Sentenza n. 344/2001

 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 344

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia, riapprovata il 4 ottobre 1999, recante "Disposizioni in materia di controlli degli impianti termici", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 21 ottobre 1999, depositato in cancelleria il 29 successivo ed iscritto al n. 36 del registro ricorsi 1999.

Visto l’atto di costituzione della Regione Friuli-Venezia Giulia;

udito nell’udienza pubblica del 25 settembre 2001 il Giudice relatore Valerio Onida;

uditi l’avvocato dello Stato Giuseppe Albenzio per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Mario Bertolissi per la Regione Friuli-Venezia Giulia.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso notificato il 21 ottobre 1999 e depositato nella cancelleria di questa Corte il successivo 29 ottobre, il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato, in riferimento all’art. 117 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 5 e 6, della legge regionale del Friuli-Venezia Giulia, riapprovata a maggioranza assoluta nella seduta del 4 ottobre 1999, recante "Disposizioni in materia di controlli degli impianti termici".

Premesso che in materia di controlli degli impianti termici l’art. 30, comma 5, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 assegnerebbe alla Regione solo funzioni di coordinamento degli enti locali, e che la competenza legislativa della Regione in tale materia sarebbe di tipo concorrente, e quindi soggetta ai principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, il ricorrente ritiene che l’art. 1, comma 5, della legge regionale impugnata, là dove stabilisce che i controlli degli impianti termici con potenza inferiore ai 35 Kw possono essere effettuati esclusivamente con la verifica del libretto di impianto termico e senza oneri a carico dei proprietari, sarebbe costituzionalmente illegittimo perchè in contrasto con la legge 9 gennaio 1991, n. 10 e con il d.P.R. 26 agosto 1993, n. 412, i quali, invece, stabiliscono che i controlli debbono essere effettuati da Comuni e Province tramite apposite apparecchiature e con oneri a carico degli utenti.

Del pari incostituzionale sarebbe il comma 6 del medesimo art. 1 della predetta legge regionale, nella parte in cui dispone che le somme eventualmente già percepite da Comuni e Province, relative all’"accatastamento" degli impianti con autocertificazione ovvero alle denunce previste dall’art. 11, comma 20, del d.P.R. n. 412 del 1993, non sono dovute. Tale disposizione violerebbe l’art. 31 della legge n. 10 del 1991 e l’art. 11, comma 18, del d.P.R. n. 412 del 1993, i quali stabiliscono che l’onere dei controlli é posto a carico degli utenti.

2. – Nel giudizio dinanzi alla Corte si é costituita la Regione Friuli-Venezia Giulia, concludendo per l’infondatezza della questione.

Non sarebbe in primo luogo pertinente il richiamo all’art. 30, comma 5, del d.lgs. n. 112 del 1998, perchè tale norma non si applicherebbe, per esplicita previsione (art. 10 del d.lgs. n. 112 del 1998), alle Regioni ad autonomia speciale.

Contrariamente a quanto ritenuto dalla difesa erariale, la Regione ritiene di avere una competenza primaria, e non concorrente, in materia di energia e risparmio energetico, trattandosi di materia che incide direttamente ed immediatamente su settori – urbanistica, agricoltura, industria, artigianato, lavori pubblici – affidati alla competenza esclusiva della Regione Friuli-Venezia Giulia dall’art. 4 dello statuto speciale.

In ogni caso, la disciplina dettata dalla delibera legislativa regionale non sarebbe in contrasto con l’interesse nazionale perseguito dalla legge n. 10 del 1991 e dal d.P.R. n. 412 del 1993, dovendosi ritenere consentito alle Regioni – ed in particolare a quelle ad autonomia differenziata – regolare aspetti procedurali ed organizzativi, nel rispetto degli obiettivi di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili, anche in maniera diversa rispetto a norme statali non coessenziali all’interesse nazionale medesimo.

In questa prospettiva andrebbero scrutinate, ad avviso della Regione, le norme denunciate: la disciplina regionale delle procedure dei controlli e delle verifiche si limiterebbe ad introdurre strumenti di raccordo e di coordinamento che agevolerebbero il raggiungimento degli indicati obiettivi, senza sottrarre agli enti locali le competenze loro riconosciute dall’art. 31, comma 3, della legge n. 10 del 1991. Anche la definizione di modalità semplificate per l’espletamento delle verifiche a campione per impianti di minore potenza non sarebbe contrastante con l’interesse nazionale, riguardando tali modalità semplificate aspetti marginali della disciplina di settore.

La Regione esclude che sia violata la normativa statale sui controlli: tale censura confonderebbe infatti le modalità tecniche con cui il responsabile dell’impianto (proprietario o terzo affidatario) deve effettuare le verifiche periodiche dell’impianto stesso, riportandone le risultanze su un libretto di impianto (art. 11, commi da 1 a 17, del d.P.R. n. 412 del 1993), con i controlli necessari ad accertare l’effettivo stato di manutenzione ed esercizio dell’impianto, demandati all’ente locale senza la prescrizione di specifiche modalità, e quindi lasciate alla discrezionalità tecnica dell’ente (art. 11, commi da 18 a 20, del citato d.P.R.).

Vero é che l’art. 1, comma 5, della delibera legislativa oggetto dell’impugnativa, nell’escludere che gli oneri dei controlli effettuati dagli enti locali per taluni tipi di impianti di minore potenza debbano essere a carico degli utenti, deroga all’art. 31, comma 3, della legge n. 10 del 1991; ma – sostiene la Regione – la disciplina statale non risponderebbe ad esigenze di carattere unitario per l’intero territorio del Paese in vista del perseguimento delle finalità di rilievo nazionale inerenti al risparmio energetico, ma atterrebbe ad aspetti organizzativi e procedurali delle modalità di espletamento delle verifiche e dei controlli, quindi sarebbe derogabile nell’esplicazione della potestà legislativa regionale.

La censura rivolta all’art. 1, comma 6, muoverebbe da un’erronea interpretazione: la norma denunciata – osserva la Regione – si riferisce, non al rimborso degli oneri dei controlli attuati dagli enti locali (a norma dell’art. 11, comma 18, del d.P.R. n. 412 del 1993), ma alla percezione di somme pretese da taluni enti locali nei confronti dei proprietari che si sono avvalsi della facoltà di autocertificazione. In questo senso, la disposizione denunciata, coerentemente con la normativa statale, si limiterebbe ad affermare l’ovvio principio della inconfigurabilità di un obbligo di rimborso di oneri per controlli che non sono stati effettuati, in quanto appunto sostituiti dalla autocertificazione da parte del singolo proprietario.

3. – In prossimità dell’udienza, la Regione Friuli-Venezia Giulia ha depositato una memoria illustrativa.

La difesa della Regione dà atto che l’art. 16 della legge n. 10 del 1991 configura una potestà legislativa regionale di mera attuazione, ma osserva che le classi di fattispecie costitutive dell’ambito "energia" sarebbero suscettibili di interferire con altre materie di competenza regionale primaria ex art. 4 dello statuto speciale.

In ogni caso – precisa la Regione – la potestà legislativa attuativa deve intendersi come capacità di adeguamento in concreto della normazione statale alle esigenze di funzionamento del sistema: e nella specie la delibera legislativa impugnata si sarebbe limitata a rimediare alle disfunzioni nell’applicazione della legge statale avutesi in sede locale. Difatti, come si ricava dai lavori preparatori, nel territorio regionale Province ed enti locali avevano stabilito modalità diverse di controllo con oneri differenziati a carico degli utenti, giungendosi fino a richiedere (nella Provincia di Gorizia) il pagamento dell’imposta di bollo sull’atto di notorietà dell’utente.

La Regione ribadisce che la definizione di modalità semplificate per l’espletamento delle verifiche a campione per impianti di minore potenza non sarebbe lesiva dell’interesse nazionale, riguardando aspetti del tutto marginali. Sarebbe ragionevole e non contrastante con la normativa nazionale disporre che, ove sia stato già regolarmente compilato il libretto di impianto (in sede di controllo biennale degli impianti termici) e si tratti di impianti di minor potenza (sono quelli di potenza nominale inferiore ai 35 Kw), il controllo sia solo di tipo documentale.

Sotto il profilo dell’onerosità dei controlli, la Regione dà atto che la deliberazione legislativa regionale introduce (per gli impianti di minor potenza) una deroga all’onerosità per l’utenza; tuttavia, la disposizione statale derogata sarebbe di dettaglio e non risponderebbe ad esigenze di carattere unitario per l’intero territorio del Paese in vista del perseguimento delle finalità di rilievo nazionale inerenti al risparmio energetico. E ciò anche alla luce dell’art. 16 del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 551, il quale stabilisce che le disposizioni di cui ai commi 18, 19 e 20 dell’art. 11 del d.P.R. n. 412 del 1993 "si applicano fino all’adozione dei provvedimenti di competenza delle Regioni", ai sensi dell’art. 30, comma 5, del d.lgs. n. 112 del 1998.

Considerato in diritto

1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato due disposizioni di una legge approvata in seconda deliberazione dal Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia, contenente "Disposizioni in materia di controlli degli impianti termici". La legge si propone di individuare "le procedure per i controlli e le verifiche di cui all'articolo 31, comma 3, della legge 9 gennaio 1991, n. 10" (Norme per l’attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia). Quest'ultima norma prevede, con riferimento agli impianti termici, e nel quadro della disciplina volta a contenere i consumi di energia, che "i comuni con più di quarantamila abitanti e le province per la restante parte del territorio effettuano i controlli necessari e verificano con cadenza almeno biennale l'osservanza delle norme relative al rendimento di combustione, anche avvalendosi di organismi esterni aventi specifica competenza tecnica, con onere a carico degli utenti".

La legge regionale prevede l'istituzione presso un ufficio regionale di un "tavolo di coordinamento" per l'attuazione omogenea delle procedure di controllo (art. 1, comma 2), nonchè l’individuazione delle modalità di perseguimento delle finalità della legge attraverso apposite convenzioni tra le Province e i Comuni con oltre quarantamila abitanti, le associazioni di categoria e le associazioni di tutela dei consumatori (art. 1, commi 3 e 4).

Il comma 5 dell'art. 1, dopo avere previsto che le procedure già avviate vengano uniformate alla nuova disciplina (primo periodo), e che le convenzioni previste individuino le tipologie e l’entità dei controlli a campione da effettuare (secondo periodo), stabilisce al terzo periodo che "i controlli sugli impianti termici con potenza nominale inferiore ai 35 kw possono essere effettuati esclusivamente mediante la verifica del libretto di impianto termico o di documentazione equivalente e senza oneri a carico dei proprietari degli impianti in regola". Quest'ultima é la prima delle disposizioni denunciate nel ricorso, in quanto contrastante, secondo il ricorrente, con la legge n. 10 del 1991 ed il d.P.R. 26 agosto 1993, n. 412 (Regolamento recante norme per la progettazione, l’installazione, l’esercizio e la manutenzione degli impianti termici degli edifici ai fini del contenimento dei consumi di energia, in attuazione dell’art. 4, comma 4, della legge 9 gennaio 1991, n. 10), secondo cui i controlli dovrebbero essere effettuati tramite apposite apparecchiature e con oneri a carico degli utenti.

Il comma 6 dell'art. 1 – la seconda delle disposizioni censurate – stabilisce che "le somme eventualmente già percepite da Comuni e Province, sia direttamente che indirettamente o attraverso soggetti in convenzione, relative all'accatastamento degli impianti con autocertificazione ovvero alle denunce previste dall'articolo 11, comma 20, del d.P.R. 26 agosto 1993, n. 412, non sono dovute". Esso, a giudizio del ricorrente, contrasterebbe con l'art. 31 della legge n. 10 del 1991 e con l'art. 11, comma 18, del d.P.R. n. 412 del 1993, i quali stabilirebbero, invece, che l'onere dei controlli é posto a carico degli utenti.

2. – Il ricorso, riprendendo gli assunti espressi nell'atto di rinvio della legge seguito alla sua prima approvazione, afferma che "in materia di controlli degli impianti termici la competenza legislativa della Regione é di tipo concorrente", e che le disposizioni impugnate violerebbero i principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, fra i quali dovrebbero annoverarsi quelli espressi nelle norme statali citate. Esse vengono pertanto censurate "per violazione dell'art. 117 della Costituzione".

In realtà, in materia di controllo sugli impianti termici la Regione é titolare di sola competenza legislativa di attuazione, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, della Costituzione e dell'art. 6, n. 3, ultima parte, dello statuto speciale (a termini del quale la Regione ha facoltà di adeguare alle sue particolari esigenze le disposizioni delle leggi della Repubblica, emanando norme di integrazione e di attuazione, "nelle materie per le quali le leggi dello Stato attribuiscano alla Regione questa facoltà"): secondo l'art. 16, comma 1, della legge n. 10 del 1991, infatti, le Regioni – tutte, si deve intendere, comprese quelle a statuto speciale, e salve le ulteriori specifiche previsioni dettate solo per le Province autonome di Trento e Bolzano dal comma 2 dello stesso art. 16 – "emanano, ai sensi dell'articolo 117, terzo (recte: secondo) comma, della Costituzione, norme per l'attuazione della presente legge".

Ciò é fondamentalmente riconosciuto dalla stessa Regione resistente; nè – contrariamente a quanto sembra ritenere la Regione – vengono in rilievo, nella specie, altre competenze legislative della stessa, di tipo primario o concorrente, a nessuna delle quali é riconducibile la specifica materia dei controlli sugli impianti termici.

3. – Così corretta l'impostazione delle questioni sollevate con il ricorso, deve riconoscersene la fondatezza.

Nel dettare norme di attuazione della legge statale la Regione non può derogare alle statuizioni della medesima.

Contrasta invece con esse (senza che sia necessario esaminare se e in che termini il vizio denunciato possa desumersi anche da un contrasto con le norme regolamentari di cui al d.P.R. n. 412 del 1993 e successive modificazioni, emanate ai sensi dell'art. 4, comma 4, della stessa legge n. 10 del 1991), in primo luogo, la previsione dell’art. 1, comma 5, della legge regionale impugnata, secondo cui le verifiche nei confronti degli impianti di potenza inferiore a 35 kw sarebbero condotte esclusivamente mediante l'esame della documentazione. L'art. 31, comma 3, della legge n. 10 del 1991 stabilisce infatti che siano realizzati i "controlli necessari" e verifiche almeno biennali sull'osservanza delle norme relative al rendimento di combustione: queste ultime non possono che intendersi come verifiche dirette – quanto meno a campione (come é del resto previsto dallo stesso art. 1, comma 5, secondo periodo, della legge regionale, non impugnato) – condotte sugli impianti, non sui soli documenti, come é confermato sia dal riferimento all'onere a carico degli utenti, sia dalla previsione di utilizzo anche di "organismi esterni aventi specifica competenza tecnica", che si giustifica solo con riguardo a verifiche sul funzionamento effettivo degli impianti.

Parimenti contrasta con il medesimo art. 31, comma 3, della legge statale, che pone espressamente gli oneri delle verifiche a carico degli utenti, l’esclusione, stabilita dalla legge regionale, di oneri a carico dei proprietari degli impianti in regola.

Nemmeno potrebbe invocarsi, a giustificazione delle norme denunciate, la eventuale maggiore ampiezza della competenza spettante alla Regione Friuli-Venezia Giulia ai sensi dell'art. 6, n. 3, ultima parte, dello statuto speciale (peraltro non invocato dalla resistente), comprensiva della facoltà di "adeguare alle sue particolari esigenze le disposizioni delle leggi della Repubblica", dettando norme "di integrazione" oltre che "di attuazione" nelle materie nelle quali le leggi dello Stato attribuiscano alla Regione medesima tale facoltà. Infatti, anche a tacere del fatto che, nella specie, l'art. 16, comma 1, della legge n. 10 del 1991 attribuisce alle Regioni il potere di dettare solo "norme di attuazione", non si potrebbero giustificare come norme di adattamento a particolari esigenze locali, nè l'esclusione dei controlli non documentali, nè l'esclusione di oneri a carico degli utenti (con conseguente addossamento degli stessi a carico degli enti locali).

4. – Analoghe considerazioni valgono a far ritenere costituzionalmente illegittima anche la denunciata disposizione del comma 6 dell'articolo 1 della legge impugnata, che esclude siano "dovute" le somme eventualmente già percepite dai Comuni e dalle Province "relative all'accatastamento degli impianti con autocertificazione" o alle denunce (recte: dichiarazioni), attestanti il rispetto delle norme, presentate dagli utenti ai sensi dell'art. 11, comma 20, del d.P.R. n. 412 del 1993 (ora modificato dall'art. 15 del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 551).

Non risulta del tutto chiaro, anche dall'esame dei lavori preparatori della legge regionale, di quali somme si tratti e a quali titoli sarebbero state riscosse le somme che il legislatore regionale vorrebbe dichiarare non dovute. Non é dubbio però che si tratti di somme riscosse in relazione alle attività di controllo e verifica demandate dalla legge statale alle Province e ai Comuni maggiori, attività i cui oneri, secondo l'art. 31, comma 3, della legge n. 10 del 1991, sono "a carico degli utenti": ciò che deve valere anche nel caso dei controlli a campione sugli impianti di debole potenza oggetto di dichiarazione da parte degli utenti, per i quali ora l'art. 11, comma 20, ultima parte, del d.P.R. n. 412 del 1993, come modificato dall'art. 15 del d.P.R. n. 551 del 1999, stabilisce espressamente che siano "posti a carico di tutti gli utenti che presentino detta dichiarazione, con opportune procedure definite da ciascun ente locale nell'ambito della propria autonomia".

Nè possono valere a giustificare la statuizione regionale impugnata gli argomenti, invocati in Consiglio regionale, secondo cui non vi sarebbe stata base legale per tale prestazione patrimoniale imposta, con violazione dell'art. 23 della Costituzione, o dovrebbe tenersi conto della esenzione dall’imposta di bollo stabilita per le autocertificazioni. La legge regionale non é infatti competente a "giudicare" se una prestazione imposta dall'ente locale, in correlazione con una attività dallo stesso effettuata, abbia o meno una sufficiente base legale (nella legge dello Stato), ai sensi dell'art. 23 della Costituzione, e sia quindi o meno dovuta, ma, caso mai, potrebbe solo intervenire essa stessa, nell'ambito dei poteri spettanti alla Regione, a costituire siffatta base legale. Tanto meno potrebbe il legislatore regionale, evidentemente, statuire in merito all'applicazione di un tributo statale come l'imposta di bollo.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 5, terzo periodo, e comma 6, della legge regionale del Friuli-Venezia Giulia, riapprovata il 4 ottobre 1999, recante "Disposizioni in materia di controlli degli impianti termici".

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 ottobre 2001.

Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

Valerio ONIDA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 24 ottobre 2001.