ANNO 2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 645, secondo comma, ultima frase, 165 e 647, primo comma (seconda ipotesi), del codice di procedura civile, promosso dal Tribunale di Monza nel procedimento vertente tra Teruzzi Gerardo e la New Impianti s.r.l. con ordinanza del 6 ottobre 2008, iscritta al n. 8 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell'anno 2009.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 24 giugno 2009 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro.
Ritenuto che, nel corso di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, il Tribunale di Monza ha sollevato questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 645, secondo comma, ultima frase, 165 e 647, primo comma (seconda ipotesi), del codice di procedura civile, per violazione degli artt. 111, 24 e 3 della Costituzione;
che, nella specie, il decreto ingiuntivo era stato notificato il 31 marzo 2008;
che il rimettente premette che l'intimato aveva proposto opposizione notificata il 16 giugno 2008 e aveva citato la società opposta ricorrente a comparire per l'udienza del 1° ottobre 2008, assegnando un termine di comparizione superiore a sessanta giorni, ma inferiore ai novanta, previsti dal nuovo testo dell'art. 163-bis cod. proc. civ. e che l'opponente si era costituita in giudizio e aveva iscritto la causa a ruolo il 26 giugno 2008, dieci giorni dopo la avvenuta notifica dell'opposizione;
che ne era conseguita la tardività dell'iscrizione a ruolo sulla base dell'orientamento giurisprudenziale consolidato, costituente diritto vivente, secondo cui, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la riduzione alla metà del termine di costituzione dell'opponente, ai sensi dell'art. 645, secondo comma, cod. proc. civ., consegue automaticamente al fatto obiettivo della concessione all'opposto di un termine di comparizione inferiore a quello previsto dall'art. 163-bis cod. proc. civ., anche se involontaria, e che la tardiva costituzione dell'opponente è equiparata alla mancata costituzione, determinando l'improcedibilità dell'opposizione;
che, secondo il giudice a quo, il richiamato diritto vivente non può essere seguito;
che l'art. 645 cod. proc. civ. prevede la riduzione dei termini di comparizione, non anche di quelli di costituzione;
che l'opponente è convenuto in senso sostanziale e non ha pertanto l'onere, presupposto dall'art. 165 cod. proc. civ., di dare contezza dei documenti al creditore opposto, perché questi possa preparare la difesa, giacché costui, attore in senso sostanziale, già conosce la materia del contendere, avendo introdotto la lite;
che, ove poi l'opponente intenda proporre domanda riconvenzionale, la citazione in opposizione sarà, limitatamente a questa, eventualmente nulla per inosservanza del termine a comparire inferiore al minimo legale, ma non certo improcedibile, se l'iscrizione avvenga dopo i cinque giorni, nel senso che si attiveranno i meccanismi di sanatoria disciplinati dall'art. 164 cod. proc. civ., ma la riconvenzionale non sarà in alcun modo affetta da improcedibilità;
che l'oggetto del giudizio di opposizione è determinato dal ricorso per ingiunzione, non dall'atto di opposizione e la facoltà di dimidiare i termini a comparire con l'atto di opposizione appare al rimettente coerente con le caratteristiche del procedimento monitorio, che vedono l'inversione delle parti e il succedersi, alla fase strettamente monitoria, dell'iniziativa impugnatoria dell'opponente, volta a instaurare un giudizio ordinario di cognizione;
che, mentre la ratio della facoltà di dimidiare il termine a comparire di cui all'art. 645 cod. proc. civ. è l'innestarsi dell'opposizione sul pregresso procedimento monitorio, la ratio della dimidiazione prevista dall'art. 163-bis, secondo comma, cod. proc. civ., consiste nella pronta spedizione della causa e richiede il vaglio del Presidente del tribunale sulla sussistenza del presupposto applicativo della norma;
che a tutt'altro scopo risponde l'art. 645, secondo comma, ultima frase, cod. proc. civ., il quale lascia all'attore la libera facoltà di ridurre il termine a comparire, proprio in considerazione del fatto che: a) egli non è attore in senso sostanziale, b) l'oggetto del giudizio di opposizione è già stato predeterminato, con il ricorso monitorio, dal creditore intimante, c) l'opposizione s'innesta su un procedimento giurisdizionale composito la cui pendenza ad ogni effetto si produce e si determina, a livello prodromico, con il deposito del ricorso monitorio e, sul piano della produzione degli effetti sostanziali e processuali dalla domanda giudiziale, con la notificazione del decreto ingiuntivo;
che, d'altronde, al debitore ingiunto non interessa la «pronta spedizione» della causa, con la conseguenza che la dimidiazione del termine a comparire, da fissare con l'atto di opposizione, si connette alle peculiarità e alla natura composita del procedimento monitorio, piuttosto che alla previsione di cui all'art. 163-bis, secondo comma, cod. proc. civ.;
che, in conclusione, appare discutibile l'estensione all'opponente della dimidiazione del termine di costituzione dell'attore prevista dall'art. 165 cod. proc. civ. per le cause che richiedono «pronta spedizione», sostenuta dalla costante giurisprudenza della Corte di cassazione;
che l'equiparazione della costituzione tardiva alla costituzione mancata, laddove l'art. 647 cod. proc. civ. fa riferimento soltanto a quest'ultima, non è affatto scontata, né può discendere tout court dalla natura impugnatoria dell'opposizione;
che gli artt. 348, 369 e 399 cod. proc. civ. contemplano espressamente la sanzione d'improcedibilità dell'impugnazione per tardiva costituzione dell'impugnante, mentre l'art. 647 cod. proc. civ. disciplina il solo caso della mancata costituzione dell'opponente e non quello della tardiva costituzione;
che una sanzione d'improcedibilità deteriore rispetto ai consueti meccanismi applicabili alla tardiva iscrizione della causa a ruolo del processo di prime cure, qual è pur sempre il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo (art. 307 cod. proc. civ.), appare incompatibile con i principi del «giusto processo regolato dalla legge», poiché tale sanzione, a differenza delle suddette regole in materia d'impugnazioni, non è espressamente sancita dalle norme processuali e, in difetto di ciò, non può essere desunta in via interpretativa;
che le precedenti pronunce della Corte costituzionale che si sono occupate della compatibilità costituzionale del ridotto termine di costituzione dell'opponente, in ipotesi di abbreviazione del termine a comparire (ordinanze n. 239 del 2000 e n. 154 del 2005), hanno fatto costante riferimento a una scelta consapevole dell'opponente e alla conseguente necessità (accentuata nel nuovo regime di anticipazione per il notificante degli effetti della notificazione) di curare con diligenza la tempestiva costituzione in giudizio, semmai iscrivendo la causa a ruolo con la cosiddetta «velina», secondo una prassi ampiamente ammessa e riconosciuta dalle cancellerie dei tribunali;
che la Corte non risulta, invece, avere mai esaminato il problema della «dimidiazione inconsapevole» del termine a comparire, giusta il caso verificatosi nella specie, susseguente alla recente novellazione del termine minimo a comparire di cui all'art. 163-bis cod. proc. civ., elevato da sessanta a novanta giorni;
che, nel giudizio a quo, l'opponente ebbe ad osservare il vecchio termine a comparire di sessanta giorni, ma non il nuovo di novanta e ciò per chiara distrazione;
che, nonostante l'assegnazione del termine a comparire di pochi giorni inferiore ai novanta previsti dal nuovo art. 163-bis cod. proc. civ. sia stata chiaramente involontaria, il diritto vivente della Corte di cassazione la equipara ad una scelta volontaria dell'opponente, su cui grava l'onere di osservare il dimidiato termine anche per la costituzione in giudizio, pur con le forzature ermeneutiche sopra criticate, senza dare rilievo alcuno all'atteggiamento soggettivo dell'opponente;
che, alla luce del combinato disposto degli artt. 645, secondo comma, ultima frase, 165, 647, primo comma (seconda ipotesi) cod. proc. civ., ben può dubitarsi della conformità agli artt. 111, 24, primo comma, e 3 Cost. della norma che, nel diritto vivente, rende improcedibile l'opposizione a decreto ingiuntivo iscritta a ruolo oltre cinque giorni (ma entro dieci giorni) dalla notificazione, sia nell'ipotesi in cui l'assegnazione di un termine a comparire inferiore a quello ordinario sia volontaria, sia nell'ipotesi in cui tale assegnazione sia inconsapevole;
che la contrarietà al principio del giusto processo «regolato dalla legge» (art. 111 Cost.) si coglie nella creazione, per via giurisprudenziale, con ragionamento analogico, di una sanzione d'improcedibilità dell'opposizione che l'art. 647, primo comma (seconda ipotesi), cod. proc. civ. commina soltanto per il caso di mancata costituzione dell'opponente, ma non per quello di costituzione tardiva, ed emerge altresì nell'estensione, sempre in via interpretativa e senza che sussista il presupposto della eadem ratio, del dimidiato termine di costituzione sancito dall'art. 165 cod. proc. civ. per le cause che, richiedendo pronta spedizione, a seguito di esplicita autorizzazione presidenziale, siano state instaurate con un ridotto termine a comparire;
che la sanzione d'improcedibilità dell'opposizione tardivamente iscritta a ruolo, in caso di dimidiazione anche inavvertita del termine a comparire, viola altresì il diritto alla tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.) e il principio di ragionevolezza, perché grava l'opponente di un onere che appare inutilmente e irragionevolmente contrario alla struttura bifasica del rito monitorio e all'inversione della posizione processuale delle parti, specialmente se si considera che l'opposizione a decreto ingiuntivo instaura pur sempre un processo di primo grado e si raffronta questa disciplina con quella riservata alle ipotesi di tardiva iscrizione a ruolo di una causa di primo grado;
che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l'inammissibilità e, comunque, per l'infondatezza della questione, posto che il rimettente non offre alcuna dimostrazione del fatto che, nel caso di specie, la dimidiazione del termine a comparire sia stata effettivamente inconsapevole, trattandosi di mera congettura, neppure avvalorata da un'eccezione di parte;
che, nel merito, non risultano prospettate argomentazioni nuove o diverse rispetto a quelle già esaminate e disattese dalla giurisprudenza costituzionale che ha dichiarato la questione manifestamente infondata;
che, in particolare – rileva l'Autorità intervenuta – con ordinanza n. 407 del 2008, la Corte costituzionale ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione in mancanza di dimostrazione circa l'asserita inconsapevolezza della dimidiazione del termine a comparire, ed essendo sottoposte al suo vaglio questioni concernenti disposizioni diverse, in rapporto di alternatività irrisolta.
Considerato che il Tribunale di Monza dubita della legittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 645, secondo comma, ultima frase, 165 e 647, primo comma (seconda ipotesi), del codice di procedura civile, nella parte in cui prevede, secondo il diritto vivente, che l'opposizione a decreto ingiuntivo è improcedibile se iscritta a ruolo dopo il termine dimidiato di cinque giorni, allorché l'opponente abbia assegnato, anche involontariamente, all'opposto un termine inferiore a quello previsto dall'art. 163-bis cod. proc. civ., per violazione degli artt. 111, 24 e 3 Cost.;
che il giudice rimettente propone due questioni e, precisamente, quella della automatica dimidiazione del termine di costituzione dell'opponente ove la concessione del termine a comparire, inferiore ai novanta giorni di cui all'art. 163-bis c.p.c., sia stata involontaria, e quella sulla sanzione della improcedibilità, conseguente alla tardiva costituzione;
che lo stesso giudice non spiega il rapporto tra le due questioni, per le quali pone due quesiti indipendenti tra loro, né dà indicazioni riguardo ad una priorità o subordinazione logica tra di esse;
che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, non è consentita la proposizione di questioni concernenti disposizioni diverse in rapporto di alternatività irrisolta, con conseguente manifesta inammissibilità delle questioni stesse (ex plurimis, ordinanze n. 407 del 2008, n. 296 e n. 62 del 2007; n. 128 del 2003; n. 107 del 2001);
che, a prescindere dalla fondatezza dell'opinione del giudice a quo, secondo cui i precedenti scrutini di costituzionalità non avrebbero mai preso in specifica considerazione l'ipotesi di “inconsapevole dimidiazione” del termine, il rimettente – come rilevato dalla difesa erariale – non offre alcuna dimostrazione del fatto che nel caso di specie la dimidiazione del termine a comparire sia stata effettivamente inconsapevole;
che, in assenza di motivazione sul punto, neppure avvalorata da un'eccezione di parte, si tratta di mera congettura del giudice a quo, la cui ordinanza, dunque, è manifestamente inammissibile anche per insufficiente motivazione sulla rilevanza (ordinanze n. 280, n. 227, n. 92 del 2007).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 645, secondo comma, ultima frase, 165 e 647, primo comma (seconda ipotesi), del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, dal Tribunale di Monza, con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 luglio 2009.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Alfio FINOCCHIARO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 22 luglio 2009.