Sentenza n. 122 del 2018

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SENTENZA N. 122

ANNO 2018

 

 REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-      Giorgio                       LATTANZI                                       Presidente

-      Aldo                           CAROSI                                            Giudice

-      Marta                          CARTABIA                                             

-      Mario Rosario             MORELLI                                                

-      Giancarlo                    CORAGGIO                                            

-      Giuliano                      AMATO                                                   

-      Silvana                        SCIARRA                                                

-      Daria                           de PRETIS                                               

-      Franco                        MODUGNO                                            

-      Augusto Antonio       BARBERA                                              

-      Giulio                         PROSPERETTI                                        

-      Giovanni                     AMOROSO                                              

-      Francesco                   VIGANÒ                                                 

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 2; 3, comma 2; e 4, comma 4, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 20 giugno 2016, n. 14 (Modifiche di leggi provinciali in materia di istruzione), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso spedito per la notifica il 16 agosto 2016, ricevuto il 19 agosto 2016, depositato in cancelleria il 22 agosto 2016, iscritto al n. 50 del registro ricorsi 2016 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell’anno 2016.

Visto l’atto di costituzione della Provincia autonoma di Bolzano;

udito nella udienza pubblica dell’8 maggio 2018 il Giudice relatore Giuliano Amato;

uditi l’avvocato Stephan Beikircher per la Provincia autonoma di Bolzano e l’avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso spedito per la notifica il 16 agosto 2016 e depositato il successivo 22 agosto, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 2; 3, comma 2; e 4, comma 4, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 20 giugno 2016, n. 14 (Modifiche di leggi provinciali in materia di istruzione).

In particolare, l’art. 1, comma 2, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2016 ha inserito nella legge della Provincia autonoma di Bolzano 29 giugno 2000, n. 12 (Autonomia delle scuole) l’art. 13-bis, dedicato alla valutazione del lavoro dei dirigenti scolastici.

L’art. 3, comma 2, della stessa legge provinciale ha introdotto nella legge della Provincia autonoma di Bolzano 16 luglio 2008, n. 5 (Obiettivi formativi generali ed ordinamento della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione) l’art. 1-septies, il quale disciplina la valutazione delle competenze degli studenti fino al primo biennio della scuola secondaria di secondo grado.

Infine, con il successivo art. 4, comma 4, è stato modificato l’art. 12 della legge della Provincia di Bolzano 12 dicembre 1996, n. 24 (Consiglio scolastico provinciale e disposizioni in materia di assunzione del personale insegnante), mediante l’inserimento dei commi 6-bis e 6-ter, i quali disciplinano particolari modalità di reclutamento ed assunzione del personale insegnante.

1.1.– È denunciata la violazione degli artt. 9, numero 2), 4 e 5 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) e delle relative norme di attuazione, ed in particolare degli artt. 1, 3, 4, 9, 11 e 12 del d.P.R. 10 febbraio 1983, n. 89 (Approvazione del testo unificato dei decreti del Presidente della Repubblica 20 gennaio 1973, n. 116 e 4 dicembre 1981, n. 761, concernenti norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di ordinamento scolastico in provincia di Bolzano); del d.P.R. 15 luglio 1988, n. 301 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di iscrizione nelle scuole con lingua di insegnamento diversa dalla madre lingua dell’alunno); del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 265 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in ordine all’insegnamento in lingua tedesca nel conservatorio di musica di Bolzano); del decreto legislativo 24 luglio 1996, n. 434 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige recanti modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 1983, n. 89, concernente l’ordinamento scolastico in provincia di Bolzano); del decreto legislativo 19 novembre 2003, n. 345 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige recanti modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 1983, n. 89, in materia di ordinamento scolastico in provincia di Bolzano); del decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 245 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol in materia di accademia di belle arti, istituti superiori per le industrie artistiche, conservatori di musica e istituti musicali pareggiati in provincia di Bolzano), nonché degli artt. 3, 97 e 117, comma terzo, della Costituzione, in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).

1.2.– Il ricorrente premette che l’art. 9, numero 2), del d.P.R. n. 670 del 1972 conferisce alle Province autonome la competenza ad emanare norme legislative in materia di «istruzione elementare e secondaria (media, classica, scientifica, magistrale, tecnica, professionale e artistica)». Tale potestà normativa, tuttavia, deve rispettare i limiti indicati dallo stesso art. 9 e previsti dai precedenti artt. 4 e 5 dello statuto di autonomia.

Successive norme di attuazione hanno dato esecuzione all’art. 9 dello statuto speciale, tutte confermando i limiti dei poteri legislativi della Provincia: così, il d.P.R. n. 89 del 1983, integrato e modificato dal d.lgs. n. 434 del 1996. Sono richiamate, inoltre, le norme di attuazione statutaria contenute nel d.P.R. n. 301 del 1988, nel d.lgs. n. 265 del 1992, nel d.lgs. n. 345 del 2003 e nel d.lgs. n. 245 del 2006.

2.– Ciò premesso, il ricorrente ha impugnato, in primo luogo, l’art. 1, comma 2, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2016, il quale inserisce l’art. 13-bis (Valutazione del lavoro dei dirigenti scolastici e delle dirigenti scolastiche) nella legge prov. Bolzano n. 12 del 2000.

Tale disposizione prevede un sistema di valutazione del lavoro dei dirigenti scolastici composto da tre fasi: la valutazione del servizio in anno di prova, la valutazione del servizio annuale e la valutazione del servizio globale. L’art. 13-bis in esame individua nell’ispettore scolastico, ovvero in un team di due ispettori, i soggetti competenti a formulare la proposta di valutazione, fermo restando il ricorso al team nella valutazione del servizio nell’anno di prova e del servizio globale. Si prevede, inoltre, la possibilità di adottare una forma di valutazione alternativa, approvata dall’intendente scolastico su richiesta del medesimo dirigente.

Ad avviso della difesa statale, questa disciplina si porrebbe in contrasto con i principi fondamentali posti dalla normativa statale in materia di istruzione, in quanto sarebbero previsti criteri e modalità di valutazione dei dirigenti scolastici che differiscono da quelli previsti dalla legislazione statale.

Il contrasto è ravvisato, in primo luogo, con la previsione contenuta nell’art. 25, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche). Sia rispetto alla composizione del nucleo di valutazione, sia rispetto alle modalità e ai criteri di operatività dello stesso, la disposizione impugnata violerebbe i principi generali stabiliti dalla norma statale per tutti i dirigenti scolastici.

La disposizione censurata si porrebbe, inoltre, in contrasto con la disciplina del procedimento di valutazione prevista dall’art. 6 del d.P.R. 28 marzo 2013, n. 80 (Regolamento sul sistema nazionale di valutazione in materia di istruzione e formazione), il quale darebbe applicazione ai principi posti dall’art. 25, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001.

È altresì denunciato il contrasto con gli artt. 3, 7, 13 e 14 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni); nonché con gli artt. 4 e 9 della direttiva del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 28 giugno 2016, n. 25 (Valutazione dirigenti scolastici).

La disposizione in esame violerebbe, infine, i principi in materia di valutazione dei dirigenti scolastici contenuti nell’art. l, commi 93 e 94, della legge 13 luglio 2015, n. 107 (Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti).

Ad avviso del ricorrente, la Provincia autonoma avrebbe, dunque, esorbitato dalla competenza attribuitale dall’art. 9, numero 2), dello statuto di autonomia e dalle norme di attuazione statutaria. La disposizione impugnata violerebbe, altresì, l’art. 117, terzo comma, Cost., in ragione dell’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001.

Infine, nello stabilire modalità di valutazione dei dirigenti scolastici diverse da quelle previste nel rimanente territorio nazionale, sarebbe violato anche il principio di parità di trattamento di cui all’art. 3 Cost. La denunciata disparità sarebbe aggravata dalla considerazione che le modalità di valutazione previste dalla disciplina provinciale sarebbero suscettibili di riflettersi sull’esito della valutazione e, quindi, sull’attribuzione dell’indennità di risultato.

3.– È denunciata, inoltre, l’illegittimità dell’art. 3, comma 2, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2016, il quale ha introdotto l’art. 1-septies della legge prov. Bolzano n. 5 del 2008. La disposizione provinciale impugnata disciplina la valutazione delle competenze degli studenti.

A ciascuna istituzione scolastica è riconosciuta la possibilità di sviluppare, fino alla conclusione del secondo biennio del secondo ciclo di istruzione e formazione, proprie modalità di valutazione delle competenze. Alla Giunta provinciale è affidato il compito di definirne i criteri e le modalità (comma 1 dell’art. 1-septies). Sulla base di tale impostazione didattica, che ricomprende anche la valutazione delle competenze, è consentita la formazione di classi o gruppi di alunni che prescindono dall’anno di corso e dall’età degli studenti (comma 2). Alle istituzioni scolastiche è, inoltre, attribuita la facoltà di sostituire la valutazione in cifre e di decidere l’ammissione alla classe successiva esclusivamente al termine del triennio o dei bienni previsti dalle indicazioni provinciali (comma 3).

Ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato, tale disciplina si discosterebbe dai principi posti dall’art. 3 del decreto-legge 1° settembre 2008, n. 137 (Disposizioni urgenti in materia di istruzione e università legislazione statale), il quale prevede la valutazione periodica ed annuale degli alunni, mediante l’attribuzione di voti numerici espressi in decimi, la formazione di giudizi sul livello di maturazione raggiunto e l’ammissione annuale alla classe successiva.

La disposizione impugnata contrasterebbe, altresì, con i principi stabiliti dal d.P.R. 22 giugno 2009, n. 122 (Regolamento recante coordinamento delle norme vigenti per la valutazione degli alunni e ulteriori modalità applicative in materia, ai sensi degli articoli 2 e 3 del decreto-legge 1° settembre 2008, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169); dagli artt. 146, comma 2, 179, comma 2, e 185, commi 3 e 4, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado), nonché con i principi della delega di cui all’art. l, commi 180 e 181, lettera i), della legge n. 107 del 2015.

Anche in questo caso sarebbe invasa la competenza legislativa statale, in violazione dei limiti stabiliti dall’art. 9, numero 2), dello statuto di autonomia e dalle norme di attuazione statutarie, nonché l’art. 117, terzo comma, Cost. Sarebbe, inoltre, violato il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost., poiché la disposizione impugnata comporterebbe una palese disparità di trattamento tra alunni della medesima Provincia (in quanto appartenenti ad istituti diversi), nonché tra gli stessi alunni e quelli del restante territorio nazionale.

4.– È denunciata, infine, l’illegittimità dell’art. 4, comma 4, della legge provinciale n. 14 del 2016. Nel modificare l’art. 12 della legge provinciale n. 24 del 1996, la disposizione impugnata ha introdotto la possibilità di conferire incarichi a tempo determinato, non superiori a 36 mesi e non rinnovabili, attraverso procedure di selezione effettuate dalle singole scuole, anche a personale esterno alla categoria dei docenti (comma 6-bis), ovvero a cooperative sociali o strutture consimili (comma 6-ter).

Tali previsioni normative sarebbero incompatibili con la disciplina statale del reclutamento del personale, la quale richiede che la selezione avvenga tra i docenti abilitati all’insegnamento, o che abbiano un titolo di studio che consenta l’iscrizione nelle graduatorie d’istituto. Il ricorrente evidenzia, inoltre, che la legislazione statale prevede che il servizio svolto da personale non docente non può essere valutato come servizio d’insegnamento e che le cooperative sociali non possono procedere alla stipula di contratti per la categoria del personale docente.

In particolare, è denunciato il contrasto con i principi posti dai seguenti atti normativi: 1) l’art. 4 della legge 3 maggio 1999, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico); 2) il decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 13 giugno 2007, n. 131 (Regolamento per l’attuazione e l’esecuzione delle previsioni della L. n. 124 del 1999); 3) il decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 10 settembre 2010, n. 249 (Regolamento concernente: «Definizione della disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado, ai sensi dell’articolo 2, comma 416, della legge 24 dicembre 2007, n. 244»); 4) l’art. 1, commi 107 e 131, della legge n. 107 del 2015.

Queste ultime disposizioni, in particolare, impongono che, a decorrere dall’anno scolastico 2016/2017, l’inserimento nelle graduatorie di circolo e di istituto possa avvenire «esclusivamente a seguito del conseguimento del titolo di abilitazione» e che i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con il personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario per la copertura di posti vacanti e disponibili «non possono superare la durata complessiva di trentasei mesi, anche non continuativi».

Ad avviso del ricorrente, anche l’art. 4, comma 4, della legge provinciale n. 14 del 2016 eccederebbe dalla competenza attribuita alla Provincia di Bolzano dall’art. 9, numero 2), dello statuto di autonomia e dalle norme di attuazione statutaria, e – in ragione dell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001 – violerebbe altresì l’art. 117, terzo comma, Cost.

La medesima disposizione si porrebbe, altresì, in contrasto con l’art. 97, terzo comma, Cost., che sancisce il principio dell’accesso mediante concorso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni.

5.– La Provincia autonoma di Bolzano si è costituita nel presente giudizio chiedendo che le questioni promosse dal ricorrente siano dichiarate inammissibili e, in ogni caso, non fondate.

5.1.– In via preliminare, la difesa provinciale ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per la genericità dell’indicazione dei parametri statutari. In particolare, il ricorrente si sarebbe limitato ad elencare le norme di attuazione statutaria in materia di ordinamento scolastico, senza tuttavia denunciare specifiche violazioni delle stesse.

La Provincia autonoma di Bolzano ha eccepito, inoltre, la manifesta inammissibilità delle questioni promosse in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., invocato ai sensi dell’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001. L’art. 117 Cost. non prevede una forma di autonomia più ampia di quella configurata dagli artt. 8 e 9 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, sicché non ricorrerebbero le condizioni per l’applicazione del richiamato art. 10.

È stata inoltre eccepita l’inammissibilità delle censure relative alla violazione di norme regolamentari (quali il d.P.R. n. 80 del 2013, il d.P.R. n. 122 del 2009 ed il d.m. n. 131 del 2007), di direttive (in particolare, la direttiva del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 28 giugno 2016, n. 25), nonché di decreti ministeriali (come il d.m. n. 249 del 2010), i quali non potrebbero porre «i principi stabiliti dalle leggi dello Stato», ma norme generali non direttamente vincolanti.

Al riguardo, la difesa della resistente ha evidenziato che, ai sensi dell’art. 3 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), gli atti amministrativi statali di indirizzo e coordinamento vincolano la Regione e le Province autonome solo al conseguimento degli obiettivi o risultati in essi stabiliti. Pertanto, le norme provinciali non potrebbero ritenersi illegittime per violazione delle norme di rango secondario invocate dalla parte ricorrente, le quali non stabiliscono principi stabiliti dalle leggi dello Stato.

D’altra parte, anche le altre disposizioni legislative invocate nel ricorso non sarebbero direttamente applicabili, in quanto contenenti espresse clausole di salvaguardia.

La difesa della parte resistente ha, inoltre, evidenziato che il d.P.R. n. 89 del 1983 attribuisce alla Provincia autonoma di Bolzano la potestà di disciplinare con proprie leggi la migliore utilizzazione del personale insegnante, al fine di soddisfare le esigenze di continuità didattica, nonché per una più efficace organizzazione della scuola. In particolare, l’art. 12, comma 9, del d.P.R. n. 89 del 1983 consentirebbe alla contrattazione collettiva provinciale di prevedere una disciplina che – nel rispetto del trattamento economico fondamentale, delle qualifiche e del trattamento di previdenza – si differenzi, anche in modo significativo, dalla disciplina statale.

5.2.– Ciò premesso, la resistente ha dedotto che, con l’art. 1, comma 2, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2016, la disciplina provinciale in materia di valutazione dei dirigenti scolastici sarebbe stata adeguata ai principi stabiliti dall’art. 25, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001 e dalla successiva legge n. 107 del 2015. Si fa altresì rilevare che quest’ultima ha previsto che il nucleo di valutazione possa «essere articolato con una diversa composizione in relazione al procedimento e agli oggetti di valutazione».

La Provincia autonoma ha sottolineato inoltre che, in base alla disposizione provinciale impugnata, spetta alle singole intendenze scolastiche la definizione degli indicatori e dei dettagli operativi. In quanto emanati con disposizioni di rango inferiore, tali indicatori non potranno discostarsi dai principi stabiliti dalle disposizioni statali, essendo incorporati quasi testualmente nella medesima disposizione impugnata.

Quanto ai criteri per l’assegnazione della retribuzione di risultato, la Provincia resistente ritiene che non sia ravvisabile alcun contrasto con la disciplina statale, atteso che i contratti collettivi provinciali dovranno, a pena di inefficacia, attenersi ai criteri generali contenuti nella legge n. 107 del 2015.

La parte resistente ritiene, quindi, che la composizione del nucleo di valutazione, il contenuto della valutazione, la definizione degli indicatori e dei dettagli operativi, nonché la definizione dei criteri per l’assegnazione della retribuzione di risultato garantiscano una procedura adeguata e rispettosa dei principi ricavabili dalla disciplina statale.

In particolare, la disposizione impugnata non si discosterebbe dall’impianto generale del d.lgs. n. 150 del 2009, volto ad assicurare elevati standard qualitativi ed economici del servizio attraverso la valorizzazione dei risultati e della performance organizzativa e individuale. Anche a livello provinciale sarebbero definiti gli obiettivi da raggiungere, vi sarebbe un collegamento tra tali obiettivi e l’allocazione delle risorse e sarebbe altresì prevista una misurazione della performance, utilizzando criteri di valorizzazione del merito.

Con riferimento ai criteri per l’assegnazione della retribuzione di risultato, la difesa della parte resistente ha sottolineato la particolare autonomia in materia finanziaria di cui gode la Provincia autonoma di Bolzano, in forza del Titolo VI dello statuto speciale, dell’art. 2, comma 113, della legge 23 dicembre 2009, n. 181, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)», nonché dell’art. l, commi da 407 a 413, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)». Da questo complesso normativo emergerebbe che gli oneri finanziari relativi all’ordinamento scolastico sono sopportati interamente dalla Provincia autonoma di Bolzano, senza alcun onere aggiuntivo per lo Stato, il quale provvede al versamento di una somma a forfait.

5.3.– La Provincia resistente ha altresì contestato le censure relative all’art. 3, comma 2, della legge provinciale n. 14 del 2016.

In particolare, nessun contrasto sarebbe ravvisabile con il d.l. n. 137 del 2008 e con il d.P.R. n. 122 del 2009, i quali contengono una clausola di salvaguardia per le Province autonome di Trento e di Bolzano (art. 8, comma l-bis, del d.l. n. 137 del 2008 e art. 12, comma l, del d.P.R. n. 122 del 2009). D’altra parte, la natura meramente regolamentare del d.P.R. n. 122 del 2009 non consentirebbe di invocarlo quale parametro del giudizio di legittimità costituzionale.

Si osserva, inoltre, che in base all’art. 9 del d.P.R. n. 89 del 1983, il legislatore provinciale ha disciplinato gli obiettivi formativi generali, l’ordinamento della scuola dell’infanzia e del primo e del secondo ciclo di istruzione e formazione, senza mai dare luogo ad alcuna censura governativa o ministeriale.

Sono così stati posti i principi generali in merito alle indicazioni provinciali per la definizione dei curricula relativi alle scuole di ogni ordine e grado. A questi principi deve attenersi la Giunta provinciale, delegata ad approvare, per le scuole dei tre gruppi linguistici, le proprie indicazioni, caratterizzate dai principi dell’individualizzazione e della personalizzazione del percorso di studio. Siffatta flessibilità troverebbe espressione anche nella disposizione impugnata, in base alla quale possono essere formate classi o gruppi che differiscono dall’anno di corso e che possono essere composte da alunni di età diversa.

Tale possibilità costituirebbe una realtà affermata nella prassi provinciale. Nella scuola primaria, a causa del numero esiguo di alunni, la maggior parte dei plessi scolastici al di fuori dei centri urbani non avrebbe una classe per ogni anno di corso e, pertanto, la didattica per gruppi di alunni che prescindono dall’anno di corso e dall’età sarebbe la soluzione da preferire.

L’individualizzazione dell’insegnamento imporrebbe di tenere conto dei progressi individuali e di rispondere in modo mirato a differenti situazioni, pianificando con i singoli alunni e con i loro genitori un percorso personale di apprendimento differenziato.

A ciascuna istituzione scolastica sarebbe quindi consentita l’individuazione di una propria modalità di valutazione, sulla base dei criteri definiti dalla Giunta provinciale. Tale modalità non sarebbe antitetica rispetto alla valutazione "classica” espressa in cifre, che comunque continuerebbe ad essere applicata, ma consentirebbe un’ulteriore possibilità di accertamento delle conoscenze e competenze degli alunni.

D’altra parte, la certificazione delle competenze al termine del primo ciclo di istruzione sarebbe prevista, anche a livello statale, dal decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 16 novembre 2012, n. 254 (Regolamento recante indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, a norma dell’articolo 1, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 89).

Anche la più recente produzione normativa dimostrerebbe la tendenza, a livello sia europeo, sia nazionale, a valutare le competenze. La Provincia resistente ha sottolineato che nel 2003 l’Organizzazione per lo sviluppo economico e la cooperazione ha definito la competenza come «la capacità di adempiere alle richieste complesse in un particolare contesto attivando prerequisiti psicosociali (incluse le facoltà cognitive e non cognitive)». Tale impostazione troverebbe riscontro anche nella Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006, relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente (2006/962/CE), e nella successiva Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008, sulla costituzione del Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente (2008/C 111/01).

Con riferimento alla denunciata violazione dell’art. 3 Cost., la difesa della Provincia autonoma di Bolzano ritiene che il rispetto del principio di eguaglianza e di parità di trattamento debba essere riferito non a tutti gli alunni di tutte le istituzioni scolastiche, ma agli alunni di ciascuna singola scuola, i quali si trovano in un’eguale situazione e ai quali vengono applicati gli stessi criteri di valutazione definiti ex ante dal collegio dei docenti della singola istituzione scolastica.

Pertanto, al fine di ovviare alle problematiche connesse all’adozione di diverse modalità di valutazione, la legge provinciale in esame dispone che, in caso di trasferimento, il consiglio di classe della scuola di provenienza indichi l’anno di corso in cui inserire l’alunno e che, ove il trasferimento avvenga in scuole che non hanno adottato il sistema valutativo per competenze, si sostituisca tale valutazione con quella in cifre.

La disposizione impugnata garantirebbe, in ogni caso, l’osservanza della disciplina degli esami conclusivi del primo e secondo ciclo di istruzione e formazione i quali, in quanto esami di Stato, devono necessariamente essere uniformi in tutto il territorio nazionale. Essa si sottrarrebbe, pertanto, alle censure avversarie.

5.4.– Infine, con specifico riferimento alle censure relative all’art. 4, comma 4, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2016, la Provincia autonoma ha evidenziato che l’art. l, comma 77, della legge n. 107 del 2015 contiene una specifica clausola di salvaguardia in materia di assunzione del personale docente. Essa fa salve le diverse determinazioni che le Provincie autonome di Trento e di Bolzano possono adottare in materia di assunzione del personale docente in considerazione delle rispettive specifiche esigenze.

D’altra parte, già con l’art. 12, commi 5 e 6, della legge prov. Bolzano n. 24 del 1996 era stata prevista la possibilità, per ogni intendenza scolastica, di istituire un’apposita graduatoria per il reclutamento di personale specificamente qualificato in relazione a particolari metodologie didattiche o a particolari tipologie di offerta formativa.

I nuovi commi 6-bis e 6-ter, introdotti dalla disposizione impugnata, prevedono due alternative alla procedura ordinaria, qualora nel personale della scuola non siano rinvenibili persone munite delle competenze richieste. Soltanto in questo caso, dunque, sarebbe consentita l’estensione della selezione a persone esterne alla categoria del personale docente, ovvero l’assegnazione di incarichi di collaborazione a cooperative sociali o strutture simili.

D’altra parte, le cooperative sociali non stipulerebbero contratti di lavoro, ma si limiterebbero a porre a disposizione delle istituzioni scolastiche gli esperti dei quali queste ultime abbiano bisogno. Attesa la priorità riconosciuta al personale docente, non sarebbe ravvisabile alcun contrasto con l’art. 97, terzo comma, Cost.

In ogni caso, poi, il generale riconoscimento del principio per il quale il servizio svolto da personale docente privo del titolo di studio o dell’abilitazione non è valutabile come servizio di insegnamento avrebbe reso non necessaria una precisazione in tal senso. Anche questa censura del ricorrente dovrebbe, quindi, ritenersi non fondata.

6.– Su concorde richiesta delle parti, avanzata all’udienza del 6 giugno 2017, è stato disposto il rinvio a nuovo ruolo della discussione del presente giudizio.

A seguito di nuova fissazione dell’udienza dell’8 maggio 2018, con atto depositato il 27 aprile 2018 il Presidente del Consiglio dei ministri – a seguito dell’entrata in vigore della legge della Provincia autonoma di Bolzano 6 luglio 2017, n. 8 (Modifiche di leggi provinciali in materia di cultura, procedimento amministrativo, ordinamento degli uffici e personale, istruzione, enti locali, agricoltura, tutela del paesaggio e dell’ambiente, foreste e caccia, sanità, politiche sociali, edilizia abitativa agevolata, apprendistato, trasporti, artigianato, turismo e industria alberghiera, rifugi alpini, commercio, appalti pubblici e altre disposizioni) – ha rinunciato parzialmente al ricorso, con riferimento alle censure promosse nei confronti degli artt. 3, comma 2, e 4, comma 4, della legge provinciale n. 14 del 2016.

Il 7 maggio 2018 la difesa della Provincia autonoma di Bolzano ha depositato atto di accettazione della rinuncia parziale al ricorso.

Considerato in diritto

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 2; 3, comma 2; e 4, comma 4, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 20 giugno 2016, n. 14 (Modifiche di leggi provinciali in materia di istruzione).

In particolare, l’art. 1, comma 2, ha inserito nella legge della Provincia autonoma di Bolzano 29 giugno 2000, n. 12 (Autonomia delle scuole) l’art. 13-bis, dedicato alla valutazione del lavoro dei dirigenti scolastici.

L’art. 3, comma 2, della stessa legge provinciale n. 14 del 2016 ha introdotto nella legge della Provincia autonoma di Bolzano 16 luglio 2008, n. 5 (Obiettivi formativi generali ed ordinamento della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione) l’art. 1-septies, il quale disciplina la valutazione delle competenze degli studenti fino al primo biennio della scuola secondaria di secondo grado.

Infine, con il successivo art. 4, comma 4, è stato modificato l’art. 12 della legge della Provincia di Bolzano 12 dicembre 1996, n. 24 (Consiglio scolastico provinciale e disposizioni in materia di assunzione del personale insegnante), mediante l’inserimento dei commi 6-bis e 6-ter, i quali disciplinano particolari modalità di reclutamento ed assunzione del personale insegnante.

1.1.– È denunciata la violazione degli artt. 9, numero 2, 4 e 5 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) e delle relative norme di attuazione, ed in particolare degli artt. 1, 3, 4, 9, 11 e 12 del d.P.R. 10 febbraio 1983, n. 89 (Approvazione del testo unificato dei decreti del Presidente della Repubblica 20 gennaio 1973, n. 116 e 4 dicembre 1981, n. 761, concernenti norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di ordinamento scolastico in provincia di Bolzano); del d.P.R. 15 luglio 1988, n. 301 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di iscrizione nelle scuole con lingua di insegnamento diversa dalla madre lingua dell’alunno); del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 265 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in ordine all’insegnamento in lingua tedesca nel conservatorio di musica di Bolzano); del decreto legislativo 24 luglio 1996, n. 434 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige recanti modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 1983, n. 89, concernente l’ordinamento scolastico in provincia di Bolzano); del decreto legislativo 19 novembre 2003, n. 345 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige recanti modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 1983, n. 89, in materia di ordinamento scolastico in provincia di Bolzano); del decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 245 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol in materia di accademia di belle arti, istituti superiori per le industrie artistiche, conservatori di musica e istituti musicali pareggiati in provincia di Bolzano), nonché degli artt. 3, 97 e 117, comma terzo, della Costituzione, in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).

1.2.– In particolare, l’illegittimità dell’art. 1, comma 2, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2016 è denunciata in riferimento agli artt. 4, 5 e 9, comma primo, numero 2), dello statuto e alle norme di attuazione statutaria, nonché agli artt. 3 e 117, terzo comma, della Costituzione, poiché – esorbitando dalla competenza attribuita dallo statuto in materia di istruzione elementare e secondaria – la Provincia autonoma avrebbe introdotto un sistema di valutazione del lavoro dei dirigenti scolastici differente da quello previsto dalla legislazione statale ed in contrasto con i principi fondamentali posti da quest’ultima, i quali prevedono una diversa composizione del nucleo di valutazione, nonché diversi criteri e modalità operative dello stesso. Inoltre, nello stabilire modalità di valutazione dei dirigenti scolastici diverse da quelle previste nel rimanente territorio nazionale, avrebbe violato il principio di uguaglianza e di parità di trattamento.

1.2.1.– L’art. 3, comma 2, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2016 è impugnato in riferimento agli artt. 4, 5 e 9, primo comma, numero 2), dello statuto e alle norme di attuazione statutaria, nonché agli artt. 3 e 117, terzo comma, Cost. Nell’introdurre un sistema di valutazione del rendimento scolastico secondo modalità e criteri che differiscono da quelli previsti dalla legislazione statale, la disposizione impugnata si porrebbe in contrasto con i principi fondamentali in materia di istruzione e di valutazione del rendimento scolastico, i quali prevedono la valutazione periodica ed annuale degli alunni, mediante l’attribuzione di voti numerici espressi in decimi, la formazione di giudizi sul livello di maturazione raggiunto e l’ammissione annuale alla classe successiva. Ciò comporterebbe una palese disparità di trattamento, sia tra alunni appartenenti ad istituti scolastici diversi della medesima Provincia, sia tra questi stessi alunni e quelli del restante territorio nazionale, attesa la difficoltà di comparare i risultati rispettivamente raggiunti, nonché di individuare la classe di riferimento per l’iscrizione degli studenti, in caso di trasferimento ad istituzione di altra Provincia o Regione.

1.2.2.– Infine, l’art. 4, comma 4, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2016 è impugnato in riferimento agli artt. 4, 5 e 9, comma primo, numero 2), dello statuto speciale e alle norme di attuazione statutaria, nonché all’art. 117, terzo comma, Cost. La disposizione impugnata – esorbitando dalla competenza statutaria in materia di istruzione elementare e secondaria – introdurrebbe una procedura di reclutamento del personale a tempo determinato differente da quella prevista dalla legislazione statale ed in contrasto con i principi fondamentali posti da quest’ultima, i quali prevedono che il personale a tempo determinato debba essere assunto tra il personale docente che abbia conseguito l’abilitazione, ovvero che abbia comunque un titolo di studio che consenta l’iscrizione nelle graduatorie d’istituto; che il servizio svolto da personale non docente non possa essere valutato come servizio d’insegnamento e, infine, che le cooperative sociali non possano procedere alla stipula di contratti per la categoria del personale docente. La procedura di reclutamento del personale a tempo determinato introdotta dalla disposizione impugnata violerebbe, inoltre, l’art. 97 Cost. ed il principio del pubblico concorso per l’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni.

2.– Va preliminarmente rilevato che, dopo l’introduzione del presente giudizio, è entrata in vigore la legge della Provincia autonoma di Bolzano 6 luglio 2017, n. 8 (Modifiche di leggi provinciali in materia di cultura, procedimento amministrativo, ordinamento degli uffici e personale, istruzione, enti locali, agricoltura, tutela del paesaggio e dell’ambiente, foreste e caccia, sanità, politiche sociali, edilizia abitativa agevolata, apprendistato, trasporti, artigianato, turismo e industria alberghiera, rifugi alpini, commercio, appalti pubblici e altre disposizioni).

L’art. 12 di tale legge, alle lettere d) ed e), ha abrogato sia l’art. 1-septies della legge provinciale n. 5 del 2008, introdotto dal censurato art. 3, comma 2, della legge provinciale n. 14 del 2016, sia i commi 6-bis e 6-ter dell’art. 12 della legge provinciale n. 24 del 1996, inseriti dall’impugnato art. 4, comma 4, della stessa legge n. 14 del 2016.

2.1.– Pertanto, rilevato il venir meno di alcune delle ragioni che avevano indotto alla proposizione del ricorso, il Presidente del Consiglio dei ministri ha rinunciato parzialmente all’impugnazione, con specifico riferimento alle disposizioni degli artt. 3, comma 2, e 4, comma 4, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2016. Nel medesimo atto si dichiara la permanenza dei motivi di impugnativa con riferimento all’art. 1, comma 2, della medesima legge provinciale. La rinuncia parziale è stata, quindi, accettata dalla Provincia di Bolzano con atto ritualmente depositato.

2.2.– Ai sensi dell’art. 23 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, è necessario, quindi, dichiarare l’intervenuta estinzione del processo, limitatamente alle questioni aventi ad oggetto l’art. 3, comma 2, e l’art. 4, comma 4, della legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 14 del 2016.

3.– Devono essere, a questo punto, esaminati i profili che attengono all’ammissibilità delle residue questioni, aventi ad oggetto l’art. 1, comma 2, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2016, che disciplina il procedimento di valutazione dei dirigenti scolastici.

3.1.– Va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso, per l’asserita genericità dei parametri invocati.

Ad avviso della Provincia autonoma di Bolzano, il ricorrente si sarebbe limitato a fornire un’elencazione delle norme di attuazione statutaria in materia di ordinamento scolastico, omettendo tuttavia di chiarirne il contenuto e la portata, nonché di denunciare gli specifici profili di contrasto delle disposizioni impugnate.

Se è pur vero che dalla mancata indicazione delle competenze legislative assegnate dallo statuto discende l’inammissibilità di un ricorso statale avverso la legge di un soggetto ad autonomia speciale (ex plurimis, sentenze n. 103 del 2017, n. 252 del 2016, n. 151 e n. 142 del 2015 e n. 288 del 2013), tuttavia, nel caso in esame, l’indicazione della competenza statutaria che si assume violata è chiaramente espressa e riferita alla materia dell’istruzione elementare e secondaria, di cui all’art. 9, numero 2), il quale a sua volta contiene il richiamo ai precedenti artt. 4 e 5 del medesimo statuto.

Nel tessuto argomentativo del ricorso, il riferimento alle successive norme di attuazione statutaria non introduce autonome questioni di legittimità costituzionale, ma è volto, piuttosto, a corroborare la violazione dei parametri statutari, denunciata in via principale, attraverso l’indicazione delle disposizioni attuative che, in linea di continuità con essi, contribuiscono a confermare i limiti della potestà legislativa provinciale in materia di istruzione.

3.2.– Anche l’eccezione di inammissibilità del ricorso per l’omessa indicazione dei principi fondamentali violati non è fondata.

Ai sensi dell’art. 9, numero 2), dello statuto speciale, alla Provincia autonoma di Bolzano è attribuita la potestà legislativa concorrente in materia di «istruzione elementare e secondaria (media, classica, scientifica, magistrale, tecnica, professionale e artistica)». Questa potestà legislativa deve essere esercitata «in armonia con la Costituzione ed i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica» e rispettare gli obblighi internazionali e gli interessi nazionali, «nonché le norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica» (art. 4 dello statuto). In quanto potestà legislativa concorrente, essa incontra lo specifico limite «dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato», espressamente stabilito dall’art. 5 dello statuto (sentenze n. 328 del 2010 e n. 213 del 2009).

Ciò premesso, laddove lo Stato denunci la violazione dei limiti di una potestà legislativa concorrente, è onere del ricorrente indicare specificamente la disposizione statale che ritiene violata, ed in particolare il principio fondamentale asseritamente leso (ex plurimis, sentenze n. 252 del 2016, n. 54 del 2015, n. 165 del 2014, n. 141 del 2013 e n. 312 del 2010).

Nel caso in esame, tale onere di allegazione è stato soddisfatto attraverso l’espressa e analitica indicazione delle disposizioni statali, qualificate come norme interposte. Nella prospettazione del ricorrente, esse pongono i principi fondamentali dei quali si assume la violazione.

Con riferimento a ciascuna delle questioni di legittimità costituzionale promosse dal ricorrente, spetta dunque a questa Corte il compito di riconoscere, nelle norme interposte espressamente indicate dal ricorrente, i principi fondamentali che regolano la materia, nonché di verificare la coerenza della disciplina provinciale impugnata rispetto ad essi.

3.3.– Sono inammissibili le censure del ricorrente riferite alla violazione della normativa statale secondaria.

Al riguardo, l’art. 3 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento) stabilisce che gli atti amministrativi statali di indirizzo e coordinamento vincolano la Regione e le Province autonome solo al conseguimento degli obiettivi o risultati in essi stabiliti. Ne discende che l’emanazione delle norme di attuazione degli atti statali di indirizzo è riservata, per quanto di rispettiva competenza, alla Regione o alle Province autonome.

D’altronde, ai sensi dell’art. 117, sesto comma, Cost., la potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva e l’autonomia legislativa provinciale non potrebbe essere limitata per mezzo di un atto statale secondario.

Pertanto, questa Corte ha costantemente escluso un obbligo di conformazione delle Province autonome alla normativa statale secondaria di attuazione, in quanto ciò comporterebbe la posizione sovraordinata di tale normativa rispetto alle competenze costituzionalmente garantite delle Province autonome, così alterando il rapporto tra competenze statali e provinciali, a vantaggio delle prime. Questa Corte ha così affermato che «[l]’obbligo di adeguamento a carico della legislazione delle Province autonome può derivare soltanto da una norma statale avente rango legislativo, e non, invece, da norma di rango secondario» (sentenza n. 267 del 2003; nello stesso senso, sentenze n. 183 del 2012, n. 209 del 2009, n. 533 del 2002, n. 371 e n. 84 del 2001).

Ne consegue che la denunciata violazione delle norme secondarie invocate dalla parte ricorrente non determina l’illegittimità delle norme provinciali, essendo le prime inidonee a stabilire principi della legislazione statale e a fungere da parametro interposto.

4.– Nel merito, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, della legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 14 del 2016 è fondata nella parte in cui introduce il comma 3 dell’art. 13-bis della legge prov. Bolzano n. 12 del 2000 – limitatamente all’esclusione del carattere sempre collegiale dell’organo chiamato a svolgere le verifiche e ad esprimere la proposta di valutazione – e il comma 4 dello stesso art. 13-bis della legge prov. Bolzano n. 12 del 2000.

4.1.– Il procedimento di valutazione dei dirigenti è volto all’acquisizione di elementi informativi utili per misurare l’efficienza delle istituzioni scolastiche presenti sul territorio e, quindi, per orientare le future scelte dell’amministrazione statale nel settore scolastico. A tale procedimento di valutazione è sottesa un’imprescindibile esigenza di uniformità della misurazione, la quale comporta la necessaria omogeneità del metodo e del procedimento attraverso i quali vengono acquisiti gli elementi informativi.

Ciò premesso, la legislazione statale ha previsto e disciplinato la struttura del procedimento di valutazione dei dirigenti scolastici, in primo luogo, nell’art. 25, primo comma, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche). Esso prevede che «I dirigenti scolastici […] sono valutati tenuto conto della specificità delle funzioni e sulla base delle verifiche effettuate da un nucleo di valutazione istituito presso l’amministrazione scolastica regionale, presieduto da un dirigente e composto da esperti anche non appartenenti all’amministrazione stessa». L’art. 1, comma 3, del d.lgs. n. 165 del 2001 stabilisce espressamente che le disposizioni dello stesso decreto «costituiscono principi fondamentali ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione».

In seguito, il modello procedimentale introdotto dal richiamato art. 25 per la valutazione dei dirigenti scolastici è stato ribadito e sviluppato dalla legge 13 luglio 2015, n. 107 (Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti). Nell’architettura di tale complessivo intervento legislativo, il momento di verifica ha assunto carattere strategico, in quanto strettamente connesso all’ampliamento dei compiti e delle responsabilità degli stessi dirigenti e, pertanto, funzionale al potenziamento dell’autonomia delle istituzioni scolastiche.

La legge n. 107 del 2015 prevede che «Il nucleo per la valutazione dei dirigenti scolastici è composto secondo le disposizioni dell’articolo 25, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e può essere articolato con una diversa composizione in relazione al procedimento e agli oggetti di valutazione» (art. 1, comma 93).

4.1.1.– La portata applicativa di tale disposizione non è scalfita dalla previsione della clausola di salvaguardia di cui all’art. 1, comma 211, della stessa legge n. 107 del 2015, la quale prevede che «Le disposizioni di cui alla presente legge si applicano nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e con le relative norme di attuazione».

In presenza di clausole di questo tenore, i parametri di rango statutario assumono la funzione di limite generale all’applicazione delle disposizioni statali in contrasto con gli statuti e con le relative norme di attuazione, nel senso che la clausola ha la funzione di rendere queste ultime applicabili agli enti ad autonomia differenziata, «solo a condizione che, in ultima analisi, ciò avvenga nel "rispetto” degli statuti speciali» (sentenze n. 23 del 2014, n. 215 del 2013 e n. 241 del 2012).

Peraltro, in considerazione della natura concorrente della potestà legislativa provinciale in materia di istruzione, è proprio il rispetto del parametro statutario ad imporre di verificare la conformità della disciplina provinciale in esame ai principi fondamentali posti dalla legge statale, ai quali la stessa Provincia è soggetta in materia di istruzione.

4.1.2.– Successivamente all’entrata in vigore della legge n. 107 del 2015, la disposizione provinciale in esame ha introdotto una peculiare disciplina del procedimento di valutazione dei dirigenti scolastici, che si presenta innovativa sotto plurimi profili. Essa si discosta da quella statale, invocata a parametro interposto, con riferimento a molteplici aspetti che devono essere esaminati partitamente.

4.2.– Le censure del ricorrente si appuntano, in primo luogo, sul primo comma del nuovo art. 13-bis della legge prov. Bolzano n. 12 del 2000, il quale prevede la periodicità delle valutazioni.

In particolare, il legislatore provinciale ha previsto tre distinte scansioni temporali del servizio oggetto di valutazione (servizio in anno di prova, servizio annuale e servizio globale). A questo riguardo, l’art. 1, comma 94, della legge n. 107 del 2015 ha stabilito che «La valutazione è coerente con l’incarico triennale e con il profilo professionale ed è connessa alla retribuzione di risultato».

In effetti, una cadenza annuale delle valutazioni è stata prevista dall’art. 4, comma 3 (Valutazione dei dirigenti) della successiva direttiva del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 28 giugno 2016, n. 25 (Valutazione dei dirigenti scolastici). Tuttavia, non solo tale atto normativo è successivo alla disposizione provinciale impugnata, ma va altresì escluso che, per i motivi illustrati nel precedente punto 3.3., da tale disposizione di rango secondario discenda un vincolo cui la potestà legislativa provinciale debba attenersi.

La peculiare modulazione da parte del legislatore provinciale dei periodi di attività sottoposti a valutazione, ancorché distinta rispetto a quella prevista dalla legge statale, è coerente con la natura triennale dell’incarico dirigenziale. Pertanto, in linea di continuità con il principio fondamentale enunciato dal legislatore statale, essa regola legittimamente lo spazio di autonomia spettante al legislatore provinciale nella materia in esame.

4.3.– Neppure in riferimento alla previsione del secondo comma del medesimo art. 13-bis sussiste il contrasto con i principi fondamentali della legge statale. Tale disposizione identifica espressamente gli «ambiti» che devono essere considerati ai fini della valutazione.

Le differenze tra tali ambiti, definiti dal legislatore provinciale, e i criteri generali previsti nelle lettere da a) ad e) dell’art. 1, comma 93, della legge n. 107 del 2015, attengono alla rispettiva formulazione letterale, piuttosto che alla loro concreta natura, rispetto alla quale si riscontra una adeguata e sufficiente corrispondenza.

4.4.– Il contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale sussiste, invece, nella previsione di cui al terzo comma del medesimo art. 13-bis, inserito dall’art. 1, comma 2, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2016.

Nel legittimo esercizio dell’autonomia legislativa riconosciuta alla Provincia autonoma in materia di istruzione, tale disposizione attribuisce all’intendente scolastico la competenza ad adottare il provvedimento di valutazione. Essa tuttavia restringe solo ad alcune ipotesi la previsione della composizione collegiale dell’organo chiamato a svolgere le verifiche e ad esprimere la proposta di valutazione. Ciò è previsto, infatti, nella valutazione del servizio in anno di prova, di cui all’art. 13-bis, comma 3, lettera a), e nella valutazione del servizio globale (art. 13-bis, comma 3, lettera c), mentre la proposta di valutazione del servizio annuale viene elaborata da un solo ispettore scolastico (art. 13-bis, comma 3, lettera b).

Viceversa, ai sensi dell’art. 25, primo comma, del d.lgs. n. 165 del 2001 e dell’art. 1, comma 94 della legge n. 107 del 2015, le verifiche prodromiche al provvedimento di valutazione sono in ogni caso affidate ad un nucleo di valutazione, istituito presso l’amministrazione scolastica regionale. Esso è presieduto da un dirigente e composto da esperti anche non appartenenti all’amministrazione stessa. La disciplina statale, dunque, prevede in ogni caso la composizione collegiale dell’organo chiamato ad effettuare le verifiche e ad esprimere la proposta di valutazione.

È pur vero che la legge n. 107 del 2015 introduce un margine di flessibilità, laddove consente che il nucleo di valutazione sia «articolato con una diversa composizione in relazione al procedimento e agli oggetti di valutazione» (art. 1, comma 94). Tuttavia, l’innovazione introdotta dalla disciplina provinciale e le differenze sopra evidenziate tra i due modelli di valutazione non attengono alla mera «composizione» dell’organo. Esse investono, infatti, la sua stessa identità e la sua funzione, essendo il requisito della collegialità volto a valorizzare il contributo di diverse professionalità e la migliore ponderazione degli interessi coinvolti.

Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 9, numero 2), dello statuto di autonomia, dell’art. 13-bis, terzo comma, della legge prov. Bolzano n. 12 del 2000 (inserito dall’art. 1, comma 2, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2016), nella parte in cui esclude il carattere sempre collegiale dell’organo chiamato a svolgere le verifiche e ad esprimere la proposta di valutazione.

4.5.– La violazione dei principi fondamentali della legge statale si ravvisa anche nella disposizione, inserita dall’art. 1, comma 2, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2016, contenuta nell’art. 13-bis, comma 4, della legge prov. Bolzano n. 12 del 2000.

È attribuito all’intendente scolastico il potere – del tutto inedito e sfornito di qualsiasi riferimento normativo nell’ambito della disciplina statale – di approvare, «su richiesta» del dirigente scolastico interessato, «anche una forma di valutazione alternativa per la valutazione del servizio annuale e globale».

L’assoluta mancanza di indicazioni in ordine alla natura e ai limiti di tale procedura «alternativa», definita secondo modalità concordate tra il dirigente soggetto a valutazione e l’organo chiamato ad esprimerla, introduce un grave elemento di incertezza, poiché rende imponderabili i criteri della valutazione e aleatori i suoi risultati.

Tale previsione del legislatore provinciale, oltre a violare la necessaria terzietà dell’organo chiamato ad esprimere la valutazione, vanifica l’indispensabile predeterminazione di criteri oggettivi ed uniformi di valutazione, stabiliti sia dal legislatore statale, sia dalla stessa legge prov. Bolzano n. 14 del 2016. Ciò collide, dunque, con i principi fondamentali della legislazione statale, rinvenibili sia nell’art. 25, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001, sia nell’art. 1, commi 93 e 94, della legge n. 107 del 2015, ai quali anche la Provincia autonoma di Bolzano è soggetta in materia di istruzione.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 20 giugno 2016, n. 14 (Modifiche di leggi provinciali in materia di istruzione), nella parte in cui introduce il comma 3 dell’art. 13-bis della legge della Provincia autonoma di Bolzano 29 giugno 2000, n. 12 (Autonomia delle scuole), limitatamente all’esclusione del carattere sempre collegiale dell’organo chiamato a svolgere le verifiche e ad esprimere la proposta di valutazione;

2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2016, nella parte in cui introduce il comma 4 dell’art. 13-bis della legge prov. Bolzano n. 12 del 2000;

3) dichiara estinto il processo relativamente alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 2, e dell’art. 4, comma 4, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2016, promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’8 maggio 2018.

F.to:

Giorgio LATTANZI, Presidente

Giuliano AMATO, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 13 giugno 2018.