ORDINANZA N. 154
ANNO 2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Fernanda CONTRI Presidente
- Guido NEPPI MODONA Giudice
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 645, secondo comma, 647 e 165 del codice di procedura civile, promosso con ordinanza del 26 gennaio 2004 dal Tribunale di Genova nel procedimento civile vertente tra Immobiliare Smeraldo s.r.l. ed altro e INTESA BCI Gestione Crediti s.p.a., iscritta al n. 471 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell’anno 2004.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 9 febbraio 2005 il Giudice relatore Fernanda Contri.
Ritenuto che il Tribunale di Genova, con ordinanza emessa il 26 gennaio 2004, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 645, secondo comma, 647 e 165 del codice di procedura civile, nella parte in cui fa decorrere il termine di costituzione dell’opponente a decreto ingiuntivo dalla notificazione dell’opposizione, anziché dalla restituzione dell’originale o da altro atto cui possa collegarsi la conoscenza dell’inizio del decorso del termine, e nella parte in cui non consente che il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo possa proseguire, qualora la mancata tempestiva costituzione dell’opponente sia dipesa da caso fortuito o forza maggiore;
che il rimettente espone in fatto che nel giudizio a quo la parte opposta ha eccepito l’improcedibilità dell’opposizione a decreto ingiuntivo per la tardiva costituzione in giudizio dell’opponente, il quale, pur essendosi avvalso della facoltà di abbreviare i termini, non aveva tempestivamente provveduto all’iscrizione della causa a ruolo in conseguenza del ritardo dell’ufficio notifiche nella restituzione dell’atto di citazione notificato;
che il rimettente riferisce anche di aver respinto l’istanza di rimessione in termini, formulata dall’opponente, in ragione della ritenuta inapplicabilità dell’art. 184-bis cod. proc. civ. a situazioni esterne allo svolgimento del giudizio, per le quali resta fermo il principio della improrogabilità dei termini, come ripetutamente affermato dalla Corte di cassazione;
che ad avviso del giudice a quo le disposizioni censurate, in forza delle quali l’opponente che si sia avvalso della facoltà di ridurre i termini deve costituirsi in giudizio entro cinque giorni dalla notifica dell’opposizione, non attribuiscono alcun rilievo alla effettiva conoscenza o conoscibilità dell’atto da cui decorre il termine di costituzione per l’attore, nonostante la gravità delle conseguenze derivanti dalla tardiva costituzione in giudizio;
che nella predetta ipotesi non sarebbe adeguatamente ed effettivamente assicurata la tutela giurisdizionale, in quanto il soggetto interessato, non essendo posto in condizione di conoscere tempestivamente il momento iniziale di decorrenza del termine per la costituzione in giudizio, si verrebbe a trovare nella impossibilità di agire per la difesa dei propri diritti, con conseguente lesione del diritto di difesa e del diritto ad un giusto processo, essendo impedita la tutela giurisdizionale nell’unica fase in cui l’opponente può proporre le proprie difese, senza che sia data alcuna considerazione alle ragioni della tardiva costituzione, che potrebbero dipendere anche da caso fortuito o forza maggiore;
che, ad avviso del rimettente, sussisterebbe poi una disparità di trattamento rispetto alla disciplina del processo ordinario, nel quale non è prevista analoga sanzione di improcedibilità per la tardiva costituzione dell’attore;
che il Tribunale rimettente, nel richiamare il principio dell’effettività della tutela giurisdizionale sancito dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, sottolinea come in sede comunitaria sia stato ripetutamente affermato che non può essere sanzionata l’inattività del titolare di una situazione sostanziale quando essa sia la conseguenza di un impedimento di fatto a lui non imputabile;
che il giudice a quo esclude infine di poter aderire alla prassi in uso in diversi uffici giudiziari, che ammettono la costituzione in giudizio sulla base della cosiddetta “velina” dell’atto introduttivo, trattandosi di modalità non conforme al dettato legislativo e all’orientamento della Corte di cassazione, tanto che in diversi disegni di legge all’esame del Parlamento è stata prospettata la necessità di modificare la disciplina della costituzione in giudizio, consentendosi espressamente il deposito della copia fotostatica dell’atto di citazione e la rimessione in termini, anche con riferimento a quelli di natura perentoria, quando la loro inosservanza sia dovuta a causa non imputabile alla parte;
che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la inammissibilità o comunque per la infondatezza delle questioni;
che la difesa erariale osserva come analoga questione di legittimità costituzionale sia stata decisa da questa Corte con la sentenza n. 107 del 2004, nella quale, in applicazione del principio, già più volte affermato in diversi precedenti, per cui la notifica si perfeziona per il notificante con la consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario, si è riconosciuta la possibilità che la causa sia iscritta a ruolo fin da tale momento, indipendentemente dalla verifica dell’esito della notificazione, la quale può essere comunque rinnovata se affetta da nullità.
Considerato che il dubbio di legittimità costituzionale prospettato dal Tribunale di Genova, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, investe il combinato disposto degli artt. 645, secondo comma, 647 e 165 del codice di procedura civile sotto gli aspetti relativi alla mancata conoscenza dell’inizio del decorso del termine di costituzione in giudizio dell’opponente a decreto ingiuntivo e alla conseguenza della improseguibilità del giudizio, anche quando la mancata tempestiva costituzione dell’opponente sia dipesa da caso fortuito o forza maggiore;
che questione analoga è stata già esaminata da questa Corte e dichiarata manifestamente infondata con ordinanza n. 239 del 2000;
che, in particolare, quanto alla pretesa disparità di trattamento rispetto alla disciplina della costituzione in giudizio dell’attore nel processo ordinario, può osservarsi – come prima d’ora rilevato nell’ordinanza n. 239 del 2000 – che i termini posti a raffronto dal rimettente sono privi di omogeneità e quindi non comparabili, in quanto, attesa la natura impugnatoria dell’opposizione a decreto ingiuntivo, il parallelo potrebbe eventualmente porsi con la disciplina della costituzione in giudizio dell’appellante, in relazione alla quale deve comunque escludersi l’asserita diseguaglianza, poiché anche per l’appellante è prevista analoga sanzione di improcedibilità in caso di costituzione tardiva;
che possono ripetersi le medesime considerazioni svolte nell’anzidetta pronuncia anche in ordine all’asserita lesione del diritto di difesa, sottolineandosi come le sentenze di questa Corte, che avevano individuato nell’art. 24 Cost. il principio della garanzia di conoscibilità degli atti ed erano perciò state invocate a sostegno della dedotta violazione del diritto di difesa, riguardavano ipotesi in cui la decorrenza del termine era fissata in relazione alla pronuncia, al deposito o all’affissione di un provvedimento ed erano quindi ben diverse da quella considerata, nella quale è lo stesso opponente a porre le premesse per la sua costituzione nel termine ridotto;
che la censura relativa alla mancata conoscenza del momento iniziale di decorrenza del termine di costituzione in giudizio non ha più ragione d’essere, poiché per effetto delle pronunce di questa Corte e, in particolare, della sentenza n. 477 del 2002, “risulta ormai presente nell’ordinamento processuale civile, fra le norme generali sulle notificazioni degli atti, il principio secondo il quale – relativamente alla funzione che sul piano processuale, cioè come atto della sequenza del processo, la notificazione è destinata a svolgere per il notificante – il momento in cui la notifica si deve considerare perfezionata per il medesimo deve distinguersi da quello in cui essa si perfeziona per il destinatario” (sentenza n. 28 del 2004 e ordinanze n. 153, n. 132 e n. 97 del 2004);
che l’applicazione al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo del citato principio in tema di momento perfezionativo della notificazione comporta la conseguenza che fin dal momento della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario il notificante può compiere “le attività (tra cui, appunto, l’iscrizione a ruolo) che presuppongono la notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, ferma restando, in ogni caso, la decorrenza del termine finale dalla consegna al destinatario” (sentenza n. 107 del 2004);
che in quest’ultima pronuncia si è altresì osservato come nell’ipotesi di notificazioni a mezzo posta sia già espressamente consentita dall’art. 5, terzo comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari) l’iscrizione della causa a ruolo prima del perfezionamento della notificazione per il destinatario, rilevandosi altresì che, ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civ., la notificazione viziata da nullità ben può essere rinnovata senza che si incorra in decadenza, onde il rischio economico di una inutile iscrizione a ruolo è limitato alla sola marginale ipotesi della notificazione inesistente;
che le norme impugnate risultano quindi esenti dai prospettati vizi di illegittimità costituzionale, poiché l’applicazione del principio relativo al momento perfezionativo delle notificazioni – affermato, come si è detto, con la sentenza n. 477 del 2002 e riferibile ad ogni tipo di notificazione – avrebbe consentito una tempestiva costituzione in giudizio, impedendo il verificarsi dell’effetto pregiudizievole della improcedibilità dell’opposizione;
che, pertanto, le sollevate questioni sono manifestamente infondate.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 97, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 645, secondo comma, 647 e 165 del codice di procedura civile, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, dal Tribunale di Genova con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 aprile 2005.
Fernanda CONTRI, Presidente e Redattore
Depositata in Cancelleria il 12 aprile 2005.