Sentenza n. 411 del 2008

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SENTENZA N. 411

ANNO 2008

 

Commento alla decisione di

Roberto Bin

 

Prevalenza senza criterio

 

(per gentile concessione del Forum dei Quaderni costituzionali)

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-    Giovanni Maria         FLICK                                Presidente

-    Francesco                AMIRANTE                          Giudice

-    Ugo                        DE SIERVO                             "

-    Paolo                      MADDALENA                          "

-    Alfio                       FINOCCHIARO                       "

-    Alfonso                   QUARANTA                            "

-    Franco                    GALLO                                    "

-    Luigi                       MAZZELLA                             "

-    Gaetano                   SILVESTRI                              "

-    Sabino                     CASSESE                                "

-    Maria Rita               SAULLE                                  "

-    Giuseppe                 TESAURO                                "

-    Paolo Maria             NAPOLITANO                         "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 5 (recte: commi 1 e 6), dell’art. 9, dell’art. 11 (recte: commi da 12 a 16), dell’art. 13 (recte: commi 3, 4 e 10), dell’art. 16 (recte: comma 12), dell’art. 20 (recte: comma 5), dell’art. 21 (recte: comma 1), dell’art. 22 (recte: commi 2, 14, 17 e 18), dell’art. 24, dell’art. 26 (recte: comma 2), dell’art. 30 (recte: comma 3), dell’art. 34 (recte: comma 1), degli artt. 35 (recte: comma 2) e 36, degli artt. 38 (recte: comma 1) e 39, (recte: commi 1 e 3), degli artt. 40 e 41, dell’art. 46 (recte: commi 4 e 7), dell’art. 51 (recte: commi 1 e 3), dell’art. 54 (recte: commi 1, 2, 8, 9, 10 e 11) degli artt. 57, 58, 59 e 60 e dell’allegato I (punti 45.23, 45.24, 45.25) della legge della Regione Sardegna 7 agosto 2007, n. 5 (Procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi, in attuazione della direttiva comunitaria n. 2004/18/CE del 31 marzo 2004 e disposizioni per la disciplina delle fasi del ciclo dell’appalto), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato l’8 ottobre 2007, depositato in cancelleria il 16 ottobre 2007 ed iscritto al n. 46 del registro ricorsi 2007.

Visto l’atto di costituzione della Regione Sardegna;

udito nell’udienza pubblica del 21 ottobre 2008 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro:

uditi l’avvocato dello Stato Francesco Lettera per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Paolo Carrozza e Graziano Campus per la Regione Sardegna.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso, notificato l’otto ottobre 2007, depositato il successivo 16 ottobre, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale, in via principale, dell’art. 5 (recte: commi 1 e 6), dell’art. 9, dell’art. 11 (recte: commi da 12 a 16), dell’art. 13 (recte: commi 3, 4 e 10), dell’art. 16 (recte: comma 12), dell’art. 20 (recte: comma 5), dell’art. 21 (recte: comma 1), dell’art. 22 (recte: commi 2, 14, 17 e 18), dell’art. 24, dell’art. 26 (recte: comma 2), dell’art. 30 (recte: comma 3), dell’art. 34 (recte: comma 1), degli artt. 35 (recte: comma 2) e 36, degli artt. 38 (recte: comma 1) e 39 (recte: commi 1 e 3), degli artt. 40 e 41, dell’art. 46 (recte: commi 4 e 7), dell’art. 51 (recte: commi 1 e 3), dell’art. 54 (recte: commi 1, 2, 8, 9, 10 e 11) degli artt. 57, 58, 59 e 60 e dell’allegato I (punti 45.23, 45.24, 45.25) della legge della Regione Sardegna 7 agosto 2007, n. 5 (Procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi, in attuazione della direttiva comunitaria n. 2004/18/CE del 31 marzo 2004 e disposizioni per la disciplina delle fasi del ciclo dell’appalto), in riferimento all’art. 3 dello statuto speciale per la Regione Sardegna, di cui alla legge costituzionale n. 3 del 1948, ed all’art. 117 della Costituzione.

2. – Il ricorrente premette che la Regione Sardegna, nell’esercizio della propria competenza legislativa primaria in materia di «lavori pubblici di esclusivo interesse della Regione» (art. 3, lettera e, dello statuto speciale), ha adottato la legge regionale n. 5 del 2007 per dettare una disciplina organica in materia di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture «in dichiarata attuazione della nuova normativa comunitaria». Alcune norme di detta legge – volta a disciplinare tutti gli appalti pubblici che si eseguono sul territorio regionale, di qualunque importo – non sarebbero, tuttavia, «in linea con i principi costituzionali che presiedono al riparto delle competenze legislative nella materia». Esse invaderebbero ambiti spettanti alla competenza legislativa dello Stato, quali la tutela della concorrenza e l’ordinamento civile, espressamente individuati dal secondo comma, lettere e) ed l), dell’art. 117 della Costituzione, ponendosi in contrasto con le norme statali dirette a disciplinare questi ultimi recate dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), le quali costituirebbero norme di riforma economico-sociale vincolanti per le Province autonome.

In particolare il ricorrente censura l’art. 5, comma 1, della citata legge regionale, nella parte in cui stabilisce che le amministrazioni ed i soggetti pubblici sono tenuti a redigere ed approvare un programma triennale per i soli lavori di importo superiore ai 200.000 euro, in contrasto con l’art. 128 del d.lgs. n. 163 del 2006, in tal modo, peraltro, rendendo la programmazione non più obbligatoria per moltissimi lavori pubblici per i quali è imposta dalla legislazione statale, incidendo quindi su un principio, quello della «necessaria stretta relazione tra programmazione, progettazione, finanziamento e realizzazione, che costituisce uno dei cardini della buona amministrazione perseguiti dalla riforma sui lavori pubblici». Analogamente, sarebbe costituzionalmente illegittimo il comma 6 del medesimo art. 5 nella parte in cui prescrive – ai fini dell’inserimento di un lavoro nell’elenco annuale – solo uno studio di fattibilità per i lavori di importo inferiore ai 2.000.000 di euro ed il progetto preliminare per i soli lavori di importo superiore a 2.000.000 di euro, laddove la corrispondente norma statale prescrive lo studio di fattibilità per i lavori di importo inferiore ad 1.000.000 di euro ed il progetto preliminare per i lavori superiori a tale importo.

Anche l’art. 9 della medesima legge regionale sarebbe costituzionalmente illegittimo in quanto, disciplinando la progettazione e le tipologie progettuali in modo difforme da quanto stabilito dallo Stato nelle corrispondenti norme del d.lgs. n. 163 del 2006, violerebbe la competenza statale esclusiva in tema di progettazione, la cui disciplina, contenendo le regole di esecuzione dell’opera pubblica, nonché contribuendo a delineare un documento fondamentale del contratto di appalto in quanto «individuatore della prestazione dell’appaltatore», deve trovare identica configurazione su tutto il territorio nazionale.

Il ricorrente censura poi l’art. 11, commi 12, 13, 14, 15 e 16, della citata legge regionale, nella parte in cui, in tema di affidamento degli incarichi di progettazione e di direzione dei lavori, detta una disciplina difforme rispetto a quella posta dal legislatore statale, in tal modo invadendo la sfera di competenza statale esclusiva in materia di concorrenza e producendo l’effetto di «aprire o chiudere il mercato a consistenti fasce di commesse pubbliche».

Il ricorrente impugna, altresì, l’art. 13, commi 3, 4 e 10, della medesima legge regionale, nella parte in cui prescrive l’obbligatorietà della validazione del progetto, ad opera di organismi accreditati secondo i parametri UNI CEI EN, nel solo caso di progetti relativi ad interventi di valore superiore ai 25.000.000 di euro, in contrasto con quanto stabilito dall’art. 112 del d.lgs. n. 163 del 2006, che lo impone per i progetti inerenti ad interventi di valore superiore ai 20.000.000 di euro, illegittimamente ampliando l’area accessibile ai validatori non qualificati dall’accreditamento e restringendo quella riservata ai validatori accreditati, in violazione della competenza statale esclusiva.

Del pari costituzionalmente illegittimi sarebbero poi: gli artt. 16, comma 12 (in tema di affidamento di lavori pubblici mediante cessione di beni immobili), 20, comma 5 (in tema di giustificazioni a corredo dell’offerta), 21, comma 1 (in tema di ricorso alla procedura semplificata), 22, commi 2, 14, 17 e 18 (in tema di pubblicazione dei bandi gara), l’art. 24 e l’art. 30, comma 3 (in tema di qualificazione degli esecutori di lavori pubblici ed individuazione dei criteri di ammissione alla gara), 26 (in tema di cause di esclusione dalle gare), 38, comma 1, e 39, commi 1 e 3 (in tema di ricorso alla trattativa privata), 40 e 41 (in tema di ricorso alle spese in economia), 46, commi 4 e 7 (in tema di affidamento dei servizi di ingegneria ed architettura), 54, commi 1, 2, 8, 9, 10, e 11 (in tema di garanzie ed assicurazioni) della legge regionale in esame, nella parte in cui dettano una disciplina della gara e dei criteri di aggiudicazione dell’appalto difforme rispetto a quella posta dal legislatore statale, titolare della competenza esclusiva in materia di concorrenza.

Il ricorrente censura, inoltre, gli artt. 35, comma 2, e 36, della legge regionale n. 5 del 2007, nella parte in cui disciplinano l’istituto del promotore, al quale è attribuito un diritto di prelazione che gli consente di essere preferito, a parità di condizioni, sul vincente della gara svoltasi per affidare una concessione, in tal modo creando una condizione di favore che altera la par condicio tra i concorrenti, in violazione della competenza statale esclusiva in tema di concorrenza ed in contrasto con il diritto comunitario.

L’art. 34, comma 1, nella parte in cui fissa un limite all’importo che il soggetto pubblico concedente può corrispondere al concessionario insieme ai proventi tratti dalla gestione, in contrasto con la normativa statale che non fissa alcun limite (art. 143 del d.lgs. n. 163 del 2006), lederebbe altresì la competenza legislativa statale, dal momento che la definizione delle prestazioni delle parti – oggetto della norma – si colloca all’interno di una dinamica puramente contrattuale, che attiene ai rapporti di diritto civile.

Analogamente sarebbe costituzionalmente illegittimo l’art. 51, commi 1 e 3, nella parte in cui detta una disciplina dell’adeguamento dei prezzi differente rispetto a quella posta dal legislatore statale, la quale mira a mantenere il sinallagma in presenza di notevoli fattori di perturbazione del mercato, ed interviene pertanto in un settore riconducibile all’ordinamento civile, materia di competenza statale esclusiva.

Anche gli artt. 57, 58, 59 e 60 della medesima legge regionale, nella parte in cui disciplinano la consegna dei lavori, l’inizio delle prestazioni del fornitore o del prestatore di servizi, la sospensione dell’esecuzione, il subappalto, il collaudo e la regolare esecuzione delle commesse, nonché il collaudo dei lavori pubblici, intervenendo a regolare aspetti inerenti al settore dei contratti, invaderebbero una sfera di competenza statale. Il ricorrente impugna, infine, anche l’allegato I nei punti 45.23, 45.24, 45.25, in quanto si porrebbe in contrasto con gli allegati del d.lgs. n. 163 del 2006, che recepiscono, copiandoli, i contenuti degli allegati alla direttiva comunitaria, violando altresì l’obbligo del rispetto del vincolo comunitario di cui all’art. 3, comma 1, dello statuto sardo.

3. – Si è costituita nel giudizio la Regione Sardegna, chiedendo che le questioni di legittimità costituzionale siano dichiarate, in parte, inammissibili, e comunque non fondate.

La Regione eccepisce l’inammissibilità del ricorso in ragione della sua estrema genericità sia nell’individuazione dei parametri costituzionali invocati, sia nell’individuazione dei motivi di censura relativi ad alcune norme di legge impugnate, con conseguente impossibilità di definire l’oggetto del giudizio.

Le censure riferite all’art. 117 della Costituzione sarebbero inammissibili, poiché il ricorso non fornisce alcun argomento per dimostrarne l’applicabilità nei confronti della Regione Sardegna, la cui autonomia è retta da uno statuto emanato ai sensi dell’art. 116 della Costituzione.

Nel merito, in sintesi, la Regione osserva che la legge regionale n. 5 del 2007 costituisce attuazione della direttiva comunitaria 2004/18/CE del 31 marzo 2004, in armonia con l’attribuzione, operata dall’art. 3, comma 1, lettera e), dello statuto speciale, alla Regione Sardegna, della competenza legislativa primaria in tema di «lavori pubblici di esclusivo interesse della Regione». Sarebbero, pertanto, infondate le censure di violazione della competenza statale esclusiva in materia di “tutela della concorrenza” ed “ordinamento civile” dedotte dal ricorrente in riferimento alla interferenza delle suddette materie statali con la materia degli appalti di lavori, servizi e forniture di interesse regionale. Le competenze statali nelle suddette materie – sostiene la Regione – non possono, infatti, legittimare un intervento statale che eroda qualsiasi spazio regionale in materia di lavori, servizi e forniture di interesse regionale: sussistono, in particolare, profili non marginali – relativi alla disciplina degli appalti – di ordine organizzativo, procedurale, economico ecc., tra i quali la progettazione dei lavori, servizi e forniture, il collaudo, i compiti e i requisiti del responsabile del procedimento, che non possono ritenersi attratti dalla competenza statale in nome della trasversalità delle esigenze di concorrenza.

In riferimento alla dedotta violazione del limite delle norme fondamentali di riforma economico-sociale, la Regione osserva che la giurisprudenza costituzionale ha ripetutamente affermato che non tutte le disposizioni contenute in una legge di riforma hanno natura di “principio fondamentale”, dovendo tale natura essere riconosciuta solo alle disposizioni che contengono le opzioni di fondo che costituiscono l’ossatura dell’intervento riformatore, nonché a quelle altre disposizioni che, pur non svolgendo di per sé la funzione di gettare le basi della nuova disciplina, sono legate a quelle da un rapporto di coessenzialità o di necessaria integrazione, tale che la loro assenza o la loro contraddizione da parte di altra normativa finirebbe per pregiudicare il raggiungimento degli obiettivi riformatori o per modificarne o snaturarne la portata.

4. – All’udienza pubblica le parti hanno insistito per l’accoglimento delle conclusioni formulate nelle difese scritte.

Considerato in diritto

1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna numerose norme della legge della Regione Sardegna 7 agosto 2007, n. 5 (Procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi, in attuazione della direttiva comunitaria n. 2004/18/CE del 31 marzo 2004 e disposizioni per la disciplina delle fasi del ciclo dell’appalto), sull’assunto che esse esorbiterebbero dalla competenza legislativa primaria che l’art. 3, lettera e), dello statuto speciale attribuisce alla predetta Regione in tema di lavori pubblici di esclusivo interesse della Regione ed inciderebbero su materie di competenza statale esclusiva, quali quelle della tutela della concorrenza e dell’ordinamento civile, individuate dal secondo comma dell’art. 117 della Costituzione, competenze esercitate dallo Stato con le norme recate dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE).

In particolare, il ricorrente censura: l’art. 5, comma 1, nella parte in cui, in tema di programmazione dei lavori pubblici, impone alle amministrazioni ed ai soggetti pubblici l’approvazione di un programma triennale per i soli lavori di importo superiore ai 200.000 euro, in contrasto con l’art. 128 del d.lgs. n. 163 del 2006, in tal modo rendendo la programmazione non più obbligatoria per moltissimi lavori pubblici per i quali è viceversa imposta dalla legislazione statale ed incidendo su uno dei cardini della buona amministrazione perseguiti dalla riforma sui lavori pubblici; l’art. 5, comma 6, nella parte in cui prescrive – ai fini dell’inserimento di un lavoro nell’elenco annuale – solo uno studio di fattibilità per i lavori di importo inferiore ai 2.000.000 di euro, laddove la normativa statale prescrive invece il progetto preliminare per i lavori di importo superiore ad 1.000.000 di euro; l’art. 9, nella parte in cui disciplina la progettazione e le tipologie progettuali in modo difforme da quanto stabilito dallo Stato nelle corrispondenti norme del d.lgs. n. 163 del 2006; l’art. 11, commi da 12 a 16, nella parte in cui, in tema di affidamento degli incarichi di progettazione e di direzione dei lavori, detta una disciplina difforme rispetto a quella posta dal legislatore statale; l’art. 13, commi 3, 4 e 10, nella parte in cui prescrive l’obbligatorietà della validazione del progetto, ad opera di organismi accreditati secondo i parametri UNI CEI EN, nel solo caso di progetti relativi ad interventi di valore superiore ai 25.000.000 di euro, in contrasto con quanto stabilito dall’art. 112 del d.lgs. n. 163 del 2006, che la impone per i progetti inerenti ad interventi di valore superiore ai 20.000.000 di euro.

Sono censurati, inoltre, l’art. 16, comma 12 (che interviene sui criteri per l’affidamento di lavori pubblici mediante cessione di beni immobili), l’art. 20, comma 5 (in tema di giustificazioni a corredo dell’offerta), l’art. 21, comma 1 (che disciplina le ipotesi di ricorso alla procedura semplificata), l’art. 22, commi 2, 14, 17 e 18 (relativo al regime di pubblicazione dei bandi gara), l’art. 24 e l’art. 30, comma 3 (inerenti alla qualificazione degli esecutori di lavori pubblici ed all’individuazione dei criteri di ammissione alla gara), l’art. 26, comma 2 (che individua le cause di esclusione dalle gare), gli artt. 35, comma 2, e 36 (che riconoscono il diritto di prelazione del promotore rispetto al vincitore della gara), gli 38, comma 1, e 39, commi 1 e 3 (inerenti ai casi di ricorso alla trattativa privata), gli artt. 40 e 41 (che regolamentano le ipotesi di ricorso alle spese in economia), l’art. 46, commi 4 e 7 (che dettano i criteri di affidamento dei servizi di ingegneria ed architettura), l’art. 54, commi 1, 2, 8, 9, 10 e 11 (in tema di garanzie ed assicurazioni dell’offerta), nella parte in cui dettano una disciplina della gara e dei criteri di aggiudicazione dell’appalto difforme rispetto a quella posta dal legislatore statale, titolare della competenza esclusiva in materia di tutela della concorrenza.

Anche gli artt. 34, comma 1 (che interviene in tema di limiti al corrispettivo), 51, commi 1 e 3 (che definisce le modalità di adeguamento dei prezzi), nonché gli artt. 57, 58, 59 e 60 (che regolano, rispettivamente, la consegna dei lavori, l’inizio delle prestazioni del fornitore o del prestatore di servizi, la sospensione dell’esecuzione, il subappalto, il collaudo e la regolare esecuzione delle commesse, nonché il collaudo dei lavori pubblici) sarebbero costituzionalmente illegittimi in quanto, intervenendo a disciplinare aspetti inerenti al settore dei contratti, determinerebbero una invasione della sfera di competenza statale.

Il ricorrente censura, infine, anche l’allegato I nei punti 45.23, 45.24, 45.25, in quanto anch’esso si porrebbe in contrasto con gli allegati del d.lgs. n. 163 del 2006, che recepiscono, copiandoli, i contenuti degli allegati alla direttiva comunitaria, in tal modo violando altresì l’obbligo del rispetto del vincolo comunitario.

2. – In via preliminare, devono essere dichiarate infondate le eccezioni di inammissibilità proposte dalla Regione resistente per generica individuazione dei parametri, nonché per genericità delle censure sollevate nei confronti di alcune delle disposizioni impugnate.

Nel ricorso, i parametri del giudizio sono identificati in modo sufficientemente chiaro e le censure, seppur succintamente, sono argomentate in riferimento a ciascuno di essi (sentenza n. 62 del 2008), in maniera tale da consentire l’inequivoca determinazione dell’oggetto del giudizio e delle ragioni che fondano tutti i dubbi di legittimità costituzionale sollevati (da ultimo, sentenza n. 320 del 2008).

2.1. – Egualmente infondata è l’eccezione di inammissibilità del ricorso che la Regione formula in relazione alla prospettata violazione dell’art. 117 della Costituzione, in quanto non si sarebbe precisato perché tale norma costituzionale dovrebbe trovare attuazione nei confronti di una Regione a statuto speciale.

Risulta evidente dal ricorso, infatti, che il Presidente del Consiglio dei ministri si duole del presunto superamento dei limiti che l’art. 3, lettera e), dello statuto speciale della Regione Sardegna pone alla competenza legislativa primaria della Regione in materia di «lavori pubblici di esclusivo interesse della Regione» da parte delle norme regionali impugnate, le quali pertanto invaderebbero la sfera di competenza legislativa esclusiva dello Stato in materie che l’art. 117, secondo comma, Cost. elenca espressamente (e cioè la tutela della concorrenza e l’ordinamento civile), ma la cui estraneità alla sfera di attribuzioni della Regione Sardegna è implicitamente sancita dallo Statuto speciale (in particolare, sentenza n. 373 del 2007).

3. – Nel merito, sono fondate le censure prospettate nei confronti di tutte le disposizioni regionali impugnate in riferimento all’art. 3, lettera e), dello statuto.

Questa Corte ha già osservato che la disciplina degli appalti pubblici, intesa in senso complessivo, include diversi “ambiti di legislazione” che «si qualificano a seconda dell’oggetto al quale afferiscono»: in essa, pertanto, si profila una interferenza fra materie di competenza statale e materie di competenza regionale, che, tuttavia, «si atteggia in modo peculiare, non realizzandosi normalmente in un intreccio in senso stretto», ma  con la «prevalenza della disciplina statale su ogni altra fonte normativa» (sentenza n. 401 del 2007) in relazione agli oggetti riconducibili alla competenza esclusiva statale, esercitata con le norme recate dal d.lgs. n. 163 del 2006.

Quanto alla identificazione dei predetti “ambiti di legislazione”, è stato inoltre precisato che la disciplina delle procedure di gara e, in particolare, la regolamentazione della qualificazione e selezione dei concorrenti, delle procedure di affidamento e dei criteri di aggiudicazione, ivi compresi quelli che devono presiedere all’attività di progettazione, mirano a garantire che le medesime si svolgano nel rispetto delle regole concorrenziali e dei princípi comunitari della libera circolazione delle merci, della libera prestazione dei servizi, della libertà di stabilimento, nonché dei princípi costituzionali di trasparenza e parità di trattamento (sentenze n. 431 e n. 401 del 2007). Esse, in quanto volte a consentire la piena apertura del mercato nel settore degli appalti, sono riconducibili all’àmbito della tutela della concorrenza, di esclusiva competenza del legislatore statale (sentenze n. 401 del 2007, n. 345 del 2004), che ha titolo pertanto a porre in essere una disciplina integrale e dettagliata delle richiamate procedure (adottata con il citato d.lgs. n. 163 del 2006), la quale, avendo ad oggetto il mercato di riferimento delle attività economiche, può influire anche su materie attribuite alla competenza legislativa delle Regioni (sentenza n. 430 del 2007).

Analogamente, questa Corte ha riconosciuto che «la fase negoziale dei contratti della pubblica amministrazione, che ricomprende l’intera disciplina di esecuzione del rapporto contrattuale, incluso l’istituto del collaudo, si connota per la normale mancanza di poteri autoritativi in capo al soggetto pubblico, sostituiti dall’esercizio di autonomie negoziali e deve essere ascritta all’àmbito materiale dell’ordinamento civile» (sentenza n. 401 del 2007), di competenza esclusiva del legislatore statale, che l’ha esercitata, anche in tal caso, adottando le disposizioni del predetto d.lgs. n. 163 del 2006.

Sulla base di tali indicazioni deve leggersi l’art. 4, comma 5, del d.lgs. n. 163 del 2006, il quale, nella parte in cui stabilisce che «le Regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano adeguano la propria legislazione secondo le disposizioni contenute negli statuti e nelle relative norme di attuazione», impone anche alle Regioni ad autonomia speciale (in assenso di norme statutarie attributive di competenze nelle materie cui afferiscono le norme del Codice dei contratti) di conformare la propria legislazione in materia di appalti pubblici a quanto stabilito dal Codice stesso.

Nella specie, lo statuto della Regione Sardegna, all’art. 3, lettera e), attribuisce alla medesima una competenza legislativa primaria in materia di lavori pubblici di interesse regionale, alla quale, quindi, non appartengono le norme relative alle procedure di gara ed all’esecuzione del rapporto contrattuale: tali settori sono oggetto delle disposizioni del citato Codice, alle quali, pertanto, il legislatore regionale avrebbe dovuto adeguarsi.

3.1. – La Regione Sardegna, con le norme impugnate, ha invece legiferato in ambiti già espressamente ricondotti, da questa Corte, per un verso, alla materia della “tutela della concorrenza”, per altro verso, alla materia dell’“ordinamento civile”, dettando una disciplina difforme rispetto a quella stabilita dal legislatore statale con il d.lgs. n. 163 del 2006, nell’esercizio delle proprie competenze esclusive, senza adempiere all’obbligo di adeguamento.

Infatti, un primo gruppo delle norme regionali impugnate incide sulle procedure di qualificazione e selezione dei concorrenti, sulle procedure di affidamento nonché sui criteri di aggiudicazione, ambiti compresi – come si è detto – nella materia della tutela della concorrenza, anche con una evidente alterazione delle relative regole operanti nel settore degli appalti pubblici. Esse, in particolare, intervengono in tema di: progettazione e tipologie progettuali (art. 9), con l’individuazione di differenti criteri di svolgimento dell’attività, lesivi della competitività e della libera circolazione degli operatori economici; criteri di affidamento degli incarichi di progettazione e direzione dei lavori, in particolare mediante la previsione di soglie e modalità diverse (art. 11, commi da 12 a 16); validazione dei progetti, in specie attraverso l’ampliamento dell’area accessibile ai validatori non qualificati dall’accreditamento ed il restringimento dell’area riservata ai validatori accreditati (art. 13, commi 3, 4 e 10); individuazione di differenti criteri di aggiudicazione per l’affidamento di lavori pubblici con corrispettivo mediante cessione di beni pubblici nonché di criteri di espletamento della gara (art. 16, comma 12); giustificazioni a corredo dell’offerta, in specie mediante la delimitazione dell’obbligo di presentazione delle stesse nei soli casi di offerte anormalmente basse (art. 20, comma 5); ricorso alla procedura semplificata di gara, in specie con l’ampliamento delle relative ipotesi (art. 21, comma 1); pubblicazione dei bandi di gara, in specie con la esclusione della previsione della pubblicazione dei bandi sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana in favore della pubblicazione dei medesimi sui siti internet della Regione, nonché con la introduzione di forme di pubblicità attenuata in relazione a bandi inerenti ad appalti di lavori pubblici di valore ridotto (art. 22, commi 2, 14, 17 e 18); qualificazione regionale degli esecutori di lavori pubblici ed individuazione di criteri autonomi di ammissione alla gara (artt. 24 e 30, comma 3); disciplina delle cause di esclusione dalle gare, con l’introduzione di ulteriori ipotesi fra le quali quella della mancata effettuazione del sopralluogo secondo le modalità fissate dalla stazione appaltante (art. 26, comma 2); riconoscimento del diritto di prelazione del promotore rispetto al vincitore della gara (art. 35, comma 2, e 36); individuazione di ipotesi peculiari di ricorso alla trattativa privata con e senza pubblicazione di bando (artt. 38, comma 1, e 39, commi 1 e 3); identificazione di nuove ipotesi di ricorso alle spese in economia (artt. 40 e 41); determinazione di propri criteri di affidamento dei servizi di ingegneria ed architettura (art. 46, commi 4 e 7); individuazione delle garanzie ed assicurazioni a corredo dell’offerta (art. 54, commi 1, 2, 8, 9, 10, e 11).

Alla medesima materia della “tutela della concorrenza”, di competenza esclusiva statale, deve ricondursi l’art. 5, commi 1 e 6, della medesima legge regionale n. 5 del 2007. Tale norma, infatti, intervenendo in tema di programmazione dei lavori pubblici regionali, rende la stessa non obbligatoria per un gran numero di lavori pubblici per i quali è imposta dalla legislazione statale ed esonera un altrettanto elevato numero di lavori pubblici dall’obbligo di preventiva progettazione preliminare al fine del loro inserimento in programma, statuendo la sufficienza del mero studio di fattibilità, in palese contrasto con quanto stabilito dal legislatore statale. In tal modo essa invade la sfera di competenza dello Stato in quanto, in ragione della stretta connessione esistente fra programmazione, progettazione, finanziamento e realizzazione dei lavori pubblici, incide sull’individuazione dei criteri in base ai quali la relativa attività deve essere svolta, con un’evidente lesione della libera circolazione degli operatori economici nel segmento di mercato in questione, in contrasto altresì con il principio di buon andamento dell’amministrazione.

All’àmbito dei rapporti contrattuali e dell’esecuzione degli stessi – quindi, alla materia dell’“ordinamento civile” – devono ricondursi gli artt. 34, comma 1, 51, commi 1 e 3, nonché gli artt. 57, 58, 59 e 60 della citata legge regionale. Questi ultimi, nella parte in cui stabiliscono, rispettivamente, regole in tema di limiti al corrispettivo, variazione dei prezzi nonché in tema di consegna dei lavori, inizio delle prestazioni del fornitore o del prestatore di servizi, sospensione dell’esecuzione, subappalto, collaudo ed esecuzione delle commesse, diverse da quelle poste dal legislatore statale, ledono la sfera di competenza riservata a quest’ultimo, alterando le regole contrattuali che disciplinano i rapporti privati (sentenze n. 322 del 2008, n. 431 e n. 401 del 2007).

Quanto all’allegato I alla legge regionale n. 5 del 2007 nei punti 45.23, 45.24, 45.25, censurato nella parte in cui contrasta con gli allegati del d.lgs. n. 163 del 2006, deve osservarsi che anch’esso incide illegittimamente su materie riservate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, in quanto detta una disciplina difforme da quella nazionale in settori riconducibili, sulla base dei suddetti argomenti, alle materie della tutela della concorrenza e dell’ordinamento civile.

In definitiva, tutte le impugnate norme regionali sono costituzionalmente illegittime per violazione dell’art. 3, lettera e), dello statuto, in quanto stabiliscono una disciplina difforme da quella nazionale, alla quale avrebbero dovuto adeguarsi alla stregua dell’art. 4, comma 5, del d.lgs. n. 163 del 2006, in materie, quelle della tutela della concorrenza e dell’ordinamento civile, estranee alla competenza legislativa regionale e riservate viceversa allo Stato.

Restano assorbiti gli ulteriori profili.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 5, commi 1 e 6, dell’art. 9, dell’art. 11, commi 12, 13, 14, 15 e 16, dell’art. 13, commi 3, 4 e 10, dell’art. 16, comma 12, dell’art. 20, comma 5, dell’art. 21, comma 1, dell’art. 22, commi 2, 14, 17 e 18, dell’art. 24, dell’art. 26, comma 2, dell’art. 30, comma 3, dell’art. 34, comma 1, degli artt. 35, comma 2, e 36, degli artt. 38, comma 1, e 39, commi 1 e 3, degli artt. 40 e 41, dell’art. 46, commi 4 e 7, dell’art. 51, commi 1 e 3, dell’art. 54, commi 1, 2, 8, 9, 10 e 11, degli artt. 57, 58, 59 e 60, e dell’allegato I (punti 45.23, 45.24, 45.25) della legge della Regione Sardegna 7 agosto 2007, n. 5 (Procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi, in attuazione della direttiva comunitaria n. 2004/18/CE del 31 marzo 2004 e disposizioni per la disciplina delle fasi del ciclo dell’appalto).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 dicembre 2008.

F.to:

Giovanni Maria FLICK, Presidente

Giuseppe TESAURO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 17 dicembre 2008.