese subappaltatrici o fornitrici locali, che introduce un elemento discriminatorio su base territoriale, ontologicamente incompatibile con un giudizio di tipo qualitativo.

Non a caso, lo stesso art. 95, comma 13, cod. contratti pubblici, che viene invocato dalla difesa provinciale in quanto consente la previsione, nei bandi, negli avvisi o negli inviti, di criteri premiali vòlti ad agevolare la partecipazione di micro, piccole e medie imprese, specifica che essi non devono violare i principi di parità di trattamento e di non discriminazione.

10.3.3.– Più in generale, come pure sottolinea l’Avvocatura, il vago riferimento all’«impegno» – di cui alle lettere a), b) e c) del comma 3 – non orienta in maniera adeguata la discrezionalità dell’amministrazione chiamata, dalla norma statale, ad indicare criteri oggettivi e pertinenti all’oggetto dell’appalto.

Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, nella parte in cui prevede che «l’offerta tecnica è valutata sulla base dei seguenti elementi da tradurre in criteri di natura quantitativa o tabellare: a) l’impegno da parte del concorrente di affidare in subappalto l’esecuzione di parte della prestazione a microimprese, piccole e medie imprese locali, specificando per ogni subcontratto le prestazioni affidate e i nominativi dei singoli subappaltatori; resta fermo il divieto di frazionare fra più operatori economici il subappalto di una medesima lavorazione o prestazione omogenea, come individuata nel progetto messo in gara, anche tramite lo strumento delle WBS-work breakdown structure; b) l’impegno da parte del concorrente ad acquisire le forniture necessarie per l’esecuzione della prestazione da microimprese, piccole e medie imprese locali, specificando i nominativi dei singoli fornitori; c) per le prestazioni affidate in subappalto, l’impegno del concorrente a praticare il minor ribasso rispetto all’elenco prezzi posto a base di gara, al fine di assicurare la qualità nell’esecuzione del contratto».

11.– L’art. 2, comma 3, lettera a), della legge prov. Trento n. 2 del 2020 è stato successivamente modificato dall’art. 52, comma 4, lettera c), della legge prov. Trento n. 3 del 2020. Al contempo, il comma 6 dell’art. 52 della legge prov. Trento n. 3 del 2020 ha aggiunto il comma 5-bis all’art. 2 della legge prov. Trento n. 2 del 2020, che ha reso facoltativo l’utilizzo dei criteri di valutazione dell’offerta, di cui al comma 3 del medesimo art. 2, per l’affidamento di servizi e forniture, restando, invece, il citato comma 3, riferito ai soli appalti di lavori, secondo quanto disposto dall’art. 52, comma 4, lettera a).

I commi 4, lettera c), e 6 dell’art. 52 sono stati impugnati con il ricorso n. 59 del 2020.

11.1.– La nuova formulazione dell’art. 2, comma 3, lettera a), della legge prov. Trento n. 2 del 2020, come modificato dal citato art. 52, comma 4, lettera c), indica ora quale criterio di valutazione dell’offerta quello del «rapporto tra l’impegno da parte del concorrente di affidare in subappalto l’esecuzione di parte della prestazione a microimprese, piccole e medie imprese locali, specificando per ogni subcontratto le prestazioni affidate, i nominativi dei singoli subappaltatori e la qualità organizzativa delle risorse impiegate da tutte le imprese esecutrici nell’esecuzione del contratto, tenuto conto di quanto previsto dall’articolo 17, comma 5, lettere l) ed n), della legge provinciale 9 marzo 2016, n. 2 (legge provinciale di recepimento delle direttive europee in materia di contratti pubblici 2016); resta fermo il divieto di frazionare fra più operatori economici il subappalto di una medesima lavorazione o prestazione omogenea, come individuata nel progetto messo in gara, anche tramite lo strumento delle work breakdown structures (WBS)».

11.1.1.– Secondo il ricorrente, anche la nuova formulazione della norma impugnata violerebbe i limiti statutari, illuminati dall’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost.

In primo luogo, la disposizione provinciale contrasterebbe con quanto statuito dall’art. 67, paragrafo 2, della direttiva 2014/24/UE e dall’art. 82, paragrafo 2, della direttiva 2014/25/UE, che richiederebbero l’individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa sulla base di «criteri obiettivi che garantiscano il rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di parità di trattamento per garantire un raffronto oggettivo del valore relativo alle offerte» (vengono citati, in proposito, i considerando 90 e 95 delle menzionate direttive).

Diversamente da quanto previsto dalla normativa europea, il legislatore provinciale non avrebbe introdotto «un criterio obiettivo, sub specie di aspetto qualitativo, ambientale o sociale, connesso all’oggetto dell’appalto, ma […] un elemento da tradurre in criterio di natura quantitativa o tabellare». Inoltre, l’impegno da parte del concorrente di affidare in subappalto l’esecuzione di parte della prestazione, prevista dalla norma impugnata, sarebbe «concretamente non idoneo a evidenziare le caratteristiche migliorative delle offerte presentate e a differenziare le stesse in ragione della rispondenza alle esigenze della stazione appaltante».

Con riferimento alla normativa statale, il ricorrente evidenzia, poi, il contrasto della disposizione provinciale con l’art. 95 cod. contratti pubblici. Gli “impegni” individuati dalla norma impugnata non sarebbero «sussumibil[i] in alcuna delle categorie esemplificate» dal comma 6 del citato art. 95, che pure individua una serie di aspetti qualitativi, ambientali o sociali sulla cui base l’offerta economicamente più vantaggiosa può essere individuata.

La disposizione provinciale, pur con le modifiche introdotte, parimenti impugnate, violerebbe, pertanto, tale norma di riforma economico-sociale, secondo quanto si desumerebbe dalla giurisprudenza costituzionale che ascrive la disciplina delle procedure di selezione dei concorrenti e dei criteri di aggiudicazione degli appalti pubblici alla materia della tutela della concorrenza (vengono citate le sentenze n. 299 e n. 52 del 2012, n. 339 e n. 184 del 2011).

11.1.2.– In senso opposto, la resistente ha precisato che, rispetto alla formulazione originaria, le modifiche apportate dal comma 4, lettera c), dell’art. 52 della legge prov. Trento n. 3 del 2020 determinerebbero, in primo luogo, una contrazione del raggio applicativo della norma, riferibile ai soli appalti di lavori pubblici e non più agli appalti di servizi e forniture, oggetto di autonoma disciplina nell’art. 2, comma 5-bis, della legge prov. Trento n. 2 del 2020.

In secondo luogo, ha sottolineato che quello censurato rappresenterebbe «un criterio prioritario, ma non necessariamente esclusivo, nelle procedure di scelta del contraente relative all’affidamento di appalti pubblici di lavori».

La Provincia resistente ha individuato, quindi, la ratio della norma nell’attuazione del principio dettato dall’art. 1 del d.lgs. n. 162 del 2017: essa sarebbe, infatti, vòlta «ad agevolare il coinvolgimento di micro, piccole e medie imprese locali», incentivando «il subappalto in favore di dette realtà imprenditoriali ritenute l’asse portante di un sistema economico sano». Diversamente da quanto sostenuto dall’Avvocatura generale, la disposizione in esame si porrebbe inoltre nel solco delle previsioni dettate dall’art. 67 della direttiva 2014/24/UE e dall’art. 82 della direttiva 2014/25/UE. Il criterio censurato sarebbe, infatti, inerente all’oggetto dell’appalto e ne sarebbe garantita l’oggettività e la trasparenza della valutazione, così come richiederebbero le direttive europee. Infatti, secondo quanto stabilito dall’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, come modificato dalla legge prov. Trento n. 3 del 2020, le amministrazioni aggiudicatrici devono comunque «tradurre in criteri di natura quantitativa o tabellare» gli elementi di valutazione elencati dalla norma in esame, «in modo da garantire l’oggettività e la trasparenza della valutazione», secondo le modalità indicate dal regolamento attuativo.

Inoltre, sarebbe apodittica e non fondata la censura rivolta all’asserita impossibilità per le amministrazioni di «ponderare l’impegno del concorrente ad affidare in subappalto l’esecuzione a favore delle micro, piccole e medie imprese locali»: la «pesatura del criterio» non sarebbe preclusa dalla natura della prestazione dedotta, poiché l’adozione di criteri di natura quantitativa o tabellare sarebbe ben applicabile anche alle prestazioni di fare e di dare cose future, come nel caso dell’impegno a subappaltare alle citate imprese.

Neppure sarebbe fondata la censura relativa alla violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., poiché al legislatore provinciale – ai sensi dell’art. 1 del d.lgs. n. 162 del 2017 – si imporrebbe soltanto il rispetto degli obblighi imposti dall’Unione europea. In ogni caso, il criterio censurato non creerebbe alcun «ostacolo all’accesso alla selezione» e potrebbe «essere realizzato dai potenziali concorrenti, senza alcun pregiudizio per la tutela della concorrenza».

11.1.3.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 52, comma 4, lettera c), della legge prov. Trento n. 3 del 2020 è fondata, in riferimento alla violazione dei limiti statutari, in relazione all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici, con conseguente assorbimento di ogni altro profilo.

La disposizione impugnata modifica l’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, introducendo un criterio composito, che pondera la preferenza per chi si impegna a subappaltare a determinate imprese con la qualità organizzativa delle risorse impiegate.

Nonostante l’emendamento, restano immutati i profili discriminatori e di indeterminatezza dell’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, già presenti e censurati rispetto alla sua originaria formulazione.

Pur se il nuovo testo della disposizione fa emergere un profilo qualitativo, relativo all’organizzazione, permane infatti la preferenza per le imprese locali e il suo confliggere in senso assiologico con la qualità dell’offerta.

Inoltre, alla indeterminatezza correlata al generico riferimento agli impegni continuano ad aggiungersi: l’imposizione in astratto dei criteri di valutazione dell’offerta individuati dalla disposizione impugnata, la mancata indicazione della loro necessaria previsione nei documenti di gara, nonché il vincolo a tradurli in criteri quantitativi o tabellari.

La disposizione provinciale impedisce, di fatto, alla stazione appaltante di scegliere i criteri maggiormente in grado di valorizzare gli elementi delle singole offerte utili e vantaggiosi per la realizzazione dell’opera.

11.1.4.– Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 52, comma 4, lettera c), della legge prov. Trento n. 3 del 2020.

11.2.– Quanto alla questione promossa con riferimento all’art. 52, comma 6, della legge prov. Trento n. 3 del 2020, essa viene riferita all’inserimento di un nuovo comma 5-bis nell’art. 2 della legge prov. Trento n. 2 del 2020, che autorizza le amministrazioni aggiudicatrici a utilizzare, per l’affidamento di servizi e forniture, tutti gli elementi di valutazione di cui al comma 3 dell’art. 2 della legge prov. Trento n. 2 del 2020.

11.2.1.– L’Avvocatura ha evidenziato come il rinvio a quest’ultima disposizione comporti che le censure sopra illustrate si riverberino sull’art. 2, comma 5-bis, introdotto dall’art. 52, comma 6, della legge prov. Trento n. 3 del 2020.

Anche per questa norma – che, a differenza dell’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, si riferisce all’affidamento di servizi e forniture, e non all’appalto di lavori – il ricorrente ha affermato la inidoneità degli «impegni del concorrente ad affidare in subappalto l’esecuzione di parte della prestazione» a evidenziare le caratteristiche migliorative delle offerte presentate e a differenziare le stesse in ragione delle esigenze della stazione appaltante.

Di conseguenza, anche in questo caso, vi sarebbe un contrasto con i limiti statutari, in relazione agli obblighi internazionali, di cui all’art. 67 della direttiva 2014/24/UE e all’art. 82 della direttiva 2014/25/UE, nonché alla norma di riforma economico-sociale, di cui all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici.

11.2.2.– Per converso, la Provincia resistente ha sostenuto la non fondatezza delle censure promosse, per le medesime ragioni già fatte valere con riferimento all’art. 52, comma 4, lettera c), della legge prov. Trento n. 3 del 2020.

11.2.3.– Le questioni sono fondate.

Anche l’art. 52, comma 6, della legge prov. Trento n. 3 del 2020 è costituzionalmente illegittimo per violazione dei limiti statutari, in relazione alla norma di riforma economico-sociale di cui all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici, con conseguente assorbimento di ogni altro profilo.

Nonostante l’art. 2, comma 5-bis, preveda che le stazioni appaltanti abbiano la facoltà di scegliere, per la valutazione dell’offerta, l’uso degli elementi di cui al comma 3, la norma continua ad imporre che essi si traducano in criteri quantitativi o tabellari, così limitando “a valle” l’autonomia dell’amministrazione.

Vi sono, inoltre, anche per tale norma, ulteriori ragioni a sostegno della fondatezza della questione. In particolare, la preferenza per chi subappalta o si rifornisce da micro, piccole o medie imprese locali – prevista nei criteri di aggiudicazione sub lettere a) e b) dell’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020 – non supera il vaglio di legittimità costituzionale, poiché conferisce rilevanza a elementi in sé discriminatori, avulsi in quanto tali da ogni possibile giudizio qualitativo sull’offerta. Manca, del resto, l’attinenza all’oggetto anche nel criterio sub lettera c), che – se scelto dalla stazione appaltante – determina un indiretto incentivo all’utilizzo del subappalto, per il quale valgono le medesime considerazioni sopra svolte.

Infine, permangono la perdurante genericità del riferimento all’“impegno”, nonché la mancata, doverosa precisazione che i criteri devono essere indicati nei documenti di gara.

11.2.4.– Va dunque dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 52, comma 6, della legge prov. Trento n. 2 del 2020.

12.– Con l’art. 1, comma 4, della legge prov. Trento n. 13 del 2020, è stato, di seguito, nuovamente modificato l’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020.

Anche la nuova formulazione della norma è stata impugnata dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso n. 6 del 2021.

In particolare, la modifica dell’art. 2, comma 3, estende la facoltà di scelta degli elementi indicati dalla medesima disposizione anche agli appalti di lavori. L’art. 1, comma 4, della legge prov. Trento n. 13 del 2020 dispone, infatti, che «[n]el comma 3 dell’articolo 2 della legge provinciale n. 2 del 2020 le parole: “I lavori sono aggiudicati con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e l’offerta tecnica è valutata sulla base dei seguenti elementi” sono sostituite dalle seguenti: “Nei lavori l’offerta tecnica può essere valutata anche sulla base di uno o più dei seguenti elementi”».

12.1.– Con il ricorso n. 6 del 2021, il Presidente del Consiglio dei ministri ha ritenuto che la disposizione impugnata violasse i parametri statutari, in relazione all’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., all’art. 67 della direttiva 24/2014/UE e all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici.

A dire dell’Avvocatura generale, le modifiche apportate dall’art. 1, comma 4, della legge prov. di Trento n. 13 del 2020 non consentirebbero di ritenere superate le censure formulate nei precedenti ricorsi, poiché l’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020 continuerebbe a discostarsi dalle norme statali e dell’Unione europea, che impongono criteri di valutazione dell’offerta oggettivi e connessi all’oggetto dell’appalto.

Più in particolare, il ricorrente sottolinea che «gli elementi di valutazione individuati, quali gli “impegni” elencati nelle lettere a), b) e c), non soddisfano detti requisiti di oggettività attinenti agli aspetti qualitativi, ambientali o sociali», sicché la Provincia avrebbe ecceduto rispetto alle competenze statutarie e si sarebbe posta in contrasto con l’art. 117, commi primo e secondo, lettera e) Cost., in materia di tutela della concorrenza, predisponendo una disciplina difforme da quella prevista dall’art. 67 della direttiva 24/2014/UE e dall’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici.

La difesa erariale si sofferma poi in particolare sugli impegni sub a) (ovvero «l’impegno da parte del concorrente di affidare in subappalto l’esecuzione di parte della prestazione a microimprese, piccole e medie imprese locali»), che ritiene contrastante con il divieto per il legislatore regionale e provinciale di frapporre barriere di carattere protezionistico alla prestazione.

12.2.– La Provincia autonoma di Trento si è costituita in giudizio e ha eccepito la non fondatezza della questione.

Innanzitutto, ha sostenuto che il legislatore provinciale sarebbe tenuto solo al rispetto degli obblighi internazionali derivanti dalle direttive europee. In ogni caso, ha sottolineato che il criterio indicato dall’art. 2, comma 3, lettera a), della legge prov. Trento n. 2 del 2020 non discriminerebbe le offerte in base all’elemento soggettivo della sede di stabilimento dell’offerente, «bensì premi[erebbe] le offerte dei concorrenti tenuto conto delle modalità di esecuzione dell’appalto» e, in particolare, del coinvolgimento delle micro, piccole e medie imprese locali. Tale criterio non precluderebbe la partecipazione alla gara di operatori economici non locali, ma consentirebbe l’attribuzione di un punteggio premiale a coloro che coinvolgessero, «nella fase esecutiva del contratto (in una fase sottratta all’applicazione della par condicio tra i concorrenti), micro, piccole e medie imprese locali». Pertanto, il citato elemento di valutazione non riguarderebbe la struttura organizzativa dell’offerente e non avrebbe perciò carattere soggettivo. Inoltre, a parere della Provincia, la disposizione pondererebbe gli obiettivi sociali con la qualità organizzativa delle risorse impiegate da tutte le imprese esecutrici e sarebbe pertanto dimostrata la connessione del criterio con l’oggetto dell’appalto. La legittimità dello scopo sociale si ricaverebbe, peraltro, dall’art. 95, comma 13, cod. contratti pubblici, che prevede la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di indicare i criteri premiali che intendono applicare alla valutazione dell’offerta, anche al fine di agevolare la partecipazione di micro, piccole e medie imprese.

Lo stesso viene sostenuto dalla difesa provinciale a proposito del criterio sub lettera b) dell’indicato art. 2, comma 3, relativo all’acquisizione di forniture per l’esecuzione dell’appalto, nonché con riguardo al criterio sub lettera c), che premierebbe i concorrenti che praticano il minor ribasso rispetto all’elenco prezzi posto a base di gara, evitando – al contempo – il fenomeno dei ribassi eccessivi nei contratti di subappalto. Tali considerazioni varrebbero ancor di più – ad avviso della resistente – se si considera che i citati criteri devono essere tradotti in valori di natura quantitativa o tabellare, esito che non sarebbe precluso dalla natura della prestazione dedotta.

12.3.– Anche l’art. 1, comma 4, della legge prov. Trento n. 13 del 2020 è costituzionalmente illegittimo, per contrasto con i limiti statutari, in relazione all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici, con assorbimento di ogni altro profilo.

Valgono, innanzitutto, le motivazioni già illustrate per disattendere la duplice eccezione secondo cui la Provincia autonoma sarebbe vincolata al mero rispetto degli obblighi imposti dall’Unione europea, dettati in materia di concorrenza, e sarebbe in ogni caso legittimata a derogare alle norme di riforma economico-sociale, in ragione della crisi determinata dall’emergenza pandemica.

Devono, inoltre, ribadirsi i medesimi argomenti che radicano la fondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 52, comma 6, della legge prov. Trento n. 3 del 2020, già in precedenza sviluppati.

In particolare, benché le stazioni appaltanti abbiano la facoltà di scegliere l’utilizzo degli elementi di valutazione dell’offerta indicati nella disposizione impugnata, la norma continua a imporre che tali elementi si traducano in criteri quantitativi o tabellari, limitando “a valle” l’autonomia dell’amministrazione.

Inoltre, quanto ai profili sub lettere a) e b) dell’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, la preferenza per chi subappalta o si rifornisce da micro, piccole o medie imprese locali evidenzia un palese carattere discriminatorio, che in quanto tale non può attenere alla qualità dell’offerta.

Infine, tanto il contenuto degli elementi indicati sub lettere a), b) e c), quanto il generico riferimento all’«impegno» a rispettarli appaiono inidonei ad essere considerati parametri oggettivi e attinenti alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche del contratto.

Peraltro, non si prevede la loro necessaria indicazione nei documenti di gara.

12.4.– Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 4, della legge prov. Trento n. 13 del 2020.

13.– Con il ricorso n. 50 del 2020 è stato impugnato anche l’art. 2, comma 4, della legge prov. Trento n. 2 del 2020.

Di seguito, l’art. 52, comma 9, della legge prov. Trento n. 3 del 2020 ha abrogato tale disposizione, ma, contestualmente, l’art. 52, comma 7, della legge prov. Trento n. 3 del 2020 ha trasfuso l’esatto suo contenuto nell’art. 2, comma 6-bis, della legge prov. Trento n. 2 del 2020.

Con il ricorso n. 59 del 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato anche l’art. 52, comma 7, della legge prov. Trento n. 3 del 2020.

Le questioni di legittimità promosse con riguardo alle due disposizioni possono essere trattate congiuntamente, in quanto le citate norme presentano la medesima formulazione. In particolare, prevedono che: «[l]a componente del prezzo viene valutata con ricorso a formule matematiche basate sulla riduzione del differenziale di punteggio all’aumentare dei ribassi, individuate nel regolamento di attuazione della legge provinciale di recepimento delle direttive europee in materia di contratti pubblici 2016».

13.1.– A parere dell’Avvocatura generale dello Stato, le due disposizioni contrasterebbero rispettivamente – secondo il ricorso n. 50 del 2020 – con l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in relazione all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici, e – secondo il ricorso n. 59 del 2020 – con gli artt. 4 e 8 dello statuto reg. Trentino-Alto Adige, in relazione all’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., all’art. 67 della direttiva 24/2014/UE e all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici.

In particolare, il ricorso n. 59 del 2020 ha evidenziato che la disposizione impugnata introdurrebbe un «criterio di valutazione che prescinde del tutto dalla considerazione delle specificità del contratto», determinando così «una disomogeneità di comportamenti all’interno del territorio nazionale».

13.2.– La Provincia autonoma di Trento, costituitasi in ambo i giudizi, ha eccepito la non fondatezza delle questioni, sostenendo che l’art. 2, comma 4, divenuto poi art. 2, comma 6-bis, della legge prov. Trento n. 2 del 2020 contempli l’obbligo per le amministrazioni aggiudicatrici di utilizzare «la cosiddetta “formula bilineare”», anziché «il criterio dell’interpolazione lineare». Tale previsione sarebbe coerente con quanto disposto dall’art. 67 della direttiva 2014/24/UE, nonché dagli artt. 30 e 95, comma 6, cod. contratti pubblici e dalle linee guida dell’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) aggiornate al 2 maggio 2018. La disposizione in esame sarebbe vòlta, infatti, ad evitare che «un eccessivo ribasso dell’offerta determini l’insostenibilità dell[a stessa] nella contingente situazione economica di grave crisi, con evidenti gravi ricadute sull’occupazione»: essa, dunque, realizzerebbe «un ragionevole bilanciamento dei contrapposti interessi, nel contesto determinato dalla situazione di emergenza epidemiologica».

13.3.– Anche le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 4, della legge prov. Trento n. 2 del 2020 e 52, comma 7, della legge prov. Trento n. 3 del 2020, sono fondate per contrasto con i limiti statutari, in relazione all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici. È assorbita ogni altra censura.

Le due disposizioni richiamate prevedono un identico e predefinito meccanismo di valutazione per la componente del “prezzo” relativa al criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa. La formula matematica, evocata dalla norma, viene specificata mediante un rinvio al decreto del Presidente della Provincia di Trento 21 ottobre 2016, n. 16-50/Leg (Regolamento di attuazione dell’art. 17, comma 2, della legge provinciale 9 marzo 2016, n. 2 recante norme in materia di applicazione del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa all'affidamento di servizi ad alta intensità di manodopera), che individua una formula di tipo «non lineare»: Vi=(Ri/Rmax)α, con α di valore compreso tra 0,3 e 0,1 a seconda del peso attribuito all’elemento prezzo. In particolare, il valore di α è: 0,3, qualora il peso dell’elemento prezzo sia inferiore o pari a 20/100; 0,2 qualora il peso dell’elemento prezzo sia superiore a 20/100 e inferiore o pari a 30/100; 0,1, qualora il peso dell’elemento prezzo sia superiore a 30/100.

In tal modo, all’aumentare del ribasso, il vantaggio nella valutazione dell’offerta cresce a un ritmo sempre più limitato.

Ebbene, se, per un verso, il pregio «di formule di questo tipo bilineare è quello di scoraggiare offerte con ribassi eccessivi (poiché ricevono un punteggio incrementale ridotto) e di limitare l’inconveniente, evidenziato per il metodo dell’interpolazione lineare, di valorizzare eccessivamente differenze contenute in termini di prezzo» (linee guida ANAC, n. 2, di attuazione del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, recanti “Offerta economicamente più vantaggiosa”), per un altro verso, il loro difetto è di limitare la concorrenza basata proprio sul prezzo.

13.3.1.– Alla luce della polivalenza dei possibili effetti della citata formula, come di altre che si potrebbero adottare, deve rilevarsi che è in sé l’automatica imposizione, tramite la disposizione provinciale, di un criterio predefinito di valutazione della componente del prezzo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, a violare la norma di riforma economico-sociale di cui all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici.

La disposizione impugnata impedisce, infatti, alla stazione appaltante, che ritenga di dover dare maggior peso alla componente del prezzo, alla luce dell’oggetto e della natura del contratto, di poter scegliere una formula diversa (come quella di cosiddetta interpolazione lineare). Allo stesso modo inibisce il ricorso (seppure adeguatamente motivato) a formule “indipendenti”, in base alle quali il punteggio attribuito al concorrente non sia condizionato da quello assegnato agli altri, che hanno il merito di consentire all’offerente di calcolare, ex ante, il proprio punteggio e di valutare meglio il punto di equilibrio che rende per l’impresa conveniente una determinata offerta.

In definitiva, imporre un criterio di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa o di una delle sue componenti finisce per tradire l’autonomia di scelta dell’amministrazione aggiudicatrice, che invece – in base al dettato dell’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici – deve correlare l’individuazione, oltre che dei criteri, anche degli elementi di valutazione degli stessi, alla natura, all’oggetto e al contenuto dell’appalto.

Non a caso, proprio alla luce di tale esigenza, la normativa statale non prevede più il rinvio al regolamento per l’identificazione delle formule di valutazione delle offerte (rinvio in precedenza stabilito dall’art. 83, comma 5, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE»), bensì riserva tale scelta alla stazione appaltante, con il solo limite – indicato nel comma 8 dell’art. 95 cod. contratti pubblici – di individuare preventivamente «nei documenti di gara, nel bando o nel documento descrittivi […] i criteri di valutazione e la ponderazione relativa attribuita a ciascuno di essi».

13.3.2.– Va dunque dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 4, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, nonché dell’art. 52, comma 7, della legge prov. Trento n. 3 del 2020.

14.– Con il ricorso n. 50 del 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 2, comma 7, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, in riferimento all’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., in relazione all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici.

La disposizione provinciale prevede che «[n]el rispetto dei principi di proporzionalità e tempestività, le amministrazioni aggiudicatrici possono ricorrere motivatamente a criteri di valutazione di natura discrezionale e solo se necessario in ragione della natura, oggetto e caratteristiche del contratto».

14.1.– L’Avvocatura generale ha ravvisato un contrasto fra la norma impugnata, che introdurrebbe «la regola dei criteri di valutazione discrezionale», e l’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici, secondo il quale «i criteri di valutazione dell’offerta devono essere sempre oggettivi» e «non possono essere rimessi alla discrezionalità dell’amministrazione aggiudicatrice».

Anche questa disposizione determinerebbe, pertanto, «una disomogeneità di comportamenti all’interno del territorio nazionale».

14.2.– Nell’atto di costituzione in giudizio, la Provincia di Trento ha eccepito la non fondatezza del motivo di ricorso incentrato sulla asserita illegittima attribuzione di discrezionalità all’amministrazione aggiudicatrice nell’individuazione dei criteri di valutazione dell’offerta. L’art. 67, comma 4, della direttiva 2014/24/UE, e l’art. 95, comma 1, cod. contratti pubblici, pur dettando il «principio del contenimento della discrezionalità nella valutazione delle offerte», non precluderebbero, invero, alle amministrazioni aggiudicatrici di adottare criteri discrezionali, sussistendone la necessità.

In ogni caso, i criteri di valutazione discrezionali, di cui al comma impugnato, indicherebbero «“i criteri qualitativi” soggetti alla valutazione da parte della commissione tecnica, in contrapposizione ai criteri qualitativi soggetti a mero accertamento». Inoltre, il comma 7 dell’art. 2 sarebbe «improntat[o] a garantire l’effettività della concorrenza e la trasparenza dei processi decisionali», senza derogare al principio per cui gli elementi di valutazione dell’offerta devono essere connessi all’oggetto dell’appalto.

14.3.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 7, della legge prov. Trento n. 2 del 2020 è fondata per contrasto con i limiti statutari, in relazione alla norma di riforma economico-sociale di cui all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici.

14.3.1.– Va premesso che l’Avvocatura generale offre un’interpretazione della disposizione provinciale impugnata, strettamente letterale e poco persuasiva, in base alla quale sarebbe stato conferito all’amministrazione un potere discrezionale, non limitato da alcun canone di oggettività o di correlazione con la natura o con l’oggetto del contratto, ma ancorato solo ad un generico rispetto dei principi di proporzionalità e di tempestività.

Sennonché, anche aderendo alla più convincente interpretazione che attribuisce alla discrezionalità evocata dalla norma in esame il carattere della discrezionalità tecnica (da ultimo, Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 12 ottobre 2021, n. 6841; Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 4 novembre 2020, n. 6818), l’illegittimità costituzionale persiste per violazione dei limiti statutari, in relazione all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici, che l’Avvocatura generale correttamente individua come norma di riforma economico-sociale.

14.3.2.– L’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici, al fine di assicurare la correttezza e la trasparenza dell’aggiudicazione, stabilisce, infatti, che la stazione appaltante fissi dei criteri di valutazione «oggettivi, quali gli aspetti qualitativi, ambientali o sociali, connessi all’oggetto dell’appalto», con il solo limite che essi siano «pertinenti alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche del contratto».

A ciò si aggiunga che, in attuazione del principio generale di cui all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici, il successivo comma 10-bis del medesimo articolo, introdotto dall’art. 60, comma 1, lettera f), del decreto correttivo al codice, di cui al decreto legislativo 17 aprile 2017, n. 56 (Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50), proprio «al fine di assicurare l’effettiva individuazione del miglior rapporto qualità/prezzo», prevede che «la stazione appaltante […] valorizz[i] gli elementi qualitativi dell’offerta e individu[i] criteri tali da garantire un confronto concorrenziale effettivo sui profili tecnici», quelli, cioè, che generalmente possono essere apprezzati mediante l’esercizio di una discrezionalità tecnica.

Di conseguenza, la disposizione provinciale, limitando viceversa l’utilizzo dei criteri di valutazione di natura discrezionale ai soli casi in cui sia «necessario», e non anche a quelli in cui sia semplicemente «pertinente», in ragione della natura, dell’oggetto e delle caratteristiche del contratto, si pone in contrasto con la normativa statale in materia di contratti pubblici. Essa, infatti, comprime la possibilità per le stazioni appaltanti di valutare le offerte secondo i criteri e i metodi ritenuti più idonei, «valorizza[ndo] gli elementi qualitativi».

14.3.3.– Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 7, della legge prov. Trento n. 2 del 2020.

15.– Con il ricorso n. 50 del 2020, anche l’art. 2, comma 8, della legge prov. Trento n. 2 del 2020 è stato oggetto di impugnazione da parte del Presidente del Consiglio dei ministri.

La norma prevede che «[c]on regolamento di attuazione possono essere stabiliti criteri per la valutazione delle offerte anomale conformi a quanto previsto dall’articolo 40 della legge provinciale sui lavori pubblici 1993 anche nel caso di ricorso all’utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa». A sua volta, il citato art. 40, comma 1, della legge Provincia autonoma di Trento 10 settembre 1993, n. 26 (Norme in materia di lavori pubblici di interesse provinciale e per la trasparenza negli appalti) dispone che «[l]’amministrazione aggiudicatrice procede alla valutazione delle offerte anomale ed alla loro esclusione dalla procedura concorsuale secondo le modalità ed i criteri automatici fissati nel regolamento di attuazione definiti anche sulla base di elementi specifici di costo diversi dal ribasso formulato dagli operatori economici».

15.1.– A parere dell’Avvocatura generale, tale disposizione si porrebbe in contrasto con l’art. 97, commi 2, 2-bis, 2-ter e 3, cod. contratti pubblici, in virtù dell’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost.

15.2.– Nell’atto di costituzione in giudizio, la Provincia autonoma di Trento ha affermato che la disposizione in esame non conterrebbe in realtà un rinvio al regolamento di attuazione, «bensì solo un rinvio all’art. 40» della legge prov. Trento n. 26 del 1993. Di conseguenza, al regolamento di attuazione sarebbe rimessa la disciplina delle modalità e dei criteri automatici di calcolo della soglia di anomalia per le sole «procedure selettive nelle quali il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa è applicato secondo elementi quantitativi o tabellari di valutazione». Tali elementi consentirebbero «di predeterminare a priori le caratteristiche apprezzate dall’Amministrazione aggiudicatrice ed il relativo peso, eliminando il margine discrezionale della valutazione».

Inoltre, la disposizione impugnata non violerebbe «il principio del contraddittorio sul motivo di esclusione tra il concorrente la cui offerta è sospetta di anomalia e la stazione appaltante». Tale principio, secondo quanto stabilito dall’indicato art. 67 (recte: 69) della direttiva 2014/24/UE, sarebbe recessivo «in caso di assenza di margini di valutazione discrezionale delle offerte tecniche». Non rileverebbe, in senso contrario, la pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza 27 novembre 2001, nelle cause riunite C-285/99 e C-286/99, Coopsette Soc. coop. Arl, che era stata adottata nella vigenza della precedente direttiva 93/37/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, «il cui rigore quanto al necessario rispetto del principio del contraddittorio era evidentemente ancorato alla necessità di evitare, nella fase iniziale dell’applicazione delle direttive medesime, che l’esclusione automatica delle offerte anomale consentisse di discriminare i concorrenti in base alla nazionalità».

15.3.– Le questioni sono fondate.

L’art. 2, comma 8, è costituzionalmente illegittimo, per violazione dei parametri statutari, in relazione alle norme di riforma economico-sociale, di cui all’art. 97, commi 2, 2-bis, 2-ter e 3, cod. contratti pubblici (nello stesso senso, sentenze n. 16 del 2021, n. 263 del 2016, n. 52 del 2012, n. 184 e n. 114 del 2011), rilevanti quali limiti allo statuto speciale. È assorbita ogni altra censura.

15.3.1.– Occorre premettere che, nell’ambito delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, la funzione del giudizio di anomalia dell’offerta è quella di garantire un equilibrio tra la convenienza per la pubblica amministrazione ad affidare l’appalto al prezzo più basso e l’esigenza di evitare un ribasso che si attesti al di là del ragionevole limite dettato dalle regole di mercato, con possibile pregiudizio della stessa corretta esecuzione del contratto.

I commi 2, 2-bis e 2-ter dell’art. 97 cod. contratti pubblici, richiamati quali norme di riforma economico-sociale, stabiliscono le modalità di valutazione della congruità delle offerte, quando il criterio di aggiudicazione è quello del prezzo più basso. Il comma 3 svolge la medesima funzione con riguardo alle ipotesi in cui il criterio di valutazione è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Tutti i commi richiamati individuano, dunque, criteri specifici di valutazione della congruità delle offerte che, ai sensi del comma 1 dello stesso art. 97 cod. contratti pubblici, determinano la soglia di anomalia, superata la quale sorge l’onere, per gli operatori economici, di fornire spiegazioni sul prezzo o sui costi proposti. La stazione appaltante esclude l’offerta solo qualora la prova esibita non giustifichi sufficientemente il basso livello di prezzi o di costi proposti (comma 5 dell’art. 97 cod. contratti pubblici).

La soglia di anomalia, per come definita dal codice dei contratti pubblici, non determina, pertanto, l’esclusione automatica delle offerte, salvo i casi tassativamente individuati dal successivo comma 8, relativi ad aggiudicazioni secondo il criterio del prezzo più basso, per importi inferiori alle soglie di cui all’art. 35, che non presentino carattere transfrontaliero, purché le offerte ammesse non siano meno di dieci e sempre che l’esclusione automatica sia prevista nel bando.

Negli altri casi, il superamento della soglia determina l’introduzione di un sub-procedimento di verifica delle ragioni che eventualmente depongano per la congruità, serietà, sostenibilità e realizzabilità dell’offerta.

15.3.2.– Diversamente da quanto delineato dalla disciplina statale, la disposizione impugnata prevede che un regolamento detti i criteri di individuazione delle offerte anomale, conformemente a quanto stabilito dall’art. 40 della legge prov. Trento n. 26 del 1993, che – come precisato supra al punto numero 15 – contempla la possibilità per l’amministrazione aggiudicatrice di procedere «alla valutazione delle offerte anomale ed alla loro esclusione dalla procedura concorsuale secondo le modalità ed i criteri automatici fissati nel regolamento di attuazione».

La norma provinciale consente, dunque, all’amministrazione di operare esclusioni automatiche anche nell’ipotesi di ricorso al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e/o per contratti di valore superiore alla soglia europea, vale a dire per fattispecie ben diverse da quelle individuate nell’art. 97 cod. contratti pubblici.

In particolare, nel rinviare al regolamento, impone l’esclusione automatica delle offerte anomale e in tal modo vìola un principio del codice dei contratti pubblici che «fissa direttamente un articolato procedimento in contraddittorio con le imprese che hanno presentato offerte anormalmente basse […] affidandone la conseguente ponderazione alle stazioni appaltanti» (sentenza n. 263 del 2016).

Chiariti i profili di illegittimità costituzionale della disposizione provinciale, a nulla vale obiettare che essa andrebbe riferita alle sole gare che fanno ricorso ai criteri di cui al precedente comma 3. Non solo, infatti, l’art. 2, comma 8, si riferisce in generale «all’utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa», ma, in ogni caso, anche circoscrivendo il suo raggio applicativo al solo utilizzo dei criteri di cui al comma 3, non risultano comunque superate le richiamate ragioni di contrasto con i principi di riforma economico-sociale dettati dall’art. 97 cod. contratti pubblici.

15.3.3.– Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 8, della legge prov. Trento n. 2 del 2020.

16.– L’art. 2, comma 8, della legge prov. Trento n. 2 del 2020 è stato di seguito modificato dall’art. 52, comma 8, della legge prov. Trento n. 3 del 2020, il quale sancisce che «[c]on regolamento di attuazione possono essere stabiliti criteri per la valutazione delle offerte anomale, conformi a quanto previsto dall’articolo 40 della legge provinciale sui lavori pubblici 1993, solamente nel caso di ricorso ai criteri di cui al comma 3».

Anche la nuova formulazione dell’art. 2, comma 8, è stata impugnata con il ricorso n. 59 del 2020.

16.1.– Nell’atto introduttivo viene preliminarmente rammentato dall’Avvocatura che analoga disposizione era già contenuta nella versione originaria della legge prov. Trento n. 2 del 2020 e che era stata già impugnata con il ricorso n. 50 del 2020. Viene, in aggiunta, evidenziato che, rispetto alla formulazione previgente, la norma innovata limiterebbe «la previsione della valutazione dell’anomalia dell’offerta […] ad una sola ipotesi, ossia quella che basa l’aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa degli appalti di lavori sugli elementi di valutazione costituiti dagli impegni del concorrente».

Sennonché, anche tale norma determinerebbe – secondo l’Avvocatura – un contrasto con l’art. 69 della direttiva 2014/24/UE e con l’art. 84 della direttiva 2014/25/UE, secondo i quali, in caso di offerte anormalmente basse, le amministrazioni aggiudicatrici devono sempre richiedere agli operatori economici spiegazioni sul prezzo. Al contempo, il legislatore provinciale avrebbe disciplinato la materia in modo difforme rispetto a quanto previsto dall’art. 97, commi 2, 2-bis e 2-ter, cod. contratti pubblici.

Alla luce di tali deduzioni, il ricorrente ritiene che la disposizione contrasti con i limiti statutari, in relazione all’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost. e alle citate norme interposte.

16.2.– Nell’atto di costituzione in giudizio, la difesa della Provincia autonoma di Trento ha sostenuto la non fondatezza delle censure mosse nei confronti della previsione impugnata.

Secondo la difesa provinciale, tale disposizione risulterebbe, innanzitutto, conforme al principio sancito dall’art. 67, comma 4, della direttiva 2014/24/UE, in quanto – consentendo al regolamento di disciplinare le modalità e i criteri automatici di calcolo della soglia di anomalia per i soli casi in cui «il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa è applicato secondo elementi quantitativi o tabellari di valutazione» – escluderebbe la sussistenza di margini di valutazione discrezionale, sicché la soglia ben potrebbe essere predefinita. I criteri quantitativi o tabellari, di cui all’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, consentirebbero «di predeterminare le caratteristiche apprezzate dall’Amministrazioni aggiudicatrice» e dunque di «individuare a priori la soglia di anomalia della riduzione del prezzo».

Non ci sarebbe, poi, violazione dell’art. 69 della direttiva 2014/24/UE, poiché tale norma non imporrebbe, diversamente da quanto sostenuto nel ricorso, il contraddittorio sulla valutazione di anomalia a seguito dell’individuazione della migliore offerta. Soltanto il comma 6 (recte: comma 4) del citato art. 69 richiederebbe espressamente il contraddittorio, ma solo qualora «l’anomalia dell’offerta sia stata determinata dalla condizione di vantaggio del concorrente determinata dall’aver conseguito un aiuto di stato». Viceversa, i commi 1 e 3 dell’art. 69 sarebbero vòlti a «garantire che le Stazioni appaltanti contestino quelle offerte il cui prezzo è anormalmente basso in modo da evitare che esse possano acriticamente approfittare di offerte per esse economiche, a detrimento di altri principi, quali l’efficacia dell’affidamento […] oppure la correttezza dell’affidamento».

La Provincia evidenzia come il descritto art. 69 della direttiva 2014/24/UE sarebbe molto diverso dall’art. 30, paragrafo 4, della direttiva 93/37/CEE, che invece richiedeva un rigoroso rispetto del principio del contraddittorio, norma che la Corte di giustizia avrebbe posto a fondamento della sentenza 27 novembre 2001, nelle cause riunite C-285/99 e C-286/99. Alla luce di tali considerazioni non vi sarebbe alcun attrito con il citato art. 69 e pertanto sarebbe non fondato il motivo di ricorso focalizzato sull’asserita violazione dell’art. 117, comma 1, Cost.

Quanto al parametro di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. la difesa provinciale contesta innanzitutto che il ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri abbia evocato il contrasto con i soli commi 2, 2-bis e 2-ter dell’art. 97 cod. contratti pubblici, che riguarderebbero le procedure «governate dal criterio del prezzo più basso [mentre] la valutazione di anomalia dell’offerta in caso di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa è disciplinata dall’articolo 95 [recte: 97], comma 3».

In ogni caso, la censura non sarebbe fondata perché, ai sensi dell’art. 1 del d.lgs. n. 162 del 2017, il legislatore provinciale avrebbe competenza legislativa in merito alle «procedure di aggiudicazione e [ai] contratti pubblici, compresa la fase della loro esecuzione, relativi a lavori, servizi e forniture».

16.3.– La questione di legittimità costituzionale, prospettata per violazione dei limiti statutari, in relazione ai commi 2, 2-bis e 2-ter dell’art. 97 cod. contratti pubblici, è inammissibile poiché le norme interposte invocate disciplinano la congruità dell’offerta, quando questa sia valutata secondo il criterio del prezzo più basso. Per converso, la disposizione impugnata, l’art. 52, comma 8, della legge prov. Trento n. 3 del 2020, attiene ai soli contratti aggiudicati secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

L’inconferenza dei parametri richiamati dal ricorrente ridonda in un giudizio di inammissibilità della questione (in questo senso, sentenze n. 69 del 2021, n. 245, n. 189 e n. 144 del 2020, n. 198 del 2019).

16.4.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 52, comma 8, della legge prov. Trento n. 3 del 2020 è fondata per contrasto con i limiti statutari derivanti dagli obblighi imposti dal diritto dell’Unione europea.

Nonostante la riduzione dell’ambito di intervento, attuato con la modifica dell’art. 2, comma 8, da parte della legge prov. Trento n. 3 del 2020, permane il rinvio a forme di esclusione automatiche. Tale indicazione confligge con il diritto dell’Unione europea, relativamente al quale, anche di recente, la Corte di giustizia ha ribadito il carattere illegittimo dell’esclusione automatica delle offerte anomale (Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenze 10 settembre 2020, in causa C-367/19, Tax-Fin-Lex d.o.o.; 15 maggio 2008, nelle cause riunite C-147/06 e C-148/06, SECAP spa e altro). L’applicazione della regola dell’esclusione automatica delle offerte considerate anormalmente basse potrebbe, in particolare, «configurare una discriminazione indiretta, danneggiando in pratica gli operatori degli altri Stati membri che, essendo dotati di strutture dei costi diverse, potendo beneficiare di economie di scala rilevanti o desiderando ridurre al minimo i propri margini di profitto al fine di inserirsi più efficacemente nel mercato di riferimento, sarebbero in grado di presentare un’offerta competitiva e nel contempo seria e affidabile, della quale l’amministrazione aggiudicatrice non potrebbe tuttavia tenere conto» (Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza 15 maggio 2008, nelle cause riunite C-147/06 e C-148/06, SECAP spa e altro).

In particolare, non convince l’interpretazione dell’art. 69 della direttiva n. 2014/24/UE prospettata dalla difesa provinciale, secondo cui la disposizione avrebbe contemplato il contraddittorio, e dunque inibito le esclusioni automatiche, solo se l’offerente si fosse avvalso di aiuti di Stato. Al contrario, il paragrafo 1 dell’art. 69 si riferisce espressamente alla necessità che l’operatore economico fornisca all’amministrazione aggiudicatrice spiegazioni «sul prezzo o sui costi proposti nelle offerte se queste appaiono anormalmente basse rispetto a lavori, forniture o servizi», onde consentire alla stazione appaltante di valutare in contraddittorio – come si deduce da una piana lettura del paragrafo 3 – se respingere o meno l’offerta. Quest’ultima norma prevede, infatti, che «l’amministrazione aggiudicatrice valuta le informazioni fornite consultando l’offerente», vale a dire in contraddittorio, dopodiché può «respingere l’offerta solo se la prova fornita non giustifica sufficientemente il basso livello di prezzi o di costi proposti, tenendo conto degli elementi di cui al paragrafo 2». È, dunque, confutato per tabulas che il contraddittorio emergerebbe dal mero paragrafo 4 dell’art. 69 della direttiva indicata, relativamente agli operatori che abbiano ottenuto un aiuto di Stato. Viceversa, tale ipotesi si caratterizza solo per la circostanza di richiedere all’offerente una particolare dimostrazione tesa a impedire l’esclusione fondata unicamente sull’anomalia dell’offerta.

Da ultimo, non sono persuasive le considerazioni svolte dalla Provincia secondo cui «i criteri quantitativi o tabellari di valutazione consentono di predeterminare le caratteristiche apprezzate dall’Amministrazione aggiudicatrice ed il relativo peso, eliminando qualsiasi margine di valutazione discrezionale», il che consentirebbe di individuare a priori la soglia di anomalia della riduzione del prezzo a base d’asta.

Al di là, infatti, dei problemi di prevedibilità della soglia posti da tale soluzione normativa, resta il dato che, nell’ambito dell’aggiudicazione secondo l’offerta economicamente più vantaggiosa, deve essere sempre consentita all’offerente la possibilità di fornire una spiegazione delle ragioni sottese all’entità della propria offerta (artt. 69 della direttiva 2014/24/UE e 82, paragrafi 1, 2 e 3, della direttiva 2014/25/UE).

Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 52, comma 8, della legge prov. Trento n. 3 del 2020.

17.– Con ricorso n. 50 del 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 della legge prov. Trento n. 2 del 2020.

Va, innanzitutto, precisato che il ricorso impugna l’intero articolo, ma il tenore sostanziale della censura investe i soli commi 1, 2 e 4.

In particolare, il comma 1, prevede che «[p]er accelerare la realizzazione delle opere pubbliche, al fine di fronteggiare la crisi economica dovuta alla situazione di emergenza sanitaria in atto, le amministrazioni giudicatrici […] procedono all’appalto di lavori con procedura negoziata senza la previa pubblicazione di un bando di gara, ai sensi dell’art. 33 della legge provinciale sui lavori pubblici 1993, per lavori di importo non superiore alla soglia di rilevanza europea, anche avvalendosi dell’Agenzia provinciale per gli appalti e contratti». A tal fine, il comma 2 dispone che «il responsabile del procedimento seleziona un numero di imprese da invitare compreso tra dieci e quindici, per i lavori di importo complessivo inferiore a 2 milioni di euro, o compreso tra dieci e venti, negli altri casi». Se, tuttavia, «l’importo stimato, per il singolo contratto, non è superiore a 150.000 euro gli inviti inviati […] sono rivolti ad almeno cinque imprese ritenute idonee» (così stabilisce il comma 4).

17.1.– Secondo l’Avvocatura generale, l’impugnato art. 3 si porrebbe in contrasto con l’art. 36 cod. contratti pubblici, «che detta un’articolata e diversa disciplina delle modalità di affidamento» dei cosiddetti contratti sotto soglia e prevede che l’affidamento e l’esecuzione di tali contratti avvenga «nel rispetto dei principi di cui agli articoli 30, comma 1, 34 e 42, nonché [n]el rispetto del principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti e in modo da assicurare l’effettiva possibilità di partecipazione delle microimprese, piccole e medie imprese».

17.2.– Nell’atto di costituzione in giudizio, la resistente sostiene che il legislatore provinciale avrebbe voluto «dare impulso al settore accelerando le procedure di affidamento finalizzate alla realizzazione delle opere pubbliche, in modo da contribuire a fronteggiare la crisi economica dovuta alla situazione di emergenza in atto». In ragione di una possibile «incerta esecuzione dell’appalto da parte di imprese provenienti da specifici territori maggiormente colpiti dall’epidemia», la procedura negoziata senza bando consentirebbe «alle Amministrazioni aggiudicatrici di procedere celermente agli affidamenti dell’esecuzione di opere pubbliche […] posto che l’interesse alla tutela della concorrenza nell’odierno contesto di emergenza recede a fronte del prioritario interesse a garantire la continuità delle commesse pubbliche pur in un contesto operativo incerto e mutevole».

In ogni caso, «il rispetto della piena concorrenzialità tra gli operatori economici» sarebbe garantito «dall’indicazione del numero di imprese da invitare che, in misura superiore a quanto previsto dalla normativa statale, è compreso tra dieci e venti». Quanto alla mancata evocazione dei principi di rotazione degli inviti e degli affidamenti, essa non comporterebbe la «negazione della vigenza» degli stessi, «la cui precettività [informerebbe] lo svolgimento della procedura negoziata senza bando».

17.3.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi 1, 2 e 4, della legge prov. Trento n. 2 del 2020 è fondata, per violazione dei limiti statutari, in relazione all’art. 36 cod. contratti pubblici, norma di riforma economico-sociale.

La disciplina provinciale impugnata contrasta con quanto dispone la menzionata norma di riforma economico-sociale, sotto molteplici prospettive.

17.3.1.– Innanzitutto, la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando, di cui all’art. 33 della legge prov. Trento n. 26 del 1993, viene prevista, nella disposizione impugnata, in via di automatismo e non come mera facoltà, diversamente da quanto prospetta l’art. 36, comma 2, cod. contratti pubblici, il quale espressamente preserva la possibilità per la stazione appaltante di ricorrere alle procedure ordinarie.

Inoltre, quanto al profilo del procedimento di aggiudicazione, secondo l’art. 3, comma 2, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, è sufficiente invitare fra dieci e quindici operatori per l’affidamento dei lavori di importo inferiore ai due milioni di euro e fra dieci a venti operatori per quelli di valore da due milioni di euro alla soglia europea. Per converso, secondo l’art. 36, comma 2, lettera d), cod. contratti pubblici, già per l’affidamento di lavori di importo pari o superiore a un milione di euro è necessaria la procedura di cui all’art. 60. Pertanto, sopra la citata soglia, la normativa statale prevede l’utilizzo della procedura aperta.

17.3.2.– Il rinvio della norma impugnata all’art. 33 della legge prov. n. 26 del 1993 consente poi di cogliere ulteriori profili di contrasto con la normativa statale.

Occorre, a tal fine, premettere che, per costante orientamento di questa Corte, l’ammissibilità del ricorso in via principale non è preclusa dal carattere confermativo o riproduttivo di una disposizione rispetto ad altra norma non impugnata, in quanto «ogni provvedimento legislativo esiste a sé e può formare oggetto di autonomo esame ai fini dell’accertamento della sua legittimità: l’istituto dell’acquiescenza non si applica ai giudizi in via principale, atteso che la norma impugnata ha comunque l’effetto di reiterare la lesione da cui deriva l’interesse a ricorrere dello Stato (ex plurimis, sentenze n. 237, n. 98 e n. 60 del 2017, n. 39 del 2016, n. 215 e n. 124 del 2015)» (sentenza n. 25 del 2021). Di conseguenza, una disposizione ripetitiva di una precedente norma è comunque impugnabile e oggetto di censura anche rispetto al contenuto riproduttivo o di rinvio.

Orbene, tanto chiarito, si deve osservare che l’art. 33, comma 4, della legge prov. Trento n. 26 del 1993 prevede che «la stazione appaltante individua gli operatori economici da consultare sulla base di informazioni riguardanti le caratteristiche di qualificazione economico-finanziaria e tecnico-organizzativa desunte dal mercato» solo «se possibile». La disposizione pertanto diverge dall’art. 36, comma 2, lettere b), c) e c-bis), cod. contratti pubblici, secondo le quali, viceversa, gli operatori devono essere sempre individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti. E, a tal riguardo, le linee guida ANAC n. 4, recanti «Affidamento dei contratti sotto-soglia, indagini di mercato ed elenchi di operatori economici», contengono una normativa di dettaglio.

Da ultimo, sempre il rinvio che la disposizione censurata opera all’art. 33 della legge prov. Trento n. 26 del 1993 evidenzia un ulteriore profilo di contrasto, che riguarda i principi ispiratori delle norme di riforma economico-sociale dettate dal codice dei contratti pubblici. Il citato art. 33 della legge prov. Trento n. 26 del 1993 prevede, al comma 4, il «rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza e rotazione», nonché, al comma 5, il rispetto «dei principi di non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità e trasparenza», ma solo se le procedure di cui al comma 4 sono consentite dalla normativa statale «per i lavori d’importo complessivo inferiore a un milione di euro». Viceversa, l’art. 36, comma 1, cod. contratti pubblici stabilisce per l’affidamento di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di cui all’art. 35 cod. contratti pubblici il necessario rispetto, oltre che dei principi di rotazione degli inviti e degli affidamenti, in modo anche da assicurare l’effettiva possibilità di partecipazione delle micro, piccole e medie imprese, nonché dei principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, anche l’osservanza del principio di sostenibilità ambientale di cui all’art. 34, nonché delle discipline relative al conflitto di interessi, al contrasto di frodi e corruzione (di cui all’art. 42 cod. contratti pubblici) e al rispetto delle clausole sociali (all’art. 50 cod. contratti pubblici).

17.3.3.– Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, commi 1, 2 e 4, della legge prov. Trento n. 2 del 2020.

18.– L’art. 3 della legge prov. Trento n. 2 del 2020, relativamente ai commi già in precedenza impugnati, è stato, di seguito, ulteriormente modificato dall’art. 29 della legge prov. Trento n. 6 del 2020. In particolare, la nuova disposizione ha introdotto le seguenti novità: ha inserito un comma 01 che recita: «[l]e amministrazioni aggiudicatrici possono procedere all’affidamento diretto di lavori, servizi e forniture, compresi i servizi di ingegneria e architettura, fino alla soglia prevista, per tale tipologia di affidamento, dall’art. 1, comma 2, lettera a), del decreto-legge n. 76 del 2020»; ha sostituito, nel comma 1, le parole «procedono all’appalto di lavori» con «possono procedere all’appalto di lavori»; e ha abrogato il comma 4.

18.1.– Con il ricorso iscritto al reg. ric. n. 92 del 2020, è stato impugnato anche l’art. 29 della legge prov. di Trento n. 6 del 2020, insieme ad altre questioni promosse con riferimento a ulteriori disposizioni, esaminate in un differente giudizio.

Il ricorrente ha evidenziato che, con la nuova previsione, il legislatore provinciale avrebbe modificato sotto vari profili l’art. 3 della legge prov. di Trento n. 2 del 2020, che era stato già impugnato, in quanto «investiva le materie trasversali della tutela della concorrenza, delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali e dell’ordine pubblico, con violazione dei limiti della competenza statutaria e dell’articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione».

A dire dell’Avvocatura generale, le modifiche apportate dall’art. 29 della legge prov. di Trento n. 6 del 2020 «non consent[irebbero] di ritenere superate le censure formulate» nel predetto ricorso. Conseguentemente, sono state proposte «integralmente le questioni già oggetto di impugnativa in ordine al suddetto articolo 3», poiché la Provincia avrebbe ecceduto dalle competenze statutarie e si sarebbe posta in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. in materia di tutela della concorrenza.

18.2.– La Provincia autonoma di Trento si è costituita in giudizio per eccepire, innanzitutto, la palese inammissibilità della questione per «genericità della censura sollevata».

La resistente, oltre a far valere le eccezioni generali di inammissibilità già in precedenza esaminate, ha rilevato, nello specifico, che il ricorrente si sarebbe limitato a traslare sull’art. 29 della legge prov. Trento n. 6 del 2020 le contestazioni già rivolte all’art. 3 della legge prov. Trento n. 2 del 2020, con il ricorso iscritto al reg. ric. n. 50 del 2020.

18.3.– L’eccezione è fondata.

Il ricorrente si limita a dedurre la violazione dei limiti statutari e dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., senza sviluppare alcuna autonoma e specifica motivazione (sentenza n. 7 del 2021). L’argomentazione consta di un mero rinvio per relationem alle censure mosse con il ricorso n. 50 del 2020 nei confronti dell’art. 3 della legge prov. Trento n. 2 del 2020 (sentenze n. 258 del 2020, n. 160 del 2020, n. 214 del 2019 e n. 88 del 2018, ordinanze n. 85 e n. 64 del 2018).

Simile generica doglianza non individua neppure, se non per quanto possa inferirsi sempre per relationem, le specifiche disposizioni impugnate all’interno dell’art. 29 della legge prov. Trento n. 6 del 2020, contenente previsioni eterogenee, nonché il parametro interposto che, in virtù dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., assurgerebbe al ruolo di norma di riforma economico-sociale violata dalla disposizione provinciale.

Difettano, dunque, una, sia pur sintetica, argomentazione (sentenze n. 171, n. 95 e n. 78 del 2021), nonché gli elementi, anche minimi, che consentono di esaminare nel merito le censure mosse dal ricorrente sul punto (sentenze n. 174 del 2020, n. 290 e n. 198 del 2019, n. 245 del 2018).

La questione va dichiarata, pertanto, inammissibile per l’assoluta genericità della doglianza promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri.

19.– Sempre l’art. 3, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020 è stato, di seguito, modificato dall’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 13 del 2020, secondo cui «[n]el comma 3 dell’articolo 3 della legge provinciale n. 2 del 2020 le parole: “[g]li appalti di lavori pubblici di importo superiore a quello previsto dall’articolo 16, comma 3, della legge provinciale di recepimento delle direttive europee in materia di contratti pubblici 2016 sono aggiudicati con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa secondo i criteri previsti dall’articolo 2, comma 3, di questa legge” sono sostituite dalle seguenti: “[p]er l’affidamento di lavori di importo inferiore alle soglie europee, le amministrazioni aggiudicatrici aggiudicano, a loro scelta, sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa o del prezzo più basso. Se i lavori sono aggiudicati con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa l’offerta tecnica può essere valutata anche sulla base di uno o più dei criteri previsti dall’articolo 2, comma 3, di questa legge.”».

In sostanza, la disposizione provinciale – nel caso dell’aggiudicazione di lavori sotto le soglie europee – oltre a preservare la scelta per l’amministrazione aggiudicatrice fra il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e quello del prezzo più basso, rende facoltativa la possibilità di valutare l’offerta tecnica con uno o più dei criteri indicati dall’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020.

19.1.– Con il ricorso iscritto al reg. ric. n. 6 del 2021, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato, tra l’altro, anche tali modifiche, in riferimento ai parametri statutari, in relazione all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. e all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici.

A parere dell’Avvocatura generale, la disposizione provinciale rinvia ai criteri dell’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020 e, pertanto, si esporrebbe alle medesime censure di illegittimità costituzionale illustrate, sempre nel ricorso n. 6 del 2021, per l’impugnazione dell’art. 1, comma 4, della legge prov. Trento n. 13 del 2020, che negli stessi termini ha reso facoltativo – nel caso dell’aggiudicazione dei lavori sopra-soglia – l’utilizzo dei criteri indicati nell’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020.

19.2.– Secondo la difesa provinciale il motivo sarebbe infondato «alla luce delle medesime considerazioni svolte» per l’art. 1, comma 4.

Peraltro, trattandosi di procedure di affidamenti sotto-soglia, «a maggior ragione si dovr[ebbe] ritenere che l’infondatezza del motivo [non sia] smentita all’articolo 95, comma 13, del d.lgs. 50/2016».

19.3.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 13 del 2020, promossa per violazione dei limiti statutari, in relazione all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici, è fondata nella parte in cui il citato art. 2, comma 3, modificando l’art. 3, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, prevede che «[s]e i lavori sono aggiudicati con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa l’offerta tecnica può essere valutata anche sulla base di uno o più dei criteri previsti dall’articolo 2, comma 3, di questa legge».

L’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 13 del 2020, pur rendendo facoltativo, nella valutazione delle offerte secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, il ricorso ai criteri di cui all’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, continua, per l’aggiudicazione dei lavori sotto-soglia, a consentire il loro utilizzo, similmente a quanto dispongono, rispettivamente, il nuovo comma 3, per i lavori sopra-soglia, e il comma 5-bis dell’art. 2 della legge prov. Trento n. 2 del 2020, per l’aggiudicazione di servizi e forniture. Valgono, pertanto, le stesse considerazioni spese in ordine all’illegittimità costituzionale di questi ultimi.

In particolare, da un lato, il riferimento alle micro, piccole e medie imprese subappaltrici e fornitrici locali di cui alle lettere a) e b) dell’indicato art. 2, comma 3, non può in alcun modo attenere alla qualità dell’offerta, neppure in senso sociale, trattandosi al contrario di criteri discriminatori. Da un altro lato, l’eventuale scelta dell’elemento di cui alla successiva lettera c) si traduce di fatto in un indiretto incentivo all’utilizzo del subappalto, che in quanto tale non può attenere all’oggetto e alla qualità della prestazione. Infine, il riferimento generico agli “impegni” non delimita a sufficienza la discrezionalità dell’amministrazione, che oltretutto non è tenuta ad indicare nei documenti di gara i criteri individuati dalla disposizione provinciale.

Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 13 del 2020, là dove, modificando il comma 3 dell’art. 3 della legge prov. Trento n. 2 del 20202, inserisce il seguente ultimo periodo: «Se i lavori sono aggiudicati con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa l’offerta tecnica può essere valutata anche sulla base di uno o più dei criteri previsti dall’articolo 2, comma 3, di questa legge».

20.– Con il ricorso iscritto al n. 50 del reg. ric. 2020 anche l’art. 4 della legge prov. Trento n. 2 del 2020 è stato impugnato.

L’articolo, che detta «[d]isposizioni per la semplificazione e l’accelerazione delle procedure di affidamento», prevede, al comma 1, che «la partecipazione alle procedure equivale a dichiarazione di insussistenza dei motivi di esclusione e di possesso dei criteri di selezione specificati dal bando di gara o dalla lettera di invito»; mentre, al comma 2, stabilisce che «le amministrazioni giudicatrici procedono all’esame delle offerte e, successivamente, al fine della stipula del contratto, verificano l’assenza dei motivi di esclusione e il possesso dei requisiti di selezione in capo al solo aggiudicatario e all’eventuale impresa ausiliaria».

20.1.– Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, tale disposizione contrasterebbe con l’art. 117, commi primo e secondo, lettere e) ed l), Cost., e con quanto sancito dall’art. 80 cod. contratti pubblici.

Il citato art. 80, precisa il ricorrente, impedirebbe, «al fine di garantire una concorrenza effettiva […] (non solo la stipula del contratto ma anche) la partecipazione alle gare di operatori economici non idonei, per i quali sussistono i motivi di esclusione ivi individuati». La disposizione provinciale non sarebbe, dunque, in linea con la suddetta norma di riforma economico-sociale, vòlta ad impedire la partecipazione alle gare di operatori economici non idonei.

20.2.– Nell’atto di costituzione in giudizio, la resistente ha sottolineato che l’art. 4, commi 1 e 2, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, lungi dal rappresentare un ostacolo alla concorrenza, costituirebbe una «semplificazione degli oneri amministrativi di partecipazione che consent[irebbe] di estendere la partecipazione alle gare pubbliche anche a soggetti che, per quanto competenti dal punto di vista delle capacità tecniche, sono meno strutturati dal punto di vista dell’organizzazione amministrativa».

L’impugnato art. 4, comma 1, sarebbe, inoltre, pienamente coerente con quanto affermato dal considerando n. 84 della direttiva 2014/24/UE e con «il principio di riduzione degli oneri amministrativi quale mezzo di semplificazione dell’azione amministrativa», principio che avrebbe trovato crescente considerazione anche da parte del legislatore statale.

Ciò premesso, non sarebbero fondate le censure promosse con riferimento alla pretesa violazione della competenza statale in materia di ordinamento civile, poiché il citato comma 1 non detterebbe «una norma sulla forma della manifestazione di volontà, la quale rimane forma scritta, ma solo sul modo della manifestazione della volontà».

Quanto alle censure mosse all’art. 4, comma 2, esse risulterebbero non fondate, poiché la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di esaminare le offerte prima della verifica dei requisiti di partecipazione sarebbe consentita dagli artt. 56, paragrafo 2, e 57, paragrafo 5, della direttiva 2014/24/UE.

Sia il comma 1 sia il comma 2 dell’art. 4 sarebbero inoltre estranei alla materia «ordine pubblico», anch’essa evocata dal ricorrente.

Concludendo – secondo la resistente – le previsioni di cui all’art. 4 perseguirebbero, durante il periodo emergenziale, l’obiettivo di bilanciare ragionevolmente «l’esigenza di escludere dalla competizione nel corso della procedura selettiva i concorrenti che presentano motivi di esclusione o privi dei criteri di selezione […] e l’esigenza di prevenire ritardi nello svolgimento della procedura di aggiudicazione».

20.3.– Le questioni promosse nei confronti dei due citati commi dell’art. 4 devono essere esaminate separatamente.

20.3.1.– Con riferimento all’art. 4, comma 1, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, la questione di legittimità costituzionale è fondata, per violazione dei limiti statutari, in relazione alla norma di riforma economico-sociale, di cui all’art. 80 cod. contratti pubblici. È assorbito il profilo relativo alla violazione dei «vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali».

L’art. 80 cod. contratti pubblici, evocato dalla difesa erariale quale parametro interposto, individua, ai commi 1, 2, 4, 5 e 9, le cause di esclusione dalla partecipazione alla procedura di aggiudicazione. Inoltre, il comma 12 dello stesso art. 80 indica le conseguenze della presentazione di false «dichiarazioni» e di false «documentazioni». Da questa disposizione si inferisce che la disciplina statale richiede che siano dichiarate e talora documentate precise informazioni, che non è dato, dunque, desumere dal mero fatto della presentazione della domanda di partecipazione, tanto più che un fatto concludente non consente di imputare alcuna responsabilità per un falso che non è stato neppure dichiarato.

Le esigenze di semplificazione amministrativa, cui allude la difesa provinciale, sono invero già recepite, a livello statale, dagli artt. 81 e 85 cod. contratti pubblici, che hanno ridotto gli oneri documentali, posti a carico dei concorrenti nelle procedure di gara, e semplificato le verifiche, introducendo forme di autodichiarazione per una serie di informazioni, tra le quali quelle correlate alle cause di esclusione di cui all’art. 80 cod. contratti pubblici.

In particolare, il principale strumento che consente di realizzare gli obiettivi di semplificazione delle procedure è il Documento di gara unico europeo (DGUE), disciplinato dal citato art. 85, che costituisce una forma di auto-dichiarazione aggiornata in cui l’operatore economico, al momento della presentazione delle domande o delle offerte, attesta, in sostituzione dei certificati rilasciati da autorità pubbliche o da terzi, che il motivo di esclusione non si applica o che un dato criterio di selezione è soddisfatto e fornisce le informazioni rilevanti richieste dall’amministrazione.

Tanto premesso, è di tutta evidenza che ritenere un comportamento concludente, quale la partecipazione alla procedura di aggiudicazione, equivalente a un’autodichiarazione sulla insussistenza dei motivi di esclusione (oltre che sul possesso dei criteri di selezione) introduce una norma di contenuto radicalmente difforme rispetto all’art. 80 cod. contratti pubblici, e alla sottesa esigenza di «tutela della concorrenza».

La norma provinciale, prescindendo dalla dichiarazione, non consente di disincentivare la partecipazione di operatori che non soddisfano i requisiti indicati da tale disposizione. Non potrà, in particolare, trovare applicazione il deterrente dell’art. 80, comma 12, cod. contratti pubblici, che disciplina le conseguenze della falsa dichiarazione, essendo la dichiarazione presupposto di tale previsione. In tal modo, la norma provinciale mina la tutela della concorrenza, che trova una sua forma di protezione anche nell’evitare che soggetti senza requisiti partecipino alla procedura, in violazione della par condicio e della trasparenza.

20.3.2.– Anche la questione promossa in merito all’art. 4, comma 2, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, per contrasto con i limiti statutari, in relazione all’art. 80 cod. contratti pubblici, è fondata, con assorbimento di ogni altro profilo.

La norma provinciale posticipa, a un momento successivo all’aggiudicazione e antecedente alla stipula del contratto, la verifica in merito all’assenza dei motivi di esclusione e al possesso dei requisiti di selezione, che viene, dunque, effettuata solo in capo aggiudicatario e all’eventuale impresa ausiliaria.

Per converso, il codice dei contratti pubblici evoca, in diversi commi dell’art. 80, l’esclusione dalla partecipazione alla gara per coloro che non abbiano i requisiti previsti dal medesimo articolo, onde evitare che operatori privi di essi prendano parte alla procedura, in violazione della par condicio e della trasparenza.

Di conseguenza, la disposizione impugnata, indicando, quale criterio generale e salva la previsione di cui al comma 5 del medesimo art. 4, quello del controllo sui requisiti solo rispetto all’aggiudicatario e all’eventuale impresa ausiliaria, introduce una normativa difforme dall’art. 80 cod. contratti pubblici e un’automatica inversione dell’esame delle offerte prima della verifica dell’idoneità degli offerenti.

Né può ritenersi che la norma provinciale possa trovare una giustificazione in quanto dispone l’art. 1, comma 3, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32 (Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici), convertito, con modificazioni, nella legge 14 giugno 2019, n. 55, che ha esteso «fino al 31 dicembre 2020» (termine poi differito al 30 giugno 2023) anche ai settori ordinari quanto previsto, per i settori speciali, dall’art. 133, comma 8, cod. contratti pubblici.

Spetta invero solo allo Stato bilanciare la tutela della concorrenza con la semplificazione delle procedure. Come ha già osservato questa Corte nella sentenza n. 39 del 2020, «[l]a scelta di consentire o meno l’inversione procedimentale implica un delicato bilanciamento fra le esigenze di semplificazione e snellimento delle procedure di gara e quelle, fondamentali, di tutela della concorrenza, della trasparenza e della legalità delle medesime procedure, bilanciamento che non può che essere affidato al legislatore nazionale nell’esercizio della sua competenza esclusiva in materia, quale garanzia di uniformità della disciplina su tutto il territorio nazionale».

In ogni caso, la citata disposizione statale stabilisce la possibilità di invertire l’esame delle offerte rispetto alla verifica della idoneità degli offerenti solo relativamente alle procedure aperte, alle quali normalmente partecipano numerosi operatori, e unicamente in termini di facoltà concessa alle stazioni appaltanti, previa indicazione della stessa nel bando di gara o nell’avviso con cui si indice la gara. Per converso, la disposizione provinciale impugnata prevede tale inversione per qualunque procedura e in via di automatismo.

20.3.3.– Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, commi 1 e 2, della legge prov. Trento n. 2 del 2020.

21.– Con il ricorso n. 50 del 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato, infine, l’art. 6 della legge prov. Trento n. 2 del 2020.

Tale disposizione prevede quanto segue: «1. Per accelerare la realizzazione delle opere pubbliche, al fine di fronteggiare la crisi economica dovuta alla situazione di emergenza sanitaria in atto, la selezione dei soggetti per l’affidamento di incarichi tecnici di importo inferiore alla soglia di rilevanza europea, mediante affidamento diretto o mediante confronto concorrenziale, è effettuata secondo quanto previsto da quest’articolo. 2. Nei casi di affidamento diretto, l’affidatario è individuato in deroga alla procedura prevista dall’articolo 24 bis del decreto del Presidente della Provincia 11 maggio 2012, n. 9-84/Leg (Regolamento di attuazione della legge provinciale 10 settembre 1993, n. 26 concernente “Norme in materia di lavori pubblici di interesse provinciale e per la trasparenza negli appalti” e di altre norme provinciali in materia di lavori pubblici), con le modalità previste dall’articolo 25 bis del medesimo decreto e nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 19 ter della legge provinciale di recepimento delle direttive europee in materia di contratti pubblici 2016. Ferma restando la possibilità per il responsabile del procedimento di derogarvi, ove lo ritenga necessario, costituiscono riferimento per la congruità del ribasso offerto le seguenti percentuali di ribasso o la loro media pesata se l’affidamento ha ad oggetto opere appartenenti a più di una tipologia di opera: a) per le opere “edilizia -strutture impianti”: ribasso minimo 10 per cento, ribasso massimo 20 per cento; b) per le opere “geologia”: ribasso minimo 15 per cento, ribasso massimo 25 per cento; c) per le opere “mobilità – idraulica – informazione – paesaggio – urbanistica”: ribasso minimo 20 per cento, ribasso massimo 30 per cento; d) per le opere “coordinamento sicurezza”: ribasso minimo 25 per cento, ribasso massimo 35 per cento. 3. In caso di affidamento di incarichi tecnici mediante confronto concorrenziale, è invitato un numero di soggetti idonei compreso tra cinque e dieci, selezionati con le modalità previste dall’articolo 25 bis del decreto del Presidente della Provincia n. 9-84/Leg del 2012 e nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 19 ter della legge provinciale di recepimento delle direttive europee in materia di contratti pubblici 2016. Gli incarichi sono aggiudicati con il criterio del prezzo più basso, oppure, solo se necessario in ragione della natura, oggetto o caratteristiche del contratto e in ogni caso, per la progettazione architettonica, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Quando l’amministrazione aggiudicatrice ricorre ad elementi di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa esclusivamente di natura quantitativa o tabellare non nomina la commissione tecnica. 4. Quest’articolo si applica agli affidamenti effettuati o alle procedure la cui lettera di invito è inviata dopo la data di entrata in vigore di questa legge ed entro ventiquattro mesi dalla medesima data».

21.1.– Secondo l’Avvocatura generale, l’articolo sopra richiamato, nel disciplinare sia l’affidamento di incarichi tecnici di importo inferiore alla soglia di rilevanza europea «mediante affidamento diretto o mediante confronto concorrenziale», sia i criteri di aggiudicazione e la congruità dell’offerta in modo diverso rispetto agli artt. 36 e 95 cod. contratti pubblici, recherebbe disposizioni in contrasto con tali norme di riforma economico-sociale, alla luce dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

21.2.– La difesa provinciale si difende nel merito procedendo a una analitica disamina dei primi tre commi dell’art. 6.

21.2.1.– Quanto al comma 1, sostiene che il legislatore provinciale non avrebbe inteso «consentire l’utilizzo dell’affidamento diretto e del confronto concorrenziale in fattispecie diverse da quelle già previste nell’ordinamento provinciale», bensì «solo dettare una disciplina parzialmente diversa delle modalità di svolgimento di queste procedure». In particolare, non vi sarebbe alcuna deroga all’art. 24 del Regolamento di attuazione della legge della Provincia autonoma di Trento n. 26 del 1993, che «individua le circostanze a fronte delle quali è possibile procedere all’affidamento di incarichi tecnici mediante affidamento diretto». In definitiva, il primo comma dell’art. 6 impugnato si limiterebbe a svolgere «una funzione ricognitiva delle due modalità di affidamento» di tali incarichi, «da applicare nel periodo di eccezionale crisi economica».

21.2.2.– Anche il comma 2 dell’art. 6 avrebbe – secondo la difesa provinciale – per lo più effetto ricognitivo, confermando l’applicazione dell’art. 19-ter della legge prov. Trento n. 2 del 2016 e dell’art. 25-bis del regolamento di attuazione della legge prov. Trento n. 26 del 1993.

Introducendo la previsione in base alla quale l’individuazione dell’affidatario deve avvenire in deroga all’art. 24-bis del citato regolamento, la norma impugnata avrebbe consentito all’amministrazione provinciale di «accelerare le procedure di scelta dei professionisti ai quali affidare gli incarichi tecnici per lo svolgimento dei lavori pubblici, pretermettendo il sistema dell’invito ai tre operatori economici e conseguente sorteggio, ma nel rispetto del principio di rotazione introdotto con legge provinciale n. 2 del 2019».

Inoltre, il comma 2 dell’art. 6 – là dove dispone la disapplicazione del sistema di valutazione delle anomalie basato sul computo della media dei ribassi degli incarichi affidati nei dodici mesi precedenti, previsto dal citato art. 24-bis del regolamento attuativo della legge provinciale sui lavori pubblici, e sostituisce tale sistema con «l’indicazione in legge di percentuali minime e massime di ribasso, non vincolanti, in quanto motivatamente superabili, ove necessario, dal Responsabile del procedimento» – sarebbe finalizzato ad evitare, «in un periodo connotato da un forte rallentamento dell’economia», la presentazione di offerte caratterizzate da ribassi insostenibili. La previsione normativa precostituirebbe una griglia di valutazione che consentirebbe al responsabile del procedimento di decidere velocemente sulla congruità degli affidamenti.

21.2.3.– Da ultimo, con riferimento al comma 3 dell’art. 6 impugnato, che concerne le modalità di affidamento degli incarichi tecnici sotto soglia mediante il confronto concorrenziale, la difesa della Provincia autonoma di Trento afferma che esso consentirebbe di applicare il criterio di aggiudicazione più adeguato a seconda della tipologia di incarico: quello del prezzo più basso per incarichi tecnici che non richiedono «elaborazione estetica del prodotto tecnico oggetto di incarico», quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa per gli incarichi «che richiedono sia l’applicazione di cognizioni tecnico-specialistiche sia un’elaborazione estetica dell’oggetto della prestazione». In questi casi, qualora gli elementi di valutazione dell’offerta siano esclusivamente di natura quantitativa o tabellare, al fine di assicurare la celerità delle procedure di aggiudicazione, la disposizione prevede che non venga nominata la commissione tecnica, trattandosi di situazione «del tutto scevra da margini di valutazione discrezionale».

Se è vero che l’art. 95 cod. contratti pubblici prevede sempre il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa per l’affidamento dei servizi di architettura e di ingegneria pari o superiori a euro 40.000, il legislatore provinciale avrebbe tuttavia individuato «un sottoinsieme di incarichi rispetto ai quali la valutazione qualitativa risulta imprescindibile», mentre i restanti incarichi verrebbero affidati al prezzo più basso «entro una soglia di valore più elevata di quella ordinariamente applicata, al fine di ridurre i margini di valutazione discrezionale e accelerare così i tempi di svolgimento della selezione del contraente».

Anche questa disposizione sarebbe, pertanto, giustificata dalla necessità di semplificare le procedure di affidamento degli incarichi al fine di evitare un rallentamento delle commesse pubbliche nella fase di crisi economica determinata dall’applicazione delle misure emergenziali di contenimento del contagio.

21.3.– Le censure mosse dall’Avvocatura coinvolgono diversi aspetti relativi agli incarichi tecnici.

In particolare, esse si appuntano sulle procedure dell’affidamento diretto o mediante confronto concorrenziale (commi 1, 2, primo periodo, e 3, primo periodo), sull’imposizione di parametri di congruità dell’offerta, nel caso dell’affidamento diretto (comma 2, secondo periodo) e sulla scelta tra il criterio del prezzo più basso e quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, nel caso dell’affidamento mediante confronto concorrenziale (comma 3, secondo periodo).

21.3.1.– Le questioni promosse con riguardo all’art. 6, commi 1, 2, primo periodo, e 3, primo periodo, in relazione alle condizioni per procedere all’affidamento diretto e alle modalità che regolano il confronto concorrenziale, sono inammissibili per inadeguata e carente motivazione nonché per incompleta ricostruzione del quadro normativo.

Con riferimento a tale disciplina, il ricorso n. 50 del 2020 si limita laconicamente ad affermare che «anche per tale disposizione si richiamano le già citate sentenze della Corte costituzionale n. 166 del 2019 e n. 160/2009 sul riparto delle competenze legislative tra lo Stato e le Regioni a statuto speciale e le Province autonome in ordine alla disciplina dei contratti pubblici».

D’altro canto, il senso dell’impugnazione non si può neppure, in alcun modo, inferire dal richiamo alle norme interposte. L’affidamento degli incarichi tecnici è, infatti, regolato dal codice dei contratti pubblici nell’art. 23, comma 2, che rinvia agli artt. 152 e seguenti, nell’art. 24 e nell’art. 157, che rimanda all’art. 36, esclusivamente sotto il profilo della procedura. Sennonché il ricorso evoca, insieme con l’art. 95, il solo art. 36 cod. contratti pubblici, che disciplina il citato profilo della procedura in modo non difforme dalla disposizione provinciale e, dunque, non lascia trapelare le ragioni dell’impugnazione (sentenze n. 174, n. 143 e n. 25 del 2020).

Vanno, dunque, dichiarate inammissibili le questioni promosse con riguardo all’art. 6, commi 1, 2, primo periodo, e 3, primo periodo, della legge prov. Trento n. 2 del 2020.

21.3.2.– Il secondo periodo dell’art. 6, comma 2, della legge prov. Trento n. 2 del 2020 prevede che, «[f]erma restando la possibilità per il responsabile del procedimento di derogarvi, ove lo ritenga necessario, costituiscono riferimento per la congruità del ribasso offerto» specifiche percentuali di ribasso, individuate fra un minimo e un massimo, riferite a particolari tipologie di opere o, «se l’affidamento ha ad oggetto opere appartenenti a più di una tipologia di opera», la media pesata delle rispettive percentuali di ribasso.

Con la citata disposizione, la Provincia, pur consentendo al responsabile del procedimento una facoltà di deroga, ma solo se necessario, di fatto irrigidisce ex lege il giudizio sulla congruità del ribasso. Tale cristallizzazione, sia che si riferisca a un livello ottimo di ribasso che consente l’aggiudicazione, sia che attenga alla congruità di un ribasso altrimenti anomalo, non trova, invero, riscontro nella legislazione statale e in specie nella disposizione fondamentale sui criteri di aggiudicazione dell’appalto, vale a dire l’art. 95 cod. contratti pubblici, evocato quale parametro interposto. Secondo la norma statale spetta, infatti, comunque alla discrezionalità della stazione appaltante tanto determinare e poi applicare i criteri di volta in volta ritenuti più idonei per valutare il carattere più vantaggioso dell’offerta, quanto giudicare la logicità, la ragionevolezza e l’adeguatezza di un ribasso eventualmente anomalo.

La questione promossa dallo Stato, per contrasto con i limiti statutari, in relazione alla citata norma di riforma economico-sociale è, pertanto, fondata.

In senso analogo, si è, del resto, pronunciata di recente questa Corte, con la sentenza n. 16 del 2021, avente a oggetto una norma della Regione siciliana che prevedeva un meccanismo simile a quello qui in considerazione, dal momento che la gara doveva «essere aggiudicata all’offerta che eguaglia[va] la soglia – calcolata secondo le regole introdotte dalle stesse disposizioni impugnate – o che più vi si avvicina[va] per difetto». In quella occasione, la norma impugnata è stata dichiarata costituzionalmente illegittima, perché aveva delineato «un meccanismo di individuazione della soglia, nonché di calcolo ed esclusione delle offerte anomale, diverso da quello previsto nel codice dei contratti pubblici», con conseguente illegittimità costituzionale della norma per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2, della legge prov. Trento n. 2 del 2020.

21.3.3.– Infine, anche il secondo periodo del comma 3 dell’art. 6 della legge prov. Trento n. 2 del 2020, relativo alla scelta tra il criterio del prezzo più basso e quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, nel caso dell’affidamento di incarichi tecnici mediante confronto concorrenziale, è stato impugnato per contrasto con l’art. 95 cod. contratti pubblici, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

La questione, che prospetta un superamento dei limiti statutari, è fondata.

La disposizione provinciale privilegia il criterio del prezzo più basso, mentre consente di adottare quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa «solo se necessario in ragione della natura, dell’oggetto o delle caratteristiche del contratto», oltre che in caso di progettazione architettonica.

Tale previsione confligge chiaramente con l’art. 95 cod. contratti pubblici, che considera, per converso, eccezionale e residuale il criterio del minor prezzo.

Il comma 2 della norma statale prevede, in linea generale, che le stazioni appaltanti «procedono all’aggiudicazione degli appalti e all’affidamento dei concorsi di progettazione e dei concorsi di idee, sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo o sulla base dell’elemento prezzo o del costo, seguendo un criterio di comparazione costo/efficacia quale il costo del ciclo di vita, conformemente all’articolo 96».

Il comma 3 impone, poi, in via esclusiva il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, tra gli altri, proprio per i contratti relativi all’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura e agli altri servizi di natura tecnica e intellettuale di importo pari o superiore a 40.000 euro.

Viceversa, il criterio del minor prezzo è consentito solo nell’ipotesi dell’art. 95, comma 4, che, dopo l’abrogazione delle sue lettere a) e c) da parte del d.lgs. n. 32 del 2019, convertito nella legge n. 55 del 2019, si riferisce unicamente a «i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite da mercato, fatta eccezione per i servizi ad alta intensità di manodopera».

In definitiva, la soluzione provinciale si pone in evidente contrasto con la norma di riforma economico-sociale di cui all’art. 95 cod. contratti pubblici e, più in generale, con il favor che la disciplina statale (sentenze n. 114 del 2011 e n. 221 del 2010) e quella europea (considerando 89 e 90, art. 67 della direttiva 2014/24/UE; sul punto, anche Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza 7 ottobre 2004, in causa C-247/02, Sintesi spa) assicurano al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 6, commi 2, secondo periodo, e 3, secondo periodo, della legge prov. Trento n. 2 del 2020.

22.– Da ultimo, la legge prov. Trento n. 3 del 2020, con l’art. 57, ha aggiunto all’art. 2 della legge prov. Trento n. 2 del 2020 un nuovo art. 7-bis.

Il Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso iscritto al n. 59 del reg. ric. 2020, ha impugnato anche l’art. 57 della citata legge provinciale n. 3 del 2020.

In particolare, le censure dell’Avvocatura generale si sono indirizzate nei confronti del primo comma della disposizione, secondo il quale, «[i]n ragione della situazione venutasi a creare in conseguenza dall’emergenza epidemiologica da COVID-19», per ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge prov. Trento n. 3 del 2020, «la realizzazione di opere pubbliche può essere effettuata mediante affidamento congiunto della progettazione e dell’esecuzione dei lavori, ponendo a base di gara il progetto preliminare o il progetto definitivo e chiedendo in sede di gara l’offerta di migliorie tecniche».

22.1.– Il ricorrente ha ritenuto che l’art. 7-bis, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost., nonché degli artt. 4 e 8 del d.P.R. n. 670 del 1972, andasse ad «impatt[are] sulla competenza esclusiva dello Stato in materia di concorrenza e [di] ordinamento civile per la conclusione ed esecuzione del contratto, materie che non possono che essere demandate alla legislazione statale al fine di assicurare uniformità ed omogeneità di comportamenti sull’intero territorio nazionale e non ad un futuro regolamento della Provincia autonoma».

Secondo l’Avvocatura generale, solo lo Stato poteva sospendere, «a titolo sperimentale, fino al 31 dicembre 2020», tramite l’art. 1, comma 1, lettera b), del d.l. n. 32 del 2019, convertito nella legge n. 55 del 2019, il divieto di ricorrere «all’affidamento congiunto della progettazione e dell’esecuzione dei lavori», di cui all’art. 59, comma 1, quarto periodo, cod. contratti pubblici.

22.2.– Nell’atto di costituzione in giudizio, la Provincia autonoma di Trento ha, per converso, invocato la sospensione del divieto, disposta a livello statale e prorogata al 30 dicembre 2021 dall’art. 8, comma 7, lettera a), del d.l. n. 76 del 2020, come convertito, quale argomento finalizzato a comprovare la non fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale promosse con riguardo all’art. 7-bis della legge prov. Trento n. 2 del 2020. La disposizione provinciale si sarebbe, infatti, limitata a prevedere «un’efficacia maggiore rispetto all’efficacia della Legge dello Stato di [soli] 83 giorni».

Sempre a sostegno della dichiarazione di non fondatezza delle questioni, la difesa provinciale è tornata poi ad evocare le previsioni di cui al d.lgs. n. 162 del 2017 e, dunque, la competenza legislativa riconosciuta alla Provincia autonoma rispetto alle «procedure di aggiudicazione e [ai] contratti pubblici, compresa la fase della loro esecuzione, relativi a lavori, servizi e forniture».

In ogni caso, la Provincia ha obiettato che nessuna delle disposizioni evocate sarebbe riconducibile alla materia dell’ordinamento civile, poiché esse non inciderebbero «sul contenuto del contratto […], bensì riguard[erebbero] la fase anteriore della procedura di selezione del contraente».

Di conseguenza, poiché la previsione di cui all’art. 59 cod. contratti pubblici non recherebbe una norma fondamentale di riforma economico-sociale, come dimostrerebbe la sospensione della sua applicazione sino al 2021, e poiché il legislatore provinciale avrebbe la competenza legislativa in materia di procedure di selezione del contraente, non vi sarebbe stata alcuna violazione dell’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost. Sarebbe stato nella piena facoltà della Provincia disciplinare le modalità con cui può essere esercitato il «potere amministrativo di scelta del contraente da parte degli enti ai quali si applica la disciplina provinciale in materia di appalti pubblici» e, in particolare, «consentire l’affidamento congiunto di progettazione ed esecuzione dei lavori pubblici, allo scopo di accelerare le procedure di scelta del contraente».

22.3.– Le questioni di legittimità costituzionale, da riferire, sulla base della complessiva lettura dell’atto introduttivo, al solo comma 1 dell’art. 7-bis della legge prov. Trento n. 2 del 2020, introdotto con l’art. 57 della legge prov. Trento n. 3 del 2020, sono inammissibili.

22.3.1.– La questione promossa per violazione dei limiti statutari, in relazione all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. è inammissibile, in quanto la motivazione risulta gravemente generica e carente.

Il ricorrente si limita a dedurre la violazione del parametro richiamato, senza un’autonoma e specifica motivazione e senza chiarire il meccanismo attraverso cui si realizzerebbe il preteso vulnus (tra le tante, sentenze n. 171, n. 95, n. 78 e n. 7 del 2021).

Difetta, cioè, qualsivoglia spiegazione del perché la disposizione impugnata dovrebbe involgere l’ordinamento civile, specie ove si consideri che essa regola un profilo che non attiene alla conclusione del contratto o alla sua esecuzione, bensì ad una procedura di affidamento, che presenta profili di specificità relativamente al suo oggetto.

Mancano, dunque, gli elementi, anche minimi, per esaminare nel merito le censure mosse dall’Avvocatura generale (sentenze n. 174 del 2020, n. 290 e n. 198 del 2019, n. 245 del 2018). Per costante orientamento di questa Corte, il ricorrente ha l’onere non solo di individuare le disposizioni impugnate e i parametri costituzionali dei quali lamenta la violazione, ma anche quello di allegare, a sostegno delle questioni proposte, una motivazione non meramente assertiva. Il ricorso deve cioè contenere l’indicazione delle ragioni per le quali vi sarebbe il contrasto con i parametri evocati e una, sia pur sintetica, argomentazione a supporto delle censure (sentenze n. 171, n. 95 e n. 78 del 2021).

22.3.2.– Anche la questione promossa per violazione dei limiti statutari, in relazione all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., deve dichiararsi inammissibile.

A tal riguardo, occorre ripercorrere l’evoluzione normativa statale in materia di appalto integrato. Con il d.l. n. 32 del 2019, convertito nella legge n. 55 del 2019, è stata introdotta una deroga al divieto di appalto integrato, valida sino al 31 dicembre 2020. Il d.l. n. 76 del 2020, come convertito, ha poi modificato il termine, portandolo al 31 dicembre 2021 (art. 8, comma 7, lettera a). Successivamente, l’art. 52, comma 1, lettera a), numero 1.1), del d.l. n. 77 del 2021, come convertito, ha esteso il termine al 30 giugno 2023.

Le modifiche apportate alla disciplina statale hanno, pertanto, prorogato la deroga al divieto di affidamento congiunto di progettazione e di esecuzione, senza soluzione di continuità, sino al 30 giugno 2023. La prima proroga è stata introdotta il 16 luglio 2020, anteriormente alla scadenza del termine inizialmente fissato al 31 dicembre 2020; la seconda è stata prevista il 31 maggio 2021 e, dunque, ancora una volta, prima della successiva scadenza fissata al 31 dicembre 2021.

Nel contempo, anche la normativa provinciale è cambiata: l’art. 33, comma 6, della legge prov. Trento n. 6 del 2020, ha abrogato il termine biennale di efficacia della norma, mentre lo stesso art. 33, comma 2, ha stabilito che la disposizione trovi applicazione per le procedure per le quali la determina a contrarre sia adottata entro il termine previsto dall’art. 1, comma 1, del d.l. n. 76 del 2020 o quello successivo eventualmente previsto dalla normativa statale.

La disciplina provinciale si è, dunque, in tal modo allineata a quella statale anche sotto il profilo della durata temporale della deroga al divieto.

Tanto premesso, la questione di legittimità costituzionale è inammissibile per difetto sopravvenuto di interesse a ricorrere. Il descritto mutamento sia della normativa statale interposta sia di quella provinciale ha, infatti, prodotto un adeguamento di quest’ultima alle indicazioni del legislatore statale.

In sostanza, il censurato art. 7-bis, per effetto delle proroghe del termine di efficacia della deroga al divieto previste dalla normativa statale e delle modifiche nel frattempo intercorse sul piano provinciale, non ha mai trovato applicazione in un periodo nel quale non trovasse giustificazione nel diritto statale derogatorio e nelle sue proroghe dettate dallo ius superveniens (si veda supra il punto n. 9.4.). Pertanto, «non è più ravvisabile alcun interesse del Governo a coltivare il ricorso sul punto, con conseguente inammissibilità di esso in parte qua» (sentenze n. 17 del 2014 e n. 32 del 2012; nello stesso senso, sentenza n. 32 del 2012).

23.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, infine, con ricorso iscritto al n. 54 del registro ricorsi del 2020, ulteriori questioni di legittimità costituzionale di varie disposizioni della legge della Provincia autonoma di Bolzano 16 aprile 2020, n. 3 (Variazioni al bilancio di previsione della Provincia autonoma di Bolzano per gli esercizi 2020, 2021 e 2022 e altre disposizioni).

Le questioni sono state promosse in relazione a molteplici parametri che paleserebbero una violazione dei limiti statutari previsti dagli artt. 4, comma 1, e 8, comma 1, numero 17), dello statuto reg. Trentino-Alto Adige.

In particolare, è stato impugnato l’art. 13, comma 1, recante «Disposizioni sui criteri premianti di aggiudicazione nell’ambito del subappalto a microimprese, piccole e medie imprese e imprese localizzate sul territorio provinciale», per contrasto con l’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., in relazione agli artt. 3, 49, 101, 102 e 106 TFUE, all’art. 67 della direttiva 2014/24/UE e all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici.

Si è, inoltre, dubitato della legittimità costituzionale dell’art. 14, relativo alle soglie per l’affidamento diretto dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria e dei servizi ad essi connessi, in quanto ritenuto confliggente con l’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., in relazione agli artt. 3, 101, 102 e 106 TFUE e all’art. 157, comma 2, cod. contratti pubblici.

Di seguito, è stato impugnato l’art. 16, che disciplina la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando per appalti di lavori di importo pari o superiore a 2.000.000 euro e inferiore alla soglia europea, per violazione dell’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., in relazione agli artt. 3, 101, 102 e 106 TFUE e all’art. 36, comma 2, cod. contratti pubblici.

Sempre con il ricorso n. 54 del 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso la questione di legittimità costituzionale dell’art. 17, il quale prevede misure di accelerazione delle procedure, che incidono sulla disciplina della cauzione provvisoria e sul momento di verifica dei requisiti di partecipazione, per violazione dell’art. 117, commi primo e secondo, lettere e) ed l), Cost., in relazione agli artt. 32, commi 7, 8 e 9, e 93 cod. contratti pubblici.

Alla luce dell’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost., è stato poi ravvisato un contrasto dell’art. 18, che disciplina i pagamenti e l’esecuzione del contratto, con l’art. 101, comma 3, cod. contratti pubblici, e dell’art. 19, che regola l’anticipazione del prezzo, con l’art. 35, comma 18, cod. contratti pubblici.

Ancora, il Presidente del Consiglio dei ministri ha dubitato della legittimità costituzionale dell’art. 22, che interviene sul regime di proroga dei contratti di appalto e di concessione, per contrasto con l’art. 117, commi primo e secondo, lettere e), in relazione agli artt. 3, 101, 102 e 106 TFUE, all’art. 72, paragrafi 1 e 5, della direttiva 2014/24/UE e all’art. 43, paragrafi 1 e 5, della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione e all’art. 106 cod. contratti pubblici.

Infine, è stato oggetto di impugnazione, per contrasto con l’art. 117, commi primo e secondo, lettere e) ed l), Cost., l’art. 23, che limita l’ambito temporale di applicazione di alcune norme della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020, previste «per far fronte all’emergenza sanitaria ed economica causata dal virus SARS-CoV-2».

24.– Nell’atto di costituzione in giudizio, la Provincia autonoma di Bolzano ha sollevato due eccezioni di inammissibilità.

In primo luogo, il ricorso «fa[rebbe] assurgere tutte le disposizioni del Codice dei contratti pubblici […] indistintamente a norme fondamentali di grande riforma economico-sociale».

In secondo luogo, si sarebbe trascurato che le disposizioni provinciali impugnate sono state emanate «quali misure urgenti connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19». A tal riguardo, è stata anche evocata la Comunicazione della Commissione europea, recante «Orientamenti della Commissione europea sull’utilizzo del quadro in materia di appalti pubblici nella situazione di emergenza connessa alla crisi […] Covid-19 (2020/C 108 I/0l)», con la quale si sarebbe sottolineata «la necessità di prevedere soluzioni rapide e intelligenti nonché agilità nella gestione degli appalti pubblici», di cui si sarebbe fatta interprete la legge provinciale.

Nella memoria depositata in prossimità dell’udienza, la Provincia autonoma di Trento ha ribadito le due eccezioni di inammissibilità, deducendo ulteriormente che non sarebbero state travalicate le competenze attribuite dallo statuto di autonomia, per come specificate dalle norme del d.lgs. n. 162 del 2017, «di natura para-costituzionale e, quindi, di rango superiore rispetto alla legge delega in materia di contratti pubblici (legge 28 gennaio 2016, n. 11) e al Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50), che fanno comunque espressamente salve le competenze delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome, e che sono, comunque, atti legislativi anteriori alle predette norme di attuazione».

24.1.– Le richiamate eccezioni di inammissibilità non sono fondate.

24.1.1.– Relativamente alla prima eccezione valgono le medesime considerazioni già spese per gli analoghi rilievi mossi dalla Provincia autonoma di Trento negli atti difensivi relativi alle questioni in precedenza esaminate (su cui supra, punto 4.2.).

In particolare, per orientamento costante di questa Corte, le disposizioni del codice dei contratti pubblici, che attengono alla disciplina della concorrenza e dell’ordinamento civile – materie di chiaro tenore trasversale (per la concorrenza, ex multis, sentenze n. 134 e n. 104 del 2021 e n. 56 del 2020; per l’ordinamento civile, ex multis, sentenza n. 287 del 2016) –, sono ascritte all’area delle norme fondamentali di riforma economico-sociale (ex multis, sentenze n. 166 del 2019, n. 263 del 2016, n. 269 del 2014, n. 187 e n. 36 del 2013, n. 74 del 2012, n. 328, n. 184 e n. 114 del 2011, n. 221 e n. 45 del 2010), che limitano anche la competenza primaria delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome.

Né tale assetto può ritenersi in alcun modo inciso dall’adozione, con il d.lgs. n. 162 del 2017, delle norme di attuazione dello statuto reg. Trentino-Alto Adige in materia di contratti pubblici, secondo il cui art. 1, comma 1, «[l]e province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con legge provinciale, nel rispetto della normativa dell’Unione europea e delle norme legislative fondamentali di riforma economico-sociale, ivi comprese quelle che stabiliscono i livelli minimi di regolazione richiesti dal diritto dell’Unione europea in materia di appalti e concessioni, le procedure di aggiudicazione e i contratti pubblici, compresa la fase della loro esecuzione, relativi a lavori, servizi e forniture ai sensi dell’articolo 8, comma 1, numeri 1) e 17) del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, attenendosi al predetto principio di cui all’articolo 32, comma 1, lettera c), della legge 24 dicembre 2012, n. 234».

La disposizione citata preserva infatti il riferimento al limite delle norme fondamentali di riforma economico-sociale.

Simile richiamo deve essere, dunque, interpretato in linea di continuità con la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale «[l]e disposizioni del codice dei contratti pubblici [...] regolanti le procedure di gara sono riconducibili alla materia della tutela della concorrenza, e [...] le Regioni, anche ad autonomia speciale, non possono dettare una disciplina da esse difforme (tra le tante, sentenze n. 263 del 2016, n. 36 del 2013, n. 328 del 2011, n. 411 e n. 322 del 2008)» (sentenza n. 39 del 2020, nonché le sentenze già sopra richiamate in questo stesso punto).

Parimenti, il riferimento contenuto nelle norme attuative dello statuto reg. Trentino Alto-Adige (d.lgs. n. 162 del 2017) ai «contratti pubblici, compresa la fase della loro esecuzione, relativi a lavori, servizi e forniture» deve essere coordinato con «l’esigenza, sottesa al principio costituzionale di eguaglianza, di garantire l’uniformità di trattamento, nell’intero territorio nazionale, della disciplina dei momenti di conclusione ed esecuzione dei contratti» (sentenza n. 43 del 2011).

24.2.– La seconda eccezione, oltre ad attenere al merito piuttosto che al rito, è comunque non fondata.

Come già detto, la crisi pandemica da COVID-19 non consente in alcun modo di ravvisare una sorta di generale giustificazione rispetto a possibili deroghe a norme di riforma economico-sociale adottate dallo Stato, né in tal senso potrebbe deporre la citata Comunicazione della Commissione europea (2020/C 108 I/0l), che non rileva quale parametro interposto.

Al contrario, l’esigenza di governare gli effetti economici della crisi e di operare delicatissimi bilanciamenti fra l’istanza di prevenire il rischio pandemico e la connessa necessità di operare semplificazioni delle procedure, da un lato, e le esigenze di garantire la concorrenza nonché la corretta conclusione ed esecuzione dei contratti, da un altro lato, potenziano le ragioni di uniformità della disciplina sottese alle norme di riforma economico-sociale, che in ogni caso solo lo Stato è legittimato a derogare.

Non giova certo alle istanze di uniformità, di trasparenza e di certezza del diritto, necessarie in special modo a tutela della concorrenza e delle ragioni dell’eguaglianza sottese all’ordinamento civile, tanto più in un contesto precario quale quello della presente crisi, l’accavallarsi di deroghe, disegnate a livello provinciale, specie se difformi rispetto alle parallele deroghe disposte a livello statale.

25.– Nella memoria depositata in prossimità dell’udienza, la Provincia autonoma di Bolzano ha anche richiesto che fosse dichiarata la cessazione della materia del contendere, in ragione dell’entrata in vigore della legge della Provincia autonoma di Bolzano 11 gennaio 2021, n. 1 (Disposizioni collegate alla legge di stabilità provinciale per l’anno 2021), che avrebbe superato i profili di criticità ravvisati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri rispetto alla precedente legge prov. Bolzano n. 3 del 2020.

Sarebbero state, infatti, introdotte misure concordate in sede di tavolo tecnico presso il competente Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibile.

La cessazione della materia del contendere non si può, tuttavia, dichiarare, in quanto non si riscontrano i presupposti cui questa Corte costantemente subordina l’accertamento della cessata materia del contendere, ovvero «che il legislatore abbia abrogato o modificato le disposizioni censurate in senso satisfattivo delle pretese avanzate con il ricorso» e che «tali disposizioni, poi abrogate o modificate, non abbiano ricevuto applicazione medio tempore (ex plurimis, tra le più recenti, sentenza n. 180 del 2019)» (sentenza n. 16 del 2020; nello stesso senso, sentenze n. 195 e n. 42 del 2021).

Al contrario, se pure deve darsi atto che la legge prov. Bolzano n. 1 del 2021 ha abrogato alcune delle norme impugnate (nello specifico gli artt. 13, 17 e 22), d’altro canto, difetta ogni dimostrazione circa la loro mancata applicazione. Parimenti, non è stato comprovato né il carattere satisfattivo delle modifiche apportate dalla citata legge n. 1 del 2021 alle altre disposizioni impugnate – gli artt. 14, 16 e 23 – né, ancora una volta, la loro non applicazione.

26.– Passando ora al merito, il ricorso n. 54 del 2020 impugna, innanzitutto, l’art. 13, comma 1, della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020, rubricato «Disposizioni sui criteri premianti di aggiudicazione nell’ambito del subappalto a microimprese, piccole e medie imprese e imprese localizzate sul territorio provinciale».

Tale previsione stabilisce che «[f]ermo restando quanto previsto dall’articolo 33 della legge provinciale 17 dicembre 2015, n. 16, e successive modifiche, i lavori, i servizi e le forniture possono essere aggiudicati con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per quanto compatibile, anche sulla base dei seguenti criteri qualitativi, sia discrezionali che tabellari:

  1. a) impegno da parte del concorrente di affidare in subappalto l’esecuzione della totalità o di parte della prestazione a microimprese, piccole e medie imprese;
  2. b) impegno da parte del concorrente di affidare in subappalto l’esecuzione della totalità o di parte della prestazione a imprese localizzate sul territorio provinciale;
  3. c) impegno da parte del concorrente di acquisire le forniture necessarie per l’esecuzione della prestazione da microimprese, piccole e medie imprese;
  4. d) impegno da parte del concorrente di acquisire le forniture necessarie per l’esecuzione della prestazione da imprese localizzate sul territorio provinciale;
  5. e) impegno da parte del concorrente di praticare per le prestazioni affidate in subappalto la percentuale minore di sconto massimo rispetto a quanto previsto dall’elenco prezzi posto a base di gara, al fine di assicurare la qualità nell’esecuzione del contratto».

26.1.– Secondo l’Avvocatura generale, la disposizione impugnata violerebbe i limiti statutari, in relazione all’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., agli artt. 3, 49, 101, 102 e 106 TFUE, all’art. 67 della direttiva 24/2014/UE e all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici.

Da tale quadro normativo, e in specie dall’art. 67 della direttiva 2014/24/UE e dall’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici, si evincerebbe che «i criteri di valutazione dell’offerta devono essere oggettivi, come gli aspetti qualitativi, ambientali o sociali, connessi all’oggetto dell’appalto», caratteristiche, queste, che non si riscontrerebbero negli “impegni” elencati dall’art. 13, comma 1.

Inoltre, i criteri sanciti dalle lettere b) e d) – concernenti rispettivamente «l’impegno da parte del concorrente di affidare in subappalto l’esecuzione della totalità o di parte della prestazione a imprese localizzate sul territorio provinciale» e «l’impegno da parte del concorrente di acquisire le forniture necessarie per l’esecuzione della prestazione da imprese localizzate sul territorio provinciale» – assumerebbero un «illegittimo carattere discriminatorio», vòlto a favorire le imprese locali (viene in proposito citata la sentenza n. 440 del 2006).

Per le ragioni esposte, l’art. 13, comma 1, della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020 violerebbe i limiti posti alle competenze statutarie, dal diritto dell’Unione europea, nonché dalle norme di riforma economico-sociale dettate dal codice dei contratti pubblici. Inoltre, la disposizione lederebbe il divieto di restrizione della libertà di stabilimento nonché il principio della concorrenza regolato dagli artt. 3, 49, 101, 102 e 106 TFUE.

26.2.– Nell’atto di costituzione in giudizio, la Provincia di Bolzano ha sostenuto la non fondatezza della censura, poiché l’art. 13, comma 1, non mirerebbe a «sovvertire la regola prevista dall’art. 95 del codice dei contratti pubblici, quanto piuttosto a porre degli ulteriori aspetti che si possano efficacemente compendiare con i criteri sanciti a livello nazionale». La scelta del legislatore provinciale si porrebbe in linea con la normativa dell’Unione europea e, in particolare, con l’obiettivo di favorire la partecipazione alle procedure di aggiudicazione delle piccole e medie imprese, che «maggiormente potrebbero risentire degli effetti economici negativi» conseguenti alla difficile congiuntura economica in atto.

In ogni caso, secondo la resistente, il parametro interposto evocato dall’Avvocatura generale sarebbe inconferente, poiché rispetto alla disposizione impugnata non sarebbe pertinente il richiamo al comma 6 dell’art. 95 cod. contratti pubblici, essendo viceversa implicato il comma 13 del medesimo articolo. Sarebbe, infatti, quest’ultimo a disciplinare «gli elementi premianti ai fini della valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa», fra i quali si ascrivono quelli tesi a favorire le piccole e medie imprese.

La censurata assenza di requisiti oggettivi sarebbe poi destinata ad essere sanata «attraverso le linee guide previste dalla legge».

In aggiunta, la difesa provinciale ha precisato che i criteri di valutazione dell’offerta previsti dall’impugnato art. 13 avrebbero «un connotato chiaramente suppletivo, e non anche esclusivo». Si tratterebbe di «elementi dal chiaro carattere “premiale”» incapaci di produrre effetti discriminatori e non in grado da soli di determinare conseguenze negative nei confronti di subappaltatori, subfornitori o concorrenti che non siano localizzati sul territorio provinciale. Non vi sarebbe, pertanto, alcuna compressione del principio di concorrenza, dovendosi registrare, al più, «una diversa modalità di espressione dei canoni europei di massima competitività tra imprese», che postulerebbe l’assegnazione in un periodo limitato di tempo «di un certo peso ponderale al concorrente in grado di conformare la propria offerta sulla base di un quadro “geografico” ben definito».

Ancora, il tenore testuale della disposizione dimostrerebbe che la valorizzazione degli aspetti locali costituirebbe «oggetto di una mera facoltà» e che sarebbe condizionata «al positivo superamento di un preliminare vaglio di compatibilità». In definitiva, la norma non intenderebbe favorire indiscriminatamente il tessuto economico locale: ciò si verificherebbe soltanto al realizzarsi di particolari condizioni – secondo giudizi di natura oggettiva – che possano rendere giustificabile e coerente l’attribuzione di un punteggio aggiuntivo. Tra l’altro, a dire della difesa provinciale, la «valorizzazione incentivante della filiera corta e delle prestazioni a chilometro “zero”» avrebbe ricadute positive anche sulla tutela del bene ambientale. A tal riguardo, si rileva che, anche a voler ritenere violato il «principio di massima concorrenza», quest’ultimo dovrebbe ritenersi comunque soggetto al bilanciamento che, nel caso specifico, vedrebbe favorito il bene della tutela ambientale, attraverso la valorizzazione della filiera corta e delle prestazioni a chilometro zero.

Da ultimo, la difesa provinciale ha sostenuto che non vi sarebbe violazione dell’art. 71 della direttiva 2014/24/UE, poiché il concorrente potrebbe sempre scegliere liberamente l’operatore economico cui affidare in subappalto le attività oggetto della procedura di gara, con la conseguenza che l’eventuale mancata scelta di una impresa non locale non deriverebbe da una sua automatica esclusione dalla procedura.

26.3.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 1, della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020, per violazione dei limiti statutari, in relazione all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici, è fondata, con conseguente assorbimento delle altre questioni poste.

26.3.1.– Va premesso che la disposizione provinciale presenta un contenuto ambiguo poiché, da un lato, nella rubrica fa riferimento a criteri «premianti», da un altro lato, nel testo evoca la possibile aggiudicazione attraverso gli enunciati «criteri qualitativi».

L’interpretazione dell’art. 13, comma 1, specie in ragione della funzione dei criteri che si evince dal suo contenuto testuale, fa propendere per una loro connotazione quali elementi di aggiudicazione dell’offerta.

In ogni caso, è doveroso rilevare che, pur ipotizzando la meno convincente qualificazione degli elementi enunciati dalla disposizione impugnata quali criteri premiali, anch’essi compongono in senso lato la valutazione dell’offerta tecnica e, pertanto, l’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici non potrebbe comunque reputarsi un parametro inconferente.

26.3.2.– Tanto premesso, le argomentazioni sviluppate dall’Avvocatura generale colgono certamente nel segno là dove, per quanto riguarda i criteri sub lettere b) e d), dell’impugnato art. 13, comma 1, contestano il loro carattere discriminatorio e, pertanto, inidoneo a consentire la valutazione della qualità dell’offerta, come richiesto dall’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici. Peraltro, anche a volerli considerare criteri premiali, non può tacersi che la disciplina statale, riferendosi all’agevolazione alla partecipazione di micro, piccole e medie imprese, impone espressamente il rispetto dei principi di non discriminazione, di parità di trattamento e di proporzionalità.

La disciplina provinciale, d’altro canto, non può trovare una giustificazione neppure in un presunto bilanciamento di interessi fra tutela della concorrenza e difesa dell’ambiente. Anche a voler prescindere dalla effettiva plausibilità dell’assunto, che associa il privilegio per le imprese locali con la protezione dell’ambiente, in ogni caso il citato bilanciamento sarebbe di competenza esclusiva dello Stato.

Quanto ai criteri sub lettere a), c) ed e), del medesimo art. 13, comma 1, il loro generico riferirsi ad un «impegno» non sembra adeguato a orientare la discrezionalità dell’amministrazione aggiudicatrice, tenuta ad avvalersi di criteri connotati da un minimo di oggettività e di attinenza alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche dell’appalto.

Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 13, comma 1, della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020.

27.– Con il secondo motivo di impugnazione, il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 14 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020.

Quest’ultimo consente, in particolare, di procedere all’affidamento diretto dei «servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria e [dei] servizi ad essi connessi di importo pari o superiore a 40.000 euro e di importo inferiore a 150.000 euro […], previa consultazione di tre professionisti, ove esistenti».

27.1.– L’art. 14 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020 – secondo l’Avvocatura generale – contrasterebbe con le previsioni statutarie, violando, alla luce dell’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), la norma di riforma economico-sociale di cui all’art. 157, comma 2, cod. contratti pubblici, l’ordine pubblico e, infine, gli artt. 3, 101, 102 e 106 TFUE.

In particolare, la norma provinciale consentirebbe «l’affidamento diretto senza confronto concorrenziale al di fuori delle ipotesi previste dalla disciplina statale», secondo quanto dispone il citato art. 157, comma 2, cod. contratti pubblici (viene richiamata, in proposito, la sentenza n. 322 del 2008).

27.2.– Nell’atto di costituzione in giudizio, la Provincia autonoma di Bolzano ha motivato, per converso, la non fondatezza delle questioni.

Richiamando le già citate previsioni dello statuto reg. del Trentino-Alto Adige, del d.lgs. n. 162 del 2017 e dell’art. 2, comma 3, cod. contratti pubblici, la resistente ha sostenuto la derogabilità delle norme del codice dei contratti pubblici, che non stabiliscano «principi fondamentali sanciti a livello unionale e nazionale» (viene citata la sentenza n. 482 del 1995). In particolare, un principio fondamentale non sarebbe ravvisabile nell’art. 157 cod. contratti pubblici, evocato quale parametro interposto, che, per converso, costituirebbe «un gold plating del legislatore italiano, essendo la soglia unionale per l’affidamento dei servizi richiamata dall’art. 35 del Codice e fissata nell’importo massimo di 210.000 euro» rispettata dalla norma provinciale.

Alla luce di quanto premesso, la resistente ha affermato che l’art. 14 si porrebbe «sulla stessa lunghezza d’onda di quanto avviene, in via generale, nell’ambito degli affidamenti di lavori, di servizi e di forniture», senza violare la concorrenza, e facendo salvi i principi di rotazione, parità di trattamento, proporzionalità ed economicità. In tale prospettiva anche la consultazione dei tre professionisti contribuirebbe ad «assicurare i più alti livelli di competitività tra offerte».

Infine, la difesa provinciale ha dedotto che lo scaglione di valore in argomento rappresenterebbe una soglia economica «“intermedia”, in cui l’aumento del tetto massimo fino alla metà del valore, in specie se temperato dalla cogenza del principio di rotazione» non minerebbe il confronto tra operatori né determinerebbe «l’astratta configurabilità di posizione di vantaggio sul mercato del singolo professionista».

27.3.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, promossa in riferimento ai limiti imposti allo statuto, in relazione alla norma di riforma economico-sociale, di cui all’art. 157, comma 2, cod. contratti pubblici, è fondata, con conseguente assorbimento di ogni ulteriore profilo.

27.3.1.– Occorre premettere che, secondo questa Corte, anche la disciplina sull’affidamento dei servizi tecnici relativi all’architettura e all’ingegneria, compreso l’art. 157 cod. contratti pubblici, è riferibile all’ambito della legislazione sulle «procedure di affidamento». La citata normativa è suscettibile, pertanto, di evocare istanze di disciplina uniforme della concorrenza che si impongono quali limiti alla legislazione degli enti autonomi, comprese le Regioni a statuto speciale e le Province autonome che vantino in materia una competenza legislativa primaria (sentenze n. 186 del 2010 e n. 322 del 2008).

27.3.2.– Tanto precisato, l’art. 14 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020 palesa un contenuto decisamente difforme rispetto all’art. 157, comma 2, cod. contratti pubblici, che dispone quanto segue: «[g]li incarichi di progettazione, di coordinamento della sicurezza in fase di progettazione, di direzione dei lavori, di direzione dell’esecuzione, di coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione e di collaudo di importo pari o superiore a 40.000 e inferiore a 100.000 euro possono essere affidati dalle stazioni appaltanti a cura del responsabile del procedimento, nel rispetto dei principi di non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità e trasparenza, e secondo la procedura prevista dall’articolo 36, comma 2, lettera b); l’invito è rivolto ad almeno cinque soggetti, se sussistono in tale numero aspiranti idonei nel rispetto del criterio di rotazione degli inviti. Gli incarichi di importo pari o superiore a 100.000 euro sono affidati secondo le modalità di cui alla Parte II, Titoli III e IV del presente codice».

27.3.3.– Nel confronto con la citata norma, la disposizione impugnata, in primo luogo, omette di prevedere – diversamente da quanto assume la difesa provinciale – il rispetto di principi, quali quelli di rotazione, di non discriminazione, di parità di trattamento, di proporzionalità e di trasparenza; né tali principi sono richiamati dall’art. 17 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 17 dicembre 2015, n. 16 (Disposizioni sugli appalti pubblici), cui la stessa norma impugnata fa rinvio.

In secondo luogo, l’art. 14 introduce una soglia diversa (da 40.000 euro a 150.000 euro invece che da 40.000 euro a 100.000 euro) per consentire gli affidamenti diretti. Di conseguenza, per i contratti il cui valore si collochi tra 100.000 e 150.000 euro, si consente l’affidamento diretto in luogo della scelta tra le «modalità di cui alla Parte II, titoli III e IV del […] Codice» dei contratti pubblici.

Peraltro, la previsione della consultazione di un numero di operatori inferiore rispetto a quello indicato a livello statale (tre anziché cinque) rende la stessa disciplina dei contratti di valore tra 40.000 e 100.000 euro difforme da quella statale.

27.3.4.– Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 14 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020.

28.– Di seguito, il ricorso n. 54 del 2020 ha impugnato anche l’art 16 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020, secondo il quale «[f]ermo restando quanto previsto dall’articolo 26 della legge provinciale 17 dicembre 2015, n. 16, e successive modifiche, per gli appalti di lavori di interesse provinciale di importo pari o superiore a 2.000.000 euro e inferiore alla soglia UE, l’invito mediante procedura negoziata è rivolto ad almeno dodici operatori economici, ove esistenti».

28.1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha ritenuto tale norma contrastante con i limiti statutari, in relazione all’art. 36, comma 2, lettera d), cod. contratti pubblici. Secondo tale disposizione statale, «[f]ermo restando quanto previsto dagli articoli 37 e 38 e salva la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie, le stazioni appaltanti procedono all’affidamento di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di cui all’articolo 35, secondo le seguenti modalità: […] d) per affidamenti di lavori di importo pari o superiore a 1.000.000 di euro e fino alle soglie di cui all’articolo 35 [euro 5.225.000,00], mediante ricorso alle procedure di cui all’articolo 60, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 97, comma 8».

Per converso, la disposizione provinciale estenderebbe «la procedura negoziata con invito rivolto ad almeno dodici operatori economici […] all’affidamento di lavori di importo da 2.000.000 di euro fino a 5.225.000 di euro», laddove – come visto – l’art. 36, comma 2, lettera d), cod. contratti pubblici, in virtù del rinvio all’art. 60 dello stesso codice, richiederebbe in questi casi la procedura aperta. La differente disciplina inciderebbe negativamente sul livello complessivo del regime di tutela della concorrenza e si porrebbe, pertanto, anche in contrasto con i parametri statutari, in relazione all’art. 117, primo comma, Cost. e agli articoli 3, 101, 102 e 106 del TFUE (viene citata, in proposito, la sentenza n. 160 del 2009).

28.2.– Nel suo atto di costituzione in giudizio, la Provincia autonoma di Bolzano sostiene la non fondatezza delle questioni.

L’estensione della procedura negoziata per gli appalti di lavori di importo pari o superiore ai 2.000.000 di euro e inferiore alla soglia europea [5.350.000 euro per come previsto dal Regolamento delegato (UE) 2019/1828 della Commissione, del 30 ottobre 2019, a cui rimanda l’art. 35, comma 3, cod. contratti pubblici, in vigore al momento della vigenza della norma impugnata] non violerebbe il principio della concorrenza per una duplice ragione.

La Comunicazione della Commissione europea 2020/C 91 I/01 del 20 marzo 2020 (Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19) avrebbe richiesto l’adozione di procedure alternative e rapide idonee a evitare la stagnazione economica e, d’altro canto, la concorrenza sarebbe, comunque, garantita dall’obbligo di invitare almeno dodici operatori economici, ove esistenti.

28.3.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 16 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020 è fondata in riferimento ai limiti imposti dallo statuto, in relazione all’art. 36, comma 2, lettera d), cod. contratti pubblici, con conseguente assorbimento delle ulteriori censure fatte valere dall’Avvocatura.

È di tutta evidenza la difformità fra l’assetto delineato dalla norma provinciale e la disciplina di riforma economico-sociale, recata dal codice dei contratti pubblici con l’art. 36, comma 2, lettera d).

Secondo la legislazione statale, per i contratti fra il milione di euro e la soglia di cui all’art. 35 cod. contratti pubblici, si impone l’utilizzo della procedura aperta. Per converso, in base alla disposizione impugnata, per i contratti di valore compreso tra i due milioni di euro e le soglie comunitarie, è indicata la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando, con invito rivolto ad almeno dodici operatori economici, ove esistenti.

Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 16 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020.

29.– Con il medesimo ricorso n. 54 del 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato anche l’art. 17 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020, per contrasto con i limiti statutari desumibili dall’art. 117, commi primo e secondo, lettere e) ed l), Cost., in relazione all’art. 32, commi 7, 8 e 9, e all’art. 93 cod. contratti pubblici, nonché agli artt. 3, 101, 102 e 106 TFUE.

29.1.– L’art. 17, comma 1, dispone la sospensione dell’obbligo «per tutte le procedure di gara, di qualsiasi tipo e per qualunque importo, di corredare l’offerta con una garanzia in forma di fideiussione o cauzione, denominata garanzia provvisoria».

Il comma 2 del medesimo articolo consente, poi, alle stazioni appaltanti di procedere alla stipula del contratto anche in pendenza della verifica dei requisiti di partecipazione, salvo il rispetto delle prescrizioni della normativa antimafia; la norma prevede, al contempo, l’introduzione nel contratto di una clausola risolutiva espressa, da far valere qualora l’accertamento successivo alla conclusione del contratto dei requisiti di partecipazione dovesse dare un esito negativo.

29.1.1.– Secondo l’Avvocatura generale, l’art. 17, comma 1, contrasterebbe, in particolare, con l’art. 93, comma 1, cod. contratti pubblici, che richiede, viceversa, di corredare l’offerta con una garanzia fideiussoria, denominata garanzia provvisoria, pari al 2 per cento del prezzo base indicato nel bando o nell’invito, sotto forma di cauzione o di fideiussione, a scelta dell’offerente.

La disposizione provinciale, introducendo una deroga al citato obbligo, determinerebbe «il rischio di un pregiudizio per la stazione appaltante a tutela della quale viene prevista la suddetta garanzia dalla disciplina statale».

29.1.2.– Le censure del ricorrente si sono, poi, appuntate anche sul comma 2, rilevando un suo contrasto con l’art. 32, commi 7, 8 e 9, cod. contratti pubblici. In virtù di tali previsioni l’aggiudicazione diventerebbe efficace solo dopo la verifica del possesso dei prescritti requisiti e questo impedirebbe di procedere alla conclusione del contratto prima di tale accertamento.

Di conseguenza, l’art. 17, comma 2, per un verso, violerebbe una norma ascrivibile alle istanze di uniformità imposte dall’ordinamento civile e, per un altro verso, contrasterebbe con il principio a norma del quale, al fine di garantire una concorrenza effettiva, non dovrebbe consentirsi la partecipazione alle gare di operatori economici non idonei, per i quali sussistono i motivi di esclusione previsti dalla legge.

29.2.– Con l’atto di costituzione in giudizio, la resistente ha argomentato la non fondatezza delle questioni promosse con riferimento ad ambo i commi dell’art. 17.

29.2.1.– Relativamente al comma 1, ha osservato che «l’espunzione della garanzia provvisoria [sarebbe] funzionale a favorire, in un momento congiunturale particolarmente critico, la partecipazione degli operatori economici alle procedure di affidamento» e si configurerebbe come «misura proattiva per la tutela del valore della concorrenza». D’altra parte, le stazioni appaltanti potrebbero avvalersi dei «consueti rimedi di diritto comune» per tutelarsi nei confronti di eventuali operatori inadempienti.

29.2.2.– Per quanto concerne il comma 2, la difesa provinciale ha rilevato che la dedotta violazione dell’art. 32, commi 7, 8 e 9, cod. contratti pubblici sarebbe unicamente «apparente, posto che il meccanismo dei controlli v[errebbe] soltanto posticipato e non, invece, accantonato». Si tratterebbe, quindi, di rendere più rapide le procedure, «senza minare le fondamenta del sistema che impone di affidare la commessa ad operatori economici complessivamente idonei». L’art. 17, comma 2, non limiterebbe la tutela degli altri operatori, né il loro diritto di difesa «posto che non v[errebbe] meno il raccordo tra la stipula del contratto ed il rispetto del termine dilatorio». Infine, la verifica dei requisiti soggettivi del solo aggiudicatario sarebbe comunque effettuata nella fase antecedente alla sottoscrizione del contratto.

29.3.– Le questioni di legittimità costituzionale promosse su entrambi i commi dell’art. 17 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020 sono fondate.

29.3.1.– L’art. 17, comma 1, vìola i limiti statutari, in relazione all’art. 93 cod. contratti pubblici, con conseguente assorbimento delle ulteriori censure mosse dall’Avvocatura generale.

In particolare, la cauzione provvisoria è strettamente funzionale alla tutela della concorrenza. Essa serve a garantire, ai sensi dell’art. 93, comma 6, cod. contratti pubblici, il rischio della mancata sottoscrizione del contratto a seguito dell’aggiudicazione, per fatti riconducibili all’affidatario o per «l’adozione di informazione antimafia interdittiva», nonché, ai sensi dell’art. 103, comma 3, cod. contratti pubblici, il rischio della mancata costituzione da parte dell’aggiudicatario della garanzia definitiva. In tal modo, la cauzione provvisoria assicura la serietà e la correttezza delle offerte presentate.

La sua funzione è, dunque, quella di «responsabilizzare i partecipanti in ordine alle dichiarazioni rese e al dovere di diligenza, allo scopo di garantire la serietà e l’affidabilità dell’offerta e prevenire l’inutile e non proficuo svolgimento di complesse attività selettive (Adunanza Plenaria n. 5/2016)» (così Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 22 luglio 2021, n. 5517, che si riferisce alla disciplina del nuovo codice; si vedano, altresì, Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 22 aprile 2021, n. 3255; sezione quinta, sentenze 6 aprile 2020, n. 2264 e 15 maggio 2019, n. 3151).

Del resto, se è vero che «il principio cardine delle gare pubbliche è quello del favor partecipationis», questo attiene, nondimeno, solo alla partecipazione di «operatori economici “qualificati”», che possono «garantire, da un lato, che l’Amministrazione individui, tra i tanti, il “miglior contraente”, dall’altro, l’esplicazione di una piena ed effettiva concorrenza tra le imprese in un mercato libero» (Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 19 febbraio 2021, n. 1483).

29.3.2.– Anche il comma 2 dell’art. 17 è costituzionalmente illegittimo, per contrasto con i limiti statutari, in relazione all’art. 32, commi 7, 8 e 9, cod. contratti pubblici. Sono assorbite le ulteriori censure.

L’art. 17, comma 2, ammette la stipula del contratto anche prima che siano stati verificati i requisiti di partecipazione, «salvo il rispetto delle prescrizioni imposte dalla normativa antimafia», in aperto contrasto con l’art. 32 cod. contratti pubblici, se è vero che «l’aggiudicazione», che necessariamente precede la stipula del contratto, non potendosi neppure qualificare quale accettazione dell’offerta (art. 32, comma 6), diventa efficace solo «dopo la verifica del possesso dei prescritti requisiti» (art. 32, comma 7).

È, del resto, evidente la ratio di tutela della concorrenza sottesa a tale disciplina. Da un lato, si vuole evitare di aggiudicare la gara, in violazione del principio di par condicio, a un soggetto che non avrebbe dovuto neppure partecipare ad essa. Da un altro lato – in una prospettiva dinamica – si intende impedire la conclusione di un contratto prima che siano verificati i requisiti di ammissione e di esclusione. Solo così possono evitarsi i ritardi e i costi nella realizzazione dell’opera, conseguenti alla risoluzione del contratto, e alle relative azioni giudiziarie che non sono certo escluse dal vincolo a prevedere – in base a quanto stabilisce la disposizione provinciale – la clausola risolutiva espressa.

Il controllo condizionante l’efficacia dell’aggiudicazione garantisce che la stipula del contratto operi a vantaggio dell’offerente effettivamente migliore. Per converso, se si addivenisse alla conclusione del contratto, senza aver operato le dovute verifiche, e si attendessero i tempi della risoluzione dello stesso, il miglior offerente potrebbe non essere più interessato, o perché l’opera è stata oramai già iniziata o perché lo stesso ha eventualmente accettato una diversa commessa.

Si aggiunga, infine, che la norma impugnata non risulta compatibile con il rispetto dei termini del cosiddetto standstill, previsti dai commi 9 e 11 dell’art. 32 cod. contratti pubblici, e con la ratio ad essi sottesa.

Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 17 della legge prov. di Bolzano n. 3 del 2020.

30.– Anche l’art. 18 della legge prov. di Bolzano n. 3 del 2020 è stato impugnato con il ricorso n. 54 del 2020.

Il suo comma 1 permette l’esecuzione in via d’urgenza per tutte le procedure di affidamento di appalti di lavori, servizi e forniture.

Il comma 2 consente, invece, che, «[a]nche in deroga alle previsioni contrattuali, al fine di sostenere le imprese esecutrici negli appalti di lavori, all’importo dei lavori eseguiti può essere aggiunto il 60 per cento del valore dei materiali provvisti a piè d’opera, destinati ad essere impiegati in opere definitive facenti parte dell’appalto e accettati dal direttore dei lavori, da valutarsi a prezzo di contratto o, in difetto, ai prezzi di stima».

Infine, il comma 3 prevede che, «anche in deroga alle previsioni contrattuali e al fine di sostenere le imprese fornitrici negli appalti di forniture, si proceda con il pagamento in acconto dell’80 per cento del valore delle forniture consegnate e accettate dal direttore dei lavori o dal direttore dell’esecuzione del contratto, benché non ancora inventariate».

30.1.– L’Avvocatura generale ha sostenuto che l’art. 18 violerebbe i limiti statutari, che si evincono dall’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost. e dall’art. 101, comma 3, cod. contratti pubblici, il quale demanderebbe «al direttore dei lavori (ovvero al direttore dell’esecuzione) la valutazione degli aspetti tecnici ed economici del contratto in conformità alle prescrizioni stabilite nel capitolato speciale di appalto».

La disposizione provinciale investirebbe «le materie trasversali della tutela della concorrenza [e] dell’ordinamento civile, riservate alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, contenendo disposizioni in contrasto» con «le norme di riforma economico-sociale».

30.2.– Secondo la Provincia autonoma di Bolzano, anche le censure mosse nei confronti dell’art. 18 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020 non sarebbero fondate.

In particolare, non sussisterebbe l’asserito contrasto con l’art. 101, comma 3, cod. contratti pubblici, «dato che la disposizione provinciale riserv[erebbe] proprio al direttore dei lavori l’onere delle valutazioni e dei compiti sanciti dal citato art. 101», senza alterare la natura delle attribuzioni che competono al medesimo. Si tratterebbe dunque di una disposizione di «natura organizzativa», che non contrasterebbe con i principi in materia di concorrenza.

30.3.– Occorre premettere che l’articolo impugnato attiene all’esecuzione del contratto e regola, per un verso, le esecuzioni in via d’urgenza prima della stessa conclusione del contratto (comma 1) e, per un altro verso, le modalità di pagamento da parte della stazione appaltante (commi 2 e 3).

I due gruppi di ipotesi devono essere analizzati separatamente.

30.3.1.– La questione promossa con riguardo al comma 1 è fondata per contrasto con i limiti statutari, in relazione all’art. 32, comma 8, cod. contratti pubblici, con conseguente assorbimento delle ulteriori censure.

Come si è visto, il comma 1 disciplina l’esecuzione in via d’urgenza, che può aver luogo dopo l’aggiudicazione, ma – come si è già precisato – prima della conclusione del contratto.

La normativa statale regola tale istituto all’art. 32, comma 8, cod. contratti pubblici e lo ammette in presenza di presupposti tassativi: devono ricorrere eventi «oggettivamente imprevedibili, per ovviare a situazioni di pericolo per persone, animali o cose, ovvero per l’igiene e la salute pubblica, ovvero per il patrimonio storico, artistico, culturale ovvero nei casi in cui la mancata esecuzione immediata della prestazione dedotta nella gara determinerebbe un grave danno all’interesse pubblico che è destinata a soddisfare, ivi compresa la perdita di finanziamenti comunitari». Solo in presenza di una di tali circostanze, il direttore dei lavori può ordinare l’esecuzione di prestazioni o lavori specifici, le cui spese saranno oggetto di rimborso per l’aggiudicatario se la stipulazione del contratto non dovesse avvenire nel termine fissato e questi decidesse di sciogliersi da ogni vincolo o recedere dal contratto.

In sostanza, il comma 8 dell’art. 32 introduce una eccezionale deroga, ben delimitata, alla regola, di cui al successivo comma 13, a sua volta espressione dei principi generali della materia contrattuale, secondo cui il contratto trova esecuzione dopo la sua conclusione e sempre che sia in grado di produrre i propri effetti.

Ebbene, la disposizione provinciale, pur facendo «salvo quanto stabilito dalla normativa statale», di fatto introduce un regime contrastante con una disciplina prettamente privatistica, là dove ammette l’esecuzione in via d’urgenza «per tutte le procedure di affidamento di appalti di lavori, servizi e forniture».

Sennonché consentire per legge, in deroga ai principi generali dettati in materia di contratto, l’esecuzione delle prestazioni prima della stessa conclusione del contratto è nelle competenze esclusive del solo legislatore statale, chiamato a garantire l’uniformità della disciplina in materia contrattuale che invoca istanze di eguaglianza formale a livello territoriale.

Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 18, comma 1, della legge prov. di Bolzano n. 3 del 2020.

30.3.2.– Passando ora all’esame dei commi 2 e 3 dell’art. 18, essi possono essere analizzati congiuntamente, in quanto presentano profili di evidente affinità.

Le questioni promosse rispetto a entrambe le disposizioni sono fondate in riferimento ai limiti statutari, in quanto le previsioni provinciali interferiscono con le istanze di disciplina unitaria imposte dalla materia trasversale «ordinamento civile».

L’esecuzione del contratto e con essa la disciplina sulle modalità di pagamento del corrispettivo dell’appalto attengono all’ordinamento civile e sono, pertanto, suscettibili di trovare la loro regolamentazione nell’uniforme disciplina statale, salvo gli spazi lasciati all’autonomia privata.

In particolare, premesso che la regola generale in materia di appalto è quella che vede sorgere il diritto dell’appaltatore al pagamento del corrispettivo con l’accettazione dell’opera da parte del committente (art. 1665 cod. civ.), deve, tuttavia, rammentarsi che tale “principio di postnumerazione” del corrispettivo viene temperato in materia di appalti pubblici da una disciplina speciale che consente, oltre ad una anticipazione del corrispettivo, anche il pagamento di acconti in corso d’opera. Prevede, a tal riguardo, l’art. 113-bis cod. contratti pubblici: «1. [i] pagamenti relativi agli acconti del corrispettivo di appalto sono effettuati nel termine di trenta giorni decorrenti dall’adozione di ogni stato di avanzamento dei lavori, salvo che sia espressamente concordato nel contratto un diverso termine, comunque non superiore a sessanta giorni e purché ciò sia oggettivamente giustificato dalla natura particolare del contratto o da talune sue caratteristiche. I certificati di pagamento relativi agli acconti del corrispettivo di appalto sono emessi contestualmente all’adozione di ogni stato di avanzamento dei lavori e comunque entro un termine non superiore a sette giorni dall’adozione degli stessi. 1-bis. Fermi restando i compiti del direttore dei lavori, l’esecutore può comunicare alla stazione appaltante il raggiungimento delle condizioni contrattuali per l’adozione dello stato di avanzamento dei lavori. 1-ter. Ai sensi del comma 3 il direttore dei lavori accerta senza indugio il raggiungimento delle condizioni contrattuali e adotta lo stato di avanzamento dei lavori contestualmente all’esito positivo del suddetto accertamento ovvero contestualmente al ricevimento della comunicazione di cui al comma 1-bis, salvo quanto previsto dal comma 1-quater. 1-quater. In caso di difformità tra le valutazioni del direttore dei lavori e quelle dell’esecutore in merito al raggiungimento delle condizioni contrattuali, il direttore dei lavori, a seguito di tempestivo accertamento in contraddittorio con l’esecutore, procede all’archiviazione della comunicazione di cui al comma 1-bis ovvero all’adozione dello stato di avanzamento dei lavori. 1-quinquies. Il direttore dei lavori trasmette immediatamente lo stato di avanzamento dei lavori al RUP, il quale, ai sensi del comma 1, secondo periodo, emette il certificato di pagamento contestualmente all’adozione dello stato di avanzamento dei lavori e, comunque, non oltre sette giorni dalla data della sua adozione, previa verifica della regolarità contributiva dell’esecutore e dei subappaltatori. Il RUP invia il certificato di pagamento alla stazione appaltante, la quale procede al pagamento ai sensi del comma 1, primo periodo. 1-sexies. L’esecutore può emettere fattura al momento dell’adozione dello stato di avanzamento dei lavori. L’emissione della fattura da parte dell’esecutore non è subordinata al rilascio del certificato di pagamento da parte del RUP. 1-septies. Ogni certificato di pagamento emesso dal RUP è annotato nel registro di contabilità. 2. All’esito positivo del collaudo o della verifica di conformità, e comunque entro un termine non superiore a sette giorni dagli stessi, il responsabile unico del procedimento rilascia il certificato di pagamento ai fini dell’emissione della fattura da parte dell’appaltatore; il relativo pagamento è effettuato nel termine di trenta giorni decorrenti dal suddetto esito positivo del collaudo o della verifica di conformità, salvo che sia espressamente concordato nel contratto un diverso termine, comunque non superiore a sessanta giorni e purché ciò sia oggettivamente giustificato dalla natura particolare del contratto o da talune sue caratteristiche. Il certificato di pagamento non costituisce presunzione di accettazione dell’opera, ai sensi dell’articolo 1666, secondo comma, del codice civile. 3. Resta fermo quanto previsto all’articolo 4, comma 6, del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231».

Orbene, le due norme provinciali in esame, che prevedono rispettivamente l’aggiunta, all’importo dei lavori eseguiti, del pagamento del «60 per cento del valore dei materiali provvisti a piè d’opera, destinati ad essere impiegati in opere definitive facenti parte dell’appalto e accettati dal direttore dei lavori, da valutarsi a prezzo di contratto o, in difetto, ai prezzi di stima», nonché, a beneficio delle imprese fornitrici, del «pagamento in acconto dell’80 per cento del valore delle forniture consegnate e accettate dal direttore dei lavori o dal direttore dell’esecuzione del contratto, benché non ancora inventariate» non trovano alcuna corrispondenza nelle previsioni statali.

Inoltre, l’art. 18, commi 1 e 2, della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020, nel prevedere la possibile deroga anche al contenuto di contratti già conclusi, si pone in contrasto con l’art. 1372, primo comma, cod. civ. Il contenuto del contratto ha forza di legge fra le parti e non può essere certo derogato da disposizioni provinciali difformi da quelle statali e non competenti a regolare la materia dell’ordinamento civile, a fortiori tramite meccanismi con efficacia retroattiva.

Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 18, commi 2 e 3, della legge prov. di Bolzano n. 3 del 2020.

31.– Con il ricorso n. 54 del 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato anche l’art. 19 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020.

La disposizione provinciale stabilisce, al comma 1, che, «[f]ermo restando quanto previsto dall’articolo 49 della legge provinciale 17 dicembre 2015, n. 16, e successive modifiche, sul valore dei contratti d’appalto di lavori, nonché dei servizi e forniture ad esecuzione istantanea viene calcolato l’importo dell’anticipazione del prezzo, che potrà essere aumentato fino al 40 per cento, da corrispondere all’appaltatore entro 15 giorni dall'effettivo inizio della prestazione». Il comma 2 chiarisce l’ambito di applicazione temporale della disposizione di cui al comma 1, prevedendone l’applicazione «soltanto per i contratti non ancora stipulati alla data di entrata in vigore della presente legge provinciale».

31.1.– Secondo l’Avvocatura generale, la citata disposizione violerebbe norme di riforma economico-sociale, in quanto attuative, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost., di istanze unitarie finalizzate alla tutela della concorrenza, dell’ordine pubblico e dell’ordinamento civile, che si impongono quali limiti alle pur primarie competenze statutarie provinciali.

Nello specifico, l’art. 19 contrasterebbe con l’art. 35, comma 18, cod. contratti pubblici, il quale determinerebbe «l’importo dell’anticipazione nella misura del 20 per cento senza prevedere la possibilità di aumento di detta percentuale». Più precisamente, la norma statale dispone che «[s]ul valore del contratto di appalto viene calcolato l’importo dell’anticipazione del prezzo pari al 20 per cento da corrispondere all’appaltatore entro quindici giorni dall’effettivo inizio della prestazione».

31.2.– Nell’atto di costituzione in giudizio la Provincia autonoma di Bolzano ha eccepito la non fondatezza delle questioni rivolte all’art. 19 della legge provinciale impugnata.

Secondo la resistente, l’art. 35, comma 18, cod. contratti pubblici – evocato dall’Avvocatura generale quale parametro interposto – non costituirebbe «diretta espressione di un principio fondamentale ed inderogabile» in grado di vincolare il legislatore provinciale.

Inoltre, la possibilità di stabilire una più elevata percentuale dell’anticipazione del prezzo sarebbe «funzionale al sostentamento del tessuto imprenditoriale» e ad essa si accompagnerebbe «un proporzionale accrescimento della misura monetaria della garanzia costituente la condizione per l’attribuzione dell’importo dell’anticipazione, in maniera tale da tutelare adeguatamente la stazione appaltante».

31.3.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 19 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020 è fondata in riferimento ai limiti statutari, per contrasto con l’art. 35, comma 18, cod. contratti pubblici.

La norma impugnata, pur facendo salvo l’art. 49 della legge prov. Bolzano n. 16 del 2015, che indica un importo di anticipazione pari al 20 per cento, di fatto deroga – sia pure temporaneamente – a tale previsione, introducendo la possibilità di aumentare l’anticipazione del prezzo fino al 40 per cento.

Al contempo, la disposizione provinciale si distacca da quanto prevede la normativa statale, là dove l’art. 35, comma 18, cod. contratti pubblici stabilisce che l’appaltatore ha diritto a ricevere un’anticipazione del prezzo, pari al 20 per cento del valore del contratto, a condizione che sia effettivamente iniziata «la prestazione» e, specificatamente, «entro quindici giorni dall’effettivo inizio della prestazione».

Tale istituto, secondo un orientamento condiviso anche nella giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, commissione speciale, parere 30 marzo 2017), si colloca con tutta evidenza nell’ambito dell’esecuzione del contratto ed è assimilabile all’acconto sul prezzo. Sia l’anticipazione sia l’acconto condividono, in particolare, la fondamentale funzione di mitigare il “principio della postnumerazione” del corrispettivo di appalto.

Peraltro, la disciplina civilistica dell’anticipazione del prezzo, che spetta al solo legislatore statale regolare in maniera uniforme, condiziona fortemente anche la stessa concorrenza. La Provincia autonoma, infatti, non poteva disegnare un privilegio doppiamente lesivo della concorrenza. Non solo l’anticipazione del prezzo al 40 per cento opera solo a livello provinciale, ma oltretutto potrebbe andare a beneficiare anche coloro che hanno partecipato a procedure già bandite. Se è vero, infatti, che la norma si applica, ai sensi del secondo comma, ai contratti «non ancora stipulati alla data di entrata in vigore della […] legge», ciò implica che essa può operare per procedimenti già banditi ed eventualmente aggiudicati sulla base di regole relative all’anticipazione del prezzo diverse e ben più stringenti. Ne derivano ricadute inaccettabili sullo scenario di altri potenziali offerenti che, se avessero saputo di tale beneficio al momento della pubblicazione del bando, avrebbero presumibilmente partecipato alla gara.

Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 19 della legge prov. di Bolzano n. 3 del 2020.

32.– Proseguendo con l’esame del ricorso n. 54 del 2020, oggetto di impugnazione è stato anche l’art. 22 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020, in base al quale, «[f]ermo restando quanto previsto dalla normativa statale, la durata dei contratti di appalto e di concessione in corso di esecuzione può essere prorogata per ragioni di interesse pubblico determinate da emergenze sanitarie anche oltre il termine eventualmente previsto nell’opzione di proroga indicata inizialmente nel bando e nei documenti di gara».

32.1.– Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, tale disposizione contrasterebbe con i limiti posti alle competenze statutarie e specificamente: con l’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost., con l’art. 106 cod. contratti pubblici, con l’ordine pubblico (art. 117, comma secondo, lettera h), con l’art. 41 Cost., con gli obblighi internazionali di cui all’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 72, paragrafi 1 e 5, della direttiva 2014/24/UE, all’art. 43, paragrafi 1 e 5, della direttiva 2014/23/UE e agli artt. 3, 101, 102 e 106 TFUE.

In particolare, dalle norme interposte del codice dei contratti pubblici e dalle direttive citate si desumerebbe che «i contratti di appalto e le concessioni possono essere modificati senza una nuova procedura di aggiudicazione “se le modifiche, a prescindere dal loro valore monetario, sono state previste nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise e inequivocabili, che possono comprendere clausole di revisione dei prezzi, o opzioni”».

Di conseguenza, «un prolungamento non previsto nei documenti di gara o una proroga oltre i limiti temporali consentiti» sarebbero equiparabili a un affidamento senza gara.

Per le ragioni esposte, la proroga degli affidamenti vigenti consentita dalla disposizione provinciale si configurerebbe come una modifica contrattuale non rientrante, secondo le previsioni del diritto europeo, in quelle ammissibili senza una nuova procedura di aggiudicazione.

Inoltre, secondo l’argomentazione dell’Avvocatura generale, «l’imposizione alle imprese attualmente affidatarie dei contratti di appalto e di concessione di una obbligatoria proroga contrattuale alle condizioni in essere» sarebbe lesiva anche del principio della libera iniziativa economica, di cui all’art. 41 Cost.

32.2.– Nell’atto di costituzione in giudizio la Provincia autonoma di Bolzano ha sottolineato come sarebbe «meramente apparente» l’asserito contrasto tra la disposizione provinciale e quanto stabilito dall’art. 72 delle direttive 2014/24/UE e dall’art. 43 della direttiva 2014/23/UE, così come attuate dall’art. 106 cod. contratti pubblici. Infatti, sarebbe lo stesso art. 22 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020 a fare espressamente salva la normativa statale, in virtù della «clausola di riserva scolpita nell’incipit della disposizione»: «[f]ermo restando quanto previsto dalla normativa statale». Tale «inequivocabile formulazione» testimonierebbe che l’eventuale proroga della durata di appalto o concessione potrebbe essere concessa soltanto se siano soddisfatte le condizioni sancite a livello nazionale.

In ogni caso, si tratterebbe di una mera facoltà, che rispecchierebbe quanto già stabilito dall’art. 92 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito con modificazioni nella legge 24 aprile 2020, n. 27. Inoltre, la resistente segnala come, a livello nazionale, l’art. 205 del d.l. n. 34 del 2020 preveda la proroga ope lege dell’efficacia della concessione di trasporto in essere per un anno.

La proroga dei contratti in essere, oltre ad avere carattere meramente eventuale, dovrebbe comunque prevedere l’apposizione di una «stringente motivazione […] “per ragioni di interesse pubblico determinate da emergenze sanitarie” a pena di invalidità del relativo atto dispositivo», mentre la valutazione della legittimità costituzionale della disposizione dovrebbe tener conto della necessità di assicurare la continuità dei servizi in appalto o in concessione durante la fase emergenziale.

32.3.– Anche la questione di legittimità costituzionale relativa all’art. 22 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020 è fondata in riferimento ai limiti statutari, in relazione all’art. 106 cod. contratti pubblici, con assorbimento delle ulteriori doglianze formulate dall’Avvocatura.

32.3.1.– Occorre premettere che non è percorribile l’interpretazione suggerita dalla difesa provinciale, secondo la quale l’incipit della disposizione impugnata («[f]ermo restando quanto previsto dalla normativa statale») escluderebbe la sua illegittimità costituzionale.

32.3.2.– Al contrario, la disposizione provinciale delinea un contenuto che contraddice il precetto dell’art. 106, comma 11, cod. contratti pubblici e tradisce le istanze di tutela della concorrenza ad esso sottese.

L’art. 106, comma 11, detta una disciplina della proroga cosiddetta tecnica che impone una duplice condizione: che sia «prevista nel bando e nei documenti di gara una opzione di proroga» e che «[l]a proroga [sia] limitata al tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure per l’individuazione di un altro contraente» (art. 106, comma 11, cod. contratti pubblici).

Possono, allora, verificarsi due ipotesi.

O i documenti di gara riproducono la previsione temporale disposta dalla legge, nel qual caso la disposizione provinciale non può derogare al termine indicato da tali documenti perché violerebbe la medesima norma statale.

Oppure tali documenti indicano un termine inferiore a quello necessario per la conclusione di procedure per l’individuazione di un altro contraente. In questo caso, la proroga non potrebbe essere concessa per un tempo diverso da quello indicato nei documenti di gara, poiché quando è disposta «oltre i limiti delle previsioni della lex specialis […] integra un’illegittima fattispecie di affidamento senza gara» (Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 6 maggio 2015, n. 2272). E invero, solo se la possibilità della proroga contrattuale è «resa nota ai concorrenti sin dall’inizio delle operazioni di gara, cosicché ognuno possa formulare le proprie offerte in considerazione della durata eventuale del contratto, nessuna lesione dell’interesse pubblico alla scelta del miglior contraente è possibile riscontrare, né alcuna lesione dell’interesse generale alla libera concorrenza, essendo la fattispecie del tutto analoga, dal punto di vista della tutela della concorrenza, a quella nella quale si troverebbero le parti contraenti nell’ipotesi in cui [la stazione appaltante] avesse operato, ab initio, una scelta “secca” per la più lunga durata del contratto» (Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 5 luglio 2013, n. 3580).

Di conseguenza, l’incipit della disposizione provinciale, anche ove fosse riferito al rispetto del termine di cui all’art. 106, comma 11, renderebbe la norma impugnata o inutile – là dove consentirebbe una deroga al termine indicato dai documenti di gara che, se riproduttivo del termine legale, sarebbe inibita dalla prima parte della norma – o, comunque, illegittima, là dove permetterebbe di derogare al termine più breve di quello legale disposto nei documenti di gara, in violazione del principio della concorrenza.

Tale frammento di disposizione non può, dunque, rivestire un valore sanante e sembra piuttosto riferibile, in via ermeneutica, alla circostanza che intendesse rinviare alla legge statale sia rispetto alla competenza della stazione appaltante nell’autorizzare la richiesta di proroga, sia rispetto alla previsione secondo cui la proroga vincola l’appaltatore alle stesse condizioni del contratto o a quelle più favorevoli per la stazione appaltante (art. 106, comma 11, cod. contratti pubblici).

32.3.3.– Di conseguenza, il contenuto della norma impugnata, introducendo una disciplina difforme rispetto a quanto stabilito dalla norma di riforma economico-sociale di cui all’art. 106 cod. contratti pubblici, incide su una materia di rilevanza centrale per la concorrenza.

L’art. 106, comma 11, cod. contratti pubblici regola, infatti, la modifica di contratti a esecuzione continuata e periodica, con conseguente mutamento della prestazione contrattuale, che viene fornita per un maggior tempo con percezione di un compenso ulteriore.

Sennonché, l’eccezionalità dell’istituto della proroga cosiddetta tecnica (Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 29 maggio 2019, n. 3588) non tollera, in alcun modo, deroghe da parte della legislazione provinciale, in palese contrasto con le istanze di tutela della concorrenza.

Come infatti già chiarito da questa Corte, con riferimento a concessioni demaniali in corso, «discipline regionali le quali dispongano proroghe o rinnovi automatici» non possono essere adottate, neppure nell’esercizio di una competenza primaria, «in quanto incidono sulla materia, di competenza esclusiva statale, della tutela della concorrenza, ostacolando l’ingresso di altri potenziali operatori economici nel mercato di riferimento (sentenze n. 10 del 2021, n. 1 del 2019, n. 171 del 2013 e n. 213 del 2011)» (sentenza n. 139 del 2021).

Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 22 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020.

33.– Sempre con il ricorso n. 54 del 2020, l’Avvocatura generale dello Stato ha, infine, impugnato l’art. 23 della legge prov. Bolzano n. 3, secondo il quale «le disposizioni di cui agli articoli 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19 e 22 sono norme speciali per far fronte all’emergenza sanitaria ed economica causata dal virus SARS-Cov-2, per cui cessano di trovare applicazione a partire dal 15 aprile 2022».

33.1.– Secondo il ricorrente, anche questa disposizione, ponendosi in contrasto con l’art. 117, commi primo e secondo, lettere e) ed l), Cost., violerebbe «i limiti statutari della potestà legislativa provinciale perché gli interventi legislativi delle regioni e delle province autonome devono essere armonizzati non solo con il complesso della disciplina statale ordinaria in materia di contratti pubblici ma anche con la disciplina emergenziale adottata dallo Stato per fronteggiare, sul piano sanitario ed economico, la diffusione del contagio causato dal virus Covid-19». Trattandosi di una situazione che riguarda «tutto il territorio nazionale», non sarebbe possibile affidarla alle singole discipline adottate a livello locale. Di conseguenza, le iniziative legislative provinciali, dirette a far fronte alla suddetta emergenza, non potrebbero «avere una durata differenziata nei rispettivi territori in assenza di una armonizzazione a livello nazionale».

33.2.– La resistente, sul punto, si è limitata a segnalare che il legislatore provinciale ha pieno titolo per «circoscrivere l’efficacia temporale delle proprie disposizioni», alla luce della competenza legislativa riconosciuta alla Provincia autonoma in materia di contratti pubblici. In linea generale, la difesa provinciale ha osservato che «tutte le disposizioni in esame hanno natura temporanea, vertono in materia di emergenza economica e costituiscono misure “aggiuntive” rispetto ai livelli essenziali delle prestazioni».

33.3.– La questione è fondata: l’art. 23 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020 vìola i limiti statutari, in quanto è affetto dai medesimi vizi di illegittimità costituzionale accertati con riferimento agli articoli già in precedenza esaminati.

La disposizione impugnata non fa che regolare l’arco temporale di vigenza degli artt. 13, 14, 16, 17, 18, 19 e 22 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020, tutti impugnati dallo Stato e tutti dichiarati costituzionalmente illegittimi. Pertanto, limitandosi a regolare temporalmente il loro contenuto precettivo, essa ne riflette parimenti i vizi di illegittimità costituzionale.

La disposizione deve essere, dunque, dichiarata costituzionalmente illegittima limitatamente alle parole «di cui agli articoli 13, 14» e «16, 17, 18, 19 e 22». Essa resta in vigore per il solo art. 15, non impugnato dallo Stato.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, commi 1, 4, 7, 8, della legge della Provincia autonoma di Trento 23 marzo 2020, n. 2 (Misure urgenti di sostegno per le famiglie, i lavoratori e i settori economici connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19 e altre disposizioni), nonché del comma 3 dello stesso articolo, nella parte in cui prevede che «l’offerta tecnica è valutata sulla base dei seguenti elementi da tradurre in criteri di natura quantitativa o tabellare: a) l’impegno da parte del concorrente di affidare in subappalto l’esecuzione di parte della prestazione a microimprese, piccole e medie imprese locali, specificando per ogni subcontratto le prestazioni affidate e i nominativi dei singoli subappaltatori; resta fermo il divieto di frazionare fra più operatori economici il subappalto di una medesima lavorazione o prestazione omogenea, come individuata nel progetto messo in gara, anche tramite lo strumento delle WBS-work breakdown structure; b) l’impegno da parte del concorrente ad acquisire le forniture necessarie per l’esecuzione della prestazione da microimprese, piccole e medie imprese locali, specificando i nominativi dei singoli fornitori; c) per le prestazioni affidate in subappalto, l’impegno del concorrente a praticare il minor ribasso rispetto all’elenco prezzi posto a base di gara, al fine di assicurare la qualità nell’esecuzione del contratto»; dell’art. 3, commi 1, 2 e 4, della legge prov. Trento n. 2 del 2020; dell’art. 4, commi 1 e 2, della legge prov. Trento n. 2 del 2020; dell’art. 6, comma 2, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, nella parte in cui prevede che, «Ferma restando la possibilità per il responsabile del procedimento di derogarvi, ove lo ritenga necessario, costituiscono riferimento per la congruità del ribasso offerto le seguenti percentuali di ribasso o la loro media pesata se l’affidamento ha ad oggetto opere appartenenti a più di una tipologia di opera: a) per le opere “edilizia-strutture impianti”: ribasso minimo 10 per cento, ribasso massimo 20 per cento; b) per le opere “geologia”: ribasso minimo 15 per cento, ribasso massimo 25 per cento; c) per le opere “mobilità - idraulica - informazione - paesaggio - urbanistica”: ribasso minimo 20 per cento, ribasso massimo 30 per cento; d) per le opere “coordinamento sicurezza”: ribasso minimo 25 per cento, ribasso massimo 35 per cento»; dell’art. 6, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, nella parte in cui prevede che «Gli incarichi sono aggiudicati con il criterio del prezzo più basso, oppure, solo se necessario in ragione della natura, oggetto o caratteristiche del contratto e in ogni caso, per la progettazione architettonica, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Quando l’amministrazione aggiudicatrice ricorre ad elementi di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa esclusivamente di natura quantitativa o tabellare non nomina la commissione tecnica»;

2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 52, commi 2, 4, lettera c), e 8, della legge della Provincia autonoma di Trento n. 3 del 2020 (Ulteriori misure di sostegno per le famiglie, i lavoratori e i settori economici connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19 e conseguente variazione al bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2020 – 2022), che hanno rispettivamente modificato i commi 1, 3, lettera a) e 8 dell’art. 2 della legge prov. Trento n. 2 del 2020;

3) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 52, comma 6, della legge prov. Trento n. 3 del 2020, che ha inserito il comma 5-bis nell’art. 2 della legge prov. Trento n. 2 del 2020, nella parte in cui prevede che «Fermo restando quanto previsto dall’art. 16, comma 4, della legge provinciale di recepimento delle direttive europee in materia di contratti pubblici 2016, per l’affidamento di servizi e forniture le amministrazioni aggiudicatrici possono utilizzare gli elementi di valutazione previsti dal comma 3, in ragione della natura, oggetto e caratteristiche del contratto», nonché dell’art. 52, comma 7, della legge prov. Trento n. 3 del 2020, che ha inserito il comma 6-bis nell’art. 2 della legge prov. Trento n. 2 del 2020;

4) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 4, della legge della Provincia autonoma di Trento 30 novembre 2020, n. 13, recante «Modificazioni della legge provinciale 23 marzo 2020, n. 2, e della legge provinciale 13 maggio 2020, n. 3, in materia di contratti pubblici, e modificazioni della legge provinciale 30 dicembre 2014, n. 14, in materia di imposta immobiliare semplice (IMIS)», nella parte in cui prevede «Nei lavori l’offerta tecnica può essere valutata anche sulla base di uno o più dei seguenti elementi»; dell’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 13 del 2020, nella parte in cui prevede che, «Se i lavori sono aggiudicati con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa l’offerta tecnica può essere valutata anche sulla base di uno o più dei criteri previsti dall’articolo 2, comma 3, di questa legge»;

5) dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 13, comma 1, 14, 16, 17, 18, 19 e 22 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 16 aprile 2020, n. 3 (Variazioni al bilancio di previsione della Provincia autonoma di Bolzano per gli esercizi 2020, 2021 e 2022 e altre disposizioni);

6) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 23 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020, limitatamente alle parole «di cui agli articoli 13, 14» e «16, 17, 18, 19 e 22»;

7) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 6, commi 1, 2, primo periodo, e 3, primo periodo, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, promosse in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso n. 50 del 2020 indicato in epigrafe;

8) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 52, comma 8, della legge prov. Trento n. 3 del 2020, promossa in riferimento agli artt. 4 e 8 del decreto del Presidente della Repubblica, 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), in relazione all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso n. 59 del 2020 indicato in epigrafe;

9) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 57, comma 1, della legge prov. Trento n. 3 del 2020, che ha introdotto l’art. 7-bis nella legge prov. Trento n. 2 del 2020, promosse, in riferimento ai limiti statutari, in relazione all’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso n. 59 del 2020 indicato in epigrafe;

10) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 29 legge della Provincia di Trento 6 agosto 2020, n. 6 (Assestamento del bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2020 - 2022), che ha modificato l’art. 3 della legge prov. n. 2 del 2020, promossa, in riferimento al d.P.R. n. 670 del 1972, in relazione all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso n. 92 del 2020.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11 e il 25 novembre 2021.

F.to:

Giancarlo CORAGGIO, Presidente

Emanuela NAVARRETTA, Redattrice

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 28 gennaio 2022.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Giancarlo CORAGGIO; Giudici : Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 1, 3, 4, 7 e 8, e degli artt. 3, 4 e 6 della legge della Provincia autonoma di Trento 23 marzo 2020, n. 2 (Misure urgenti di sostegno per le famiglie, i lavoratori e i settori economici connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19 e altre disposizioni); degli artt. 13, comma 1, 14, 16, 17, 18, 19, 22 e 23 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 16 aprile 2020, n. 3 (Variazioni al bilancio di previsione della Provincia autonoma di Bolzano per gli esercizi 2020, 2021 e 2022 e altre disposizioni); dell’art. 52, commi 2, 4, lettera c), 6, 7 e 8, e dell’art. 57, comma 1, della legge della Provincia autonoma di Trento 13 maggio 2020, n. 3 (Ulteriori misure di sostegno per le famiglie, i lavoratori e i settori economici connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19 e conseguente variazione al bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2020 - 2022); dell’art. 29 della legge della Provincia autonoma di Trento 6 agosto 2020, n. 6 (Assestamento del bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2020 - 2022) e degli artt. 1, comma 4, e 2, comma 3, della legge della Provincia autonoma di Trento 30 novembre 2020, n. 13, recante «Modificazioni della legge provinciale 23 marzo 2020, n. 2, e della legge provinciale 13 maggio 2020, n. 3, in materia di contratti pubblici, e modificazioni della legge provinciale 30 dicembre 2014, n. 14, in materia di imposta immobiliare semplice (IMIS)», promossi dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorsi notificati il 22-27 maggio 2020, il 12-18 giugno 2020, il 13-17 luglio 2020, il 5-8 ottobre 2020 e il 27 gennaio-1° febbraio 2021, rispettivamente depositati in cancelleria il 28 maggio 2020, il 19 giugno 2020, il 17 luglio 2020, il 13 ottobre 2020 e il 2 febbraio 2021, iscritti ai numeri 50, 54, 59 e 92 del registro ricorsi 2020 e al n. 6 del registro ricorsi 2021, e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 25, 31, 36 e 47, prima serie speciale, dell’anno 2020, e n. 8, prima serie speciale, dell’anno 2021.

Visti gli atti di costituzione della Provincia autonoma di Trento e della Provincia autonoma di Bolzano;

udita nell’udienza pubblica del 9 novembre 2021 la Giudice relatrice Emanuela Navarretta;

uditi gli avvocati dello Stato Alessandro Maddalo e Francesco Sclafani per il Presidente del Consiglio dei ministri, l’avvocata Sabrina Azzolini per la Provincia autonoma di Trento e l’avvocata Renate Von Guggenberg per la Provincia autonoma di Bolzano, entrambe in collegamento da remoto, ai sensi del punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 18 maggio 2021;

deliberato nelle camere di consiglio dell’11 e del 25 novembre 2021.

Ritenuto in fatto

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, con il ricorso iscritto al n. 50 del reg. ric. 2020, questioni di legittimità costituzionale di varie disposizioni, di seguito indicate, della legge della Provincia autonoma di Trento 23 marzo 2020, n. 2 (Misure urgenti di sostegno per le famiglie, i lavoratori e i settori economici connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19 e altre disposizioni).

Sono stati, in particolare, impugnati: i commi 1, 3, 4, 7 e 8 dell’art. 2, che disciplina l’affidamento di contratti pubblici di importo superiore alla soglia europea, per violazione dell’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), della Costituzione, in relazione agli artt. 63, 95, comma 6, 97, commi 2, 2-bis, 2-ter e 3, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici); l’art. 3, che regola la procedura di appalto dei lavori pubblici di importo inferiore alla soglia europea, per contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in relazione all’art. 36 del d.lgs. n. 50 del 2016 (d’ora in avanti, cod. contratti pubblici); l’art. 4, che dispone meccanismi di semplificazione e di accelerazione delle procedure di affidamento, per violazione dell’art. 117, commi primo e secondo, lettere e) ed l), in relazione all’art. 80 cod. contratti pubblici; e, infine, l’art. 6, in materia di affidamento di incarichi tecnici di importo inferiore alla soglia europea, per contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in relazione agli artt. 36 e 95 cod. contratti pubblici.

2.– Con successivi ricorsi, iscritti ai numeri 59 e 92 del registro ricorsi del 2020 e 6 del registro ricorsi del 2021, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso – tra le altre – questioni di legittimità costituzionale di ulteriori disposizioni delle seguenti leggi modificative della citata legge prov. Trento n. 2 del 2020: rispettivamente, la legge della Provincia autonoma di Trento 13 maggio 2020, n. 3 (Ulteriori misure di sostegno per le famiglie, i lavoratori e i settori economici connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19 e conseguente variazione al bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2020 - 2022); la legge della Provincia autonoma di Trento 6 agosto 2020, n. 6 (Assestamento del bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2020 - 2022); la legge della Provincia autonoma di Trento 30 novembre 2020, n. 13, recante «Modificazioni della legge provinciale 23 marzo 2020, n. 2, e della legge provinciale 13 maggio 2020, n. 3, in materia di contratti pubblici, e modificazioni della legge provinciale 30 dicembre 2014, n. 14, in materia di imposta immobiliare semplice (IMIS)».

In particolare, con il ricorso n. 59 del 2020, l’Avvocatura generale ha impugnato i commi 2, 3, 4, lettera c), e 8 dell’art. 52 della legge prov. Trento n. 3 del 2020 – che hanno rispettivamente modificato i commi 1, 2, 3, lettera a), e 8 dell’art. 2 della legge prov. Trento n. 2 del 2020 – e i commi 6 e 7 del medesimo art. 52 – che hanno aggiunto i commi 5-bis e 6-bis al medesimo art. 2 –, per violazione degli artt. 4 e 8 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) e dell’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., in relazione agli artt. 32, 67, paragrafo 2, e 69 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE; agli artt. 50, 82, paragrafo 2, e 84 della direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE; agli artt. 3, 49, 56, 101, 102 e 106 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, come modificato dall’art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130; nonché agli artt. 63, 95, comma 6, 97, commi 2, 2-bis e 2-ter, e 157 cod. contratti pubblici.

Con il medesimo ricorso n. 59 del 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri ha, altresì, promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 57, comma 1, della legge prov. Trento n. 3 del 2020, che ha introdotto nella legge prov. Trento n. 2 del 2020 l’art. 7-bis, vòlto a consentire l’affidamento congiunto della progettazione e dell’esecuzione dei lavori, ponendo a base di gara il progetto preliminare o il progetto definitivo, per contrasto con gli artt. 4 e 8 dello statuto reg. Trentino-Alto Adige e con l’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost.

Di seguito, tramite il ricorso n. 92 del 2020, è stato impugnato l’art. 29 della legge della Provincia autonoma di Trento 6 agosto 2020, n. 6 (Assestamento del bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2020-2022), che ha modificato l’art. 3 della legge prov. Trento n. 2 del 2020, in quanto, incidendo sulla concorrenza, avrebbe violato i limiti alle competenze statutarie.

Infine, con il ricorso n. 6 del 2021, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale delle seguenti disposizioni: art. 1, comma 4, della legge prov. Trento n. 13 del 2020, che ha modificato l’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, per violazione degli artt. 4, 8 e 9 dello statuto reg. Trentino-Alto Adige, in relazione all’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., all’art. 67 della direttiva 2014/24/UE e all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici; art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 13 del 2020, che ha modificato l’art. 3, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, per violazione degli artt. 4, 8 e 9 dello statuto reg. Trentino-Alto Adige, in relazione all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. e all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici.

3.– In tutti i giudizi si è costituita la Provincia autonoma di Trento, la quale ha chiesto che le questioni promosse siano dichiarate inammissibili o comunque non fondate.

4.– Nell’imminenza dell’udienza di discussione, l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato memoria per il solo ricorso n. 50 del 2020, mentre la Provincia autonoma di Trento ha depositato memorie per tutti i menzionati ricorsi (numeri 50, 59 e 92 del 2020 e n. 6 del 2021).

5.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha inoltre promosso, con il ricorso iscritto al n. 54 del registro ricorsi del 2020, questioni di legittimità costituzionale di varie disposizioni, di seguito indicate, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 16 aprile 2020, n. 3 (Variazioni al bilancio di previsione della Provincia autonoma di Bolzano per gli esercizi 2020, 2021 e 2022 e altre disposizioni), in relazione a molteplici parametri che paleserebbero una violazione dei limiti statutari previsti dagli artt. 4, comma 1, e 8, comma 1, numero 17), dello statuto reg. Trentino-Alto Adige.

È stato, innanzitutto, impugnato l’art. 13, comma 1, rubricato «Disposizioni sui criteri premianti di aggiudicazione nell’ambito del subappalto a microimprese, piccole e medie imprese e imprese localizzate sul territorio provinciale», per contrasto con l’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., in relazione agli artt. 3, 49, 101, 102 e 106 TFUE, all’art. 67 della direttiva 2014/24/UE e all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici.

Parimenti, si è dubitato della legittimità costituzionale dell’art. 14, relativo alle soglie per l’affidamento diretto dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria e dei servizi ad essi connessi, in quanto ritenuto confliggente con l’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., in relazione agli artt. 3, 101, 102 e 106 TFUE e all’art. 157, comma 2, cod. contratti pubblici.

E, ancora, è stato impugnato l’art. 16, che disciplina la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando per appalti di lavori di importo pari o superiore a 2.000.000 di euro e inferiore alla soglia europea, per violazione dell’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., in relazione agli artt. 3, 101, 102 e 106 TFUE e all’art. 36, comma 2, cod. contratti pubblici.

Sempre con il ricorso n. 54 del 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’art. 17, il quale prevede misure di accelerazione delle procedure, che incidono sulla disciplina della cauzione provvisoria e sul momento di verifica dei requisiti di partecipazione, per violazione dell’art. 117, commi primo e secondo, lettere e) ed l), Cost., in relazione agli artt. 3, 101, 102 e 106 TFUE, nonché agli artt. 32, commi 7, 8 e 9, e 93 cod. contratti pubblici.

Alla luce dell’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost., è stato poi ravvisato un contrasto dell’art. 18, che disciplina i pagamenti e l’esecuzione del contratto, in relazione all’art. 101, comma 3, cod. contratti pubblici, nonché dell’art. 19, che regola l’anticipazione del prezzo, in relazione all’art. 35, comma 18, cod. contratti pubblici.

Ancora, il Presidente del Consiglio dei ministri ha dubitato della legittimità costituzionale dell’art. 22, che interviene sul regime di proroga dei contratti di appalto e di concessione, per contrasto con l’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), in relazione agli artt. 3, 101, 102 e 106 TFUE, all’art. 72, paragrafi 1 e 5, della direttiva 2014/24/UE, all’art. 43, paragrafi 1 e 5, della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, nonché in relazione all’art. 106 cod. contratti pubblici.

Infine, è stato impugnato l’art. 23, che limita l’ambito temporale di applicazione di alcune norme della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020, previste «per far fronte all’emergenza sanitaria ed economica causata dal virus SARS-CoV-2», per violazione dell’art. 117, commi primo e secondo, lettere e) ed l), Cost.

6.– Si è costituita in giudizio la Provincia autonoma di Bolzano, la quale ha chiesto che le questioni di legittimità promosse siano dichiarate inammissibili o comunque non fondate.

7.– Nella imminenza dell’udienza di discussione, l’Avvocatura generale dello Stato e la Provincia autonoma di Bolzano hanno depositato memorie.

Considerato in diritto

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, con il ricorso iscritto al n. 50 del registro ricorsi 2020, questioni di legittimità costituzionale di varie disposizioni, di seguito indicate, della legge della Provincia autonoma di Trento 23 marzo 2020, n. 2 (Misure urgenti di sostegno per le famiglie, i lavoratori e i settori economici connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19 e altre disposizioni).

Sono stati, in particolare, impugnati: i commi 1, 3, 4, 7 e 8 dell’art. 2 per violazione dell’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), della Costituzione, in relazione agli artt. 63, 95, comma 6, e 97, commi 2, 2-bis, 2-ter e 3, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici); l’art. 3 per contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in relazione all’art. 36 del d.lgs. n. 50 del 2016 (d’ora in avanti, cod. contratti pubblici); l’art. 4 per violazione dell’art. 117, commi primo e secondo, lettere e) ed l), in relazione all’art. 80 cod. contratti pubblici; e, infine, l’art. 6 per contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in relazione agli artt. 36 e 95 cod. contratti pubblici.

2.– Con successivi ricorsi, iscritti ai numeri 59 e 92 del registro ricorsi del 2020 e al n. 6 del registro ricorsi del 2021, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso – tra le altre – questioni di legittimità costituzionale di ulteriori disposizioni delle seguenti leggi modificative della citata legge prov. Trento n. 2 del 2020: la legge della Provincia autonoma di Trento 13 maggio 2020, n. 3 (Ulteriori misure di sostegno per le famiglie, i lavoratori e i settori economici connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19 e conseguente variazione al bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2020 - 2022); la legge della Provincia autonoma di Trento 6 agosto 2020, n. 6 (Assestamento del bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2020 - 2022); la legge della Provincia autonoma di Trento 30 novembre 2020, n. 13, recante «Modificazioni della legge provinciale 23 marzo 2020, n. 2, e della legge provinciale 13 maggio 2020, n. 3, in materia di contratti pubblici, e modificazioni della legge provinciale 30 dicembre 2014, n. 14, in materia di imposta immobiliare semplice (IMIS)».

In particolare, con il ricorso n. 59 del 2020, l’Avvocatura generale ha impugnato, tra gli altri, i commi 2, 3, 4, lettera c), e 8 dell’art. 52 della legge prov. Trento n. 3 del 2020 – che hanno rispettivamente modificato i commi 1, 2, 3, lettera a), e 8 dell’art. 2 della legge prov. Trento n. 2 del 2020 – e i commi 6 e 7 del medesimo art. 52 – che hanno aggiunto i commi 5-bis e 6-bis al medesimo art. 2 –, per violazione degli artt. 4 e 8 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), in relazione dell’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., agli artt. 32, 67, paragrafo 2, e 69 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE; agli artt. 50, 82, paragrafo 2, e 84 della direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE; agli artt. 3, 49, 56, 101, 102 e 106 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, come modificato dall’art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130; nonché agli artt. 63, 95, comma 6, 97, commi 2, 2-bis e 2-ter, e 157 cod. contratti pubblici.

Il ricorrente ha impugnato, altresì, l’art. 57, comma 1, della legge prov. Trento n. 3 del 2020, che ha introdotto nella legge prov. Trento n. 2 del 2020 l’art. 7-bis, per contrasto con gli artt. 4 e 8 dello statuto reg. Trentino-Alto Adige e con l’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost.

Le ulteriori questioni promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri, relative ad altre disposizioni della medesima legge prov. Trento n. 3 del 2020, sono state decise con la sentenza n. 262 del 2021.

Di seguito, con il ricorso n. 92 del 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato – tra gli altri – l’art. 29 della legge prov. Trento n. 6 del 2020, che ha modificato l’art. 3 della legge prov. Trento n. 2 del 2020, per violazione dei limiti statutari, in relazione all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

Infine, con il ricorso n. 6 del 2021, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale delle seguenti disposizioni: art. 1, comma 4, della legge prov. Trento n. 13 del 2020, che ha modificato l’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, per violazione degli artt. 4, 8 e 9 dello statuto reg. Trentino-Alto Adige, in relazione all’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., all’art. 67 della direttiva 2014/24/UE e all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici; l’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 13 del 2020, che ha modificato l’art. 3, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, per violazione degli artt. 4, 8 e 9 dello statuto reg. Trentino-Alto Adige, in relazione all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. e all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici.

3.– La Provincia autonoma di Trento si è costituita in tutti i giudizi e ha sollevato plurime eccezioni di inammissibilità.

3.1.– Con riferimento al ricorso n. 50 del 2020, ha eccepito la mancata indicazione del parametro statutario violato, a dispetto della competenza legislativa primaria spettante alla Provincia «in materia di lavori pubblici di interesse provinciale e in materia di ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetto, ai sensi dell’art. 8, comma 1, numeri 1) e 17) dello statuto speciale di autonomia per il Trentino-Alto Adige, nonché ai sensi di quanto disposto dal decreto legislativo 7 settembre 2017, n. 162 (recante le norme di attuazione statutaria in materia di contratti pubblici)».

3.2.– La difesa provinciale ha, inoltre, eccepito l’inammissibilità delle questioni sollevate in riferimento ai parametri di cui all’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost., che individuano materie di competenza legislativa primaria dello Stato, posto che l’art. 117 Cost., in ragione di quanto disposto dall’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), si applicherebbe alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome solo nella parte in cui attribuisce forme di autonomia più ampie di quelle già riconosciute dagli statuti.

La citata eccezione viene sollevata non solo in relazione al ricorso n. 50 del 2020, ma anche ai successivi ricorsi n. 59 e n. 92 del 2020 e n. 6 del 2021, che pure invocano il parametro statutario. Proprio in virtù del richiamo allo statuto speciale, il riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost., sarebbe ingiustificato e contraddittorio, tanto più che «l’affermazione della violazione dei limiti della competenza statutaria è fatta derivare direttamente dal contrasto con il codice dei contratti pubblici» (la difesa provinciale cita il punto 1.2.1. del ricorso n. 6 del 2021).

3.3.– In tutti i giudizi la Provincia autonoma di Trento lamenta, inoltre, che l’Avvocatura generale non avrebbe comprovato, per le singole disposizioni del codice dei contratti pubblici richiamate quali parametri interposti, la natura di norme fondamentali di riforma economico-sociale, mentre tale carattere sarebbe stata evocato in modo generico e cumulativo.

3.4.– Infine, secondo la Provincia resistente, la difesa erariale non avrebbe indicato, per le varie censure mosse, in quali termini si sarebbe determinato un livello di tutela della concorrenza inferiore rispetto a quello garantito dalla legislazione statale.

4.– Tutte le eccezioni di inammissibilità sopra illustrate non sono fondate.

4.1.– Quanto alla prima eccezione, con cui si lamenta la mancata indicazione nel ricorso n. 50 del 2020 del parametro statutario violato, si deve rilevare che – secondo la giurisprudenza di questa Corte – nel caso in cui venga impugnata, in via principale, la legge di una Regione a statuto speciale o di una Provincia autonoma, la mancata indicazione delle competenze statutarie non inficia di per sé l’ammissibilità della questione, qualora «siano evocate disposizioni statali espressione di competenze trasversali e configurabili, quindi, quali norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica, che costituiscono un limite alla potestà legislativa primaria delle Regioni speciali (tra le tante, sentenze n. 16 del 2020, n. 166 e n. 153 del 2019, n. 201 del 2018 e n. 103 del 2017)» (sentenza n. 255 del 2020).

Nel caso di specie, le disposizioni del codice dei contratti pubblici che attengono alla concorrenza e all’ordinamento civile – materie di chiaro tenore trasversale (per la concorrenza, ex multis, sentenze n. 134 e n. 104 del 2021, e n. 56 del 2020; per l’ordinamento civile, ex multis, sentenza n. 287 del 2016) – sono ascritte, per costante giurisprudenza costituzionale, all’area delle norme fondamentali di riforma economico-sociale (ex multis, sentenze n. 166 del 2019, n. 263 del 2016, n. 36 del 2013, n. 74 del 2012, n. 328, n. 184 e n. 114 del 2011, n. 221 e n. 45 del 2010), che limitano anche la competenza primaria delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome.

4.2.– Parimenti, non può accogliersi l’eccezione di inammissibilità sollevata in tutti i giudizi in relazione ai parametri dell’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost.

Vero è che, ai sensi dell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, l’art. 117 Cost. non è applicabile alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome se non «per le parti in cui preved[e] forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite», e questo «sino all’adeguamento» degli statuti speciali al nuovo art. 117 Cost.

Con l’art. 10, infatti, la legge cost. n. 3 del 2001, in attesa di una revisione degli statuti speciali, ha perseguito «l’obbiettivo di evitare che il rafforzamento del sistema delle autonomie delle Regioni ordinarie, attuato dalla riforma del Titolo V, potesse determinare un divario rispetto a quelle Regioni che godono di forme e condizioni particolari di autonomia» (sentenza n. 370 del 2006).

Tuttavia, l’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost. non viene evocato, nei ricorsi in esame, per negare la competenza primaria della Provincia autonoma di Trento, riconosciuta dallo statuto reg. Trentino-Alto Adige all’art. 8, comma 1, numeri 1) e 17), bensì per orientare, quale paradigma ermeneutico, l’individuazione dei limiti che tale competenza è tenuta a rispettare. Nell’indicare materie trasversali, che incarnano istanze di disciplina uniforme a livello nazionale, l’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost. contribuisce a selezionare, nell’ambito del codice dei contratti pubblici, corpo normativo dal contenuto riformatore di un rilevante settore della vita economico-sociale (sentenze n. 166 del 2019 e n. 263 del 2016), le norme fondamentali che si impongono quali limiti alla citata competenza legislativa primaria della Provincia autonoma.

In altri termini, se il codice dei contratti pubblici presenta, nel suo complesso, i tratti di una riforma economico-sociale, attuativa anche di «obblighi internazionali nascenti dalla partecipazione dell’Italia all’Unione europea» (sentenza n. 114 del 2011), la disciplina della concorrenza e quella dell’ordinamento civile segnalano, al suo interno, istanze fondamentali di uniformità che limitano la competenza primaria di Regioni a statuto speciale e di Province autonome.

Questa Corte ha, pertanto, individuato, quali norme fondamentali di riforma economico-sociale nell’ambito del codice dei contratti pubblici, quelle «che attengono, da un lato, alla scelta del contraente (alle procedure di affidamento) e, dall’altro [lato], al perfezionamento del vincolo negoziale e alla correlata sua esecuzione» (sentenza n. 45 del 2010, il cui percorso argomentativo è stato anche di recente ribadito da questa Corte: ex multis, sentenze n. 166 del 2019, n. 263 del 2016, n. 36 del 2013, n. 74 del 2012, n. 328, n. 184 e n. 114 del 2011 e n. 221 del 2010).

Il quadro sopra delineato non può ritenersi, d’altro canto, in alcun modo inciso dall’adozione del decreto legislativo 7 settembre 2017, n. 162 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol in materia di contratti pubblici), secondo cui, all’art. 1, comma 1, «le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con legge provinciale, nel rispetto della normativa dell’Unione europea e delle norme legislative fondamentali di riforma economico-sociale, ivi comprese quelle che stabiliscono i livelli minimi di regolazione richiesti dal diritto dell’Unione europea in materia di appalti e concessioni, le procedure di aggiudicazione e i contratti pubblici, compresa la fase della loro esecuzione, relativi a lavori, servizi e forniture ai sensi dell’articolo 8, comma 1, numeri 1) e 17) del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, attenendosi al predetto principio di cui all’articolo 32, comma 1, lettera c), della legge 24 dicembre 2012, n. 234».

Il citato decreto legislativo preserva, infatti, il riferimento al rispetto della normativa dell’Unione europea e delle norme legislative fondamentali di riforma economico-sociale.

Tale duplice richiamo deve essere, dunque, interpretato in linea di continuità con la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale «le disposizioni del codice dei contratti pubblici [...] regolanti le procedure di gara sono riconducibili alla materia della tutela della concorrenza, e [...] le Regioni, anche ad autonomia speciale, non possono dettare una disciplina da esse difforme (tra le tante, sentenze n. 263 del 2016, n. 36 del 2013, n. 328 del 2011, n. 411 e n. 322 del 2008)» (sentenza n. 39 del 2020; negli stessi termini, le sentenze già richiamate in questo stesso paragrafo).

La concorrenza, che in generale rinviene nell’uniformità di disciplina «un valore in sé perché differenti normative regionali sono suscettibili di creare dislivelli di regolazione, produttivi di barriere territoriali» (sentenza n. 283 del 2009), a fortiori, non tollera regole differenziate a livello locale nelle procedure che danno accesso alla stipula dei contratti pubblici.

Si deve, inoltre, precisare che, se è vero che «la nozione di concorrenza di cui al secondo comma, lettera e), dell’art. 117 della Costituzione “non può che riflettere quella operante in ambito comunitario” (sentenza n. 401 del 2007)» (sentenza n. 45 del 2010), tuttavia, tale coincidenza a livello concettuale non implica – come invece assume la difesa provinciale – che le istanze di uniformità della disciplina, che si impongono anche alle autonomie speciali, debbano limitarsi al rispetto dei livelli minimi di regolazione richiesti dal diritto dell’Unione europea. Lo statuto reg. Trentino-Alto Adige nonché il d.lgs. n. 162 del 2017, attuativo del medesimo, evocano, infatti, non soltanto il rispetto degli obblighi imposti dall’Unione europea, ma anche l’osservanza delle norme di riforma economico-sociale, tra le quali devono ascriversi quelle dettate dal codice dei contratti pubblici per le procedure di aggiudicazione, comprese «le disposizioni relative ai contratti sotto soglia (sentenze n. 263 del 2016, n. 184 del 2011, n. 283 e n. 160 del 2009, n. 401 del 2007), [...] senza che rilevi che la procedura sia aperta o negoziata (sentenza n. 322 del 2008)» (sentenza n. 39 del 2020 e, in senso conforme, sentenza n. 98 del 2020).

Quanto al parametro dell’ordinamento civile, il riferimento, contenuto nel d.lgs. n. 162 del 2017, attuativo dello statuto reg. Trentino-Alto Adige, ai «contratti pubblici, compresa la fase della loro esecuzione, relativi a lavori, servizi e forniture», va di necessità coordinato con «l’esigenza, sottesa al principio costituzionale di eguaglianza, di garantire l’uniformità di trattamento, nell’intero territorio nazionale, della disciplina dei momenti di conclusione ed esecuzione dei contratti» (sentenza n. 43 del 2011). Con riferimento a tali fasi, questa Corte «ha avuto modo di rilevare come l’amministrazione si ponga in una posizione di tendenziale parità con la controparte ed agisca non nell’esercizio di poteri amministrativi, bensì nell’esercizio della propria autonomia negoziale (sentenza n. 401 del 2007)» (sentenza n. 45 del 2010). Resta, dunque, senza dubbio, confermato il limite imposto alla competenza primaria della Provincia autonoma di Trento, costituito dal rispetto delle norme di riforma economico-sociale, contemplate dal codice dei contratti pubblici in materia di conclusione e di esecuzione dei contratti.

4.3.– Le precedenti considerazioni, nel chiarire il senso del riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost., dimostrano come siano proprio la concorrenza e l’ordinamento civile a illuminare la natura di parametro interposto delle norme del d.lgs. n. 50 del 2016 relative alle procedure di aggiudicazione nonché alla conclusione e all’esecuzione dei contratti pubblici. Tali disposizioni, pertanto, anche alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte, «riempi[ono] di contenuto i limiti statutari alla potestà legislativa regionale in materia di lavori pubblici» (sentenza n. 166 del 2019, che richiama sul punto le sentenze n. 263 del 2016 e n. 187 del 2013).

Non è, pertanto, fondata neppure l’eccezione che contesta il carattere generico delle censure riferite alle disposizioni del codice dei contratti pubblici, poiché, al contrario, il paradigma della concorrenza e quello dell’ordinamento civile consentono di perimetrare le norme di riforma economico-sociale che limitano la competenza primaria della Provincia autonoma.

4.4.– Da ultimo, non è parimenti fondata l’eccezione secondo la quale il ricorrente non avrebbe dimostrato che le singole norme impugnate abbiano determinato un livello di tutela della concorrenza inferiore rispetto a quello garantito dalla legislazione statale.

In disparte la sua natura di eccezione attinente al merito e non al rito, si deve in ogni caso ritenere che la previsione di regimi differenziati per le procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici generi, di per sé, effetti distorsivi della concorrenza. Garantire l’uniformità di tale disciplina è un obiettivo delle norme statali, che tutelano e promuovono la concorrenza.

Nella regolamentazione delle procedure di aggiudicazione non sussistono, pertanto, le condizioni che consentono a norme regionali o provinciali, riconducibili a competenze primarie, di produrre “effetti proconcorrenziali”. Le conseguenze di una diversificazione a livello territoriale, in questo ambito, sono tali da evidenziare un «contrasto con gli obiettivi posti dalle norme statali che tutelano e promuovono la concorrenza” ([…] sentenza n. 160 del 2009, che riprende, testualmente, le affermazioni della sentenza n. 431 del 2007)» (sentenza n. 45 del 2010).

5.– Infine, prima di passare all’esame del merito, occorre precisare che la Provincia autonoma di Trento ha eccepito, nelle sue memorie di costituzione, che le norme impugnate sono state oggetto di modifica e che il carattere satisfattivo di queste ultime dovrebbe determinare la cessazione della materia del contendere.

Tuttavia, anche a prescindere dalla valutazione sull’effettiva natura satisfattiva delle modifiche apportate, manca, a ben vedere, la prova dell’altro requisito necessario perché possa pronunciarsi la cessazione della materia del contendere, ovverosia la dimostrazione che la norma non abbia trovato medio tempore applicazione (ex multis, sentenze n. 125 e n. 7 del 2021; n. 200, n. 70 e n. 25 del 2020).

Al contrario, il contenuto di tali norme, che disciplinano gare su tutto il territorio provinciale, consente di presumere la loro applicazione.

6.– Venendo ora al merito, le numerose questioni promosse verranno analizzate partendo dalle singole censure, mosse dal ricorso n. 50 del 2020 alla legge prov. Trento n. 2 del 2020, per poi valutare, rispetto a ciascuna disposizione impugnata, le modifiche apportate dalle successive leggi provinciali, oggetto, a loro volta, di ulteriori impugnazioni con i susseguenti ricorsi.

7.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso, innanzitutto, questione di legittimità costituzionale dei commi 1, 3, 4, 7 e 8 dell’art. 2 della legge prov. Trento n. 2 del 2020, deducendo la violazione dell’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost.

8.– L’art. 2, comma 1, della legge prov. Trento n. 2 del 2020 stabilisce che «[i]n considerazione di quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2020 (Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull’intero territorio nazionale) e dalle altre ordinanze statali e provinciali che hanno introdotto misure di limitazione degli spostamenti sul territorio nazionale per la prevenzione e gestione dell’emergenza epidemiologica in atto, e per tutta la durata di queste limitazioni, le amministrazioni aggiudicatrici procedono all’affidamento di lavori pubblici di importo superiore alla soglia europea mediante la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara prevista dall’articolo 33 della legge provinciale 10 settembre 1993, n. 26 (legge provinciale sui lavori pubblici 1993), e all’affidamento di servizi e forniture di importo superiore alla soglia europea mediante la procedura negoziata prevista dall’articolo 63 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici); con regolamento sono definiti i criteri e le modalità per l’applicazione di questo comma anche in deroga alla normativa vigente in materia di contratti pubblici».

8.1.– Secondo il ricorrente, l’art. 2, comma 1, violerebbe l’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., ponendosi in contrasto con «il principio eurounitario della concorrenza» (vengono citate le sentenze di questa Corte n. 166 del 2019 e n. 160 del 2009) e con l’art. 63 cod. contratti pubblici. In particolare, la disposizione impugnata non rispetterebbe le condizioni dettate dall’art. 63, comma 2, lettera c), il quale consente all’amministrazione aggiudicatrice di ricorrere, «nella misura strettamente necessaria», alla procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara soltanto qualora, «per ragioni di estrema urgenza derivanti da eventi imprevedibili», non imputabili alla stessa amministrazione, «i termini per le procedure aperte o per le procedure ristrette o per le procedure competitive con negoziazione non possono essere rispettati».

8.2.– Nell’atto di costituzione in giudizio, la resistente ha eccepito la non fondatezza delle richiamate censure, perché «il legislatore provinciale non [sarebbe] tenuto a replicare in una propria norma la legge dello Stato» e «il carattere derogatorio e transeunte della disposizione si giustific[herebbe] in ragione della straordinarietà del contesto». Si tratterebbe, infatti, di una disposizione destinata a trovare applicazione in un arco ben delimitato di tempo, coincidente con i periodi in cui sono state in vigore misure di limitazione degli spostamenti, adottate, in virtù dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020, con i decreti del Presidente del consiglio dei ministri dell’8 marzo 2020, del 9 marzo 2020 e del 22 marzo 2020 – che avrebbero poi trovato conferma nel decreto legge 25 marzo 2020, n. 19 (Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19) – nonché con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° aprile 2020 e del 10 aprile 2020. Alla luce di tale quadro normativo, l’art. 2 della legge provinciale impugnata avrebbe trovato applicazione «limitatamente al periodo tra il 10 marzo ed il 3 maggio».

Ciò premesso, la difesa provinciale ha ricondotto la disciplina di cui all’art. 2 della legge prov. Trento n. 2 del 2020 alla materia dei «lavori pubblici di interesse provinciale», attribuita alla competenza legislativa primaria della Provincia dall’art. 8, comma 1, numeri 1) e 17), dello statuto reg. Trentino-Alto Adige e dall’art. 1 del d.lgs. n. 162 del 2017.

Sul presupposto di tale competenza primaria, la resistente ha sostenuto la conformità della norma impugnata rispetto a quanto sancito dall’art. 32, comma 2, lettera c), della direttiva 2014/24/UE, che consente il ricorso alla procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando, «quando, per ragioni di estrema urgenza derivanti da eventi imprevedibili all’amministrazione aggiudicatrice, i termini» per le varie procedure non possono essere rispettati. L’art. 2, comma 1, della legge prov. Trento n. 2 del 2020 sarebbe, inoltre, «in linea con quanto stabilito dall’articolo 33 della legge provinciale n. 26 del 1993 e dall’articolo 54 del relativo Regolamento attuativo nonché dall’articolo 63 del d.lgs. n. 50/2016». Ciò emergerebbe dall’art. 1, comma 1, del decreto del Presidente della Provincia 27 aprile 2020 n. 4-17/Leg. (Regolamento concernente criteri e modalità applicativi della legge provinciale n. 2 del 23 marzo 2020 per l’affidamento di contratti pubblici in emergenza COVID-19), come modificato dal successivo decreto del Presidente della Provincia 11 giugno 2020 n. 6-19/Leg. La disposizione da ultimo citata, infatti, stabilirebbe che le amministrazioni aggiudicatrici possono selezionare, per l’affidamento di lavori sopra soglia mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara, da dieci a venti operatori economici «nel rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza, rotazione» e tenendo conto di altri elementi che comunque non pregiudicherebbero «il corretto esplicarsi delle dinamiche concorrenziali».

Da ultimo, la resistente ha evidenziato come la disposizione in questione investirebbe anche le materie – di competenza legislativa provinciale primaria – dell’ordinamento degli uffici provinciali e del personale addetto, nonché dell’artigianato, del commercio e dell’incremento della produzione industriale, di cui, rispettivamente, all’art. 8, numeri 1) e 9), e all’art. 9, numeri 3) e 8), dello statuto speciale.

8.3.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, della legge prov. Trento n. 2 del 2020 è fondata per violazione dei limiti statutari, in relazione all’art. 63 cod. contratti pubblici, con assorbimento di ogni altro profilo.

8.3.1.– L’art. 2, comma 1, della legge prov. Trento n. 2 del 2020 introduce misure di semplificazione nelle procedure di aggiudicazione degli appalti di valore superiore alla soglia europea, temporalmente circoscritte, nella loro vigenza, alla durata delle limitazioni degli spostamenti sul territorio nazionale, per la prevenzione e per la gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.

La norma prevede, in particolare, che i lavori pubblici di importo superiore alla soglia europea siano affidati «mediante la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara prevista dall’articolo 33 della legge provinciale 10 settembre 1993, n. 26 (legge provinciale sui lavori pubblici 1993)» e che i servizi e le forniture di importo superiore alla soglia europea vengano affidati «mediante la procedura negoziata prevista dall’articolo 63 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici)». Infine, la disposizione precisa che, con regolamento da adottarsi, saranno definiti «i criteri e le modalità per l’applicazione [della citata previsione] anche in deroga alla normativa vigente in materia di contratti pubblici».

8.3.2.– L’art. 2, comma 1, è riconducibile all’ambito materiale delle procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici, di sicura attinenza alla materia della tutela della concorrenza (sentenze n. 98 del 2020 e n. 28 del 2013).

In particolare, la disposizione provinciale impugnata applica agli appalti sia di lavori sia di servizi e forniture di importo superiore alla soglia europea la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando, regolata, in termini generali, a livello statale, dall’art. 63 cod. contratti pubblici e, a livello provinciale, dall’art. 33 della legge prov. Trento n. 26 del 1993.

Si tratta di una «peculiare figura» (sentenza n. 168 del 2020) di aggiudicazione, fortemente limitativa della concorrenza, il ricorso alla quale richiede «rigorosi presupposti», che devono inserirsi «in un ambito di disciplina unitario finalizzato ad assicurare un sistema di tutele uniforme sull’intero territorio nazionale, che consenta la deroga ai normali metodi di gara soltanto in presenza delle condizioni puntualmente individuate dal legislatore statale» (sentenza n. 160 del 2009).

Non può, dunque, dubitarsi che sia inibito al legislatore provinciale derogare all’uniforme disciplina dettata in materia da norme di riforma economico-sociale, quali quelle dettate dal codice dei contratti pubblici, senza che possa in alcun modo rilevare la peculiare contingenza della crisi economica determinata dal COVID-19. La precarietà del contesto di emergenza non ha, infatti, ampliato le competenze provinciali, semmai, in una materia come quella dei contratti pubblici, ha acuito le esigenze di uniformità della disciplina e di certezza del diritto.

8.3.3.– Ebbene, la disposizione provinciale impugnata presenta un contenuto palesemente divergente rispetto a quanto stabilito a livello nazionale.

Il codice dei contratti pubblici autorizza il ricorso al metodo di gara in esame nelle specifiche circostanze, indicate dall’art. 63, commi 2, 3, 4 e 5. In particolare, la censura si focalizza sui presupposti previsti dal comma 2, lettera c), in base al quale «la procedura negoziata senza previa pubblicazione può essere utilizzata: […] nella misura strettamente necessaria quando, per ragioni di estrema urgenza derivante da eventi imprevedibili dall’amministrazione aggiudicatrice, i termini per le procedure aperte o per le procedure ristrette o per le procedure competitive con negoziazione non possono essere rispettati».

8.3.3.1.– Or dunque, là dove la previsione statale delinea una facoltà per le amministrazioni aggiudicatrici di avvalersi di tale procedura meno competitiva, la norma provinciale in esame contempla, viceversa, un automatismo, in quanto stabilisce che «le amministrazioni aggiudicatrici procedono all’affidamento […] mediante la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara». La disposizione provinciale opera, dunque, una cristallizzazione ex ante della valutazione che, viceversa, il codice dei contratti pubblici rimette alla discrezionalità dell’amministrazione, chiamata a operare tale scelta «nella misura strettamente necessaria» e sulla base dell’accertamento in concreto delle ragioni «di estrema urgenza derivanti da eventi imprevedibili». Ne deriva, di riflesso, una generalizzazione e un sicuro ampliamento dell’ambito di applicazione della procedura meno concorrenziale.

8.3.3.2.– Inoltre, la difformità dalla normativa statale è accentuata dalla previsione secondo cui il regolamento provinciale, chiamato a predisporre modalità e criteri di applicazione della disposizione impugnata, è legittimato espressamente a derogare alla normativa vigente (compresa quella statale) in materia di contratti pubblici.

8.3.4.– Va dunque dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, della legge prov. Trento n. 2 del 2020.

9.– La citata disposizione è stata, successivamente, oggetto di modifica ad opera dell’art. 52, comma 2, della legge prov. Trento n. 3 del 2020.

A seguito di tale intervento, la norma impugnata dispone che, «[p]er tutta la durata dello stato di emergenza sul territorio nazionale dichiarato in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili, e comunque fino al termine dell’ulteriore proroga della durata dello stato di emergenza, le amministrazioni aggiudicatrici procedono all’affidamento di lavori pubblici, all’affidamento di incarichi tecnico-professionali e all’affidamento di servizi e forniture di importo pari o superiore alla soglia europea mediante la procedura negoziata prevista dall’articolo 63 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici); negli affidamenti di lavori pubblici il responsabile del procedimento seleziona almeno dieci operatori economici, se sussistono in tale numero soggetti idonei. Con regolamento sono definiti i criteri e le modalità per l’applicazione di questo comma».

9.1.– Con il ricorso n. 59 del 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato anche tale disposizione per contrasto con i limiti statutari, in relazione all’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., all’art. 32 della direttiva 2014/24/UE, all’art. 50 della direttiva 2014/25/UE e agli artt. 63 e 157 cod. contratti pubblici.

L’Avvocatura generale dello Stato ha rilevato che, mentre le citate norme interposte consentirebbero alle amministrazioni aggiudicatrici di avvalersi della procedura negoziata senza pubblicazione del bando unicamente in presenza delle condizioni dalle stesse indicate, la disposizione provinciale permetterebbe un ricorso a tale procedura «generalizzato per gli affidamenti sopra-soglia di lavori, servizi e forniture, prescindendo […] dalla sussistenza delle condizioni richieste dalle norme europee e da quella nazionale di recepimento e indipendentemente da esse».

Il contrasto con la normativa europea emergerebbe anche alla luce della Comunicazione 2020/C/108-1101 della Commissione europea adottata il 1° aprile 2020, in cui è stata ribadita l’eccezionalità della procedura negoziata senza bando, che deve essere oggetto di una relazione che ne giustifichi la scelta e a cui le amministrazioni possono ricorrere «solo se un’impresa è in grado di fornire i risultati richiesti nel rispetto dei vincoli tecnici e temporanei imposti dall’estrema urgenza».

Il ricorrente ha osservato, infine, che la disposizione provinciale, nella parte in cui si riferisce all’affidamento degli incarichi tecnico-professionali, si porrebbe in contrasto anche con l’art. 157, comma 2, cod. contratti pubblici, altra norma di riforma economico-sociale.

9.2.– Nell’atto di costituzione in giudizio, la Provincia autonoma di Trento ha eccepito, oltre alle già esaminate ragioni di inammissibilità, la non fondatezza del ricorso per gli stessi motivi già dedotti nella memoria avverso il ricorso n. 50 del 2020.

Ad ulteriore precisazione, ha rilevato, in generale, che anche il legislatore statale avrebbe adottato norme analoghe a quella provinciale, come si desumerebbe dall’art. 2, comma 3, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale), convertito, con modificazioni, nella legge 11 settembre 2020, n. 120, alla luce del quale la gravità della crisi economica costituirebbe «ragione di estrema urgenza, a fronte della quale “non possono essere rispettati” i termini di svolgimento delle procedure ordinarie» e sarebbe, pertanto, giustificato il ricorso alla procedura negoziata di cui all’art. 63 cod. contratti pubblici. Il citato art. 2, comma 3, stabilirebbe inoltre per i «lavori pubblici rispetto ai quali l’inefficacia delle procedure di appalto risulta assumere rilevanza di maggiore gravità […] una facoltà indeterminata di operare in deroga a qualsiasi disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il codice antimafia, i vincoli inderogabili delle direttive 2014/24/UE e 2014/25/UE e i principi dettati dagli articoli 30, 34 e 42 del Codice dei contratti pubblici».

9.2.1.– Con specifico riferimento all’art. 117, primo comma, Cost., la Provincia resistente ha eccepito, inoltre, che limitazioni alla libertà di circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali, nonché al diritto di stabilimento sarebbero ammesse anche dagli artt. 45, comma 3, e 52 TFUE.

9.2.2.– Per quanto, invece, concerne la dedotta violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., la resistente ha sostenuto che le norme dettate a tutela della concorrenza si imporrebbero al legislatore provinciale soltanto nella misura in cui siano riconducibili al rispetto degli obblighi internazionali (si cita la sentenza n. 45 del 2010). In tal senso deporrebbe – sempre secondo la difesa provinciale – anche l’art. 1 del d.lgs. n. 162 del 2017, dal quale si evincerebbe che la potestà legislativa provinciale in materia di «procedure di aggiudicazione e [di] contratti pubblici, compresa la fase della loro esecuzione, relativi a lavori, servizi e forniture» non incontrerebbe «il limite della riserva allo Stato della materia “tutela della concorrenza”».

In ogni caso, la resistente ha contestato la possibilità di confrontare l’art. 63 cod. contratti pubblici e la disposizione provinciale impugnata, poiché il primo disciplinerebbe il regime ordinario, mentre la seconda atterrebbe a un contesto emergenziale.

9.3.– Anche la questione promossa nei confronti dell’art. 52, comma 2, della legge prov. Trento n. 3 del 2020, per violazione dei limiti statutari in relazione agli artt. 63 e 157, comma 1, cod. contratti pubblici, è fondata, con assorbimento di ogni altro profilo.

9.3.1.– In via preliminare, occorre ribadire – come già sopra evidenziato al punto 4.2. – che anche le norme di riforma economico-sociale, di cui al codice dei contratti pubblici, desumibili dalle esigenze poste dalla concorrenza, si impongono quali limiti alla competenza primaria delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome. Il presunto carattere vincolante dei soli obblighi prescritti dal diritto dell’Unione europea non può essere, infatti, dedotto né dalla sentenza n. 45 del 2010, né dallo stesso d.lgs. n. 162 del 2017. La prima si limita a rilevare l’identità concettuale della nozione di concorrenza, di cui dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., rispetto a quella accolta dal diritto dell’Unione europea. Il decreto legislativo, dal suo canto, richiama espressamente il necessario rispetto «delle norme legislative fondamentali di riforma economico-sociale, ivi comprese», ma non certo in via esclusiva, «quelle che stabiliscono i livelli minimi di regolazione richiesti dal diritto dell’Unione europea in materia di appalti e concessioni».

Sempre in termini generali, deve poi riaffermarsi che la crisi economica determinata dalla emergenza pandemica non può in alcun modo mutare il giudizio relativo ai limiti imposti alla competenza provinciale.

9.3.2.– Tanto premesso, occorre rilevare che l’art. 52, comma 2, della legge prov. Trento n. 3 del 2020 ha ampliato sia l’efficacia temporale della norma, estesa a tutta la durata dello stato di emergenza, sia l’ambito oggettivo della sua applicazione, riferito anche agli affidamenti di incarichi tecnico-professionali di importo pari o superiore alla soglia europea, nonché agli affidamenti di servizi e forniture di importo pari alla citata soglia. Ciò determina un inasprimento del contrasto con l’art. 63 cod. contratti pubblici, cui si aggiunge la violazione dell’art. 157, comma 1, cod. contratti pubblici, che regola a livello statale l’affidamento di incarichi tecnico-professionali, con conseguente violazione dei limiti statutari rappresentati dalle norme di riforma economico-sociale cui sono ascrivibili le citate norme codicistiche.

In particolare, l’art. 157, comma 1, cod. contratti pubblici prevede che tali incarichi siano «affidati secondo le modalità di cui alla Parte II, Titolo I, II, III e IV del presente codice», e dunque al più alle stesse condizioni di cui all’art. 63 cod. contratti pubblici; inoltre «l’affidamento diretto della direzione dei lavori e coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione al progettista è consentito soltanto per particolari e motivate ragioni e ove espressamente previsto dal bando di gara della progettazione». Viceversa, la norma impugnata prevede in via generalizzata la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando.

9.3.3.– Quanto all’affidamento di lavori pubblici, non vale a sanare il conflitto con la citata disposizione statale la modifica, contenuta nella norma impugnata, secondo la quale il responsabile unico del procedimento (RUP) deve comunque individuare almeno dieci operatori economici, «se sussistono in tale numero soggetti idonei».

La disposizione provinciale, infatti, presenta un contenuto pur sempre difforme rispetto alla norma interposta di cui all’art. 63 cod. contratti pubblici. Resta, in particolare, l’automatismo con cui viene contemplata la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando, il che inibisce all’amministrazione aggiudicatrice di verificare in concreto la sussistenza dei presupposti, di cui al comma 2, lettera c) dell’art. 63 cod. contratti pubblici, e di decidere se avvalersi di tale procedura.

9.3.4.– Parimenti non risolve il contrasto con l’art. 63 cod. contratti pubblici l’eliminazione dell’inciso secondo cui il regolamento provinciale di attuazione poteva dettare una disciplina «anche in deroga alla normativa vigente in materia di contratti pubblici». La disposizione impugnata continua, infatti, a contemplare un regolamento che detta «i criteri e le modalità» di una procedura divergente rispetto a quella disegnata dalle norme statali di riforma economico-sociale e, dunque, riflette l’illegittimità costituzionale della prima parte dell’art. 2, comma 1, come modificato dalla legge prov. Trento n. 3 del 2020.

9.4.– Da ultimo, non rileva quanto obietta la Provincia autonoma in merito alla circostanza che anche il legislatore statale avrebbe introdotto, con l’art. 2 del d.l. n. 76 del 2020, rilevanti deroghe alle norme fondamentali di riforma economico-sociale sull’aggiudicazione dei contratti sopra soglia.

Premesso che spetta solo allo Stato modificare (o derogare a) norme fondamentali di riforma economico-sociale, deve osservarsi quanto segue.

Da un lato, la modifica legislativa di tale parametro statale non può sanare retroattivamente il contrasto con una disposizione provinciale, né far venire meno l’interesse alla questione di legittimità costituzionale, se vi è stato un lasso di tempo in cui la norma impugnata ha trovato applicazione in contrasto con principi statali vigenti in quel periodo. «[L’]illegittimità costituzionale non può essere sanata per il periodo precedente a[ll’] intervent[o]» della nuova disciplina statale (sentenza n. 262 del 2021).

Da un altro lato, non può comunque tacersi che la disposizione provinciale continua a mostrare profili di frizione anche rispetto all’art. 2, comma 3, del d.l. n. 76 del 2020. La norma statale stabilisce, infatti, che, «per l’affidamento delle attività di esecuzione di lavori, servizi e forniture, nonché dei servizi di ingegneria e architettura, inclusa l’attività di progettazione, di opere di importo pari o superiore alle soglie di cui all’articolo 35 del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50, la procedura negoziata di cui all’articolo 63 del decreto legislativo n. 50 del 2016, per i settori ordinari, e di cui all’articolo 125, per i settori speciali, può» – e non deve, come invece impone la disposizione provinciale impugnata – «essere utilizzata, previa pubblicazione dell’avviso di indizione della gara o di altro atto equivalente, nel rispetto di un criterio di rotazione, nella misura strettamente necessaria quando, per ragioni di estrema urgenza derivanti dagli effetti negativi della crisi causata dalla pandemia da COVID-19 o dal periodo di sospensione delle attività determinato dalle misure di contenimento adottate per fronteggiare la crisi, i termini, anche abbreviati, previsti dalle procedure ordinarie non possono essere rispettati».

9.5.– Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 52, comma 2, della legge prov. Trento n. 3 del 2020.

10.– Con il ricorso n. 50 del 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato anche l’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, in riferimento all’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., in relazione all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici.

La disposizione provinciale prevede che: «[f]ermo restando quanto previsto dall’articolo 16, comma 4, della legge provinciale 9 marzo 2016, n. 2 (legge provinciale di recepimento delle direttive europee in materia di contratti pubblici 2016), i lavori, nonché i servizi e le forniture, per quanto compatibili, sono aggiudicati con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e l’offerta tecnica è valutata sulla base dei seguenti elementi da tradurre in criteri di natura quantitativa o tabellare: a) l’impegno da parte del concorrente di affidare in subappalto l’esecuzione di parte della prestazione a microimprese, piccole e medie imprese locali, specificando per ogni subcontratto le prestazioni affidate e i nominativi dei singoli subappaltatori; resta fermo il divieto di frazionare fra più operatori economici il subappalto di una medesima lavorazione o prestazione omogenea, come individuata nel progetto messo in gara, anche tramite lo strumento delle WBS-work breakdown structure; b) l’impegno da parte del concorrente ad acquisire le forniture necessarie per l’esecuzione della prestazione da microimprese, piccole e medie imprese locali, specificando i nominativi dei singoli fornitori; c) per le prestazioni affidate in subappalto, l’impegno del concorrente a praticare il minor ribasso rispetto all’elenco prezzi posto a base di gara, al fine di assicurare la qualità nell’esecuzione del contratto».

10.1.– Il ricorrente ha impugnato tale comma nella parte in cui stabilisce che, nell’aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, l’offerta tecnica debba essere valutata sulla base dei citati elementi «da tradurre in criteri di natura quantitativa o tabellare», poiché detti elementi non collimerebbero con i requisiti di oggettività attinenti agli «aspetti qualitativi, ambientali o sociali», richiesti dall’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici.

In riferimento poi a quanto previsto dalla lettera a) del citato comma 3, viene evocata la sentenza di questa Corte n. 440 del 2006, con la quale si è sottolineato il divieto di discriminare le imprese sulla base di un elemento di localizzazione territoriale.

10.2.– Con l’atto di costituzione in giudizio, la Provincia autonoma di Trento ha eccepito, oltre alle cause di inammissibilità già esaminate, la non fondatezza della questione.

La disposizione provinciale affiderebbe all’amministrazione la traduzione «in criteri di natura quantitativa o tabellare» degli elementi di valutazione da essa indicati e rimetterebbe ad un successivo regolamento di attuazione «il compito di declinare le modalità di questa conversione». I criteri quantitativi fissati dal comma 3 sarebbero in ogni caso «elementi di valutazione dell’offerta che non richiedono un giudizio di apprezzamento discrezionale di una qualità, bensì il mero accertamento di una quantità» e, pur perseguendo «un obiettivo sociale, ossia il sostegno alle micro, piccole e medie imprese», assicurerebbero «l’oggettività della valutazione».

Si tratterebbe, peraltro, di una previsione coerente con quanto stabilito sia dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 162 del 2017, che consente al legislatore provinciale di agevolare la partecipazione agli appalti pubblici delle piccole e medie imprese, sia dall’art. 95, comma 13, cod. contratti pubblici, che permette alle amministrazioni aggiudicatrici di indicare, nei bandi, negli avvisi o negli inviti, criteri premiali da applicare alla valutazione dell’offerta anche per agevolare la partecipazione delle micro, piccole e medie imprese.

10.3.– La questione di legittimità costituzionale, focalizzata sugli elementi di valutazione dell’offerta tecnica, da tradurre in criteri di natura quantitativa o tabellare, di cui all’art. 2, comma 3, lettere a), b) e c), della legge prov. Trento n. 2 del 2020, è fondata per superamento dei limiti statutari, in relazione all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici. Sono assorbite le ulteriori censure.

La disposizione provinciale presenta, in particolare, un contenuto difforme rispetto a quanto stabilito dalla citata norma statale di riforma economico-sociale. Secondo l’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici, i criteri di aggiudicazione dell’offerta, da stabilirsi nei documenti di gara, devono essere «pertinenti alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche del contratto». Inoltre, l’offerta economicamente più vantaggiosa deve essere valutata sulla base di criteri oggettivi, «quali gli aspetti qualitativi, ambientali o sociali, connessi all’oggetto dell’appalto».

L’art. 95, comma 6, descrive, dunque, una stretta connessione tra l’oggettività dei criteri di aggiudicazione e la loro pertinenza all’oggetto, alla natura e alle caratteristiche del contratto. Del resto, gli stessi aspetti qualitativi, ambientali e sociali devono essere connessi all’oggetto del contratto.

10.3.1.– Ciò premesso, la fondatezza della questione discende da molteplici considerazioni.

In primo luogo, l’art. 2, comma 3, dispone testualmente, che «l’offerta tecnica è valutata sulla base dei seguenti elementi da tradurre in criteri di natura quantitativa o tabellare» e, dunque, non prevede, come la norma statale, la loro necessaria riproduzione nei documenti di gara, né lascia alla stazione appaltante la possibilità di non valutarli, in quanto non attinenti all’oggetto e perciò inidonei a dimostrare la qualità dell’offerta.

Per converso, la norma codicistica di riforma economico-sociale stabilisce che sia sempre il committente a dover individuare i criteri e a dover calibrare la loro rilevanza nei documenti di gara, in ragione della pertinenza rispetto alla specifica natura e all’oggetto dell’appalto.

In secondo luogo, per gli elementi indicati dalla norma provinciale viene obbligatoriamente prescritta la conversione in criteri quantitativi o tabellari. Viceversa, ai sensi dell’art. 95 cod. contratti pubblici, la scelta se tradurre un elemento in dati quantitativi o tabellari o piuttosto lasciare alla discrezionalità tecnica il suo apprezzamento spetta ancora una volta all’amministrazione aggiudicatrice, che deve essere orientata dalla congruenza con la natura e con l’oggetto dell’appalto.

10.3.2.– Sotto un altro profilo, risulta poi contraddittorio, rispetto al giudizio sulla qualità dell’offerta, richiesto dall’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici, che orienta la valutazione «del miglior rapporto qualità/prezzo», il riferimento, di cui alle lettere a) e b) dell’impugnato comma 3, alle micro, piccole o medie imprese subappaltatrici o fornitrici locali, che introduce un elemento discriminatorio su base territoriale, ontologicamente incompatibile con un giudizio di tipo qualitativo.

Non a caso, lo stesso art. 95, comma 13, cod. contratti pubblici, che viene invocato dalla difesa provinciale in quanto consente la previsione, nei bandi, negli avvisi o negli inviti, di criteri premiali vòlti ad agevolare la partecipazione di micro, piccole e medie imprese, specifica che essi non devono violare i principi di parità di trattamento e di non discriminazione.

10.3.3.– Più in generale, come pure sottolinea l’Avvocatura, il vago riferimento all’«impegno» – di cui alle lettere a), b) e c) del comma 3 – non orienta in maniera adeguata la discrezionalità dell’amministrazione chiamata, dalla norma statale, ad indicare criteri oggettivi e pertinenti all’oggetto dell’appalto.

Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, nella parte in cui prevede che «l’offerta tecnica è valutata sulla base dei seguenti elementi da tradurre in criteri di natura quantitativa o tabellare: a) l’impegno da parte del concorrente di affidare in subappalto l’esecuzione di parte della prestazione a microimprese, piccole e medie imprese locali, specificando per ogni subcontratto le prestazioni affidate e i nominativi dei singoli subappaltatori; resta fermo il divieto di frazionare fra più operatori economici il subappalto di una medesima lavorazione o prestazione omogenea, come individuata nel progetto messo in gara, anche tramite lo strumento delle WBS-work breakdown structure; b) l’impegno da parte del concorrente ad acquisire le forniture necessarie per l’esecuzione della prestazione da microimprese, piccole e medie imprese locali, specificando i nominativi dei singoli fornitori; c) per le prestazioni affidate in subappalto, l’impegno del concorrente a praticare il minor ribasso rispetto all’elenco prezzi posto a base di gara, al fine di assicurare la qualità nell’esecuzione del contratto».

11.– L’art. 2, comma 3, lettera a), della legge prov. Trento n. 2 del 2020 è stato successivamente modificato dall’art. 52, comma 4, lettera c), della legge prov. Trento n. 3 del 2020. Al contempo, il comma 6 dell’art. 52 della legge prov. Trento n. 3 del 2020 ha aggiunto il comma 5-bis all’art. 2 della legge prov. Trento n. 2 del 2020, che ha reso facoltativo l’utilizzo dei criteri di valutazione dell’offerta, di cui al comma 3 del medesimo art. 2, per l’affidamento di servizi e forniture, restando, invece, il citato comma 3, riferito ai soli appalti di lavori, secondo quanto disposto dall’art. 52, comma 4, lettera a).

I commi 4, lettera c), e 6 dell’art. 52 sono stati impugnati con il ricorso n. 59 del 2020.

11.1.– La nuova formulazione dell’art. 2, comma 3, lettera a), della legge prov. Trento n. 2 del 2020, come modificato dal citato art. 52, comma 4, lettera c), indica ora quale criterio di valutazione dell’offerta quello del «rapporto tra l’impegno da parte del concorrente di affidare in subappalto l’esecuzione di parte della prestazione a microimprese, piccole e medie imprese locali, specificando per ogni subcontratto le prestazioni affidate, i nominativi dei singoli subappaltatori e la qualità organizzativa delle risorse impiegate da tutte le imprese esecutrici nell’esecuzione del contratto, tenuto conto di quanto previsto dall’articolo 17, comma 5, lettere l) ed n), della legge provinciale 9 marzo 2016, n. 2 (legge provinciale di recepimento delle direttive europee in materia di contratti pubblici 2016); resta fermo il divieto di frazionare fra più operatori economici il subappalto di una medesima lavorazione o prestazione omogenea, come individuata nel progetto messo in gara, anche tramite lo strumento delle work breakdown structures (WBS)».

11.1.1.– Secondo il ricorrente, anche la nuova formulazione della norma impugnata violerebbe i limiti statutari, illuminati dall’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost.

In primo luogo, la disposizione provinciale contrasterebbe con quanto statuito dall’art. 67, paragrafo 2, della direttiva 2014/24/UE e dall’art. 82, paragrafo 2, della direttiva 2014/25/UE, che richiederebbero l’individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa sulla base di «criteri obiettivi che garantiscano il rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di parità di trattamento per garantire un raffronto oggettivo del valore relativo alle offerte» (vengono citati, in proposito, i considerando 90 e 95 delle menzionate direttive).

Diversamente da quanto previsto dalla normativa europea, il legislatore provinciale non avrebbe introdotto «un criterio obiettivo, sub specie di aspetto qualitativo, ambientale o sociale, connesso all’oggetto dell’appalto, ma […] un elemento da tradurre in criterio di natura quantitativa o tabellare». Inoltre, l’impegno da parte del concorrente di affidare in subappalto l’esecuzione di parte della prestazione, prevista dalla norma impugnata, sarebbe «concretamente non idoneo a evidenziare le caratteristiche migliorative delle offerte presentate e a differenziare le stesse in ragione della rispondenza alle esigenze della stazione appaltante».

Con riferimento alla normativa statale, il ricorrente evidenzia, poi, il contrasto della disposizione provinciale con l’art. 95 cod. contratti pubblici. Gli “impegni” individuati dalla norma impugnata non sarebbero «sussumibil[i] in alcuna delle categorie esemplificate» dal comma 6 del citato art. 95, che pure individua una serie di aspetti qualitativi, ambientali o sociali sulla cui base l’offerta economicamente più vantaggiosa può essere individuata.

La disposizione provinciale, pur con le modifiche introdotte, parimenti impugnate, violerebbe, pertanto, tale norma di riforma economico-sociale, secondo quanto si desumerebbe dalla giurisprudenza costituzionale che ascrive la disciplina delle procedure di selezione dei concorrenti e dei criteri di aggiudicazione degli appalti pubblici alla materia della tutela della concorrenza (vengono citate le sentenze n. 299 e n. 52 del 2012, n. 339 e n. 184 del 2011).

11.1.2.– In senso opposto, la resistente ha precisato che, rispetto alla formulazione originaria, le modifiche apportate dal comma 4, lettera c), dell’art. 52 della legge prov. Trento n. 3 del 2020 determinerebbero, in primo luogo, una contrazione del raggio applicativo della norma, riferibile ai soli appalti di lavori pubblici e non più agli appalti di servizi e forniture, oggetto di autonoma disciplina nell’art. 2, comma 5-bis, della legge prov. Trento n. 2 del 2020.

In secondo luogo, ha sottolineato che quello censurato rappresenterebbe «un criterio prioritario, ma non necessariamente esclusivo, nelle procedure di scelta del contraente relative all’affidamento di appalti pubblici di lavori».

La Provincia resistente ha individuato, quindi, la ratio della norma nell’attuazione del principio dettato dall’art. 1 del d.lgs. n. 162 del 2017: essa sarebbe, infatti, vòlta «ad agevolare il coinvolgimento di micro, piccole e medie imprese locali», incentivando «il subappalto in favore di dette realtà imprenditoriali ritenute l’asse portante di un sistema economico sano». Diversamente da quanto sostenuto dall’Avvocatura generale, la disposizione in esame si porrebbe inoltre nel solco delle previsioni dettate dall’art. 67 della direttiva 2014/24/UE e dall’art. 82 della direttiva 2014/25/UE. Il criterio censurato sarebbe, infatti, inerente all’oggetto dell’appalto e ne sarebbe garantita l’oggettività e la trasparenza della valutazione, così come richiederebbero le direttive europee. Infatti, secondo quanto stabilito dall’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, come modificato dalla legge prov. Trento n. 3 del 2020, le amministrazioni aggiudicatrici devono comunque «tradurre in criteri di natura quantitativa o tabellare» gli elementi di valutazione elencati dalla norma in esame, «in modo da garantire l’oggettività e la trasparenza della valutazione», secondo le modalità indicate dal regolamento attuativo.

Inoltre, sarebbe apodittica e non fondata la censura rivolta all’asserita impossibilità per le amministrazioni di «ponderare l’impegno del concorrente ad affidare in subappalto l’esecuzione a favore delle micro, piccole e medie imprese locali»: la «pesatura del criterio» non sarebbe preclusa dalla natura della prestazione dedotta, poiché l’adozione di criteri di natura quantitativa o tabellare sarebbe ben applicabile anche alle prestazioni di fare e di dare cose future, come nel caso dell’impegno a subappaltare alle citate imprese.

Neppure sarebbe fondata la censura relativa alla violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., poiché al legislatore provinciale – ai sensi dell’art. 1 del d.lgs. n. 162 del 2017 – si imporrebbe soltanto il rispetto degli obblighi imposti dall’Unione europea. In ogni caso, il criterio censurato non creerebbe alcun «ostacolo all’accesso alla selezione» e potrebbe «essere realizzato dai potenziali concorrenti, senza alcun pregiudizio per la tutela della concorrenza».

11.1.3.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 52, comma 4, lettera c), della legge prov. Trento n. 3 del 2020 è fondata, in riferimento alla violazione dei limiti statutari, in relazione all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici, con conseguente assorbimento di ogni altro profilo.

La disposizione impugnata modifica l’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, introducendo un criterio composito, che pondera la preferenza per chi si impegna a subappaltare a determinate imprese con la qualità organizzativa delle risorse impiegate.

Nonostante l’emendamento, restano immutati i profili discriminatori e di indeterminatezza dell’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, già presenti e censurati rispetto alla sua originaria formulazione.

Pur se il nuovo testo della disposizione fa emergere un profilo qualitativo, relativo all’organizzazione, permane infatti la preferenza per le imprese locali e il suo confliggere in senso assiologico con la qualità dell’offerta.

Inoltre, alla indeterminatezza correlata al generico riferimento agli impegni continuano ad aggiungersi: l’imposizione in astratto dei criteri di valutazione dell’offerta individuati dalla disposizione impugnata, la mancata indicazione della loro necessaria previsione nei documenti di gara, nonché il vincolo a tradurli in criteri quantitativi o tabellari.

La disposizione provinciale impedisce, di fatto, alla stazione appaltante di scegliere i criteri maggiormente in grado di valorizzare gli elementi delle singole offerte utili e vantaggiosi per la realizzazione dell’opera.

11.1.4.– Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 52, comma 4, lettera c), della legge prov. Trento n. 3 del 2020.

11.2.– Quanto alla questione promossa con riferimento all’art. 52, comma 6, della legge prov. Trento n. 3 del 2020, essa viene riferita all’inserimento di un nuovo comma 5-bis nell’art. 2 della legge prov. Trento n. 2 del 2020, che autorizza le amministrazioni aggiudicatrici a utilizzare, per l’affidamento di servizi e forniture, tutti gli elementi di valutazione di cui al comma 3 dell’art. 2 della legge prov. Trento n. 2 del 2020.

11.2.1.– L’Avvocatura ha evidenziato come il rinvio a quest’ultima disposizione comporti che le censure sopra illustrate si riverberino sull’art. 2, comma 5-bis, introdotto dall’art. 52, comma 6, della legge prov. Trento n. 3 del 2020.

Anche per questa norma – che, a differenza dell’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, si riferisce all’affidamento di servizi e forniture, e non all’appalto di lavori – il ricorrente ha affermato la inidoneità degli «impegni del concorrente ad affidare in subappalto l’esecuzione di parte della prestazione» a evidenziare le caratteristiche migliorative delle offerte presentate e a differenziare le stesse in ragione delle esigenze della stazione appaltante.

Di conseguenza, anche in questo caso, vi sarebbe un contrasto con i limiti statutari, in relazione agli obblighi internazionali, di cui all’art. 67 della direttiva 2014/24/UE e all’art. 82 della direttiva 2014/25/UE, nonché alla norma di riforma economico-sociale, di cui all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici.

11.2.2.– Per converso, la Provincia resistente ha sostenuto la non fondatezza delle censure promosse, per le medesime ragioni già fatte valere con riferimento all’art. 52, comma 4, lettera c), della legge prov. Trento n. 3 del 2020.

11.2.3.– Le questioni sono fondate.

Anche l’art. 52, comma 6, della legge prov. Trento n. 3 del 2020 è costituzionalmente illegittimo per violazione dei limiti statutari, in relazione alla norma di riforma economico-sociale di cui all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici, con conseguente assorbimento di ogni altro profilo.

Nonostante l’art. 2, comma 5-bis, preveda che le stazioni appaltanti abbiano la facoltà di scegliere, per la valutazione dell’offerta, l’uso degli elementi di cui al comma 3, la norma continua ad imporre che essi si traducano in criteri quantitativi o tabellari, così limitando “a valle” l’autonomia dell’amministrazione.

Vi sono, inoltre, anche per tale norma, ulteriori ragioni a sostegno della fondatezza della questione. In particolare, la preferenza per chi subappalta o si rifornisce da micro, piccole o medie imprese locali – prevista nei criteri di aggiudicazione sub lettere a) e b) dell’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020 – non supera il vaglio di legittimità costituzionale, poiché conferisce rilevanza a elementi in sé discriminatori, avulsi in quanto tali da ogni possibile giudizio qualitativo sull’offerta. Manca, del resto, l’attinenza all’oggetto anche nel criterio sub lettera c), che – se scelto dalla stazione appaltante – determina un indiretto incentivo all’utilizzo del subappalto, per il quale valgono le medesime considerazioni sopra svolte.

Infine, permangono la perdurante genericità del riferimento all’“impegno”, nonché la mancata, doverosa precisazione che i criteri devono essere indicati nei documenti di gara.

11.2.4.– Va dunque dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 52, comma 6, della legge prov. Trento n. 2 del 2020.

12.– Con l’art. 1, comma 4, della legge prov. Trento n. 13 del 2020, è stato, di seguito, nuovamente modificato l’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020.

Anche la nuova formulazione della norma è stata impugnata dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso n. 6 del 2021.

In particolare, la modifica dell’art. 2, comma 3, estende la facoltà di scelta degli elementi indicati dalla medesima disposizione anche agli appalti di lavori. L’art. 1, comma 4, della legge prov. Trento n. 13 del 2020 dispone, infatti, che «[n]el comma 3 dell’articolo 2 della legge provinciale n. 2 del 2020 le parole: “I lavori sono aggiudicati con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e l’offerta tecnica è valutata sulla base dei seguenti elementi” sono sostituite dalle seguenti: “Nei lavori l’offerta tecnica può essere valutata anche sulla base di uno o più dei seguenti elementi”».

12.1.– Con il ricorso n. 6 del 2021, il Presidente del Consiglio dei ministri ha ritenuto che la disposizione impugnata violasse i parametri statutari, in relazione all’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., all’art. 67 della direttiva 24/2014/UE e all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici.

A dire dell’Avvocatura generale, le modifiche apportate dall’art. 1, comma 4, della legge prov. di Trento n. 13 del 2020 non consentirebbero di ritenere superate le censure formulate nei precedenti ricorsi, poiché l’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020 continuerebbe a discostarsi dalle norme statali e dell’Unione europea, che impongono criteri di valutazione dell’offerta oggettivi e connessi all’oggetto dell’appalto.

Più in particolare, il ricorrente sottolinea che «gli elementi di valutazione individuati, quali gli “impegni” elencati nelle lettere a), b) e c), non soddisfano detti requisiti di oggettività attinenti agli aspetti qualitativi, ambientali o sociali», sicché la Provincia avrebbe ecceduto rispetto alle competenze statutarie e si sarebbe posta in contrasto con l’art. 117, commi primo e secondo, lettera e) Cost., in materia di tutela della concorrenza, predisponendo una disciplina difforme da quella prevista dall’art. 67 della direttiva 24/2014/UE e dall’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici.

La difesa erariale si sofferma poi in particolare sugli impegni sub a) (ovvero «l’impegno da parte del concorrente di affidare in subappalto l’esecuzione di parte della prestazione a microimprese, piccole e medie imprese locali»), che ritiene contrastante con il divieto per il legislatore regionale e provinciale di frapporre barriere di carattere protezionistico alla prestazione.

12.2.– La Provincia autonoma di Trento si è costituita in giudizio e ha eccepito la non fondatezza della questione.

Innanzitutto, ha sostenuto che il legislatore provinciale sarebbe tenuto solo al rispetto degli obblighi internazionali derivanti dalle direttive europee. In ogni caso, ha sottolineato che il criterio indicato dall’art. 2, comma 3, lettera a), della legge prov. Trento n. 2 del 2020 non discriminerebbe le offerte in base all’elemento soggettivo della sede di stabilimento dell’offerente, «bensì premi[erebbe] le offerte dei concorrenti tenuto conto delle modalità di esecuzione dell’appalto» e, in particolare, del coinvolgimento delle micro, piccole e medie imprese locali. Tale criterio non precluderebbe la partecipazione alla gara di operatori economici non locali, ma consentirebbe l’attribuzione di un punteggio premiale a coloro che coinvolgessero, «nella fase esecutiva del contratto (in una fase sottratta all’applicazione della par condicio tra i concorrenti), micro, piccole e medie imprese locali». Pertanto, il citato elemento di valutazione non riguarderebbe la struttura organizzativa dell’offerente e non avrebbe perciò carattere soggettivo. Inoltre, a parere della Provincia, la disposizione pondererebbe gli obiettivi sociali con la qualità organizzativa delle risorse impiegate da tutte le imprese esecutrici e sarebbe pertanto dimostrata la connessione del criterio con l’oggetto dell’appalto. La legittimità dello scopo sociale si ricaverebbe, peraltro, dall’art. 95, comma 13, cod. contratti pubblici, che prevede la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di indicare i criteri premiali che intendono applicare alla valutazione dell’offerta, anche al fine di agevolare la partecipazione di micro, piccole e medie imprese.

Lo stesso viene sostenuto dalla difesa provinciale a proposito del criterio sub lettera b) dell’indicato art. 2, comma 3, relativo all’acquisizione di forniture per l’esecuzione dell’appalto, nonché con riguardo al criterio sub lettera c), che premierebbe i concorrenti che praticano il minor ribasso rispetto all’elenco prezzi posto a base di gara, evitando – al contempo – il fenomeno dei ribassi eccessivi nei contratti di subappalto. Tali considerazioni varrebbero ancor di più – ad avviso della resistente – se si considera che i citati criteri devono essere tradotti in valori di natura quantitativa o tabellare, esito che non sarebbe precluso dalla natura della prestazione dedotta.

12.3.– Anche l’art. 1, comma 4, della legge prov. Trento n. 13 del 2020 è costituzionalmente illegittimo, per contrasto con i limiti statutari, in relazione all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici, con assorbimento di ogni altro profilo.

Valgono, innanzitutto, le motivazioni già illustrate per disattendere la duplice eccezione secondo cui la Provincia autonoma sarebbe vincolata al mero rispetto degli obblighi imposti dall’Unione europea, dettati in materia di concorrenza, e sarebbe in ogni caso legittimata a derogare alle norme di riforma economico-sociale, in ragione della crisi determinata dall’emergenza pandemica.

Devono, inoltre, ribadirsi i medesimi argomenti che radicano la fondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 52, comma 6, della legge prov. Trento n. 3 del 2020, già in precedenza sviluppati.

In particolare, benché le stazioni appaltanti abbiano la facoltà di scegliere l’utilizzo degli elementi di valutazione dell’offerta indicati nella disposizione impugnata, la norma continua a imporre che tali elementi si traducano in criteri quantitativi o tabellari, limitando “a valle” l’autonomia dell’amministrazione.

Inoltre, quanto ai profili sub lettere a) e b) dell’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, la preferenza per chi subappalta o si rifornisce da micro, piccole o medie imprese locali evidenzia un palese carattere discriminatorio, che in quanto tale non può attenere alla qualità dell’offerta.

Infine, tanto il contenuto degli elementi indicati sub lettere a), b) e c), quanto il generico riferimento all’«impegno» a rispettarli appaiono inidonei ad essere considerati parametri oggettivi e attinenti alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche del contratto.

Peraltro, non si prevede la loro necessaria indicazione nei documenti di gara.

12.4.– Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 4, della legge prov. Trento n. 13 del 2020.

13.– Con il ricorso n. 50 del 2020 è stato impugnato anche l’art. 2, comma 4, della legge prov. Trento n. 2 del 2020.

Di seguito, l’art. 52, comma 9, della legge prov. Trento n. 3 del 2020 ha abrogato tale disposizione, ma, contestualmente, l’art. 52, comma 7, della legge prov. Trento n. 3 del 2020 ha trasfuso l’esatto suo contenuto nell’art. 2, comma 6-bis, della legge prov. Trento n. 2 del 2020.

Con il ricorso n. 59 del 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato anche l’art. 52, comma 7, della legge prov. Trento n. 3 del 2020.

Le questioni di legittimità promosse con riguardo alle due disposizioni possono essere trattate congiuntamente, in quanto le citate norme presentano la medesima formulazione. In particolare, prevedono che: «[l]a componente del prezzo viene valutata con ricorso a formule matematiche basate sulla riduzione del differenziale di punteggio all’aumentare dei ribassi, individuate nel regolamento di attuazione della legge provinciale di recepimento delle direttive europee in materia di contratti pubblici 2016».

13.1.– A parere dell’Avvocatura generale dello Stato, le due disposizioni contrasterebbero rispettivamente – secondo il ricorso n. 50 del 2020 – con l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in relazione all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici, e – secondo il ricorso n. 59 del 2020 – con gli artt. 4 e 8 dello statuto reg. Trentino-Alto Adige, in relazione all’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., all’art. 67 della direttiva 24/2014/UE e all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici.

In particolare, il ricorso n. 59 del 2020 ha evidenziato che la disposizione impugnata introdurrebbe un «criterio di valutazione che prescinde del tutto dalla considerazione delle specificità del contratto», determinando così «una disomogeneità di comportamenti all’interno del territorio nazionale».

13.2.– La Provincia autonoma di Trento, costituitasi in ambo i giudizi, ha eccepito la non fondatezza delle questioni, sostenendo che l’art. 2, comma 4, divenuto poi art. 2, comma 6-bis, della legge prov. Trento n. 2 del 2020 contempli l’obbligo per le amministrazioni aggiudicatrici di utilizzare «la cosiddetta “formula bilineare”», anziché «il criterio dell’interpolazione lineare». Tale previsione sarebbe coerente con quanto disposto dall’art. 67 della direttiva 2014/24/UE, nonché dagli artt. 30 e 95, comma 6, cod. contratti pubblici e dalle linee guida dell’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) aggiornate al 2 maggio 2018. La disposizione in esame sarebbe vòlta, infatti, ad evitare che «un eccessivo ribasso dell’offerta determini l’insostenibilità dell[a stessa] nella contingente situazione economica di grave crisi, con evidenti gravi ricadute sull’occupazione»: essa, dunque, realizzerebbe «un ragionevole bilanciamento dei contrapposti interessi, nel contesto determinato dalla situazione di emergenza epidemiologica».

13.3.– Anche le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 4, della legge prov. Trento n. 2 del 2020 e 52, comma 7, della legge prov. Trento n. 3 del 2020, sono fondate per contrasto con i limiti statutari, in relazione all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici. È assorbita ogni altra censura.

Le due disposizioni richiamate prevedono un identico e predefinito meccanismo di valutazione per la componente del “prezzo” relativa al criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa. La formula matematica, evocata dalla norma, viene specificata mediante un rinvio al decreto del Presidente della Provincia di Trento 21 ottobre 2016, n. 16-50/Leg (Regolamento di attuazione dell’art. 17, comma 2, della legge provinciale 9 marzo 2016, n. 2 recante norme in materia di applicazione del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa all'affidamento di servizi ad alta intensità di manodopera), che individua una formula di tipo «non lineare»: Vi=(Ri/Rmax)α, con α di valore compreso tra 0,3 e 0,1 a seconda del peso attribuito all’elemento prezzo. In particolare, il valore di α è: 0,3, qualora il peso dell’elemento prezzo sia inferiore o pari a 20/100; 0,2 qualora il peso dell’elemento prezzo sia superiore a 20/100 e inferiore o pari a 30/100; 0,1, qualora il peso dell’elemento prezzo sia superiore a 30/100.

In tal modo, all’aumentare del ribasso, il vantaggio nella valutazione dell’offerta cresce a un ritmo sempre più limitato.

Ebbene, se, per un verso, il pregio «di formule di questo tipo bilineare è quello di scoraggiare offerte con ribassi eccessivi (poiché ricevono un punteggio incrementale ridotto) e di limitare l’inconveniente, evidenziato per il metodo dell’interpolazione lineare, di valorizzare eccessivamente differenze contenute in termini di prezzo» (linee guida ANAC, n. 2, di attuazione del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, recanti “Offerta economicamente più vantaggiosa”), per un altro verso, il loro difetto è di limitare la concorrenza basata proprio sul prezzo.

13.3.1.– Alla luce della polivalenza dei possibili effetti della citata formula, come di altre che si potrebbero adottare, deve rilevarsi che è in sé l’automatica imposizione, tramite la disposizione provinciale, di un criterio predefinito di valutazione della componente del prezzo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, a violare la norma di riforma economico-sociale di cui all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici.

La disposizione impugnata impedisce, infatti, alla stazione appaltante, che ritenga di dover dare maggior peso alla componente del prezzo, alla luce dell’oggetto e della natura del contratto, di poter scegliere una formula diversa (come quella di cosiddetta interpolazione lineare). Allo stesso modo inibisce il ricorso (seppure adeguatamente motivato) a formule “indipendenti”, in base alle quali il punteggio attribuito al concorrente non sia condizionato da quello assegnato agli altri, che hanno il merito di consentire all’offerente di calcolare, ex ante, il proprio punteggio e di valutare meglio il punto di equilibrio che rende per l’impresa conveniente una determinata offerta.

In definitiva, imporre un criterio di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa o di una delle sue componenti finisce per tradire l’autonomia di scelta dell’amministrazione aggiudicatrice, che invece – in base al dettato dell’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici – deve correlare l’individuazione, oltre che dei criteri, anche degli elementi di valutazione degli stessi, alla natura, all’oggetto e al contenuto dell’appalto.

Non a caso, proprio alla luce di tale esigenza, la normativa statale non prevede più il rinvio al regolamento per l’identificazione delle formule di valutazione delle offerte (rinvio in precedenza stabilito dall’art. 83, comma 5, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE»), bensì riserva tale scelta alla stazione appaltante, con il solo limite – indicato nel comma 8 dell’art. 95 cod. contratti pubblici – di individuare preventivamente «nei documenti di gara, nel bando o nel documento descrittivi […] i criteri di valutazione e la ponderazione relativa attribuita a ciascuno di essi».

13.3.2.– Va dunque dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 4, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, nonché dell’art. 52, comma 7, della legge prov. Trento n. 3 del 2020.

14.– Con il ricorso n. 50 del 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 2, comma 7, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, in riferimento all’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., in relazione all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici.

La disposizione provinciale prevede che «[n]el rispetto dei principi di proporzionalità e tempestività, le amministrazioni aggiudicatrici possono ricorrere motivatamente a criteri di valutazione di natura discrezionale e solo se necessario in ragione della natura, oggetto e caratteristiche del contratto».

14.1.– L’Avvocatura generale ha ravvisato un contrasto fra la norma impugnata, che introdurrebbe «la regola dei criteri di valutazione discrezionale», e l’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici, secondo il quale «i criteri di valutazione dell’offerta devono essere sempre oggettivi» e «non possono essere rimessi alla discrezionalità dell’amministrazione aggiudicatrice».

Anche questa disposizione determinerebbe, pertanto, «una disomogeneità di comportamenti all’interno del territorio nazionale».

14.2.– Nell’atto di costituzione in giudizio, la Provincia di Trento ha eccepito la non fondatezza del motivo di ricorso incentrato sulla asserita illegittima attribuzione di discrezionalità all’amministrazione aggiudicatrice nell’individuazione dei criteri di valutazione dell’offerta. L’art. 67, comma 4, della direttiva 2014/24/UE, e l’art. 95, comma 1, cod. contratti pubblici, pur dettando il «principio del contenimento della discrezionalità nella valutazione delle offerte», non precluderebbero, invero, alle amministrazioni aggiudicatrici di adottare criteri discrezionali, sussistendone la necessità.

In ogni caso, i criteri di valutazione discrezionali, di cui al comma impugnato, indicherebbero «“i criteri qualitativi” soggetti alla valutazione da parte della commissione tecnica, in contrapposizione ai criteri qualitativi soggetti a mero accertamento». Inoltre, il comma 7 dell’art. 2 sarebbe «improntat[o] a garantire l’effettività della concorrenza e la trasparenza dei processi decisionali», senza derogare al principio per cui gli elementi di valutazione dell’offerta devono essere connessi all’oggetto dell’appalto.

14.3.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 7, della legge prov. Trento n. 2 del 2020 è fondata per contrasto con i limiti statutari, in relazione alla norma di riforma economico-sociale di cui all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici.

14.3.1.– Va premesso che l’Avvocatura generale offre un’interpretazione della disposizione provinciale impugnata, strettamente letterale e poco persuasiva, in base alla quale sarebbe stato conferito all’amministrazione un potere discrezionale, non limitato da alcun canone di oggettività o di correlazione con la natura o con l’oggetto del contratto, ma ancorato solo ad un generico rispetto dei principi di proporzionalità e di tempestività.

Sennonché, anche aderendo alla più convincente interpretazione che attribuisce alla discrezionalità evocata dalla norma in esame il carattere della discrezionalità tecnica (da ultimo, Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 12 ottobre 2021, n. 6841; Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 4 novembre 2020, n. 6818), l’illegittimità costituzionale persiste per violazione dei limiti statutari, in relazione all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici, che l’Avvocatura generale correttamente individua come norma di riforma economico-sociale.

14.3.2.– L’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici, al fine di assicurare la correttezza e la trasparenza dell’aggiudicazione, stabilisce, infatti, che la stazione appaltante fissi dei criteri di valutazione «oggettivi, quali gli aspetti qualitativi, ambientali o sociali, connessi all’oggetto dell’appalto», con il solo limite che essi siano «pertinenti alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche del contratto».

A ciò si aggiunga che, in attuazione del principio generale di cui all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici, il successivo comma 10-bis del medesimo articolo, introdotto dall’art. 60, comma 1, lettera f), del decreto correttivo al codice, di cui al decreto legislativo 17 aprile 2017, n. 56 (Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50), proprio «al fine di assicurare l’effettiva individuazione del miglior rapporto qualità/prezzo», prevede che «la stazione appaltante […] valorizz[i] gli elementi qualitativi dell’offerta e individu[i] criteri tali da garantire un confronto concorrenziale effettivo sui profili tecnici», quelli, cioè, che generalmente possono essere apprezzati mediante l’esercizio di una discrezionalità tecnica.

Di conseguenza, la disposizione provinciale, limitando viceversa l’utilizzo dei criteri di valutazione di natura discrezionale ai soli casi in cui sia «necessario», e non anche a quelli in cui sia semplicemente «pertinente», in ragione della natura, dell’oggetto e delle caratteristiche del contratto, si pone in contrasto con la normativa statale in materia di contratti pubblici. Essa, infatti, comprime la possibilità per le stazioni appaltanti di valutare le offerte secondo i criteri e i metodi ritenuti più idonei, «valorizza[ndo] gli elementi qualitativi».

14.3.3.– Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 7, della legge prov. Trento n. 2 del 2020.

15.– Con il ricorso n. 50 del 2020, anche l’art. 2, comma 8, della legge prov. Trento n. 2 del 2020 è stato oggetto di impugnazione da parte del Presidente del Consiglio dei ministri.

La norma prevede che «[c]on regolamento di attuazione possono essere stabiliti criteri per la valutazione delle offerte anomale conformi a quanto previsto dall’articolo 40 della legge provinciale sui lavori pubblici 1993 anche nel caso di ricorso all’utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa». A sua volta, il citato art. 40, comma 1, della legge Provincia autonoma di Trento 10 settembre 1993, n. 26 (Norme in materia di lavori pubblici di interesse provinciale e per la trasparenza negli appalti) dispone che «[l]’amministrazione aggiudicatrice procede alla valutazione delle offerte anomale ed alla loro esclusione dalla procedura concorsuale secondo le modalità ed i criteri automatici fissati nel regolamento di attuazione definiti anche sulla base di elementi specifici di costo diversi dal ribasso formulato dagli operatori economici».

15.1.– A parere dell’Avvocatura generale, tale disposizione si porrebbe in contrasto con l’art. 97, commi 2, 2-bis, 2-ter e 3, cod. contratti pubblici, in virtù dell’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost.

15.2.– Nell’atto di costituzione in giudizio, la Provincia autonoma di Trento ha affermato che la disposizione in esame non conterrebbe in realtà un rinvio al regolamento di attuazione, «bensì solo un rinvio all’art. 40» della legge prov. Trento n. 26 del 1993. Di conseguenza, al regolamento di attuazione sarebbe rimessa la disciplina delle modalità e dei criteri automatici di calcolo della soglia di anomalia per le sole «procedure selettive nelle quali il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa è applicato secondo elementi quantitativi o tabellari di valutazione». Tali elementi consentirebbero «di predeterminare a priori le caratteristiche apprezzate dall’Amministrazione aggiudicatrice ed il relativo peso, eliminando il margine discrezionale della valutazione».

Inoltre, la disposizione impugnata non violerebbe «il principio del contraddittorio sul motivo di esclusione tra il concorrente la cui offerta è sospetta di anomalia e la stazione appaltante». Tale principio, secondo quanto stabilito dall’indicato art. 67 (recte: 69) della direttiva 2014/24/UE, sarebbe recessivo «in caso di assenza di margini di valutazione discrezionale delle offerte tecniche». Non rileverebbe, in senso contrario, la pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza 27 novembre 2001, nelle cause riunite C-285/99 e C-286/99, Coopsette Soc. coop. Arl, che era stata adottata nella vigenza della precedente direttiva 93/37/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, «il cui rigore quanto al necessario rispetto del principio del contraddittorio era evidentemente ancorato alla necessità di evitare, nella fase iniziale dell’applicazione delle direttive medesime, che l’esclusione automatica delle offerte anomale consentisse di discriminare i concorrenti in base alla nazionalità».

15.3.– Le questioni sono fondate.

L’art. 2, comma 8, è costituzionalmente illegittimo, per violazione dei parametri statutari, in relazione alle norme di riforma economico-sociale, di cui all’art. 97, commi 2, 2-bis, 2-ter e 3, cod. contratti pubblici (nello stesso senso, sentenze n. 16 del 2021, n. 263 del 2016, n. 52 del 2012, n. 184 e n. 114 del 2011), rilevanti quali limiti allo statuto speciale. È assorbita ogni altra censura.

15.3.1.– Occorre premettere che, nell’ambito delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, la funzione del giudizio di anomalia dell’offerta è quella di garantire un equilibrio tra la convenienza per la pubblica amministrazione ad affidare l’appalto al prezzo più basso e l’esigenza di evitare un ribasso che si attesti al di là del ragionevole limite dettato dalle regole di mercato, con possibile pregiudizio della stessa corretta esecuzione del contratto.

I commi 2, 2-bis e 2-ter dell’art. 97 cod. contratti pubblici, richiamati quali norme di riforma economico-sociale, stabiliscono le modalità di valutazione della congruità delle offerte, quando il criterio di aggiudicazione è quello del prezzo più basso. Il comma 3 svolge la medesima funzione con riguardo alle ipotesi in cui il criterio di valutazione è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Tutti i commi richiamati individuano, dunque, criteri specifici di valutazione della congruità delle offerte che, ai sensi del comma 1 dello stesso art. 97 cod. contratti pubblici, determinano la soglia di anomalia, superata la quale sorge l’onere, per gli operatori economici, di fornire spiegazioni sul prezzo o sui costi proposti. La stazione appaltante esclude l’offerta solo qualora la prova esibita non giustifichi sufficientemente il basso livello di prezzi o di costi proposti (comma 5 dell’art. 97 cod. contratti pubblici).

La soglia di anomalia, per come definita dal codice dei contratti pubblici, non determina, pertanto, l’esclusione automatica delle offerte, salvo i casi tassativamente individuati dal successivo comma 8, relativi ad aggiudicazioni secondo il criterio del prezzo più basso, per importi inferiori alle soglie di cui all’art. 35, che non presentino carattere transfrontaliero, purché le offerte ammesse non siano meno di dieci e sempre che l’esclusione automatica sia prevista nel bando.

Negli altri casi, il superamento della soglia determina l’introduzione di un sub-procedimento di verifica delle ragioni che eventualmente depongano per la congruità, serietà, sostenibilità e realizzabilità dell’offerta.

15.3.2.– Diversamente da quanto delineato dalla disciplina statale, la disposizione impugnata prevede che un regolamento detti i criteri di individuazione delle offerte anomale, conformemente a quanto stabilito dall’art. 40 della legge prov. Trento n. 26 del 1993, che – come precisato supra al punto numero 15 – contempla la possibilità per l’amministrazione aggiudicatrice di procedere «alla valutazione delle offerte anomale ed alla loro esclusione dalla procedura concorsuale secondo le modalità ed i criteri automatici fissati nel regolamento di attuazione».

La norma provinciale consente, dunque, all’amministrazione di operare esclusioni automatiche anche nell’ipotesi di ricorso al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e/o per contratti di valore superiore alla soglia europea, vale a dire per fattispecie ben diverse da quelle individuate nell’art. 97 cod. contratti pubblici.

In particolare, nel rinviare al regolamento, impone l’esclusione automatica delle offerte anomale e in tal modo vìola un principio del codice dei contratti pubblici che «fissa direttamente un articolato procedimento in contraddittorio con le imprese che hanno presentato offerte anormalmente basse […] affidandone la conseguente ponderazione alle stazioni appaltanti» (sentenza n. 263 del 2016).

Chiariti i profili di illegittimità costituzionale della disposizione provinciale, a nulla vale obiettare che essa andrebbe riferita alle sole gare che fanno ricorso ai criteri di cui al precedente comma 3. Non solo, infatti, l’art. 2, comma 8, si riferisce in generale «all’utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa», ma, in ogni caso, anche circoscrivendo il suo raggio applicativo al solo utilizzo dei criteri di cui al comma 3, non risultano comunque superate le richiamate ragioni di contrasto con i principi di riforma economico-sociale dettati dall’art. 97 cod. contratti pubblici.

15.3.3.– Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 8, della legge prov. Trento n. 2 del 2020.

16.– L’art. 2, comma 8, della legge prov. Trento n. 2 del 2020 è stato di seguito modificato dall’art. 52, comma 8, della legge prov. Trento n. 3 del 2020, il quale sancisce che «[c]on regolamento di attuazione possono essere stabiliti criteri per la valutazione delle offerte anomale, conformi a quanto previsto dall’articolo 40 della legge provinciale sui lavori pubblici 1993, solamente nel caso di ricorso ai criteri di cui al comma 3».

Anche la nuova formulazione dell’art. 2, comma 8, è stata impugnata con il ricorso n. 59 del 2020.

16.1.– Nell’atto introduttivo viene preliminarmente rammentato dall’Avvocatura che analoga disposizione era già contenuta nella versione originaria della legge prov. Trento n. 2 del 2020 e che era stata già impugnata con il ricorso n. 50 del 2020. Viene, in aggiunta, evidenziato che, rispetto alla formulazione previgente, la norma innovata limiterebbe «la previsione della valutazione dell’anomalia dell’offerta […] ad una sola ipotesi, ossia quella che basa l’aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa degli appalti di lavori sugli elementi di valutazione costituiti dagli impegni del concorrente».

Sennonché, anche tale norma determinerebbe – secondo l’Avvocatura – un contrasto con l’art. 69 della direttiva 2014/24/UE e con l’art. 84 della direttiva 2014/25/UE, secondo i quali, in caso di offerte anormalmente basse, le amministrazioni aggiudicatrici devono sempre richiedere agli operatori economici spiegazioni sul prezzo. Al contempo, il legislatore provinciale avrebbe disciplinato la materia in modo difforme rispetto a quanto previsto dall’art. 97, commi 2, 2-bis e 2-ter, cod. contratti pubblici.

Alla luce di tali deduzioni, il ricorrente ritiene che la disposizione contrasti con i limiti statutari, in relazione all’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost. e alle citate norme interposte.

16.2.– Nell’atto di costituzione in giudizio, la difesa della Provincia autonoma di Trento ha sostenuto la non fondatezza delle censure mosse nei confronti della previsione impugnata.

Secondo la difesa provinciale, tale disposizione risulterebbe, innanzitutto, conforme al principio sancito dall’art. 67, comma 4, della direttiva 2014/24/UE, in quanto – consentendo al regolamento di disciplinare le modalità e i criteri automatici di calcolo della soglia di anomalia per i soli casi in cui «il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa è applicato secondo elementi quantitativi o tabellari di valutazione» – escluderebbe la sussistenza di margini di valutazione discrezionale, sicché la soglia ben potrebbe essere predefinita. I criteri quantitativi o tabellari, di cui all’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, consentirebbero «di predeterminare le caratteristiche apprezzate dall’Amministrazioni aggiudicatrice» e dunque di «individuare a priori la soglia di anomalia della riduzione del prezzo».

Non ci sarebbe, poi, violazione dell’art. 69 della direttiva 2014/24/UE, poiché tale norma non imporrebbe, diversamente da quanto sostenuto nel ricorso, il contraddittorio sulla valutazione di anomalia a seguito dell’individuazione della migliore offerta. Soltanto il comma 6 (recte: comma 4) del citato art. 69 richiederebbe espressamente il contraddittorio, ma solo qualora «l’anomalia dell’offerta sia stata determinata dalla condizione di vantaggio del concorrente determinata dall’aver conseguito un aiuto di stato». Viceversa, i commi 1 e 3 dell’art. 69 sarebbero vòlti a «garantire che le Stazioni appaltanti contestino quelle offerte il cui prezzo è anormalmente basso in modo da evitare che esse possano acriticamente approfittare di offerte per esse economiche, a detrimento di altri principi, quali l’efficacia dell’affidamento […] oppure la correttezza dell’affidamento».

La Provincia evidenzia come il descritto art. 69 della direttiva 2014/24/UE sarebbe molto diverso dall’art. 30, paragrafo 4, della direttiva 93/37/CEE, che invece richiedeva un rigoroso rispetto del principio del contraddittorio, norma che la Corte di giustizia avrebbe posto a fondamento della sentenza 27 novembre 2001, nelle cause riunite C-285/99 e C-286/99. Alla luce di tali considerazioni non vi sarebbe alcun attrito con il citato art. 69 e pertanto sarebbe non fondato il motivo di ricorso focalizzato sull’asserita violazione dell’art. 117, comma 1, Cost.

Quanto al parametro di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. la difesa provinciale contesta innanzitutto che il ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri abbia evocato il contrasto con i soli commi 2, 2-bis e 2-ter dell’art. 97 cod. contratti pubblici, che riguarderebbero le procedure «governate dal criterio del prezzo più basso [mentre] la valutazione di anomalia dell’offerta in caso di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa è disciplinata dall’articolo 95 [recte: 97], comma 3».

In ogni caso, la censura non sarebbe fondata perché, ai sensi dell’art. 1 del d.lgs. n. 162 del 2017, il legislatore provinciale avrebbe competenza legislativa in merito alle «procedure di aggiudicazione e [ai] contratti pubblici, compresa la fase della loro esecuzione, relativi a lavori, servizi e forniture».

16.3.– La questione di legittimità costituzionale, prospettata per violazione dei limiti statutari, in relazione ai commi 2, 2-bis e 2-ter dell’art. 97 cod. contratti pubblici, è inammissibile poiché le norme interposte invocate disciplinano la congruità dell’offerta, quando questa sia valutata secondo il criterio del prezzo più basso. Per converso, la disposizione impugnata, l’art. 52, comma 8, della legge prov. Trento n. 3 del 2020, attiene ai soli contratti aggiudicati secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

L’inconferenza dei parametri richiamati dal ricorrente ridonda in un giudizio di inammissibilità della questione (in questo senso, sentenze n. 69 del 2021, n. 245, n. 189 e n. 144 del 2020, n. 198 del 2019).

16.4.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 52, comma 8, della legge prov. Trento n. 3 del 2020 è fondata per contrasto con i limiti statutari derivanti dagli obblighi imposti dal diritto dell’Unione europea.

Nonostante la riduzione dell’ambito di intervento, attuato con la modifica dell’art. 2, comma 8, da parte della legge prov. Trento n. 3 del 2020, permane il rinvio a forme di esclusione automatiche. Tale indicazione confligge con il diritto dell’Unione europea, relativamente al quale, anche di recente, la Corte di giustizia ha ribadito il carattere illegittimo dell’esclusione automatica delle offerte anomale (Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenze 10 settembre 2020, in causa C-367/19, Tax-Fin-Lex d.o.o.; 15 maggio 2008, nelle cause riunite C-147/06 e C-148/06, SECAP spa e altro). L’applicazione della regola dell’esclusione automatica delle offerte considerate anormalmente basse potrebbe, in particolare, «configurare una discriminazione indiretta, danneggiando in pratica gli operatori degli altri Stati membri che, essendo dotati di strutture dei costi diverse, potendo beneficiare di economie di scala rilevanti o desiderando ridurre al minimo i propri margini di profitto al fine di inserirsi più efficacemente nel mercato di riferimento, sarebbero in grado di presentare un’offerta competitiva e nel contempo seria e affidabile, della quale l’amministrazione aggiudicatrice non potrebbe tuttavia tenere conto» (Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza 15 maggio 2008, nelle cause riunite C-147/06 e C-148/06, SECAP spa e altro).

In particolare, non convince l’interpretazione dell’art. 69 della direttiva n. 2014/24/UE prospettata dalla difesa provinciale, secondo cui la disposizione avrebbe contemplato il contraddittorio, e dunque inibito le esclusioni automatiche, solo se l’offerente si fosse avvalso di aiuti di Stato. Al contrario, il paragrafo 1 dell’art. 69 si riferisce espressamente alla necessità che l’operatore economico fornisca all’amministrazione aggiudicatrice spiegazioni «sul prezzo o sui costi proposti nelle offerte se queste appaiono anormalmente basse rispetto a lavori, forniture o servizi», onde consentire alla stazione appaltante di valutare in contraddittorio – come si deduce da una piana lettura del paragrafo 3 – se respingere o meno l’offerta. Quest’ultima norma prevede, infatti, che «l’amministrazione aggiudicatrice valuta le informazioni fornite consultando l’offerente», vale a dire in contraddittorio, dopodiché può «respingere l’offerta solo se la prova fornita non giustifica sufficientemente il basso livello di prezzi o di costi proposti, tenendo conto degli elementi di cui al paragrafo 2». È, dunque, confutato per tabulas che il contraddittorio emergerebbe dal mero paragrafo 4 dell’art. 69 della direttiva indicata, relativamente agli operatori che abbiano ottenuto un aiuto di Stato. Viceversa, tale ipotesi si caratterizza solo per la circostanza di richiedere all’offerente una particolare dimostrazione tesa a impedire l’esclusione fondata unicamente sull’anomalia dell’offerta.

Da ultimo, non sono persuasive le considerazioni svolte dalla Provincia secondo cui «i criteri quantitativi o tabellari di valutazione consentono di predeterminare le caratteristiche apprezzate dall’Amministrazione aggiudicatrice ed il relativo peso, eliminando qualsiasi margine di valutazione discrezionale», il che consentirebbe di individuare a priori la soglia di anomalia della riduzione del prezzo a base d’asta.

Al di là, infatti, dei problemi di prevedibilità della soglia posti da tale soluzione normativa, resta il dato che, nell’ambito dell’aggiudicazione secondo l’offerta economicamente più vantaggiosa, deve essere sempre consentita all’offerente la possibilità di fornire una spiegazione delle ragioni sottese all’entità della propria offerta (artt. 69 della direttiva 2014/24/UE e 82, paragrafi 1, 2 e 3, della direttiva 2014/25/UE).

Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 52, comma 8, della legge prov. Trento n. 3 del 2020.

17.– Con ricorso n. 50 del 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 della legge prov. Trento n. 2 del 2020.

Va, innanzitutto, precisato che il ricorso impugna l’intero articolo, ma il tenore sostanziale della censura investe i soli commi 1, 2 e 4.

In particolare, il comma 1, prevede che «[p]er accelerare la realizzazione delle opere pubbliche, al fine di fronteggiare la crisi economica dovuta alla situazione di emergenza sanitaria in atto, le amministrazioni giudicatrici […] procedono all’appalto di lavori con procedura negoziata senza la previa pubblicazione di un bando di gara, ai sensi dell’art. 33 della legge provinciale sui lavori pubblici 1993, per lavori di importo non superiore alla soglia di rilevanza europea, anche avvalendosi dell’Agenzia provinciale per gli appalti e contratti». A tal fine, il comma 2 dispone che «il responsabile del procedimento seleziona un numero di imprese da invitare compreso tra dieci e quindici, per i lavori di importo complessivo inferiore a 2 milioni di euro, o compreso tra dieci e venti, negli altri casi». Se, tuttavia, «l’importo stimato, per il singolo contratto, non è superiore a 150.000 euro gli inviti inviati […] sono rivolti ad almeno cinque imprese ritenute idonee» (così stabilisce il comma 4).

17.1.– Secondo l’Avvocatura generale, l’impugnato art. 3 si porrebbe in contrasto con l’art. 36 cod. contratti pubblici, «che detta un’articolata e diversa disciplina delle modalità di affidamento» dei cosiddetti contratti sotto soglia e prevede che l’affidamento e l’esecuzione di tali contratti avvenga «nel rispetto dei principi di cui agli articoli 30, comma 1, 34 e 42, nonché [n]el rispetto del principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti e in modo da assicurare l’effettiva possibilità di partecipazione delle microimprese, piccole e medie imprese».

17.2.– Nell’atto di costituzione in giudizio, la resistente sostiene che il legislatore provinciale avrebbe voluto «dare impulso al settore accelerando le procedure di affidamento finalizzate alla realizzazione delle opere pubbliche, in modo da contribuire a fronteggiare la crisi economica dovuta alla situazione di emergenza in atto». In ragione di una possibile «incerta esecuzione dell’appalto da parte di imprese provenienti da specifici territori maggiormente colpiti dall’epidemia», la procedura negoziata senza bando consentirebbe «alle Amministrazioni aggiudicatrici di procedere celermente agli affidamenti dell’esecuzione di opere pubbliche […] posto che l’interesse alla tutela della concorrenza nell’odierno contesto di emergenza recede a fronte del prioritario interesse a garantire la continuità delle commesse pubbliche pur in un contesto operativo incerto e mutevole».

In ogni caso, «il rispetto della piena concorrenzialità tra gli operatori economici» sarebbe garantito «dall’indicazione del numero di imprese da invitare che, in misura superiore a quanto previsto dalla normativa statale, è compreso tra dieci e venti». Quanto alla mancata evocazione dei principi di rotazione degli inviti e degli affidamenti, essa non comporterebbe la «negazione della vigenza» degli stessi, «la cui precettività [informerebbe] lo svolgimento della procedura negoziata senza bando».

17.3.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi 1, 2 e 4, della legge prov. Trento n. 2 del 2020 è fondata, per violazione dei limiti statutari, in relazione all’art. 36 cod. contratti pubblici, norma di riforma economico-sociale.

La disciplina provinciale impugnata contrasta con quanto dispone la menzionata norma di riforma economico-sociale, sotto molteplici prospettive.

17.3.1.– Innanzitutto, la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando, di cui all’art. 33 della legge prov. Trento n. 26 del 1993, viene prevista, nella disposizione impugnata, in via di automatismo e non come mera facoltà, diversamente da quanto prospetta l’art. 36, comma 2, cod. contratti pubblici, il quale espressamente preserva la possibilità per la stazione appaltante di ricorrere alle procedure ordinarie.

Inoltre, quanto al profilo del procedimento di aggiudicazione, secondo l’art. 3, comma 2, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, è sufficiente invitare fra dieci e quindici operatori per l’affidamento dei lavori di importo inferiore ai due milioni di euro e fra dieci a venti operatori per quelli di valore da due milioni di euro alla soglia europea. Per converso, secondo l’art. 36, comma 2, lettera d), cod. contratti pubblici, già per l’affidamento di lavori di importo pari o superiore a un milione di euro è necessaria la procedura di cui all’art. 60. Pertanto, sopra la citata soglia, la normativa statale prevede l’utilizzo della procedura aperta.

17.3.2.– Il rinvio della norma impugnata all’art. 33 della legge prov. n. 26 del 1993 consente poi di cogliere ulteriori profili di contrasto con la normativa statale.

Occorre, a tal fine, premettere che, per costante orientamento di questa Corte, l’ammissibilità del ricorso in via principale non è preclusa dal carattere confermativo o riproduttivo di una disposizione rispetto ad altra norma non impugnata, in quanto «ogni provvedimento legislativo esiste a sé e può formare oggetto di autonomo esame ai fini dell’accertamento della sua legittimità: l’istituto dell’acquiescenza non si applica ai giudizi in via principale, atteso che la norma impugnata ha comunque l’effetto di reiterare la lesione da cui deriva l’interesse a ricorrere dello Stato (ex plurimis, sentenze n. 237, n. 98 e n. 60 del 2017, n. 39 del 2016, n. 215 e n. 124 del 2015)» (sentenza n. 25 del 2021). Di conseguenza, una disposizione ripetitiva di una precedente norma è comunque impugnabile e oggetto di censura anche rispetto al contenuto riproduttivo o di rinvio.

Orbene, tanto chiarito, si deve osservare che l’art. 33, comma 4, della legge prov. Trento n. 26 del 1993 prevede che «la stazione appaltante individua gli operatori economici da consultare sulla base di informazioni riguardanti le caratteristiche di qualificazione economico-finanziaria e tecnico-organizzativa desunte dal mercato» solo «se possibile». La disposizione pertanto diverge dall’art. 36, comma 2, lettere b), c) e c-bis), cod. contratti pubblici, secondo le quali, viceversa, gli operatori devono essere sempre individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti. E, a tal riguardo, le linee guida ANAC n. 4, recanti «Affidamento dei contratti sotto-soglia, indagini di mercato ed elenchi di operatori economici», contengono una normativa di dettaglio.

Da ultimo, sempre il rinvio che la disposizione censurata opera all’art. 33 della legge prov. Trento n. 26 del 1993 evidenzia un ulteriore profilo di contrasto, che riguarda i principi ispiratori delle norme di riforma economico-sociale dettate dal codice dei contratti pubblici. Il citato art. 33 della legge prov. Trento n. 26 del 1993 prevede, al comma 4, il «rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza e rotazione», nonché, al comma 5, il rispetto «dei principi di non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità e trasparenza», ma solo se le procedure di cui al comma 4 sono consentite dalla normativa statale «per i lavori d’importo complessivo inferiore a un milione di euro». Viceversa, l’art. 36, comma 1, cod. contratti pubblici stabilisce per l’affidamento di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di cui all’art. 35 cod. contratti pubblici il necessario rispetto, oltre che dei principi di rotazione degli inviti e degli affidamenti, in modo anche da assicurare l’effettiva possibilità di partecipazione delle micro, piccole e medie imprese, nonché dei principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, anche l’osservanza del principio di sostenibilità ambientale di cui all’art. 34, nonché delle discipline relative al conflitto di interessi, al contrasto di frodi e corruzione (di cui all’art. 42 cod. contratti pubblici) e al rispetto delle clausole sociali (all’art. 50 cod. contratti pubblici).

17.3.3.– Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, commi 1, 2 e 4, della legge prov. Trento n. 2 del 2020.

18.– L’art. 3 della legge prov. Trento n. 2 del 2020, relativamente ai commi già in precedenza impugnati, è stato, di seguito, ulteriormente modificato dall’art. 29 della legge prov. Trento n. 6 del 2020. In particolare, la nuova disposizione ha introdotto le seguenti novità: ha inserito un comma 01 che recita: «[l]e amministrazioni aggiudicatrici possono procedere all’affidamento diretto di lavori, servizi e forniture, compresi i servizi di ingegneria e architettura, fino alla soglia prevista, per tale tipologia di affidamento, dall’art. 1, comma 2, lettera a), del decreto-legge n. 76 del 2020»; ha sostituito, nel comma 1, le parole «procedono all’appalto di lavori» con «possono procedere all’appalto di lavori»; e ha abrogato il comma 4.

18.1.– Con il ricorso iscritto al reg. ric. n. 92 del 2020, è stato impugnato anche l’art. 29 della legge prov. di Trento n. 6 del 2020, insieme ad altre questioni promosse con riferimento a ulteriori disposizioni, esaminate in un differente giudizio.

Il ricorrente ha evidenziato che, con la nuova previsione, il legislatore provinciale avrebbe modificato sotto vari profili l’art. 3 della legge prov. di Trento n. 2 del 2020, che era stato già impugnato, in quanto «investiva le materie trasversali della tutela della concorrenza, delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali e dell’ordine pubblico, con violazione dei limiti della competenza statutaria e dell’articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione».

A dire dell’Avvocatura generale, le modifiche apportate dall’art. 29 della legge prov. di Trento n. 6 del 2020 «non consent[irebbero] di ritenere superate le censure formulate» nel predetto ricorso. Conseguentemente, sono state proposte «integralmente le questioni già oggetto di impugnativa in ordine al suddetto articolo 3», poiché la Provincia avrebbe ecceduto dalle competenze statutarie e si sarebbe posta in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. in materia di tutela della concorrenza.

18.2.– La Provincia autonoma di Trento si è costituita in giudizio per eccepire, innanzitutto, la palese inammissibilità della questione per «genericità della censura sollevata».

La resistente, oltre a far valere le eccezioni generali di inammissibilità già in precedenza esaminate, ha rilevato, nello specifico, che il ricorrente si sarebbe limitato a traslare sull’art. 29 della legge prov. Trento n. 6 del 2020 le contestazioni già rivolte all’art. 3 della legge prov. Trento n. 2 del 2020, con il ricorso iscritto al reg. ric. n. 50 del 2020.

18.3.– L’eccezione è fondata.

Il ricorrente si limita a dedurre la violazione dei limiti statutari e dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., senza sviluppare alcuna autonoma e specifica motivazione (sentenza n. 7 del 2021). L’argomentazione consta di un mero rinvio per relationem alle censure mosse con il ricorso n. 50 del 2020 nei confronti dell’art. 3 della legge prov. Trento n. 2 del 2020 (sentenze n. 258 del 2020, n. 160 del 2020, n. 214 del 2019 e n. 88 del 2018, ordinanze n. 85 e n. 64 del 2018).

Simile generica doglianza non individua neppure, se non per quanto possa inferirsi sempre per relationem, le specifiche disposizioni impugnate all’interno dell’art. 29 della legge prov. Trento n. 6 del 2020, contenente previsioni eterogenee, nonché il parametro interposto che, in virtù dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., assurgerebbe al ruolo di norma di riforma economico-sociale violata dalla disposizione provinciale.

Difettano, dunque, una, sia pur sintetica, argomentazione (sentenze n. 171, n. 95 e n. 78 del 2021), nonché gli elementi, anche minimi, che consentono di esaminare nel merito le censure mosse dal ricorrente sul punto (sentenze n. 174 del 2020, n. 290 e n. 198 del 2019, n. 245 del 2018).

La questione va dichiarata, pertanto, inammissibile per l’assoluta genericità della doglianza promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri.

19.– Sempre l’art. 3, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020 è stato, di seguito, modificato dall’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 13 del 2020, secondo cui «[n]el comma 3 dell’articolo 3 della legge provinciale n. 2 del 2020 le parole: “[g]li appalti di lavori pubblici di importo superiore a quello previsto dall’articolo 16, comma 3, della legge provinciale di recepimento delle direttive europee in materia di contratti pubblici 2016 sono aggiudicati con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa secondo i criteri previsti dall’articolo 2, comma 3, di questa legge” sono sostituite dalle seguenti: “[p]er l’affidamento di lavori di importo inferiore alle soglie europee, le amministrazioni aggiudicatrici aggiudicano, a loro scelta, sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa o del prezzo più basso. Se i lavori sono aggiudicati con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa l’offerta tecnica può essere valutata anche sulla base di uno o più dei criteri previsti dall’articolo 2, comma 3, di questa legge.”».

In sostanza, la disposizione provinciale – nel caso dell’aggiudicazione di lavori sotto le soglie europee – oltre a preservare la scelta per l’amministrazione aggiudicatrice fra il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e quello del prezzo più basso, rende facoltativa la possibilità di valutare l’offerta tecnica con uno o più dei criteri indicati dall’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020.

19.1.– Con il ricorso iscritto al reg. ric. n. 6 del 2021, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato, tra l’altro, anche tali modifiche, in riferimento ai parametri statutari, in relazione all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. e all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici.

A parere dell’Avvocatura generale, la disposizione provinciale rinvia ai criteri dell’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020 e, pertanto, si esporrebbe alle medesime censure di illegittimità costituzionale illustrate, sempre nel ricorso n. 6 del 2021, per l’impugnazione dell’art. 1, comma 4, della legge prov. Trento n. 13 del 2020, che negli stessi termini ha reso facoltativo – nel caso dell’aggiudicazione dei lavori sopra-soglia – l’utilizzo dei criteri indicati nell’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020.

19.2.– Secondo la difesa provinciale il motivo sarebbe infondato «alla luce delle medesime considerazioni svolte» per l’art. 1, comma 4.

Peraltro, trattandosi di procedure di affidamenti sotto-soglia, «a maggior ragione si dovr[ebbe] ritenere che l’infondatezza del motivo [non sia] smentita all’articolo 95, comma 13, del d.lgs. 50/2016».

19.3.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 13 del 2020, promossa per violazione dei limiti statutari, in relazione all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici, è fondata nella parte in cui il citato art. 2, comma 3, modificando l’art. 3, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, prevede che «[s]e i lavori sono aggiudicati con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa l’offerta tecnica può essere valutata anche sulla base di uno o più dei criteri previsti dall’articolo 2, comma 3, di questa legge».

L’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 13 del 2020, pur rendendo facoltativo, nella valutazione delle offerte secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, il ricorso ai criteri di cui all’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, continua, per l’aggiudicazione dei lavori sotto-soglia, a consentire il loro utilizzo, similmente a quanto dispongono, rispettivamente, il nuovo comma 3, per i lavori sopra-soglia, e il comma 5-bis dell’art. 2 della legge prov. Trento n. 2 del 2020, per l’aggiudicazione di servizi e forniture. Valgono, pertanto, le stesse considerazioni spese in ordine all’illegittimità costituzionale di questi ultimi.

In particolare, da un lato, il riferimento alle micro, piccole e medie imprese subappaltrici e fornitrici locali di cui alle lettere a) e b) dell’indicato art. 2, comma 3, non può in alcun modo attenere alla qualità dell’offerta, neppure in senso sociale, trattandosi al contrario di criteri discriminatori. Da un altro lato, l’eventuale scelta dell’elemento di cui alla successiva lettera c) si traduce di fatto in un indiretto incentivo all’utilizzo del subappalto, che in quanto tale non può attenere all’oggetto e alla qualità della prestazione. Infine, il riferimento generico agli “impegni” non delimita a sufficienza la discrezionalità dell’amministrazione, che oltretutto non è tenuta ad indicare nei documenti di gara i criteri individuati dalla disposizione provinciale.

Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 13 del 2020, là dove, modificando il comma 3 dell’art. 3 della legge prov. Trento n. 2 del 20202, inserisce il seguente ultimo periodo: «Se i lavori sono aggiudicati con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa l’offerta tecnica può essere valutata anche sulla base di uno o più dei criteri previsti dall’articolo 2, comma 3, di questa legge».

20.– Con il ricorso iscritto al n. 50 del reg. ric. 2020 anche l’art. 4 della legge prov. Trento n. 2 del 2020 è stato impugnato.

L’articolo, che detta «[d]isposizioni per la semplificazione e l’accelerazione delle procedure di affidamento», prevede, al comma 1, che «la partecipazione alle procedure equivale a dichiarazione di insussistenza dei motivi di esclusione e di possesso dei criteri di selezione specificati dal bando di gara o dalla lettera di invito»; mentre, al comma 2, stabilisce che «le amministrazioni giudicatrici procedono all’esame delle offerte e, successivamente, al fine della stipula del contratto, verificano l’assenza dei motivi di esclusione e il possesso dei requisiti di selezione in capo al solo aggiudicatario e all’eventuale impresa ausiliaria».

20.1.– Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, tale disposizione contrasterebbe con l’art. 117, commi primo e secondo, lettere e) ed l), Cost., e con quanto sancito dall’art. 80 cod. contratti pubblici.

Il citato art. 80, precisa il ricorrente, impedirebbe, «al fine di garantire una concorrenza effettiva […] (non solo la stipula del contratto ma anche) la partecipazione alle gare di operatori economici non idonei, per i quali sussistono i motivi di esclusione ivi individuati». La disposizione provinciale non sarebbe, dunque, in linea con la suddetta norma di riforma economico-sociale, vòlta ad impedire la partecipazione alle gare di operatori economici non idonei.

20.2.– Nell’atto di costituzione in giudizio, la resistente ha sottolineato che l’art. 4, commi 1 e 2, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, lungi dal rappresentare un ostacolo alla concorrenza, costituirebbe una «semplificazione degli oneri amministrativi di partecipazione che consent[irebbe] di estendere la partecipazione alle gare pubbliche anche a soggetti che, per quanto competenti dal punto di vista delle capacità tecniche, sono meno strutturati dal punto di vista dell’organizzazione amministrativa».

L’impugnato art. 4, comma 1, sarebbe, inoltre, pienamente coerente con quanto affermato dal considerando n. 84 della direttiva 2014/24/UE e con «il principio di riduzione degli oneri amministrativi quale mezzo di semplificazione dell’azione amministrativa», principio che avrebbe trovato crescente considerazione anche da parte del legislatore statale.

Ciò premesso, non sarebbero fondate le censure promosse con riferimento alla pretesa violazione della competenza statale in materia di ordinamento civile, poiché il citato comma 1 non detterebbe «una norma sulla forma della manifestazione di volontà, la quale rimane forma scritta, ma solo sul modo della manifestazione della volontà».

Quanto alle censure mosse all’art. 4, comma 2, esse risulterebbero non fondate, poiché la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di esaminare le offerte prima della verifica dei requisiti di partecipazione sarebbe consentita dagli artt. 56, paragrafo 2, e 57, paragrafo 5, della direttiva 2014/24/UE.

Sia il comma 1 sia il comma 2 dell’art. 4 sarebbero inoltre estranei alla materia «ordine pubblico», anch’essa evocata dal ricorrente.

Concludendo – secondo la resistente – le previsioni di cui all’art. 4 perseguirebbero, durante il periodo emergenziale, l’obiettivo di bilanciare ragionevolmente «l’esigenza di escludere dalla competizione nel corso della procedura selettiva i concorrenti che presentano motivi di esclusione o privi dei criteri di selezione […] e l’esigenza di prevenire ritardi nello svolgimento della procedura di aggiudicazione».

20.3.– Le questioni promosse nei confronti dei due citati commi dell’art. 4 devono essere esaminate separatamente.

20.3.1.– Con riferimento all’art. 4, comma 1, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, la questione di legittimità costituzionale è fondata, per violazione dei limiti statutari, in relazione alla norma di riforma economico-sociale, di cui all’art. 80 cod. contratti pubblici. È assorbito il profilo relativo alla violazione dei «vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali».

L’art. 80 cod. contratti pubblici, evocato dalla difesa erariale quale parametro interposto, individua, ai commi 1, 2, 4, 5 e 9, le cause di esclusione dalla partecipazione alla procedura di aggiudicazione. Inoltre, il comma 12 dello stesso art. 80 indica le conseguenze della presentazione di false «dichiarazioni» e di false «documentazioni». Da questa disposizione si inferisce che la disciplina statale richiede che siano dichiarate e talora documentate precise informazioni, che non è dato, dunque, desumere dal mero fatto della presentazione della domanda di partecipazione, tanto più che un fatto concludente non consente di imputare alcuna responsabilità per un falso che non è stato neppure dichiarato.

Le esigenze di semplificazione amministrativa, cui allude la difesa provinciale, sono invero già recepite, a livello statale, dagli artt. 81 e 85 cod. contratti pubblici, che hanno ridotto gli oneri documentali, posti a carico dei concorrenti nelle procedure di gara, e semplificato le verifiche, introducendo forme di autodichiarazione per una serie di informazioni, tra le quali quelle correlate alle cause di esclusione di cui all’art. 80 cod. contratti pubblici.

In particolare, il principale strumento che consente di realizzare gli obiettivi di semplificazione delle procedure è il Documento di gara unico europeo (DGUE), disciplinato dal citato art. 85, che costituisce una forma di auto-dichiarazione aggiornata in cui l’operatore economico, al momento della presentazione delle domande o delle offerte, attesta, in sostituzione dei certificati rilasciati da autorità pubbliche o da terzi, che il motivo di esclusione non si applica o che un dato criterio di selezione è soddisfatto e fornisce le informazioni rilevanti richieste dall’amministrazione.

Tanto premesso, è di tutta evidenza che ritenere un comportamento concludente, quale la partecipazione alla procedura di aggiudicazione, equivalente a un’autodichiarazione sulla insussistenza dei motivi di esclusione (oltre che sul possesso dei criteri di selezione) introduce una norma di contenuto radicalmente difforme rispetto all’art. 80 cod. contratti pubblici, e alla sottesa esigenza di «tutela della concorrenza».

La norma provinciale, prescindendo dalla dichiarazione, non consente di disincentivare la partecipazione di operatori che non soddisfano i requisiti indicati da tale disposizione. Non potrà, in particolare, trovare applicazione il deterrente dell’art. 80, comma 12, cod. contratti pubblici, che disciplina le conseguenze della falsa dichiarazione, essendo la dichiarazione presupposto di tale previsione. In tal modo, la norma provinciale mina la tutela della concorrenza, che trova una sua forma di protezione anche nell’evitare che soggetti senza requisiti partecipino alla procedura, in violazione della par condicio e della trasparenza.

20.3.2.– Anche la questione promossa in merito all’art. 4, comma 2, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, per contrasto con i limiti statutari, in relazione all’art. 80 cod. contratti pubblici, è fondata, con assorbimento di ogni altro profilo.

La norma provinciale posticipa, a un momento successivo all’aggiudicazione e antecedente alla stipula del contratto, la verifica in merito all’assenza dei motivi di esclusione e al possesso dei requisiti di selezione, che viene, dunque, effettuata solo in capo aggiudicatario e all’eventuale impresa ausiliaria.

Per converso, il codice dei contratti pubblici evoca, in diversi commi dell’art. 80, l’esclusione dalla partecipazione alla gara per coloro che non abbiano i requisiti previsti dal medesimo articolo, onde evitare che operatori privi di essi prendano parte alla procedura, in violazione della par condicio e della trasparenza.

Di conseguenza, la disposizione impugnata, indicando, quale criterio generale e salva la previsione di cui al comma 5 del medesimo art. 4, quello del controllo sui requisiti solo rispetto all’aggiudicatario e all’eventuale impresa ausiliaria, introduce una normativa difforme dall’art. 80 cod. contratti pubblici e un’automatica inversione dell’esame delle offerte prima della verifica dell’idoneità degli offerenti.

Né può ritenersi che la norma provinciale possa trovare una giustificazione in quanto dispone l’art. 1, comma 3, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32 (Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici), convertito, con modificazioni, nella legge 14 giugno 2019, n. 55, che ha esteso «fino al 31 dicembre 2020» (termine poi differito al 30 giugno 2023) anche ai settori ordinari quanto previsto, per i settori speciali, dall’art. 133, comma 8, cod. contratti pubblici.

Spetta invero solo allo Stato bilanciare la tutela della concorrenza con la semplificazione delle procedure. Come ha già osservato questa Corte nella sentenza n. 39 del 2020, «[l]a scelta di consentire o meno l’inversione procedimentale implica un delicato bilanciamento fra le esigenze di semplificazione e snellimento delle procedure di gara e quelle, fondamentali, di tutela della concorrenza, della trasparenza e della legalità delle medesime procedure, bilanciamento che non può che essere affidato al legislatore nazionale nell’esercizio della sua competenza esclusiva in materia, quale garanzia di uniformità della disciplina su tutto il territorio nazionale».

In ogni caso, la citata disposizione statale stabilisce la possibilità di invertire l’esame delle offerte rispetto alla verifica della idoneità degli offerenti solo relativamente alle procedure aperte, alle quali normalmente partecipano numerosi operatori, e unicamente in termini di facoltà concessa alle stazioni appaltanti, previa indicazione della stessa nel bando di gara o nell’avviso con cui si indice la gara. Per converso, la disposizione provinciale impugnata prevede tale inversione per qualunque procedura e in via di automatismo.

20.3.3.– Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, commi 1 e 2, della legge prov. Trento n. 2 del 2020.

21.– Con il ricorso n. 50 del 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato, infine, l’art. 6 della legge prov. Trento n. 2 del 2020.

Tale disposizione prevede quanto segue: «1. Per accelerare la realizzazione delle opere pubbliche, al fine di fronteggiare la crisi economica dovuta alla situazione di emergenza sanitaria in atto, la selezione dei soggetti per l’affidamento di incarichi tecnici di importo inferiore alla soglia di rilevanza europea, mediante affidamento diretto o mediante confronto concorrenziale, è effettuata secondo quanto previsto da quest’articolo. 2. Nei casi di affidamento diretto, l’affidatario è individuato in deroga alla procedura prevista dall’articolo 24 bis del decreto del Presidente della Provincia 11 maggio 2012, n. 9-84/Leg (Regolamento di attuazione della legge provinciale 10 settembre 1993, n. 26 concernente “Norme in materia di lavori pubblici di interesse provinciale e per la trasparenza negli appalti” e di altre norme provinciali in materia di lavori pubblici), con le modalità previste dall’articolo 25 bis del medesimo decreto e nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 19 ter della legge provinciale di recepimento delle direttive europee in materia di contratti pubblici 2016. Ferma restando la possibilità per il responsabile del procedimento di derogarvi, ove lo ritenga necessario, costituiscono riferimento per la congruità del ribasso offerto le seguenti percentuali di ribasso o la loro media pesata se l’affidamento ha ad oggetto opere appartenenti a più di una tipologia di opera: a) per le opere “edilizia -strutture impianti”: ribasso minimo 10 per cento, ribasso massimo 20 per cento; b) per le opere “geologia”: ribasso minimo 15 per cento, ribasso massimo 25 per cento; c) per le opere “mobilità – idraulica – informazione – paesaggio – urbanistica”: ribasso minimo 20 per cento, ribasso massimo 30 per cento; d) per le opere “coordinamento sicurezza”: ribasso minimo 25 per cento, ribasso massimo 35 per cento. 3. In caso di affidamento di incarichi tecnici mediante confronto concorrenziale, è invitato un numero di soggetti idonei compreso tra cinque e dieci, selezionati con le modalità previste dall’articolo 25 bis del decreto del Presidente della Provincia n. 9-84/Leg del 2012 e nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 19 ter della legge provinciale di recepimento delle direttive europee in materia di contratti pubblici 2016. Gli incarichi sono aggiudicati con il criterio del prezzo più basso, oppure, solo se necessario in ragione della natura, oggetto o caratteristiche del contratto e in ogni caso, per la progettazione architettonica, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Quando l’amministrazione aggiudicatrice ricorre ad elementi di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa esclusivamente di natura quantitativa o tabellare non nomina la commissione tecnica. 4. Quest’articolo si applica agli affidamenti effettuati o alle procedure la cui lettera di invito è inviata dopo la data di entrata in vigore di questa legge ed entro ventiquattro mesi dalla medesima data».

21.1.– Secondo l’Avvocatura generale, l’articolo sopra richiamato, nel disciplinare sia l’affidamento di incarichi tecnici di importo inferiore alla soglia di rilevanza europea «mediante affidamento diretto o mediante confronto concorrenziale», sia i criteri di aggiudicazione e la congruità dell’offerta in modo diverso rispetto agli artt. 36 e 95 cod. contratti pubblici, recherebbe disposizioni in contrasto con tali norme di riforma economico-sociale, alla luce dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

21.2.– La difesa provinciale si difende nel merito procedendo a una analitica disamina dei primi tre commi dell’art. 6.

21.2.1.– Quanto al comma 1, sostiene che il legislatore provinciale non avrebbe inteso «consentire l’utilizzo dell’affidamento diretto e del confronto concorrenziale in fattispecie diverse da quelle già previste nell’ordinamento provinciale», bensì «solo dettare una disciplina parzialmente diversa delle modalità di svolgimento di queste procedure». In particolare, non vi sarebbe alcuna deroga all’art. 24 del Regolamento di attuazione della legge della Provincia autonoma di Trento n. 26 del 1993, che «individua le circostanze a fronte delle quali è possibile procedere all’affidamento di incarichi tecnici mediante affidamento diretto». In definitiva, il primo comma dell’art. 6 impugnato si limiterebbe a svolgere «una funzione ricognitiva delle due modalità di affidamento» di tali incarichi, «da applicare nel periodo di eccezionale crisi economica».

21.2.2.– Anche il comma 2 dell’art. 6 avrebbe – secondo la difesa provinciale – per lo più effetto ricognitivo, confermando l’applicazione dell’art. 19-ter della legge prov. Trento n. 2 del 2016 e dell’art. 25-bis del regolamento di attuazione della legge prov. Trento n. 26 del 1993.

Introducendo la previsione in base alla quale l’individuazione dell’affidatario deve avvenire in deroga all’art. 24-bis del citato regolamento, la norma impugnata avrebbe consentito all’amministrazione provinciale di «accelerare le procedure di scelta dei professionisti ai quali affidare gli incarichi tecnici per lo svolgimento dei lavori pubblici, pretermettendo il sistema dell’invito ai tre operatori economici e conseguente sorteggio, ma nel rispetto del principio di rotazione introdotto con legge provinciale n. 2 del 2019».

Inoltre, il comma 2 dell’art. 6 – là dove dispone la disapplicazione del sistema di valutazione delle anomalie basato sul computo della media dei ribassi degli incarichi affidati nei dodici mesi precedenti, previsto dal citato art. 24-bis del regolamento attuativo della legge provinciale sui lavori pubblici, e sostituisce tale sistema con «l’indicazione in legge di percentuali minime e massime di ribasso, non vincolanti, in quanto motivatamente superabili, ove necessario, dal Responsabile del procedimento» – sarebbe finalizzato ad evitare, «in un periodo connotato da un forte rallentamento dell’economia», la presentazione di offerte caratterizzate da ribassi insostenibili. La previsione normativa precostituirebbe una griglia di valutazione che consentirebbe al responsabile del procedimento di decidere velocemente sulla congruità degli affidamenti.

21.2.3.– Da ultimo, con riferimento al comma 3 dell’art. 6 impugnato, che concerne le modalità di affidamento degli incarichi tecnici sotto soglia mediante il confronto concorrenziale, la difesa della Provincia autonoma di Trento afferma che esso consentirebbe di applicare il criterio di aggiudicazione più adeguato a seconda della tipologia di incarico: quello del prezzo più basso per incarichi tecnici che non richiedono «elaborazione estetica del prodotto tecnico oggetto di incarico», quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa per gli incarichi «che richiedono sia l’applicazione di cognizioni tecnico-specialistiche sia un’elaborazione estetica dell’oggetto della prestazione». In questi casi, qualora gli elementi di valutazione dell’offerta siano esclusivamente di natura quantitativa o tabellare, al fine di assicurare la celerità delle procedure di aggiudicazione, la disposizione prevede che non venga nominata la commissione tecnica, trattandosi di situazione «del tutto scevra da margini di valutazione discrezionale».

Se è vero che l’art. 95 cod. contratti pubblici prevede sempre il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa per l’affidamento dei servizi di architettura e di ingegneria pari o superiori a euro 40.000, il legislatore provinciale avrebbe tuttavia individuato «un sottoinsieme di incarichi rispetto ai quali la valutazione qualitativa risulta imprescindibile», mentre i restanti incarichi verrebbero affidati al prezzo più basso «entro una soglia di valore più elevata di quella ordinariamente applicata, al fine di ridurre i margini di valutazione discrezionale e accelerare così i tempi di svolgimento della selezione del contraente».

Anche questa disposizione sarebbe, pertanto, giustificata dalla necessità di semplificare le procedure di affidamento degli incarichi al fine di evitare un rallentamento delle commesse pubbliche nella fase di crisi economica determinata dall’applicazione delle misure emergenziali di contenimento del contagio.

21.3.– Le censure mosse dall’Avvocatura coinvolgono diversi aspetti relativi agli incarichi tecnici.

In particolare, esse si appuntano sulle procedure dell’affidamento diretto o mediante confronto concorrenziale (commi 1, 2, primo periodo, e 3, primo periodo), sull’imposizione di parametri di congruità dell’offerta, nel caso dell’affidamento diretto (comma 2, secondo periodo) e sulla scelta tra il criterio del prezzo più basso e quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, nel caso dell’affidamento mediante confronto concorrenziale (comma 3, secondo periodo).

21.3.1.– Le questioni promosse con riguardo all’art. 6, commi 1, 2, primo periodo, e 3, primo periodo, in relazione alle condizioni per procedere all’affidamento diretto e alle modalità che regolano il confronto concorrenziale, sono inammissibili per inadeguata e carente motivazione nonché per incompleta ricostruzione del quadro normativo.

Con riferimento a tale disciplina, il ricorso n. 50 del 2020 si limita laconicamente ad affermare che «anche per tale disposizione si richiamano le già citate sentenze della Corte costituzionale n. 166 del 2019 e n. 160/2009 sul riparto delle competenze legislative tra lo Stato e le Regioni a statuto speciale e le Province autonome in ordine alla disciplina dei contratti pubblici».

D’altro canto, il senso dell’impugnazione non si può neppure, in alcun modo, inferire dal richiamo alle norme interposte. L’affidamento degli incarichi tecnici è, infatti, regolato dal codice dei contratti pubblici nell’art. 23, comma 2, che rinvia agli artt. 152 e seguenti, nell’art. 24 e nell’art. 157, che rimanda all’art. 36, esclusivamente sotto il profilo della procedura. Sennonché il ricorso evoca, insieme con l’art. 95, il solo art. 36 cod. contratti pubblici, che disciplina il citato profilo della procedura in modo non difforme dalla disposizione provinciale e, dunque, non lascia trapelare le ragioni dell’impugnazione (sentenze n. 174, n. 143 e n. 25 del 2020).

Vanno, dunque, dichiarate inammissibili le questioni promosse con riguardo all’art. 6, commi 1, 2, primo periodo, e 3, primo periodo, della legge prov. Trento n. 2 del 2020.

21.3.2.– Il secondo periodo dell’art. 6, comma 2, della legge prov. Trento n. 2 del 2020 prevede che, «[f]erma restando la possibilità per il responsabile del procedimento di derogarvi, ove lo ritenga necessario, costituiscono riferimento per la congruità del ribasso offerto» specifiche percentuali di ribasso, individuate fra un minimo e un massimo, riferite a particolari tipologie di opere o, «se l’affidamento ha ad oggetto opere appartenenti a più di una tipologia di opera», la media pesata delle rispettive percentuali di ribasso.

Con la citata disposizione, la Provincia, pur consentendo al responsabile del procedimento una facoltà di deroga, ma solo se necessario, di fatto irrigidisce ex lege il giudizio sulla congruità del ribasso. Tale cristallizzazione, sia che si riferisca a un livello ottimo di ribasso che consente l’aggiudicazione, sia che attenga alla congruità di un ribasso altrimenti anomalo, non trova, invero, riscontro nella legislazione statale e in specie nella disposizione fondamentale sui criteri di aggiudicazione dell’appalto, vale a dire l’art. 95 cod. contratti pubblici, evocato quale parametro interposto. Secondo la norma statale spetta, infatti, comunque alla discrezionalità della stazione appaltante tanto determinare e poi applicare i criteri di volta in volta ritenuti più idonei per valutare il carattere più vantaggioso dell’offerta, quanto giudicare la logicità, la ragionevolezza e l’adeguatezza di un ribasso eventualmente anomalo.

La questione promossa dallo Stato, per contrasto con i limiti statutari, in relazione alla citata norma di riforma economico-sociale è, pertanto, fondata.

In senso analogo, si è, del resto, pronunciata di recente questa Corte, con la sentenza n. 16 del 2021, avente a oggetto una norma della Regione siciliana che prevedeva un meccanismo simile a quello qui in considerazione, dal momento che la gara doveva «essere aggiudicata all’offerta che eguaglia[va] la soglia – calcolata secondo le regole introdotte dalle stesse disposizioni impugnate – o che più vi si avvicina[va] per difetto». In quella occasione, la norma impugnata è stata dichiarata costituzionalmente illegittima, perché aveva delineato «un meccanismo di individuazione della soglia, nonché di calcolo ed esclusione delle offerte anomale, diverso da quello previsto nel codice dei contratti pubblici», con conseguente illegittimità costituzionale della norma per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2, della legge prov. Trento n. 2 del 2020.

21.3.3.– Infine, anche il secondo periodo del comma 3 dell’art. 6 della legge prov. Trento n. 2 del 2020, relativo alla scelta tra il criterio del prezzo più basso e quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, nel caso dell’affidamento di incarichi tecnici mediante confronto concorrenziale, è stato impugnato per contrasto con l’art. 95 cod. contratti pubblici, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

La questione, che prospetta un superamento dei limiti statutari, è fondata.

La disposizione provinciale privilegia il criterio del prezzo più basso, mentre consente di adottare quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa «solo se necessario in ragione della natura, dell’oggetto o delle caratteristiche del contratto», oltre che in caso di progettazione architettonica.

Tale previsione confligge chiaramente con l’art. 95 cod. contratti pubblici, che considera, per converso, eccezionale e residuale il criterio del minor prezzo.

Il comma 2 della norma statale prevede, in linea generale, che le stazioni appaltanti «procedono all’aggiudicazione degli appalti e all’affidamento dei concorsi di progettazione e dei concorsi di idee, sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo o sulla base dell’elemento prezzo o del costo, seguendo un criterio di comparazione costo/efficacia quale il costo del ciclo di vita, conformemente all’articolo 96».

Il comma 3 impone, poi, in via esclusiva il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, tra gli altri, proprio per i contratti relativi all’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura e agli altri servizi di natura tecnica e intellettuale di importo pari o superiore a 40.000 euro.

Viceversa, il criterio del minor prezzo è consentito solo nell’ipotesi dell’art. 95, comma 4, che, dopo l’abrogazione delle sue lettere a) e c) da parte del d.lgs. n. 32 del 2019, convertito nella legge n. 55 del 2019, si riferisce unicamente a «i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite da mercato, fatta eccezione per i servizi ad alta intensità di manodopera».

In definitiva, la soluzione provinciale si pone in evidente contrasto con la norma di riforma economico-sociale di cui all’art. 95 cod. contratti pubblici e, più in generale, con il favor che la disciplina statale (sentenze n. 114 del 2011 e n. 221 del 2010) e quella europea (considerando 89 e 90, art. 67 della direttiva 2014/24/UE; sul punto, anche Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza 7 ottobre 2004, in causa C-247/02, Sintesi spa) assicurano al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 6, commi 2, secondo periodo, e 3, secondo periodo, della legge prov. Trento n. 2 del 2020.

22.– Da ultimo, la legge prov. Trento n. 3 del 2020, con l’art. 57, ha aggiunto all’art. 2 della legge prov. Trento n. 2 del 2020 un nuovo art. 7-bis.

Il Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso iscritto al n. 59 del reg. ric. 2020, ha impugnato anche l’art. 57 della citata legge provinciale n. 3 del 2020.

In particolare, le censure dell’Avvocatura generale si sono indirizzate nei confronti del primo comma della disposizione, secondo il quale, «[i]n ragione della situazione venutasi a creare in conseguenza dall’emergenza epidemiologica da COVID-19», per ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge prov. Trento n. 3 del 2020, «la realizzazione di opere pubbliche può essere effettuata mediante affidamento congiunto della progettazione e dell’esecuzione dei lavori, ponendo a base di gara il progetto preliminare o il progetto definitivo e chiedendo in sede di gara l’offerta di migliorie tecniche».

22.1.– Il ricorrente ha ritenuto che l’art. 7-bis, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost., nonché degli artt. 4 e 8 del d.P.R. n. 670 del 1972, andasse ad «impatt[are] sulla competenza esclusiva dello Stato in materia di concorrenza e [di] ordinamento civile per la conclusione ed esecuzione del contratto, materie che non possono che essere demandate alla legislazione statale al fine di assicurare uniformità ed omogeneità di comportamenti sull’intero territorio nazionale e non ad un futuro regolamento della Provincia autonoma».

Secondo l’Avvocatura generale, solo lo Stato poteva sospendere, «a titolo sperimentale, fino al 31 dicembre 2020», tramite l’art. 1, comma 1, lettera b), del d.l. n. 32 del 2019, convertito nella legge n. 55 del 2019, il divieto di ricorrere «all’affidamento congiunto della progettazione e dell’esecuzione dei lavori», di cui all’art. 59, comma 1, quarto periodo, cod. contratti pubblici.

22.2.– Nell’atto di costituzione in giudizio, la Provincia autonoma di Trento ha, per converso, invocato la sospensione del divieto, disposta a livello statale e prorogata al 30 dicembre 2021 dall’art. 8, comma 7, lettera a), del d.l. n. 76 del 2020, come convertito, quale argomento finalizzato a comprovare la non fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale promosse con riguardo all’art. 7-bis della legge prov. Trento n. 2 del 2020. La disposizione provinciale si sarebbe, infatti, limitata a prevedere «un’efficacia maggiore rispetto all’efficacia della Legge dello Stato di [soli] 83 giorni».

Sempre a sostegno della dichiarazione di non fondatezza delle questioni, la difesa provinciale è tornata poi ad evocare le previsioni di cui al d.lgs. n. 162 del 2017 e, dunque, la competenza legislativa riconosciuta alla Provincia autonoma rispetto alle «procedure di aggiudicazione e [ai] contratti pubblici, compresa la fase della loro esecuzione, relativi a lavori, servizi e forniture».

In ogni caso, la Provincia ha obiettato che nessuna delle disposizioni evocate sarebbe riconducibile alla materia dell’ordinamento civile, poiché esse non inciderebbero «sul contenuto del contratto […], bensì riguard[erebbero] la fase anteriore della procedura di selezione del contraente».

Di conseguenza, poiché la previsione di cui all’art. 59 cod. contratti pubblici non recherebbe una norma fondamentale di riforma economico-sociale, come dimostrerebbe la sospensione della sua applicazione sino al 2021, e poiché il legislatore provinciale avrebbe la competenza legislativa in materia di procedure di selezione del contraente, non vi sarebbe stata alcuna violazione dell’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost. Sarebbe stato nella piena facoltà della Provincia disciplinare le modalità con cui può essere esercitato il «potere amministrativo di scelta del contraente da parte degli enti ai quali si applica la disciplina provinciale in materia di appalti pubblici» e, in particolare, «consentire l’affidamento congiunto di progettazione ed esecuzione dei lavori pubblici, allo scopo di accelerare le procedure di scelta del contraente».

22.3.– Le questioni di legittimità costituzionale, da riferire, sulla base della complessiva lettura dell’atto introduttivo, al solo comma 1 dell’art. 7-bis della legge prov. Trento n. 2 del 2020, introdotto con l’art. 57 della legge prov. Trento n. 3 del 2020, sono inammissibili.

22.3.1.– La questione promossa per violazione dei limiti statutari, in relazione all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. è inammissibile, in quanto la motivazione risulta gravemente generica e carente.

Il ricorrente si limita a dedurre la violazione del parametro richiamato, senza un’autonoma e specifica motivazione e senza chiarire il meccanismo attraverso cui si realizzerebbe il preteso vulnus (tra le tante, sentenze n. 171, n. 95, n. 78 e n. 7 del 2021).

Difetta, cioè, qualsivoglia spiegazione del perché la disposizione impugnata dovrebbe involgere l’ordinamento civile, specie ove si consideri che essa regola un profilo che non attiene alla conclusione del contratto o alla sua esecuzione, bensì ad una procedura di affidamento, che presenta profili di specificità relativamente al suo oggetto.

Mancano, dunque, gli elementi, anche minimi, per esaminare nel merito le censure mosse dall’Avvocatura generale (sentenze n. 174 del 2020, n. 290 e n. 198 del 2019, n. 245 del 2018). Per costante orientamento di questa Corte, il ricorrente ha l’onere non solo di individuare le disposizioni impugnate e i parametri costituzionali dei quali lamenta la violazione, ma anche quello di allegare, a sostegno delle questioni proposte, una motivazione non meramente assertiva. Il ricorso deve cioè contenere l’indicazione delle ragioni per le quali vi sarebbe il contrasto con i parametri evocati e una, sia pur sintetica, argomentazione a supporto delle censure (sentenze n. 171, n. 95 e n. 78 del 2021).

22.3.2.– Anche la questione promossa per violazione dei limiti statutari, in relazione all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., deve dichiararsi inammissibile.

A tal riguardo, occorre ripercorrere l’evoluzione normativa statale in materia di appalto integrato. Con il d.l. n. 32 del 2019, convertito nella legge n. 55 del 2019, è stata introdotta una deroga al divieto di appalto integrato, valida sino al 31 dicembre 2020. Il d.l. n. 76 del 2020, come convertito, ha poi modificato il termine, portandolo al 31 dicembre 2021 (art. 8, comma 7, lettera a). Successivamente, l’art. 52, comma 1, lettera a), numero 1.1), del d.l. n. 77 del 2021, come convertito, ha esteso il termine al 30 giugno 2023.

Le modifiche apportate alla disciplina statale hanno, pertanto, prorogato la deroga al divieto di affidamento congiunto di progettazione e di esecuzione, senza soluzione di continuità, sino al 30 giugno 2023. La prima proroga è stata introdotta il 16 luglio 2020, anteriormente alla scadenza del termine inizialmente fissato al 31 dicembre 2020; la seconda è stata prevista il 31 maggio 2021 e, dunque, ancora una volta, prima della successiva scadenza fissata al 31 dicembre 2021.

Nel contempo, anche la normativa provinciale è cambiata: l’art. 33, comma 6, della legge prov. Trento n. 6 del 2020, ha abrogato il termine biennale di efficacia della norma, mentre lo stesso art. 33, comma 2, ha stabilito che la disposizione trovi applicazione per le procedure per le quali la determina a contrarre sia adottata entro il termine previsto dall’art. 1, comma 1, del d.l. n. 76 del 2020 o quello successivo eventualmente previsto dalla normativa statale.

La disciplina provinciale si è, dunque, in tal modo allineata a quella statale anche sotto il profilo della durata temporale della deroga al divieto.

Tanto premesso, la questione di legittimità costituzionale è inammissibile per difetto sopravvenuto di interesse a ricorrere. Il descritto mutamento sia della normativa statale interposta sia di quella provinciale ha, infatti, prodotto un adeguamento di quest’ultima alle indicazioni del legislatore statale.

In sostanza, il censurato art. 7-bis, per effetto delle proroghe del termine di efficacia della deroga al divieto previste dalla normativa statale e delle modifiche nel frattempo intercorse sul piano provinciale, non ha mai trovato applicazione in un periodo nel quale non trovasse giustificazione nel diritto statale derogatorio e nelle sue proroghe dettate dallo ius superveniens (si veda supra il punto n. 9.4.). Pertanto, «non è più ravvisabile alcun interesse del Governo a coltivare il ricorso sul punto, con conseguente inammissibilità di esso in parte qua» (sentenze n. 17 del 2014 e n. 32 del 2012; nello stesso senso, sentenza n. 32 del 2012).

23.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, infine, con ricorso iscritto al n. 54 del registro ricorsi del 2020, ulteriori questioni di legittimità costituzionale di varie disposizioni della legge della Provincia autonoma di Bolzano 16 aprile 2020, n. 3 (Variazioni al bilancio di previsione della Provincia autonoma di Bolzano per gli esercizi 2020, 2021 e 2022 e altre disposizioni).

Le questioni sono state promosse in relazione a molteplici parametri che paleserebbero una violazione dei limiti statutari previsti dagli artt. 4, comma 1, e 8, comma 1, numero 17), dello statuto reg. Trentino-Alto Adige.

In particolare, è stato impugnato l’art. 13, comma 1, recante «Disposizioni sui criteri premianti di aggiudicazione nell’ambito del subappalto a microimprese, piccole e medie imprese e imprese localizzate sul territorio provinciale», per contrasto con l’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., in relazione agli artt. 3, 49, 101, 102 e 106 TFUE, all’art. 67 della direttiva 2014/24/UE e all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici.

Si è, inoltre, dubitato della legittimità costituzionale dell’art. 14, relativo alle soglie per l’affidamento diretto dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria e dei servizi ad essi connessi, in quanto ritenuto confliggente con l’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., in relazione agli artt. 3, 101, 102 e 106 TFUE e all’art. 157, comma 2, cod. contratti pubblici.

Di seguito, è stato impugnato l’art. 16, che disciplina la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando per appalti di lavori di importo pari o superiore a 2.000.000 euro e inferiore alla soglia europea, per violazione dell’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., in relazione agli artt. 3, 101, 102 e 106 TFUE e all’art. 36, comma 2, cod. contratti pubblici.

Sempre con il ricorso n. 54 del 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso la questione di legittimità costituzionale dell’art. 17, il quale prevede misure di accelerazione delle procedure, che incidono sulla disciplina della cauzione provvisoria e sul momento di verifica dei requisiti di partecipazione, per violazione dell’art. 117, commi primo e secondo, lettere e) ed l), Cost., in relazione agli artt. 32, commi 7, 8 e 9, e 93 cod. contratti pubblici.

Alla luce dell’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost., è stato poi ravvisato un contrasto dell’art. 18, che disciplina i pagamenti e l’esecuzione del contratto, con l’art. 101, comma 3, cod. contratti pubblici, e dell’art. 19, che regola l’anticipazione del prezzo, con l’art. 35, comma 18, cod. contratti pubblici.

Ancora, il Presidente del Consiglio dei ministri ha dubitato della legittimità costituzionale dell’art. 22, che interviene sul regime di proroga dei contratti di appalto e di concessione, per contrasto con l’art. 117, commi primo e secondo, lettere e), in relazione agli artt. 3, 101, 102 e 106 TFUE, all’art. 72, paragrafi 1 e 5, della direttiva 2014/24/UE e all’art. 43, paragrafi 1 e 5, della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione e all’art. 106 cod. contratti pubblici.

Infine, è stato oggetto di impugnazione, per contrasto con l’art. 117, commi primo e secondo, lettere e) ed l), Cost., l’art. 23, che limita l’ambito temporale di applicazione di alcune norme della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020, previste «per far fronte all’emergenza sanitaria ed economica causata dal virus SARS-CoV-2».

24.– Nell’atto di costituzione in giudizio, la Provincia autonoma di Bolzano ha sollevato due eccezioni di inammissibilità.

In primo luogo, il ricorso «fa[rebbe] assurgere tutte le disposizioni del Codice dei contratti pubblici […] indistintamente a norme fondamentali di grande riforma economico-sociale».

In secondo luogo, si sarebbe trascurato che le disposizioni provinciali impugnate sono state emanate «quali misure urgenti connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19». A tal riguardo, è stata anche evocata la Comunicazione della Commissione europea, recante «Orientamenti della Commissione europea sull’utilizzo del quadro in materia di appalti pubblici nella situazione di emergenza connessa alla crisi […] Covid-19 (2020/C 108 I/0l)», con la quale si sarebbe sottolineata «la necessità di prevedere soluzioni rapide e intelligenti nonché agilità nella gestione degli appalti pubblici», di cui si sarebbe fatta interprete la legge provinciale.

Nella memoria depositata in prossimità dell’udienza, la Provincia autonoma di Trento ha ribadito le due eccezioni di inammissibilità, deducendo ulteriormente che non sarebbero state travalicate le competenze attribuite dallo statuto di autonomia, per come specificate dalle norme del d.lgs. n. 162 del 2017, «di natura para-costituzionale e, quindi, di rango superiore rispetto alla legge delega in materia di contratti pubblici (legge 28 gennaio 2016, n. 11) e al Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50), che fanno comunque espressamente salve le competenze delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome, e che sono, comunque, atti legislativi anteriori alle predette norme di attuazione».

24.1.– Le richiamate eccezioni di inammissibilità non sono fondate.

24.1.1.– Relativamente alla prima eccezione valgono le medesime considerazioni già spese per gli analoghi rilievi mossi dalla Provincia autonoma di Trento negli atti difensivi relativi alle questioni in precedenza esaminate (su cui supra, punto 4.2.).

In particolare, per orientamento costante di questa Corte, le disposizioni del codice dei contratti pubblici, che attengono alla disciplina della concorrenza e dell’ordinamento civile – materie di chiaro tenore trasversale (per la concorrenza, ex multis, sentenze n. 134 e n. 104 del 2021 e n. 56 del 2020; per l’ordinamento civile, ex multis, sentenza n. 287 del 2016) –, sono ascritte all’area delle norme fondamentali di riforma economico-sociale (ex multis, sentenze n. 166 del 2019, n. 263 del 2016, n. 269 del 2014, n. 187 e n. 36 del 2013, n. 74 del 2012, n. 328, n. 184 e n. 114 del 2011, n. 221 e n. 45 del 2010), che limitano anche la competenza primaria delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome.

Né tale assetto può ritenersi in alcun modo inciso dall’adozione, con il d.lgs. n. 162 del 2017, delle norme di attuazione dello statuto reg. Trentino-Alto Adige in materia di contratti pubblici, secondo il cui art. 1, comma 1, «[l]e province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con legge provinciale, nel rispetto della normativa dell’Unione europea e delle norme legislative fondamentali di riforma economico-sociale, ivi comprese quelle che stabiliscono i livelli minimi di regolazione richiesti dal diritto dell’Unione europea in materia di appalti e concessioni, le procedure di aggiudicazione e i contratti pubblici, compresa la fase della loro esecuzione, relativi a lavori, servizi e forniture ai sensi dell’articolo 8, comma 1, numeri 1) e 17) del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, attenendosi al predetto principio di cui all’articolo 32, comma 1, lettera c), della legge 24 dicembre 2012, n. 234».

La disposizione citata preserva infatti il riferimento al limite delle norme fondamentali di riforma economico-sociale.

Simile richiamo deve essere, dunque, interpretato in linea di continuità con la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale «[l]e disposizioni del codice dei contratti pubblici [...] regolanti le procedure di gara sono riconducibili alla materia della tutela della concorrenza, e [...] le Regioni, anche ad autonomia speciale, non possono dettare una disciplina da esse difforme (tra le tante, sentenze n. 263 del 2016, n. 36 del 2013, n. 328 del 2011, n. 411 e n. 322 del 2008)» (sentenza n. 39 del 2020, nonché le sentenze già sopra richiamate in questo stesso punto).

Parimenti, il riferimento contenuto nelle norme attuative dello statuto reg. Trentino Alto-Adige (d.lgs. n. 162 del 2017) ai «contratti pubblici, compresa la fase della loro esecuzione, relativi a lavori, servizi e forniture» deve essere coordinato con «l’esigenza, sottesa al principio costituzionale di eguaglianza, di garantire l’uniformità di trattamento, nell’intero territorio nazionale, della disciplina dei momenti di conclusione ed esecuzione dei contratti» (sentenza n. 43 del 2011).

24.2.– La seconda eccezione, oltre ad attenere al merito piuttosto che al rito, è comunque non fondata.

Come già detto, la crisi pandemica da COVID-19 non consente in alcun modo di ravvisare una sorta di generale giustificazione rispetto a possibili deroghe a norme di riforma economico-sociale adottate dallo Stato, né in tal senso potrebbe deporre la citata Comunicazione della Commissione europea (2020/C 108 I/0l), che non rileva quale parametro interposto.

Al contrario, l’esigenza di governare gli effetti economici della crisi e di operare delicatissimi bilanciamenti fra l’istanza di prevenire il rischio pandemico e la connessa necessità di operare semplificazioni delle procedure, da un lato, e le esigenze di garantire la concorrenza nonché la corretta conclusione ed esecuzione dei contratti, da un altro lato, potenziano le ragioni di uniformità della disciplina sottese alle norme di riforma economico-sociale, che in ogni caso solo lo Stato è legittimato a derogare.

Non giova certo alle istanze di uniformità, di trasparenza e di certezza del diritto, necessarie in special modo a tutela della concorrenza e delle ragioni dell’eguaglianza sottese all’ordinamento civile, tanto più in un contesto precario quale quello della presente crisi, l’accavallarsi di deroghe, disegnate a livello provinciale, specie se difformi rispetto alle parallele deroghe disposte a livello statale.

25.– Nella memoria depositata in prossimità dell’udienza, la Provincia autonoma di Bolzano ha anche richiesto che fosse dichiarata la cessazione della materia del contendere, in ragione dell’entrata in vigore della legge della Provincia autonoma di Bolzano 11 gennaio 2021, n. 1 (Disposizioni collegate alla legge di stabilità provinciale per l’anno 2021), che avrebbe superato i profili di criticità ravvisati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri rispetto alla precedente legge prov. Bolzano n. 3 del 2020.

Sarebbero state, infatti, introdotte misure concordate in sede di tavolo tecnico presso il competente Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibile.

La cessazione della materia del contendere non si può, tuttavia, dichiarare, in quanto non si riscontrano i presupposti cui questa Corte costantemente subordina l’accertamento della cessata materia del contendere, ovvero «che il legislatore abbia abrogato o modificato le disposizioni censurate in senso satisfattivo delle pretese avanzate con il ricorso» e che «tali disposizioni, poi abrogate o modificate, non abbiano ricevuto applicazione medio tempore (ex plurimis, tra le più recenti, sentenza n. 180 del 2019)» (sentenza n. 16 del 2020; nello stesso senso, sentenze n. 195 e n. 42 del 2021).

Al contrario, se pure deve darsi atto che la legge prov. Bolzano n. 1 del 2021 ha abrogato alcune delle norme impugnate (nello specifico gli artt. 13, 17 e 22), d’altro canto, difetta ogni dimostrazione circa la loro mancata applicazione. Parimenti, non è stato comprovato né il carattere satisfattivo delle modifiche apportate dalla citata legge n. 1 del 2021 alle altre disposizioni impugnate – gli artt. 14, 16 e 23 – né, ancora una volta, la loro non applicazione.

26.– Passando ora al merito, il ricorso n. 54 del 2020 impugna, innanzitutto, l’art. 13, comma 1, della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020, rubricato «Disposizioni sui criteri premianti di aggiudicazione nell’ambito del subappalto a microimprese, piccole e medie imprese e imprese localizzate sul territorio provinciale».

Tale previsione stabilisce che «[f]ermo restando quanto previsto dall’articolo 33 della legge provinciale 17 dicembre 2015, n. 16, e successive modifiche, i lavori, i servizi e le forniture possono essere aggiudicati con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per quanto compatibile, anche sulla base dei seguenti criteri qualitativi, sia discrezionali che tabellari:

a) impegno da parte del concorrente di affidare in subappalto l’esecuzione della totalità o di parte della prestazione a microimprese, piccole e medie imprese;

b) impegno da parte del concorrente di affidare in subappalto l’esecuzione della totalità o di parte della prestazione a imprese localizzate sul territorio provinciale;

c) impegno da parte del concorrente di acquisire le forniture necessarie per l’esecuzione della prestazione da microimprese, piccole e medie imprese;

d) impegno da parte del concorrente di acquisire le forniture necessarie per l’esecuzione della prestazione da imprese localizzate sul territorio provinciale;

e) impegno da parte del concorrente di praticare per le prestazioni affidate in subappalto la percentuale minore di sconto massimo rispetto a quanto previsto dall’elenco prezzi posto a base di gara, al fine di assicurare la qualità nell’esecuzione del contratto».

26.1.– Secondo l’Avvocatura generale, la disposizione impugnata violerebbe i limiti statutari, in relazione all’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., agli artt. 3, 49, 101, 102 e 106 TFUE, all’art. 67 della direttiva 24/2014/UE e all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici.

Da tale quadro normativo, e in specie dall’art. 67 della direttiva 2014/24/UE e dall’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici, si evincerebbe che «i criteri di valutazione dell’offerta devono essere oggettivi, come gli aspetti qualitativi, ambientali o sociali, connessi all’oggetto dell’appalto», caratteristiche, queste, che non si riscontrerebbero negli “impegni” elencati dall’art. 13, comma 1.

Inoltre, i criteri sanciti dalle lettere b) e d) – concernenti rispettivamente «l’impegno da parte del concorrente di affidare in subappalto l’esecuzione della totalità o di parte della prestazione a imprese localizzate sul territorio provinciale» e «l’impegno da parte del concorrente di acquisire le forniture necessarie per l’esecuzione della prestazione da imprese localizzate sul territorio provinciale» – assumerebbero un «illegittimo carattere discriminatorio», vòlto a favorire le imprese locali (viene in proposito citata la sentenza n. 440 del 2006).

Per le ragioni esposte, l’art. 13, comma 1, della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020 violerebbe i limiti posti alle competenze statutarie, dal diritto dell’Unione europea, nonché dalle norme di riforma economico-sociale dettate dal codice dei contratti pubblici. Inoltre, la disposizione lederebbe il divieto di restrizione della libertà di stabilimento nonché il principio della concorrenza regolato dagli artt. 3, 49, 101, 102 e 106 TFUE.

26.2.– Nell’atto di costituzione in giudizio, la Provincia di Bolzano ha sostenuto la non fondatezza della censura, poiché l’art. 13, comma 1, non mirerebbe a «sovvertire la regola prevista dall’art. 95 del codice dei contratti pubblici, quanto piuttosto a porre degli ulteriori aspetti che si possano efficacemente compendiare con i criteri sanciti a livello nazionale». La scelta del legislatore provinciale si porrebbe in linea con la normativa dell’Unione europea e, in particolare, con l’obiettivo di favorire la partecipazione alle procedure di aggiudicazione delle piccole e medie imprese, che «maggiormente potrebbero risentire degli effetti economici negativi» conseguenti alla difficile congiuntura economica in atto.

In ogni caso, secondo la resistente, il parametro interposto evocato dall’Avvocatura generale sarebbe inconferente, poiché rispetto alla disposizione impugnata non sarebbe pertinente il richiamo al comma 6 dell’art. 95 cod. contratti pubblici, essendo viceversa implicato il comma 13 del medesimo articolo. Sarebbe, infatti, quest’ultimo a disciplinare «gli elementi premianti ai fini della valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa», fra i quali si ascrivono quelli tesi a favorire le piccole e medie imprese.

La censurata assenza di requisiti oggettivi sarebbe poi destinata ad essere sanata «attraverso le linee guide previste dalla legge».

In aggiunta, la difesa provinciale ha precisato che i criteri di valutazione dell’offerta previsti dall’impugnato art. 13 avrebbero «un connotato chiaramente suppletivo, e non anche esclusivo». Si tratterebbe di «elementi dal chiaro carattere “premiale”» incapaci di produrre effetti discriminatori e non in grado da soli di determinare conseguenze negative nei confronti di subappaltatori, subfornitori o concorrenti che non siano localizzati sul territorio provinciale. Non vi sarebbe, pertanto, alcuna compressione del principio di concorrenza, dovendosi registrare, al più, «una diversa modalità di espressione dei canoni europei di massima competitività tra imprese», che postulerebbe l’assegnazione in un periodo limitato di tempo «di un certo peso ponderale al concorrente in grado di conformare la propria offerta sulla base di un quadro “geografico” ben definito».

Ancora, il tenore testuale della disposizione dimostrerebbe che la valorizzazione degli aspetti locali costituirebbe «oggetto di una mera facoltà» e che sarebbe condizionata «al positivo superamento di un preliminare vaglio di compatibilità». In definitiva, la norma non intenderebbe favorire indiscriminatamente il tessuto economico locale: ciò si verificherebbe soltanto al realizzarsi di particolari condizioni – secondo giudizi di natura oggettiva – che possano rendere giustificabile e coerente l’attribuzione di un punteggio aggiuntivo. Tra l’altro, a dire della difesa provinciale, la «valorizzazione incentivante della filiera corta e delle prestazioni a chilometro “zero”» avrebbe ricadute positive anche sulla tutela del bene ambientale. A tal riguardo, si rileva che, anche a voler ritenere violato il «principio di massima concorrenza», quest’ultimo dovrebbe ritenersi comunque soggetto al bilanciamento che, nel caso specifico, vedrebbe favorito il bene della tutela ambientale, attraverso la valorizzazione della filiera corta e delle prestazioni a chilometro zero.

Da ultimo, la difesa provinciale ha sostenuto che non vi sarebbe violazione dell’art. 71 della direttiva 2014/24/UE, poiché il concorrente potrebbe sempre scegliere liberamente l’operatore economico cui affidare in subappalto le attività oggetto della procedura di gara, con la conseguenza che l’eventuale mancata scelta di una impresa non locale non deriverebbe da una sua automatica esclusione dalla procedura.

26.3.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 1, della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020, per violazione dei limiti statutari, in relazione all’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici, è fondata, con conseguente assorbimento delle altre questioni poste.

26.3.1.– Va premesso che la disposizione provinciale presenta un contenuto ambiguo poiché, da un lato, nella rubrica fa riferimento a criteri «premianti», da un altro lato, nel testo evoca la possibile aggiudicazione attraverso gli enunciati «criteri qualitativi».

L’interpretazione dell’art. 13, comma 1, specie in ragione della funzione dei criteri che si evince dal suo contenuto testuale, fa propendere per una loro connotazione quali elementi di aggiudicazione dell’offerta.

In ogni caso, è doveroso rilevare che, pur ipotizzando la meno convincente qualificazione degli elementi enunciati dalla disposizione impugnata quali criteri premiali, anch’essi compongono in senso lato la valutazione dell’offerta tecnica e, pertanto, l’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici non potrebbe comunque reputarsi un parametro inconferente.

26.3.2.– Tanto premesso, le argomentazioni sviluppate dall’Avvocatura generale colgono certamente nel segno là dove, per quanto riguarda i criteri sub lettere b) e d), dell’impugnato art. 13, comma 1, contestano il loro carattere discriminatorio e, pertanto, inidoneo a consentire la valutazione della qualità dell’offerta, come richiesto dall’art. 95, comma 6, cod. contratti pubblici. Peraltro, anche a volerli considerare criteri premiali, non può tacersi che la disciplina statale, riferendosi all’agevolazione alla partecipazione di micro, piccole e medie imprese, impone espressamente il rispetto dei principi di non discriminazione, di parità di trattamento e di proporzionalità.

La disciplina provinciale, d’altro canto, non può trovare una giustificazione neppure in un presunto bilanciamento di interessi fra tutela della concorrenza e difesa dell’ambiente. Anche a voler prescindere dalla effettiva plausibilità dell’assunto, che associa il privilegio per le imprese locali con la protezione dell’ambiente, in ogni caso il citato bilanciamento sarebbe di competenza esclusiva dello Stato.

Quanto ai criteri sub lettere a), c) ed e), del medesimo art. 13, comma 1, il loro generico riferirsi ad un «impegno» non sembra adeguato a orientare la discrezionalità dell’amministrazione aggiudicatrice, tenuta ad avvalersi di criteri connotati da un minimo di oggettività e di attinenza alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche dell’appalto.

Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 13, comma 1, della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020.

27.– Con il secondo motivo di impugnazione, il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 14 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020.

Quest’ultimo consente, in particolare, di procedere all’affidamento diretto dei «servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria e [dei] servizi ad essi connessi di importo pari o superiore a 40.000 euro e di importo inferiore a 150.000 euro […], previa consultazione di tre professionisti, ove esistenti».

27.1.– L’art. 14 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020 – secondo l’Avvocatura generale – contrasterebbe con le previsioni statutarie, violando, alla luce dell’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), la norma di riforma economico-sociale di cui all’art. 157, comma 2, cod. contratti pubblici, l’ordine pubblico e, infine, gli artt. 3, 101, 102 e 106 TFUE.

In particolare, la norma provinciale consentirebbe «l’affidamento diretto senza confronto concorrenziale al di fuori delle ipotesi previste dalla disciplina statale», secondo quanto dispone il citato art. 157, comma 2, cod. contratti pubblici (viene richiamata, in proposito, la sentenza n. 322 del 2008).

27.2.– Nell’atto di costituzione in giudizio, la Provincia autonoma di Bolzano ha motivato, per converso, la non fondatezza delle questioni.

Richiamando le già citate previsioni dello statuto reg. del Trentino-Alto Adige, del d.lgs. n. 162 del 2017 e dell’art. 2, comma 3, cod. contratti pubblici, la resistente ha sostenuto la derogabilità delle norme del codice dei contratti pubblici, che non stabiliscano «principi fondamentali sanciti a livello unionale e nazionale» (viene citata la sentenza n. 482 del 1995). In particolare, un principio fondamentale non sarebbe ravvisabile nell’art. 157 cod. contratti pubblici, evocato quale parametro interposto, che, per converso, costituirebbe «un gold plating del legislatore italiano, essendo la soglia unionale per l’affidamento dei servizi richiamata dall’art. 35 del Codice e fissata nell’importo massimo di 210.000 euro» rispettata dalla norma provinciale.

Alla luce di quanto premesso, la resistente ha affermato che l’art. 14 si porrebbe «sulla stessa lunghezza d’onda di quanto avviene, in via generale, nell’ambito degli affidamenti di lavori, di servizi e di forniture», senza violare la concorrenza, e facendo salvi i principi di rotazione, parità di trattamento, proporzionalità ed economicità. In tale prospettiva anche la consultazione dei tre professionisti contribuirebbe ad «assicurare i più alti livelli di competitività tra offerte».

Infine, la difesa provinciale ha dedotto che lo scaglione di valore in argomento rappresenterebbe una soglia economica «“intermedia”, in cui l’aumento del tetto massimo fino alla metà del valore, in specie se temperato dalla cogenza del principio di rotazione» non minerebbe il confronto tra operatori né determinerebbe «l’astratta configurabilità di posizione di vantaggio sul mercato del singolo professionista».

27.3.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, promossa in riferimento ai limiti imposti allo statuto, in relazione alla norma di riforma economico-sociale, di cui all’art. 157, comma 2, cod. contratti pubblici, è fondata, con conseguente assorbimento di ogni ulteriore profilo.

27.3.1.– Occorre premettere che, secondo questa Corte, anche la disciplina sull’affidamento dei servizi tecnici relativi all’architettura e all’ingegneria, compreso l’art. 157 cod. contratti pubblici, è riferibile all’ambito della legislazione sulle «procedure di affidamento». La citata normativa è suscettibile, pertanto, di evocare istanze di disciplina uniforme della concorrenza che si impongono quali limiti alla legislazione degli enti autonomi, comprese le Regioni a statuto speciale e le Province autonome che vantino in materia una competenza legislativa primaria (sentenze n. 186 del 2010 e n. 322 del 2008).

27.3.2.– Tanto precisato, l’art. 14 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020 palesa un contenuto decisamente difforme rispetto all’art. 157, comma 2, cod. contratti pubblici, che dispone quanto segue: «[g]li incarichi di progettazione, di coordinamento della sicurezza in fase di progettazione, di direzione dei lavori, di direzione dell’esecuzione, di coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione e di collaudo di importo pari o superiore a 40.000 e inferiore a 100.000 euro possono essere affidati dalle stazioni appaltanti a cura del responsabile del procedimento, nel rispetto dei principi di non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità e trasparenza, e secondo la procedura prevista dall’articolo 36, comma 2, lettera b); l’invito è rivolto ad almeno cinque soggetti, se sussistono in tale numero aspiranti idonei nel rispetto del criterio di rotazione degli inviti. Gli incarichi di importo pari o superiore a 100.000 euro sono affidati secondo le modalità di cui alla Parte II, Titoli III e IV del presente codice».

27.3.3.– Nel confronto con la citata norma, la disposizione impugnata, in primo luogo, omette di prevedere – diversamente da quanto assume la difesa provinciale – il rispetto di principi, quali quelli di rotazione, di non discriminazione, di parità di trattamento, di proporzionalità e di trasparenza; né tali principi sono richiamati dall’art. 17 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 17 dicembre 2015, n. 16 (Disposizioni sugli appalti pubblici), cui la stessa norma impugnata fa rinvio.

In secondo luogo, l’art. 14 introduce una soglia diversa (da 40.000 euro a 150.000 euro invece che da 40.000 euro a 100.000 euro) per consentire gli affidamenti diretti. Di conseguenza, per i contratti il cui valore si collochi tra 100.000 e 150.000 euro, si consente l’affidamento diretto in luogo della scelta tra le «modalità di cui alla Parte II, titoli III e IV del […] Codice» dei contratti pubblici.

Peraltro, la previsione della consultazione di un numero di operatori inferiore rispetto a quello indicato a livello statale (tre anziché cinque) rende la stessa disciplina dei contratti di valore tra 40.000 e 100.000 euro difforme da quella statale.

27.3.4.– Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 14 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020.

28.– Di seguito, il ricorso n. 54 del 2020 ha impugnato anche l’art 16 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020, secondo il quale «[f]ermo restando quanto previsto dall’articolo 26 della legge provinciale 17 dicembre 2015, n. 16, e successive modifiche, per gli appalti di lavori di interesse provinciale di importo pari o superiore a 2.000.000 euro e inferiore alla soglia UE, l’invito mediante procedura negoziata è rivolto ad almeno dodici operatori economici, ove esistenti».

28.1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha ritenuto tale norma contrastante con i limiti statutari, in relazione all’art. 36, comma 2, lettera d), cod. contratti pubblici. Secondo tale disposizione statale, «[f]ermo restando quanto previsto dagli articoli 37 e 38 e salva la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie, le stazioni appaltanti procedono all’affidamento di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di cui all’articolo 35, secondo le seguenti modalità: […] d) per affidamenti di lavori di importo pari o superiore a 1.000.000 di euro e fino alle soglie di cui all’articolo 35 [euro 5.225.000,00], mediante ricorso alle procedure di cui all’articolo 60, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 97, comma 8».

Per converso, la disposizione provinciale estenderebbe «la procedura negoziata con invito rivolto ad almeno dodici operatori economici […] all’affidamento di lavori di importo da 2.000.000 di euro fino a 5.225.000 di euro», laddove – come visto – l’art. 36, comma 2, lettera d), cod. contratti pubblici, in virtù del rinvio all’art. 60 dello stesso codice, richiederebbe in questi casi la procedura aperta. La differente disciplina inciderebbe negativamente sul livello complessivo del regime di tutela della concorrenza e si porrebbe, pertanto, anche in contrasto con i parametri statutari, in relazione all’art. 117, primo comma, Cost. e agli articoli 3, 101, 102 e 106 del TFUE (viene citata, in proposito, la sentenza n. 160 del 2009).

28.2.– Nel suo atto di costituzione in giudizio, la Provincia autonoma di Bolzano sostiene la non fondatezza delle questioni.

L’estensione della procedura negoziata per gli appalti di lavori di importo pari o superiore ai 2.000.000 di euro e inferiore alla soglia europea [5.350.000 euro per come previsto dal Regolamento delegato (UE) 2019/1828 della Commissione, del 30 ottobre 2019, a cui rimanda l’art. 35, comma 3, cod. contratti pubblici, in vigore al momento della vigenza della norma impugnata] non violerebbe il principio della concorrenza per una duplice ragione.

La Comunicazione della Commissione europea 2020/C 91 I/01 del 20 marzo 2020 (Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19) avrebbe richiesto l’adozione di procedure alternative e rapide idonee a evitare la stagnazione economica e, d’altro canto, la concorrenza sarebbe, comunque, garantita dall’obbligo di invitare almeno dodici operatori economici, ove esistenti.

28.3.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 16 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020 è fondata in riferimento ai limiti imposti dallo statuto, in relazione all’art. 36, comma 2, lettera d), cod. contratti pubblici, con conseguente assorbimento delle ulteriori censure fatte valere dall’Avvocatura.

È di tutta evidenza la difformità fra l’assetto delineato dalla norma provinciale e la disciplina di riforma economico-sociale, recata dal codice dei contratti pubblici con l’art. 36, comma 2, lettera d).

Secondo la legislazione statale, per i contratti fra il milione di euro e la soglia di cui all’art. 35 cod. contratti pubblici, si impone l’utilizzo della procedura aperta. Per converso, in base alla disposizione impugnata, per i contratti di valore compreso tra i due milioni di euro e le soglie comunitarie, è indicata la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando, con invito rivolto ad almeno dodici operatori economici, ove esistenti.

Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 16 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020.

29.– Con il medesimo ricorso n. 54 del 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato anche l’art. 17 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020, per contrasto con i limiti statutari desumibili dall’art. 117, commi primo e secondo, lettere e) ed l), Cost., in relazione all’art. 32, commi 7, 8 e 9, e all’art. 93 cod. contratti pubblici, nonché agli artt. 3, 101, 102 e 106 TFUE.

29.1.– L’art. 17, comma 1, dispone la sospensione dell’obbligo «per tutte le procedure di gara, di qualsiasi tipo e per qualunque importo, di corredare l’offerta con una garanzia in forma di fideiussione o cauzione, denominata garanzia provvisoria».

Il comma 2 del medesimo articolo consente, poi, alle stazioni appaltanti di procedere alla stipula del contratto anche in pendenza della verifica dei requisiti di partecipazione, salvo il rispetto delle prescrizioni della normativa antimafia; la norma prevede, al contempo, l’introduzione nel contratto di una clausola risolutiva espressa, da far valere qualora l’accertamento successivo alla conclusione del contratto dei requisiti di partecipazione dovesse dare un esito negativo.

29.1.1.– Secondo l’Avvocatura generale, l’art. 17, comma 1, contrasterebbe, in particolare, con l’art. 93, comma 1, cod. contratti pubblici, che richiede, viceversa, di corredare l’offerta con una garanzia fideiussoria, denominata garanzia provvisoria, pari al 2 per cento del prezzo base indicato nel bando o nell’invito, sotto forma di cauzione o di fideiussione, a scelta dell’offerente.

La disposizione provinciale, introducendo una deroga al citato obbligo, determinerebbe «il rischio di un pregiudizio per la stazione appaltante a tutela della quale viene prevista la suddetta garanzia dalla disciplina statale».

29.1.2.– Le censure del ricorrente si sono, poi, appuntate anche sul comma 2, rilevando un suo contrasto con l’art. 32, commi 7, 8 e 9, cod. contratti pubblici. In virtù di tali previsioni l’aggiudicazione diventerebbe efficace solo dopo la verifica del possesso dei prescritti requisiti e questo impedirebbe di procedere alla conclusione del contratto prima di tale accertamento.

Di conseguenza, l’art. 17, comma 2, per un verso, violerebbe una norma ascrivibile alle istanze di uniformità imposte dall’ordinamento civile e, per un altro verso, contrasterebbe con il principio a norma del quale, al fine di garantire una concorrenza effettiva, non dovrebbe consentirsi la partecipazione alle gare di operatori economici non idonei, per i quali sussistono i motivi di esclusione previsti dalla legge.

29.2.– Con l’atto di costituzione in giudizio, la resistente ha argomentato la non fondatezza delle questioni promosse con riferimento ad ambo i commi dell’art. 17.

29.2.1.– Relativamente al comma 1, ha osservato che «l’espunzione della garanzia provvisoria [sarebbe] funzionale a favorire, in un momento congiunturale particolarmente critico, la partecipazione degli operatori economici alle procedure di affidamento» e si configurerebbe come «misura proattiva per la tutela del valore della concorrenza». D’altra parte, le stazioni appaltanti potrebbero avvalersi dei «consueti rimedi di diritto comune» per tutelarsi nei confronti di eventuali operatori inadempienti.

29.2.2.– Per quanto concerne il comma 2, la difesa provinciale ha rilevato che la dedotta violazione dell’art. 32, commi 7, 8 e 9, cod. contratti pubblici sarebbe unicamente «apparente, posto che il meccanismo dei controlli v[errebbe] soltanto posticipato e non, invece, accantonato». Si tratterebbe, quindi, di rendere più rapide le procedure, «senza minare le fondamenta del sistema che impone di affidare la commessa ad operatori economici complessivamente idonei». L’art. 17, comma 2, non limiterebbe la tutela degli altri operatori, né il loro diritto di difesa «posto che non v[errebbe] meno il raccordo tra la stipula del contratto ed il rispetto del termine dilatorio». Infine, la verifica dei requisiti soggettivi del solo aggiudicatario sarebbe comunque effettuata nella fase antecedente alla sottoscrizione del contratto.

29.3.– Le questioni di legittimità costituzionale promosse su entrambi i commi dell’art. 17 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020 sono fondate.

29.3.1.– L’art. 17, comma 1, vìola i limiti statutari, in relazione all’art. 93 cod. contratti pubblici, con conseguente assorbimento delle ulteriori censure mosse dall’Avvocatura generale.

In particolare, la cauzione provvisoria è strettamente funzionale alla tutela della concorrenza. Essa serve a garantire, ai sensi dell’art. 93, comma 6, cod. contratti pubblici, il rischio della mancata sottoscrizione del contratto a seguito dell’aggiudicazione, per fatti riconducibili all’affidatario o per «l’adozione di informazione antimafia interdittiva», nonché, ai sensi dell’art. 103, comma 3, cod. contratti pubblici, il rischio della mancata costituzione da parte dell’aggiudicatario della garanzia definitiva. In tal modo, la cauzione provvisoria assicura la serietà e la correttezza delle offerte presentate.

La sua funzione è, dunque, quella di «responsabilizzare i partecipanti in ordine alle dichiarazioni rese e al dovere di diligenza, allo scopo di garantire la serietà e l’affidabilità dell’offerta e prevenire l’inutile e non proficuo svolgimento di complesse attività selettive (Adunanza Plenaria n. 5/2016)» (così Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 22 luglio 2021, n. 5517, che si riferisce alla disciplina del nuovo codice; si vedano, altresì, Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 22 aprile 2021, n. 3255; sezione quinta, sentenze 6 aprile 2020, n. 2264 e 15 maggio 2019, n. 3151).

Del resto, se è vero che «il principio cardine delle gare pubbliche è quello del favor partecipationis», questo attiene, nondimeno, solo alla partecipazione di «operatori economici “qualificati”», che possono «garantire, da un lato, che l’Amministrazione individui, tra i tanti, il “miglior contraente”, dall’altro, l’esplicazione di una piena ed effettiva concorrenza tra le imprese in un mercato libero» (Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 19 febbraio 2021, n. 1483).

29.3.2.– Anche il comma 2 dell’art. 17 è costituzionalmente illegittimo, per contrasto con i limiti statutari, in relazione all’art. 32, commi 7, 8 e 9, cod. contratti pubblici. Sono assorbite le ulteriori censure.

L’art. 17, comma 2, ammette la stipula del contratto anche prima che siano stati verificati i requisiti di partecipazione, «salvo il rispetto delle prescrizioni imposte dalla normativa antimafia», in aperto contrasto con l’art. 32 cod. contratti pubblici, se è vero che «l’aggiudicazione», che necessariamente precede la stipula del contratto, non potendosi neppure qualificare quale accettazione dell’offerta (art. 32, comma 6), diventa efficace solo «dopo la verifica del possesso dei prescritti requisiti» (art. 32, comma 7).

È, del resto, evidente la ratio di tutela della concorrenza sottesa a tale disciplina. Da un lato, si vuole evitare di aggiudicare la gara, in violazione del principio di par condicio, a un soggetto che non avrebbe dovuto neppure partecipare ad essa. Da un altro lato – in una prospettiva dinamica – si intende impedire la conclusione di un contratto prima che siano verificati i requisiti di ammissione e di esclusione. Solo così possono evitarsi i ritardi e i costi nella realizzazione dell’opera, conseguenti alla risoluzione del contratto, e alle relative azioni giudiziarie che non sono certo escluse dal vincolo a prevedere – in base a quanto stabilisce la disposizione provinciale – la clausola risolutiva espressa.

Il controllo condizionante l’efficacia dell’aggiudicazione garantisce che la stipula del contratto operi a vantaggio dell’offerente effettivamente migliore. Per converso, se si addivenisse alla conclusione del contratto, senza aver operato le dovute verifiche, e si attendessero i tempi della risoluzione dello stesso, il miglior offerente potrebbe non essere più interessato, o perché l’opera è stata oramai già iniziata o perché lo stesso ha eventualmente accettato una diversa commessa.

Si aggiunga, infine, che la norma impugnata non risulta compatibile con il rispetto dei termini del cosiddetto standstill, previsti dai commi 9 e 11 dell’art. 32 cod. contratti pubblici, e con la ratio ad essi sottesa.

Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 17 della legge prov. di Bolzano n. 3 del 2020.

30.– Anche l’art. 18 della legge prov. di Bolzano n. 3 del 2020 è stato impugnato con il ricorso n. 54 del 2020.

Il suo comma 1 permette l’esecuzione in via d’urgenza per tutte le procedure di affidamento di appalti di lavori, servizi e forniture.

Il comma 2 consente, invece, che, «[a]nche in deroga alle previsioni contrattuali, al fine di sostenere le imprese esecutrici negli appalti di lavori, all’importo dei lavori eseguiti può essere aggiunto il 60 per cento del valore dei materiali provvisti a piè d’opera, destinati ad essere impiegati in opere definitive facenti parte dell’appalto e accettati dal direttore dei lavori, da valutarsi a prezzo di contratto o, in difetto, ai prezzi di stima».

Infine, il comma 3 prevede che, «anche in deroga alle previsioni contrattuali e al fine di sostenere le imprese fornitrici negli appalti di forniture, si proceda con il pagamento in acconto dell’80 per cento del valore delle forniture consegnate e accettate dal direttore dei lavori o dal direttore dell’esecuzione del contratto, benché non ancora inventariate».

30.1.– L’Avvocatura generale ha sostenuto che l’art. 18 violerebbe i limiti statutari, che si evincono dall’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost. e dall’art. 101, comma 3, cod. contratti pubblici, il quale demanderebbe «al direttore dei lavori (ovvero al direttore dell’esecuzione) la valutazione degli aspetti tecnici ed economici del contratto in conformità alle prescrizioni stabilite nel capitolato speciale di appalto».

La disposizione provinciale investirebbe «le materie trasversali della tutela della concorrenza [e] dell’ordinamento civile, riservate alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, contenendo disposizioni in contrasto» con «le norme di riforma economico-sociale».

30.2.– Secondo la Provincia autonoma di Bolzano, anche le censure mosse nei confronti dell’art. 18 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020 non sarebbero fondate.

In particolare, non sussisterebbe l’asserito contrasto con l’art. 101, comma 3, cod. contratti pubblici, «dato che la disposizione provinciale riserv[erebbe] proprio al direttore dei lavori l’onere delle valutazioni e dei compiti sanciti dal citato art. 101», senza alterare la natura delle attribuzioni che competono al medesimo. Si tratterebbe dunque di una disposizione di «natura organizzativa», che non contrasterebbe con i principi in materia di concorrenza.

30.3.– Occorre premettere che l’articolo impugnato attiene all’esecuzione del contratto e regola, per un verso, le esecuzioni in via d’urgenza prima della stessa conclusione del contratto (comma 1) e, per un altro verso, le modalità di pagamento da parte della stazione appaltante (commi 2 e 3).

I due gruppi di ipotesi devono essere analizzati separatamente.

30.3.1.– La questione promossa con riguardo al comma 1 è fondata per contrasto con i limiti statutari, in relazione all’art. 32, comma 8, cod. contratti pubblici, con conseguente assorbimento delle ulteriori censure.

Come si è visto, il comma 1 disciplina l’esecuzione in via d’urgenza, che può aver luogo dopo l’aggiudicazione, ma – come si è già precisato – prima della conclusione del contratto.

La normativa statale regola tale istituto all’art. 32, comma 8, cod. contratti pubblici e lo ammette in presenza di presupposti tassativi: devono ricorrere eventi «oggettivamente imprevedibili, per ovviare a situazioni di pericolo per persone, animali o cose, ovvero per l’igiene e la salute pubblica, ovvero per il patrimonio storico, artistico, culturale ovvero nei casi in cui la mancata esecuzione immediata della prestazione dedotta nella gara determinerebbe un grave danno all’interesse pubblico che è destinata a soddisfare, ivi compresa la perdita di finanziamenti comunitari». Solo in presenza di una di tali circostanze, il direttore dei lavori può ordinare l’esecuzione di prestazioni o lavori specifici, le cui spese saranno oggetto di rimborso per l’aggiudicatario se la stipulazione del contratto non dovesse avvenire nel termine fissato e questi decidesse di sciogliersi da ogni vincolo o recedere dal contratto.

In sostanza, il comma 8 dell’art. 32 introduce una eccezionale deroga, ben delimitata, alla regola, di cui al successivo comma 13, a sua volta espressione dei principi generali della materia contrattuale, secondo cui il contratto trova esecuzione dopo la sua conclusione e sempre che sia in grado di produrre i propri effetti.

Ebbene, la disposizione provinciale, pur facendo «salvo quanto stabilito dalla normativa statale», di fatto introduce un regime contrastante con una disciplina prettamente privatistica, là dove ammette l’esecuzione in via d’urgenza «per tutte le procedure di affidamento di appalti di lavori, servizi e forniture».

Sennonché consentire per legge, in deroga ai principi generali dettati in materia di contratto, l’esecuzione delle prestazioni prima della stessa conclusione del contratto è nelle competenze esclusive del solo legislatore statale, chiamato a garantire l’uniformità della disciplina in materia contrattuale che invoca istanze di eguaglianza formale a livello territoriale.

Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 18, comma 1, della legge prov. di Bolzano n. 3 del 2020.

30.3.2.– Passando ora all’esame dei commi 2 e 3 dell’art. 18, essi possono essere analizzati congiuntamente, in quanto presentano profili di evidente affinità.

Le questioni promosse rispetto a entrambe le disposizioni sono fondate in riferimento ai limiti statutari, in quanto le previsioni provinciali interferiscono con le istanze di disciplina unitaria imposte dalla materia trasversale «ordinamento civile».

L’esecuzione del contratto e con essa la disciplina sulle modalità di pagamento del corrispettivo dell’appalto attengono all’ordinamento civile e sono, pertanto, suscettibili di trovare la loro regolamentazione nell’uniforme disciplina statale, salvo gli spazi lasciati all’autonomia privata.

In particolare, premesso che la regola generale in materia di appalto è quella che vede sorgere il diritto dell’appaltatore al pagamento del corrispettivo con l’accettazione dell’opera da parte del committente (art. 1665 cod. civ.), deve, tuttavia, rammentarsi che tale “principio di postnumerazione” del corrispettivo viene temperato in materia di appalti pubblici da una disciplina speciale che consente, oltre ad una anticipazione del corrispettivo, anche il pagamento di acconti in corso d’opera. Prevede, a tal riguardo, l’art. 113-bis cod. contratti pubblici: «1. [i] pagamenti relativi agli acconti del corrispettivo di appalto sono effettuati nel termine di trenta giorni decorrenti dall’adozione di ogni stato di avanzamento dei lavori, salvo che sia espressamente concordato nel contratto un diverso termine, comunque non superiore a sessanta giorni e purché ciò sia oggettivamente giustificato dalla natura particolare del contratto o da talune sue caratteristiche. I certificati di pagamento relativi agli acconti del corrispettivo di appalto sono emessi contestualmente all’adozione di ogni stato di avanzamento dei lavori e comunque entro un termine non superiore a sette giorni dall’adozione degli stessi. 1-bis. Fermi restando i compiti del direttore dei lavori, l’esecutore può comunicare alla stazione appaltante il raggiungimento delle condizioni contrattuali per l’adozione dello stato di avanzamento dei lavori. 1-ter. Ai sensi del comma 3 il direttore dei lavori accerta senza indugio il raggiungimento delle condizioni contrattuali e adotta lo stato di avanzamento dei lavori contestualmente all’esito positivo del suddetto accertamento ovvero contestualmente al ricevimento della comunicazione di cui al comma 1-bis, salvo quanto previsto dal comma 1-quater. 1-quater. In caso di difformità tra le valutazioni del direttore dei lavori e quelle dell’esecutore in merito al raggiungimento delle condizioni contrattuali, il direttore dei lavori, a seguito di tempestivo accertamento in contraddittorio con l’esecutore, procede all’archiviazione della comunicazione di cui al comma 1-bis ovvero all’adozione dello stato di avanzamento dei lavori. 1-quinquies. Il direttore dei lavori trasmette immediatamente lo stato di avanzamento dei lavori al RUP, il quale, ai sensi del comma 1, secondo periodo, emette il certificato di pagamento contestualmente all’adozione dello stato di avanzamento dei lavori e, comunque, non oltre sette giorni dalla data della sua adozione, previa verifica della regolarità contributiva dell’esecutore e dei subappaltatori. Il RUP invia il certificato di pagamento alla stazione appaltante, la quale procede al pagamento ai sensi del comma 1, primo periodo. 1-sexies. L’esecutore può emettere fattura al momento dell’adozione dello stato di avanzamento dei lavori. L’emissione della fattura da parte dell’esecutore non è subordinata al rilascio del certificato di pagamento da parte del RUP. 1-septies. Ogni certificato di pagamento emesso dal RUP è annotato nel registro di contabilità. 2. All’esito positivo del collaudo o della verifica di conformità, e comunque entro un termine non superiore a sette giorni dagli stessi, il responsabile unico del procedimento rilascia il certificato di pagamento ai fini dell’emissione della fattura da parte dell’appaltatore; il relativo pagamento è effettuato nel termine di trenta giorni decorrenti dal suddetto esito positivo del collaudo o della verifica di conformità, salvo che sia espressamente concordato nel contratto un diverso termine, comunque non superiore a sessanta giorni e purché ciò sia oggettivamente giustificato dalla natura particolare del contratto o da talune sue caratteristiche. Il certificato di pagamento non costituisce presunzione di accettazione dell’opera, ai sensi dell’articolo 1666, secondo comma, del codice civile. 3. Resta fermo quanto previsto all’articolo 4, comma 6, del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231».

Orbene, le due norme provinciali in esame, che prevedono rispettivamente l’aggiunta, all’importo dei lavori eseguiti, del pagamento del «60 per cento del valore dei materiali provvisti a piè d’opera, destinati ad essere impiegati in opere definitive facenti parte dell’appalto e accettati dal direttore dei lavori, da valutarsi a prezzo di contratto o, in difetto, ai prezzi di stima», nonché, a beneficio delle imprese fornitrici, del «pagamento in acconto dell’80 per cento del valore delle forniture consegnate e accettate dal direttore dei lavori o dal direttore dell’esecuzione del contratto, benché non ancora inventariate» non trovano alcuna corrispondenza nelle previsioni statali.

Inoltre, l’art. 18, commi 1 e 2, della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020, nel prevedere la possibile deroga anche al contenuto di contratti già conclusi, si pone in contrasto con l’art. 1372, primo comma, cod. civ. Il contenuto del contratto ha forza di legge fra le parti e non può essere certo derogato da disposizioni provinciali difformi da quelle statali e non competenti a regolare la materia dell’ordinamento civile, a fortiori tramite meccanismi con efficacia retroattiva.

Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 18, commi 2 e 3, della legge prov. di Bolzano n. 3 del 2020.

31.– Con il ricorso n. 54 del 2020, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato anche l’art. 19 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020.

La disposizione provinciale stabilisce, al comma 1, che, «[f]ermo restando quanto previsto dall’articolo 49 della legge provinciale 17 dicembre 2015, n. 16, e successive modifiche, sul valore dei contratti d’appalto di lavori, nonché dei servizi e forniture ad esecuzione istantanea viene calcolato l’importo dell’anticipazione del prezzo, che potrà essere aumentato fino al 40 per cento, da corrispondere all’appaltatore entro 15 giorni dall'effettivo inizio della prestazione». Il comma 2 chiarisce l’ambito di applicazione temporale della disposizione di cui al comma 1, prevedendone l’applicazione «soltanto per i contratti non ancora stipulati alla data di entrata in vigore della presente legge provinciale».

31.1.– Secondo l’Avvocatura generale, la citata disposizione violerebbe norme di riforma economico-sociale, in quanto attuative, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost., di istanze unitarie finalizzate alla tutela della concorrenza, dell’ordine pubblico e dell’ordinamento civile, che si impongono quali limiti alle pur primarie competenze statutarie provinciali.

Nello specifico, l’art. 19 contrasterebbe con l’art. 35, comma 18, cod. contratti pubblici, il quale determinerebbe «l’importo dell’anticipazione nella misura del 20 per cento senza prevedere la possibilità di aumento di detta percentuale». Più precisamente, la norma statale dispone che «[s]ul valore del contratto di appalto viene calcolato l’importo dell’anticipazione del prezzo pari al 20 per cento da corrispondere all’appaltatore entro quindici giorni dall’effettivo inizio della prestazione».

31.2.– Nell’atto di costituzione in giudizio la Provincia autonoma di Bolzano ha eccepito la non fondatezza delle questioni rivolte all’art. 19 della legge provinciale impugnata.

Secondo la resistente, l’art. 35, comma 18, cod. contratti pubblici – evocato dall’Avvocatura generale quale parametro interposto – non costituirebbe «diretta espressione di un principio fondamentale ed inderogabile» in grado di vincolare il legislatore provinciale.

Inoltre, la possibilità di stabilire una più elevata percentuale dell’anticipazione del prezzo sarebbe «funzionale al sostentamento del tessuto imprenditoriale» e ad essa si accompagnerebbe «un proporzionale accrescimento della misura monetaria della garanzia costituente la condizione per l’attribuzione dell’importo dell’anticipazione, in maniera tale da tutelare adeguatamente la stazione appaltante».

31.3.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 19 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020 è fondata in riferimento ai limiti statutari, per contrasto con l’art. 35, comma 18, cod. contratti pubblici.

La norma impugnata, pur facendo salvo l’art. 49 della legge prov. Bolzano n. 16 del 2015, che indica un importo di anticipazione pari al 20 per cento, di fatto deroga – sia pure temporaneamente – a tale previsione, introducendo la possibilità di aumentare l’anticipazione del prezzo fino al 40 per cento.

Al contempo, la disposizione provinciale si distacca da quanto prevede la normativa statale, là dove l’art. 35, comma 18, cod. contratti pubblici stabilisce che l’appaltatore ha diritto a ricevere un’anticipazione del prezzo, pari al 20 per cento del valore del contratto, a condizione che sia effettivamente iniziata «la prestazione» e, specificatamente, «entro quindici giorni dall’effettivo inizio della prestazione».

Tale istituto, secondo un orientamento condiviso anche nella giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, commissione speciale, parere 30 marzo 2017), si colloca con tutta evidenza nell’ambito dell’esecuzione del contratto ed è assimilabile all’acconto sul prezzo. Sia l’anticipazione sia l’acconto condividono, in particolare, la fondamentale funzione di mitigare il “principio della postnumerazione” del corrispettivo di appalto.

Peraltro, la disciplina civilistica dell’anticipazione del prezzo, che spetta al solo legislatore statale regolare in maniera uniforme, condiziona fortemente anche la stessa concorrenza. La Provincia autonoma, infatti, non poteva disegnare un privilegio doppiamente lesivo della concorrenza. Non solo l’anticipazione del prezzo al 40 per cento opera solo a livello provinciale, ma oltretutto potrebbe andare a beneficiare anche coloro che hanno partecipato a procedure già bandite. Se è vero, infatti, che la norma si applica, ai sensi del secondo comma, ai contratti «non ancora stipulati alla data di entrata in vigore della […] legge», ciò implica che essa può operare per procedimenti già banditi ed eventualmente aggiudicati sulla base di regole relative all’anticipazione del prezzo diverse e ben più stringenti. Ne derivano ricadute inaccettabili sullo scenario di altri potenziali offerenti che, se avessero saputo di tale beneficio al momento della pubblicazione del bando, avrebbero presumibilmente partecipato alla gara.

Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 19 della legge prov. di Bolzano n. 3 del 2020.

32.– Proseguendo con l’esame del ricorso n. 54 del 2020, oggetto di impugnazione è stato anche l’art. 22 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020, in base al quale, «[f]ermo restando quanto previsto dalla normativa statale, la durata dei contratti di appalto e di concessione in corso di esecuzione può essere prorogata per ragioni di interesse pubblico determinate da emergenze sanitarie anche oltre il termine eventualmente previsto nell’opzione di proroga indicata inizialmente nel bando e nei documenti di gara».

32.1.– Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, tale disposizione contrasterebbe con i limiti posti alle competenze statutarie e specificamente: con l’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost., con l’art. 106 cod. contratti pubblici, con l’ordine pubblico (art. 117, comma secondo, lettera h), con l’art. 41 Cost., con gli obblighi internazionali di cui all’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 72, paragrafi 1 e 5, della direttiva 2014/24/UE, all’art. 43, paragrafi 1 e 5, della direttiva 2014/23/UE e agli artt. 3, 101, 102 e 106 TFUE.

In particolare, dalle norme interposte del codice dei contratti pubblici e dalle direttive citate si desumerebbe che «i contratti di appalto e le concessioni possono essere modificati senza una nuova procedura di aggiudicazione “se le modifiche, a prescindere dal loro valore monetario, sono state previste nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise e inequivocabili, che possono comprendere clausole di revisione dei prezzi, o opzioni”».

Di conseguenza, «un prolungamento non previsto nei documenti di gara o una proroga oltre i limiti temporali consentiti» sarebbero equiparabili a un affidamento senza gara.

Per le ragioni esposte, la proroga degli affidamenti vigenti consentita dalla disposizione provinciale si configurerebbe come una modifica contrattuale non rientrante, secondo le previsioni del diritto europeo, in quelle ammissibili senza una nuova procedura di aggiudicazione.

Inoltre, secondo l’argomentazione dell’Avvocatura generale, «l’imposizione alle imprese attualmente affidatarie dei contratti di appalto e di concessione di una obbligatoria proroga contrattuale alle condizioni in essere» sarebbe lesiva anche del principio della libera iniziativa economica, di cui all’art. 41 Cost.

32.2.– Nell’atto di costituzione in giudizio la Provincia autonoma di Bolzano ha sottolineato come sarebbe «meramente apparente» l’asserito contrasto tra la disposizione provinciale e quanto stabilito dall’art. 72 delle direttive 2014/24/UE e dall’art. 43 della direttiva 2014/23/UE, così come attuate dall’art. 106 cod. contratti pubblici. Infatti, sarebbe lo stesso art. 22 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020 a fare espressamente salva la normativa statale, in virtù della «clausola di riserva scolpita nell’incipit della disposizione»: «[f]ermo restando quanto previsto dalla normativa statale». Tale «inequivocabile formulazione» testimonierebbe che l’eventuale proroga della durata di appalto o concessione potrebbe essere concessa soltanto se siano soddisfatte le condizioni sancite a livello nazionale.

In ogni caso, si tratterebbe di una mera facoltà, che rispecchierebbe quanto già stabilito dall’art. 92 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito con modificazioni nella legge 24 aprile 2020, n. 27. Inoltre, la resistente segnala come, a livello nazionale, l’art. 205 del d.l. n. 34 del 2020 preveda la proroga ope lege dell’efficacia della concessione di trasporto in essere per un anno.

La proroga dei contratti in essere, oltre ad avere carattere meramente eventuale, dovrebbe comunque prevedere l’apposizione di una «stringente motivazione […] “per ragioni di interesse pubblico determinate da emergenze sanitarie” a pena di invalidità del relativo atto dispositivo», mentre la valutazione della legittimità costituzionale della disposizione dovrebbe tener conto della necessità di assicurare la continuità dei servizi in appalto o in concessione durante la fase emergenziale.

32.3.– Anche la questione di legittimità costituzionale relativa all’art. 22 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020 è fondata in riferimento ai limiti statutari, in relazione all’art. 106 cod. contratti pubblici, con assorbimento delle ulteriori doglianze formulate dall’Avvocatura.

32.3.1.– Occorre premettere che non è percorribile l’interpretazione suggerita dalla difesa provinciale, secondo la quale l’incipit della disposizione impugnata («[f]ermo restando quanto previsto dalla normativa statale») escluderebbe la sua illegittimità costituzionale.

32.3.2.– Al contrario, la disposizione provinciale delinea un contenuto che contraddice il precetto dell’art. 106, comma 11, cod. contratti pubblici e tradisce le istanze di tutela della concorrenza ad esso sottese.

L’art. 106, comma 11, detta una disciplina della proroga cosiddetta tecnica che impone una duplice condizione: che sia «prevista nel bando e nei documenti di gara una opzione di proroga» e che «[l]a proroga [sia] limitata al tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure per l’individuazione di un altro contraente» (art. 106, comma 11, cod. contratti pubblici).

Possono, allora, verificarsi due ipotesi.

O i documenti di gara riproducono la previsione temporale disposta dalla legge, nel qual caso la disposizione provinciale non può derogare al termine indicato da tali documenti perché violerebbe la medesima norma statale.

Oppure tali documenti indicano un termine inferiore a quello necessario per la conclusione di procedure per l’individuazione di un altro contraente. In questo caso, la proroga non potrebbe essere concessa per un tempo diverso da quello indicato nei documenti di gara, poiché quando è disposta «oltre i limiti delle previsioni della lex specialis […] integra un’illegittima fattispecie di affidamento senza gara» (Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 6 maggio 2015, n. 2272). E invero, solo se la possibilità della proroga contrattuale è «resa nota ai concorrenti sin dall’inizio delle operazioni di gara, cosicché ognuno possa formulare le proprie offerte in considerazione della durata eventuale del contratto, nessuna lesione dell’interesse pubblico alla scelta del miglior contraente è possibile riscontrare, né alcuna lesione dell’interesse generale alla libera concorrenza, essendo la fattispecie del tutto analoga, dal punto di vista della tutela della concorrenza, a quella nella quale si troverebbero le parti contraenti nell’ipotesi in cui [la stazione appaltante] avesse operato, ab initio, una scelta “secca” per la più lunga durata del contratto» (Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 5 luglio 2013, n. 3580).

Di conseguenza, l’incipit della disposizione provinciale, anche ove fosse riferito al rispetto del termine di cui all’art. 106, comma 11, renderebbe la norma impugnata o inutile – là dove consentirebbe una deroga al termine indicato dai documenti di gara che, se riproduttivo del termine legale, sarebbe inibita dalla prima parte della norma – o, comunque, illegittima, là dove permetterebbe di derogare al termine più breve di quello legale disposto nei documenti di gara, in violazione del principio della concorrenza.

Tale frammento di disposizione non può, dunque, rivestire un valore sanante e sembra piuttosto riferibile, in via ermeneutica, alla circostanza che intendesse rinviare alla legge statale sia rispetto alla competenza della stazione appaltante nell’autorizzare la richiesta di proroga, sia rispetto alla previsione secondo cui la proroga vincola l’appaltatore alle stesse condizioni del contratto o a quelle più favorevoli per la stazione appaltante (art. 106, comma 11, cod. contratti pubblici).

32.3.3.– Di conseguenza, il contenuto della norma impugnata, introducendo una disciplina difforme rispetto a quanto stabilito dalla norma di riforma economico-sociale di cui all’art. 106 cod. contratti pubblici, incide su una materia di rilevanza centrale per la concorrenza.

L’art. 106, comma 11, cod. contratti pubblici regola, infatti, la modifica di contratti a esecuzione continuata e periodica, con conseguente mutamento della prestazione contrattuale, che viene fornita per un maggior tempo con percezione di un compenso ulteriore.

Sennonché, l’eccezionalità dell’istituto della proroga cosiddetta tecnica (Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 29 maggio 2019, n. 3588) non tollera, in alcun modo, deroghe da parte della legislazione provinciale, in palese contrasto con le istanze di tutela della concorrenza.

Come infatti già chiarito da questa Corte, con riferimento a concessioni demaniali in corso, «discipline regionali le quali dispongano proroghe o rinnovi automatici» non possono essere adottate, neppure nell’esercizio di una competenza primaria, «in quanto incidono sulla materia, di competenza esclusiva statale, della tutela della concorrenza, ostacolando l’ingresso di altri potenziali operatori economici nel mercato di riferimento (sentenze n. 10 del 2021, n. 1 del 2019, n. 171 del 2013 e n. 213 del 2011)» (sentenza n. 139 del 2021).

Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 22 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020.

33.– Sempre con il ricorso n. 54 del 2020, l’Avvocatura generale dello Stato ha, infine, impugnato l’art. 23 della legge prov. Bolzano n. 3, secondo il quale «le disposizioni di cui agli articoli 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19 e 22 sono norme speciali per far fronte all’emergenza sanitaria ed economica causata dal virus SARS-Cov-2, per cui cessano di trovare applicazione a partire dal 15 aprile 2022».

33.1.– Secondo il ricorrente, anche questa disposizione, ponendosi in contrasto con l’art. 117, commi primo e secondo, lettere e) ed l), Cost., violerebbe «i limiti statutari della potestà legislativa provinciale perché gli interventi legislativi delle regioni e delle province autonome devono essere armonizzati non solo con il complesso della disciplina statale ordinaria in materia di contratti pubblici ma anche con la disciplina emergenziale adottata dallo Stato per fronteggiare, sul piano sanitario ed economico, la diffusione del contagio causato dal virus Covid-19». Trattandosi di una situazione che riguarda «tutto il territorio nazionale», non sarebbe possibile affidarla alle singole discipline adottate a livello locale. Di conseguenza, le iniziative legislative provinciali, dirette a far fronte alla suddetta emergenza, non potrebbero «avere una durata differenziata nei rispettivi territori in assenza di una armonizzazione a livello nazionale».

33.2.– La resistente, sul punto, si è limitata a segnalare che il legislatore provinciale ha pieno titolo per «circoscrivere l’efficacia temporale delle proprie disposizioni», alla luce della competenza legislativa riconosciuta alla Provincia autonoma in materia di contratti pubblici. In linea generale, la difesa provinciale ha osservato che «tutte le disposizioni in esame hanno natura temporanea, vertono in materia di emergenza economica e costituiscono misure “aggiuntive” rispetto ai livelli essenziali delle prestazioni».

33.3.– La questione è fondata: l’art. 23 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020 vìola i limiti statutari, in quanto è affetto dai medesimi vizi di illegittimità costituzionale accertati con riferimento agli articoli già in precedenza esaminati.

La disposizione impugnata non fa che regolare l’arco temporale di vigenza degli artt. 13, 14, 16, 17, 18, 19 e 22 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020, tutti impugnati dallo Stato e tutti dichiarati costituzionalmente illegittimi. Pertanto, limitandosi a regolare temporalmente il loro contenuto precettivo, essa ne riflette parimenti i vizi di illegittimità costituzionale.

La disposizione deve essere, dunque, dichiarata costituzionalmente illegittima limitatamente alle parole «di cui agli articoli 13, 14» e «16, 17, 18, 19 e 22». Essa resta in vigore per il solo art. 15, non impugnato dallo Stato.


Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, commi 1, 4, 7, 8, della legge della Provincia autonoma di Trento 23 marzo 2020, n. 2 (Misure urgenti di sostegno per le famiglie, i lavoratori e i settori economici connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19 e altre disposizioni), nonché del comma 3 dello stesso articolo, nella parte in cui prevede che «l’offerta tecnica è valutata sulla base dei seguenti elementi da tradurre in criteri di natura quantitativa o tabellare: a) l’impegno da parte del concorrente di affidare in subappalto l’esecuzione di parte della prestazione a microimprese, piccole e medie imprese locali, specificando per ogni subcontratto le prestazioni affidate e i nominativi dei singoli subappaltatori; resta fermo il divieto di frazionare fra più operatori economici il subappalto di una medesima lavorazione o prestazione omogenea, come individuata nel progetto messo in gara, anche tramite lo strumento delle WBS-work breakdown structure; b) l’impegno da parte del concorrente ad acquisire le forniture necessarie per l’esecuzione della prestazione da microimprese, piccole e medie imprese locali, specificando i nominativi dei singoli fornitori; c) per le prestazioni affidate in subappalto, l’impegno del concorrente a praticare il minor ribasso rispetto all’elenco prezzi posto a base di gara, al fine di assicurare la qualità nell’esecuzione del contratto»; dell’art. 3, commi 1, 2 e 4, della legge prov. Trento n. 2 del 2020; dell’art. 4, commi 1 e 2, della legge prov. Trento n. 2 del 2020; dell’art. 6, comma 2, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, nella parte in cui prevede che, «Ferma restando la possibilità per il responsabile del procedimento di derogarvi, ove lo ritenga necessario, costituiscono riferimento per la congruità del ribasso offerto le seguenti percentuali di ribasso o la loro media pesata se l’affidamento ha ad oggetto opere appartenenti a più di una tipologia di opera: a) per le opere “edilizia-strutture impianti”: ribasso minimo 10 per cento, ribasso massimo 20 per cento; b) per le opere “geologia”: ribasso minimo 15 per cento, ribasso massimo 25 per cento; c) per le opere “mobilità - idraulica - informazione - paesaggio - urbanistica”: ribasso minimo 20 per cento, ribasso massimo 30 per cento; d) per le opere “coordinamento sicurezza”: ribasso minimo 25 per cento, ribasso massimo 35 per cento»; dell’art. 6, comma 3, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, nella parte in cui prevede che «Gli incarichi sono aggiudicati con il criterio del prezzo più basso, oppure, solo se necessario in ragione della natura, oggetto o caratteristiche del contratto e in ogni caso, per la progettazione architettonica, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Quando l’amministrazione aggiudicatrice ricorre ad elementi di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa esclusivamente di natura quantitativa o tabellare non nomina la commissione tecnica»;

2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 52, commi 2, 4, lettera c), e 8, della legge della Provincia autonoma di Trento n. 3 del 2020 (Ulteriori misure di sostegno per le famiglie, i lavoratori e i settori economici connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19 e conseguente variazione al bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2020 – 2022), che hanno rispettivamente modificato i commi 1, 3, lettera a) e 8 dell’art. 2 della legge prov. Trento n. 2 del 2020;

3) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 52, comma 6, della legge prov. Trento n. 3 del 2020, che ha inserito il comma 5-bis nell’art. 2 della legge prov. Trento n. 2 del 2020, nella parte in cui prevede che «Fermo restando quanto previsto dall’art. 16, comma 4, della legge provinciale di recepimento delle direttive europee in materia di contratti pubblici 2016, per l’affidamento di servizi e forniture le amministrazioni aggiudicatrici possono utilizzare gli elementi di valutazione previsti dal comma 3, in ragione della natura, oggetto e caratteristiche del contratto», nonché dell’art. 52, comma 7, della legge prov. Trento n. 3 del 2020, che ha inserito il comma 6-bis nell’art. 2 della legge prov. Trento n. 2 del 2020;

4) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 4, della legge della Provincia autonoma di Trento 30 novembre 2020, n. 13, recante «Modificazioni della legge provinciale 23 marzo 2020, n. 2, e della legge provinciale 13 maggio 2020, n. 3, in materia di contratti pubblici, e modificazioni della legge provinciale 30 dicembre 2014, n. 14, in materia di imposta immobiliare semplice (IMIS)», nella parte in cui prevede «Nei lavori l’offerta tecnica può essere valutata anche sulla base di uno o più dei seguenti elementi»; dell’art. 2, comma 3, della legge prov. Trento n. 13 del 2020, nella parte in cui prevede che, «Se i lavori sono aggiudicati con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa l’offerta tecnica può essere valutata anche sulla base di uno o più dei criteri previsti dall’articolo 2, comma 3, di questa legge»;

5) dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 13, comma 1, 14, 16, 17, 18, 19 e 22 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 16 aprile 2020, n. 3 (Variazioni al bilancio di previsione della Provincia autonoma di Bolzano per gli esercizi 2020, 2021 e 2022 e altre disposizioni);

6) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 23 della legge prov. Bolzano n. 3 del 2020, limitatamente alle parole «di cui agli articoli 13, 14» e «16, 17, 18, 19 e 22»;

7) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 6, commi 1, 2, primo periodo, e 3, primo periodo, della legge prov. Trento n. 2 del 2020, promosse in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso n. 50 del 2020 indicato in epigrafe;

8) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 52, comma 8, della legge prov. Trento n. 3 del 2020, promossa in riferimento agli artt. 4 e 8 del decreto del Presidente della Repubblica, 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), in relazione all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso n. 59 del 2020 indicato in epigrafe;

9) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 57, comma 1, della legge prov. Trento n. 3 del 2020, che ha introdotto l’art. 7-bis nella legge prov. Trento n. 2 del 2020, promosse, in riferimento ai limiti statutari, in relazione all’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso n. 59 del 2020 indicato in epigrafe;

10) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 29 legge della Provincia di Trento 6 agosto 2020, n. 6 (Assestamento del bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2020 - 2022), che ha modificato l’art. 3 della legge prov. n. 2 del 2020, promossa, in riferimento al d.P.R. n. 670 del 1972, in relazione all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso n. 92 del 2020.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11 e il 25 novembre 2021.

F.to:

Giancarlo CORAGGIO, Presidente

Emanuela NAVARRETTA, Redattrice

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 28 gennaio 2022.