SENTENZA
N. 122
ANNO
2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME
DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE
COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Giorgio LATTANZI
Presidente
- Aldo CAROSI
Giudice
- Marta CARTABIA ”
- Mario
Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto
Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
- Giovanni AMOROSO ”
- Francesco VIGANÒ ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli
artt. 1, comma 2; 3, comma 2; e 4, comma 4, della legge
della Provincia autonoma di Bolzano 20 giugno 2016, n. 14 (Modifiche di leggi
provinciali in materia di istruzione), promosso dal Presidente del
Consiglio dei ministri con ricorso
spedito per la notifica il 16 agosto 2016, ricevuto il 19 agosto 2016,
depositato in cancelleria il 22 agosto 2016, iscritto al n. 50 del registro
ricorsi 2016 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42,
prima serie speciale, dell’anno 2016.
Visto l’atto di
costituzione della Provincia autonoma di Bolzano;
udito nella udienza
pubblica dell’8 maggio 2018 il Giudice relatore Giuliano Amato;
uditi l’avvocato Stephan Beikircher per la
Provincia autonoma di Bolzano e l’avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli per
il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto
in fatto
1.– Con ricorso spedito per la notifica il 16
agosto 2016 e depositato il successivo 22 agosto, il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha
promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 2; 3,
comma 2; e 4, comma 4, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 20
giugno 2016, n. 14 (Modifiche di leggi provinciali in materia di istruzione).
In particolare, l’art. 1, comma 2, della legge
prov. Bolzano n. 14 del 2016 ha inserito nella legge della Provincia autonoma
di Bolzano 29 giugno 2000, n. 12 (Autonomia delle scuole) l’art. 13-bis,
dedicato alla valutazione del lavoro dei dirigenti scolastici.
L’art. 3, comma 2, della stessa legge
provinciale ha introdotto nella legge della Provincia autonoma di Bolzano 16
luglio 2008, n. 5 (Obiettivi formativi generali ed ordinamento della scuola
dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione) l’art. 1-septies, il quale
disciplina la valutazione delle competenze degli studenti fino al primo biennio
della scuola secondaria di secondo grado.
Infine, con il successivo art. 4, comma 4, è
stato modificato l’art. 12 della legge della Provincia di Bolzano 12 dicembre
1996, n. 24 (Consiglio scolastico provinciale e disposizioni in materia di
assunzione del personale insegnante), mediante l’inserimento dei commi 6-bis e
6-ter, i quali disciplinano particolari modalità di reclutamento ed assunzione
del personale insegnante.
1.1.– È denunciata la violazione degli artt. 9,
numero 2), 4 e 5 del decreto
del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo
unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige) e delle relative norme di attuazione, ed in
particolare degli artt. 1, 3, 4, 9, 11 e 12 del d.P.R. 10 febbraio 1983, n. 89 (Approvazione del testo
unificato dei decreti del Presidente della Repubblica 20 gennaio 1973, n. 116 e
4 dicembre 1981, n. 761, concernenti norme di attuazione dello statuto speciale
per il Trentino-Alto Adige in materia di ordinamento scolastico in provincia di
Bolzano); del d.P.R. 15 luglio 1988, n. 301 (Norme di attuazione
dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di
iscrizione nelle scuole con lingua di insegnamento diversa dalla madre lingua
dell’alunno); del decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 265 (Norme di attuazione dello statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige in ordine all’insegnamento in lingua
tedesca nel conservatorio di musica di Bolzano); del decreto
legislativo 24 luglio 1996, n. 434 (Norme di attuazione dello statuto
speciale per la regione Trentino-Alto Adige recanti modifiche ed integrazioni
al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 1983, n. 89, concernente
l’ordinamento scolastico in provincia di Bolzano); del decreto
legislativo 19 novembre 2003, n. 345 (Norme di attuazione dello Statuto
speciale della regione Trentino-Alto Adige recanti modifiche al decreto del
Presidente della Repubblica 10 febbraio 1983, n. 89, in materia di ordinamento
scolastico in provincia di Bolzano); del decreto
legislativo 25 luglio 2006, n. 245 (Norme di attuazione dello Statuto
speciale della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol in materia di accademia di
belle arti, istituti superiori per le industrie artistiche, conservatori di
musica e istituti musicali pareggiati in provincia di Bolzano), nonché degli artt. 3, 97 e 117, comma terzo, della
Costituzione, in combinato disposto con l’art. 10 della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda
della Costituzione).
1.2.– Il ricorrente premette che l’art. 9,
numero 2), del d.P.R. n. 670 del 1972 conferisce alle
Province autonome la competenza ad emanare norme legislative in materia di
«istruzione elementare e secondaria (media, classica, scientifica, magistrale,
tecnica, professionale e artistica)». Tale potestà normativa, tuttavia, deve
rispettare i limiti indicati dallo stesso art. 9 e previsti dai precedenti
artt. 4 e 5 dello statuto di autonomia.
Successive norme di attuazione hanno dato
esecuzione all’art. 9 dello statuto speciale, tutte confermando i limiti dei
poteri legislativi della Provincia: così, il d.P.R.
n. 89 del 1983, integrato e modificato dal d.lgs. n. 434 del 1996. Sono
richiamate, inoltre, le norme di attuazione statutaria contenute nel d.P.R. n. 301 del 1988, nel d.lgs. n. 265 del 1992, nel
d.lgs. n. 345 del 2003 e nel d.lgs. n. 245 del 2006.
2.– Ciò premesso, il ricorrente ha impugnato, in
primo luogo, l’art. 1, comma 2, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2016, il
quale inserisce l’art. 13-bis (Valutazione del lavoro dei dirigenti scolastici
e delle dirigenti scolastiche) nella legge prov. Bolzano n. 12 del 2000.
Tale disposizione prevede un sistema di
valutazione del lavoro dei dirigenti scolastici composto da tre fasi: la
valutazione del servizio in anno di prova, la valutazione del servizio annuale
e la valutazione del servizio globale. L’art. 13-bis in esame individua
nell’ispettore scolastico, ovvero in un team di due ispettori, i soggetti
competenti a formulare la proposta di valutazione, fermo restando il ricorso al
team nella valutazione del servizio nell’anno di prova e del servizio globale.
Si prevede, inoltre, la possibilità di adottare una forma di valutazione
alternativa, approvata dall’intendente scolastico su richiesta del medesimo
dirigente.
Ad avviso della difesa statale, questa
disciplina si porrebbe in contrasto con i principi fondamentali posti dalla
normativa statale in materia di istruzione, in quanto sarebbero previsti
criteri e modalità di valutazione dei dirigenti scolastici che differiscono da
quelli previsti dalla legislazione statale.
Il contrasto è ravvisato, in primo luogo, con la
previsione contenuta nell’art. 25, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche). Sia rispetto alla composizione del nucleo di
valutazione, sia rispetto alle modalità e ai criteri di operatività dello
stesso, la disposizione impugnata violerebbe i principi generali stabiliti
dalla norma statale per tutti i dirigenti scolastici.
La disposizione censurata si porrebbe, inoltre,
in contrasto con la disciplina del procedimento di valutazione prevista dall’art.
6 del d.P.R. 28 marzo 2013, n. 80 (Regolamento sul
sistema nazionale di valutazione in materia di istruzione e formazione), il
quale darebbe applicazione ai principi posti dall’art. 25, comma 1, del d.lgs.
n. 165 del 2001.
È altresì denunciato il contrasto con gli artt.
3, 7, 13 e 14 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (Attuazione della
legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del
lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni);
nonché con gli artt. 4 e 9 della direttiva del Ministro dell’istruzione,
dell’università e della ricerca 28 giugno 2016, n. 25 (Valutazione dirigenti
scolastici).
La disposizione in esame violerebbe, infine, i
principi in materia di valutazione dei dirigenti scolastici contenuti nell’art.
l, commi 93 e 94, della legge 13 luglio 2015, n. 107 (Riforma del sistema
nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle
disposizioni legislative vigenti).
Ad avviso del ricorrente, la Provincia autonoma
avrebbe, dunque, esorbitato dalla competenza attribuitale dall’art. 9, numero
2), dello statuto di autonomia e dalle norme di attuazione statutaria. La
disposizione impugnata violerebbe, altresì, l’art. 117, terzo comma, Cost., in
ragione dell’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001.
Infine, nello stabilire modalità di valutazione
dei dirigenti scolastici diverse da quelle previste nel rimanente territorio
nazionale, sarebbe violato anche il principio di parità di trattamento di cui
all’art. 3 Cost. La denunciata disparità sarebbe aggravata dalla considerazione
che le modalità di valutazione previste dalla disciplina provinciale sarebbero
suscettibili di riflettersi sull’esito della valutazione e, quindi,
sull’attribuzione dell’indennità di risultato.
3.– È denunciata, inoltre, l’illegittimità
dell’art. 3, comma 2, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2016, il quale ha
introdotto l’art. 1-septies della legge prov. Bolzano n. 5 del 2008. La
disposizione provinciale impugnata disciplina la valutazione delle competenze
degli studenti.
A ciascuna istituzione scolastica è riconosciuta
la possibilità di sviluppare, fino alla conclusione del secondo biennio del
secondo ciclo di istruzione e formazione, proprie modalità di valutazione delle
competenze. Alla Giunta provinciale è affidato il compito di definirne i
criteri e le modalità (comma 1 dell’art. 1-septies). Sulla base di tale
impostazione didattica, che ricomprende anche la valutazione delle competenze,
è consentita la formazione di classi o gruppi di alunni che prescindono
dall’anno di corso e dall’età degli studenti (comma 2). Alle istituzioni
scolastiche è, inoltre, attribuita la facoltà di sostituire la valutazione in
cifre e di decidere l’ammissione alla classe successiva esclusivamente al
termine del triennio o dei bienni previsti dalle indicazioni provinciali (comma
3).
Ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato,
tale disciplina si discosterebbe dai principi posti dall’art. 3 del
decreto-legge 1° settembre 2008, n. 137 (Disposizioni urgenti in materia di
istruzione e università legislazione statale), il quale prevede la valutazione
periodica ed annuale degli alunni, mediante l’attribuzione di voti numerici
espressi in decimi, la formazione di giudizi sul livello di maturazione
raggiunto e l’ammissione annuale alla classe successiva.
La disposizione impugnata contrasterebbe,
altresì, con i principi stabiliti dal d.P.R. 22
giugno 2009, n. 122 (Regolamento recante coordinamento delle norme vigenti per
la valutazione degli alunni e ulteriori modalità applicative in materia, ai
sensi degli articoli 2 e 3 del decreto-legge 1° settembre 2008, n. 137,
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169); dagli
artt. 146, comma 2, 179, comma 2, e 185, commi 3 e 4, del decreto legislativo
16 aprile 1994, n. 297 (Approvazione del testo unico delle disposizioni
legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni
ordine e grado), nonché con i principi della delega di cui all’art. l, commi
180 e 181, lettera i), della legge n. 107 del 2015.
Anche in questo caso sarebbe invasa la
competenza legislativa statale, in violazione dei limiti stabiliti dall’art. 9,
numero 2), dello statuto di autonomia e dalle norme di attuazione statutarie,
nonché l’art. 117, terzo comma, Cost. Sarebbe, inoltre, violato il principio di
eguaglianza di cui all’art. 3 Cost., poiché la disposizione impugnata
comporterebbe una palese disparità di trattamento tra alunni della medesima
Provincia (in quanto appartenenti ad istituti diversi), nonché tra gli stessi
alunni e quelli del restante territorio nazionale.
4.– È denunciata, infine, l’illegittimità
dell’art. 4, comma 4, della legge provinciale n. 14 del 2016. Nel modificare
l’art. 12 della legge provinciale n. 24 del 1996, la disposizione impugnata ha
introdotto la possibilità di conferire incarichi a tempo determinato, non
superiori a 36 mesi e non rinnovabili, attraverso procedure di selezione
effettuate dalle singole scuole, anche a personale esterno alla categoria dei
docenti (comma 6-bis), ovvero a cooperative sociali o strutture consimili
(comma 6-ter).
Tali previsioni normative sarebbero
incompatibili con la disciplina statale del reclutamento del personale, la
quale richiede che la selezione avvenga tra i docenti abilitati
all’insegnamento, o che abbiano un titolo di studio che consenta l’iscrizione
nelle graduatorie d’istituto. Il ricorrente evidenzia, inoltre, che la
legislazione statale prevede che il servizio svolto da personale non docente
non può essere valutato come servizio d’insegnamento e che le cooperative
sociali non possono procedere alla stipula di contratti per la categoria del
personale docente.
In particolare, è denunciato il contrasto con i
principi posti dai seguenti atti normativi: 1) l’art. 4 della legge 3 maggio
1999, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico); 2) il
decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 13 giugno
2007, n. 131 (Regolamento per l’attuazione e l’esecuzione delle previsioni
della L. n. 124 del 1999); 3) il decreto del Ministro dell’istruzione,
dell’università e della ricerca 10 settembre 2010, n. 249 (Regolamento
concernente: «Definizione della disciplina dei requisiti e delle modalità della
formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell’infanzia, della scuola
primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado, ai sensi
dell’articolo 2, comma 416, della legge 24 dicembre 2007, n. 244»); 4) l’art.
1, commi 107 e 131, della legge n. 107 del 2015.
Queste ultime disposizioni, in particolare,
impongono che, a decorrere dall’anno scolastico 2016/2017, l’inserimento nelle
graduatorie di circolo e di istituto possa avvenire «esclusivamente a seguito
del conseguimento del titolo di abilitazione» e che i contratti di lavoro a
tempo determinato stipulati con il personale docente, educativo,
amministrativo, tecnico e ausiliario per la copertura di posti vacanti e
disponibili «non possono superare la durata complessiva di trentasei mesi,
anche non continuativi».
Ad avviso del ricorrente, anche l’art. 4, comma
4, della legge provinciale n. 14 del 2016 eccederebbe dalla competenza
attribuita alla Provincia di Bolzano dall’art. 9, numero 2), dello statuto di
autonomia e dalle norme di attuazione statutaria, e – in ragione dell’art. 10
della legge cost. n. 3 del 2001 – violerebbe altresì l’art. 117, terzo comma,
Cost.
La medesima disposizione si porrebbe, altresì,
in contrasto con l’art. 97, terzo comma, Cost., che sancisce il principio
dell’accesso mediante concorso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni.
5.– La Provincia autonoma di Bolzano si è
costituita nel presente giudizio chiedendo che le questioni promosse dal
ricorrente siano dichiarate inammissibili e, in ogni caso, non fondate.
5.1.– In via preliminare, la difesa provinciale
ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per la genericità dell’indicazione
dei parametri statutari. In particolare, il ricorrente si sarebbe limitato ad
elencare le norme di attuazione statutaria in materia di ordinamento scolastico,
senza tuttavia denunciare specifiche violazioni delle stesse.
La Provincia autonoma di Bolzano ha eccepito,
inoltre, la manifesta inammissibilità delle questioni promosse in riferimento
all’art. 117, terzo comma, Cost., invocato ai sensi dell’art. 10 della legge
costituzionale n. 3 del 2001. L’art. 117 Cost. non prevede una forma di
autonomia più ampia di quella configurata dagli artt. 8 e 9 dello statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige, sicché non ricorrerebbero le condizioni
per l’applicazione del richiamato art. 10.
È stata inoltre eccepita l’inammissibilità delle
censure relative alla violazione di norme regolamentari (quali il d.P.R. n. 80 del 2013, il d.P.R.
n. 122 del 2009 ed il d.m. n. 131 del 2007), di
direttive (in particolare, la direttiva del Ministro dell’istruzione,
dell’università e della ricerca 28 giugno 2016, n. 25), nonché di decreti
ministeriali (come il d.m. n. 249 del 2010), i quali
non potrebbero porre «i principi stabiliti dalle leggi dello Stato», ma norme
generali non direttamente vincolanti.
Al riguardo, la difesa della resistente ha
evidenziato che, ai sensi dell’art. 3 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n.
266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige
concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e
provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), gli atti
amministrativi statali di indirizzo e coordinamento vincolano la Regione e le
Province autonome solo al conseguimento degli obiettivi o risultati in essi
stabiliti. Pertanto, le norme provinciali non potrebbero ritenersi illegittime
per violazione delle norme di rango secondario invocate dalla parte ricorrente,
le quali non stabiliscono principi stabiliti dalle leggi dello Stato.
D’altra parte, anche le altre disposizioni
legislative invocate nel ricorso non sarebbero direttamente applicabili, in
quanto contenenti espresse clausole di salvaguardia.
La difesa della parte resistente ha, inoltre,
evidenziato che il d.P.R. n. 89 del 1983 attribuisce
alla Provincia autonoma di Bolzano la potestà di disciplinare con proprie leggi
la migliore utilizzazione del personale insegnante, al fine di soddisfare le
esigenze di continuità didattica, nonché per una più efficace organizzazione
della scuola. In particolare, l’art. 12, comma 9, del d.P.R.
n. 89 del 1983 consentirebbe alla contrattazione collettiva provinciale di
prevedere una disciplina che – nel rispetto del trattamento economico
fondamentale, delle qualifiche e del trattamento di previdenza – si differenzi,
anche in modo significativo, dalla disciplina statale.
5.2.– Ciò premesso, la resistente ha dedotto
che, con l’art. 1, comma 2, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2016, la
disciplina provinciale in materia di valutazione dei dirigenti scolastici sarebbe
stata adeguata ai principi stabiliti dall’art. 25, comma 1, del d.lgs. n. 165
del 2001 e dalla successiva legge n. 107 del 2015. Si fa altresì rilevare che
quest’ultima ha previsto che il nucleo di valutazione possa «essere articolato
con una diversa composizione in relazione al procedimento e agli oggetti di
valutazione».
La Provincia autonoma ha sottolineato inoltre
che, in base alla disposizione provinciale impugnata, spetta alle singole
intendenze scolastiche la definizione degli indicatori e dei dettagli
operativi. In quanto emanati con disposizioni di rango inferiore, tali
indicatori non potranno discostarsi dai principi stabiliti dalle disposizioni
statali, essendo incorporati quasi testualmente nella medesima disposizione
impugnata.
Quanto ai criteri per l’assegnazione della
retribuzione di risultato, la Provincia resistente ritiene che non sia
ravvisabile alcun contrasto con la disciplina statale, atteso che i contratti
collettivi provinciali dovranno, a pena di inefficacia, attenersi ai criteri generali
contenuti nella legge n. 107 del 2015.
La parte resistente ritiene, quindi, che la
composizione del nucleo di valutazione, il contenuto della valutazione, la
definizione degli indicatori e dei dettagli operativi, nonché la definizione
dei criteri per l’assegnazione della retribuzione di risultato garantiscano una
procedura adeguata e rispettosa dei principi ricavabili dalla disciplina
statale.
In particolare, la disposizione impugnata non si
discosterebbe dall’impianto generale del d.lgs. n. 150 del 2009, volto ad
assicurare elevati standard qualitativi ed economici del servizio attraverso la
valorizzazione dei risultati e della performance organizzativa e individuale.
Anche a livello provinciale sarebbero definiti gli obiettivi da raggiungere, vi
sarebbe un collegamento tra tali obiettivi e l’allocazione delle risorse e
sarebbe altresì prevista una misurazione della performance, utilizzando criteri
di valorizzazione del merito.
Con riferimento ai criteri per l’assegnazione della
retribuzione di risultato, la difesa della parte resistente ha sottolineato la
particolare autonomia in materia finanziaria di cui gode la Provincia autonoma
di Bolzano, in forza del Titolo VI dello statuto speciale, dell’art. 2, comma
113, della legge 23 dicembre 2009, n. 181, recante «Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria
2010)», nonché dell’art. l, commi da 407 a 413, della legge 23 dicembre 2014,
n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)». Da questo complesso
normativo emergerebbe che gli oneri finanziari relativi all’ordinamento
scolastico sono sopportati interamente dalla Provincia autonoma di Bolzano,
senza alcun onere aggiuntivo per lo Stato, il quale provvede al versamento di
una somma a forfait.
5.3.– La Provincia resistente ha altresì
contestato le censure relative all’art. 3, comma 2, della legge provinciale n.
14 del 2016.
In particolare, nessun contrasto sarebbe
ravvisabile con il d.l. n. 137 del 2008 e con il d.P.R. n. 122 del 2009, i quali contengono una clausola di
salvaguardia per le Province autonome di Trento e di Bolzano (art. 8, comma
l-bis, del d.l. n. 137 del 2008 e art. 12, comma l,
del d.P.R. n. 122 del 2009). D’altra parte, la natura
meramente regolamentare del d.P.R. n. 122 del 2009
non consentirebbe di invocarlo quale parametro del giudizio di legittimità
costituzionale.
Si osserva, inoltre, che in base all’art. 9 del d.P.R. n. 89 del 1983, il legislatore provinciale ha
disciplinato gli obiettivi formativi generali, l’ordinamento della scuola
dell’infanzia e del primo e del secondo ciclo di istruzione e formazione, senza
mai dare luogo ad alcuna censura governativa o ministeriale.
Sono così stati posti i principi generali in
merito alle indicazioni provinciali per la definizione dei curricula relativi
alle scuole di ogni ordine e grado. A questi principi deve attenersi la Giunta
provinciale, delegata ad approvare, per le scuole dei tre gruppi linguistici,
le proprie indicazioni, caratterizzate dai principi dell’individualizzazione e
della personalizzazione del percorso di studio. Siffatta flessibilità
troverebbe espressione anche nella disposizione impugnata, in base alla quale
possono essere formate classi o gruppi che differiscono dall’anno di corso e
che possono essere composte da alunni di età diversa.
Tale possibilità costituirebbe una realtà
affermata nella prassi provinciale. Nella scuola primaria, a causa del numero
esiguo di alunni, la maggior parte dei plessi scolastici al di fuori dei centri
urbani non avrebbe una classe per ogni anno di corso e, pertanto, la didattica
per gruppi di alunni che prescindono dall’anno di corso e dall’età sarebbe la
soluzione da preferire.
L’individualizzazione dell’insegnamento
imporrebbe di tenere conto dei progressi individuali e di rispondere in modo
mirato a differenti situazioni, pianificando con i singoli alunni e con i loro
genitori un percorso personale di apprendimento differenziato.
A ciascuna istituzione scolastica sarebbe quindi
consentita l’individuazione di una propria modalità di valutazione, sulla base
dei criteri definiti dalla Giunta provinciale. Tale modalità non sarebbe
antitetica rispetto alla valutazione "classica” espressa in cifre, che comunque
continuerebbe ad essere applicata, ma consentirebbe un’ulteriore possibilità di
accertamento delle conoscenze e competenze degli alunni.
D’altra parte, la certificazione delle
competenze al termine del primo ciclo di istruzione sarebbe prevista, anche a
livello statale, dal decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e
della ricerca 16 novembre 2012, n. 254 (Regolamento recante indicazioni
nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo
d’istruzione, a norma dell’articolo 1, comma 4, del decreto del Presidente
della Repubblica 20 marzo 2009, n. 89).
Anche la più recente produzione normativa
dimostrerebbe la tendenza, a livello sia europeo, sia nazionale, a valutare le
competenze. La Provincia resistente ha sottolineato che nel 2003
l’Organizzazione per lo sviluppo economico e la cooperazione ha definito la
competenza come «la capacità di adempiere alle richieste complesse in un
particolare contesto attivando prerequisiti psicosociali (incluse le facoltà
cognitive e non cognitive)». Tale impostazione troverebbe riscontro anche nella
Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006,
relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente (2006/962/CE), e
nella successiva Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 23
aprile 2008, sulla costituzione del Quadro europeo delle qualifiche per
l’apprendimento permanente (2008/C 111/01).
Con riferimento alla denunciata violazione
dell’art. 3 Cost., la difesa della Provincia autonoma di Bolzano ritiene che il
rispetto del principio di eguaglianza e di parità di trattamento debba essere
riferito non a tutti gli alunni di tutte le istituzioni scolastiche, ma agli
alunni di ciascuna singola scuola, i quali si trovano in un’eguale situazione e
ai quali vengono applicati gli stessi criteri di valutazione definiti ex ante
dal collegio dei docenti della singola istituzione scolastica.
Pertanto, al fine di ovviare alle problematiche
connesse all’adozione di diverse modalità di valutazione, la legge provinciale
in esame dispone che, in caso di trasferimento, il consiglio di classe della
scuola di provenienza indichi l’anno di corso in cui inserire l’alunno e che,
ove il trasferimento avvenga in scuole che non hanno adottato il sistema valutativo
per competenze, si sostituisca tale valutazione con quella in cifre.
La disposizione impugnata garantirebbe, in ogni
caso, l’osservanza della disciplina degli esami conclusivi del primo e secondo
ciclo di istruzione e formazione i quali, in quanto esami di Stato, devono
necessariamente essere uniformi in tutto il territorio nazionale. Essa si
sottrarrebbe, pertanto, alle censure avversarie.
5.4.– Infine, con specifico riferimento alle
censure relative all’art. 4, comma 4, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2016,
la Provincia autonoma ha evidenziato che l’art. l, comma 77, della legge n. 107
del 2015 contiene una specifica clausola di salvaguardia in materia di
assunzione del personale docente. Essa fa salve le diverse determinazioni che
le Provincie autonome di Trento e di Bolzano possono adottare in materia di
assunzione del personale docente in considerazione delle rispettive specifiche
esigenze.
D’altra parte, già con l’art. 12, commi 5 e 6,
della legge prov. Bolzano n. 24 del 1996 era stata prevista la possibilità, per
ogni intendenza scolastica, di istituire un’apposita graduatoria per il
reclutamento di personale specificamente qualificato in relazione a particolari
metodologie didattiche o a particolari tipologie di offerta formativa.
I nuovi commi 6-bis e 6-ter, introdotti dalla
disposizione impugnata, prevedono due alternative alla procedura ordinaria,
qualora nel personale della scuola non siano rinvenibili persone munite delle
competenze richieste. Soltanto in questo caso, dunque, sarebbe consentita
l’estensione della selezione a persone esterne alla categoria del personale
docente, ovvero l’assegnazione di incarichi di collaborazione a cooperative
sociali o strutture simili.
D’altra parte, le cooperative sociali non
stipulerebbero contratti di lavoro, ma si limiterebbero a porre a disposizione
delle istituzioni scolastiche gli esperti dei quali queste ultime abbiano
bisogno. Attesa la priorità riconosciuta al personale docente, non sarebbe
ravvisabile alcun contrasto con l’art. 97, terzo comma, Cost.
In ogni caso, poi, il generale riconoscimento
del principio per il quale il servizio svolto da personale docente privo del
titolo di studio o dell’abilitazione non è valutabile come servizio di
insegnamento avrebbe reso non necessaria una precisazione in tal senso. Anche
questa censura del ricorrente dovrebbe, quindi, ritenersi non fondata.
6.– Su concorde richiesta delle parti, avanzata
all’udienza del 6 giugno 2017, è stato disposto il rinvio a nuovo ruolo della
discussione del presente giudizio.
A seguito di nuova fissazione dell’udienza
dell’8 maggio 2018, con atto depositato il 27 aprile 2018 il Presidente del
Consiglio dei ministri – a seguito dell’entrata in vigore della legge della
Provincia autonoma di Bolzano 6 luglio 2017, n. 8 (Modifiche di leggi
provinciali in materia di cultura, procedimento amministrativo, ordinamento
degli uffici e personale, istruzione, enti locali, agricoltura, tutela del
paesaggio e dell’ambiente, foreste e caccia, sanità, politiche sociali,
edilizia abitativa agevolata, apprendistato, trasporti, artigianato, turismo e
industria alberghiera, rifugi alpini, commercio, appalti pubblici e altre
disposizioni) – ha rinunciato parzialmente al ricorso, con riferimento alle
censure promosse nei confronti degli artt. 3, comma 2, e 4, comma 4, della
legge provinciale n. 14 del 2016.
Il 7 maggio 2018 la difesa della Provincia
autonoma di Bolzano ha depositato atto di accettazione della rinuncia parziale
al ricorso.
Considerato
in diritto
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso
questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 2; 3, comma 2; e
4, comma 4, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 20 giugno 2016, n.
14 (Modifiche di leggi provinciali in materia di istruzione).
In particolare, l’art. 1, comma 2, ha inserito
nella legge della Provincia autonoma di Bolzano 29 giugno 2000, n. 12
(Autonomia delle scuole) l’art. 13-bis, dedicato alla valutazione del lavoro
dei dirigenti scolastici.
L’art. 3, comma 2, della stessa legge
provinciale n. 14 del 2016 ha introdotto nella legge della Provincia autonoma
di Bolzano 16 luglio 2008, n. 5 (Obiettivi formativi generali ed ordinamento
della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione) l’art. 1-septies,
il quale disciplina la valutazione delle competenze degli studenti fino al
primo biennio della scuola secondaria di secondo grado.
Infine, con il successivo art. 4, comma 4, è
stato modificato l’art. 12 della legge della Provincia di Bolzano 12 dicembre
1996, n. 24 (Consiglio scolastico provinciale e disposizioni in materia di
assunzione del personale insegnante), mediante l’inserimento dei commi 6-bis e
6-ter, i quali disciplinano particolari modalità di reclutamento ed assunzione
del personale insegnante.
1.1.– È denunciata la violazione degli artt. 9,
numero 2, 4 e 5 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n.
670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo
statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) e delle relative norme di
attuazione, ed in particolare degli artt. 1, 3, 4, 9, 11 e 12 del d.P.R. 10 febbraio 1983, n. 89 (Approvazione del testo
unificato dei decreti del Presidente della Repubblica 20 gennaio 1973, n. 116 e
4 dicembre 1981, n. 761, concernenti norme di attuazione dello statuto speciale
per il Trentino-Alto Adige in materia di ordinamento scolastico in provincia di
Bolzano); del d.P.R. 15 luglio 1988, n. 301 (Norme di
attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia
di iscrizione nelle scuole con lingua di insegnamento diversa dalla madre
lingua dell’alunno); del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 265 (Norme di
attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in ordine
all’insegnamento in lingua tedesca nel conservatorio di musica di Bolzano); del
decreto legislativo 24 luglio 1996, n. 434 (Norme di attuazione dello statuto
speciale per la regione Trentino-Alto Adige recanti modifiche ed integrazioni
al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 1983, n. 89, concernente
l’ordinamento scolastico in provincia di Bolzano); del decreto legislativo 19
novembre 2003, n. 345 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della regione
Trentino-Alto Adige recanti modifiche al decreto del Presidente della
Repubblica 10 febbraio 1983, n. 89, in materia di ordinamento scolastico in
provincia di Bolzano); del decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 245 (Norme di
attuazione dello Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol in
materia di accademia di belle arti, istituti superiori per le industrie
artistiche, conservatori di musica e istituti musicali pareggiati in provincia
di Bolzano), nonché degli artt. 3, 97 e 117, comma terzo, della Costituzione,
in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001,
n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).
1.2.– In particolare, l’illegittimità dell’art.
1, comma 2, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2016 è denunciata in
riferimento agli artt. 4, 5 e 9, comma primo, numero 2), dello statuto e alle
norme di attuazione statutaria, nonché agli artt. 3 e 117, terzo comma, della
Costituzione, poiché – esorbitando dalla competenza attribuita dallo statuto in
materia di istruzione elementare e secondaria – la Provincia autonoma avrebbe
introdotto un sistema di valutazione del lavoro dei dirigenti scolastici
differente da quello previsto dalla legislazione statale ed in contrasto con i
principi fondamentali posti da quest’ultima, i quali prevedono una diversa
composizione del nucleo di valutazione, nonché diversi criteri e modalità
operative dello stesso. Inoltre, nello stabilire modalità di valutazione dei
dirigenti scolastici diverse da quelle previste nel rimanente territorio
nazionale, avrebbe violato il principio di uguaglianza e di parità di
trattamento.
1.2.1.– L’art. 3, comma 2, della legge prov.
Bolzano n. 14 del 2016 è impugnato in riferimento agli artt. 4, 5 e 9, primo
comma, numero 2), dello statuto e alle norme di attuazione statutaria, nonché
agli artt. 3 e 117, terzo comma, Cost. Nell’introdurre un sistema di
valutazione del rendimento scolastico secondo modalità e criteri che
differiscono da quelli previsti dalla legislazione statale, la disposizione
impugnata si porrebbe in contrasto con i principi fondamentali in materia di
istruzione e di valutazione del rendimento scolastico, i quali prevedono la
valutazione periodica ed annuale degli alunni, mediante l’attribuzione di voti
numerici espressi in decimi, la formazione di giudizi sul livello di
maturazione raggiunto e l’ammissione annuale alla classe successiva. Ciò
comporterebbe una palese disparità di trattamento, sia tra alunni appartenenti
ad istituti scolastici diversi della medesima Provincia, sia tra questi stessi
alunni e quelli del restante territorio nazionale, attesa la difficoltà di
comparare i risultati rispettivamente raggiunti, nonché di individuare la
classe di riferimento per l’iscrizione degli studenti, in caso di trasferimento
ad istituzione di altra Provincia o Regione.
1.2.2.– Infine, l’art. 4, comma 4, della legge
prov. Bolzano n. 14 del 2016 è impugnato in riferimento agli artt. 4, 5 e 9,
comma primo, numero 2), dello statuto speciale e alle norme di attuazione
statutaria, nonché all’art. 117, terzo comma, Cost. La disposizione impugnata –
esorbitando dalla competenza statutaria in materia di istruzione elementare e
secondaria – introdurrebbe una procedura di reclutamento del personale a tempo
determinato differente da quella prevista dalla legislazione statale ed in
contrasto con i principi fondamentali posti da quest’ultima, i quali prevedono
che il personale a tempo determinato debba essere assunto tra il personale
docente che abbia conseguito l’abilitazione, ovvero che abbia comunque un
titolo di studio che consenta l’iscrizione nelle graduatorie d’istituto; che il
servizio svolto da personale non docente non possa essere valutato come
servizio d’insegnamento e, infine, che le cooperative sociali non possano
procedere alla stipula di contratti per la categoria del personale docente. La
procedura di reclutamento del personale a tempo determinato introdotta dalla
disposizione impugnata violerebbe, inoltre, l’art. 97 Cost. ed il principio del
pubblico concorso per l’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni.
2.– Va preliminarmente rilevato che, dopo
l’introduzione del presente giudizio, è entrata in vigore la legge della
Provincia autonoma di Bolzano 6 luglio 2017, n. 8 (Modifiche di leggi
provinciali in materia di cultura, procedimento amministrativo, ordinamento
degli uffici e personale, istruzione, enti locali, agricoltura, tutela del
paesaggio e dell’ambiente, foreste e caccia, sanità, politiche sociali,
edilizia abitativa agevolata, apprendistato, trasporti, artigianato, turismo e
industria alberghiera, rifugi alpini, commercio, appalti pubblici e altre
disposizioni).
L’art. 12 di tale legge, alle lettere d) ed e),
ha abrogato sia l’art. 1-septies della legge provinciale n. 5 del 2008,
introdotto dal censurato art. 3, comma 2, della legge provinciale n. 14 del
2016, sia i commi 6-bis e 6-ter dell’art. 12 della legge provinciale n. 24 del
1996, inseriti dall’impugnato art. 4, comma 4, della stessa legge n. 14 del
2016.
2.1.– Pertanto, rilevato il venir meno di alcune
delle ragioni che avevano indotto alla proposizione del ricorso, il Presidente
del Consiglio dei ministri ha rinunciato parzialmente all’impugnazione, con
specifico riferimento alle disposizioni degli artt. 3, comma 2, e 4, comma 4,
della legge prov. Bolzano n. 14 del 2016. Nel medesimo atto si dichiara la
permanenza dei motivi di impugnativa con riferimento all’art. 1, comma 2, della
medesima legge provinciale. La rinuncia parziale è stata, quindi, accettata
dalla Provincia di Bolzano con atto ritualmente depositato.
2.2.– Ai sensi dell’art. 23 delle Norme
integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, è necessario,
quindi, dichiarare l’intervenuta estinzione del processo, limitatamente alle
questioni aventi ad oggetto l’art. 3, comma 2, e l’art. 4, comma 4, della legge
della Provincia autonoma di Bolzano n. 14 del 2016.
3.– Devono essere, a questo punto, esaminati i
profili che attengono all’ammissibilità delle residue questioni, aventi ad
oggetto l’art. 1, comma 2, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2016, che
disciplina il procedimento di valutazione dei dirigenti scolastici.
3.1.– Va preliminarmente disattesa l’eccezione
di inammissibilità del ricorso, per l’asserita genericità dei parametri
invocati.
Ad avviso della Provincia autonoma di Bolzano,
il ricorrente si sarebbe limitato a fornire un’elencazione delle norme di
attuazione statutaria in materia di ordinamento scolastico, omettendo tuttavia
di chiarirne il contenuto e la portata, nonché di denunciare gli specifici profili
di contrasto delle disposizioni impugnate.
Se è pur vero che dalla mancata indicazione
delle competenze legislative assegnate dallo statuto discende l’inammissibilità
di un ricorso statale avverso la legge di un soggetto ad autonomia speciale (ex
plurimis, sentenze n. 103 del
2017, n. 252
del 2016, n.
151 e n. 142
del 2015 e n.
288 del 2013), tuttavia, nel caso in esame, l’indicazione della competenza
statutaria che si assume violata è chiaramente espressa e riferita alla materia
dell’istruzione elementare e secondaria, di cui all’art. 9, numero 2), il quale
a sua volta contiene il richiamo ai precedenti artt. 4 e 5 del medesimo
statuto.
Nel tessuto argomentativo del ricorso, il
riferimento alle successive norme di attuazione statutaria non introduce
autonome questioni di legittimità costituzionale, ma è volto, piuttosto, a
corroborare la violazione dei parametri statutari, denunciata in via
principale, attraverso l’indicazione delle disposizioni attuative che, in linea
di continuità con essi, contribuiscono a confermare i limiti della potestà
legislativa provinciale in materia di istruzione.
3.2.– Anche l’eccezione di inammissibilità del
ricorso per l’omessa indicazione dei principi fondamentali violati non è
fondata.
Ai sensi dell’art. 9, numero 2), dello statuto
speciale, alla Provincia autonoma di Bolzano è attribuita la potestà
legislativa concorrente in materia di «istruzione elementare e secondaria
(media, classica, scientifica, magistrale, tecnica, professionale e
artistica)». Questa potestà legislativa deve essere esercitata «in armonia con
la Costituzione ed i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica» e
rispettare gli obblighi internazionali e gli interessi nazionali, «nonché le
norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica» (art. 4
dello statuto). In quanto potestà legislativa concorrente, essa incontra lo
specifico limite «dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato», espressamente
stabilito dall’art. 5 dello statuto (sentenze n. 328 del
2010 e n.
213 del 2009).
Ciò premesso, laddove lo Stato denunci la
violazione dei limiti di una potestà legislativa concorrente, è onere del
ricorrente indicare specificamente la disposizione statale che ritiene violata,
ed in particolare il principio fondamentale asseritamente
leso (ex plurimis, sentenze n. 252 del
2016, n. 54
del 2015, n.
165 del 2014, n.
141 del 2013 e n. 312 del 2010).
Nel caso in esame, tale onere di allegazione è
stato soddisfatto attraverso l’espressa e analitica indicazione delle
disposizioni statali, qualificate come norme interposte. Nella prospettazione
del ricorrente, esse pongono i principi fondamentali dei quali si assume la
violazione.
Con riferimento a ciascuna delle questioni di legittimità
costituzionale promosse dal ricorrente, spetta dunque a questa Corte il compito
di riconoscere, nelle norme interposte espressamente indicate dal ricorrente, i
principi fondamentali che regolano la materia, nonché di verificare la coerenza
della disciplina provinciale impugnata rispetto ad essi.
3.3.– Sono inammissibili le censure del
ricorrente riferite alla violazione della normativa statale secondaria.
Al riguardo, l’art. 3 del decreto legislativo 16
marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e
leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e
coordinamento) stabilisce che gli atti amministrativi statali di indirizzo e coordinamento
vincolano la Regione e le Province autonome solo al conseguimento degli
obiettivi o risultati in essi stabiliti. Ne discende che l’emanazione delle
norme di attuazione degli atti statali di indirizzo è riservata, per quanto di
rispettiva competenza, alla Regione o alle Province autonome.
D’altronde, ai sensi dell’art. 117, sesto comma,
Cost., la potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione
esclusiva e l’autonomia legislativa provinciale non potrebbe essere limitata
per mezzo di un atto statale secondario.
Pertanto, questa Corte ha costantemente escluso
un obbligo di conformazione delle Province autonome alla normativa statale
secondaria di attuazione, in quanto ciò comporterebbe la posizione
sovraordinata di tale normativa rispetto alle competenze costituzionalmente
garantite delle Province autonome, così alterando il rapporto tra competenze
statali e provinciali, a vantaggio delle prime. Questa Corte ha così affermato
che «[l]’obbligo di adeguamento a carico della legislazione delle Province
autonome può derivare soltanto da una norma statale avente rango legislativo, e
non, invece, da norma di rango secondario» (sentenza n. 267 del
2003; nello stesso senso, sentenze n. 183 del
2012, n. 209
del 2009, n.
533 del 2002, n.
371 e n. 84
del 2001).
Ne consegue che la denunciata violazione delle
norme secondarie invocate dalla parte ricorrente non determina l’illegittimità
delle norme provinciali, essendo le prime inidonee a stabilire principi della
legislazione statale e a fungere da parametro interposto.
4.– Nel merito, la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 1, comma 2, della legge della Provincia autonoma di
Bolzano n. 14 del 2016 è fondata nella parte in cui introduce il comma 3
dell’art. 13-bis della legge prov. Bolzano n. 12 del 2000 – limitatamente
all’esclusione del carattere sempre collegiale dell’organo chiamato a svolgere
le verifiche e ad esprimere la proposta di valutazione – e il comma 4 dello
stesso art. 13-bis della legge prov. Bolzano n. 12 del 2000.
4.1.– Il procedimento di valutazione dei
dirigenti è volto all’acquisizione di elementi informativi utili per misurare
l’efficienza delle istituzioni scolastiche presenti sul territorio e, quindi,
per orientare le future scelte dell’amministrazione statale nel settore
scolastico. A tale procedimento di valutazione è sottesa un’imprescindibile esigenza
di uniformità della misurazione, la quale comporta la necessaria omogeneità del
metodo e del procedimento attraverso i quali vengono acquisiti gli elementi
informativi.
Ciò premesso, la legislazione statale ha
previsto e disciplinato la struttura del procedimento di valutazione dei
dirigenti scolastici, in primo luogo, nell’art. 25, primo comma, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro
alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche). Esso prevede che «I dirigenti
scolastici […] sono valutati tenuto conto della specificità delle funzioni e
sulla base delle verifiche effettuate da un nucleo di valutazione istituito
presso l’amministrazione scolastica regionale, presieduto da un dirigente e
composto da esperti anche non appartenenti all’amministrazione stessa». L’art.
1, comma 3, del d.lgs. n. 165 del 2001 stabilisce espressamente che le
disposizioni dello stesso decreto «costituiscono principi fondamentali ai sensi
dell’articolo 117 della Costituzione».
In seguito, il modello procedimentale introdotto
dal richiamato art. 25 per la valutazione dei dirigenti scolastici è stato
ribadito e sviluppato dalla legge 13 luglio 2015, n. 107 (Riforma del sistema
nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle
disposizioni legislative vigenti). Nell’architettura di tale complessivo
intervento legislativo, il momento di verifica ha assunto carattere strategico,
in quanto strettamente connesso all’ampliamento dei compiti e delle
responsabilità degli stessi dirigenti e, pertanto, funzionale al potenziamento
dell’autonomia delle istituzioni scolastiche.
La legge n. 107 del 2015 prevede che «Il nucleo
per la valutazione dei dirigenti scolastici è composto secondo le disposizioni
dell’articolo 25, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e può
essere articolato con una diversa composizione in relazione al procedimento e
agli oggetti di valutazione» (art. 1, comma 93).
4.1.1.– La portata applicativa di tale
disposizione non è scalfita dalla previsione della clausola di salvaguardia di
cui all’art. 1, comma 211, della stessa legge n. 107 del 2015, la quale prevede
che «Le disposizioni di cui alla presente legge si applicano nelle regioni a
statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano
compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e con le relative norme di
attuazione».
In presenza di clausole di questo tenore, i
parametri di rango statutario assumono la funzione di limite generale
all’applicazione delle disposizioni statali in contrasto con gli statuti e con
le relative norme di attuazione, nel senso che la clausola ha la funzione di
rendere queste ultime applicabili agli enti ad autonomia differenziata, «solo a
condizione che, in ultima analisi, ciò avvenga nel "rispetto” degli statuti
speciali» (sentenze
n. 23 del 2014, n. 215 del 2013
e n. 241 del
2012).
Peraltro, in considerazione della natura
concorrente della potestà legislativa provinciale in materia di istruzione, è
proprio il rispetto del parametro statutario ad imporre di verificare la
conformità della disciplina provinciale in esame ai principi fondamentali posti
dalla legge statale, ai quali la stessa Provincia è soggetta in materia di
istruzione.
4.1.2.– Successivamente all’entrata in vigore
della legge n. 107 del 2015, la disposizione provinciale in esame ha introdotto
una peculiare disciplina del procedimento di valutazione dei dirigenti
scolastici, che si presenta innovativa sotto plurimi profili. Essa si discosta
da quella statale, invocata a parametro interposto, con riferimento a
molteplici aspetti che devono essere esaminati partitamente.
4.2.– Le censure del ricorrente si appuntano, in
primo luogo, sul primo comma del nuovo art. 13-bis della legge prov. Bolzano n.
12 del 2000, il quale prevede la periodicità delle valutazioni.
In particolare, il legislatore provinciale ha
previsto tre distinte scansioni temporali del servizio oggetto di valutazione
(servizio in anno di prova, servizio annuale e servizio globale). A questo
riguardo, l’art. 1, comma 94, della legge n. 107 del 2015 ha stabilito che «La
valutazione è coerente con l’incarico triennale e con il profilo professionale
ed è connessa alla retribuzione di risultato».
In effetti, una cadenza annuale delle
valutazioni è stata prevista dall’art. 4, comma 3 (Valutazione dei dirigenti)
della successiva direttiva del Ministro dell’istruzione, dell’università e
della ricerca 28 giugno 2016, n. 25 (Valutazione dei dirigenti scolastici).
Tuttavia, non solo tale atto normativo è successivo alla disposizione
provinciale impugnata, ma va altresì escluso che, per i motivi illustrati nel
precedente punto 3.3., da tale disposizione di rango secondario discenda un
vincolo cui la potestà legislativa provinciale debba attenersi.
La peculiare modulazione da parte del
legislatore provinciale dei periodi di attività sottoposti a valutazione,
ancorché distinta rispetto a quella prevista dalla legge statale, è coerente
con la natura triennale dell’incarico dirigenziale. Pertanto, in linea di
continuità con il principio fondamentale enunciato dal legislatore statale, essa
regola legittimamente lo spazio di autonomia spettante al legislatore
provinciale nella materia in esame.
4.3.– Neppure in riferimento alla previsione del
secondo comma del medesimo art. 13-bis sussiste il contrasto con i principi
fondamentali della legge statale. Tale disposizione identifica espressamente
gli «ambiti» che devono essere considerati ai fini della valutazione.
Le differenze tra tali ambiti, definiti dal
legislatore provinciale, e i criteri generali previsti nelle lettere da a) ad
e) dell’art. 1, comma 93, della legge n. 107 del 2015, attengono alla
rispettiva formulazione letterale, piuttosto che alla loro concreta natura,
rispetto alla quale si riscontra una adeguata e sufficiente corrispondenza.
4.4.– Il contrasto con i principi fondamentali
della legislazione statale sussiste, invece, nella previsione di cui al terzo
comma del medesimo art. 13-bis, inserito dall’art. 1, comma 2, della legge
prov. Bolzano n. 14 del 2016.
Nel legittimo esercizio dell’autonomia
legislativa riconosciuta alla Provincia autonoma in materia di istruzione, tale
disposizione attribuisce all’intendente scolastico la competenza ad adottare il
provvedimento di valutazione. Essa tuttavia restringe solo ad alcune ipotesi la
previsione della composizione collegiale dell’organo chiamato a svolgere le
verifiche e ad esprimere la proposta di valutazione. Ciò è previsto, infatti,
nella valutazione del servizio in anno di prova, di cui all’art. 13-bis, comma
3, lettera a), e nella valutazione del servizio globale (art. 13-bis, comma 3,
lettera c), mentre la proposta di valutazione del servizio annuale viene
elaborata da un solo ispettore scolastico (art. 13-bis, comma 3, lettera b).
Viceversa, ai sensi dell’art. 25, primo comma,
del d.lgs. n. 165 del 2001 e dell’art. 1, comma 94 della legge n. 107 del 2015,
le verifiche prodromiche al provvedimento di valutazione sono in ogni caso
affidate ad un nucleo di valutazione, istituito presso l’amministrazione
scolastica regionale. Esso è presieduto da un dirigente e composto da esperti
anche non appartenenti all’amministrazione stessa. La disciplina statale,
dunque, prevede in ogni caso la composizione collegiale dell’organo chiamato ad
effettuare le verifiche e ad esprimere la proposta di valutazione.
È pur vero che la legge n. 107 del 2015
introduce un margine di flessibilità, laddove consente che il nucleo di
valutazione sia «articolato con una diversa composizione in relazione al
procedimento e agli oggetti di valutazione» (art. 1, comma 94). Tuttavia,
l’innovazione introdotta dalla disciplina provinciale e le differenze sopra
evidenziate tra i due modelli di valutazione non attengono alla mera
«composizione» dell’organo. Esse investono, infatti, la sua stessa identità e
la sua funzione, essendo il requisito della collegialità volto a valorizzare il
contributo di diverse professionalità e la migliore ponderazione degli
interessi coinvolti.
Va, dunque, dichiarata l’illegittimità
costituzionale, per violazione dell’art. 9, numero 2), dello statuto di
autonomia, dell’art. 13-bis, terzo comma, della legge prov. Bolzano n. 12 del
2000 (inserito dall’art. 1, comma 2, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2016),
nella parte in cui esclude il carattere sempre collegiale dell’organo chiamato
a svolgere le verifiche e ad esprimere la proposta di valutazione.
4.5.– La violazione dei principi fondamentali
della legge statale si ravvisa anche nella disposizione, inserita dall’art. 1,
comma 2, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2016, contenuta nell’art. 13-bis,
comma 4, della legge prov. Bolzano n. 12 del 2000.
È attribuito all’intendente scolastico il potere
– del tutto inedito e sfornito di qualsiasi riferimento normativo nell’ambito
della disciplina statale – di approvare, «su richiesta» del dirigente
scolastico interessato, «anche una forma di valutazione alternativa per la
valutazione del servizio annuale e globale».
L’assoluta mancanza di indicazioni in ordine
alla natura e ai limiti di tale procedura «alternativa», definita secondo
modalità concordate tra il dirigente soggetto a valutazione e l’organo chiamato
ad esprimerla, introduce un grave elemento di incertezza, poiché rende
imponderabili i criteri della valutazione e aleatori i suoi risultati.
Tale previsione del legislatore provinciale,
oltre a violare la necessaria terzietà dell’organo chiamato ad esprimere la
valutazione, vanifica l’indispensabile predeterminazione di criteri oggettivi
ed uniformi di valutazione, stabiliti sia dal legislatore statale, sia dalla
stessa legge prov. Bolzano n. 14 del 2016. Ciò collide, dunque, con i principi
fondamentali della legislazione statale, rinvenibili sia nell’art. 25, comma 1,
del d.lgs. n. 165 del 2001, sia nell’art. 1, commi 93 e 94, della legge n. 107
del 2015, ai quali anche la Provincia autonoma di Bolzano è soggetta in materia
di istruzione.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, della legge della
Provincia autonoma di Bolzano 20 giugno 2016, n. 14 (Modifiche di leggi
provinciali in materia di istruzione), nella parte in cui introduce il comma 3
dell’art. 13-bis della legge della Provincia autonoma di Bolzano 29 giugno
2000, n. 12 (Autonomia delle scuole), limitatamente all’esclusione del
carattere sempre collegiale dell’organo chiamato a svolgere le verifiche e ad
esprimere la proposta di valutazione;
2) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, della legge prov. Bolzano
n. 14 del 2016, nella parte in cui introduce il comma 4 dell’art. 13-bis della
legge prov. Bolzano n. 12 del 2000;
3) dichiara
estinto il processo relativamente alle questioni di legittimità costituzionale
dell’art. 3, comma 2, e dell’art. 4, comma 4, della legge prov. Bolzano n. 14
del 2016, promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso
indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, l’8 maggio 2018.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Giuliano AMATO, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 13 giugno 2018.