SENTENZA
N. 533
ANNO 2002
Commento alla decisione di
Carlo Padula
per gentile concessione del Forum di Quaderni Costituzionali
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Cesare RUPERTO Presidente
- Riccardo CHIEPPA Giudice
- Gustavo ZAGREBELSKY "
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli articoli 6, commi 1 e 2, e 44 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 28 dicembre 2001, n. 19 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per l'anno finanziario 2002 e per il triennio 2002-2004 e norme legislative collegate - legge finanziaria 2002), promossi con ricorsi della Regione Veneto e del Presidente del Consiglio dei ministri notificati il 5 e l'8 marzo 2002, depositati in cancelleria il 14 e il 18 successivi, ed iscritti al n. 25 e n. 28 del registro ricorsi 2002.
Visti gli atti di costituzione della Provincia autonoma di Bolzano e del Presidente del Consiglio dei ministri, nonché l'atto di intervento del consorzio dei Comuni della Provincia autonoma di Trento (Bacino imbrifero montano-Bim dell'Adige) e della Federazione nazionale dei consorzi di bacino imbrifero montano-Federbim);
udito nell'udienza pubblica del 22 ottobre 2002 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte;
uditi gli avvocati
Romano Morra per
Provincia autonoma di Bolzano e Giorgio Berti per il consorzio dei Comuni
della Provincia autonoma di Trento (Bim dell'Adige) e
per
Ritenuto in fatto
1. —
La ricorrente afferma che con
il decreto legislativo 11 novembre 1999, n. 463 (Norme di attuazione dello
statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di demanio
idrico, di opere idrauliche e di concessioni di grandi derivazioni a scopo
idroelettrico, produzione e distribuzione di energia elettrica), il legislatore
statale ha delegato alle Province autonome l'esercizio di funzioni in materia
di grandi derivazioni a scopo idroelettrico per il rispettivo territorio a
decorrere dal 1° gennaio
Con un secondo motivo di censura la ricorrente lamenta che la legge provinciale non tenga in adeguata considerazione l'esigenza di tutela dell'unità giuridica ed economica dell'ordinamento, desumibile dagli artt. 5 e 120 Cost., e il principio di sussidiarietà, espressamente riconosciuto nell'art. 118 Cost., e ciò in quanto attribuirebbe alla Provincia una funzione di coordinamento di potestà fra loro concorrenti che dovrebbe spettare allo Stato.
Risulterebbe inoltre violato il
limite della territorialità, per avere
Una ulteriore doglianza si fonda sugli artt. 5
e 119 Cost.
La norma provinciale denunciata lederebbe infine il principio di imparzialità e di buon andamento di cui all'art. 97 Cost., poiché esproprierebbe i Comuni veneti di una entrata patrimoniale loro attribuita dalla legge con vincolo di destinazione al perseguimento di un pubblico interesse e contrasterebbe direttamente con la ricordata legge n. 959 del 1953, nella parte in cui essa pone il principio di parità fra i consorzi di bacino imbrifero montano ai fini del riparto del sovracanone. Sarebbero infatti unilateralmente modificate le percentuali di assegnazione dei sovracanoni, con irragionevole discriminazione dei Comuni compresi nel bacino imbrifero dell'Adige e non appartenenti alla Provincia autonoma di Bolzano.
2. — Si è costituito, per
Quanto ai profili di
inammissibilità,
Nel merito, la resistente nega innanzitutto la premessa dalla quale muove la ricorrente, e cioè che la legge impugnata sia espressione di una potestà legislativa concorrente. La materia della utilizzazione delle acque pubbliche dovrebbe considerarsi rientrante nella competenza legislativa generale riservata alle Regioni ai sensi del quarto comma dell'art. 117 Cost.; disposizione, questa, che dovrebbe applicarsi anche alla Provincia autonoma di Bolzano, in forza della clausola di estensione di cui all'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), la quale sancisce l'applicabilità delle disposizioni di riforma del Titolo V, Parte II, della Costituzione anche alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano «per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite». La competenza legislativa provinciale avrebbe per oggetto tutte le acque pubbliche appartenenti al demanio provinciale e tutte le derivazioni, comprese le grandi derivazioni a scopo idroelettrico, così da ricomprendere anche la disciplina dei canoni, dei sovracanoni e di tutti gli altri proventi derivanti dalla utilizzazione delle acque pubbliche e dalle relative concessioni di derivazione.
Neppure varrebbe rilevare in contrario, prosegue la difesa provinciale
nell'atto di costituzione, che canoni e sovracanoni
siano diversi per scopo e natura, così da richiedere un differente trattamento
giuridico, poiché l'unico elemento decisivo ai fini del radicamento della
competenza legislativa della Provincia sarebbe il fatto che essi costituiscono
proventi derivanti dall'utilizzo di acque pubbliche e relativi a concessioni di
derivazione le cui opere di presa ricadano nel territorio della Provincia [art.
14, primo comma, del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381
(Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige
in materia di urbanistica ed opere pubbliche)]. Se dunque la competenza
legislativa provinciale è di natura esclusiva, argomenta
Analoga soluzione peraltro si imporrebbe, sempre ad avviso della Provincia autonoma di Bolzano, anche nel caso si ricostruisse la competenza legislativa provinciale in materia come concorrente, poiché, a seguito della nuova formulazione dell'art. 117 Cost., i principî fondamentali riservati alla legislazione dello Stato e vincolanti la legislazione regionale concorrente non potrebbero continuare ad essere desunti in via interpretativa dalle leggi preesistenti, ma dovrebbero essere stabiliti da nuove leggi statali ad hoc e la loro individuazione dovrebbe comunque avvenire «in base a criteri interpretativi assai più rigorosi e selettivi di quanto sia stato nel precedente sistema di riparto delle competenze».
In merito al secondo motivo del
ricorso della Regione Veneto, con il quale la ricorrente lamenta la violazione
degli artt. 5, 117, 118 e 120 Cost.,
La legge impugnata non violerebbe neppure il limite del territorio, essendo relativa alle sole derivazioni esistenti nel territorio di Bolzano, né inciderebbe negativamente sui consorzi di bacino imbrifero montano della Regione Veneto: la disciplina statale del conferimento non costituirebbe infatti vincolo per la legislazione oggetto di censura, la quale, peraltro, farebbe riferimento solo al versamento dei sovracanoni, non alla destinazione dei relativi proventi.
Inammissibile sarebbe il motivo
di ricorso con il quale si lamenta la compressione, da parte della legge
provinciale di cui è questione, della autonomia degli enti locali: seppure si concedesse
che i consorzi di bacino imbrifero montano delle Province venete sono
danneggiati dalla legge impugnata,
Quanto infine alla denunciata lesione di un principio di parità tra consorzi Bim in ordine al riparto del sovracanone che sarebbe espresso nella legge n. 959 del 1953, la difesa della Provincia replica che gli eventuali principî desumibili dalla legge anzidetta non costituiscono limite nei confronti della potestà legislativa spettante alla Provincia, e che comunque in essa non sarebbe rinvenibile tale principio di parità tra consorzi.
3. — E' intervenuto nel presente giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri e ha fatto presente di avere provveduto ad impugnare l'art. 44 della legge provinciale n. 19 del 2001 con autonomo ricorso ed ha chiesto la riunione dei due giudizi.
4. ¾ Con il ricorso iscritto al reg. ric. n. 28 del 2002, il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 6, commi 1 e 2, e 44 della legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 19 del 2001.
4.1. ¾ L'art. 6, comma 1, nel sostituire il comma 1 dell'art. 10 della legge provinciale 14 dicembre 1998, n. 12 (Disposizioni relative agli insegnanti e ispettori per l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole elementari e secondarie nonché disposizioni relative allo stato giuridico del personale insegnante), stabilisce, per la parte oggetto di impugnazione, che: «In prima applicazione della presente legge hanno titolo ad essere immessi nei ruoli del personale docente della religione cattolica, i docenti di religione che abbiano svolto servizio di insegnamento di religione per almeno dodici anni anche non continuativi, previo superamento di un concorso per soli titoli. Hanno titolo, altresì, ad essere immessi nei predetti ruoli i docenti di religione che abbiano svolto servizio di insegnamento di religione per almeno cinque anni o siano in possesso del titolo di studio di 'Magister' o di 'baccalaureat' in teologia e possano dimostrare almeno due anni di insegnamento, previo superamento di un concorso speciale per titoli integrato da un colloquio. A tal fine sono riconosciuti gli anni di servizio prestati con il minimo annuale richiesto dalle norme vigenti al momento della prestazione».
Tale disposizione, ad avviso del ricorrente, consentendo il riconoscimento integrale degli anni di servizio pregresso, determinerebbe un'automatica equiparazione, a tutti gli effetti, del servizio prestato presso le istituzioni scolastiche parificate a quello svolto nelle scuole statali, in deroga al principio di cui agli artt. 1 e 2 della legge 3 maggio 1999, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico), che consentirebbe invece la valutazione del servizio effettuato nelle scuole parificate solo nella misura del 50 per cento. La stessa disposizione, inoltre, inciderebbe negativamente sulla mobilità nazionale del personale insegnante e sul sistema scolastico, e violerebbe in tal modo i limiti della competenza concorrente riconosciuta alla Provincia dall'art. 12 (recte: art. 9, numero 2) dello statuto speciale e dalle relative norme di attuazione (d.P.R. 10 febbraio 1983, n. 89); e ciò anche perché l'inserimento dei docenti di religione nel ruolo organico generale degli insegnanti richiederebbe il rispetto delle norme concordatarie.
L'art. 6, comma
Ad avviso del ricorrente questa disposizione si porrebbe in contrasto sia con il principio di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione, sia con i principî risultanti dalla normativa statale che subordinano l'insegnamento al possesso del prescritto titolo di studio. La medesima disposizione, inoltre, nella parte in cui prevede la riduzione dell'anzianità di servizio per il personale femminile con prole, oltre a considerare requisiti non significativi sul piano della professionalità, si porrebbe in contrasto con norme fondamentali dell'ordinamento, in quanto il periodo obbligatorio di congedo per maternità sarebbe già computato a tutti gli effetti nell'anzianità di servizio, ai sensi dell'art. 22 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53).
L'art. 20 della legge n. 12 del 1998, introdotto dall'art. 6, comma 2, della legge n. 19 del 2001, prevede che «coloro che si sono laureati alla Facoltà di Scienze della formazione sono inclusi, a richiesta, nelle graduatorie permanenti del personale docente previste dalle vigenti disposizioni al solo fine del conferimento delle supplenze annuali e delle supplenze temporanee sino al termine delle attività didattiche per gli anni scolastici 2002/03 e 2003/04».
Tale disposizione, secondo il ricorrente, contrasterebbe con la normativa statale (art. 2 della legge n. 124 del 1999), la quale prevede che il mero possesso di un diploma di laurea non è mai sufficiente per l'iscrizione nelle graduatorie permanenti, che dà titolo al conferimento di supplenze annuali, occorrendo invece a tal fine ulteriori requisiti.
4.2. ¾ In relazione all'art.
5. ¾ Si è costituita
In riferimento, poi, alle censure concernenti l'art. 19 della legge n. 12 del 1998, introdotto dall'art. 6, comma 2, della legge n. 19 del 2001, la difesa osserva che la stessa riguarderebbe solo ed esclusivamente i docenti di religione e non potrebbe pertanto incidere negativamente sulla mobilità nazionale.
5.1. ¾ Per quanto riguarda le
censure concernenti l'art. 44,
La questione poi sarebbe inammissibile per mancata definizione e oscurità della censura, non essendo illustrato il motivo per il quale si ritiene incostituzionale una disposizione che si limiterebbe a stabilire una disciplina più garantista di quella previgente, non contestata a suo tempo dal Governo.
Nel merito
6. — E' intervenuto a sostegno della impugnazione governativa relativa all'art. 44 il consorzio dei Comuni della Provincia autonoma di Trento compresi nel bacino imbrifero montano dell'Adige.
7. — Tutte le parti costituite hanno svolto ulteriori deduzioni difensive in prossimità della data fissata per l'udienza pubblica.
7.1. —
7.2. — Il Presidente del Consiglio dei ministri, con riferimento alle censure concernenti l'art. 6 della legge n. 19 del 2001, contesta l'assunto difensivo della Provincia autonoma di Bolzano secondo cui le disposizioni censurate riguarderebbero solo i docenti di religione che hanno prestato o che presteranno servizio nel territorio provinciale. Sul punto, l'Avvocatura osserva che una tale limitazione varrebbe per il solo articolo 6, comma 1, il quale sostituisce l'art. 10, comma 1, della legge provinciale n. 12 del 1998, che espressamente la prevede, ma non anche per le altre disposizioni; in ogni caso, l'assunto della Provincia sarebbe irrilevante, giacché l'art. 12, comma 9, del d.P.R. n. 89 del 1983, stabilisce che la normativa provinciale deve svolgersi nell'osservanza degli aspetti fondamentali degli istituti dello stato giuridico vigenti per il personale in servizio nel restante territorio dello Stato, al fine di assicurare la mobilità in ambito nazionale del personale iscritto nei ruoli della Provincia autonoma.
In relazione all'art. 44 la
difesa erariale ribadisce le censure fatte valere nel ricorso e aggiunge che
7.3. ¾
7.3.1. ¾ Con riferimento alle
censure concernenti l'art. 6,
7.3.2. ¾ Per quanto riguarda in
particolare le censure rivolte all'art. 6, comma 1, della legge n. 19 del 2001,
il ricorso governativo, ad avviso della Provincia, oltre che originariamente
inammissibile, sarebbe anche improcedibile per essere cessata la materia del
contendere. L'art. 6, comma 1, della legge provinciale n. 19 del 2001
sostituiva il comma 1 dell'art. 10 della legge provinciale n. 12 del 1998,
riproducendone testualmente la formulazione, ed aggiungeva ad esso una
ulteriore disposizione concernente la progressione economica del personale
docente di religione. I motivi della impugnazione hanno ad oggetto solo il primo
periodo del comma 1 dell'art. 6, il quale, però, è stato abrogato dall'art. 38,
comma 1, lettera d), della legge provinciale 26 luglio 2002, n. 11.
Quest'ultima legge, inoltre, all'art.
In ogni caso, continua
7.3.3. ¾
Per quanto riguarda le censure concernenti l'art. 19 della legge provinciale n.
12 del 1998, introdotto dall'art. 6, comma 2, della legge n. 19 del 2001,
Quanto poi alla dedotta
violazione dell'art. 97 Cost.,
Con riferimento, in
particolare, alla previsione che l'anzianità di servizio venga ridotta, per il
personale femminile con prole, di un anno per ogni figlio nato nel corso dei
corrispondenti anni scolastici,
7.3.4. ¾ In ordine alla questione
di legittimità costituzionale relativa all'art. 20 della legge n. 12 del 1998,
introdotto dall'art. 6, comma 2, della legge n. 19 del 2001, concernente i
laureati alla Facoltà di Scienze della formazione,
7.3.5. ¾ In relazione alla censura che si appunta sull'art. 44 della legge provinciale n. 19 del 2001, la difesa della Provincia autonoma di Bolzano, oltre a insistere per l'inammissibilità del ricorso statale per insufficiente determinazione del suo oggetto, contesta l'ammissibilità dell'intervento spiegato nel ricorso n. 25.
Nel merito, la difesa della
Provincia autonoma di Bolzano ribadisce che la disciplina dei sovracanoni atterrebbe alla materia della utilizzazione di
acque pubbliche, sulla quale
8. ¾ Soltanto in prossimità
dell'udienza pubblica,
Considerato in
diritto
1. ¾ Con i ricorsi n. 25 e n.
28 del 2002
2. ¾
In base all'art. 55 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige il controllo sulle leggi della Regione o delle Province autonome aveva natura preventiva e, al pari di quello di cui all'art. 127 della Costituzione per le Regioni ad autonomia ordinaria, era strutturato in due fasi: quella del rinvio della delibera legislativa al Consiglio regionale o provinciale e quella, successiva ed eventuale, della proposizione della questione di legittimità costituzionale. Nella giurisprudenza di questa Corte si era consolidato l'orientamento secondo il quale i motivi del ricorso dovevano essere gli stessi che sorreggevano l'atto governativo di rinvio. Questo poteva bensì esternarli succintamente, ma comunque in maniera tale da consentire alla Regione di conoscere le censure mosse dal Governo onde poter assumere le necessarie determinazioni politiche in sede di riesame e di riapprovazione della legge regionale (da ultimo, sentenze n. 135 del 2001
; n. 569 del 2000;
n. 194 del 1997;
n. 29 del 1996
e n. 384 del
1994). Ma con l'art. 8 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3
(Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), che ha
sostituito integralmente il predetto art. 127, il controllo di legittimità
costituzionale delle leggi delle Regioni a statuto ordinario ha mutato natura:
da preventivo qual era è divenuto successivo ed ha oggi ad oggetto leggi già
promulgate e pubblicate.
L'art. 10 della citata legge
costituzionale n. 3 del 2001 stabilisce che, sino all'adeguamento dei
rispettivi statuti, le innovazioni apportate con tale legge al titolo V della
parte seconda della Costituzione si applichino alle Regioni a statuto speciale
e alle Province autonome per le parti in cui prevedono forme di autonomia più
ampie rispetto a quelle già attribuite. E poiché il mutamento introdotto con la
sostituzione dell'art. 127, nel sopprimere un controllo politico sull'esercizio
della potestà legislativa delle Regioni, realizza senz'altro una forma di
autonomia più ampia di quella riconosciuta alla Regione Trentino-Alto Adige e
alle Province autonome dal menzionato art. 55, quest'ultimo deve ritenersi
superato, trovando oggi applicazione anche per esse la disciplina posta per le
Regioni ad autonomia ordinaria (nello stesso ordine di idee e con analogo
percorso argomentativo, per quanto riguarda l'impugnazione delle leggi della
Regione Valle d'Aosta, (ordinanza n. 377
del 2002), e implicitamente, per
Ebbene, la soppressione della
fase di rinvio ha fatto venire meno la finalità alla quale era preordinata la
previa esternazione, in sede politica, dei motivi della impugnazione.
Nell'attuale sistema di controllo il carattere politico della scelta di
impugnare resta, ma nei confronti delle Regioni e delle Province autonome si
esaurisce nell'onere di indicare le specifiche disposizioni che si ritiene ne
eccedano la competenza, potendo essere rimessa all'autonomia tecnica della
Avvocatura generale dello Stato anche l'individuazione dei motivi di censura.
Né può sostenersi che le Regioni o le Province ne subiscano una limitazione del
diritto di difesa, in quanto il thema decidendum è fissato dal ricorso e dai motivi in
esso contenuti ed è solo su questi che può svolgersi il contraddittorio. Ora,
nel caso di specie, nel verbale della riunione del Consiglio dei ministri,
ritualmente depositato, sono chiaramente identificate le disposizioni che il
Governo intende impugnare: non è riscontrabile in esso la carenza della quale
sola
3. ¾ Devono essere ora esaminate le censure che il ricorso statale rivolge all'art. 6, comma 1, della legge provinciale n. 19 del 2001, concernente la disciplina dell'immissione in ruolo dei docenti di religione nelle scuole della Provincia autonoma di Bolzano. Anche a questo proposito la difesa della Provincia formula una eccezione di inammissibilità che non può trovare accoglimento. Non assume infatti alcun rilievo ai fini della ritualità del ricorso il fatto che in questo sia erroneamente indicato come parametro alla stregua del quale sottoporre a scrutinio la disciplina dello stato giuridico degli insegnanti, l'art. 12 dello statuto di autonomia, che riguarda le derivazioni idroelettriche. Pur volendo trascurare la considerazione che il medesimo ricorso investe anche l'art. 44 della legge provinciale, attinente proprio al tema delle derivazioni idroelettriche, il che potrebbe spiegare il riferimento all'art. 12, anziché all'art. 9, numero 2, dello statuto speciale, tale erronea indicazione non può aver impedito alla difesa della Provincia di rendersi conto della consistenza della questione di legittimità costituzionale. E' infatti decisiva la constatazione che il ricorso statale indica le norme di attuazione dello statuto speciale in materia di istruzione (d.P.R. n. 89 del 1983), chiaramente riferibili all'art. 9, numero 2, dello statuto, sicché dalla impugnazione governativa sono agevolmente enucleabili sia il parametro costituzionale, sia le norme interposte consistenti nelle predette disposizioni di attuazione e nei principî della legislazione dello Stato con i quali le disposizioni censurate contrasterebbero (artt. 1 e 2 della legge n. 124 del 1999). Riguarda poi il merito e non l'ammissibilità del ricorso la verifica se le norme legislative statali indicate dal Governo contengano effettivamente principî ai quali la legislazione provinciale debba attenersi.
3.1. ¾ Non è fondata l'altra eccezione della Provincia autonoma secondo la quale, sempre in relazione all'art. 6, comma 1, si sarebbe verificata una situazione di improcedibilità sopravvenuta per cessazione della materia del contendere.
Tale disposizione sostituisce,
riproducendone integralmente il testo, il comma 1 dell'art. 10 della legge
provinciale n. 12 del 1998 e introduce un ulteriore periodo, irrilevante nel
presente giudizio poiché in relazione ad esso nessuna censura è stata proposta
dal Governo. La legge provinciale 26 luglio 2002 n. 11 (Disposizioni in materia
di tributi e disposizioni in connessione con l'assestamento del bilancio di
previsione della Provincia di Bolzano per l'anno finanziario 2002 e per il
triennio 2002-2004), a sua volta, ha abrogato, con l'art.
Si è qui in presenza di una singolare tecnica legislativa, la quale, anziché procedere alla diretta formulazione delle proposizioni normative da immettere nell'ordinamento, si avvale dei prodotti linguistici superati, contenuti cioè in disposizioni abrogate, e a questi reca un'aggiunta, che non avrebbe in sé alcun significato normativo se non si congiungesse alla disposizione abrogata, che viene così ad acquisire nuova vigenza. Quale che sia il legame di tale tecnica con il fenomeno della reviviscenza, cui la difesa della Provincia si richiama, è certamente da escludere che si sia determinata una situazione di improcedibilità sopravvenuta o di cessazione della materia del contendere. E' indubbiamente a questo risultato che mirava la complicata operazione del legislatore provinciale; lo attesta la relazione di accompagnamento al disegno di legge, nella quale, con riguardo a questo specifico punto, si afferma che «in tal modo dovrebbe anche risolversi, per cessazione della materia del contendere, il ricorso per illegittimità costituzionale avviato dal Governo avverso l'articolo abrogato».
Tuttavia, a parte il rilievo
che
4. ¾ Una volta chiarito che lo scrutinio di questa Corte deve avere ad oggetto l'art. 10, comma 1, della legge provinciale n. 12 del 1998, nel merito la questione non è fondata.
Sia
Per quanto riguarda l'art. 10, comma 1, esso, nella parte censurata, testualmente recita: «In prima applicazione della presente legge hanno titolo ad essere immessi nei ruoli del personale docente della religione cattolica, i docenti di religione che abbiano svolto servizio di insegnamento di religione per almeno dodici anni anche non continuativi, previo superamento di un concorso per soli titoli. Hanno titolo, altresì, ad essere immessi nei predetti ruoli i docenti di religione che abbiano svolto servizio di insegnamento di religione per almeno cinque anni o siano in possesso del titolo di studio di 'Magister' o di 'baccalaureat' in teologia e possano dimostrare almeno due anni di insegnamento, previo superamento di un concorso speciale per titoli integrato da un colloquio. A tal fine sono riconosciuti gli anni di servizio prestati con il minimo annuale richiesto dalle norme vigenti al momento della prestazione».
Il Governo assume che nella legislazione statale vigerebbe il principio per il quale al servizio di insegnamento svolto presso scuole non statali non potrebbe riconoscersi il medesimo punteggio attribuito al servizio svolto nelle scuole statali. Il principio che si assume violato non si rinviene né nelle disposizioni indicate nel ricorso né in alcun'altra fonte statale di rango legislativo. Gli artt. 1 e 2 della legge 3 maggio 1999, n. 124, infatti, disciplinano l'accesso ai ruoli e, rispettivamente, pongono le norme transitorie relative alle graduatorie permanenti del personale docente, ma nulla prevedono in ordine al punteggio che può essere attribuito per il servizio prestato nelle scuole non statali. Una simile indicazione è desumibile dal regolamento ministeriale 27 marzo 2000, n. 123, pure indicato dalla difesa erariale, il quale, nella tabella per la valutazione dei titoli per il personale docente delle scuole di ogni ordine e grado ed il personale educativo (allegato A), stabilisce che per l'insegnamento nelle scuole statali vengono riconosciuti 12 punti per ogni anno e 2 punti per ogni mese o frazione di almeno 16 giorni (fino ad un massimo di punti 12), mentre per il servizio prestato in scuole elementari, in scuole o istituti di istruzione secondaria non statale, pareggiati, parificati, legalmente riconosciuti sono attribuiti 6 punti per ogni anno di insegnamento e un punto per ogni mese o frazione superiore a 16 giorni (con un massimo di 6 punti). Seppure la logica di tale atto è nel senso di un riconoscimento differenziato tra servizio prestato presso le scuole statali e quelle non statali, un regolamento ministeriale non è di per sé idoneo a fondare limiti alla potestà legislativa regionale o provinciale, senza dire che dal decreto-legge 3 luglio 2001, n. 255 (Disposizioni urgenti per assicurare l'ordinato avvio dell'anno scolastico 2001/2002), convertito, con modificazioni, nella legge 20 agosto 2001, n. 333, si evince un orientamento favorevole ad attribuire al servizio prestato nelle scuole non statali paritarie la medesima valutazione di quello prestato nelle scuole statali.
4.1. ¾ In relazione alla
medesima disposizione non sussiste il denunciato contrasto con la normativa di
matrice concordataria. A parte la genericità della censura, essendosi
l'Avvocatura limitata a ricordare che la disciplina degli insegnanti di
religione deve rispettare le norme derivanti dal Concordato tra lo Stato e
4.2. ¾ Infine, secondo la difesa dello Stato, la disposizione in esame inciderebbe «negativamente sulla mobilità nazionale del personale insegnante e sul sistema scolastico». Con questa censura, formulata in termini quanto mai generici, si vuol forse alludere al fatto che nella Provincia autonoma di Bolzano sono stati istituiti i ruoli degli insegnanti della religione cattolica, che a livello nazionale non sono ancora esistenti. Ma non è certo l'eliminazione delle norme transitorie che potrebbe ovviare all'ipotizzato inconveniente.
Rimossa la normativa concernente la prima applicazione della legge, resterebbe infatti la disciplina «a regime», a suo tempo non impugnata dal Governo, che regola con norme dettagliate (artt. 3 e seguenti) l'accesso ai ruoli del personale docente di cui si parla.
5. ¾ E' fondata, invece, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 19 della legge provinciale n. 12 del 1998, introdotto dalla legge provinciale n. 19 del 2001.
Tale disposizione consente al personale docente delle scuole secondarie di primo e secondo grado della Provincia autonoma di Bolzano, in servizio nell'anno scolastico 1998-1999 e 1999-2000, privo del prescritto titolo di studio, ma in possesso del diploma di maturità, che, per carenza di personale in possesso del prescritto titolo di studio, abbia svolto presso le predette scuole servizi di supplenza per almeno 18 anni scolastici, anche non continuativi, validi come anni di servizio interi ai sensi della normativa allora vigente, di essere assunto a tempo indeterminato o determinato, previo superamento di apposito esame di idoneità e di abilitazione riservato. Lo stesso art. 19 dispone altresì che per il personale femminile con prole l'anzianità di servizio necessaria per l'ammissione all'esame di idoneità è ridotta di un anno per ogni figlio nato nel corso dei corrispondenti anni scolastici.
Ad avviso del ricorrente,
questa disciplina violerebbe sia il principio di buon andamento e imparzialità
della pubblica amministrazione, sia la normativa statale che subordina l'insegnamento
al possesso del prescritto titolo di studio, alla quale
Contrariamente a quanto
ipotizza
La disposizione impugnata presuppone che il personale in essa indicato abbia svolto attività di insegnamento senza il prescritto titolo di studio, sia pure a causa della carenza di personale idoneo nella Provincia autonoma di Bolzano. E' quindi lo stesso articolo 19, con il participio aggettivato "prescritto”, a rendere immediatamente evidente il vizio dal quale è affetto: una non consentita deroga ai principî che reggono la materia nell'ordinamento statale. Esattamente l'Avvocatura dello Stato rileva che non è derogabile dalla Provincia autonoma di Bolzano «la regola della necessaria stretta attinenza tra i titoli di studio, che danno accesso agli esami di abilitazione, e le discipline oggetto di insegnamento», regola che costituisce un principio dell'ordinamento scolastico, rispondente «all'esigenza di ragione che vuole che la validità dell'insegnamento – e quindi dell'apprendimento di discenti – sia assicurato mediante un'idonea specifica preparazione culturale dei docenti» (sentenza n. 308 del 1989).
Restano assorbiti i restanti profili di illegittimità costituzionale dedotti dal Governo, così come la questione, più specifica, concernente il personale femminile con prole.
6. ¾ Diversa è la posizione dei laureati nella Facoltà di Scienze della formazione, alla quale si riferisce il denunciato art. 20 della legge provinciale n. 12 del 1998, introdotto dall'art. 6, comma 2, della legge n. 19 del 2001. Costoro, infatti, sono in possesso di idoneo titolo di studio che in ambito nazionale li abiliterebbe all'ottenimento di supplenze temporanee. La legge provinciale consente che ad essi siano conferite supplenze non solo temporanee ma anche annuali. E' escluso però che, sulla base dell'iscrizione nelle graduatorie permanenti, gli insegnanti di cui si tratta possano ottenere l'accesso ai ruoli provinciali in difetto di un ulteriore requisito abilitativo che comunque presupponga il superamento di una selezione. L'iscrizione inoltre è consentita per il conferimento di supplenze in due soli anni scolastici e, benché la relazione di accompagnamento al disegno di legge faccia riferimento ai laureati della Facoltà di Scienze della formazione della Libera Università degli studi di Bolzano, tale limitazione non figura nel testo legislativo approvato. Anche i laureati in Facoltà o corsi di laurea di Scienze della formazione presso università che hanno sede in altra parte del territorio nazionale, secondo la norma censurata, hanno titolo per essere inseriti, per quei due anni scolastici, nelle anzidette graduatorie provinciali.
In conclusione, la temporaneità del beneficio accordato ai predetti laureati, il fatto che esso non sia limitato ai laureati della Università di Bolzano e la considerazione che questi non sono privi di un titolo di studio riconosciuto a livello nazionale, sufficiente comunque anche in ambito statale al conferimento di supplenze temporanee e quindi di per sé idoneo allo svolgimento dell'attività di insegnamento, sono elementi che, nel loro insieme, rendono ragione della non fondatezza della questione sollevata dal Governo.
7. ¾ Si deve ora passare all'esame delle censure proposte dalla Regione Veneto e dal Governo nei confronti dell'art. 44 della legge provinciale n. 19 del 2001 e delle relative eccezioni di inammissibilità prospettate dalla Provincia autonoma di Bolzano.
7.1. ¾ Deve preliminarmente dichiararsi inammissibile l'intervento del consorzio dei Comuni della Provincia autonoma di Trento compresi nel bacino imbrifero montano (Bim) dell'Adige. E' orientamento costante nella giurisprudenza di questa Corte, e deve essere qui ribadito, che nei giudizi di legittimità costituzionale in via principale non è ammessa la presenza di soggetti diversi dalla parte ricorrente e dal titolare della potestà legislativa il cui atto è oggetto di contestazione (v. da ultimo, sentenze n. 353 del 2001 ;