Sentenza n. 315 del 2003

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SENTENZA N. 315

ANNO 2003

 

Commento alla decisione di Alessandro Pagano: “… E la Corte chiuse il libretto…”

(nella Rivista telematica Lexitalia.it)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-          Riccardo CHIEPPA, Presidente

-          Gustavo ZAGREBELSKY

-          Valerio ONIDA

-          Carlo MEZZANOTTE

-          Fernanda CONTRI

-          Guido NEPPI MODONA

-          Piero Alberto CAPOTOSTI

-          Annibale MARINI

-          Franco BILE

-          Giovanni Maria FLICK

-          Francesco  AMIRANTE                                 

-      Ugo DE SIERVO

-      Romano VACCARELLA

-          Paolo MADDALENA

-          Alfio FINOCCHIARO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2, 4, 5, commi 2 e 3, 7 e 8 della legge Regione Campania 22 ottobre 2002, n. 27 (Istituzione del registro storico-tecnico-urbanistico dei fabbricati ai fini della tutela della pubblica e privata incolumità), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 23 dicembre 2002, depositato in Cancelleria il 31 successivo ed iscritto al n. 96 del registro ricorsi 2002.

Visto l’atto di costituzione della Regione Campania, nonché gli atti di intervento dell’Associazione Proprietari Utenti (APU), Federazione di Napoli, del Sindacato Unitario Nazionale Inquilini ed Assegnatari (SUNIA) e della Confedilizia;

udito nell’udienza pubblica del 30 settembre 2003 il Giudice relatore Annibale Marini;

uditi l’avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Vincenzo Cocozza per la Regione Campania.

Ritenuto in fatto

1.- Con ricorso regolarmente notificato e depositato, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 42, secondo comma, 97, primo comma, e 117, commi secondo, lettera l), e terzo, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale, in via principale, degli artt. 2, 4, 5, commi 2 e 3, 7 e 8 della legge Regione Campania 22 ottobre 2002, n. 27 (Istituzione del registro storico-tecnico-urbanistico dei fabbricati ai fini della tutela della pubblica e privata incolumità).

Il ricorrente premette che la legge oggetto di censura prevede, all’art. 1, che per ogni fabbricato, pubblico o privato, sia «istituito un registro», per la cui tenuta ed aggiornamento, secondo quanto previsto dall’art. 2, il proprietario del fabbricato deve costituire un rapporto di lavoro autonomo con un tecnico, definito «tecnico incaricato», appartenente a determinate categorie professionali; che, ai sensi del successivo art. 3, della nomina di questo deve essere data comunicazione alla amministrazione comunale competente per territorio alla quale deve essere altresì inviata annualmente una «scheda di sintesi del contenuto del registro e degli allegati».

L’art. 4 indica i compiti che il tecnico incaricato deve svolgere, mentre l’art. 5 commina sanzioni in caso di violazione delle norme di cui ai precedenti artt. 2, 3 e 4; l’art. 7 prevede l’obbligo a carico dell’ufficiale rogante di verificare, in caso di «trasferimento di diritto reale sul fabbricato o parte di esso», l’esistenza del registro e la nomina del tecnico incaricato, dando comunicazione al Comune interessato se la verifica è negativa.

L’art. 8 attribuisce, infine, alla Giunta regionale il compito di approvare, «sentiti gli ordini ed i collegi professionali tecnici», il regolamento attuativo della legge, nel quale saranno, fra l’altro, specificate le tariffe concordate con i rappresentanti dei richiamati ordini e collegi professionali.

Così sintetizzato il contenuto della legge, il ricorrente ritiene che essa contrasti con i menzionati parametri costituzionali.

In particolare, le norme impugnate altererebbero la disciplina codicistica in tema di rapporti contrattuali e diritti reali, incidendo, altresì, sulle disposizioni statali in materia di beni pubblici e causando, inoltre, disuguaglianze e turbative all’andamento dell’attività amministrativa. 

Il ricorrente, pur non negando che la raccolta di documentazione su ciascun fabbricato possa rispondere ad un interesse sia della generalità che dei singoli proprietari, esclude che rientri nella competenza del legislatore regionale imporre l’obbligo di stipulare contratti, prevederne il contenuto, introdurre doveri a carico del notaio e dell’ufficiale rogante, nonché porre limitazioni al regime di utilizzazione e circolazione dei beni.

Le disposizioni impugnate – ad avviso dell’Avvocatura - neppure potrebbero trovare un loro fondamento costituzionale nella competenza regionale concorrente in materia di «governo del territorio», potendo questa essere esercitata solo entri limiti posti dalla legge dello Stato, cui è affidato il compito di contemperare le esigenze del «governo del territorio» con quelle della autonomia privata e del diritto di proprietà.

Conclude il ricorrente osservando che l’obiettivo della «pubblica e privata incolumità» è d’altro canto perseguito, almeno in via prioritaria, dallo Stato, secondo quanto previsto dall’art. 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione.

2.- Si è costituita in giudizio la Regione Campania, concludendo per la infondatezza del ricorso.

Ad avviso della resistente, le norme censurate non violerebbero la competenza legislativa statale in materia di «ordinamento civile», avendo la stessa Corte riconosciuto, ancor prima della riforma del Titolo V della Costituzione, come anche in tale materia vi sia spazio per interventi legislativi regionali, ove questi siano – come nella specie - in stretta connessione con materie di competenza regionale e rispondano al criterio di ragionevolezza.

La legge regionale impugnata, d’altro canto, non disciplinerebbe il contenuto del rapporto tra proprietario del fabbricato e tecnico incaricato, ma riguarderebbe l’istituzione del registro dei fabbricati, sicuramente inerente la materia urbanistico-edilizia, di esclusiva competenza regionale.

Peraltro, se anche si ritenesse l’intervento legislativo censurato riconducibile alla materia del «governo del territorio», oggetto di potestà legislativa concorrente, nondimeno esso dovrebbe ritenersi legittimo, rientrando nelle competenze della Regione in siffatta materia la previsione, in considerazione delle peculiarità geomorfologiche del proprio territorio e della precarietà della situazione edilizia ivi riscontrabile,  nel rispetto dei principi fondamentali fissati dalla legge statale, di una  disciplina più rigorosa di quella generale, che contempli la istituzione del registro dei fabbricati e le norme relative alla sua tenuta ed alle informazioni che esso deve riportare.

Tale più rigorosa disciplina, in quanto giustificata dalla esigenza di tutelare la sicurezza pubblica e privata, non si porrebbe in contrasto con il principio di eguaglianza, il quale certo non impedisce che situazioni diverse siano diversamente regolate, in ragione della specificità delle condizioni che determinano l’intervento legislativo.

Dovrebbe infine escludersi – ad avviso ancora della Regione Campania - che la normativa impugnata rientri nella materia dell’ordine pubblico e della sicurezza, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione, dovendo questa intendersi riferita, secondo l’indirizzo interpretativo della Corte costituzionale, al solo settore relativo alle misure riguardanti la prevenzione dei reati ed il mantenimento dell’ordine pubblico.

3.- Con unico atto depositato il 20 febbraio 2003, sono intervenuti nel giudizio l’Associazione Proprietari Utenti (APU), Federazione di Napoli, ed il Sindacato Unitario Nazionale Inquilini ed Assegnatari (SUNIA), svolgendo argomentazioni in ordine alla ammissibilità del proprio intervento e concludendo per la declaratoria di infondatezza della questione di legittimità costituzionale.

4.- Con atto depositato il 22 aprile 2003 è, altresì, intervenuta nel giudizio la Confedilizia,  motivando l’ammissibilità del proprio intervento e concludendo per l’accoglimento della questione di legittimità costituzionale.

5.- Con memoria depositata il 23 giugno 2003 la Regione Campania, ulteriormente illustrando gli argomenti già svolti, ha insistito per il rigetto della questione.

In prossimità della udienza pubblica anche l’Avvocatura dello Stato ha depositato memoria illustrativa, insistendo nelle già rassegnate conclusioni.

Considerato in diritto

1.- Il giudizio promosso in via principale dal Presidente del Consiglio dei ministri ha ad oggetto la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 42, secondo comma, 97, primo comma, e 117, commi secondo, lettera l), e terzo, della Costituzione, degli artt. 2, 4, 5, commi 2 e 3, 7 e 8 della legge Regione Campania 22 ottobre 2002, n. 27 (Istituzione del registro storico-tecnico-urbanistico dei fabbricati ai fini della tutela della pubblica e privata incolumità).

In particolare, ritiene il ricorrente che le norme impugnate siano lesive della competenza esclusiva statale in materia di «ordinamento civile», siano emanate – per quanto possa essere ricondotto alla materia del governo del territorio, di competenza concorrente – in difetto dei principi generali, la cui formulazione compete allo Stato, ed inoltre violino i principi costituzionali di eguaglianza e di buon andamento della pubblica amministrazione.

2.- Deve, preliminarmente, essere dichiarata l’inammissibilità degli interventi spiegati dall’Associazione Proprietari Utenti (APU), Federazione di Napoli, dal Sindacato Unitario Nazionale Inquilini ed Assegnatari (SUNIA) e dalla Confedilizia, considerato che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non vi è ragione di discostarsi, nei processi costituzionali in via principale non è ammessa la presenza di soggetti diversi dalla parte ricorrente e dal titolare della potestà legislativa il cui esercizio è oggetto di contestazione (ex multis sentenze n. 49 del 2003 e n. 510 del 2002).

3.- Sempre in via preliminare, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso nella parte relativa alla impugnazione degli artt. 2 e 7 della legge Regione Campania n. 27 del 2002.

La delibera di impugnazione, adottata dal Consiglio dei ministri nella riunione dell’11 dicembre 2002, richiama, infatti, recependone integralmente il contenuto, la proposta del Ministro per gli affari regionali nella quale le censure di illegittimità costituzionale sono inequivocamente riferite ai soli artt. 4, 5, commi 2 e 3, e 8 della legge.

La delibera stessa è pertanto inidonea – secondo la  giurisprudenza di questa Corte - a fondare il ricorso governativo con riferimento alle norme, in essa non menzionate, di cui agli artt. 2 e 7 della legge.

4.- Nel merito, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 4, 5, commi 2 e 3, e 8 della legge – ai quali, come si è detto, deve essere limitato l’esame di questa Corte – è fondata.

L’art. 1 della legge Regione Campania n. 27 del 2002, istituisce, a fini di salvaguardia della pubblica e privata incolumità, «il registro storico-tecnico-urbanistico di ogni fabbricato pubblico e privato, ubicato sul territorio regionale, nel quale è dichiarato lo stato di conservazione e di manutenzione del fabbricato stesso e delle aree e manufatti di pertinenza». Il successivo art. 2 dispone che «per la tenuta e l’aggiornamento periodico del registro, di cui all’articolo 1» ciascun condominio o unico proprietario debba nominare «un tecnico – denominato tecnico incaricato – ingegnere, architetto, geologo, geometra, perito edile, nel rispetto delle competenze proprie di categoria».

Il successivo art. 3 riguarda le modalità di tenuta del registro e l’obbligo di comunicazione al Comune della relativa scheda di sintesi entro il 31 dicembre di ogni anno, mentre l’art. 4 della legge – oggetto di censura – elenca in maniera dettagliata i compiti del tecnico incaricato previsto dall’art. 2, disponendo che questi innanzitutto rediga «una relazione sulle condizioni statiche del fabbricato, sulle condizioni geologico-tecniche del sottosuolo, sulla sua storicità dalla realizzazione all’attualità, contenente tutte le informazioni di cui all’articolo 3, comma 1» e cioè quelle riguardanti «la sicurezza, la situazione progettuale, urbanistica, edilizia, catastale, strutturale, impiantistica, di smaltimento acque, geologica del sottosuolo, autorizzativa, l’esistenza di vincoli, con le modificazioni e gli adeguamenti intervenuti nel tempo».

Dispone ancora lo stesso art. 4 che il tecnico incaricato debba successivamente controllare ed annotare sul registro del fabbricato «l’esecuzione di ogni lavoro di ristrutturazione, manutenzione straordinaria, mutamento di destinazione d’uso sull’intero fabbricato, o su parte di esso, con funzione di mera sorveglianza» e che inoltre debba comunicare, entro quarantotto ore dall’inizio, al condominio ed al Comune «ogni intervento che compromette la sicurezza geo-statica del fabbricato» ed «alla competente Soprintendenza ai beni architettonici, per il paesaggio, per il patrimonio storico, artistico e demo etno antropologico, l’esecuzione di ogni intervento che interessa l’aspetto esteriore del fabbricato e delle aree e manufatti di pertinenza sottoposti a vincolo».

Ora, se nessun dubbio può sussistere riguardo alla doverosità della tutela della pubblica e privata incolumità, che rappresenta lo scopo dichiarato della legge, ed al conseguente obbligo di collaborazione che per la realizzazione di tale finalità può essere imposto ai proprietari degli edifici, non è, neppure, contestabile che la previsione di siffatto obbligo e dei conseguenti oneri economici deve essere compatibile con il principio di ragionevolezza e proporzionalità e che le relative modalità di attuazione debbono essere adeguate allo scopo perseguito dal legislatore.

5.- Passando all’esame delle norme impugnate è, in primo luogo, evidente che i compiti attribuiti dal citato art. 4 al tecnico incaricato sono tali da richiedere, per la loro ampiezza ed eterogeneità, la nomina non già di «un tecnico incaricato» (come disposto dall’art. 2 della legge), bensì di una pluralità di professionisti abilitati, secondo i rispettivi ordinamenti professionali, ad effettuare le indagini e a fornire i dati richiesti dagli artt. 3 e 4 della legge.

Con la conseguenza che, anche a prescindere dall’entità degli oneri economici imposti indistintamente a tutti i proprietari dei fabbricati e, quindi,  anche a quelli di più modeste condizioni economiche, la disciplina legislativa finisce per risultare, nel raccordo dell’art. 2 con l’art. 4 della legge, intimamente contraddittoria e, quindi, irragionevole.

Sempre sotto quest’ultimo aspetto, non può omettersi di considerare che una parte considerevole delle informazioni richieste al tecnico sono già in possesso delle amministrazioni comunali nel cui territorio ciascun fabbricato è ubicato (si pensi ai dati relativi alla «situazione progettuale, urbanistica, edilizia, catastale, strutturale» di immobili costruiti o ristrutturati nel rispetto delle norme urbanistiche pro tempore vigenti, previo rilascio dei necessari provvedimenti autorizzatori o concessori), ed alcune di esse (quelle, ad esempio, riguardanti la esistenza di vincoli o relative alla «storicità del fabbricato dalla realizzazione all’attualità») non possono ritenersi strettamente connesse allo scopo perseguito dal legislatore e sono tali da risultare (specie per gli edifici di epoca risalente) di difficile acquisizione.

A proposito degli obblighi di controllo e di comunicazione previsti dall’art. 4 risultano, poi, manifeste sia la genericità e l’indeterminatezza del controllo e della mera sorveglianza, sia l’estraneità della prevista comunicazione alla Soprintendenza, in quanto relativa soltanto all’aspetto esteriore del fabbricato, rispetto allo scopo di tutela della pubblica e privata incolumità che il legislatore intende perseguire.

Alla stregua delle considerazioni che precedono la norma impugnata risulta perciò lesiva dell’art. 3 Cost., sotto il profilo del generale canone di ragionevolezza, e dell’art. 97 Cost., in relazione al principio di efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione.

L’accoglimento della censura relativa all’art. 4 – che di fatto rende privi di contenuto gli obblighi di tenuta e di aggiornamento periodico del registro previsto dall’art. 1 della legge - non può non riflettersi, rendendole irragionevoli, anche sulle sanzioni previste dall’art. 5, commi 2 e 3, per la violazione dei suddetti obblighi.

E ad identica conclusione deve pervenirsi riguardo all’art. 8, che demanda ad un regolamento attuativo la normativa di dettaglio, oltretutto prevedendo – con disposizione di dubbia ragionevolezza intrinseca – che sia la Regione, pur priva di qualsiasi potere di rappresentanza dei proprietari di fabbricati, a concordare «con i rappresentanti degli ordini e dei collegi professionali tecnici di cui al comma 1» le tariffe da applicare ai proprietari stessi per le prestazioni finalizzate alla redazione del registro.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 4, 5, commi 2 e 3, e 8 della legge Regione Campania 22 ottobre 2002, n. 27 (Istituzione del registro storico-tecnico-urbanistico dei fabbricati ai fini della tutela della pubblica e privata incolumità);

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2 e 7 della medesima legge regionale sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 42, secondo comma, 97, primo comma, e 117, commi secondo, lettera l), e terzo, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 ottobre 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Annibale MARINI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 28 ottobre 2003.