SENTENZA N. 141
ANNO 2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco GALLO Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 2, commi 1 e 2, 3 e 8, nonché del titolo della legge della Regione Liguria 3 agosto 2012, n. 26 (Modalità di erogazione dei farmaci e delle preparazioni galeniche a base di cannabinoidi per finalità terapeutiche), e dell’art. 5, comma 2, della legge della Regione Veneto 28 settembre 2012, n. 38 (Disposizioni relative alla erogazione dei medicinali e dei preparati galenici magistrali a base di cannabinoidi per finalità terapeutiche), promossi dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorsi notificati il 5 ottobre e il 4 dicembre 2012, depositati in cancelleria il 10 ottobre e il 14 dicembre 2012 ed iscritti ai nn. 139 e 189 del registro ricorsi 2012.
Visto l’atto di costituzione della Regione Veneto;
udito nell’udienza pubblica del 21 maggio 2013 il Giudice relatore Sabino Cassese;
uditi gli avvocati dello Stato Marina Russo e Gesualdo d’Elia per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Luigi Manzi e Daniela Palumbo per la Regione Veneto.
Ritenuto in fatto
1. – Con ricorso notificato il 5 ottobre 2012 (reg. ric. n. 139 del 2012) e depositato nella cancelleria della Corte il 10 ottobre 2012, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato gli artt. 2, commi 1 e 2, 3 e 8, nonché il titolo della legge della Regione Liguria 3 agosto 2012, n. 26 (Modalità di erogazione dei farmaci e delle preparazioni galeniche a base di cannabinoidi per finalità terapeutiche), per violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione.
1.1. – L’art. 2 della legge della Regione Liguria – rubricato «Titolarità e modalità di prescrizione» – stabilisce, al comma 1, che «i derivati della cannabis, sotto forma di specialità medicinali o di preparati galenici magistrali, possono essere prescritti dal medico specialista delle seguenti discipline: anestesia e rianimazione, oncologia e neurologia» e, al comma 2, che «i farmaci cannabinoidi sono a carico del Servizio Sanitario Regionale e sono prescritti dai medici di medicina generale, previa indicazione terapeutica formulata dai medici specialisti di cui al comma 1. In tale indicazione lo specialista stabilisce la durata del piano terapeutico e la sua ripetibilità».
L’art. 3 della legge regionale impugnata – rubricato «Modalità di somministrazione e acquisto» – dispone: «l’inizio del trattamento può avvenire: a) in ambito ospedaliero e/o in strutture a esso assimilabili, compresi day-hospital e ambulatori; i farmaci di cui all’articolo 2 sono acquistati dalla farmacia ospedaliera e posti a carico del Servizio Sanitario Regionale anche nel caso del prolungamento della cura dopo la dimissione del paziente. Le strutture di ricovero ospedaliero accreditato devono assistere i loro medici nella reperibilità dei suddetti farmaci e, se sprovviste di farmacia, assisterli nell’ottenere i farmaci da una farmacia ospedaliera o territoriale o fornita di laboratorio per preparazioni magistrali, con cui devono intrattenere rapporti di convenzione; b) in ambito domiciliare, in caso di cura realizzata con tali modalità, utilizzando farmaci esteri importati; il farmacista del servizio pubblico consegna direttamente i farmaci importati al medico o al paziente, dietro pagamento del solo prezzo di costo richiesto dal produttore e delle spese accessorie riportate nella fattura estera. Nel caso di preparazioni galeniche magistrali per utilizzo extra-ospedaliero fornite da farmacie private su presentazione di prescrizione del medico specialista di cui all’articolo 2, la spesa per la terapia è a carico del paziente quando è prescritta su ricettario bianco. La spesa resta a carico del Servizio Sanitario Regionale solo qualora il medico che fa la prescrizione sia alle dipendenze del servizio pubblico e utilizzi il ricettario del Servizio Sanitario Regionale per la prescrizione magistrale».
L’art. 8 della medesima legge – rubricato «Risparmi a medio termine» – prevede che «ai fini della fornitura al Servizio Sanitario Regionale, la Giunta regionale attiva una convenzione con lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze per la produzione e lavorazione di Cannabis medicinale coltivata in Italia o con altro soggetto dotato delle medesime autorizzazioni alla produzione di principi attivi stupefacenti a fini medici».
1.2. – Il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato cinque questioni, riguardanti diverse disposizioni della legge della Regione Liguria n. 26 del 2012, tutte ritenute in contrasto con i principi fondamentali della normativa statale in materia di tutela della salute, con conseguente violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.
1.2.1. – In primo luogo, il titolo della legge della Regione Liguria n. 26 del 2012, nonché gli artt. 2, comma 1, e 3, comma 1, lettera b), violerebbero l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto farebbero «generico riferimento alle “preparazioni galeniche”» e ometterebbero «di chiarire se, con tali parole, si intenda riferirsi alle “formule magistrali”», ponendosi così in contrasto con il principio desumibile dall’art. 3, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, recante «Attuazione della direttiva 2001/83/CE (e successive direttive di modifica) relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonché della direttiva 2003/94/CE», che distingue tra «formule magistrali» e «formule officinali» e prevede, per queste due tipologie di formule galeniche, un regime differenziato. Ne deriverebbe «il rischio che determinate sostanze (quali i derivati della cannabis), per le quali il legislatore ha previsto l’applicazione di uno specifico regime (quello, appunto, delle «formule magistrali») si sottraggano allo stesso».
1.2.2. – In secondo luogo, l’art. 2, commi 1 e 2, della legge regionale impugnata violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., perché detterebbe misure in materia di qualificazione e classificazione dei farmaci, nonché di «regolamentazione del relativo regime di dispensazione – compres[i] l’individuazione degli specialisti abilitati a prescriverli [e] i relativi impieghi terapeutici», ponendosi in contrasto «con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di tutela della salute disposti, in particolare, dalle norme di cui ai titoli III, IV e VI del d.lg. n. 219 del 2006».
1.2.3. – In terzo luogo, l’art. 3, comma 1, lettera a), della legge della Regione Liguria n. 26 del 2012 violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., per contrasto con i principi fondamentali della normativa statale in materia di tutela della salute, perché, nello stabilire «che le strutture di ricovero ospedaliero accreditato debbano intrattenere rapporti di convenzione con le farmacie ospedaliere o territoriali o fornite di laboratorio per preparazioni magistrali», detterebbe una disciplina difforme da quella contenuta nelle «Norme di buona preparazione dei medicinali in farmacia, di cui alla Farmacopea Ufficiale XII», che – adottata con decreto del Ministro della salute del 3 dicembre 2008 – «non prevede tali tipi di convenzioni».
1.2.4. – In quarto luogo, l’art. 3, comma 1, lettera b), della legge regionale impugnata – nel disporre che «nel caso di preparazioni galeniche magistrali per utilizzo extra-ospedaliero fornite da farmacie private su presentazione di prescrizione del medico specialista di cui all’articolo 2, la spesa per la terapia è a carico del paziente quando è prescritta su ricettario bianco», e che «la spesa resta a carico del Servizio Sanitario Regionale solo qualora il medico che fa la prescrizione sia alle dipendenze del servizio pubblico e utilizzi il ricettario del servizio sanitario regionale per la prescrizione magistrale» – violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., per contrasto con i principi fondamentali della normativa statale in materia di tutela della salute desumibili dall’art. 89 del d.lg. n. 219 del 2006, «secondo cui la prescrizione medica deve essere effettuata con ricetta da rinnovare volta per volta», nonché dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 17 maggio 2008, che, «nel disciplinare il modello di ricettario a carico del sistema sanitario nazionale, non contempla il rimborso delle preparazioni magistrali estemporanee a livello nazionale, ma – eventualmente – solo il rimborso di prodotti galenici o integrativi inclusi nel Prontuario regionale […], previsione non applicabile alla fattispecie in esame, che […] concerne le formule magistrali».
1.2.5. – In quinto luogo, l’art. 8 della legge regionale n. 26 del 2012 – nel prevedere l’attivazione di una convenzione della Giunta regionale con lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze o «con altro soggetto dotato delle medesime autorizzazioni alla produzione di principi attivi stupefacenti a fini medici» per la produzione e lavorazione di cannabis medicinale coltivata in Italia – violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., per contrasto con i principi fondamentali della normativa statale in materia di tutela della salute, in quanto lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze non sarebbe in possesso delle autorizzazioni prescritte dalla legge per la produzione di principi attivi e per la fabbricazione di stupefacenti.
1.3. – La Regione Liguria non si è costituita in giudizio.
2. – Con ricorso notificato il 4 dicembre 2012 (reg. ric. n. 189 del 2012) e depositato nella cancelleria di questa Corte il 14 dicembre 2012, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l’art. 5, comma 2, della legge della Regione Veneto 28 settembre 2012, n. 38 (Disposizioni relative alla erogazione dei medicinali e dei preparati galenici magistrali a base di cannabinoidi per finalità terapeutiche), per violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione.
2.1. – L’art. 5 della predetta legge regionale, rubricato «Convenzioni e attività sperimentali», stabilisce, al comma 1, che «la Giunta regionale può stipulare convenzioni con i centri e gli istituti autorizzati ai sensi della normativa statale alla produzione o alla preparazione dei medicinali cannabinoidi» e, al comma 2, che «la Giunta regionale, ai fini della presente legge e anche per ridurre il costo dei medicinali cannabinoidi importati dall’estero, è autorizzata ad avviare azioni sperimentali o specifici progetti pilota con il Centro per la ricerca per le colture industriali di Rovigo, con lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze o con altri soggetti autorizzati, secondo la normativa vigente, a produrre medicinali cannabinoidi».
2.2. – Ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, la disposizione censurata violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., per contrasto con i principi fondamentali della normativa statale in materia di tutela della salute e, in particolare, con il combinato disposto degli artt. 50 e 54, comma 2, del d.lgs. n. 219 del 2006, che richiede, per la produzione di sostanze attive utilizzate come materie prime per la produzione di medicinali, l’acquisizione di un’autorizzazione dell’Agenzia italiana del farmaco, nonché con l’art. 17 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), che, a sua volta, prescrive l’autorizzazione dell’Ufficio centrale stupefacenti del Ministero della salute per la produzione, la fabbricazione e l’impiego di sostanze stupefacenti. La disposizione censurata si porrebbe in contrasto con tali norme, in quanto autorizzerebbe la Giunta regionale a stipulare convenzioni con soggetti – il Centro per la ricerca per le colture industriali di Rovigo e lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze – attualmente privi delle autorizzazioni prescritte dalla normativa statale e, in tal modo, introdurrebbe «una sostanziale autorizzazione ex lege, che eccede dalle competenze regionali in materia».
2.3. – Con atto depositato nella cancelleria il 14 gennaio 2013, si è costituita in giudizio la Regione Veneto, chiedendo che la Corte dichiari la questione inammissibile o non fondata.
2.3.1. – In via preliminare, la difesa regionale afferma che il ricorso sarebbe inammissibile «per evidente incongruenza giuridica, poiché la formulazione della norma impugnata è attualmente del tutto inidonea a generare un vulnus alle prerogative costituzionalmente garantite allo Stato». La disposizione contenuta nell’art. 5, comma 2, della legge della Regione Veneto n. 38 del 2012 sarebbe strettamente collegata alla previsione dettata dal comma 1 dello stesso articolo – secondo cui «la Giunta regionale può stipulare convenzioni con i centri e gli istituti autorizzati ai sensi della normativa statale alla produzione o alla preparazione dei medicinali cannabinoidi» – cosicché «la facoltà consentita dal comma 1 di stipulare convenzioni con gli istituti autorizzati ai sensi della normativa vigente rimane una mera facoltà anche in riferimento al comma 2, relativamente alle sperimentazioni e ai progetti pilota». Di conseguenza, il «taglio ipotetico» della disposizione impugnata ne escluderebbe «radicalmente il carattere di immediata lesività».
2.3.2. – Nel merito, la Regione Veneto sostiene che la censura non è fondata, in quanto basata su un erroneo presupposto interpretativo, frutto di una incompleta ricostruzione del quadro normativo di riferimento.
Il richiamo testuale al rispetto della normativa statale – contenuto tanto nell’art. 1, comma 1, quanto nell’art. 5, commi 1 e 2, della legge della Regione Veneto n. 38 del 2012 – rappresenterebbe «il dato inconfutabile della volontà regionale di riconoscere la potestà dello Stato in subjecta materia e di volere conformare la propria legislazione a quella statale», mentre «ciò che correttamente rimane espressione dell’autonomia regionale […] è la facoltà di attivare il progetto o avviare le sperimentazioni con i soggetti individuati», fermo restando che tali soggetti «dovranno ovviamente essere in possesso delle necessarie autorizzazioni». Pertanto, secondo la difesa regionale, il ricorrente, «laddove eccepisce una presunta carenza di autorizzazioni, adombra una lesione meramente eventuale di prerogative costituzionalmente tutelate», che potrebbe emergere soltanto «in relazione alla strutturazione del rapporto convenzionale di cui si tratta e, si ritiene, successivamente alla stipula degli atti», allorché sarebbe comunque possibile ricorrere alle autorità giudiziarie competenti.
Considerato in diritto
1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, con due ricorsi, notificati il 5 ottobre e il 4 dicembre 2012, depositati in cancelleria il 10 ottobre e il 14 dicembre 2012 ed iscritti ai nn. 139 e 189 del registro ricorsi 2012, ha proposto questioni di legittimità costituzionale, rispettivamente, degli artt. 2, commi 1 e 2, 3 e 8, nonché del titolo della legge della Regione Liguria 3 agosto 2012, n. 26 (Modalità di erogazione dei farmaci e delle preparazioni galeniche a base di cannabinoidi per finalità terapeutiche), e dell’art. 5, comma 2, della legge della Regione Veneto 28 settembre 2012, n. 38 (Disposizioni relative alla erogazione dei medicinali e dei preparati galenici magistrali a base di cannabinoidi per finalità terapeutiche). Tali disposizioni, riguardanti la disciplina delle modalità di erogazione dei farmaci e delle preparazioni galeniche a base di cannabinoidi per finalità terapeutiche, sono tutte censurate per violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione, in quanto ritenute in contrasto con principi fondamentali della normativa statale in materia di tutela della salute.
2. – Le questioni proposte sono riferite a leggi regionali riguardanti lo stesso oggetto e parzialmente coincidenti nel contenuto. Quindi, «in ragione dell’omogeneità della materia, i ricorsi devono essere riuniti per essere decisi con un’unica sentenza» (sentenza n. 213 del 2011).
3. – In via preliminare, va dichiarata la manifesta inammissibilità della censura con la quale la difesa dello Stato impugna l’art. 3, comma 1, lettera a), della legge della Regione Liguria n. 26 del 2012. Tale disposizione, nello stabilire che «le strutture di ricovero ospedaliero accreditato debbano intrattenere rapporti di convenzione con le farmacie ospedaliere o territoriali o fornite di laboratorio per preparazioni magistrali», violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., per contrasto «con le “Norme di buona preparazione dei medicinali in farmacia”, di cui alla Farmacopea Ufficiale XII», adottata con decreto del Ministro della salute del 3 dicembre 2008, che «non prevede tali tipi di convenzioni».
La censura è manifestamente inammissibile per la genericità delle doglianze e la carente individuazione del parametro interposto. A prescindere dalla natura giuridica della Farmacopea, il ricorrente non indica quale principio fondamentale della legislazione statale in materia di tutela della salute sarebbe leso dalla previsione di convenzioni tra le strutture di ricovero ospedaliero accreditato e le farmacie, contenuta nella norma regionale censurata. Né, dato il tenore complessivo della censura, è possibile ovviare a tale carenza in via interpretativa, non essendo agevole individuare un principio della legislazione statale che esplicitamente precluda alle predette strutture l’esercizio della facoltà prevista dalla disposizione impugnata (ex plurimis, sentenze n. 46, n. 26 e n. 8 del 2013).
4. – Nel merito delle altre censure, il Presidente del Consiglio dei ministri sostiene, in primo luogo, che il titolo della legge della Regione Liguria n. 26 del 2012, nonché gli artt. 2, comma 1, e 3, comma 1, lettera b), violino l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto farebbero «generico riferimento alle “preparazioni galeniche”» e ometterebbero «di chiarire se, con tali parole, si intenda riferirsi alle “formule magistrali”». Ne deriverebbe la lesione del principio desumibile dall’art. 3, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, recante «Attuazione della direttiva 2001/83/CE (e successive direttive di modifica) relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonché della direttiva 2003/94/CE», che distingue tra «formule magistrali» e «formule officinali» e prevede, per queste due tipologie di formule galeniche, un regime differenziato, con conseguente «rischio che determinate sostanze (quali i derivati della cannabis), per le quali il legislatore ha previsto l’applicazione di uno specifico regime (quello, appunto, delle «formule magistrali») si sottraggano allo stesso».
La censura non è fondata.
È vero che il titolo della legge della Regione Liguria n. 26 del 2012 fa generico riferimento a «preparazioni galeniche» a base di cannabinoidi. Tuttavia, la disciplina complessiva contenuta in tale legge, per la parte riguardante le formule galeniche (e, in particolare, le modalità di prescrizione, somministrazione e acquisto, previste dagli artt. 2 e 3), è inequivocabilmente riferita alle «formule magistrali» di cui all’art. 3, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 219 del 2006. Le disposizioni impugnate fanno esplicito riferimento, rispettivamente, ai «preparati galenici magistrali» (art. 2, comma 1) e alle «preparazioni galeniche magistrali» (art. 3, comma 1, lettera b), mentre mancano nella legge richiami alle preparazioni «officinali». Sia l’interpretazione sistematica, sia quella letterale conducono, dunque, a ritenere insussistente, sotto il profilo indicato, la dedotta violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.
5. – Secondo la difesa dello Stato, l’art. 2, commi 1 e 2, della medesima legge della Regione Liguria n. 26 del 2012 – nello stabilire che «i derivati della cannabis, sotto forma di specialità medicinali o di preparati galenici magistrali, possono essere prescritti dal medico specialista delle seguenti discipline: anestesia e rianimazione, oncologia e neurologia» (comma 1) e che «i farmaci cannabinoidi sono a carico del Servizio Sanitario Regionale e sono prescritti dai medici di medicina generale, previa indicazione terapeutica formulata dai medici specialisti di cui al comma 1. In tale indicazione lo specialista stabilisce la durata del piano terapeutico e la sua ripetibilità» (comma 2) – violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost. Tali previsioni invaderebbero la competenza statale in materia di «qualificazione e […] classificazione dei farmaci», nonché di «regolamentazione del relativo regime di dispensazione – compres[i] l’individuazione degli specialisti abilitati a prescriverli [e] i relativi impieghi terapeutici», così ponendosi in contrasto «con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di tutela della salute disposti, in particolare, dalle norme di cui ai titoli III, IV e VI del d.lg. n. 219 del 2006».
5.1. – La censura è fondata.
5.1.1. – Il legislatore statale, nell’esercizio della sua competenza concorrente in materia di tutela della salute, è più volte intervenuto per individuare i principi fondamentali volti a regolare le modalità di immissione in commercio e di somministrazione dei farmaci.
L’art. 3, comma 1, del decreto-legge 17 febbraio 1998, n. 23 (Disposizioni urgenti in materia di sperimentazioni cliniche in campo oncologico e altre misure in materia sanitaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 1998, n. 94, stabilisce che «il medico, nel prescrivere una specialità medicinale o altro medicinale prodotto industrialmente, si attiene alle indicazioni terapeutiche, alle vie e alle modalità di somministrazione previste dall’autorizzazione all’immissione in commercio», ora rilasciata dall’Agenzia italiana del farmaco (AIFA).
Inoltre, l’art. 6 del decreto legislativo n. 219 del 2006, prevede, al comma 1, che nessun medicinale può essere immesso in commercio sul territorio nazionale senza aver ottenuto la prescritta autorizzazione comunitaria o dell’Agenzia italiana del farmaco, e specifica, al comma 2, che, quando per un medicinale è stata rilasciata la suddetta autorizzazione, «ogni ulteriore dosaggio, forma farmaceutica, via di somministrazione e presentazione, nonché le variazioni ed estensioni sono ugualmente soggetti ad autorizzazione ai sensi dello stesso comma 1».
L’art. 87 del decreto legislativo n. 219 del 2006, poi, precisa che la classificazione del medicinale in una specifica categoria avviene «[a]ll’atto del rilascio» dell’autorizzazione «o successivamente, previa nuova valutazione dell’AIFA». Per quanto riguarda, in particolare, i medicinali vendibili al pubblico su prescrizione di specialisti o di centri ospedalieri, l’art. 93 chiarisce che rientrano in tale categoria «i medicinali che, sebbene utilizzabili anche in trattamenti domiciliari, richiedono che la diagnosi sia effettuata in ambienti ospedalieri o in centri che dispongono di mezzi di diagnosi adeguati, o che la diagnosi stessa e, eventualmente, il controllo in corso di trattamento sono riservati allo specialista» (comma 1) e precisa che «i medicinali di cui al comma 1 devono recare sull’imballaggio esterno o, in mancanza di questo, sul confezionamento primario, dopo le frasi: “da vendersi dietro presentazione di ricetta medica”, o “da vendersi dietro presentazione di ricetta medica utilizzabile una sola volta”, la specificazione del tipo di struttura o di specialista autorizzato alla prescrizione» (comma 2).
5.1.2. – Dalle disposizioni richiamate si ricava il principio secondo cui la classificazione dei farmaci e la regolamentazione del relativo regime di dispensazione sono definite dalle leggi statali per garantire l’uniformità sul territorio nazionale delle modalità di prescrizione e impiego dei farmaci medesimi (sentenza n. 8 del 2011). Le disposizioni statali, a loro volta, rinviano, per l’applicazione del principio, alle indicazioni di dettaglio contenute nell’atto con il quale l’AIFA autorizza l’immissione in commercio del farmaco o principio attivo.
Ne consegue che l’art. 2, commi 1 e 2, della legge della Regione Liguria n. 26 del 2012 viola l’art. 117, terzo comma, Cost., perché, indicando i medici specialisti abilitati a prescrivere i farmaci cannabinoidi e definendo le relative indicazioni terapeutiche, interferisce con la competenza dello Stato a individuare, con norme di principio tese a garantire l’uniformità delle modalità di prescrizione dei medicinali nel territorio nazionale, gli specialisti abilitati alla prescrizione del farmaco o principio attivo, nonché i relativi impieghi terapeutici. L’interferenza determina, in concreto, un contrasto tra l’impugnato art. 2, commi 1 e 2, e le indicazioni contenute nell’atto – la determinazione n. 387 del 9 aprile 2013, successiva alla proposizione del ricorso – con il quale l’AIFA ha autorizzato l’immissione in commercio dell’unico medicinale cannabinoide presente nel mercato italiano.
Mentre, infatti, in base all’art. 2 della legge regionale, i sanitari abilitati alla prescrizione sono i medici specialisti delle discipline «anestesia e rianimazione, oncologia e neurologia» e gli stessi medici sono abilitati a stabilire «la durata del piano terapeutico e la sua ripetibilità», la richiamata determinazione dell’AIFA, invece, classifica il medicinale, ai fini della fornitura, come «medicinale soggetto a prescrizione medica limitativa, da rinnovare volta per volta, vendibile al pubblico su prescrizione di centri ospedalieri o di specialisti - neurologo», e ne definisce le indicazioni terapeutiche, stabilendo che il medicinale medesimo «è indicato come trattamento per alleviare i sintomi in pazienti adulti affetti da spasticità da moderata a grave dovuta alla sclerosi multipla (SM) che non hanno manifestato una risposta adeguata ad altri medicinali antispastici e che hanno mostrato un miglioramento clinicamente significativo dei sintomi associati alla spasticità nel corso di un periodo di prova iniziale della terapia».
5.2. – In considerazione della inscindibile connessione con le disposizioni contenute nell’art. 2, commi 1 e 2, della legge della Regione Liguria n. 26 del 2012, va dichiarata, altresì, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l’illegittimità in via consequenziale di due disposizioni della medesima legge regionale: l’art. 2, comma 3, secondo cui «hanno possibilità di prescrizione anche i medici specialisti operanti nei Centri di cure palliative pubblici e convenzionati», e l’art. 3, comma 1, lettera b), secondo periodo, limitatamente alle parole «su presentazione di prescrizione del medico specialista di cui all’articolo 2».
6. – Ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, l’art. 3, comma 1, lettera b), della legge della Regione Liguria n. 26 del 2012 violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., per contrasto con i principi fondamentali della normativa statale in materia di tutela della salute desumibili dall’art. 89 del decreto legislativo n. 219 del 2006, «secondo cui la prescrizione medica deve essere effettuata con ricetta da rinnovare volta per volta», nonché dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 17 maggio 2008, che, «nel disciplinare il modello di ricettario a carico del sistema sanitario nazionale, non contempla il rimborso delle preparazioni magistrali estemporanee a livello nazionale, ma – eventualmente – solo il rimborso di prodotti galenici o integrativi inclusi nel Prontuario regionale […], previsione non applicabile alla fattispecie in esame, che […] concerne le formule magistrali».
La censura non è fondata.
Innanzitutto, la disposizione regionale impugnata non lede il principio, ricavabile dall’art. 89 del decreto legislativo n. 219 del 2006, secondo cui «la prescrizione medica deve essere effettuata con ricetta da rinnovare volta per volta». L’art. 3, comma 1, lettera b), della legge regionale – stabilendo che «nel caso di preparazioni galeniche magistrali per utilizzo extra-ospedaliero […], la spesa per la terapia è a carico del paziente quando è prescritta su ricettario bianco», mentre «la spesa resta a carico del Servizio Sanitario Regionale solo qualora il medico che fa la prescrizione sia alle dipendenze del servizio pubblico e utilizzi il ricettario del Servizio Sanitario Regionale per la prescrizione magistrale» – si limita a prospettare l’alternativa tra prescrizione mediante ricettario del Servizio Sanitario Regionale e prescrizione mediante ricettario bianco al solo fine dell’attribuzione dell’onere per la prestazione sanitaria. La disposizione, dunque, non riguarda la ripetibilità della prescrizione medica. Resta fermo, infatti, quanto stabilito dall’art. 89 del decreto legislativo n. 219 del 2006, relativo a «medicinali soggetti a prescrizione da rinnovare volta per volta»: in base al comma 5 di tale disposizione, affinché la prescrizione sia non ripetibile, è sufficiente che dalla ricetta risulti, «stampata o apposta con timbro, la chiara indicazione del medico prescrivente e della struttura da cui lo stesso dipende» e che la ricetta stessa non sia priva «della data, della firma del medico e dei dati relativi alla esenzione» (art. 89, comma 5).
Neppure sussiste l’asserito contrasto con i principi desumibili dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 17 maggio 2008 (Revisione del decreto ministeriale 18 maggio 2004, attuativo del comma 2 dell’articolo 50 della legge n. 326 del 2003 – Progetto tessera sanitaria, concernente il modello di ricettario medico a carico del Servizio sanitario nazionale). Le previsioni ivi contenute non riguardano le modalità di prescrizione dei medicinali, bensì le caratteristiche del «modello di ricettario medico a carico del Servizio sanitario nazionale» (come chiarisce il titolo del provvedimento) e le modalità di compilazione dello stesso. In ragione del diverso oggetto, da tale disciplina non si ricava alcun motivo di contrasto con la norma impugnata, anche perché si tratta di disposizioni di dettaglio non qualificabili come norme di principio nel senso di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.
7. – Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 5, comma 2, della legge della Regione Veneto n. 38 del 2012 per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto imporrebbe alla Giunta regionale di stipulare convenzioni con soggetti – il Centro per la ricerca per le colture industriali di Rovigo e lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze – attualmente privi delle autorizzazioni prescritte dalla normativa statale e, in tal modo, attuerebbe «una sostanziale autorizzazione ex lege, che eccede dalle competenze regionali in materia», così ponendosi in contrasto con i principi fondamentali desumibili dalle norme statali che disciplinano il regime autorizzatorio per la produzione di principi attivi stupefacenti a fini medici (artt. 50 e 54, comma 2, del decreto legislativo n. 219 del 2006 e art. 17 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, recante «Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza»).
La censura non è fondata.
Nel disporre che la Giunta regionale «è autorizzata ad avviare azioni sperimentali o specifici progetti pilota con il Centro per la ricerca per le colture industriali di Rovigo, con lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze o con altri soggetti autorizzati, secondo la normativa vigente, a produrre medicinali cannabinoidi», l’impugnato art. 5, comma 2, non obbliga la Giunta regionale ad avviare azioni sperimentali o specifici progetti pilota per la produzione di medicinali cannabinoidi, ma riconosce in capo alla stessa una mera facoltà. Tali azioni e progetti, inoltre, non si fondano su una autorizzazione ex lege, poiché è la stessa disposizione a stabilire che la Regione possa realizzarli con i predetti istituti di Rovigo e Firenze o con altri comunque autorizzati «secondo la normativa vigente», lasciando, così, impregiudicata, perché estranea alla competenza regionale, la questione relativa al procedimento di autorizzazione alla produzione di principi attivi stupefacenti a fini medici.
La non lesività della normativa regionale censurata è confermata dal comma 1 dello stesso art. 5, che, per un verso, stabilisce in termini generali che la stipulazione di convenzioni per la produzione o preparazione dei medicinali cannabinoidi è una mera facoltà («la Giunta regionale può stipulare convenzioni») e, per l’altro, precisa che tale facoltà va esercitata nel rispetto del regime autorizzatorio statale, ossia stipulando convenzioni con centri e istituti «autorizzati ai sensi della normativa statale alla produzione o alla preparazione dei medicinali cannabinoidi».
8. – Analoga censura è stata sollevata dalla difesa dello Stato nei confronti dell’art. 8 della legge della Regione Liguria n. 26 del 2012. Tale disposizione, prevedendo l’attivazione di una convenzione della Giunta regionale con lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze o «con altro soggetto dotato delle medesime autorizzazioni alla produzione di principi attivi stupefacenti a fini medici» per la produzione e lavorazione di Cannabis medicinale coltivata in Italia, violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost. Ne deriverebbe il contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale che disciplinano il procedimento di autorizzazione alla produzione di principi attivi stupefacenti a fini medici, in quanto la norma impugnata sembrerebbe surrettiziamente introdurre una autorizzazione ex lege.
La censura è fondata.
In primo luogo, la previsione secondo cui «la Giunta regionale attiva una convenzione» non subordina la stipula della convenzione all’acquisizione delle necessarie autorizzazioni prescritte dalla legislazione statale.
In secondo luogo, l’art. 8 impugnato consente l’attivazione di una convenzione con lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze o «con altro soggetto dotato delle medesime autorizzazioni alla produzione di principi attivi stupefacenti a fini medici». Poiché il predetto istituto di Firenze non risulta avere acquisito le autorizzazioni che, in base alla legislazione statale, sono necessarie alla produzione di principi attivi stupefacenti a fini medici – essendo l’istituto attualmente autorizzato, come rileva la difesa dello Stato, soltanto alla «produzione di alcune forme farmaceutiche e non di principi attivi» – il riferimento alle «medesime» autorizzazioni, letteralmente inteso, induce ad ammettere che la Regione possa stipulare convenzioni per la produzione di principi attivi stupefacenti a fini medici con istituti sprovvisti della specifica autorizzazione dell’Agenzia italiana del farmaco, prevista dal combinato disposto degli artt. 50 e 54, comma 2, del decreto legislativo n. 219 del 2006.
La disposizione regionale si pone, così, in contrasto con la disciplina autorizzatoria statale, che rientra tra i principi fondamentali in materia di tutela della salute, essendo posta a garanzia di un diritto fondamentale della persona (sentenza n. 253 del 2009). Va, conseguentemente, dichiarata la illegittimità costituzionale dell’art. 8 della legge della Regione Liguria n. 26 del 2012 per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 2, commi 1 e 2, e 8 della legge della Regione Liguria 3 agosto 2012, n. 26 (Modalità di erogazione dei farmaci e delle preparazioni galeniche a base di cannabinoidi per finalità terapeutiche);
2) dichiara, in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l’illegittimità costituzionale degli artt. 2, comma 3, e 3, comma 1, lettera b), secondo periodo, limitatamente alle parole «su presentazione di prescrizione del medico specialista di cui all’articolo 2», della legge della Regione Liguria n. 26 del 2012;
3) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, lettera a), della legge della Regione Liguria n. 26 del 2012, promossa, in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso n. 139 del 2012, indicato in epigrafe;
4) dichiara non fondate le altre questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, lettera b), e del titolo della legge della Regione Liguria n. 26 del 2012, promosse, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso n. 139 del 2012, indicato in epigrafe;
5) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 2, della legge della Regione Veneto 28 settembre 2012, n. 38 (Disposizioni relative alla erogazione dei medicinali e dei preparati galenici magistrali a base di cannabinoidi per finalità terapeutiche), promossa, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso n. 189 del 2012, indicato in epigrafe.
Così deciso, in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 giugno 2013.
F.to:
Franco GALLO, Presidente
Sabino CASSESE, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 20 giugno 2013.