CONSULTA
ONLINE
SENTENZA
N. 533
ANNO
2002
Commento alla decisione di
Carlo Padula
La
problematica legittimazione delle Regioni ad agire a tutela della propria
posizione di enti "esponenziali”
per gentile concessione del Forum
di Quaderni Costituzionali
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Cesare RUPERTO Presidente
- Riccardo CHIEPPA Giudice
- Gustavo ZAGREBELSKY
"
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE
"
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI
MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI
"
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE
SIERVO "
- Romano VACCARELLA
"
- Paolo MADDALENA
"
ha pronunciato
la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli articoli 6, commi 1 e 2,
e 44 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 28 dicembre 2001, n. 19
(Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per l'anno
finanziario 2002 e per il triennio 2002-2004 e norme legislative collegate -
legge finanziaria 2002), promossi con ricorsi della Regione Veneto e del
Presidente del Consiglio dei ministri notificati il 5 e l'8 marzo 2002,
depositati in cancelleria il 14 e il 18 successivi, ed iscritti al n. 25 e n.
28 del registro ricorsi 2002.
Visti gli atti di
costituzione della Provincia autonoma di Bolzano e del Presidente del Consiglio
dei ministri, nonché l'atto di intervento del consorzio dei Comuni della
Provincia autonoma di Trento (Bacino imbrifero montano-Bim
dell'Adige) e della Federazione nazionale dei consorzi di bacino imbrifero
montano-Federbim);
udito nell'udienza
pubblica del 22 ottobre 2002 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte;
uditi gli avvocati
Romano Morra per la
Regione Veneto, Giorgio D'Amato per il Presidente del
Consiglio dei ministri, Roland Riz e Sergio Panunzio per la
Provincia autonoma di Bolzano e Giorgio Berti per il consorzio dei Comuni
della Provincia autonoma di Trento (Bim dell'Adige) e
per la Federbim.
Ritenuto in fatto
1. — La Regione Veneto, ai
sensi dell'articolo 2, secondo comma, della legge costituzionale n. 1 del 1948, ha impugnato per
illegittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 5, 97, 117, 118, 119
e 120 della Costituzione, l'art. 44 della legge della Provincia autonoma di
Bolzano 28 dicembre 2001, n. 19 (Disposizioni per la formazione del bilancio di
previsione per l'anno finanziario 2002 e per il triennio 2002-2004 e norme
legislative collegate - legge finanziaria 2002), il quale prevede che i sovracanoni annui dovuti dai concessionari di derivazioni
del bacino imbrifero dell'Adige siano versati alla Provincia contestualmente al
pagamento dei canoni demaniali.
La ricorrente afferma che con
il decreto legislativo 11 novembre 1999, n. 463 (Norme di attuazione dello
statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di demanio
idrico, di opere idrauliche e di concessioni di grandi derivazioni a scopo
idroelettrico, produzione e distribuzione di energia elettrica), il legislatore
statale ha delegato alle Province autonome l'esercizio di funzioni in materia
di grandi derivazioni a scopo idroelettrico per il rispettivo territorio a
decorrere dal 1° gennaio 2000.
In particolare il menzionato decreto avrebbe conferito
alla Provincia autonoma una potestà legislativa di tipo concorrente in materia
di concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico. Oggetto della
delega, secondo la
Regione Veneto, sarebbe tuttavia la sola funzione concessoria relativamente alle grandi derivazioni di acque
pubbliche, non già la determinazione delle modalità di riscossione dei canoni,
né la misura dei sovracanoni spettanti ai Comuni ed
ai loro consorzi ricompresi nel bacino imbrifero montano (Bim).
Canoni e sovracanoni, come emergerebbe dalla
giurisprudenza del Tribunale superiore delle acque pubbliche, sarebbero infatti
profondamente diversi per natura giuridica e funzione, sicché la legge
impugnata, assimilandoli, si sarebbe posta in contrasto con i principî
contenuti nel regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (Testo unico delle
disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici). La disposizione
oggetto di censura avrebbe violato il principio della legislazione statale
espresso nell'art. 1, quattordicesimo comma, della legge 27 dicembre 1953, n.
959 (Norme modificatrici del t.u. delle leggi sulle acque e sugli impianti
elettrici), il quale affida alle organizzazioni consortili -
costituite obbligatoriamente quando ne facciano richiesta almeno tre quinti dei
Comuni compresi in ciascun bacino imbrifero montano - la gestione di un fondo
comune alimentato dai proventi derivanti dai sovracanoni,
e stabilisce che il fondo è impiegato esclusivamente a favore del progresso
economico e sociale delle popolazioni, nonché per la realizzazione di opere di
sistemazione montana che non siano di competenza dello Stato. Si sarebbe con
ciò prodotta una lesione della sfera di competenza attribuita alla Regione
Veneto in materia di grandi derivazioni di acque pubbliche dagli artt. 117 e
118 Cost. per il tramite della norma legislativa interposta di cui all'art. 89
del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e
compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali in attuazione
del Capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59).
Con un secondo motivo di
censura la ricorrente lamenta che la legge provinciale non tenga in adeguata
considerazione l'esigenza di tutela dell'unità giuridica ed economica
dell'ordinamento, desumibile dagli artt. 5 e 120 Cost., e il principio di
sussidiarietà, espressamente riconosciuto nell'art. 118 Cost., e ciò in quanto
attribuirebbe alla Provincia una funzione di coordinamento di potestà fra loro
concorrenti che dovrebbe spettare allo Stato.
Risulterebbe inoltre violato il
limite della territorialità, per avere la Provincia dettato una disciplina relativa a
situazioni e rapporti radicati al di fuori dei confini provinciali: la legge de
qua infatti sottrarrebbe i sovracanoni dovuti dai
concessionari siti nel territorio provinciale dal fondo comune destinato ad
alimentare i consorzi dei Comuni del bacino imbrifero montano dell'Adige e in
tal modo priverebbe illegittimamente i consorzi situati in territorio veneto di
gran parte delle loro entrate.
Una ulteriore doglianza si fonda sugli artt. 5
e 119 Cost. La Regione
Veneto assume che la norma provinciale censurata,
nell'affidare la gestione dei sovracanoni alla
Provincia, si porrebbe in contrasto con il principio della autonomia e del
decentramento delle funzioni a favore degli enti locali veneti e tale contrasto
si estenderebbe anche all'art. 119 Cost., che attribuisce a Comuni, Province,
Città metropolitane e Regioni autonomia finanziaria di entrata e di spesa e
prevede che esse dispongano di risorse autonome: la legge impugnata produrrebbe
infatti una grave compressione dell'autonomia finanziaria dei Comuni
interessati, che verrebbero ad essere privati di ingenti risorse. Quanto
all'interesse della Regione a denunciare tale violazione, la ricorrente assume
che si radichi nel suo porsi quale ente esponenziale degli interessi della
popolazione insediata sul suo territorio.
La norma provinciale denunciata
lederebbe infine il principio di imparzialità e di buon andamento di cui
all'art. 97 Cost., poiché esproprierebbe i Comuni veneti di una entrata
patrimoniale loro attribuita dalla legge con vincolo di destinazione al
perseguimento di un pubblico interesse e contrasterebbe direttamente con la
ricordata legge n. 959 del 1953, nella parte in cui essa pone il principio di
parità fra i consorzi di bacino imbrifero montano ai fini del riparto del sovracanone. Sarebbero infatti unilateralmente modificate
le percentuali di assegnazione dei sovracanoni, con
irragionevole discriminazione dei Comuni compresi nel bacino imbrifero
dell'Adige e non appartenenti alla Provincia autonoma di Bolzano.
2. — Si è costituito, per la Provincia autonoma di
Bolzano, il Presidente della Giunta provinciale, e ha chiesto che il ricorso
sia dichiarato inammissibile e comunque infondato.
Quanto ai profili di
inammissibilità, la
Provincia autonoma di Bolzano afferma che la legittimazione
ad impugnare sussisterebbe solo quando la ricorrente ritenga lesa o invasa da
una legge la propria competenza, non anche quando faccia valere altri vizi di
costituzionalità e osserva che la Regione Veneto lamenterebbe solo l'inosservanza,
da parte della legge provinciale, di un principio della legislazione statale e
la violazione dell'autonomia amministrativa e finanziaria di Comuni e consorzi
di Comuni, non già una lesione delle proprie competenze legislative. Il ricorso
sarebbe inoltre inammissibile per difetto di indicazione di un parametro
costituzionale pertinente: sono infatti richiamati gli artt. 117, 118, 119 e
120 della Costituzione e non le disposizioni dello statuto speciale che pongono
limiti alla competenza legislativa provinciale.
Nel merito, la resistente nega
innanzitutto la premessa dalla quale muove la ricorrente, e cioè che la legge
impugnata sia espressione di una potestà legislativa concorrente. La materia
della utilizzazione delle acque pubbliche dovrebbe considerarsi rientrante
nella competenza legislativa generale riservata alle Regioni ai sensi del
quarto comma dell'art. 117 Cost.; disposizione, questa, che dovrebbe applicarsi
anche alla Provincia autonoma di Bolzano, in forza della clausola di estensione
di cui all'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche
al titolo V della parte seconda della Costituzione), la quale sancisce
l'applicabilità delle disposizioni di riforma del Titolo V, Parte II, della
Costituzione anche alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di
Trento e di Bolzano «per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie
rispetto a quelle già attribuite». La competenza legislativa provinciale
avrebbe per oggetto tutte le acque pubbliche appartenenti al demanio
provinciale e tutte le derivazioni, comprese le grandi derivazioni a scopo
idroelettrico, così da ricomprendere anche la disciplina dei canoni, dei sovracanoni e di tutti gli altri proventi derivanti dalla
utilizzazione delle acque pubbliche e dalle relative concessioni di
derivazione.
Neppure varrebbe rilevare in contrario, prosegue la difesa provinciale
nell'atto di costituzione, che canoni e sovracanoni
siano diversi per scopo e natura, così da richiedere un differente trattamento
giuridico, poiché l'unico elemento decisivo ai fini del radicamento della
competenza legislativa della Provincia sarebbe il fatto che essi costituiscono
proventi derivanti dall'utilizzo di acque pubbliche e relativi a concessioni di
derivazione le cui opere di presa ricadano nel territorio della Provincia [art.
14, primo comma, del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381
(Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige
in materia di urbanistica ed opere pubbliche)]. Se dunque la competenza
legislativa provinciale è di natura esclusiva, argomenta la Provincia, essa non
incontra più il limite dei principî della legge statale, ciò che priverebbe di
pregio il primo motivo di censura formulato nel ricorso della Regione Veneto.
Analoga soluzione peraltro si
imporrebbe, sempre ad avviso della Provincia autonoma di Bolzano, anche nel
caso si ricostruisse la competenza legislativa provinciale in materia come concorrente,
poiché, a seguito della nuova formulazione dell'art. 117 Cost., i principî
fondamentali riservati alla legislazione dello Stato e vincolanti la
legislazione regionale concorrente non potrebbero continuare ad essere desunti
in via interpretativa dalle leggi preesistenti, ma dovrebbero essere stabiliti
da nuove leggi statali ad hoc e la loro individuazione dovrebbe comunque
avvenire «in base a criteri interpretativi assai più rigorosi e selettivi di
quanto sia stato nel precedente sistema di riparto delle competenze».
In merito al secondo motivo del
ricorso della Regione Veneto, con il quale la ricorrente lamenta la violazione
degli artt. 5, 117, 118 e 120 Cost., la Provincia autonoma di Bolzano ritiene che esso
sia infondato, e anzi addirittura inammissibile, poiché i principî
costituzionali invocati riguarderebbero l'esercizio di funzioni amministrative,
non già le competenze legislative della Provincia, e pertanto non sarebbero
idonei ad essere assunti come parametro in un giudizio di legittimità
costituzionale.
La legge impugnata non
violerebbe neppure il limite del territorio, essendo relativa alle sole
derivazioni esistenti nel territorio di Bolzano, né inciderebbe negativamente
sui consorzi di bacino imbrifero montano della Regione Veneto: la disciplina
statale del conferimento non costituirebbe infatti vincolo per la legislazione
oggetto di censura, la quale, peraltro, farebbe riferimento solo al versamento
dei sovracanoni, non alla destinazione dei relativi
proventi.
Inammissibile sarebbe il motivo
di ricorso con il quale si lamenta la compressione, da parte della legge
provinciale di cui è questione, della autonomia degli enti locali: seppure si concedesse
che i consorzi di bacino imbrifero montano delle Province venete sono
danneggiati dalla legge impugnata, la Regione Veneto non avrebbe comunque titolo, anche
alla luce della nuova formulazione dell'art. 114 Cost., per assumere la
rappresentanza dei loro interessi.
Quanto infine alla denunciata
lesione di un principio di parità tra consorzi Bim in
ordine al riparto del sovracanone che sarebbe
espresso nella legge n. 959 del 1953, la difesa della Provincia replica che gli
eventuali principî desumibili dalla legge anzidetta non costituiscono limite
nei confronti della potestà legislativa spettante alla Provincia, e che
comunque in essa non sarebbe rinvenibile tale principio di parità tra consorzi.
3. — E' intervenuto nel
presente giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri e ha fatto presente
di avere provveduto ad impugnare l'art. 44 della legge provinciale n. 19 del
2001 con autonomo ricorso ed ha chiesto la riunione dei due giudizi.
4. ¾ Con il ricorso iscritto
al reg. ric. n. 28 del 2002, il Presidente del Consiglio dei ministri ha
sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 6, commi 1 e 2, e
44 della legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 19 del 2001.
4.1. ¾ L'art. 6, comma 1, nel
sostituire il comma 1 dell'art. 10 della legge provinciale 14 dicembre 1998, n.
12 (Disposizioni relative agli insegnanti e ispettori per l'insegnamento della
religione cattolica nelle scuole elementari e secondarie nonché disposizioni
relative allo stato giuridico del personale insegnante), stabilisce, per la
parte oggetto di impugnazione, che: «In prima applicazione della presente legge
hanno titolo ad essere immessi nei ruoli del personale docente della religione
cattolica, i docenti di religione che abbiano svolto servizio di insegnamento
di religione per almeno dodici anni anche non continuativi, previo superamento
di un concorso per soli titoli. Hanno titolo, altresì, ad essere immessi nei
predetti ruoli i docenti di religione che abbiano svolto servizio di
insegnamento di religione per almeno
cinque anni o siano in possesso del titolo di studio di 'Magister'
o di 'baccalaureat' in teologia e possano dimostrare
almeno due anni di insegnamento, previo superamento di un concorso speciale per
titoli integrato da un colloquio. A tal fine sono riconosciuti gli anni di
servizio prestati con il minimo annuale richiesto dalle norme vigenti al
momento della prestazione».
Tale disposizione, ad avviso
del ricorrente, consentendo il riconoscimento integrale degli anni di servizio pregresso,
determinerebbe un'automatica equiparazione, a tutti gli effetti, del servizio
prestato presso le istituzioni scolastiche parificate a quello svolto nelle
scuole statali, in deroga al principio di cui agli artt. 1 e 2 della legge 3
maggio 1999, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico),
che consentirebbe invece la valutazione del servizio effettuato nelle scuole
parificate solo nella misura del 50 per cento. La stessa disposizione, inoltre,
inciderebbe negativamente sulla mobilità nazionale del personale insegnante e
sul sistema scolastico, e violerebbe in tal modo i limiti della competenza
concorrente riconosciuta alla Provincia dall'art. 12 (recte: art. 9,
numero 2) dello statuto speciale e dalle relative norme di attuazione (d.P.R. 10 febbraio 1983, n. 89); e ciò anche perché
l'inserimento dei docenti di religione nel ruolo organico generale degli
insegnanti richiederebbe il rispetto delle norme concordatarie.
L'art. 6, comma 2, a
sua volta, introduce nella medesima legge n. 12 del 1998 gli artt. 18, 19 e 20.
Oggetto di censura da parte del Presidente del Consiglio dei ministri sono
l'art. 19 e l'art. 20. Il primo consente al personale docente delle scuole
secondarie di primo e secondo grado della Provincia autonoma di Bolzano, in
servizio nell'anno scolastico 1998-1999 e 1999-2000, privo del prescritto
titolo di studio, ma in possesso del diploma di maturità, che, per carenza di
personale in possesso del prescritto titolo di studio, abbia svolto presso le
predette scuole servizi di supplenza per almeno 18 anni scolastici, anche non
continuativi, validi come anni di servizio interi ai sensi della normativa
allora vigente, di essere assunto a tempo indeterminato o determinato, previo
superamento di apposito esame di idoneità e di abilitazione riservato. Lo
stesso art. 19 dispone altresì che per il personale femminile con prole
l'anzianità di servizio necessaria per l'ammissione all'esame di idoneità è
ridotta di un anno per ogni figlio nato nel corso dei corrispondenti anni scolastici.
Ad avviso del ricorrente questa
disposizione si porrebbe in contrasto sia con il principio di buon andamento e
imparzialità della pubblica amministrazione, sia con i principî risultanti
dalla normativa statale che subordinano l'insegnamento al possesso del
prescritto titolo di studio. La medesima disposizione, inoltre, nella parte in
cui prevede la riduzione dell'anzianità di servizio per il personale femminile
con prole, oltre a considerare requisiti non significativi sul piano della
professionalità, si porrebbe in contrasto con norme fondamentali
dell'ordinamento, in quanto il periodo obbligatorio di congedo per maternità
sarebbe già computato a tutti gli effetti nell'anzianità di servizio, ai sensi
dell'art. 22 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle
disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e
della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53).
L'art. 20 della legge n. 12 del
1998, introdotto dall'art. 6, comma 2, della legge n. 19 del 2001, prevede che
«coloro che si sono laureati alla Facoltà di Scienze della formazione sono inclusi, a richiesta, nelle
graduatorie permanenti del personale docente previste dalle vigenti disposizioni
al solo fine del conferimento delle supplenze annuali e delle supplenze
temporanee sino al termine delle attività didattiche per gli anni scolastici
2002/03 e 2003/04».
Tale disposizione, secondo il
ricorrente, contrasterebbe con la normativa statale (art. 2 della legge n. 124
del 1999), la quale prevede che il mero possesso di un diploma di laurea non è
mai sufficiente per l'iscrizione nelle graduatorie permanenti, che dà titolo al
conferimento di supplenze annuali, occorrendo invece a tal fine ulteriori
requisiti.
4.2. ¾ In relazione all'art. 44, l'Avvocatura dello Stato,
oltre a fare proprie le censure proposte dalla Regione Veneto nel ricorso n. 25
del 2002, rileva che i sovracanoni non costituiscono
provento per l'utilizzo delle acque demaniali, ma assolvono la diversa funzione
di indennizzare i Comuni rivieraschi, al fine di porre rimedio alla alterazione
del corso naturale delle acque a valle degli impianti idroelettrici causata
dalla regimazione artificiale delle acque. La prestazione, che dovrebbe essere
esercitata esclusivamente in forma consortile, non sarebbe pertanto
assimilabile ai canoni demaniali, intesi come proventi per l'utilizzo delle
acque pubbliche, per i quali soltanto la Provincia si vedrebbe riconosciuta una potestà
normativa di tipo concorrente, ai sensi dell'art. 1-bis, comma 16, del d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235 (Norme di attuazione dello
statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di energia).
5. ¾ Si è costituita la Provincia autonoma di
Bolzano e ha chiesto che le questioni siano dichiarate inammissibili o
infondate. Riservandosi ulteriori argomentazioni difensive, la difesa della
Provincia rileva che la disposizione di cui all'art. 6, comma 1, riguarda solo
i docenti di religione che hanno prestato e che presteranno servizio nel
territorio provinciale. Essa rientrerebbe quindi nell'ambito delle competenze
provinciali e, essendo destinata a consentire al personale considerato di
continuare l'attività di docente di religione solo in ambito provinciale, non
potrebbe in alcun modo incidere negativamente sulla mobilità nazionale del
personale insegnante e sul sistema scolastico. La medesima disposizione,
inoltre, non violerebbe i vincoli derivanti dalla normativa concordataria, in
quanto l'insegnamento della religione nelle zone di confine è disciplinato da
norme specifiche e, in particolare, lo è da sempre per la Provincia autonoma di
Bolzano.
In riferimento, poi, alle
censure concernenti l'art. 19 della legge n. 12 del 1998, introdotto dall'art.
6, comma 2, della legge n. 19 del 2001, la difesa osserva che la stessa
riguarderebbe solo ed esclusivamente i docenti di religione e non potrebbe
pertanto incidere negativamente sulla mobilità nazionale.
5.1. ¾ Per quanto riguarda le
censure concernenti l'art. 44, la
Provincia ne eccepisce la inammissibilità non solo per errata
indicazione del parametro costituzionale, ma anche per due ulteriori,
concorrenti profili. In primo luogo perché la competenza a disciplinare i sovracanoni spettava alla Provincia già in base allo
statuto speciale di autonomia e alle relative norme di attuazione: segnatamente
al menzionato art. 1-bis, comma 16, del d.P.R.
n. 235 del 1977; sicché, osserva la Provincia, anche nella ipotesi di un annullamento
della disposizione impugnata, resterebbe comunque in vigore la disposizione che
attribuisce alla Provincia la competenza a disciplinare i sovracanoni
nell'an e nel quantum, tanto da rendere
il ricorso inammissibile per difetto di interesse.
La questione poi sarebbe
inammissibile per mancata definizione e oscurità della censura, non essendo
illustrato il motivo per il quale si ritiene incostituzionale una disposizione
che si limiterebbe a stabilire una disciplina più garantista di quella
previgente, non contestata a suo tempo dal Governo.
Nel merito la Provincia autonoma di
Bolzano ribadisce le argomentazioni svolte nell'atto di costituzione nel
giudizio introdotto dal ricorso della Regione Veneto, rassegnando le medesime
conclusioni.
6. — E' intervenuto a sostegno
della impugnazione governativa relativa all'art. 44 il consorzio dei Comuni
della Provincia autonoma di Trento compresi nel bacino imbrifero montano
dell'Adige.
7. — Tutte le parti costituite
hanno svolto ulteriori deduzioni difensive in prossimità della data fissata per
l'udienza pubblica.
7.1. — La Regione Veneto
sostiene che la legge impugnata violerebbe il limite generale territoriale, che
opera nei confronti della potestà legislativa regionale e provinciale, tanto
concorrente quanto esclusiva, ed afferma che la propria legittimazione ad
impugnare deriverebbe dalla illegittima invasione della propria competenza che
si sarebbe in tal modo determinata.
7.2. — Il Presidente del
Consiglio dei ministri, con riferimento alle censure concernenti l'art. 6 della
legge n. 19 del 2001, contesta l'assunto difensivo della Provincia autonoma di
Bolzano secondo cui le disposizioni censurate riguarderebbero solo i docenti di
religione che hanno prestato o che presteranno servizio nel territorio
provinciale. Sul punto, l'Avvocatura osserva che una tale limitazione varrebbe
per il solo articolo 6, comma 1, il quale sostituisce l'art. 10, comma 1, della
legge provinciale n. 12 del 1998, che espressamente la prevede, ma non anche
per le altre disposizioni; in ogni caso, l'assunto della Provincia sarebbe
irrilevante, giacché l'art. 12, comma 9, del d.P.R.
n. 89 del 1983, stabilisce che la normativa provinciale deve svolgersi
nell'osservanza degli aspetti fondamentali degli istituti dello stato giuridico
vigenti per il personale in servizio nel restante territorio dello Stato, al
fine di assicurare la mobilità in ambito nazionale del personale iscritto nei
ruoli della Provincia autonoma.
In relazione all'art. 44 la
difesa erariale ribadisce le censure fatte valere nel ricorso e aggiunge che la Provincia non
disporrebbe in materia di potestà legislativa esclusiva, in quanto la
disciplina dei sovracanoni non atterrebbe alla
gestione del demanio idrico, ma a quella del coordinamento della finanza
pubblica, dal momento che il sovracanone avrebbe
natura di prestazione patrimoniale imposta ai concessionari a favore di terzi
(i consorzi di Comuni) estranei al rapporto concessorio.
7.3. ¾ La Provincia autonoma di
Bolzano eccepisce, in primo luogo, l'inammissibilità del ricorso, rilevando che
il Presidente del Consiglio dei ministri non ha allegato al ricorso stesso né
depositato i testi integrali dei verbali delle riunioni del Consiglio dei
ministri del 1° e del 7 marzo 2002, nel corso delle quali è stata decisa
l'impugnazione dell'art. 6 e dell'art. 44 della legge provinciale n. 19 del
2001. E ciò, nonostante che nei medesimi verbali si affermi che agli stessi
sarebbe stata allegata la relazione del Ministro per gli affari regionali.
7.3.1. ¾ Con riferimento alle
censure concernenti l'art. 6, la
Provincia ne eccepisce l'inammissibilità in quanto
mancherebbe l'indicazione di un pertinente parametro del giudizio di
costituzionalità.
7.3.2. ¾ Per quanto riguarda in
particolare le censure rivolte all'art. 6, comma 1, della legge n. 19 del 2001,
il ricorso governativo, ad avviso della Provincia, oltre che originariamente
inammissibile, sarebbe anche improcedibile per essere cessata la materia del
contendere. L'art. 6, comma 1, della legge provinciale n. 19 del 2001
sostituiva il comma 1 dell'art. 10 della legge provinciale n. 12 del 1998,
riproducendone testualmente la formulazione, ed aggiungeva ad esso una
ulteriore disposizione concernente la progressione economica del personale
docente di religione. I motivi della impugnazione hanno ad oggetto solo il primo
periodo del comma 1 dell'art. 6, il quale, però, è stato abrogato dall'art. 38,
comma 1, lettera d), della legge provinciale 26 luglio 2002, n. 11.
Quest'ultima legge, inoltre, all'art. 19 ha aggiunto alla fine dell'originario comma
dell'art. 10 della legge provinciale n. 12 del 1998, un periodo sostitutivo di
quello contenuto nell'art. 6, comma 1, della legge n. 19 del 2001. Ad avviso
della Provincia sarebbe dunque evidente che, a seguito della intervenuta
abrogazione del censurato art. 6, comma 1, e della contestuale aggiunta di un
periodo al comma 1 dell'art. 10 della legge provinciale n. 12 del 1998, il
legislatore provinciale abbia inteso far rivivere le originarie disposizioni
dell'art. 10, comma 1, di quest'ultima legge. E poiché il Governo, così come
non aveva impugnato l'art. 10 della legge n. 12 del 1998, non ha impugnato
neanche la disposizione abrogratrice di quella
sostitutiva dell'originario testo del medesimo articolo 10, in relazione all'art. 6,
comma 1, sarebbe cessata la materia del contendere.
La Provincia contesta
peraltro anche la fondatezza del ricorso nel merito. Lo stesso ricorso,
infatti, riconosce, pur non individuandone la fonte, che la Provincia ha competenza
legislativa concorrente in materia. Ai sensi dell'art. 1, comma 3, del d.P.R. n. 89 del 1983, spetta alla Provincia autonoma una
competenza legislativa in materia di «stato giuridico ed economico del
personale insegnante, di ruolo e non di ruolo, in particolare per la migliore
utilizzazione del personale stesso anche al fine di soddisfare le esigenze di
continuità didattica, nonché una più efficace organizzazione della scuola». Si
tratta, osserva la Provincia,
di una competenza concorrente, ex art. 9, numero 2, dello statuto, che
deve essere oggi integrata dalla riforma del titolo V della parte seconda della
Costituzione, giacché il nuovo art. 117, al terzo comma, attribuisce alla
competenza legislativa concorrente delle Regioni tutta la materia della
istruzione, ad eccezione dell'autonomia scolastica e delle norme generali
sull'istruzione, e l'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001
stabilisce che le nuove disposizioni si applicano anche alle Regioni a statuto
speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano per le parti che
prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite. In
sostanza, non solo l'ambito materiale della competenza provinciale risulterebbe
ampliato, ma anche i limiti per essa originariamente previsti sarebbero ormai
ridotti al rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli
obblighi internazionali e a quello dei principî fondamentali della materia
riservati alla legge dello Stato.
La Provincia contesta
quindi che l'art. 6, comma 1, abbia previsto l'equiparazione fra servizio
prestato nelle scuole statali e servizio prestato nelle scuole parificate: la
tesi sostenuta dall'Avvocatura dello Stato sarebbe infatti smentita dai bandi
di concorso emessi in attuazione della disposizione censurata, nei quali è
espressamente previsto che il servizio richiesto debba essere stato svolto in
scuole statali o a carattere statale. Inoltre, prosegue la Provincia, sarebbe
frutto di una infondata supposizione del ricorrente quella secondo cui la legge
impugnata non sarebbe conforme all'art. 35 del d.P.R.
n. 89 del 1983, all'art. 9, comma 2, del Concordato e all'intesa di cui al d.P.R. n. 751 del 1985, dal momento che la disciplina
legislativa censurata non contrasta con le citate disposizioni e, anzi, nei
citati bandi viene prescritto il possesso della idoneità all'insegnamento della
religione cattolica attestato dall'Ordinario della diocesi di
Bolzano-Bressanone.
In ogni caso, continua la Provincia, del tutto
priva di fondamento sarebbe la censura concernente la violazione della
disciplina statale che consentirebbe la valutazione dei servizi prestati nelle
scuole parificate solo nella misura del 50 per cento, dal momento che né gli
artt. 1 e 2 della legge n. 124 del 1999 né il decreto ministeriale n. 123 del
2000 conterrebbero una disciplina del genere; il decreto ministeriale sarebbe
comunque una fonte inidonea a limitare le competenze provinciali, posto che
l'art. 117, comma sesto, fa ora divieto alle fonti regolamentari statali di
intervenire in materia di competenza regionale.
7.3.3. ¾
Per quanto riguarda le censure concernenti l'art. 19 della legge provinciale n.
12 del 1998, introdotto dall'art. 6, comma 2, della legge n. 19 del 2001, la Provincia, oltre a
ribadirne l'inammissibilità, ne contesta la fondatezza, assumendo, tra l'altro,
che il principio generale indicato nel ricorso non sarebbe contrastato dalla
disposizione censurata, giacché questa garantirebbe in modo sufficiente e
ragionevole la preparazione culturale dei docenti di religione, sia richiedendo
che essi abbiano già insegnato come supplenti per molti anni, sia mediante la
previsione di un apposito esame di idoneità.
Quanto poi alla dedotta
violazione dell'art. 97 Cost., la
Provincia osserva che la disposizione impugnata non solo non
contrasterebbe con il principio del buon andamento, ma ne costituirebbe
attuazione, dal momento che sarebbe rispettata la regola del concorso e
sarebbero soddisfatte le esigenze di continuità didattica alle quali la
legislazione provinciale deve ispirarsi ai sensi dell'art. 1, comma 3, del d.P.R. n. 89 del 1983. A questo proposito la Provincia ricorda che il
personale considerato dalla disposizione censurata ha garantito da anni la
funzionalità della scuola in Alto Adige, vista la nota carenza di personale in
possesso del prescritto titolo di studio, e lo garantisce anche per il futuro.
Il numero di anni di servizio richiesti, poi, indicherebbe di per sé che il
personale considerato è già legato, di fatto, da un rapporto di lavoro
continuativo e costante con l'amministrazione scolastica e che si tratta di
personale in possesso di un'esperienza tale da giustificare l'ammissione
all'esame di idoneità sulla base del solo diploma di maturità.
Con riferimento, in
particolare, alla previsione che l'anzianità di servizio venga ridotta, per il
personale femminile con prole, di un anno per ogni figlio nato nel corso dei
corrispondenti anni scolastici, la
Provincia contesta la fondatezza della censura, rilevando che
l'invocato art. 22 del decreto legislativo n. 151 del 2001 non conterrebbe
affatto un principio fondamentale e che in ogni caso esso non potrebbe essere
ritenuto preclusivo dell'apprezzamento della maternità a fini diversi da quelli
del computo del trattamento economico e normativo per i dipendenti in servizio.
Al contrario di quanto sostenuto dal ricorrente, poi, la disciplina censurata
sarebbe in linea con i principî costituzionali di tutela della famiglia e
favorirebbe la conservazione del posto di lavoro al personale femminile.
7.3.4. ¾ In ordine alla questione
di legittimità costituzionale relativa all'art. 20 della legge n. 12 del 1998,
introdotto dall'art. 6, comma 2, della legge n. 19 del 2001, concernente i
laureati alla Facoltà di Scienze della formazione, la Provincia, oltre a
ribadire la inammissibilità del ricorso per le ragioni già esposte, sostiene
che la disposizione censurata non contrasterebbe con alcun principio della
legislazione statale e in ogni caso costituirebbe ragionevole esercizio della
potestà legislativa in materia di stato giuridico ed economico del personale
della scuola. Essa, infatti, risponderebbe alla necessità di garantire ai
laureati di quella Facoltà un trattamento equo rispetto a coloro che hanno
conseguito solo l'abilitazione magistrale e che, invece di iscriversi
all'università, hanno prestato subito servizio di insegnamento, maturando così
i requisiti per accedere alle sessioni riservate per il riconoscimento
dell'idoneità e per essere conseguentemente inclusi nelle graduatorie
permanenti per il conferimento di supplenze annuali o temporanee. Al contrario
di quanto sostenuto dal ricorrente, sarebbe stato irragionevolmente
discriminatorio escludere i laureati in Scienze della formazione
dall'iscrizione nelle liste delle supplenze annuali.
7.3.5. ¾ In relazione alla censura
che si appunta sull'art. 44 della legge provinciale n. 19 del 2001, la difesa
della Provincia autonoma di Bolzano, oltre a insistere per l'inammissibilità
del ricorso statale per insufficiente determinazione del suo oggetto, contesta
l'ammissibilità dell'intervento spiegato nel ricorso n. 25.
Nel merito, la difesa della
Provincia autonoma di Bolzano ribadisce che la disciplina dei sovracanoni atterrebbe alla materia della utilizzazione di
acque pubbliche, sulla quale la
Provincia sarebbe titolare di una potestà esclusiva, non
astretta dal limite dei principî fondamentali della legge statale e osserva
comunque che la legge impugnata non ha privato i consorzi e i Comuni delle
risorse loro spettanti, come sarebbe testimoniato dal fatto che la Provincia avrebbe sempre
trasferito al consorzio, o direttamente ai Comuni rivieraschi, i sovracanoni incassati: l'intero loro ammontare o la
percentuale concordata con il consorzio mediante un apposito protocollo di
intesa.
8. ¾ Soltanto in prossimità
dell'udienza pubblica, la
Federazione nazionale dei consorzi di bacino imbrifero
montano-Federbim ha depositato tardivo atto di
intervento a sostegno del ricorso governativo.
Considerato in
diritto
1. ¾ Con i ricorsi n. 25 e n.
28 del 2002 la Regione
Veneto e il Governo della Repubblica hanno impugnato
l'articolo 44 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 28 dicembre 2001,
n. 19 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per l'anno
finanziario 2002 e per il triennio 2002-2004 e norme legislative collegate -
legge finanziaria 2002), concernente i sovracanoni
delle derivazioni di acqua a scopo idroelettrico. Il Governo ha altresì
impugnato l'art. 6 della medesima legge, che riguarda, per diversi aspetti, la
disciplina dello stato giuridico degli insegnanti nelle scuole della Provincia
autonoma di Bolzano. Nonostante la diversità degli oggetti, si rende necessaria
una trattazione congiunta, poiché l'impugnazione statale li chiama in causa
entrambi con un unico ricorso.
La Provincia ha proposto
diverse eccezioni di inammissibilità, sia con riferimento al ricorso del
Governo nel suo complesso, sia con riguardo alle specifiche censure rivolte nel
medesimo ricorso agli artt. 6 e 44 della legge n. 19 del 2001, sia infine al
ricorso della Regione Veneto che riguarda quest'ultima disposizione. Per prima
deve essere esaminata l'eccezione che investe unitariamente, per un profilo
formale, l'impugnazione del Presidente del Consiglio dei ministri. Le altre
eccezioni verranno esaminate più oltre, in sede di trattazione delle specifiche
censure proposte dal Governo e dalla Regione Veneto.
2. ¾ La Provincia autonoma di
Bolzano considera motivo di inammissibilità la mancata allegazione della
relazione del Ministro per gli affari regionali al verbale della riunione del
Consiglio dei ministri del 7 marzo 2002 concernente la determinazione di
proporre ricorso. Nonostante che l'Avvocatura dello Stato abbia depositato in
udienza pubblica l'anzidetta relazione, la difesa della Provincia di Bolzano ha
dichiarato di insistere nell'eccezione, che deve dunque essere esaminata.
In base all'art. 55 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige il
controllo sulle leggi della Regione o delle Province autonome aveva natura
preventiva e, al pari di quello di cui all'art. 127 della Costituzione per le
Regioni ad autonomia ordinaria, era strutturato in due fasi: quella del rinvio
della delibera legislativa al Consiglio regionale o provinciale e quella,
successiva ed eventuale, della proposizione della questione di legittimità
costituzionale. Nella giurisprudenza di questa Corte si era consolidato
l'orientamento secondo il quale i motivi del ricorso dovevano essere gli stessi
che sorreggevano l'atto governativo di rinvio. Questo poteva bensì esternarli
succintamente, ma comunque in maniera tale da consentire alla Regione di
conoscere le censure mosse dal Governo onde poter assumere le necessarie
determinazioni politiche in sede di riesame e di riapprovazione della legge
regionale (da ultimo, sentenze n. 135 del 2001
; n. 569 del 2000;
n. 194 del 1997;
n. 29 del 1996
e n. 384 del
1994). Ma con l'art. 8 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3
(Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), che ha
sostituito integralmente il predetto art. 127, il controllo di legittimità
costituzionale delle leggi delle Regioni a statuto ordinario ha mutato natura:
da preventivo qual era è divenuto successivo ed ha oggi ad oggetto leggi già
promulgate e pubblicate.
L'art. 10 della citata legge
costituzionale n. 3 del 2001 stabilisce che, sino all'adeguamento dei
rispettivi statuti, le innovazioni apportate con tale legge al titolo V della
parte seconda della Costituzione si applichino alle Regioni a statuto speciale
e alle Province autonome per le parti in cui prevedono forme di autonomia più
ampie rispetto a quelle già attribuite. E poiché il mutamento introdotto con la
sostituzione dell'art. 127, nel sopprimere un controllo politico sull'esercizio
della potestà legislativa delle Regioni, realizza senz'altro una forma di
autonomia più ampia di quella riconosciuta alla Regione Trentino-Alto Adige e
alle Province autonome dal menzionato art. 55, quest'ultimo deve ritenersi
superato, trovando oggi applicazione anche per esse la disciplina posta per le
Regioni ad autonomia ordinaria (nello stesso ordine di idee e con analogo
percorso argomentativo, per quanto riguarda l'impugnazione delle leggi della
Regione Valle d'Aosta, (ordinanza n. 377
del 2002), e implicitamente, per la Regione Friuli-Venezia
Giulia, (ordinanza
n. 65 del 2002). Del resto, tanto la Provincia autonoma di Bolzano, procedendo alla
promulgazione e pubblicazione della legge, quanto lo Stato, proponendo il
presente ricorso, hanno dato per presupposto l'intervenuto superamento della
disciplina statutaria in tema di controllo delle leggi provinciali.
Ebbene, la soppressione della
fase di rinvio ha fatto venire meno la finalità alla quale era preordinata la
previa esternazione, in sede politica, dei motivi della impugnazione.
Nell'attuale sistema di controllo il carattere politico della scelta di
impugnare resta, ma nei confronti delle Regioni e delle Province autonome si
esaurisce nell'onere di indicare le specifiche disposizioni che si ritiene ne
eccedano la competenza, potendo essere rimessa all'autonomia tecnica della
Avvocatura generale dello Stato anche l'individuazione dei motivi di censura.
Né può sostenersi che le Regioni o le Province ne subiscano una limitazione del
diritto di difesa, in quanto il thema decidendum è fissato dal ricorso e dai motivi in
esso contenuti ed è solo su questi che può svolgersi il contraddittorio. Ora,
nel caso di specie, nel verbale della riunione del Consiglio dei ministri,
ritualmente depositato, sono chiaramente identificate le disposizioni che il
Governo intende impugnare: non è riscontrabile in esso la carenza della quale
sola la Provincia
si sarebbe potuta dolere. L'eccezione deve essere pertanto respinta.
3. ¾ Devono essere ora
esaminate le censure che il ricorso statale rivolge all'art. 6, comma 1, della
legge provinciale n. 19 del 2001, concernente la disciplina dell'immissione in
ruolo dei docenti di religione nelle scuole della Provincia autonoma di
Bolzano. Anche a questo proposito la difesa della Provincia formula una
eccezione di inammissibilità che non può trovare accoglimento. Non assume
infatti alcun rilievo ai fini della ritualità del ricorso il fatto che in
questo sia erroneamente indicato come parametro alla stregua del quale
sottoporre a scrutinio la disciplina dello stato giuridico degli insegnanti,
l'art. 12 dello statuto di autonomia, che riguarda le derivazioni
idroelettriche. Pur volendo trascurare la considerazione che il medesimo
ricorso investe anche l'art. 44 della legge provinciale, attinente proprio al
tema delle derivazioni idroelettriche, il che potrebbe spiegare il riferimento
all'art. 12, anziché all'art. 9, numero 2, dello statuto speciale, tale erronea
indicazione non può aver impedito alla difesa della Provincia di rendersi conto
della consistenza della questione di legittimità costituzionale. E' infatti
decisiva la constatazione che il ricorso statale indica le norme di attuazione
dello statuto speciale in materia di istruzione (d.P.R.
n. 89 del 1983), chiaramente riferibili all'art. 9, numero 2, dello statuto,
sicché dalla impugnazione governativa sono agevolmente enucleabili sia il parametro
costituzionale, sia le norme interposte consistenti nelle predette disposizioni
di attuazione e nei principî della legislazione dello Stato con i quali le
disposizioni censurate contrasterebbero (artt. 1 e 2 della legge n. 124 del
1999). Riguarda poi il merito e non l'ammissibilità del ricorso la verifica se
le norme legislative statali indicate dal Governo contengano effettivamente
principî ai quali la legislazione provinciale debba attenersi.
3.1. ¾ Non è fondata l'altra
eccezione della Provincia autonoma secondo la quale, sempre in relazione
all'art. 6, comma 1, si sarebbe verificata una situazione di improcedibilità
sopravvenuta per cessazione della materia del contendere.
Tale disposizione sostituisce,
riproducendone integralmente il testo, il comma 1 dell'art. 10 della legge
provinciale n. 12 del 1998 e introduce un ulteriore periodo, irrilevante nel
presente giudizio poiché in relazione ad esso nessuna censura è stata proposta
dal Governo. La legge provinciale 26 luglio 2002 n. 11 (Disposizioni in materia
di tributi e disposizioni in connessione con l'assestamento del bilancio di
previsione della Provincia di Bolzano per l'anno finanziario 2002 e per il
triennio 2002-2004), a sua volta, ha abrogato, con l'art. 38, l'impugnato art. 6, comma
1, ed ha aggiunto al testo previgente dell'anzidetto art. 10, comma 1, un
periodo che, salvo lievi variazioni, corrisponde a quello immesso ex novo
dalla disposizione censurata.
Si è qui in presenza di una
singolare tecnica legislativa, la quale, anziché procedere alla diretta
formulazione delle proposizioni normative da immettere nell'ordinamento, si
avvale dei prodotti linguistici superati, contenuti cioè in disposizioni
abrogate, e a questi reca un'aggiunta, che non avrebbe in sé alcun significato
normativo se non si congiungesse alla disposizione abrogata, che viene così ad
acquisire nuova vigenza. Quale che sia il legame di tale tecnica con il
fenomeno della reviviscenza, cui la difesa della Provincia si richiama, è
certamente da escludere che si sia determinata una situazione di
improcedibilità sopravvenuta o di cessazione della materia del contendere. E'
indubbiamente a questo risultato che mirava la complicata operazione del
legislatore provinciale; lo attesta la relazione di accompagnamento al disegno
di legge, nella quale, con riguardo a questo specifico punto, si afferma che
«in tal modo dovrebbe anche risolversi, per cessazione della materia del
contendere, il ricorso per illegittimità costituzionale avviato dal Governo
avverso l'articolo abrogato».
Tuttavia, a parte il rilievo
che la Provincia
autonoma di Bolzano non ha dimostrato e neppure allegato la non intervenuta
attuazione dell'art. 6, comma 1 (il che rende la presente controversia diversa
da quelle altre volte risolte nel senso della cessazione della materia del
contendere: da ultimo, v. sentenza n. 438 del
2002), il principio di effettività della tutela costituzionale delle parti
nei giudizi in via di azione non tollera che, attraverso l'uso distorto della
potestà legislativa, uno dei contendenti possa introdurre una proposizione
normativa di contenuto identico a quella impugnata e nel contempo sottrarla al
già instaurato giudizio di legittimità costituzionale. Si impone pertanto in
simili casi il trasferimento della questione alla norma che, sebbene portata da
un atto legislativo diverso da quello oggetto di impugnazione, sopravvive nel
suo immutato contenuto precettivo.
4. ¾ Una volta chiarito che lo
scrutinio di questa Corte deve avere ad oggetto l'art. 10, comma 1, della legge
provinciale n. 12 del 1998, nel merito la questione non è fondata.
Sia la Provincia autonoma di
Bolzano, sia l'Avvocatura generale dello Stato hanno convenuto che l'intera
disciplina riguarda materia di competenza legislativa concorrente.
Per quanto riguarda l'art. 10, comma 1, esso, nella parte censurata,
testualmente recita: «In prima applicazione della presente legge hanno titolo ad
essere immessi nei ruoli del personale docente della religione cattolica, i
docenti di religione che abbiano svolto servizio di insegnamento di religione
per almeno dodici anni anche non continuativi, previo superamento di un
concorso per soli titoli. Hanno titolo, altresì, ad essere immessi nei predetti
ruoli i docenti di religione che abbiano svolto servizio di insegnamento di
religione per almeno cinque anni o siano in possesso del titolo di studio di 'Magister' o di 'baccalaureat' in
teologia e possano dimostrare almeno due anni di insegnamento, previo
superamento di un concorso speciale per titoli integrato da un colloquio. A tal
fine sono riconosciuti gli anni di servizio prestati con il minimo annuale
richiesto dalle norme vigenti al momento della prestazione».
Il Governo assume che nella
legislazione statale vigerebbe il principio per il quale al servizio di
insegnamento svolto presso scuole non statali non potrebbe riconoscersi il
medesimo punteggio attribuito al servizio svolto nelle scuole statali. Il
principio che si assume violato non si rinviene né nelle disposizioni indicate
nel ricorso né in alcun'altra fonte statale di rango legislativo. Gli artt. 1 e
2 della legge 3 maggio 1999, n. 124, infatti, disciplinano l'accesso ai ruoli
e, rispettivamente, pongono le norme transitorie relative alle graduatorie
permanenti del personale docente, ma nulla prevedono in ordine al punteggio che
può essere attribuito per il servizio prestato nelle scuole non statali. Una
simile indicazione è desumibile dal regolamento ministeriale 27 marzo 2000, n.
123, pure indicato dalla difesa erariale, il quale, nella tabella per la
valutazione dei titoli per il personale docente delle scuole di ogni ordine e
grado ed il personale educativo (allegato A), stabilisce che per l'insegnamento
nelle scuole statali vengono riconosciuti 12 punti per ogni anno e 2 punti per
ogni mese o frazione di almeno 16 giorni (fino ad un massimo di punti 12),
mentre per il servizio prestato in scuole elementari, in scuole o istituti di istruzione
secondaria non statale, pareggiati, parificati, legalmente riconosciuti sono
attribuiti 6 punti per ogni anno di insegnamento e un punto per ogni mese o
frazione superiore a 16 giorni (con un massimo di 6 punti). Seppure la logica
di tale atto è nel senso di un riconoscimento differenziato tra servizio
prestato presso le scuole statali e quelle non statali, un regolamento
ministeriale non è di per sé idoneo a fondare limiti alla potestà legislativa
regionale o provinciale, senza dire che dal decreto-legge 3 luglio 2001, n. 255
(Disposizioni urgenti per assicurare l'ordinato avvio dell'anno scolastico
2001/2002), convertito, con modificazioni, nella legge 20 agosto 2001, n. 333,
si evince un orientamento favorevole ad attribuire al servizio prestato nelle
scuole non statali paritarie la medesima valutazione di quello prestato nelle
scuole statali.
4.1. ¾ In relazione alla
medesima disposizione non sussiste il denunciato contrasto con la normativa di
matrice concordataria. A parte la genericità della censura, essendosi
l'Avvocatura limitata a ricordare che la disciplina degli insegnanti di
religione deve rispettare le norme derivanti dal Concordato tra lo Stato e la Chiesa cattolica, la
disposizione, che riguarda il reclutamento del personale in fase di prima
applicazione della legge, deve essere letta nel contesto della disciplina del
Titolo I della legge stessa, la quale, all'art. 3, comma 3, per i docenti della
religione cattolica pone espressamente ed in via generale il requisito del
possesso dell'idoneità attestato dall'Ordinario diocesano. Non vi è alcun
elemento della disposizione impugnata che possa indurre a ritenere che con essa
la Provincia
autonoma abbia inteso sopprimere tale requisito. Nessun contrasto, pertanto, è
rinvenibile con la normativa di derivazione concordataria di cui all'art. 9,
comma 2, dell'accordo tra la
Santa sede e la
Repubblica italiana ratificato con la legge 25 marzo 1985, n.
121, né con l'art. 2.5 dell'Intesa tra autorità scolastica italiana e
Conferenza episcopale italiana per l'insegnamento della religione cattolica
nelle scuole pubbliche, alla quale è stata data esecuzione con d.P.R. 16 dicembre 1985, n. 761. La Provincia ha del resto
precisato che i bandi emessi in attuazione dell'art. 10, comma 1, della legge
n. 12 del 1998 hanno fatto salva l'osservanza della normativa concordataria,
prevedendo che i candidati dovessero essere in possesso della idoneità
certificata dall'Ordinario della diocesi di Bolzano-Bressanone.
4.2. ¾ Infine, secondo la difesa
dello Stato, la disposizione in esame inciderebbe «negativamente sulla mobilità
nazionale del personale insegnante e sul sistema scolastico». Con questa
censura, formulata in termini quanto mai generici, si vuol forse alludere al
fatto che nella Provincia autonoma di Bolzano sono stati istituiti i ruoli
degli insegnanti della religione cattolica, che a livello nazionale non sono
ancora esistenti. Ma non è certo l'eliminazione delle norme transitorie che
potrebbe ovviare all'ipotizzato inconveniente.
Rimossa la normativa concernente la prima applicazione della legge,
resterebbe infatti la disciplina «a regime», a suo tempo non impugnata dal
Governo, che regola con norme dettagliate (artt. 3 e seguenti) l'accesso ai
ruoli del personale docente di cui si parla.
5. ¾ E' fondata, invece, la
questione di legittimità costituzionale dell'art. 19 della legge provinciale n.
12 del 1998, introdotto dalla legge provinciale n. 19 del 2001.
Tale disposizione consente al
personale docente delle scuole secondarie di primo e secondo grado della
Provincia autonoma di Bolzano, in servizio nell'anno scolastico 1998-1999 e
1999-2000, privo del prescritto titolo di studio, ma in possesso del diploma di
maturità, che, per carenza di personale in possesso del prescritto titolo di
studio, abbia svolto presso le predette scuole servizi di supplenza per almeno
18 anni scolastici, anche non continuativi, validi come anni di servizio interi
ai sensi della normativa allora vigente, di essere assunto a tempo
indeterminato o determinato, previo superamento di apposito esame di idoneità e
di abilitazione riservato. Lo stesso art. 19 dispone altresì che per il
personale femminile con prole l'anzianità di servizio necessaria per
l'ammissione all'esame di idoneità è ridotta di un anno per ogni figlio nato
nel corso dei corrispondenti anni scolastici.
Ad avviso del ricorrente,
questa disciplina violerebbe sia il principio di buon andamento e imparzialità
della pubblica amministrazione, sia la normativa statale che subordina l'insegnamento
al possesso del prescritto titolo di studio, alla quale la Provincia autonoma di
Bolzano non potrebbe derogare, mentre, nella parte in cui prevede la riduzione
dell'anzianità di servizio per il personale femminile con prole, oltre a
considerare requisiti non significativi sul piano della professionalità, si
porrebbe in contrasto con norme fondamentali dell'ordinamento, in quanto il
periodo obbligatorio di congedo per maternità è già computato a tutti gli
effetti nell'anzianità di servizio, ai sensi dell'art. 22 del decreto
legislativo 26 marzo 2001, n. 151.
Contrariamente a quanto
ipotizza la Provincia
autonoma di Bolzano nella memoria di costituzione, l'art. 19 (così come l'art.
20, di cui si dirà) della legge provinciale n. 12 del 1998, introdotti, insieme
all'art. 18, non censurato dal Governo, dall'art. 6, comma 2, della legge
provinciale n. 19 del 2001, si riferisce ai docenti in genere e non ai soli
docenti di religione. Diversamente dall'art. 10, comma 1, della legge
provinciale n. 12 del 1998, nelle disposizioni di cui si parla non vi è alcun
riferimento ai docenti di religione. E' poi decisiva la circostanza che la
legge provinciale n. 12 del 1998 consta di due titoli, il primo dedicato agli
insegnanti e agli ispettori per l'insegnamento della religione cattolica nelle
scuole elementari e secondarie, il secondo relativo alla stato giuridico del
personale insegnante. Ed è in questo secondo titolo che sono inseriti gli
articoli 19 e 20.
La disposizione impugnata
presuppone che il personale in essa indicato abbia svolto attività di
insegnamento senza il prescritto titolo di studio, sia pure a causa della
carenza di personale idoneo nella Provincia autonoma di Bolzano. E' quindi lo
stesso articolo 19, con il participio aggettivato "prescritto”, a rendere
immediatamente evidente il vizio dal quale è affetto: una non consentita deroga
ai principî che reggono la materia nell'ordinamento statale. Esattamente
l'Avvocatura dello Stato rileva che non è derogabile dalla Provincia autonoma
di Bolzano «la regola della necessaria stretta attinenza tra i titoli di
studio, che danno accesso agli esami di abilitazione, e le discipline oggetto
di insegnamento», regola che costituisce un principio dell'ordinamento
scolastico, rispondente «all'esigenza di ragione che vuole che la validità
dell'insegnamento – e quindi dell'apprendimento di discenti – sia assicurato
mediante un'idonea specifica preparazione culturale dei docenti» (sentenza n. 308 del
1989).
Restano assorbiti i restanti
profili di illegittimità costituzionale dedotti dal Governo, così come la
questione, più specifica, concernente il personale femminile con prole.
6. ¾ Diversa è la posizione
dei laureati nella Facoltà di Scienze della formazione, alla quale si riferisce
il denunciato art. 20 della legge provinciale n. 12 del 1998, introdotto
dall'art. 6, comma 2, della legge n. 19 del 2001. Costoro, infatti, sono in
possesso di idoneo titolo di studio che in ambito nazionale li abiliterebbe
all'ottenimento di supplenze temporanee. La legge provinciale consente che ad
essi siano conferite supplenze non solo temporanee ma anche annuali. E' escluso
però che, sulla base dell'iscrizione nelle graduatorie permanenti, gli insegnanti
di cui si tratta possano ottenere l'accesso ai ruoli provinciali in difetto di
un ulteriore requisito abilitativo che comunque presupponga il superamento di
una selezione. L'iscrizione inoltre è consentita per il conferimento di
supplenze in due soli anni scolastici e, benché la relazione di accompagnamento
al disegno di legge faccia riferimento ai laureati della Facoltà di Scienze
della formazione della Libera Università degli studi di Bolzano, tale
limitazione non figura nel testo legislativo approvato. Anche i laureati in
Facoltà o corsi di laurea di Scienze della formazione presso università che
hanno sede in altra parte del territorio nazionale, secondo la norma censurata,
hanno titolo per essere inseriti, per quei due anni scolastici, nelle anzidette
graduatorie provinciali.
In conclusione, la temporaneità
del beneficio accordato ai predetti laureati, il fatto che esso non sia
limitato ai laureati della Università di Bolzano e la considerazione che questi
non sono privi di un titolo di studio riconosciuto a livello nazionale,
sufficiente comunque anche in ambito statale al conferimento di supplenze
temporanee e quindi di per sé idoneo allo svolgimento dell'attività di
insegnamento, sono elementi che, nel loro insieme, rendono ragione della non fondatezza
della questione sollevata dal Governo.
7. ¾ Si deve ora passare
all'esame delle censure proposte dalla Regione Veneto e dal Governo nei
confronti dell'art. 44 della legge provinciale n. 19 del 2001 e delle relative
eccezioni di inammissibilità prospettate dalla Provincia autonoma di Bolzano.
7.1. ¾ Deve preliminarmente
dichiararsi inammissibile l'intervento del consorzio dei Comuni della Provincia
autonoma di Trento compresi nel bacino imbrifero montano (Bim)
dell'Adige. E' orientamento costante nella giurisprudenza di questa Corte, e
deve essere qui ribadito, che nei giudizi di legittimità costituzionale in via
principale non è ammessa la presenza di soggetti diversi dalla parte ricorrente
e dal titolare della potestà legislativa il cui atto è oggetto di contestazione
(v. da ultimo, sentenze n. 353 del 2001 ; n. 382 del 1999; n. 35 del 1995; n. 446 del 1994 e n. 172 del 1994).
7.2. ¾ Con riferimento al ricorso della Regione Veneto si
eccepisce che la ricorrente si limiterebbe a denunciare l'inosservanza da parte
della legge provinciale di un principio della legislazione statale e la
violazione dell'autonomia amministrativa e finanziaria di Comuni e consorzi di
Comuni, senza lamentare una lesione delle proprie competenze legislative,
quindi senza avere un interesse al ricorso.
Per escludere la fondatezza dell'eccezione
è sufficiente rilevare che l'art. 44, oggetto di impugnazione, dispone che i sovracanoni annui dovuti dai concessionari di derivazioni
del bacino imbrifero dell'Adige siano versati alla Provincia autonoma di
Bolzano contestualmente al pagamento dei canoni demaniali e che la Regione
Veneto si duole che, in tal modo, la Provincia autonoma di Bolzano si
approprierebbe di risorse che spetterebbero ai Comuni presenti nel territorio
veneto e in relazione a tale effetto deduce la lesione della propria autonomia
finanziaria e la violazione del limite territoriale. Non può pertanto negarsi
la sussistenza di una legittimazione in concreto della ricorrente e di un suo
interesse a una pronuncia di questa Corte sul merito del ricorso.
7.3. ¾ Sempre ad avviso della Provincia il ricorso della Regione
Veneto sarebbe poi inammissibile per difetto di indicazione di un parametro
costituzionale pertinente, essendo stati richiamati gli artt. 117, 118, 119 e
120 della Costituzione e non le disposizioni dello statuto speciale che pongono
limiti alla competenza legislativa della Provincia autonoma di Bolzano. Anche
questa eccezione deve essere respinta.
Nelle controversie tra Regioni a statuto
ordinario e Regioni a statuto speciale o Province autonome, le norme di rango
costituzionale che definiscono le rispettive attribuzioni formano un sistema
coerente ed unitario. Le competenze e l'autonomia che il titolo V della parte
seconda della Costituzione garantisce alle prime, considerate dal punto di
vista delle seconde operano come limiti di competenza rinvenibili anche nello
statuto speciale come l'altra faccia di una stessa medaglia. L'unità
sistematica dei parametri fa sì che, in questo tipo di controversie, essi
possano essere fungibilmente evocati dall'uno o
dall'altro angolo visuale. E' del tutto naturale, quindi, che la Regione
Veneto, lamentando una lesione delle proprie attribuzioni, ponga a fondamento
del suo ricorso le norme costituzionali che tali attribuzioni le conferiscono.
7.4. ¾ Anche con riferimento al ricorso statale si lamenta da
parte della Provincia autonoma di Bolzano la mancata indicazione di un
parametro costituzionale pertinente. L'eccezione non può essere accolta. Nella impugnazione
governativa sono infatti indicate le norme di attuazione dello statuto speciale
in materia di demanio idrico, di opere idrauliche e di concessioni di grandi
derivazioni a scopo idroelettrico (d.lgs. n. 463 del 1999), il che consente
agevolmente di fare riferimento, quale parametro costituzionale, all'art. 9,
numero 9, dello statuto, che attribuisce alle Province autonome potestà
legislativa concorrente in materia di utilizzazione delle acque pubbliche,
potestà che incontra il limite dei principî fondamentali della legislazione
dello Stato, puntualmente indicati nel ricorso governativo.
7.5. ¾ Sempre in relazione al ricorso dello Stato la Provincia,
infine, eccepisce che, pur nella ipotesi di un annullamento della norma
censurata, la quale prevede che canoni e sovracanoni
siano versati alla Provincia, resterebbe comunque in vigore la disposizione,
non impugnata, che attribuirebbe alla medesima Provincia la competenza a determinare
le modalità di riscossione e di destinazione dei sovracanoni
(art. 1, comma 2-bis, primo periodo, della legge provinciale n. 10 del
1983, come introdotto dall'art. 3 della legge provinciale 29 agosto 2000, n.
13), sicché lo Stato non avrebbe interesse al ricorso. La predetta eccezione
muove da una premessa interpretativa che è necessario verificare con giudizio
di merito. Il problema è se, alla luce delle norme statutarie e di attuazione
che attribuiscono alla Provincia autonoma di Bolzano la competenza concorrente
in materia di utilizzazione delle acque nonché in forza dei principî della
legislazione statale che fungono da limite a tale competenza, la parola proventi,
che già figurava nell'art. 1, comma 2-bis, della legge provinciale n. 10
del 1983, debba essere riferita ai canoni di concessione demaniale e insieme ai
sovracanoni, ovvero soltanto ai primi. In questa
seconda ipotesi la dichiarazione di illegittimità costituzionale della
disposizione censurata non potrebbe in alcun modo produrre l'effetto,
ipotizzato dalla Provincia, di lasciare in vita una disposizione che comunque
la abiliti a determinare le modalità di riscossione e di destinazione dei sovracanoni. Di qui la necessità, al fine di saggiare
l'interesse del Governo alla impugnazione, di trattare ora il merito della
questione.
8. ¾ La questione è fondata.
Con la norma impugnata la Provincia autonoma
di Bolzano dispone che i sovracanoni relativi a
concessioni di derivazione di acque pubbliche per uso idroelettrico siano
versati alla Provincia contestualmente al versamento dei canoni demaniali.
Tutta la difesa della Provincia ruota
intorno all'assunto che canoni e sovracanoni
sarebbero assimilabili, trattandosi in entrambi i casi di proventi derivanti
dalla utilizzazione delle acque pubbliche, materia che, in forza della clausola
di estensione di cui all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, il
cui contenuto è stato già sopra ricordato, sarebbe ormai di potestà esclusiva
della Provincia, non essendo compresa negli "elenchi” dei commi secondo e terzo
dell'art. 117 Cost., e non incorrerebbe pertanto nel limite dei principî
fondamentali della legislazione statale. Ma una simile ricostruzione muove da
un errato presupposto interpretativo: la disciplina dei sovracanoni
non attiene infatti alla materia della utilizzazione delle acque. L'art. 1
della legge 27 dicembre 1953, n. 959, che ha novellato il testo unico delle
leggi sulle acque e sugli impianti elettrici del 1933, al comma quattordicesimo
dispone che il sovracanone debba essere attribuito a
un fondo comune a disposizione del consorzio o dei consorzi compresi nel perimetro del bacino imbrifero
(consorzi nella specie costituiti); e stabilisce che il fondo è impiegato
esclusivamente a favore del progresso economico e sociale delle popolazioni,
nonché per la realizzazione di opere di sistemazione montana che non siano di competenza dello
Stato. Emerge chiaro, già da questa indicazione, come il sovracanone
si differenzi dal canone demaniale per destinatario (non il titolare della
concessione, ma il consorzio di Comuni), finalizzazione (il progresso economico
e sociale delle popolazioni, la realizzazione di opere di sistemazione
montana), e per la sua stessa natura giuridica. La giurisprudenza di
legittimità ha infatti affermato che il sovracanone
richiesto ad un concessionario di utenza idrica configura una prestazione
patrimoniale (così anche questa Corte con le sentenze n. 257 del 1982 e n. 132 del
1957), non ha carattere indennitario ed è correlato solo all'esistenza attuale
e non all'uso effettivo della concessione di derivazione, la quale costituisce
così il presupposto materiale di un'imposizione finalizzata ad integrare le
risorse degli enti territoriali interessati, nel quadro di un'esigenza di sostegno
dell'autonomia locale.
Poiché sono qualificabili come prestazione
patrimoniale imposta a fini solidaristici, non correlata alla utilizzazione
dell'acqua pubblica, i sovracanoni costituiscono
dunque elementi della finanza comunale e pertanto attengono alla materia della
finanza locale. In tale materia, a mente dell'art. 80 dello statuto di
autonomia, le Province autonome di Trento e di Bolzano dispongono di una
potestà legislativa di tipo concorrente, soggetta al limite dei principî
fondamentali stabiliti dalle leggi statali. E tali limiti non sono venuti meno
per effetto della clausola di estensione di cui all'art. 10 della legge
costituzionale n. 3 del 2001. Le materie nelle quali deve essere attratta la
attuale disciplina dei sovracanoni, e cioè la
«armonizzazione dei bilanci pubblici» e il «coordinamento della finanza
pubblica e del sistema tributario», sono infatti qualificate dall'art. 117,
terzo comma, Cost. come materie di potestà concorrente. Pur dopo l'entrata in
vigore del nuovo titolo V della parte seconda della Costituzione, dunque, la
legislazione provinciale impugnata è da considerare espressione di potestà
legislativa ripartita che, come già chiarito, incontra il limite dei principî
desumibili dalla legislazione statale, anche da quella già in vigore (v. sentenza n. 282 del 2002). E nella specie
il principio che imponeva un limite nei confronti della disposizione censurata,
e che è stato violato, è quello, già menzionato, che prevede la destinazione
del sovracanone a un fondo comune gestito dai
consorzi per finalità di promozione dello sviluppo economico e sociale delle
popolazioni interessate e per la realizzazione delle opere che si rendano
necessarie per rimediare alla alterazione del corso naturale delle acque
causata dalla loro regimazione artificiale (art. 1, quattordicesimo comma,
della legge 27 dicembre 1953, n. 959).
La semplice previsione che i sovracanoni siano riscossi dalla Provincia autonoma di
Bolzano e la conseguente loro sottrazione, non importa se solo temporanea, ai
consorzi di Comuni del bacino imbrifero montano lede, con il principio della
legislazione statale che si è appena ricordato, anche l'autonomia finanziaria
dei Comuni e, mediatamente, della stessa Regione Veneto, che vede privato il
proprio territorio di risorse delle quali, in base alla legge statale, avrebbe
dovuto essere destinataria.
Resta assorbito ogni ulteriore profilo di
censura.
Per questi
motivi
LA CORTE
COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara
l'illegittimità costituzionale dell'articolo 19 della legge provinciale 14
dicembre 1998, n. 12 (Disposizioni relative agli insegnanti e ispettori per
l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole elementari e secondarie
nonché disposizioni relative allo stato giuridico del personale insegnante),
come introdotto dall'articolo 6, comma 2, della legge provinciale 28 dicembre
2001, n. 19 «Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per
l'anno finanziario 2002 e per il triennio 2002-2004 e norme legislative
collegate (legge finanziaria 2002)»;
2) dichiara l'illegittimità
costituzionale dell'articolo 44 della predetta legge della Provincia autonoma
di Bolzano 28 dicembre 2001, n. 19;
3) dichiara non fondata la questione
di legittimità costituzionale dell'articolo 10, comma 1, della citata legge
della Provincia autonoma di Bolzano 14 dicembre 1998, n. 12, sollevata, in
riferimento all'articolo 9, numero 2, dello statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige e alle relative norme di attuazione, dal Presidente del
Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe indicato;
4) dichiara non fondata la questione
di legittimità costituzionale dell'articolo 20 della medesima legge della
Provincia autonoma di Bolzano 14 dicembre 1998, n. 12, introdotto dall'articolo
6, comma 2, della menzionata legge della Provincia autonoma di Bolzano 28
dicembre 2001, n. 19, sollevata, in riferimento all'art. 9, comma 2 dello
statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e in relazione all'articolo 2 della
legge 3 maggio 1999, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia di personale
scolastico), dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in
epigrafe indicato.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 dicembre 2002.
Cesare RUPERTO, Presidente
Carlo MEZZANOTTE, Redattore
Depositata in Cancelleria il 20 dicembre
2002.