Sentenza n. 143 del 2020

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SENTENZA N. 143

ANNO 2020

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente: Marta CARTABIA;

 

Giudici: Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Calabria 25 giugno 2019, n. 30 (Modifiche all’articolo 1 della legge regionale 3/2015), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 13-19 agosto 2019, depositato in cancelleria il 20 agosto 2019, iscritto al n. 91 del registro ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell’anno 2019.

 

Visto l’atto di costituzione della Regione Calabria;

 

udito il Giudice relatore Nicolò Zanon ai sensi del decreto della Presidente della Corte del 20 aprile 2020, punto 1) lettere a) e c), in collegamento da remoto, senza discussione orale, in data 10 giugno 2020;

 

deliberato nella camera di consiglio del 23 giugno 2020.

 

Ritenuto in fatto

 

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con ricorso notificato il 13-19 agosto 2019 e depositato il 20 agosto 2019 (reg. ric. n. 91 del 2019), ha impugnato la legge della Regione Calabria 25 giugno 2019, n. 30 (Modifiche all’articolo 1 della legge regionale 3/2015), ritenuta in contrasto con gli artt. 81, 97, primo comma, e 117, terzo comma, della Costituzione.

 

1.1.– Il ricorrente espone che l’art. 1, comma 4, della legge della Regione Calabria 13 gennaio 2015, n. 3 (Misure per il contenimento della spesa regionale) prevedeva, originariamente, che «[a]i fini del contenimento della spesa, nelle more della riorganizzazione di Aziende, Agenzie, Enti collegati a qualsiasi titolo alla Regione, Commissioni e Comitati nominati dalla Regione, gli emolumenti e/o gettoni di presenza spettanti ai componenti, anche di vertice, sono ridotti della metà rispetto a quelli attualmente in essere, con decorrenza 1 gennaio 2015».

 

Rileva, quindi, che l’art. 1 della legge regionale impugnata apporta al comma 4 dell’art. 1 della legge reg. Calabria n. 3 del 2015 le modifiche di seguito trascritte: a) prima della parola «Commissioni» è inserita la seguente: «per»; b) le parole «gli emolumenti e/o» sono sostituite dalla seguente: «i»; c) le parole «, anche di vertice,» sono soppresse.

 

Per effetto di tali interventi, l’art. 1, comma 4, della legge reg. Calabria n. 3 del 2015 risulta così modificato: «[a]i fini del contenimento della spesa, nelle more della riorganizzazione di Aziende, Agenzie, Enti collegati a qualsiasi titolo alla Regione, per Commissioni e Comitati nominati dalla Regione, i gettoni di presenza spettanti ai componenti sono ridotti della metà rispetto a quelli attualmente in essere, con decorrenza 1 gennaio 2015».

 

Il ricorrente, pur evidenziando che, ai sensi dell’art. 2 della medesima legge reg. Calabria n. 30 del 2019, dall’attuazione delle disposizioni innanzi illustrate non dovrebbero derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio regionale, ritiene che le modifiche apportate al comma 4 dell’art. 1 della legge reg. Calabria n. 3 del 2015 risultino contrastanti con i parametri costituzionali evocati.

 

Le disposizioni impugnate, in particolare, minerebbero le misure di contenimento della spesa introdotte dalla legge reg. Calabria n. 3 del 2015 sotto un triplice aspetto.

 

In primo luogo, sarebbe circoscritto l’ambito soggettivo di applicazione dell’art. 1, comma 4, della legge reg. Calabria n. 3 del 2015. Mentre in origine tale disposizione sarebbe stata applicabile anche alle «Aziende, Agenzie, Enti collegati a qualsiasi titolo alla Regione», con l’inserimento della parola «per» davanti a «Commissioni e Comitati nominati dalla Regione», la riduzione alla metà dei «benefici economici» risulterebbe limitata esclusivamente ai componenti di questi ultimi, con conseguente esclusione delle «Aziende, Agenzie, Enti collegati a qualsiasi titolo alla Regione». Questi ultimi verrebbero richiamati al solo fine di una futura riorganizzazione degli stessi, come risulterebbe dalle parole «nelle more».

 

In secondo luogo, una ulteriore restrizione applicativa, sul piano ugualmente soggettivo, deriverebbe dall’eliminazione dalle parole «, anche di vertice», che sarebbe finalizzata ad escludere i «componenti di vertice» dalla prevista decurtazione dei «benefici economici».

 

Infine, l’eliminazione del riferimento agli «emolumenti» limiterebbe «dal punto di vista oggettivo l’ambito di applicazione della norma di contenimento della spesa ai soli gettoni di presenza, consentendo quindi di ripristinare gli altri emolumenti in misura piena», addirittura – a giudizio del ricorrente – con effetti retroattivi dal 1° gennaio 2015.

 

In conclusione, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, tutte le modifiche normative introdotte sarebbero «idonee a comportare un aumento della spesa riferita alla finanza regionale allargata, con la conseguente incompatibilità della clausola di invarianza finanziaria di cui al successivo art. 2 della stessa L.R.».

 

Di qui, la prospettata violazione: dell’art. 81 Cost., «che impone l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci»; dell’art. 97, primo comma, Cost., di cui viene riprodotto il testo; dell’art. 117, terzo comma, Cost., «per contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica», con conseguente richiesta di annullamento dell’intera legge reg. Calabria n. 30 del 2019.

 

2.– La Regione Calabria si è costituita nel giudizio di legittimità costituzionale, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o, comunque, non fondato.

 

2.1.– La resistente sostiene che le disposizioni impugnate, riformulando il testo originario «con maggiore chiarezza e precisione», avrebbero perseguito l’unico fine di «consentire un’interpretazione univoca del dettato normativo, in un senso ragionevolmente riconducibile alla norma». Sarebbe stato, nel contempo, attuato un «migliore coordinamento sistematico della disposizione con altre norme regionali», tra cui, in particolare, quelle contenute nella legge della Regione Calabria 11 agosto 2010, n. 22 (Misure di razionalizzazione e riordino della spesa pubblica regionale), che aveva già previsto una decurtazione del 20 per cento delle somme a vario titolo erogate ai componenti di organi di indirizzo, direzione e controllo, o di consigli di amministrazione, presenti nelle aziende, agenzie ed enti sub regionali.

 

Da tali osservazioni la resistente, valendosi asseritamente dell’interpretazione letterale come di quella sistematica, trae la conclusione che la legge reg. Calabria n. 30 del 2019 avrebbe avuto il solo fine di chiarire la portata originaria del comma 4 dell’art. 1 della legge reg. Calabria n. 3 del 2015, nel senso – definito «ragionevole» – che «la prevista decurtazione dovesse essere operata esclusivamente nei confronti dei componenti, “anche di vertice” degli organi collegiali e, dunque, non dovesse riguardare, né gli organi monocratici, né i titolari di incarichi amministrativi, “anche di vertice”, delle aziende, agenzie ed enti “collegati” alla Regione».

 

Secondo la resistente, quindi, già prima delle modifiche oggi impugnate, l’ambito applicativo dell’art. 1, comma 4, legge reg. Calabria n. 3 del 2015 «era circoscritto agli organi collegiali» e, dunque, ai soli «componenti di Commissioni e Comitati nominati dalla Regione».

 

Alla luce della sostanziale sovrapponibilità tra le previsioni normative contenute nell’art. 1, comma 4, legge reg. Calabria n. 3 del 2015 – quella antecedente e quella successiva alle modifiche apportate con le disposizioni impugnate – non vi sarebbe «alcuna ipotetica idoneità a generare “aumenti della spesa”», dovendosi escludere che l’art. 1, comma 4, legge reg. Calabria n. 3 del 2015 possa aver avuto, in concreto, «l’applicazione ampia ipotizzata in ricorso».

 

In definitiva, per la resistente, la modifica introdotta dalla legge regionale impugnata non sarebbe «idonea a produrre un significativo ridimensionamento del contenimento della spesa», sicché «l’asserito scostamento» non potrebbe ritenersi di rilevanza tale «da risultare in evidente e diretto contrasto con i principi costituzionali, genericamente richiamati in ricorso».

 

Considerato in diritto

 

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, impugna la legge della Regione Calabria 25 giugno 2019, n. 30 (Modifiche all’articolo 1 della legge regionale 3/2015) ritenendola in contrasto con gli artt. 81, 97, primo comma, e 117, terzo comma, della Costituzione.

 

Espone, in particolare, che l’art. 1 della legge regionale impugnata avrebbe apportato al comma 4 dell’art. 1 della legge della Regione Calabria 13 gennaio 2015, n. 3 (Misure per il contenimento della spesa regionale) modifiche tali da restringere l’efficacia delle misure di contenimento della spesa introdotte da quest’ultima disposizione. L’ambito applicativo del citato art. 1, comma 4, della legge reg. Calabria n. 3 del 2015, infatti, sarebbe stato ora limitato alle sole «Commissioni e Comitati nominati dalla Regione» – non più esteso, come in precedenza, anche alle «Aziende, Agenzie, Enti collegati a qualsiasi titolo alla Regione» – e sarebbero stati esclusi, dalla prevista decurtazione dei «benefici economici», i «componenti di vertice», nonché, dal punto di vista oggettivo, gli «emolumenti», addirittura con effetti retroattivi dal 1° gennaio 2015.

 

In tal modo, la clausola di neutralità finanziaria prevista dall’art. 2 della legge regionale impugnata risulterebbe incongrua e comunque incompatibile con le disposizioni di cui al precedente art. 1, ritenute invece «idonee a comportare un aumento della spesa riferita alla finanza regionale allargata».

 

Per questo, vi sarebbe violazione degli artt. 81 e 97, primo comma, Cost., e dei correlati principi che impongono «l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci», nonché dell’art. 117, terzo comma, Cost., «per contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica».

 

2.– Va, in primo luogo, rilevato che, secondo costante giurisprudenza di questa Corte, risultano ammissibili le questioni promosse in via principale avverso interi atti legislativi, sempre che le leggi impugnate siano «caratterizzate da normative omogenee e tutte coinvolte dalle censure» (sentenze n. 128 del 2020 e n. 194 del 2019; nello stesso senso, sentenza n. 137 del 2019).

 

È questo il caso della legge reg. Calabria n. 30 del 2019. Essa è composta di soli tre articoli e presenta un contenuto certamente unitario, volto ad incidere sulle misure di contenimento della spesa previste dall’art. 1, comma 4, della legge reg. Calabria n. 3 del 2015 (art. 1), garantendo l’invarianza finanziaria (art. 2) e fissando l’entrata in vigore dal giorno successivo alla pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione (art. 3).

 

3.– Ancora in via preliminare, deve essere dichiarata l’inammissibilità della questione promossa in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost.

 

È ben noto il costante orientamento di questa Corte, secondo cui il ricorrente ha l’onere di individuare le disposizioni impugnate e i parametri costituzionali dei quali si lamenta la violazione e di presentare una motivazione non meramente assertiva, che indichi le ragioni del contrasto con i parametri evocati, attraverso una sia pur sintetica argomentazione di merito a sostegno delle censure (così, tra le ultime, sentenza n. 25 del 2020).

 

Laddove, in particolare, sia denunciata la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., questa Corte esige che il ricorrente assolva l’onere di indicare specificamente le disposizioni statali interposte che si assumono violate e, in particolare, il principio o i principi fondamentali della materia asseritamente lesi (ex plurimis, sentenze n. 159 e n. 122 del 2018).

 

Nel caso di specie, il ricorrente ha individuato la materia «coordinamento della finanza pubblica», ma non ha indicato né le une, né gli altri.

 

L’assoluta genericità della doglianza, frutto di tali evidenti omissioni, impedisce perciò di esaminare nel merito la censura.

 

4.– Le restanti questioni non sono fondate, nei sensi di cui alla motivazione che segue.

 

4.1.– Va, innanzitutto, precisato il thema decidendum.

 

Sebbene il ricorrente evochi genericamente l’art. 81 Cost., senza ulteriore specificazione, il riferimento anche al parametro costituzionale di cui all’art. 97, primo comma, Cost. lascia intendere che la censura si concentra sull’assenza di analitica copertura finanziaria delle previsioni di cui all’art. 1 della legge reg. Calabria n. 30 del 2019, in quanto comportanti nuovi oneri a carico del bilancio regionale. Deve così intendersi che il ricorrente asserisce la violazione del terzo comma dell’art. 81 Cost.

 

In questo senso milita, del resto, il passo del ricorso in cui si afferma che tali disposizioni sarebbero «idonee a comportare un aumento della spesa riferita alla finanza regionale allargata, con la conseguente incompatibilità della clausola di invarianza finanziaria di cui al successivo art. 2 della stessa L.R.».

 

Pur nell’oggettiva stringatezza del ricorso, viene all’evidenza prospettato un aggravio della complessiva spesa a carico del bilancio regionale consolidato, quale conseguenza dell’asserita restrizione, soggettiva e oggettiva, prodotta dalla disciplina impugnata sulle precedenti misure di contenimento. Il cuore della censura, quindi, riguarda la temuta incisione negativa sull’equilibrio del bilancio, per effetto dell’omessa previsione di adeguata copertura, anche alla luce dell’inefficacia della clausola di invarianza finanziaria, ritenuta evidentemente “di mero stile”.

 

Vi sarebbe perciò violazione degli artt. 81, terzo comma, e 97, primo comma, Cost., che costituiscono – come costantemente affermato da questa Corte – parametri operanti in modo strettamente integrato quali fondamentali principi del diritto del bilancio. Pur presidiando interessi di rilievo costituzionale tra loro distinti, tali due parametri risultano infatti coincidenti sotto l’aspetto della garanzia della sana ed equilibrata gestione finanziaria (ex multis, sentenza n. 18 del 2019).

 

4.2.– Così definito il perimetro delle questioni di legittimità costituzionale promosse con il ricorso, esse si rivelano non fondate, dovendo le disposizioni impugnate essere interpretate anche alla luce dell’istruttoria compiuta nel corso dell’iter legislativo regionale.

 

Invero, la non fondatezza delle censure non scaturisce dall’assunto della Regione resistente, secondo cui le disposizioni impugnate avrebbero perseguito unicamente il fine di esplicitare una lettura già enucleabile in precedenza del comma 4 dell’art. 1 della legge reg. Calabria n. 3 del 2015.

 

L’art. 1 della legge regionale impugnata, in effetti, restringe l’ambito applicativo delle disposizioni modificate: l’aggiunta della preposizione «per» immediatamente prima delle parole «Commissioni e Comitati» comporta che le riduzioni economiche previste dalla legge reg. Calabria n. 3 del 2015 siano, ora, limitate ai soli componenti di tali organismi e non più invece estese, come in passato, anche alle «Aziende, Agenzie ed Enti», pur se ancora contemplati dalla nuova disposizione e solo rispetto ai quali, del resto, appariva conferente il richiamo agli «emolumenti». Inoltre, proprio il riferimento a questi ultimi è stato espunto dal testo normativo, che quindi incide, oggi, solo sui gettoni di presenza, ossia sulla forma di compenso generalmente riconosciuto ai componenti di organi collegiali.

 

In definitiva, diversamente da quanto sostenuto dalla Regione Calabria, non è ipotizzabile nessuna “sovrapponibilità” tra le due formulazioni normative, quella anteriore e quella successiva all’intervento legislativo impugnato.

 

D’altro canto, priva di pregio appare la tesi del ricorrente, secondo cui la legge regionale impugnata avrebbe efficacia retroattiva.

 

Infatti, la circostanza che la modifica riguardi disposizioni che hanno avuto applicazione dal 1° gennaio 2015 non è sufficiente ad attribuire un effetto retroattivo alla novella impugnata. Una volta escluso, come si deve, che essa possieda qualsiasi valenza interpretativa, non può che seguirsi il generale principio d’irretroattività e, dunque, salva espressa previsione contraria (nella specie mancante), le modifiche introdotte dalla nuova disciplina regionale non dispongono che per l’avvenire.

 

Tutto ciò posto, orienta ugualmente nel senso del rigetto delle questioni l’istruttoria compiuta in sede di approvazione della legge reg. Calabria n. 30 del 2019.

 

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, i lavori preparatori (sentenze n. 64 del 2020, n. 186 e n. 108 del 2019), sebbene non legittimino interpretazioni contrastanti con il tenore delle disposizioni approvate, quale emergente dal loro testo, costituiscono pur sempre elementi che contribuiscono alla corretta interpretazione di quest’ultimo (in tal senso, sentenze n. 107 del 2018, n. 127 del 2017 e n. 250 del 2016).

 

Nel caso di specie, il progetto di legge regionale risulta accompagnato da una relazione finanziaria ove si attesta che le disposizioni di cui all’art. 1 non comportano maggiori oneri a carico del bilancio regionale, «stante l’invarianza delle previsioni di spesa relative all’ammontare dei trasferimenti ordinari per gli Enti interessati, rimanendo a carico di questi ultimi l’autonoma gestione dei relativi oneri».

 

Le disposizioni impugnate, allora, vanno interpretate nel senso che esse non devono determinare un aumento di spesa a carico del bilancio regionale, alla luce della previsione di invarianza finanziaria di cui al successivo art. 2, la cui natura di vincolo sostanziale, e non di clausola “di mero stile”, è appunto suffragata dalla citata relazione finanziaria di accompagnamento, che il ricorrente, peraltro, non ha tenuto in alcuna considerazione.

 

La portata precettiva dell’art. 1 della legge reg. Calabria n. 30 del 2019 deve dunque essere intesa nel senso di non poter implicare spese ulteriori per i singoli enti, agenzie e aziende sub-regionali, tali da superare gli stanziamenti in loro favore già previsti nel bilancio regionale, ferma restando la possibilità per i soggetti in questione, nella loro autonomia organizzativa, di destinare risorse in conformità alle previsioni della legge regionale impugnata, che è stata censurata, del resto, esclusivamente in relazione a parametri finanziari.

 

Per questa ragione, e in questi limiti, le questioni di legittimità costituzionale promosse con il ricorso, in riferimento agli artt. 81, terzo comma, e 97, primo comma, Cost., vanno dichiarate non fondate.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Calabria 25 giugno 2019, n. 30 (Modifiche all’articolo 1 della legge regionale 3/2015), promossa, in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;

 

2) dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale della legge reg. Calabria n. 30 del 2019, promosse, in riferimento agli artt. 81, terzo comma, e 97, primo comma, Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 giugno 2020.

 

F.to:

 

Marta CARTABIA, Presidente

 

Nicolò ZANON, Redattore

 

Roberto MILANA, Cancelliere

 

Depositata in Cancelleria l'8 luglio 2020.