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SENTENZA N. 312
ANNO 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Ugo DE SIERVO Presidente
- Paolo MADDALENA Giudice
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 9, commi 2 e 3, e 10, comma 2, della legge della Regione Campania 28 dicembre 2009, n. 19 (Misure urgenti per il rilancio economico, per la riqualificazione del patrimonio esistente, per la prevenzione del rischio sismico e per la semplificazione amministrativa), modificativo dell’articolo 4, commi 2 e 3, della legge della Regione Campania 7 gennaio 1983, n. 9 (Norme per l’esercizio delle funzioni regionali in materia di difesa del territorio dal rischio sismico), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 9 - 13 febbraio 2010, depositato in cancelleria il 16 febbraio 2010 ed iscritto al n. 21 del registro ricorsi 2010.
Visto l’atto di costituzione della Regione Campania nonché l’atto di intervento, fuori termine, della Confederazione Italiana della Proprietà Edilizia, Confedilizia;
udito nell’udienza pubblica del 19 ottobre 2010 il Giudice relatore Paolo Grossi;
uditi l’avvocato dello Stato Stefano Varone per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Beniamino Caravita di Toritto e Rosanna Panariello per la Regione Campania.
Ritenuto in fatto
1. – Con ricorso notificato il 9 febbraio 2010 e depositato il successivo 16 febbraio, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l’articolo 9, commi 2 e 3, della legge della Regione Campania 28 dicembre 2009, n. 19 (Misure urgenti per il rilancio economico, per la riqualificazione del patrimonio esistente, per la prevenzione del rischio sismico e per la semplificazione amministrativa), pubblicata sul B.U.R. del 29 dicembre 2009, n. 80, che prevede che «Ogni fabbricato oggetto di incremento volumetrico o mutamento d’uso di cui alla presente legge deve dotarsi, ai fini dell’efficacia del relativo titolo abilitativo, di un fascicolo del fabbricato che comprende gli esiti della valutazione di cui al comma 1 e il certificato di collaudo, ove previsto. Nel fascicolo sono altresì raccolte e aggiornate le informazioni di tipo progettuale, strutturale, impiantistico, geologico riguardanti la sicurezza dell’intero fabbricato» (comma 2); e dispone che «Con successivo regolamento sono stabiliti i contenuti del fascicolo del fabbricato nonché le modalità per la redazione, la custodia e l’aggiornamento del medesimo. Fino alla data di entrata in vigore del regolamento, il fascicolo si compone della valutazione [di sicurezza] di cui al comma 1 e del certificato di collaudo, ove previsto» (comma 3).
Sulla premessa di una contraddizione rispetto alle espresse finalità della legge, diretta all’incentivazione dell’edilizia privata, il ricorrente sostiene che la istituzione del fascicolo del fabbricato – nell’accollare ai privati una serie di accertamenti, nonché l’acquisizione e la conservazione di informazioni e documenti (compiti, questi ultimi, attribuiti alla pubblica amministrazione nell’esercizio della propria funzione di vigilanza) – si pone in contrasto: a) con l’articolo 3 della Costituzione, per violazione del profilo del canone di ragionevolezza, e con l’articolo 97 Cost., per lesione del principio di efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione (come già affermato dalla sentenza n. 315 del 2003, «pronunciata con riferimento ad analoghe previsioni contenute nella legge della Regione Campania 22 ottobre 2002, n. 27»); b) con gli articoli 23, 41 e 42 Cost., trattandosi di «prestazioni imposte» che, «incidendo sulla libertà di iniziativa economica e sul diritto di proprietà», «non possono che trovare la loro fonte nella disciplina statale»; c) con l’articolo 117, secondo comma, lettera l), Cost. per violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile (come ribadito da questa Corte nella sentenza n. 369 del 2008); d) in subordine, con l’articolo 117, terzo comma, Cost., giacché, nella materia concorrente governo del territorio, «l’istituzione di un fascicolo di fabbricato costituisce indubbiamente espressione di un principio fondamentale», tanto più che «un obbligo siffatto non è, in alcun modo, desumibile dalla normativa vigente, cui le regioni possano far riferimento per le proprie leggi in materia».
1.2. – Nello stesso ricorso, il Presidente del Consiglio dei ministri impugna, altresì, per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., l’articolo 10, comma 2, della medesima legge regionale n. 19 del 2009, che sostituisce l’articolo 4 della legge della Regione Campania 7 gennaio 1983, n. 9 (Norme per l’esercizio delle funzioni regionali in materia di difesa del territorio dal rischio sismico), i cui novellati commi 2 e 3 prevedono, ora, che in tutte le zone sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità, l’inizio dei lavori edilizi sia subordinato al rilascio dell’autorizzazione sismica (comma 2) e che nelle zone classificate a bassa sismicità, i lavori possano iniziare dopo che il competente Settore provinciale del Genio Civile, all’esito del procedimento di verifica, abbia attestato l’avvenuto e corretto “deposito sismico”, disponendo altresì che siano effettuati controlli sulla progettazione con metodi a campione, finalizzati a verificare la correttezza delle impostazioni progettuali in relazione alle norme tecniche vigenti (comma 3).
Tali disposizioni, secondo il ricorrente, si pongono in contrasto con i principi fondamentali in materia di governo del territorio e protezione civile, desumibili dal combinato disposto dell’articolo 94 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. Testo A), e degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi). Infatti, poiché il deposito del progetto deve considerarsi denuncia di inizio attività, la previsione regionale concreta una violazione delle norme del testo unico in materia edilizia, che prescrive l’autorizzazione regionale esplicita per gli interventi edilizi in zone classificate sismiche. Ed a sostegno della impossibilità della introduzione di modalità di «controllo successivo o semplificato» ove siano coinvolti interessi primari della collettività, la difesa erariale richiama le argomentazioni svolte nella sentenza n. 182 del 2006 da questa Corte, secondo cui «l’intento unificatore della legislazione statale è palesemente orientato ad esigere una vigilanza assidua sulle costruzioni riguardo ai rischio sismico, attesa la rilevanza del bene protetto, che trascende anche l’ambito della disciplina del territorio, per attingere a valori di tutela dell’incolumità pubblica che fanno capo alla materia della protezione civile, in cui, ugualmente, compete allo Stato la determinazione dei principi fondamentali».
2. – Si è costituita la Regione Campania, chiedendo il rigetto del ricorso perché inammissibile ed infondato, in ragione dei motivi articolati poi nella memoria difensiva di udienza, nella quale la Regione ha eccepito, innanzitutto, l’assoluta genericità dell’intero ricorso, con riferimento quindi sia alla questione relativa alla normativa sul libretto del fabbricato (come, peraltro, la Corte – adita con altro ricorso del Governo proposto con identiche argomentazioni – ha già ritenuto con ordinanza n. 200 del 2010, alle cui motivazioni la difesa si riporta), sia a quella riguardante le norme sui lavori in zone sismiche.
Nel merito, la Regione deduce la manifesta infondatezza di entrambe le questioni con riferimento a tutti gli evocati profili di illegittimità costituzionale. Infatti, la difesa sottolinea come, da un lato, la disciplina del fascicolo del fabbricato posta in essere dai censurati commi 2 e 3 dell’art. 9 abbia contenuto precettivo affatto diverso rispetto a quello delle norme dichiarate incostituzionali con la richiamata sent. n. 315 del 2003; e come, dall’altro lato, la normativa concernente le condizioni per l’inizio dei lavori nelle zone sismiche sia perfettamente in linea con i principi posti dall’art. 94 del d.P.R. n. 380 del 2001 (individuati nella sent. n. 182 del 2006, citata dalla Regione). In particolare, per la Regione, il provvedimento di deposito non è assimilabile alla denuncia di inizio di attività (non configurando alcuna ipotesi di silenzio assenso), trattandosi di un provvedimento amministrativo che consegue ad una specifica e puntuale istruttoria sulla completezza dei documenti progettuali depositati, in assenza del quale non è possibile dare inizio ai lavori strutturali.
Alla memoria illustrativa è allegata copia autentica della delibera della Giunta della Regione Campania n. 651 del 13 settembre 2010, che ha ratificato la costituzione in giudizio dinanzi alla Corte costituzionale del Presidente della Giunta, avvenuta senza previa autorizzazione.
Considerato in diritto
1. – Nel presente giudizio in via principale il Presidente del Consiglio dei ministri propone due diverse questioni di legittimità costituzionale concernenti altrettante disposizioni della legge della Regione Campania 28 dicembre 2009, n. 19 (Misure urgenti per il rilancio economico, per la riqualificazione del patrimonio esistente, per la prevenzione del rischio sismico e per la semplificazione amministrativa).
In primo luogo, il ricorrente impugna l’articolo 9, commi 2 e 3, di tale legge. Il comma 1 prevede che «Ogni fabbricato oggetto di incremento volumetrico o mutamento d’uso di cui alla presente legge deve dotarsi, ai fini dell’efficacia del relativo titolo abilitativo, di un fascicolo del fabbricato che comprende gli esiti della valutazione di cui al comma 1 e il certificato di collaudo, ove previsto. Nel fascicolo sono altresì raccolte e aggiornate le informazioni di tipo progettuale, strutturale, impiantistico, geologico riguardanti la sicurezza dell’intero fabbricato»; il comma 2 dispone che «Con successivo regolamento sono stabiliti i contenuti del fascicolo del fabbricato nonché le modalità per la redazione, la custodia e l’aggiornamento del medesimo. Fino alla data di entrata in vigore del regolamento, il fascicolo si compone della valutazione [di sicurezza] di cui al comma 1 e del certificato di collaudo, ove previsto».
Per il ricorrente, l’istituzione del fascicolo del fabbricato si porrebbe in contrasto: a) con l’articolo 3 della Costituzione, per violazione del canone di ragionevolezza, e con l’articolo 97 Cost., per lesione del principio di efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione; b) con gli articoli 23, 41 e 42 Cost., trattandosi di «prestazioni imposte» che, «incidendo sulla libertà di iniziativa economica e sul diritto di proprietà», «non possono che trovare la loro fonte nella disciplina statale»; c) con l’articolo 117, secondo comma, lettera l), Cost. per violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile; d) in subordine, con l’articolo 117, terzo comma, Cost. per lesione della competenza statale sui principi fondamentali in materia di governo del territorio.
1.1. – In secondo luogo, il ricorrente impugna l’articolo 10, comma 2, della medesima legge regionale n. 19 del 2009, che sostituisce l’articolo 4 della legge della Regione Campania 7 gennaio 1983, n. 9 (Norme per l’esercizio delle funzioni regionali in materia di difesa del territorio dal rischio sismico), i cui novellati commi 2 e 3 prevedono, ora, che «In tutte le zone sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità, l’inizio dei lavori edilizi è subordinato al rilascio dell’autorizzazione sismica» (comma 2) e che «Nelle zone classificate a bassa sismicità […], i lavori possono iniziare dopo che il competente Settore provinciale del Genio Civile, all’esito del procedimento di verifica, ha attestato l’avvenuto e corretto deposito sismico», disponendo altresì che «Sono effettuati controlli sulla progettazione con metodi a campione, finalizzati a verificare la correttezza delle impostazioni progettuali in relazione alle norme tecniche vigenti» (comma 3).
La difesa erariale deduce che tali disposizioni violerebbero l’articolo 117, terzo comma, Cost., ponendosi in contrasto con i principi fondamentali in materia di governo del territorio e protezione civile – desumibili dal combinato disposto dell’articolo 94 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. Testo A), e degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) –, «poiché il deposito del progetto deve considerarsi denuncia di inizio attività».
2. – Entrambe le questioni, sotto tutti i prospettati profili, sono inammissibili.
2.1. – Come eccepito dalla Regione Campania – e come già rilevato da questa Corte nella sentenza n. 200 del 2010, relativamente ad altro precedente giudizio in via principale, riguardante analoga normativa della Regione Basilicata in tema di fascicolo del fabbricato e proposto sulla base di motivazioni identiche – anche il presente ricorso, nei termini in cui è stato formulato, risulta nel suo complesso apodittico, in quanto privo di un sufficiente sviluppo argomentativo a sostegno delle singole censure mosse alle norme impugnate (sentenza n. 45 del 2010). Il ricorrente si limita, infatti, ad affermare la lesività delle disposizioni in esame rispetto ai richiamati principi costituzionali, senza tuttavia fornire una adeguata motivazione in ordine alle specifiche ragioni che determinerebbero le dedotte violazioni di tali princípi.
In definitiva, le doglianze vengono basate esclusivamente sull’assunto (non altrimenti dimostrato) della non conformità delle previsioni oggetto di impugnazione ai parametri di volta in volta evocati: esse, dunque, non rispondono ai requisiti di chiarezza e completezza richiesti per la valida proposizione di una questione di legittimità costituzionale, a maggior ragione nei giudizi proposti in via principale (sentenze n. 119 del 2010 e n. 139 del 2006).
3. – In particolare, poi, con riferimento alle singole censure, il ricorrente innanzitutto deduce che l’art. 9, commi 2 e 3, della legge regionale n. 19 del 2009 «viola l’art. 3 della Costituzione, sotto il profilo del canone di ragionevolezza, e l’art. 97 Cost., in relazione al principio di buon andamento della pubblica amministrazione, così come, peraltro, già rilevato» dalla sentenza n. 315 del 2003, «pronunciata con riferimento ad analoghe previsioni contenute nella legge della Regione Campania 22 ottobre 2002, n. 27, recante “Istituzione del registro storico-tecnico-urbanistico dei fabbricati ai fini della tutela della pubblica e privata incolumità”».
Proposta la censura in tali termini, va tuttavia rilevato che, in quel giudizio, l’esame della omologa figura del “registro del fabbricato”, come a suo tempo regolamentata dalla legge campana, non ha avuto ad oggetto la previsione della istituzione del registro in quanto tale, ma le peculiari modalità di redazione e di tenuta di questo, come allora specificamente disciplinate.
Chiarito espressamente che «nessun dubbio può sussistere riguardo alla doverosità della tutela della pubblica e privata incolumità, che rappresenta lo scopo dichiarato della legge, ed al conseguente obbligo di collaborazione che per la realizzazione di tale finalità può essere imposto ai proprietari degli edifici», ciò che nella richiamata decisione ha determinato la declaratoria di illegittimità costituzionale di alcune norme della citata legge regionale è stata la considerazione che le specifiche modalità di predisposizione e tenuta del registro fossero contrarie al generale canone di ragionevolezza, a cagione della eccessiva gravosità degli obblighi imposti ai proprietari e dei conseguenti oneri economici, nonché al principio di buon andamento della pubblica amministrazione, data la ritenuta intima contraddittorietà della imposta necessità di richiedere ad una pluralità di tecnici privati informazioni già in possesso delle competenti amministrazioni.
Al contrario, la disposizione oggi impugnata prevede l’obbligo di dotare del fascicolo ogni fabbricato oggetto di incremento volumetrico o mutamento d’uso, limitandosi – quanto alla definizione del contenuto e delle modalità di redazione e di aggiornamento dello stesso – ad operare un rinvio alla adozione di un successivo regolamento (che, ove esorbitasse dagli specifici ámbiti di competenza regionale, sarebbe soggetto ai previsti rimedi giurisdizionali, compreso eventualmente anche il ricorso per conflitto di attribuzione innanzi a questa Corte: sentenze n. 45 del 2010 e n. 200 del 2009).
Dunque, il percorso argomentativo basato esclusivamente sulla mera asserita assimilazione delle due normative, rappresentando l’unica motivazione svolta nel ricorso a sostegno della denunciata violazione degli artt. 3 e 97 Cost., è come tale inidoneo a costituire sufficiente ed autonomo supporto argomentativo del palesato profilo di incostituzionalità.
3.1. – Quanto alla dedotta violazione degli artt. 23, 41 e 42 Cost., nel ricorso si afferma unicamente che gli obblighi di cui alla norma impugnata si atteggerebbero quali «prestazioni imposte» che, «incidendo sulla libertà di iniziativa economica e sul diritto di proprietà», «non possono che trovare la loro fonte nella disciplina statale».
Anche tale profilo è inammissibile, giacché il ricorso, da un lato, assume apoditticamente che la previsione della predisposizione del fascicolo del fabbricato costituisca «prestazione imposta» ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 23 Cost. e che la relativa riserva – in mancanza della individuazione da parte del ricorrente di una diretta correlazione della norma con uno specifico titolo di competenza attribuibile allo Stato (sentenza n. 344 del 2001) – sia esclusivamente di legge statale; dall’altro lato, richiama genericamente i princípi tutelati dagli artt. 41 e 42 Cost., senza alcuna spiegazione del perché e del come gli stessi sarebbero violati, trascurando, altresì, di considerare che essi non operano in modo assoluto, ma in coerenza ed in bilanciamento con i previsti limiti della loro utilità e funzione sociale (sentenza n. 167 del 2009).
3.2. – Altrettanto è a dirsi in ordine alla asserita (ma ancora una volta non motivata) violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, che viene denunciata mediante un mero richiamo ad argomentazioni svolte dalla Corte nella sentenza n. 369 del 2008; argomentazioni che attengono, in termini del tutto generali, unicamente alla natura ed alla ratio del limite di cui al secondo comma, lettera l), dell’art. 117 Cost.
In particolare, la carenza di riferimento alcuno, non tanto alla specifica ed effettiva portata precettiva ed applicativa della disposizione impugnata, quanto piuttosto (e soprattutto) alla configurabilità della stessa (almeno in tesi) in termini di previsione diretta a regolare rapporti tra privati (sentenze n. 123 del 2010 e n. 295 del 2009), rende anche tale censura inammissibile.
3.3. – Quanto, infine, alla subordinata denuncia di violazione della competenza statale nella determinazione dei princípi fondamentali relativamente alla materia concorrente del «governo del territorio» (ex art. 117, terzo comma, Cost.), il ricorrente si limita ad affermare (senza altro aggiungere) che «l’istituzione del fascicolo del fabbricato costituisce indubbiamente espressione di un principio fondamentale della prefata materia», e che, dalla «normativa vigente», un siffatto obbligo non è in alcun modo desumibile.
Anche questa censura, nei termini prospettati, è generica ed apodittica, in quanto priva di un apporto argomentativo a sostegno della tesi (che si dà per dimostrata) della natura di principio fondamentale che la istituzione del fascicolo del fabbricato assumerebbe nella indicata materia concorrente; laddove, una adeguata motivazione di tale assunto sarebbe stata tanto più necessaria proprio in ragione della evidenziata assenza nella «normativa vigente» statale di previsioni relative ad un siffatto obbligo di istituzione.
4. – Analoghi profili di inammissibilità si configurano, inoltre, riguardo alla questione riferita alle previsioni dei commi 2 e 3 dell’art. 4 della legge della Regione Campania n. 9 del 1983, come modificati dall’impugnato art. 10, comma 2, della legge regionale n. 19 del 2009 in esame.
Il ricorrente si limita, infatti, ad affermare che le disposizioni de quibus «si pongono in contrasto con i principi fondamentali in materia di governo del territorio e protezione civile, desumibili dal combinato disposto degli articoli 94 del DPR n. 380/2001 e 19 e 20 della l. 241/1990»: ciò, in quanto – «poiché il deposito del progetto deve considerarsi denuncia di inizio attività» – «la previsione regionale concreta una violazione delle norme del DPR n. 380/2001 (Testo unico in materia edilizia), che prescrive l’autorizzazione regionale esplicita per gli interventi edilizi in zone classificate sismiche», non potendosi consentire «l’introduzione di modalità di “controllo successivo o semplificato” ove siano coinvolti interessi primari della collettività».
Tale essendo la formulazione dei motivi di censura (ancora una volta non altrimenti supportabili attraverso il mero rinvio alle argomentazioni di ordine generale sulle ragioni della attribuzione allo Stato della determinazione dei principi fondamentali nelle materie de quibus, svolte da questa Corte nella richiamata sentenza n. 182 del 2006), va sottolineato che il ricorrente, pur attribuendo correttamente natura di principio fondamentale in materia di governo del territorio e protezione civile all’art. 94 del d.P.R. n. 380 del 2001, tuttavia omette completamente di considerare che – nello stabilire che «Fermo restando l'obbligo del titolo abilitativo all'intervento edilizio, nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità […], non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione» (comma 1) – il legislatore statale differenzia espressamente le condizioni reputate necessarie per l’inizio dei lavori, modulandole in rapporto al grado di sismicità delle zone in cui i lavori stessi verranno ad insistere. La mancata analisi del diverso ámbito di applicabilità delle regole di cui al richiamato art. 94, determina un incolmabile deficit motivazionale che non si concilia con la necessità di porre a premessa del rilievo di incostituzionalità un motivato e chiaro raffronto tra lo specifico principio fondamentale portato dalla norma interposta ed il contenuto delle disposizioni impugnate.
Inoltre, alla insufficiente analisi del principio fondamentale (tanto più necessaria, come detto, in ragione della peculiare articolazione del suo contenuto precettivo), si aggiunge il fatto che il ricorso – nonostante il non motivato assunto per il quale le norme de quibus introdurrebbero modalità di “controllo successivo o semplificato” – trascura completamente di considerare che la normativa regionale censurata prevede anch’essa (sempre in rapporto al grado di sismicità dell’area) un diverso regime di autorizzazioni (l’autorizzazione sismica ovvero il deposito sismico), al cui rilascio viene subordinato l’inizio dei lavori (si vedano, rispettivamente, i novellati commi 2 e 3 dell’art. 4 della legge regionale n. 9 del 1983, nonché gli artt. 5 e 3 del D.P.G.R. 11 febbraio 2010, n. 23, recante «Regolamento per l’espletamento delle attività di autorizzazione e di deposito dei progetti, ai fini della prevenzione del rischio sismico in Campania»).
Infine, risulta altrettanto priva di motivazione, e quindi meramente assertiva, la conclusione del ricorrente, secondo cui, «poiché il deposito del progetto deve considerarsi denuncia di inizio attività, la previsione regionale concreta una violazione delle norme del DPR n. 380/2001, che prescrive l’autorizzazione regionale esplicita per gli interventi edilizi in zone classificate sismiche».
Ne consegue l’inammissibilità anche della seconda questione, la quale (oltre che generica) risulta basata esclusivamente sulla apodittica affermazione di una (non altrimenti argomentata) asserita violazione dell’evocato principio fondamentale (la cui esatta portata neppure viene specificamente individuata) ad opera di una normativa, avente un contenuto altrettanto articolato e complesso, anch’esso non adeguatamente valutato in riferimento alle sollevate doglianze.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 9, commi 2 e 3, della legge della Regione Campania 28 dicembre 2009, n. 19 (Misure urgenti per il rilancio economico, per la riqualificazione del patrimonio esistente, per la prevenzione del rischio sismico e per la semplificazione amministrativa), proposta – in riferimento agli articoli 3, 23, 41, 42, 97, 117, secondo comma, lettera l), e 117, terzo comma, della Costituzione – dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe;
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 10, comma 2, della medesima legge della Regione Campania n. 19 del 2009, proposta – in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost. – dal Presidente del Consiglio dei ministri con lo stesso ricorso.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 novembre 2010.
F.to:
Ugo DE SIERVO, Presidente
Paolo GROSSI, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 5 novembre 2010.