SENTENZA N. 214
ANNO 2019
Commento alla
decisione di
Giacomo Menegus,
per g.c. di Forum
di Quaderni Costituzionali
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
composta dai
signori:
Presidente:
Giorgio LATTANZI;
Giudici: Aldo CAROSI,
Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO,
Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio
BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Luca ANTONINI,
ha pronunciato la
seguente
SENTENZA
nel giudizio di
legittimità costituzionale della legge
della Regione Marche 23 giugno 2014, n. 15 (Distacco della frazione di Marotta
dal Comune di Fano e incorporazione nel Comune di Mondolfo. Mutamento delle
rispettive circoscrizioni comunali), promosso dal Consiglio di Stato,
sezione quinta, nel procedimento vertente tra il Comune di Fano e altri e
Visti gli atti di
costituzione dei Comuni di Fano e di Mondolfo, della Regione Marche e di Vitali
Gabriele, in proprio e nella qualità di legale rappresentante pro tempore del
Comitato Pro Marotta Unita;
udito nell’udienza
pubblica del 2 luglio 2019 il Giudice relatore Nicolò Zanon;
uditi gli avvocati
Maria Alessandra Sandulli e Antonio D’Atena per il Comune di Fano, Stefano
Grassi per
Ritenuto
in fatto
1.– Il Consiglio
di Stato, sezione quinta, con ordinanza dell’11 giugno 2018 (r. o. n. 145 del
2018) ha sollevato questioni di legittimità costituzionale della legge della
Regione Marche 23 giugno 2014, n. 15 (Distacco della frazione di Marotta dal
Comune di Fano e incorporazione nel Comune di Mondolfo. Mutamento delle
rispettive circoscrizioni comunali) in riferimento agli artt. 3 e 133, secondo comma,
della Costituzione.
Ricorda il rimettente
che – nell’ambito del procedimento legislativo scaturito dalla proposta di
legge regionale n. 77 del 2011, recante «Distacco della frazione di Marotta dal
Comune di Fano e incorporazione nel Comune di Mondolfo. Mutamento delle
rispettive circoscrizioni comunali» – il Consiglio regionale della Regione
Marche aveva adottato una delibera di indizione di referendum consultivo
individuando le popolazioni interessate nei soli residenti della frazione di
Marotta di Fano (delibera consiliare n. 61 del 15 gennaio 2013).
Il Comune di Fano
aveva impugnato tale delibera innanzi al Tribunale amministrativo regionale per
le Marche, il quale, con ordinanza 19 aprile 2013, n. 160, aveva accolto
l’istanza cautelare e sospeso l’esecuzione degli atti del procedimento
referendario.
A seguito di tale
pronuncia, il Consiglio regionale della Regione Marche, previa revoca
dell’originaria delibera, aveva rinnovato – con la delibera consiliare n. 87
del 22 ottobre 2013 – l’indizione del referendum, estendendo questa volta la
consultazione alle popolazioni di Fano e Mondolfo residenti nelle zone
immediatamente contigue alla frazione di Marotta di Fano. Anche tale
provvedimento veniva impugnato dal Comune di Fano dinnanzi al TAR Marche.
Quest’ultimo, tuttavia, respingeva l’istanza cautelare con ordinanza 10 gennaio
2014, n. 6, ritenendo che questa seconda delibera del Consiglio regionale
rispondesse a quanto disposto dalla propria precedente ordinanza n. 160 del
2013.
Nelle more del
giudizio amministrativo, il procedimento di variazione territoriale proseguiva:
il referendum si svolgeva il 9 marzo 2014 e vedeva esprimersi a favore del
distacco il 67,3 per cento dei votanti. Alla luce dell’esito del referendum, il
Consiglio regionale approvava la legge reg. Marche n. 15 del 2014, deliberando
così il distacco della frazione di Marotta di Fano dal Comune di Fano e la sua
incorporazione nel Comune di Mondolfo.
Successivamente,
il TAR Marche, sezione prima, con sentenza 18 settembre 2015, n. 660,
respingeva il ricorso e i motivi aggiunti proposti dal Comune di Fano nei
confronti degli atti del procedimento di variazione, ritenendo altresì
manifestamente infondate le censure di illegittimità costituzionale eccepite
dal Comune di Fano in riferimento alla legge reg. Marche n. 15 del 2014.
Il Comune di Fano
adiva allora il Consiglio di Stato che, con sentenza non definitiva 23 agosto
2016, n. 3678, annullava la delibera consiliare n. 87 del 2013 per violazione
dell’art. 133, secondo comma, Cost., poiché non erano stati chiamati ad
esprimere il voto consultivo tutti i cittadini residenti nei due Comuni
interessati dalla modifica circoscrizionale. Contro tale sentenza non
definitiva
Con la coeva
ordinanza del 23 agosto 2016, n. 3679, il Consiglio di Stato sollevava altresì
questioni di legittimità costituzionale nei confronti della legge reg. Marche
n. 15 del 2014, per ritenuta violazione degli art. 3, 113, primo e secondo
comma e 133, secondo comma, Cost.
Riuniti i giudizi
relativi al conflitto di attribuzione e alle questioni di legittimità
costituzionale, con la sentenza n. 2 del
2018
In base a tale
pronuncia, a seguito dell’entrata in vigore della legge di variazione
circoscrizionale, eventuali vizi relativi alla delibera di indizione del
referendum consultivo si traducono infatti in un vizio formale della legge e
sono dunque conoscibili in via esclusiva dalla Corte costituzionale. Di
conseguenza, la questione di legittimità costituzionale è risultata
inammissibile poiché fondata sull’«errato presupposto che il referendum
consultivo costituisse "oggetto e contenuto della legge di variazione”, anziché
un suo mero "presupposto procedimentale”».
Il conflitto di
attribuzione veniva invece accolto perché, secondo
A seguito della
sentenza della Corte costituzionale, il Comune di Fano ha riassunto il giudizio
chiedendo al Consiglio di Stato di sollevare questione di legittimità
costituzionale.
2.– Tutto ciò
premesso, il giudice rimettente richiama le ragioni che hanno portato il
Consiglio regionale delle Marche, con la delibera n. 87 del
L’«interesse
qualificato» di tali soggetti avrebbe trovato fondamento nella fruizione, da
parte di costoro, di alcune infrastrutture (un istituto scolastico e una
farmacia comunale) site nella frazione di Marotta; nella condivisione con i
residenti del Comune di Mondolfo di servizi pubblici ivi esistenti;
nell’interesse ad avere un’unica amministrazione della zona, costituita da una
fascia costiera «attualmente divisa tra i due comuni». L’interesse ad essere
consultati non sarebbe invece riscontrabile negli abitanti delle altre zone dei
Comuni di Fano e Mondolfo, posto che costoro «fruiscono di analoghi servizi più
prossimi alle rispettive zone di residenza» e non appaiono direttamente incisi
dalla divisione amministrativa in questione.
La delibera
consiliare rilevava inoltre come l’abitato di Marotta fosse amministrativamente
ripartito tra i Comuni di Fano e Mondolfo e che il centro della frazione di
Marotta fosse esattamente diviso a metà tra i due citati Comuni. Prima del
distacco, l’80 per cento del territorio di Marotta ricadeva infatti nel
territorio di Mondolfo (da esso distante
3.– Il Consiglio
di Stato si sofferma sulla rilevanza della questione di legittimità
costituzionale, respingendo le eccezioni sollevate da alcune delle parti del
giudizio a quo e dando atto della sentenza n. 2 del
2018 della Corte costituzionale.
Anche rispetto alla
non manifesta infondatezza della questione rileverebbe la citata sentenza n. 2 del
2018: il rimettente evidenzia come la verifica inerente alle questioni di
legittimità costituzionale sollevate dal Comune di Fano tenda a sovrapporsi al
giudizio che
Ciò premesso,
viene ricordata la giurisprudenza costituzionale formatasi sull’art. 133 Cost.,
dalla quale emergerebbe che la regola generale nei procedimenti di variazione
territoriale è quella secondo cui le popolazioni interessate al referendum
consultivo devono essere individuate «nei residenti dei comuni coinvolti». Tale
regola sarebbe derogabile in «ipotesi particolari ed eccezionali», in base ad
«una valutazione di elementi di fatto che dovrà effettuarsi caso per caso al
momento di indire il referendum consultivo» (vengono citate le sentenze n. 47 del 2003
e n. 433 del
1995). In particolare, il Consiglio di Stato richiama la sentenza n. 94 del
2000 con la quale
Alla luce dei
precedenti, alcuni elementi della delibera consiliare di indizione del
referendum consultivo metterebbero in dubbio la conformità di tale delibera, e
della legge reg. Marche n. 15 del 2014, rispetto alla richiamata giurisprudenza
costituzionale.
Così, il fatto che
la frazione di Marotta costituisca una porzione di territorio dalla «superficie
limitata», che essa rappresenti «una quota di popolazione contenuta rispetto a
quella dell’intero Comune di Fano», nonché la distanza dal centro cittadino di
Fano, costituirebbero elementi riscontrabili «in molti altri comuni
comprendenti nella loro circoscrizione diverse frazioni o località poste al di
fuori dell’abitato principale».
La situazione di Marotta
– caratterizzata da un unitario tessuto urbanistico facente capo a diverse
amministrazioni locali – non sarebbe poi differente dallo «sviluppo tipico
delle zone costiere». La modifica delle circoscrizioni comunali non sarebbe
l’unico strumento per far fronte a esigenze unitarie, esistendo altri strumenti
di coordinamento delle funzioni amministrative e dei servizi pubblici. La
delibera di indizione consiliare del referendum correlerebbe inoltre la
situazione di divisione amministrativa a «pretese, ma indimostrate,
ripercussioni sul piano socio-economico negative, addirittura qualificate come
"evidenti”, per la collettività ivi insediata, di cui tuttavia non sono forniti
ulteriori ragguagli».
La dedotta
«necessità di armonizzare il trattamento fiscale dei residenti nella frazione
di Marotta» caricherebbe la consultazione e il procedimento di variazione
circoscrizionale di un tema particolarmente sensibile per l’opinione pubblica,
«senza tuttavia un coinvolgimento ampio delle popolazioni coinvolte». A tal
proposito, il rimettente evidenzia che, come pure sottolineato dal Comune di
Fano, «i riflessi che la variazione circoscrizionale può determinare sulle
grandezze di bilancio dell’ente locale sono destinati a ripercuotersi sui
cittadini in esso residenti».
In definitiva, la
«scelta amministrativa incidente "a priori” sull’elettorato chiamato a
pronunciarsi» sulla modifica circoscrizionale non consentirebbe – in contrasto
con la giurisprudenza costituzionale – di apprezzare ragionevolmente
l’interesse delle popolazioni al mutamento circoscrizionale di cui all’art.
133, secondo comma, Cost., a maggior ragione «per una consultazione per la
quale non è previsto un quorum ai fini della relativa validità».
4.– Con atto
depositato il 13 novembre 2018, il Comune di Fano si è costituito in giudizio
per chiedere l’accoglimento della questione di legittimità costituzionale.
Alla luce della
giurisprudenza costituzionale intervenuta in materia (vengono citate le
sentenze n. 94
del 2000, n.
433 del 1995 e n. 453 del 1989),
non si riscontrerebbero, nel caso in esame, elementi dai quali desumere con
sicurezza che il distacco della frazione di Marotta sia «privo di ricadute
sugli interessi dell’intera popolazione dei due Comuni». Inoltre, «la selezione
delle popolazioni da chiamare al referendum consultivo» sarebbe avvenuta «in
termini d’incontestabile pressapochismo, mettendo insieme "scampoli
demografici” individuati in modo tutt’altro che rigoroso». In questa
prospettiva, sarebbe ad esempio del tutto illogica e arbitraria l’esclusione
dalla consultazione referendaria degli elettori facenti capo ad una contigua
sezione elettorale pure originariamente contemplata nell’ambito della
«popolazione interessata».
Non si tratterebbe
di dati irrilevanti, poiché il referendum, espressione del principio di
autodeterminazione delle popolazioni interessate (viene citata la sentenza n. 21 del
2018), è strumento in grado di «fornire al legislatore regionale la
rappresentazione della volontà delle popolazioni interessate rispetto alla
divisata variazione territoriale». Soltanto se «perimetra fedelmente la platea
dei soggetti il cui avviso è rilevante ai fini della decisione finale», il
referendum potrebbe fornire al legislatore regionale «elementi di valutazione
realmente attendibili».
Secondo il Comune
di Fano, la scelta del Consiglio regionale sarebbe stata adottata con la
consapevolezza che – al fine di evitare il ripetersi dell’esito della
consultazione, svoltasi nel 1981 sulla medesima variazione territoriale, che
vide il voto contrario del 77,84 per cento di tutti i residenti dei Comuni
interessati – soltanto circoscrivendo «artatamente il perimetro» delle
popolazioni interessate, il referendum consultivo poteva dare parere positivo
all’inclusione della frazione Marotta nel Comune di Mondolfo.
Da ultimo, il
Comune di Fano evidenzia come il procedimento seguito dalla Regione Marche
abbia determinato anche la violazione dell’art. 3, primo comma, Cost. e che la
mancanza della consultazione popolare (viene citata la sentenza n. 36 del
2011), così come la «consultazione viziata», si traducono in un vizio
procedimentale della legge regionale che modifica le circoscrizioni comunali
(si evoca la sentenza
n. 2 del 2018).
5.– Con atto
depositato il 13 novembre 2018 si è costituita in giudizio
In secondo luogo,
il Consiglio di Stato non avrebbe operato lo scrutinio circa la non manifesta
infondatezza della questione, con ciò sottraendosi «agli specifici compiti
della propria giurisdizione» e, in diversi passaggi dell’ordinanza, avrebbe
persino inammissibilmente dichiarato di voler abdicare al proprio compito di
operare un tale scrutinio. In ogni caso, non avrebbe spiegato «perché i criteri
adottati in concreto dal Consiglio regionale delle Marche nella delibera n. 87
del 2013 ai fini dell’individuazione delle "popolazioni interessate” si
porrebbero in contrasto con i parametri costituzionali invocati».
Inammissibile
sarebbe poi la questione di legittimità sollevata in riferimento all’art. 3
Cost., per la completa assenza di argomentazioni sul punto.
Infine,
Nel merito,
In particolare,
che la popolazione di Marotta sia «un gruppo sociologicamente distinto rispetto
al Comune di Fano» si desumerebbe dal nome stesso della frazione, dalla
conformazione territoriale, dalla distanza e dalla concreta organizzazione e
gestione dei servizi comunali. Rileverebbero a tal proposito anche il rapporto
tra gli abitanti della frazione di Marotta (3.000) e quelli dei Comuni di Fano
(63.000) e Mondolfo (12.000), nonché il rapporto tra l’ampiezza del territorio
oggetto di distacco (
In definitiva, non
ci sarebbe coincidenza tra le "popolazioni interessate” e gli enti formalmente
coinvolti nella procedura e neppure sarebbero irragionevoli i criteri con cui
il Consiglio regionale ha individuato le popolazioni.
6.– Con atto
depositato il 12 novembre 2018 si è costituito in giudizio il Comune di
Mondolfo, per chiedere che la questione di legittimità costituzionale «sia
dichiarata (manifestamente) inammissibile e, in subordine, (manifestamente)
infondata».
Il Comune di
Mondolfo eccepisce in primo luogo l’inammissibilità della questione per essersi
il giudice rimettente sottratto al compito di valutare la non manifesta
infondatezza della questione stessa. Il giudice a quo sarebbe «caduto in un
grave equivoco», limitandosi a sollevare la questione di legittimità
costituzionale senza svolgere il preliminare compito di «filtro» che richiede
la selezione delle questioni non manifestamente infondate. L’ordinanza di
rimessione, pertanto, farebbe «coincidere l’accertamento della non manifesta
infondatezza con l’accertamento del merito "pieno” della costituzionalità o
meno».
Una seconda
ragione di inammissibilità consisterebbe nel fatto che «tutte le considerazioni
del rimettente sulla scelta regionale di spostare la frazione di Marotta dal
Comune di Fano per ricongiungerla al Comune di Mondolfo attengono al merito
amministrativo, se non alla pura e semplice opportunità». Il giudice a quo non
si sarebbe dunque interessato della correttezza o meno dell’identificazione
delle popolazioni interessate, e dunque non avrebbe valutato la non manifesta
infondatezza della questione di legittimità costituzionale, ma avrebbe
ragionato «come se stesse esercitando un sindacato sulla legittimità di un
provvedimento amministrativo».
Evidenzia ancora
il Comune di Mondolfo che, in diversi passaggi, l’ordinanza risulterebbe
inammissibilmente motivata per relationem.
Da ultimo, il petitum della questione sarebbe indeterminato e avrebbe
natura perplessa, o ancipite: non sarebbe chiaro se «il rimettente lamenti
l’illegittima identificazione delle "popolazioni interessate” ovvero, più
radicalmente, l’illegittimità di qualunque delimitazione delle stesse, che
conduca a consultare un gruppo minore di quello costituito dall’intera popolazione
dei Comuni coinvolti».
Nel merito, il
Comune di Mondolfo segnala come, in materia di «circoscrizioni comunali»,
ascrivibile alla competenza residuale delle Regioni, queste godrebbero di «un
certo margine di discrezionalità». Dopo aver richiamato i precedenti
giurisprudenziali rilevanti (vengono evocate ancora le sentenze n. 47 del 2003,
n. 94 del 2000
e n. 433 del
1995), il Comune di Mondolfo sostiene che «spetta alla Regione interessata
indicare […] quali siano le popolazioni effettivamente interessate dalla
consultazione [che] potrebbe essere anche limitata alla sola popolazione
potenzialmente oggetto di trasferimento ad altra circoscrizione comunale,
purché
Secondo il Comune
di Mondolfo, la delibera consiliare n. 87 del 2013 avrebbe ragionevolmente
individuato le «popolazioni interessate» e avrebbe altresì fornito «indicazioni
esaustive e inequivocabili in ordine all’interesse a partecipare alla consultazione
referendaria». In particolare, poiché «la parte meridionale del Comune di Fano
è costituita da una stretta striscia di territorio affacciata sul mare [e
poiché] la frazione di Marotta di Fano costituisce la parte più estrema di tale
lembo, posta a ridosso del Comune di Mondolfo», sarebbe «più che ragionevole
estendere la consultazione referendaria alle popolazioni residenti nelle zone
limitrofe di quella fascia costiera, mentre del tutto illogico sarebbe stato
coinvolgere tutti gli altri residenti del Comune di Fano». Inoltre, la frazione
di Marotta e il Comune di Fano presenterebbero un tessuto sociale e un assetto
economico-amministrativo molto diversi, rappresentando Marotta una parte del
tutto trascurabile dello stesso Comune fanese.
L’adeguatezza
dell’individuazione delle «popolazioni interessate» sarebbe poi stata
confermata ex post anche dai dati relativi all’affluenza alle urne del
referendum. Mentre nella frazione di Marotta di Fano – i cui residenti erano
direttamente interessati al procedimento – l’affluenza si è attestata su
livelli più elevati di quelli relativi alle precedenti elezioni europee e
amministrative, «mano a mano che ci si allontana dalla
frazione di Marotta, invece, è accaduto il contrario e l’affluenza al
referendum è stata inferiore a quella alle elezioni». Secondo il Comune di
Mondolfo, «ove la consultazione fosse stata estesa a tutti i residenti nel
Comune di Fano, l’affluenza sarebbe stata ancor più bassa, per il semplice
fatto che tali popolazioni non nutrivano alcun interesse concreto per le sorti
della frazione che chiedeva il distacco».
La difesa del
Comune di Mondolfo evidenzia ancora come, tra tutti i soggetti istituzionali
consultati, il solo Comune di Fano avesse sostenuto la necessità della
consultazione totalitaria dei cittadini residenti nel Comune da cui avviene il
distacco.
Infine, il Comune
di Mondolfo segnala che già la relazione alla proposta di legge popolare che ha
dato il via al procedimento legislativo avrebbe dato atto della sussistenza di
«tutte le particolari ragioni necessarie a qualificare adeguata e ragionevole
l’individuazione delle "popolazioni interessate” effettuata con
7.– Si è altresì
costituito in giudizio, con atto depositato il 12 novembre 2018, Vitali
Gabriele, in proprio e come legale rappresentante del Comitato Pro Marotta
Unita per chiedere che la questione di legittimità costituzionale sia
dichiarata inammissibile e, in subordine, infondata.
La parte segnala
preliminarmente come la divisione amministrativa di Marotta avrebbe creato, nel
corso degli anni, numerosi problemi alla cittadinanza e come i tentativi di
unire le due parti della frazione di Marotta siano iniziati già dalla fine
degli anni Cinquanta del secolo scorso.
In punto di diritto,
viene eccepita la manifesta inammissibilità della questione per la completa
assenza del «giudizio preliminare di non manifesta infondatezza». Altra ragione
di inammissibilità si rinverrebbe nell’«evidente incertezza del petitum»: non sarebbe chiaro «se il rimettente si dolga
dell’illegittima identificazione delle popolazioni interessate» operata nel
presente caso oppure se, «più radicalmente, censuri l’illegittimità di
qualunque delimitazione della platea referendaria».
Nel merito, la
questione sarebbe infondata perché la delibera di indizione del referendum
consultivo, nella «ponderazione della scelta restrittiva del corpo elettorale»,
avrebbe osservato i canoni interpretativi individuati dalla giurisprudenza
costituzionale (si citano le sentenze n. 94 del 2000
e n. 433 del
1995). In particolare, rileverebbero «la limitatissima estensione di
Marotta di Fano dal punto di vista demografico e territoriale […]; l’assenza di
qualsiasi infrastruttura di rilievo per l’insieme del Comune di Fano; l’estrema
eccentricità di Marotta rispetto al capoluogo […]; l’essere Marotta una
frazione già sociologicamente distinta da Fano, amministrata per oltre l’80%
dal Comune di Mondolfo, con il quale costituisce invece un tutt’uno omogeneo
[…]; l’assenza di qualsiasi pericolo di smembramento per il territorio di Fano
[…]; l’assenza di pregiudizio, sul piano dell’organizzazione e della fruizione
dei servizi, per la restante popolazione del Comune di Fano; le risalenti
esigenze di unificazione amministrativa».
I dati relativi
all’affluenza al referendum confermerebbero la bontà della scelta del Consiglio
regionale, considerando che le sezioni più lontane dal centro di Marotta hanno
visto livelli di partecipazione molto bassa rispetto a quelle insistenti su
zone direttamente interessate dal mutamento territoriale. Inoltre, a oltre
cinque anni di distanza dall’avvenuta modifica circoscrizionale, il Comune di
Fano non avrebbe dimostrato il verificarsi del benché minimo pregiudizio a suo
danno.
8.– Con atto
dell’11 giugno 2019, il Comune di Fano ha depositato memoria illustrativa in
vista dell’udienza pubblica. Replicando all’eccepita assenza della motivazione
sulla non manifesta infondatezza, la difesa sottolinea che, nella seconda
parte, l’ordinanza di rimessione chiarirebbe «le ragioni per le quali […]
difetterebbero presupposti tali da giustificare la deroga alla regola generale
della consultazione totalitaria delle popolazioni comunali», dando atto sia
delle considerazioni di «ordine geografico», sia delle ragioni legate al
bilancio dell’ente locale che impedirebbero l’applicazione della deroga. Quanto
all’eccepita presenza di una motivazione per relationem,
secondo il Comune di Fano, il giudice rimettente, pur in una «argomentazione
sintetica», avrebbe comunque fatto proprie, condividendole, le eccezioni di
legittimità costituzionale prospettate dalla parte ricorrente del giudizio a
quo. Non saremmo dunque in presenza di una motivazione per relationem
(viene citata la sentenza
n. 10 del 2015).
Inoltre,
dall’intero testo dell’ordinanza si ricaverebbero, «al di là di ogni possibile
incertezza», le ragioni della non manifesta infondatezza della questione di
legittimità costituzionale, in virtù di un’argomentazione fondata sulla
giurisprudenza costituzionale alla quale lo stesso giudice aderirebbe.
A margine, la
difesa del Comune di Fano segnala come la presente vicenda sarebbe
caratterizzata da elementi «di unicità, che non consentono di fare ricorso agli
schemi consueti». D’altra parte, già con la sentenza non definitiva poi
annullata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 2 del
2018, il Consiglio di Stato avrebbe dato atto di ritenere che l’atto
indittivo del referendum fosse in contrasto con
Viene infine
escluso che il petitum della questione possa avere
natura indeterminata e che, come adombrato nell’atto di costituzione in
giudizio della Regione Marche, possano esserci profili di inammissibilità
legati alla irrilevanza della questione.
Nel merito, il
Comune di Fano si sofferma sulla tesi prospettata dal Comune di Mondolfo volta
a valorizzare – nel senso della conformità a Costituzione e della
ragionevolezza della scelta di circoscrivere la platea delle «popolazioni
interessate» – i dati relativi all’affluenza che, particolarmente elevata nelle
zone direttamente interessate alla variazione territoriale, è diventata sempre
più bassa nelle sezioni elettorali più lontane da tali zone. Tale argomento
proverebbe troppo. Sarebbe in primo luogo «tutto da dimostrare che la
partecipazione alla consultazione delle sezioni escluse sarebbe stata ancora
più bassa». In secondo luogo, sarebbe difficile desumere indicazioni univoche
da tali dati: la ridotta partecipazione potrebbe ragionevolmente essere
spiegata «dalla diffusa convinzione che il campione demografico selezionato dal
Consiglio regionale rendesse assolutamente prevedibile il risultato favorevole
al distacco. Con la conseguente sensazione, da parte degli elettori delle
sezioni più periferiche, dell’inutilità della propria partecipazione alla
consultazione».
La consapevolezza
di un esito della consultazione non scontato avrebbe invece potuto determinare
maggiore partecipazione anche degli elettori più lontani. Circostanza, questa,
che sarebbe dimostrata dall’esito del referendum che si tenne nel giugno del
1981, al quale parteciparono il 59,1 per cento degli elettori del Comune di
Fano e l’81,29 per cento degli elettori del Comune di Mondolfo e che vide
prevalere il 77,84 per cento dei votanti esprimersi contro la variazione.
Proprio l’esito di quel referendum, ipotizza la difesa del Comune di Fano,
avrebbe «convinto
Ancora, il Comune
di Fano evidenzia come la pur esistente discrezionalità riconosciuta alle
Regioni in merito all’individuazione delle «popolazioni interessate» non può
tradursi – come pure si desume dalla giurisprudenza costituzionale – in una
forma di libertà arbitraria e insindacabile. Da ultimo, precisa che la mancata
consultazione delle intere popolazioni dei due Comuni toccati dalla variazione
territoriale non possa essere in alcun modo surrogata e compensata dalla
consultazione degli enti locali.
9.– Con memoria
depositata l’11 giugno 2019
10.– Con memoria
depositata l’11 giugno 2019, il Comune di Mondolfo, nel replicare alle
argomentazioni contenute nell’atto di costituzione del Comune di Fano, insiste
per l’inammissibilità della questione.
Nel merito,
sostiene che le deduzioni del Comune di Fano confermerebbero la derogabilità
della regola del principio generale della consultazione di tutte le popolazioni
dei Comuni coinvolti. In particolare, l’esclusione dei residenti della sezione
elettorale n. 46 dalla consultazione referendaria si giustificherebbe con la
lontananza dalla «modestissima porzione di territorio comunale oggetto di
trasferimento». Gli abitanti delle sezioni più lontane non sarebbero infatti
interessati al procedimento di variazione territoriale e si sarebbero esclusi
dalla consultazione i cittadini facenti capo alle sezioni elettorali non
collocate sulla costa.
Il Comune di
Mondolfo, ribadendo la piena legittimità e la ragionevolezza delle scelte
effettuate nell’individuazione della popolazione interessata, segnala come tali
scelte non avrebbero riservato alcun trattamento di favore nei confronti del
Comune di Mondolfo, perché i residenti delle zone contigue al territorio da
trasferire ammessi alla consultazione erano elettori di entrambi i Comuni
individuati sulla base di ragioni sociali ed economico-amministrative
analiticamente motivate nella delibera consiliare di indizione del referendum e
nella relazione alla proposta di legge popolare.
11.– In data 11
giugno 2019 anche la difesa di Vitali Gabriele, in proprio e per il Comitato
Pro Marotta Unita, ha depositato memoria, sottolineando come il mutamento
circoscrizionale abbia consentito di «unificare una cittadina già esistente
come una entità urbana a sé stante, il cui territorio era incomprensibilmente
diviso tra due diverse amministrazioni». Dalla giurisprudenza costituzionale
emergerebbe il principio secondo cui il mutamento circoscrizionale di cui
all’art. 133, comma secondo, Cost., «non deve comportare il pericolo di
smembramento dell’ente locale, per la sua integrità territoriale, economica e
sociale», circostanza che nel caso in esame non si sarebbe verificata.
Quanto
all’individuazione della popolazione interessata,
Considerato
in diritto
1.– Il Consiglio
di Stato, sezione quinta, solleva questioni di legittimità costituzionale, in
riferimento agli artt. 3 e 133, secondo comma, della Costituzione, della legge
della Regione Marche 23 giugno 2014, n. 15 (Distacco della frazione di Marotta
dal Comune di Fano e incorporazione nel Comune di Mondolfo. Mutamento delle
rispettive circoscrizioni comunali).
Il giudice a quo
censura la legge reg. Marche n. 15 del
Il giudice a quo
evidenzia, in particolare, che la legge regionale in esame è stata approvata
all’esito di un procedimento nel corso del quale il referendum consultivo –
che, appunto, consente alle «popolazioni interessate» di esprimersi sulla
proposta di variazione delle circoscrizioni comunali – è stato indetto
chiamando al voto i soli residenti nella frazione oggetto della proposta di
distacco e quelli residenti nelle zone a questa immediatamente contigue. A suo
avviso, sarebbe stato invece necessario, alla luce degli artt. 133, secondo
comma, e 3 Cost., consultare tutti i residenti di entrambi i Comuni coinvolti
nel procedimento di variazione circoscrizionale.
La rilevanza delle
sollevate questioni, osserva il rimettente, dipende dalla ricostruzione che
questa Corte avrebbe operato nella sentenza n. 2 del
2018, ove si sarebbe chiarito che il sindacato di legittimità sugli atti
relativi al referendum consultivo, spettante al giudice amministrativo, deve
essere trasferito al giudice costituzionale una volta approvata la legge di
variazione circoscrizionale, poiché un eventuale vizio di quegli atti si
tradurrebbe, da quel momento in poi, in un vizio del procedimento di formazione
di quest’ultima. Sicché, impugnata di fronte al Consiglio di Stato la sentenza
di primo grado che ha rigettato le censure sollevate nei confronti degli atti
del procedimento referendario, l’esito del giudizio d’appello è condizionato
dalla pronuncia che questa Corte deve rendere sulla legittimità costituzionale
della legge di variazione circoscrizionale.
2.– In via
preliminare, va rilevato che la motivazione dell’ordinanza di rimessione
contiene ampi ed espliciti argomenti relativi all’asserita lesione dell’art.
133, secondo comma, Cost.
Eccepisce
L’eccezione non è
fondata.
Nell’ordinanza, in
verità, un riferimento al parametro della ragionevolezza, e perciò all’art. 3
Cost., emerge in almeno due occasioni e viene sinteticamente ma consapevolmente
utilizzato in funzione valutativa dei criteri utilizzati dalla delibera
regionale per selezionare la popolazione interessata alla consultazione
referendaria in esame. Si afferma, in particolare, che questa Corte dovrà apprezzare
coerenza e proporzionalità, e perciò ragionevolezza, della scelta di derogare
alla «regola generale ricavabile dalla giurisprudenza costituzionale», che
consisterebbe nella «consultazione di tutti gli elettori dei comuni interessati
dalla variazione circoscrizionale».
Va dunque
rigettata la richiesta della Regione Marche di dichiarare la censura
inammissibile per assenza di motivazione sulla non manifesta infondatezza.
3.– Sempre in via preliminare,
devono essere affrontate le ulteriori e diverse eccezioni d’inammissibilità
avanzate dalla Regione Marche, dal Comune di Mondolfo e dalla parte privata.
3.1.– Le tre parti
del giudizio principale, secondo prospettazioni analoghe, ritengono in primo
luogo che il giudice rimettente, investito dell’eccezione di legittimità
costituzionale sollevata nel giudizio a quo dal Comune di Fano, avrebbe
devoluto a questa Corte lo stesso preliminare accertamento sulla non manifesta
infondatezza, senza dunque ottemperare all’obbligo di motivare sul punto.
L’eccezione non è
fondata.
Pur
caratterizzandosi per alcune singolarità argomentative (nonché per alcune vere
e proprie inesattezze, come, ad esempio, l’affermazione che la semplice
prospettazione, ad opera della parte, di un’eccezione di legittimità
costituzionale comporterebbe il sorgere, in capo al giudice, del dovere di
sollevare la relativa questione), l’ordinanza di rimessione, complessivamente
considerata, non manca di esporre le ragioni che inducono il rimettente a
dubitare che il presupposto procedimentale della consultazione delle
«popolazioni interessate» previsto dall’art. 133, secondo comma, Cost., sia
stato correttamente rispettato, alla luce della giurisprudenza costituzionale
sul punto e delle allegazioni del Comune di Fano, che, come subito si dirà,
vengono esplicitamente condivise.
3.2.– In secondo
luogo, eccepiscono
Anche tale
eccezione non è fondata.
Pur non mancando
nell’ordinanza passaggi contenenti rinvii alle argomentazioni di una delle
parti, cioè del Comune di Fano, il giudice a quo mostra con chiarezza di
condividere e far proprie le censure sollevate da quest’ultimo. E la
giurisprudenza costituzionale afferma costantemente che quando il rimettente
rende espliciti, facendoli propri, i motivi della non manifesta infondatezza,
l’ordinanza non può essere considerata motivata per relationem
(ex plurimis, sentenze n. 121 del 2019,
n. 88 del 2018
e n. 35 del 2017).
3.3.– Infine,
Nemmeno tale
eccezione coglie nel segno.
Il giudice a quo
ricorda, innanzitutto, che con la sentenza non definitiva del 23 agosto 2016,
n. 3678 (poi annullata da questa Corte con la sentenza n. 2 del
2018), la delibera di indizione del referendum consultivo era stata
ritenuta illegittima «perché non sono stati chiamati ad esprimere il voto
consultivo tutti i cittadini residenti nei due comuni interessati dalla
modifica circoscrizionale».
Inoltre, il
rimettente – mostrando così di aderire alla tesi avanzata, sul punto, dal
Comune di Fano – richiama, quale regola generale a suo dire ricavabile dalla
giurisprudenza di questa Corte, quella secondo cui il concetto di «popolazioni
interessate» ricomprenderebbe, in principio e salvo casi eccezionali, tutti i
residenti dei Comuni coinvolti.
Infine, e in via
dirimente, si chiede se sia stato corretto che a tale principio si sia
derogato, come avvenuto nel corso del procedimento di formazione della legge
regionale censurata.
Il petitum delle sollevate questioni di legittimità
costituzionale è perciò agevolmente individuabile nella richiesta di verificare
se la legge reg. Marche n. 15 del 2014 sia costituzionalmente illegittima in
quanto adottata all’esito di un procedimento nel corso del quale il referendum
consultivo – che consente alle «popolazioni interessate» di esprimersi sulla
proposta di variazione delle circoscrizioni comunali – è stato indetto
chiamando al voto i soli residenti nella frazione oggetto della proposta di
distacco e quelli residenti nelle zone ad essa immediatamente contigue, anziché
tutti i residenti nei Comuni coinvolti nel procedimento di variazione
circoscrizionale.
4.– Le questioni
non sono fondate.
Nella precedente sentenza n. 2 del
2018, la questione di legittimità costituzionale e il conflitto tra enti,
da essa congiuntamente decisi, vertevano, da un lato, sul rapporto
intercorrente tra il referendum consultivo e la legge regionale di variazione
circoscrizionale e, dall’altro, sulla delimitazione degli ambiti di sindacato spettanti,
rispettivamente, al giudice amministrativo e a questa Corte, in riferimento
agli atti del complessivo procedimento che conduce all’approvazione di quella
legge. Le presenti questioni di legittimità costituzionale, che della sentenza n. 2 del
2018 costituiscono il "naturale” seguito, riguardano invece, direttamente,
il significato dell’espressione «popolazioni interessate», contenuta nell’art.
133, secondo comma, Cost., ai sensi del quale
Una giurisprudenza
costituzionale non sempre univoca (come già riconosciuto nella sentenza n. 94 del
2000), con scelte variamente articolate in relazione ai singoli casi di
specie, ha avuto modo di pronunciarsi su un concetto, quello appunto di
«popolazioni interessate», caratterizzato da un certo «polimorfismo» e soggetto
a interpretazioni diverse a seconda del procedimento di variazione territoriale
che viene concretamente in considerazione, negli artt. 132 e 133 Cost. (sentenza n. 278 del
2011).
Proprio in ragione
della varietà di forme in cui può emergere e manifestarsi l’interesse di una
popolazione ad essere consultata in relazione a variazioni territoriali che la
coinvolgano, è necessario precisare che, nella presente circostanza, la
corretta determinazione del concetto di «popolazioni interessate» va
specificamente rapportata a un caso di modifica delle circoscrizioni comunali
(non già di istituzione di un nuovo Comune o di modifica della denominazione
originaria). Va inoltre tenuto presente che la variazione è proposta in un
ordinamento regionale che non stabilisce, in via generale e preventiva, criteri
e direttive da applicare, nei casi concreti, per l’individuazione dei soggetti
da chiamare alla consultazione in esame.
Sotto quest’ultimo
profilo, infatti, l’art. 20, comma 2, della legge della Regione Marche 5 aprile
1980, n. 18 (Norme sui referendum previsti dallo Statuto), si limita a
stabilire che «[l]a deliberazione del Consiglio regionale deve indicare il
quesito e gli elettori interessati». In tal modo, la delimitazione del
perimetro degli elettori interessati non è affidata, in via preventiva, a
criteri legali di carattere generale, ma è direttamente rimessa, con decisione
da assumere caso per caso, alla valutazione del Consiglio regionale.
5.– Va
innanzitutto sottoposta ad analisi critica l’affermazione, dalla quale muove il
rimettente, secondo cui l’espressione «popolazioni interessate» di cui all’art.
133, secondo comma, Cost. ricomprenderebbe, in principio e salvo eccezionali
deroghe, tutti i residenti nei Comuni coinvolti dalla specifica variazione
circoscrizionale.
A supporto
dell’assunto in discussione non sono per vero estranei argomenti affermati da
una giurisprudenza risalente di questa stessa Corte (in particolare, sentenza n. 433 del
1995), esplicitamente e direttamente riferiti all’istituzione di un nuovo
Comune («popolazioni interessate sono tanto quelle che verrebbero a dar vita a
un nuovo Comune, così come quelle che rimarrebbero nella parte, per così dire,
"residua” del Comune di origine»), e tuttavia analogicamente ritenuti
applicabili anche ai trasferimenti di popolazione da un Comune ad un altro, in
conseguenza di modificazioni di circoscrizioni territoriali.
Questa asserita
«regola generale», direttamente ricavabile dall’art. 133, secondo comma, Cost.
– che esigerebbe, salvo deroghe eccezionali, la consultazione di tutta la
popolazione del Comune o dei Comuni le cui circoscrizioni devono subire
modificazioni – è tuttavia stata oggetto di una significativa correzione già
nella sentenza
n. 94 del 2000, maggiormente attenta ad argomenti di segno testuale e
sistematico, attraverso il confronto tra l’art. 133 Cost. e quanto disposto nel
precedente art. 132 Cost.
In tale sentenza,
si sottolinea che l’art. 133, secondo comma, Cost., in realtà, non precisa quali
siano, nelle differenti ipotesi di istituzione di nuovi Comuni o di modifica
delle circoscrizioni di Comuni esistenti, le «popolazioni interessate»: ma,
«essendo l’interesse che fonda l’obbligo di consultazione riferito direttamente
alle popolazioni, e non agli enti territoriali (com’è del resto anche nell’art.
132, primo comma, a proposito della fusione o creazione di Regioni), si può
escludere che l’ambito della consultazione debba necessariamente ed in ogni
caso coincidere con la totalità della popolazione dei comuni coinvolti nella
variazione. Può ben essere che la consultazione debba avere siffatta
estensione, ma non in forza di un vincolo costituzionale assoluto, bensì per la
sussistenza di un interesse riferibile all’intera popolazione dei comuni».
L’assunto della
sentenza precedente viene quindi integrato e modificato: la consultazione
dell’intera popolazione dei Comuni coinvolti non è il principio, ma è
l’eventuale risultato di una valutazione degli interessi esistenti nel caso di
specie. L’art. 133, secondo comma, Cost., non si riferisce, infatti, né ai
Comuni quali enti esponenziali di tutti i residenti, né alla totalità dei
residenti stessi nei Comuni coinvolti dalla variazione, ma, appunto, alle
«popolazioni interessate», affidando, perciò, o al legislatore regionale,
attraverso una legge che detti criteri generali, oppure al competente organo
regionale, caso per caso, la delimitazione del perimetro delle popolazioni da
consultare nel singolo procedimento di variazione.
Come mette in luce la giurisprudenza successiva, pur senza dimenticare il
favor per il massimo coinvolgimento possibile delle popolazioni, in nome del
principio della loro necessaria consultazione (da ultimo, sentenza n. 123 del
2019), risulta insomma maggiormente aderente al significato dell’art. 133,
secondo comma, Cost., la rinuncia a una definizione predefinita e "fissa” di
popolazioni interessate, necessariamente coincidente con la totalità dei
residenti nei Comuni coinvolti dalla variazione. E ne rispecchia assai meglio
la ratio l’idea che la "perimetrazione”, o delimitazione, dell’ambito degli
elettori da consultare vada compiuta sulla base di una valutazione, guidata o
meno da criteri legali preventivi, relativa alle specifiche esigenze del caso
concreto, avendo particolare attenzione agli elementi idonei a fondare
ragionevolmente una valutazione di sussistenza o insussistenza di un interesse
qualificato a essere consultati sulla variazione territoriale (sentenza n. 47 del
2003).
Tutto ciò, sul
presupposto che il concetto di «popolazioni interessate» evoca un dato
variabile, che può prescindere dal diretto coinvolgimento nella modifica, ricomprendendo
anche gruppi di residenti interessati ad essa in via mediata e indiretta
(sentenze n. 278
del 2011 e n.
334 del 2004).
5.1.– Non sfugge a
questa Corte, quanto alla complessiva conformità costituzionale della
"perimetrazione” ora in esame, la differenza che può sussistere tra il caso in
cui i criteri per la identificazione delle «popolazioni interessate» siano
contenuti in legge, da quello in cui tale delimitazione risulti, caso per caso,
dalla delibera dell’organo regionale competente.
Nel primo caso, la
valutazione dell’organo regionale risulta ex ante contenuta e delimitata,
secondo criteri che al giudice amministrativo consentono un immediato e più
agevole sindacato e che, peraltro, non si sottraggono affatto al controllo di
questa Corte (proprio in quanto rigidamente prefissati a priori e non adatti
alle circostanze del caso di specie, criteri del genere sono stati dichiarati
costituzionalmente illegittimi: sentenza n. 94 del
2000). Nel secondo, invece, può più chiaramente profilarsi il rischio,
paventato nei propri atti dal Comune di Fano, che, attraverso un’artata
perimetrazione dell’ambito delle popolazioni chiamate a esprimersi, il
risultato del referendum venga significativamente orientato in partenza,
secondo tecniche manipolatorie dei collegi elettorali che potrebbero
addirittura richiamare l’esperienza statunitense del cosiddetto gerrymandering.
L’assenza di
preventivi criteri legali dovrebbe così condurre, questa sembra essere la tesi
del Comune di Fano, a confermare per altra via l’assunto di partenza dal quale
muove lo stesso giudice rimettente: per evitare abusi, parrebbe necessario
(proprio in quanto quei criteri difettino) interpretare l’espressione
«popolazioni interessate» di cui all’art. 133, secondo comma, Cost. come
equivalente all’intera popolazione dei Comuni coinvolti nella variazione
circoscrizionale.
Un tale assunto
non può essere condiviso.
Ferma restando la
differente situazione in cui si versa, a seconda che l’ordinamento regionale
precostituisca in legge i criteri per l’identificazione delle popolazioni da
consultare, oppure affidi tale identificazione a decisioni caso per caso,
siffatta differenza non ha decisive conseguenze sulla corretta interpretazione
del concetto di «popolazioni interessate» di cui all’art. 133, secondo comma,
Cost. La identificazione di tali popolazioni, infatti, resta pur sempre
affidata alla valutazione discrezionale dell’organo regionale competente, più o
meno ampia a seconda dei casi, e sempre soggetta a verifica del giudice
amministrativo o di questa Corte.
6.– Venendo
all’esame del caso di specie, e all’applicazione ad esso dei principi fin qui
enucleati, non può non rilevarsi, preliminarmente, e proprio alla luce delle
considerazioni che immediatamente precedono, come il distacco della frazione di
Marotta dal Comune di Fano e la sua incorporazione nel Comune di Mondolfo,
disposta dalla legge reg. Marche n. 15 del 2014, siano stati preceduti da
vicende che riflettono le stesse incertezze giurisprudenziali, prima riportate,
nella identificazione delle «popolazioni interessate» da consultare nelle
variazioni circoscrizionali.
È necessario
ricordare che, prima dell’entrata in vigore della legge reg. Marche n. 15 del
2014, la maggior parte del territorio dell’abitato di Marotta apparteneva al
comune di Mondolfo, mentre una parte minoritaria di territorio e abitanti della
stessa frazione (circa 2.700 persone, collocate su un territorio di circa
Fano e Mondolfo,
per parte loro, sono Comuni diseguali per ampiezza territoriale e, soprattutto,
per numero di residenti (63.000 circa a Fano, 12.000 circa a Mondolfo).
Caratterizzano
l’intera vicenda all’origine della presente questione di legittimità
costituzionale risalenti e ricorrenti spinte alla "unificazione” della
frazione, volte a ottenere, come infine disposto dalla legge in vigore,
l’incorporazione dell’intero abitato di Marotta nel Comune di Mondolfo. Tali
spinte risultano costantemente contrastate da tenaci opposizioni del comune di
Fano, che non ha mai inteso accettare questo esito.
Un primo
referendum consultivo, nel 1981, viene indetto (nell’ambito del procedimento di
formazione della relativa legge di variazione circoscrizionale) chiamando al
voto la totalità delle popolazioni di entrambi i Comuni, Fano e Mondolfo,
secondo l’interpretazione allora data alla nozione di «popolazioni interessate»
di cui all’art. 133, secondo comma, Cost.
Tale referendum
fornisce esito nettamente negativo; ciò che non stupisce, stante il divario
quantitativo di aventi diritto al voto residenti, rispettivamente, nei due
Comuni.
Nel 2013,
nell’ambito di un ulteriore procedimento di formazione di una legge regionale
di variazione circoscrizionale, è indetto un nuovo referendum (deliberazione
del Consiglio regionale della Regione Marche 15 gennaio 2013, n. 61), ma questa
volta sono chiamati a votare i soli residenti della frazione di Marotta di
Fano, secondo un’interpretazione dell’art. 133, secondo comma, Cost., del tutto
opposta rispetto a quella del 1981.
Sospesa dal
giudice amministrativo l’esecuzione degli atti del procedimento referendario su
ricorso del Comune di Fano, il Consiglio regionale – con la deliberazione del
22 ottobre 2013, n. 87 – provvide a revocare l’originaria delibera d’indizione
e poi a rinnovarla, estendendo la consultazione anche alle popolazioni che
risiedono nelle zone immediatamente contigue al territorio di Marotta: secondo
una lettura intermedia, se così può dirsi, dell’art. 133, secondo comma, Cost.
Questa volta
l’istanza cautelare presentata dal Comune di Fano viene respinta dal giudice
amministrativo e il referendum si svolge il 9 marzo 2014: rispetto a quello del
1981 l’esito è opposto, vedendo esprimersi a favore del distacco il 67,3 per
cento dei votanti.
In base all’esito
del referendum, il Consiglio regionale approva infine la legge reg. Marche n.
15 del 2014, sancendo così il distacco della frazione di Marotta dal Comune di
Fano e la sua incorporazione nel Comune di Mondolfo.
Le vicende
sinteticamente illustrate devono essere esaminate alla luce degli approdi della
giurisprudenza costituzionale, quali descritti supra
(punto 5).
6.1.– Senza
trascurare il necessario favor per il massimo coinvolgimento possibile di tutte
le popolazioni, si tratta perciò di verificare se la delimitazione dell’ambito
dei soggetti da consultare sia stata compiuta sulla base di una valutazione
aderente alle specifiche esigenze del caso concreto, avendo particolare
attenzione alla identificazione di elementi idonei a fondare ragionevolmente
una valutazione di sussistenza o insussistenza dell’interesse qualificato alla
variazione territoriale, tenendo in conto che il concetto di «popolazioni
interessate» evoca un dato variabile, che può ben prescindere dal diretto
coinvolgimento nella variazione stessa, ricomprendendo gruppi di residenti
interessati ad essa anche solo in via mediata e indiretta.
Ebbene, alla
stregua di un tale criterio, la non adeguatezza di un’interpretazione che
imponga il coinvolgimento dell’intera popolazione dei due Comuni deriva da una
concomitante serie di elementi. In primo luogo, dalla diseguale ampiezza dei
due Comuni coinvolti, Fano e Mondolfo, e dal ben diverso numero di aventi
diritto al voto in essi rispettivamente residenti; inoltre, dalla limitata
estensione del territorio e della popolazione interessati direttamente dalla
proposta di variazione (sentenza n. 433 del
1995); ancora, dalla particolare conformazione della frazione da
trasferire, tutta costiera, molto più lontana dal centro di Fano che da quello
di Mondolfo, e, per così dire, geograficamente collocata in modo evidente nella
direzione di quest’ultimo Comune.
Non estranea a
questa valutazione è anche la necessità di considerare non immeritevole di
protezione, alla luce della stessa ratio dell’art. 133, secondo comma, Cost.,
la peculiarità della situazione della "comunità” di Marotta – sulla quale
insiste, con dovizia di notizie storiche e culturali, la parte privata – che
induce ad attribuire a tale comunità una certa "peculiarità distintiva”, ovvero
a reputarla «fatto sociologicamente distinto» (sentenza n. 433 del
1995), anche alla luce della lunga controversia affrontata in nome della
"riunificazione” con Mondolfo.
D’altro canto, non
conforme rispetto al testo e alla ratio dell’art. 133, secondo comma, Cost.,
sarebbe risultata l’interpretazione opposta – pur adottata dal Consiglio
regionale con la citata delibera n. 61 del 2013, ma poi modificata a seguito
del giudizio amministrativo – volta a dar voce ai soli residenti della frazione
da trasferire, secondo una lettura a sua volta non assente (ciò va rilevato, a
giustificazione delle incertezze che contraddistinguono simili vicende) nella
più risalente giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 453 del
1989, che in un caso di modifica circoscrizionale aveva riferito il
concetto di popolazione interessata «agli elettori […] residenti nei territori
da trasferire e non già […] all’intera popolazione residente nei due Comuni,
cui non può riconoscersi un interesse qualificato per intervenire in procedimenti
di variazione che riguardano parti del territorio rispetto al quale essa non
abbia alcun diretto collegamento»).
Rispetto alle due
più radicali e contrapposte visioni, l’interpretazione accolta da ultimo dal
Consiglio regionale, che chiama al voto alcune parti delle popolazioni
residenti nei due Comuni coinvolti – selezionandole fra quelle contigue
all’abitato oggetto della proposta di trasferimento, sulla base di una
valutazione riferita alla presenza di alcune infrastrutture d’interesse comune
per la relativa popolazione – risulta non incompatibile rispetto alla lettura
qui accolta delle disposizioni costituzionali invocate a parametro.
In particolare, la
già citata deliberazione del Consiglio regionale della Regione Marche n. 87 del
2013 illustra con sufficiente analiticità i criteri che hanno condotto a questa
individuazione delle «popolazioni interessate». I residenti in queste zone, si
afferma, a differenza di tutti gli altri residenti nei Comuni di Fano e
Mondolfo, sono quelli più facilmente orientati a utilizzare alcune
infrastrutture situate nell’abitato oggetto di variazione territoriale (una
farmacia e un istituto scolastico); condividono con gli abitanti di Mondolfo,
in considerazione della prossimità territoriale, servizi già esistenti sul territorio;
hanno un diretto interesse a una amministrazione omogenea della zona costiera,
in vista di una uniforme gestione dei servizi di accoglienza, balneari e
turistici, necessari allo sviluppo dell’area in cui risiedono.
Da ultimo, non può
essere validamente utilizzato, in senso contrario alla scelta posta a base
della consultazione in parola, l’argomento fiscale, in ipotesi invocabile da
tutti i residenti del Comune di Fano. Sostiene, in particolare, la difesa di
tale Comune che questi ultimi dovrebbero sopportare le conseguenze determinate
dalla diminuzione delle entrate tributarie del Comune, derivante dal distacco
della frazione di Marotta, con conseguente prevedibile aggravio della pressione
tributaria a loro diretto carico, risultando perciò evidente il loro interesse
a essere consultati.
L’argomento prova
troppo. Ogni variazione territoriale produce un numero indeterminato di
conseguenze, e queste non possono non estendersi allo stesso ambito tributario,
eventualmente riguardando anche il bilancio dell’ente comunale che la
variazione subisce. Peraltro, proprio con riferimento al bilancio, le
conseguenze non sono necessariamente univoche, poiché la variazione ben può
tradursi anche in un risparmio di spesa, connesso all’eventuale diminuzione dei
residenti o dei servizi da erogare loro.
Del resto, a
ragionare diversamente, i soggetti da coinvolgere nelle consultazioni in
questione sarebbero, sempre e necessariamente, tutti i residenti nei Comuni
coinvolti, cessando in principio ogni necessità di individuare specificamente
le «popolazioni interessate», come invece richiede l’art. 133, secondo comma,
Cost.
Per Questi Motivi
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale
della legge della Regione Marche 23 giugno 2014, n. 15 (Distacco della frazione
di Marotta dal Comune di Fano e incorporazione nel Comune di Mondolfo.
Mutamento delle rispettive circoscrizioni comunali), sollevate, in riferimento
agli artt. 3 e 133, secondo comma, della Costituzione, dal Consiglio di Stato,
sezione quinta, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in
Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 luglio
2019.
F.to:
Giorgio LATTANZI,
Presidente
Nicolò ZANON,
Redattore
Roberto MILANA,
Cancelliere
Depositata in
Cancelleria il 25 settembre 2019.