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SENTENZA N. 328
ANNO 2011
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Alfonso QUARANTA Presidente
- Alfio FINOCCHIARO Giudice
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
- Giorgio LATTANZI "
- Aldo CAROSI "
- Marta CARTABIA "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale della legge della Regione Sardegna 9 agosto 2002, n. 14 (Nuove norme in materia di qualificazione delle imprese per la partecipazione agli appalti di lavori pubblici che si svolgono nell’ambito territoriale regionale), e dell’art. 40, comma 3, del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), promossi dal Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna con ordinanze del 12 e del 29 novembre 2010, iscritte ai nn. 22 e 52 del registro ordinanze 2011 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 7 e 14, prima serie speciale, dell’anno 2011.
Visti gli atti di costituzione della Impresa Manca Caterina, della Impresa Loi Giuseppe, della Regione Sardegna, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 4 ottobre 2011 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro;
uditi gli avvocati Massimo Luciani per la Regione Sardegna, Sergio Segneri e Daniela Piras per l’Impresa Manca Caterina, Rosanna Patta per l’Impresa Loi Giuseppe e l’avvocato dello Stato Maria Pia Camassa per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.— Con ordinanza del 12 novembre 2010 (reg. ord. n. 22 del 2011), il Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna ha sollevato questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Sardegna 9 agosto 2002, n. 14 (Nuove norme in materia di qualificazione delle imprese per la partecipazione agli appalti di lavori pubblici che si svolgono nell’ambito territoriale regionale), che ha istituito e disciplinato la finalità, il funzionamento e gli effetti del «sistema di qualificazione regionale» delle imprese per la partecipazione agli appalti di lavori pubblici regionali, in riferimento all’art. 3, lettera e), della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna) ed all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., ovvero dell’art. 40, comma 3, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), nella parte in cui stabilisce che il sistema di qualificazione è attuato solo da «organismi di diritto privato di attestazione, appositamente autorizzati dall’Autorità», in riferimento all’art. 3, lettera e), dello statuto speciale per la Regione Sardegna.
Il rimettente premette di essere stato adito per ottenere l’annullamento di tutti i provvedimenti, ivi compreso il bando, relativi ad una gara a procedura aperta per l’affidamento di lavori pubblici di interesse regionale, «nella parte in cui consentono o hanno permesso illegittimamente la partecipazione alla gara di soggetti accreditati dalla sola qualificazione regionale A.R.A.», in applicazione di quanto stabilito dalla legge regionale n. 14 del 2002, che ha disciplinato il sistema di qualificazione delle imprese che partecipano agli appalti di lavori di interesse regionale, istituendo un apposito Albo Regionale Appaltatori (A.R.A.).
Il TAR ritiene, quindi, di non poter definire il giudizio pendente senza sollevare questione di legittimità costituzionale della citata legge regionale per violazione della competenza esclusiva statale in materia di concorrenza, alla luce delle affermazioni contenute nella sentenza n. 411 del 2008 di questa Corte. Con essa, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, fra l’altro, dell’art. 24 della legge della Regione Sardegna 7 agosto 2007, n. 5 (Procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi, in attuazione della direttiva comunitaria n. 2004/18/CE del 31 marzo 2004 e disposizioni per la disciplina delle fasi del ciclo dell’appalto), in quanto esso, dettando una disciplina difforme da quella nazionale di cui al citato d.lgs. n. 163 del 2006, in tema di sistemi di qualificazione delle imprese che partecipano agli appalti di lavori pubblici, violava la competenza statale esclusiva in materia di tutela della concorrenza e di ordinamento civile.
Più precisamente, il rimettente afferma che, «in caso di conferma dell’orientamento espresso dalla Corte con la pronunzia n. 411 del 2008», dovrebbe essere dichiarata costituzionalmente illegittima la suddetta legge regionale n. 14 del 2002, in quanto, al pari del citato art. 24 della legge regionale n. 5 del 2007, pone, in violazione della competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, una disciplina difforme da quella di cui all’art. 40, comma 3, del d.lgs. n. 163 del 2006, il quale stabilisce che «il sistema di qualificazione è attuato da organismi di diritto privato di attestazione, appositamente autorizzati dall’Autorità».
Ove, viceversa, «l’approfondimento del rapporto dei poteri Stato/Regione sulla questione dovesse far riscontrare la mancanza di una violazione […] di una norma statale di diretto recepimento di un vincolo comunitario» e si volesse valorizzare l’applicabilità dei principi affermati da questa Corte nelle sentenze successive alla citata sentenza n. 411 del 2008, riconoscendosi uno spazio legislativo alle Regioni ad autonomia speciale anche in materia di “qualificazione” delle imprese, il rimettente ritiene che dovrebbe essere dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 40 del d.lgs. n. 163 del 2006.
Quest’ultimo sarebbe, infatti, lesivo dell’art. 3 lettera e), dello statuto speciale, nella parte in cui impone, per i lavori pubblici regionali, materia di competenza legislativa provinciale primaria, un sistema unico privatistico di certificazione, «non ammettendo un sistema pubblico parallelo regionale (alternativo e non sostitutivo), non lesivo del principio di libera concorrenza».
1.1.— Nel giudizio si è costituita l’Impresa Manca Caterina, parte nel giudizio a quo, chiedendo che la Corte voglia dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 40 del d.lgs. n. 163 del 2006 per violazione dell’art. 3, lettera e), dello statuto speciale, nella parte in cui non consente alla Regione Sardegna di istituire un apposito registro pubblico delle imprese appaltatrici, in violazione della potestà legislativa primaria ad essa spettante in materia di lavori pubblici di interesse regionale, ovvero voglia dichiarare inammissibile la relativa questione trattandosi di disposizione suscettibile di essere disapplicata per contrasto con l’art. 52 della direttiva 2004/18 che stabilisce che «gli Stati membri possono instaurare elenchi ufficiali di imprenditori, di fornitori, o di prestatori di servizi riconosciuti oppure una certificazione da parte di organismi pubblici o privati».
L’impresa Manca Caterina chiede, altresì, che venga dichiarata inammissibile per genericità ovvero sia dichiarata infondata la questione di legittimità «dell’intero impianto normativo sulla qualificazione» di cui alla legge della Regione Sardegna n. 14 del 2002, in quanto detta legge costituirebbe esercizio della competenza legislativa regionale primaria in tema di lavori pubblici di interesse regionale.
1.2.— Nel giudizio si è costituita anche la Regione Sardegna, chiedendo che la Corte dichiari inammissibile e comunque infondata la questione di legittimità costituzionale in esame.
In via preliminare la questione sarebbe inammissibile sotto svariati profili: per la natura meramente ipotetica e comunque ancipite della medesima; per difetto di motivazione sulla rilevanza; perché il rimettente non avrebbe identificato le norme impugnate, censurando l’intero “impianto normativo” di cui alla legge regionale n. 14 del 2002; perché il rimettente non avrebbe svolto alcun percorso argomentativo autosufficiente in ordine alla non manifesta infondatezza della medesima, limitandosi a richiamare la sentenza n. 411 del 2008; perché il rimettente avrebbe prospettato un dubbio circa il corretto recepimento della direttiva da parte del legislatore nazionale, dubbio che avrebbe dovuto indurlo a promuovere la pregiudiziale comunitaria; per aver il rimettente prospettato anche l’eventualità di una interpretazione costituzionalmente orientata della normativa statale vigente, senza avvedersi del fatto che l’onere di sondare la possibilità di una simile interpretazione non grava sul giudice costituzionale, ma su quello comune.
Nel merito la Regione sostiene che la questione debba essere dichiarata infondata considerato che la normativa regionale censurata, che costituisce esercizio della competenza legislativa provinciale primaria in materia di lavori pubblici di interesse regionale, non solo non comprimerebbe negativamente la concorrenza, ma addirittura la favorirebbe, aumentando il novero dei possibili competitori per l’aggiudicazione dell’appalto, senza far venire meno la serietà e l’affidabilità delle imprese ammesse alla procedura ad evidenza pubblica, garantite dal procedimento di qualificazione previsto dalla legge.
2.— Con ordinanza del 29 novembre 2010 (reg. ord. n. 52 del 2011), il Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge della Regione Sardegna 9 agosto 2002, n. 14 (Nuove norme in materia di qualificazione delle imprese per la partecipazione agli appalti di lavori pubblici che si svolgono nell’ambito territoriale regionale), in riferimento all’art. 3, lettera e), dello statuto speciale per la Regione Sardegna, di cui alla legge costituzionale n. 3 del 1948, ed all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., nella parte in cui attribuisce allo Stato la competenza legislativa esclusiva sulla tutela della concorrenza.
Il rimettente premette di essere stato adito con ricorso proposto avverso l’esclusione da una procedura per l’affidamento di lavori pubblici di interesse regionale, nonché avverso l’aggiudicazione definitiva ed il bando di gara «nella parte in cui non consente la dimostrazione della qualificazione delle imprese per l’affidamento di lavori pubblici da eseguire in Sardegna mediante il possesso della sola attestazione rilasciata dall’Albo Regionale Appaltatori» ai sensi della legge regionale n. 14 del 2002.
Il TAR Sardegna, pertanto, solleva questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della citata legge, nella parte in cui individuano le disposizioni al cui rispetto sono tenuti gli enti e le pubbliche amministrazioni che intendono appaltare, concedere o affidare la realizzazione di lavori pubblici che si svolgono nell’ambito del territorio regionale e stabiliscono che «la qualificazione dei soggetti esecutori dei lavori pubblici di cui all'articolo 1 della presente legge, attestata sulla base delle disposizioni seguenti, costituisce condizione sufficiente» ai fini della partecipazione alle gare d’appalto dei lavori pubblici» di interesse regionale. Tali norme, delineando un sistema autonomo di qualificazione delle imprese, applicabile esclusivamente nell’ambito delle procedure di appalto di lavori indette dalle amministrazioni aggiudicatrici individuate dalla medesima legge regionale, si porrebbero in diretto contrasto con i parametri costituzionali indicati, tenuto conto di quanto affermato nella sentenza n. 411 del 2008 e cioè che la disciplina legislativa sulle procedure di qualificazione e selezione dei concorrenti e sulle procedure di affidamento rientra in ambiti compresi nella materia della tutela della concorrenza, riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
2.1.— Nel giudizio si è costituita la Regione Sardegna, che ha chiesto che la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge regionale n. 14 del 2002 sia dichiarata inammissibile e comunque infondata.
In via preliminare, la Regione ritiene che la questione sia inammissibile per la mancata motivazione in ordine alla dedotta violazione dell’art. 3, lettera e), dello statuto speciale, oltre che per il fatto che il rimettente non svolge alcun percorso argomentativo autosufficiente in ordine alla non manifesta infondatezza, limitandosi a richiamare la sentenza n. 411 del 2008.
Nel merito, la Regione ritiene che la questione sia, comunque, infondata, sulla base di argomentazioni identiche a quelle svolte in relazione alla questione sollevata con l’ordinanza reg. ord. n. 22 del 2011.
2.2.— Nel giudizio si è costituita anche l’impresa Loi Giuseppe, ricorrente nel giudizio a quo, chiedendo che la Corte dichiari inammissibile e/o infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge regionale n. 14 del 2002. In particolare, l’impresa Loi Giuseppe sostiene che la disciplina del sistema di qualificazione delle imprese di cui alla legge n. 14 del 2002 è stata adottata nell’esercizio della competenza legislativa regionale primaria in tema di lavori pubblici di interesse regionale, senza violazione di alcuno dei limiti generali ad essa apposti.
All’udienza pubblica, le parti costituite nel giudizio hanno insistito per l’accoglimento delle conclusioni formulate nelle difese scritte.
Considerato in diritto
1.— Vengono all’esame della Corte due ordinanze di rimessione pronunciate dal Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna.
1.1.— Con una prima ordinanza del 12 novembre 2010 (reg. ord. n. 22 del 2011), il Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna dubita della legittimità costituzionale della legge della Regione Sardegna 9 agosto 2002, n. 14 (Nuove norme in materia di qualificazione delle imprese per la partecipazione agli appalti di lavori pubblici che si svolgono nell’ambito territoriale regionale), nella parte in cui disciplina un “sistema di qualificazione regionale” delle imprese per la partecipazione agli appalti di lavori pubblici di interesse regionale, istituendo un apposito Albo Regionale Appaltatori (A.R.A.); ovvero dell’art. 40, comma 3, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), nella parte in cui stabilisce che il sistema di qualificazione delle imprese per la partecipazione agli appalti di lavori pubblici è attuato solo da «organismi di diritto privato di attestazione, appositamente autorizzati dall’Autorità».
Quanto alla legge regionale n. 14 del 2002, il rimettente ritiene che, alla luce delle affermazioni contenute nella sentenza n. 411 del 2008, essa violi la competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, in quanto, al pari dell’art. 24 della legge della Regione Sardegna 7 agosto 2007, n. 5 (Procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi, in attuazione della direttiva comunitaria n. 2004/18/CE del 31 marzo 2004 e disposizioni per la disciplina delle fasi del ciclo dell’appalto), dichiarato costituzionalmente illegittimo con la citata sentenza n. 411 del 2008, detta una disciplina difforme da quella di cui all’art. 40, comma 3, del d.lgs. n. 163 del 2006, in violazione dell’art. 3, lettera e), della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna) e dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
Il rimettente osserva, tuttavia, che, ove, viceversa, si volesse riconoscere uno spazio legislativo alla Regione Sardegna, titolare di una competenza legislativa primaria in materia di lavori pubblici di interesse regionale, anche in materia di “qualificazione” delle imprese, dovrebbe essere dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 40 del d.lgs. n. 163 del 2006, in quanto lesivo dell’art. 3, lettera e), della legge costituzionale n. 3 del 1948, nella parte in cui impone, per i lavori pubblici regionali, un sistema unico privatistico di certificazione, «non ammettendo un sistema pubblico parallelo regionale (alternativo e non sostitutivo), non lesivo del principio di libera concorrenza».
2.— Con una seconda ordinanza (reg. ord. n. 52 del 2011), il Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna dubita della legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge della Regione Sardegna 9 agosto 2002, n. 14 (Nuove norme in materia di qualificazione delle imprese per la partecipazione agli appalti di lavori pubblici che si svolgono nell’ambito territoriale regionale), in quanto tali norme, delineando un sistema autonomo di qualificazione delle imprese, applicabile esclusivamente nell’ambito delle procedure di appalto di lavori indette dalle amministrazioni aggiudicatrici individuate dalla medesima legge regionale, si porrebbero in diretto contrasto con l’art. 3, lettera e), dello statuto speciale per la Regione Sardegna, di cui alla legge costituzionale n. 3 del 1948, e con l’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, ledendo la competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza.
3.— In virtù della sostanziale identità dell’oggetto e dei termini delle questioni sollevate, nonché degli argomenti utilizzati, va disposta la riunione dei giudizi, ai fini di un’unica trattazione e di un’unica pronuncia.
4.— Preliminarmente, vanno esaminate le eccezioni di inammissibilità proposte da alcune delle parti costituite nel giudizio promosso dall’ordinanza reg. ord. n. 22 del 2011.
Secondo la Regione Sardegna, le questioni sarebbero, anzitutto, inammissibili perché formulate in maniera alternativa ed ipotetica.
4.1.— L’eccezione è fondata.
4.1.1.— Secondo il rimettente, «in caso di conferma dell’orientamento espresso dalla Corte con la pronunzia n. 411 del 2008», dovrebbe essere dichiarata costituzionalmente illegittima la legge regionale n. 14 del 2002 per la medesima violazione della competenza statale esclusiva in materia di tutela della concorrenza, che era stata all’origine della pronuncia di illegittimità costituzionale dell’art. 24 della legge regionale n. 5 del 2007 di cui alla citata sentenza n. 411 del 2008.
Nello stesso tempo il TAR ritiene che, ove «l’approfondimento del rapporto dei poteri Stato/Regione sulla questione dovesse far riscontrare la mancanza di una violazione […] di una norma statale di diretto recepimento di un vincolo comunitario», riconoscendo una competenza delle Regioni ad autonomia speciale anche in materia di “qualificazione” delle imprese, dovrebbe, invece, essere dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 40 del d.lgs. n. 163 del 2006 in quanto lesivo dell’art. 3, lettera e), dello statuto speciale, nella parte in cui impone, per i lavori pubblici regionali, un sistema unico privatistico di certificazione, non ammettendo un sistema pubblico parallelo regionale (alternativo e non sostitutivo), non lesivo del principio di libera concorrenza.
La sintesi dell’ordinanza di rimessione rende, quindi, palese che il giudice a quo solleva due questioni di legittimità costituzionale alternative, frutto di due percorsi interpretativi opposti, senza minimamente optare per alcuno dei due. Pertanto, in virtù di un principio costante nella giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 355 del 2010, ordinanze n. 230 e n. 98 del 2009), deve essere dichiarata la manifesta inammissibilità delle questioni, poiché sono state formulate in termini di alternativa irrisolta e, dunque, ancipite, senza operare una scelta fra le due, rendendo anche perplessa la motivazione sulla rilevanza delle stesse.
In conseguenza dell’accoglimento di tale eccezione di inammissibilità, restano assorbite le ulteriori eccezioni di inammissibilità proposte dalla Regione Sardegna.
5.— Ancora in via preliminare, occorre esaminare le eccezioni di inammissibilità proposte in particolare dalla Regione Sardegna nei confronti della questione sollevata con l’ordinanza reg. ord. n. 52 del 2011.
5.1.— Ad avviso della Regione, la questione sarebbe anzitutto inammissibile per difetto di motivazione in ordine alla dedotta violazione dell’art. 3, lettera e), dello statuto speciale ed alle ragioni dell’applicabilità, nella specie, delle norme del Titolo V, Parte seconda, della Costituzione.
5.1.1.— L’eccezione non è fondata.
Il rimettente ha fatto correttamente riferimento alle norme statutarie, ed in specie all’art. 3, lettera e), dello statuto speciale, nella parte in cui attribuisce alla Regione Sardegna la competenza legislativa primaria in materia di lavori pubblici di interesse regionale, con contestuale previsione dei limiti alla sua esplicazione. Come già affermato da questa Corte (di recente, nella sentenza n. 114 del 2011), il richiamo anche alle disposizioni contenute nell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. trova giustificazione nella considerazione che i limiti statutari alla potestà legislativa regionale derivano dalla legislazione statale, espressione di principi generali dell’ordinamento giuridico della Repubblica, nonché di norme fondamentali di grande riforma economico-sociale e di obblighi internazionali.
5.2.— La questione, secondo la Regione, sarebbe inoltre inammissibile poiché il giudice a quo non avrebbe svolto alcun percorso argomentativo autosufficiente in ordine alla non manifesta infondatezza della medesima questione, limitandosi a richiamare la sentenza n. 411 del 2008.
5.2.1.— Anche tale eccezione non è fondata.
Il TAR, benché richiami la sentenza n. 411 del 2008 di questa Corte e le argomentazioni ivi svolte, ha riprodotto ampi brani della motivazione della predetta, procedendo, poi, ad individuare chiaramente ed adeguatamente – anche se sinteticamente – alla stregua di quella decisione, le ragioni che lo inducono a dubitare della costituzionalità delle norme regionali oggetto del presente giudizio (da ultimo, sentenza n. 234 del 2011).
5.3.— Nel merito, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge della Regione Sardegna n. 14 del 2002, sollevata con l’ordinanza. n. 52 del 2011, è fondata.
5.3.1.— Questa Corte si è ripetutamente pronunciata sulla questione del riparto delle competenze legislative tra lo Stato e le Regioni ad autonomia speciale, fra le quali vi è la Regione Sardegna, titolare, in virtù dello statuto speciale, di competenza legislativa primaria nella materia «lavori pubblici di esclusivo interesse della Regione» (art. 3, lettera e), dello statuto speciale).
Secondo la costante giurisprudenza costituzionale, si deve ritenere che, in presenza di una siffatta specifica attribuzione statutaria, la Regione è tenuta ad esercitare la propria competenza legislativa primaria «in armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali […], nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali» e, nel dettare la disciplina dei contratti di appalto riconducibili alla suindicata locuzione, è tenuta ad osservare le disposizioni di principio contenute nel d.lgs. n. 163 del 2006 (sentenza n. 184 del 2011).
In particolare, le disposizioni del Codice degli appalti, per la parte in cui sono correlate all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., ed in specie alla materia «tutela della concorrenza», vanno, infatti, «ascritte, per il loro stesso contenuto d’ordine generale, all’area delle norme fondamentali di riforme economico-sociali, nonché delle norme con le quali lo Stato ha dato attuazione agli obblighi internazionali nascenti dalla partecipazione dell’Italia all’Unione europea» (sentenza n. 144 del 2011), che costituiscono limite alla potestà legislativa primaria della Regione.
La legislazione regionale deve, quindi, osservare anche i limiti derivanti dal rispetto dei principi della tutela della concorrenza, fissati dal d.lgs. n. 163 del 2006, strumentali ad assicurare le libertà comunitarie, e non può avere un contenuto difforme dalle disposizioni di quest’ultimo, che costituiscono diretta attuazione delle prescrizioni poste a livello europeo, né quindi alterare il livello di tutela garantito dalle norme statali (sentenze n. 144 del 2011; n. 221 e n. 45 del 2010).
Con specifico riguardo alla disciplina della qualificazione e selezione delle imprese, questa Corte ha osservato che essa, unitamente alla regolamentazione delle procedure di affidamento e dei criteri di aggiudicazione, mira a garantire che le gare «si svolgano nel rispetto delle regole concorrenziali e dei princìpi comunitari della libera circolazione delle merci, della libera prestazione dei servizi, della libertà di stabilimento, nonché dei princìpi costituzionali di trasparenza e parità di trattamento» (sentenze n. 431 e n. 401 del 2007).
Siffatta disciplina, in quanto volta a consentire la piena apertura del mercato nel settore degli appalti, è riconducibile all’àmbito della tutela della concorrenza, di esclusiva competenza del legislatore statale (sentenze n. 401 del 2007, n. 345 del 2004), che, quindi, può stabilire una regolamentazione integrale e dettagliata delle richiamate procedure di gara (nella specie, adottata con il citato d.lgs. n. 163 del 2006), la quale, avendo ad oggetto il mercato di riferimento delle attività economiche, può influire anche su materie attribuite alla competenza legislativa delle Regioni (sentenza n. 411 del 2008).
Sulla scorta di siffatte argomentazioni è stata, quindi, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 24 della legge Regione Sardegna n. 5 del 2007, in quanto esso, nella parte in cui prevedeva che le stazioni appaltanti opere pubbliche da eseguire nell’ambito del territorio regionale «devono ammettere agli appalti di tali opere sia imprese aventi la sola iscrizione all’albo regionale degli appaltatori di opere pubbliche, sia imprese in possesso della sola attestazione rilasciata dalle SOA», violava la competenza statale esclusiva in materia di tutela della concorrenza e di ordinamento civile, dettando, in tema di “sistemi di qualificazione” delle imprese, una disciplina difforme da quella nazionale di cui al d.lgs. n. 163 del 2006, alla quale avrebbe invece dovuto adeguarsi (sentenza n. 411 del 2008).
5.3.2.— Alla luce dei medesimi principi, va dichiarata l’illegittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge della Regione Sardegna n. 14 del 2002.
Tali norme, nell’individuare le disposizioni al cui rispetto sono tenuti gli enti e le pubbliche amministrazioni che intendono appaltare, concedere o affidare la realizzazione di lavori pubblici che si svolgono nell’ambito del territorio regionale (art. 1), delineano un sistema autonomo di qualificazione delle imprese, applicabile esclusivamente nell’ambito delle procedure di appalto di lavori indette dalle amministrazioni aggiudicatrici individuate dalla medesima legge regionale, stabilendo che «la qualificazione dei soggetti esecutori dei lavori pubblici di cui all’articolo 1 della presente legge, attestata sulla base delle disposizioni seguenti, costituisce condizione sufficiente per la dimostrazione dell’esistenza dei requisiti di capacità economicofinanziaria, dell’idoneità tecnica e organizzativa, della dotazione di attrezzature tecniche e dell’adeguato organico medio annuo delle imprese ai fini della partecipazione alle gare d’appalto dei lavori pubblici» (art. 2) di interesse regionale.
Detta qualificazione è affidata ad una apposita Commissione permanente, costituita presso l’Assessorato regionale dei lavori pubblici, che è un organismo qualitativamente e strutturalmente diverso da quelli individuati dalla normativa statale (gli organismi di diritto privato di attestazione, appositamente autorizzati ed anche controllati dall’Autorità, denominati SOA), il quale è chiamato ad applicare criteri, determinati dal legislatore regionale, che sono comunque differenti rispetto a quelli individuati dal legislatore statale nel d.lgs. n. 163 del 2006.
In tal modo, le disposizioni censurate recano una disciplina dei sistemi di qualificazione delle imprese per la partecipazione alle gare per gli appalti di lavori pubblici di interesse regionale difforme da quella nazionale di cui al d.lgs. n. 163 del 2006, alla quale avrebbero invece dovuto adeguarsi, e quindi idonea ad incidere sul livello della concorrenza, garantito dalla normativa statale, strumentale a consentire la piena apertura del mercato nel settore degli appalti (sentenza n. 114 del 2011).
Le norme in esame sono, pertanto, in contrasto con i limiti generali posti dallo statuto all’esercizio della competenza legislativa primaria in materia di lavori pubblici di interesse regionale attribuita alla Regione dall’art. 3, lettera e), del medesimo statuto, limiti inerenti, appunto, al rispetto delle regole concorrenziali e dei princìpi comunitari della libera circolazione delle merci, della libera prestazione dei servizi, della libertà di stabilimento, nonché dei princìpi costituzionali di trasparenza e parità di trattamento e dunque ascrivibili, come questa Corte ha già espressamente riconosciuto, «per il loro stesso contenuto d’ordine generale, all’area delle norme fondamentali di riforme economico-sociali, nonché delle norme con le quali lo Stato ha dato attuazione agli obblighi internazionali nascenti dalla partecipazione dell’Italia all’Unione europea» (sentenza n. 144 del 2011).
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi;
1) dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge della Regione Sardegna 9 agosto 2002, n. 14 (Nuove norme in materia di qualificazione delle imprese per la partecipazione agli appalti di lavori pubblici che si svolgono nell’ambito territoriale regionale);
2) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale della legge della Regione Sardegna n. 14 del 2002, nonché dell’art. 40, comma 3, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), sollevate, in riferimento all’art. 3, lettera e), della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna) ed all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., con l’ordinanza reg. ord. n. 22 del 2011.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 novembre 2011.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Giuseppe TESAURO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 7 dicembre 2011.