SENTENZA N. 123
ANNO 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA ''
- Alfio FINOCCHIARO ''
- Alfonso QUARANTA ''
- Franco GALLO ''
- Luigi MAZZELLA ''
- Gaetano SILVESTRI ''
- Sabino CASSESE ''
- Maria Rita SAULLE ''
- Giuseppe TESAURO ''
- Paolo Maria NAPOLITANO ''
- Giuseppe FRIGO ''
- Alessandro CRISCUOLO ''
- Paolo GROSSI ''
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 12 e 25, comma 2, della legge della Regione Campania 16 gennaio 2009, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Campania – legge finanziaria anno 2009), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato con plico spedito il 24 marzo 2009, depositato in cancelleria il 31 marzo 2009 ed iscritto al n. 24 del registro ricorsi 2009.
Visto l’atto di costituzione della Regione Campania;
udito nell’udienza pubblica del 9 marzo 2010 il Giudice relatore Franco Gallo;
uditi l’avvocato dello Stato Sergio Fiorentino per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Vincenzo Cocozza per la Regione Campania.
Ritenuto in fatto
1. – Con ricorso spedito il 24 marzo 2009, successivamente ricevuto dalla destinataria Regione Campania e depositato il 31 marzo successivo, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 12 e 25, comma 2, della legge della Regione Campania 16 gennaio 2009, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Campania – legge finanziaria anno 2009).
Il ricorrente impugna l’art. 12, comma 1, in relazione: a) agli artt. 3 e 120 della Costituzione; b) all’art. 117, primo comma, della Costituzione, in riferimento, quali norme interposte, sia agli artt. 12 e 39 «del Trattato CE» (recte : Trattato di Roma del 25 marzo 1957 – Trattato che istituisce la Comunità europea) – nella versione consolidata, in vigore dal 1° febbraio 2003 al 30 novembre 2009, pubblicata nella G.U.C.E. 24 dicembre 2002, n. C 325, vigente all’epoca della proposizione del ricorso – sia all’art. 7 del regolamento (CEE) 15 ottobre 1968 n. 1612/68 (Regolamento del Consiglio relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità); c) all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
Il ricorrente impugna altresí il comma 2 del medesimo art. 12 in relazione: a) agli artt. 3 e 120 Cost; b) all’art. 117, primo comma, Cost., in riferimento, quale norma interposta, all’art. 43 del citato Trattato istitutivo della Comunità europea; c) all’art. 117, primo comma, Cost., in riferimento, quali norme interposte, agli artt. 87, paragrafo 1, e 88, paragrafo 3, del suddetto Trattato.
Il ricorrente censura, inoltre, l’art. 25, comma 2, della medesima legge reg. della Campania n. 1 del 2009 in relazione: a) all’art. 97 Cost.; b) all’art. 117, primo comma, Cost.; c) all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
1.1. – Nel ricorso si premette che l’art. 12 della legge reg. della Campania n. 1 del 2009 − sotto la rubrica: «Azioni di sostegno volte a favorire il rientro di risorse umane qualificate sul territorio regionale» − stabilisce, al comma 1, che, «Al fine di favorire il rientro sul territorio di risorse umane qualificate, sono agevolabili, con lo strumento del credito d’imposta, le assunzioni di persone che abbiano avuto residenza anagrafica in Regione Campania per almeno dieci anni, in possesso del diploma di laurea in discipline tecnico-scientifiche e di almeno uno dei seguenti requisiti: a) essere residenti da almeno ventiquattro mesi all’estero o nelle regioni italiane non comprese nell’obiettivo Convergenza dei fondi strutturali comunitari, non occupati ovvero occupati con contratto di lavoro non a tempo indeterminato presso unità produttive ubicate all’estero o in regioni italiane non comprese nell’obiettivo Convergenza; b) essere occupati a tempo indeterminato da almeno ventiquattro mesi presso unità produttive ubicate all’estero o in regioni italiane non comprese nell’obiettivo Convergenza». Il medesimo articolo 12, al comma 2, prevede poi che «Annualmente una quota dei fondi destinati al finanziamento del credito di imposta regionale per gli investimenti è destinata ai soggetti di cui all’art. 2 del Reg. 28 novembre 2007, n. 5» (Regolamento di attuazione del credito di imposta per nuovi investimenti in Regione Campania) − vale a dire alle imprese iscritte al registro delle imprese, indipendentemente dalla natura giuridica assunta, che effettuano nuovi insediamenti sul territorio regionale − «il cui capitale sociale sia detenuto a maggioranza da soggetti con residenza storica di almeno dieci anni in Regione Campania ed in possesso di diploma di laurea in discipline tecnico-scientifiche che abbiano almeno uno dei seguenti requisiti: a) essere residenti da almeno ventiquattro mesi all’estero o nelle regioni italiane non comprese nell’obiettivo Convergenza e che risultino non occupati ovvero occupati con contratto di lavoro non a tempo indeterminato presso unità produttive; b) essere occupati a tempo indeterminato da almeno ventiquattro mesi presso unità produttive ubicate all’estero o in regioni italiane non comprese nell’obiettivo Convergenza».
1.2. – Poste tali premesse in punto di diritto, il ricorrente afferma che il censurato comma 1 dell’art. 12 della legge regionale víola gli articoli 3 e 120 Cost., perché la norma − nel prevedere agevolazioni fiscali in favore dei datori di lavoro che assumono cittadini già residenti, per oltre dieci anni, nella Regione Campania − «introduce un regime privilegiato per una particolare categoria di cittadini» che, sul piano della ragionevolezza, non appare giustificato «da ragioni di tutela di interessi di rilievo costituzionale». Lo stesso ricorrente aggiunge che la dichiarata finalità della norma censurata − e cioè favorire il rientro nel territorio regionale dei suddetti cittadini, in quanto risorse umane qualificate − si pone in contrasto con l’art. 120 Cost., il quale fa espresso divieto al legislatore regionale di adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni o limitino l’esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale.
1.3. − A parere del ricorrente, il menzionato art. 12, comma 1, della legge regionale impugnata si pone in contrasto anche con l’art. 117, primo comma, Cost., in quanto víola una serie di norme “interposte” del diritto comunitario e, segnatamente: a) l’art. 12 del Trattato istitutivo della Comunità europea, secondo il quale «è vietata ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità»; b) l’art. 39 del medesimo Trattato, il quale statuisce che «La libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità è assicurata» e che «Essa implica l’abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro» ; c) l’art. 7 del regolamento (CEE) n. 1612/68, il quale ribadisce che il lavoratore cittadino di uno Stato membro non può ricevere sul territorio degli altri Stati membri, a motivo della propria cittadinanza, un trattamento diverso da quello dei lavoratori nazionali per quanto concerne le condizioni di impiego e di lavoro, in particolare in materia di retribuzione, licenziamento, reintegrazione professionale o ricollocamento se disoccupato e che, inoltre, gode degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali.
Il ricorrente afferma che le suddette norme, secondo la costante interpretazione di esse fornita dalla Corte di giustizia delle Comunità europee, vietano non soltanto le discriminazioni palesi effettuate in base alla nazionalità, ma anche «qualsiasi discriminazione dissimulata che, pur fondandosi su altri criteri di riferimento, perviene al medesimo risultato». Tale principio, secondo lo Stato, risulta valido a maggior ragione nel caso di una condizione relativa alla residenza, in quanto piú facilmente «soddisfatta da lavoratori nazionali» o da lavoratori che sono originari di una particolare Regione.
1.4. − Il ricorrente denuncia l’ulteriore contrasto dell’impugnato art. 12, comma 1, con l’art. 117, primo comma, e secondo comma, lettera e), Cost., perché, la norma non circoscrive in maniera espressa l’efficacia delle agevolazioni previste «entro l’ambito dei soli tributi regionali» e, dunque, estende l’agevolazione del credito d’imposta anche ai tributi statali. In tal modo, tuttavia – prosegue il ricorrente –, è violata la previsione costituzionale della intangibilità, da parte delle Regioni, dei tributi erariali fino all’introduzione dei princípi di coordinamento del sistema tributario a norma dell’art. 119 Cost. Di conseguenza – conclude sul punto la difesa erariale – «la disposizione in esame viola anche l’articolo 117, comma 2, lettera e), della Costituzione, in materia di sistema tributario, e, quindi, eccede la competenza regionale».
1.5. − L’art. 12, comma 2, della legge reg. della Campania n. 1 del 2009 è impugnato per contrasto sia con gli artt. 3 e 120 Cost., che con l’art. 117, primo comma, Cost., in riferimento, per tale ultimo parametro, alla violazione dell’art. 43 del citato Trattato istitutivo della Comunità europea, quale norma interposta.
Quanto alla prima censura, il ricorrente deduce che il meccanismo di incentivo previsto dalla norma impugnata − che riserva una quota dei fondi stanziati per il credito d’imposta regionale per gli investimenti ad imprese il cui capitale sociale sia detenuto, a maggioranza, da soggetti «con residenza storica di almeno dieci anni in Regione Campania», titolari di diploma di laurea in discipline tecnico scientifiche ed in possesso, come già detto, di ulteriori requisiti − integra una imposizione “protezionistica” di tipo territoriale ed ostacola, pertanto, la libera circolazione delle persone e delle cose anche nell’àmbito nazionale, violando cosí gli artt. 3 e 120 Cost. Per la difesa erariale, tali precetti costituzionali, secondo la costante giurisprudenza costituzionale, fanno infatti divieto al legislatore regionale di frapporre ostacoli di carattere protezionistico alla prestazione, nel proprio territorio, di servizi di natura imprenditoriale da parte di soggetti ubicati in altra parte del territorio nazionale.
Quanto alla seconda censura, lo Stato muove dal rilievo che la norma impugnata non ha lo scopo di «incentivare la costituzione o la permanenza nella Regione di imprese con particolari caratteristiche», quanto quello di agevolare imprese in cui la maggioranza del capitale sociale sia di proprietà di soggetti «che abbiano per lungo tempo risieduto in Campania». Sotto tale profilo, la norma censurata − prosegue il ricorrente − collega la concessione di un incentivo ad un requisito piú facilmente conseguibile da un cittadino italiano la cui origine sia della regione Campania, che da un cittadino di altro Stato membro o di un’altra regione italiana. In tal modo, tuttavia, la norma censurata víola il disposto dell’art. 43 del Trattato istitutivo della Comunità europea, il quale − garantendo la libertà di stabilimento e, dunque, l’accesso alle attività non salariate e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese − vieta qualsiasi misura che, seppur non fondata sulla nazionalità, determini una discriminazione a danno dei cittadini degli altri Stati membri.
1.6. − L’art. 12 della stessa legge regionale della Campania è poi censurato, «nel suo complesso», per la violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., con riferimento al contrasto con gli artt. 87, paragrafo 1, e 88, paragrafo 3, del piú volte citato Trattato istitutivo della Comunità europea.
A parere del ricorrente, la norma censurata attribuisce un beneficio economico, con risorse pubbliche ed in maniera selettiva, a talune imprese e, pertanto, contrasta con le citate norme comunitarie, le quali disciplinano la materia degli aiuti di Stato. In particolare, il ricorrente rileva che la misura introdotta dal legislatore regionale è potenzialmente idonea «ad incidere sugli scambi tra gli Stati membri dell’Unione europea» (art. 87, paragrafo 1, del Trattato). In ogni caso − afferma ancora lo Stato − la Regione Campania ha omesso di notificare alla Commissione le agevolazioni previste o, in alternativa, di indicare «che le stesse sono concesse nei limiti indicati dal regolamento CEE n. 1998/2006 sugli aiuti c.d. de minimis ovvero nel contesto di altro regolamento di esenzione». In tal modo, si è realizzata la violazione dell’art. 88, paragrafo 3, del citato Trattato e, conseguentemente, il contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost.
1.7. − Lo Stato impugna, altresí, l’art. 25, comma 2, della legge reg. della Campania n. 1 del 1999 per la violazione degli artt. 97, 117, primo comma, e 117, secondo comma, lettera l), Cost.
Il ricorrente rammenta che la norma impugnata stabilisce che «le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliero-universitarie di cui all’art. 2 del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517, i policlinici universitari a gestione diretta, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di diritto pubblico, gli istituti zooprofilattici sperimentali e le agenzie sanitarie regionali che hanno stipulato l’accordo previsto dall’art. 1, comma 180 della legge 20 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005) non possono essere sottoposti a pignoramenti». A parere del ricorrente, tale norma interviene in materia che attiene all’ordinamento civile ed alle norme processuali, riservata alla potestà esclusiva dello Stato, cosí violando (come si esprime lo stesso ricorrente) il disposto dell’art. 117, primo comma, in relazione all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
Inoltre, secondo lo Stato, poiché il soggetto che ha stipulato l’accordo ai sensi dell’art. 1, comma 180, della legge 20 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2005) è la Regione e non anche i soggetti menzionati nella norma, la norma «è anche inapplicabile» e risulta irragionevole «perché priva di un concreto aggancio alla normativa statale di riferimento». Da ciò discende la violazione del principio del buon andamento della pubblica amministrazione di cui all’art. 97 Cost.
2. – Si è costituita nel giudizio costituzionale la Regione Campania, la quale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile o infondato.
La resistente premette che il censurato art. 12 della legge reg. n. 1 del 2009 è finalizzato, nel suo complesso, ad «incidere su situazioni di disagio determinate dalla difficoltà economica (e) territoriale» della Regione, la quale, proprio per tale motivo, è stata inserita «nell’obiettivo 1 dell’Europa». In particolare, attraverso lo strumento del credito di imposta regionale, il legislatore regionale, per un verso, ha inteso agevolare l’assunzione di soggetti, «con un percorso di formazione qualificato, costretti a cercare sbocchi lavorativi lontano dal territorio originario»; per altro verso, ha ritenuto di sollecitare nuovi investimenti nel territorio da parte di società il cui capitale sociale «sia detenuto a maggioranza dagli stessi soggetti con i medesimi requisiti». A parere della resistente, da tali finalità emerge «una ragionevole giustificazione» a fondamento della disciplina impugnata, la quale, pertanto, risulta legittima tanto rispetto ai princípi della Costituzione, quanto a quelli comunitari. Sotto il primo profilo, è lo stesso art. 3, secondo comma, Cost. ad imporre, a parere della resistente, «di intervenire con normative specifiche, proprio per realizzare quella parità fra i cittadini che la reale e concreta situazione economica non garantisce». Sotto il diverso profilo della compatibilità della norma censurata con la disciplina comunitaria, la Regione evidenzia che la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea ha ritenuto ammissibile una disparità nascente da disposizioni legislative − che pure incidono sulle posizioni di alcuni cittadini rispetto ad altri «in modo apparentemente sfavorevole ai primi» − alla condizione che tale disparità sia, come per la normativa censurata, «obiettivamente giustificata ed adeguatamente commisurata allo scopo perseguito».
2.1. − La difesa della Regione Campania afferma, inoltre, l’infondatezza della ulteriore censura secondo cui l’art. 12, comma 1 − non essendo espressamente circoscritta l’operatività della misura finanziaria nell’ambito dei tributi regionali − inciderebbe anche sulla sfera di competenza esclusiva dello Stato in materia tributaria.
In proposito, la resistente precisa che tale censura «è evidentemente frutto di una non corretta lettura della norma», in quanto l’interpretazione «costituzionalmente orientata» di essa non può che riferire esclusivamente ai tributi di competenza regionale la misura agevolativa in essa disposta.
2.2. − Parimenti infondate risulterebbero le censure aventi ad oggetto l’art. 25, comma 2, della legge regionale n. 1 del 1999. La difesa della Regione assume, al riguardo, che la giurisprudenza costituzionale ha affermato il principio che, tutte le volte in cui la disciplina attiene «a materie regionali, il limite del diritto privato non è assoluto, stante la rilevante attrazione a livello regionale della complessiva disciplina». Secondo la resistente, la materia dell’ordinamento civile può essere invocata come limite non quando la legge regionale incide genericamente su rapporti di diritto privato, ma solo quando in relazione a tali rapporti «sussista l’esigenza di garantire l’uniformità di trattamento, nell’intero territorio nazionale, da parte della disciplina». Esigenza che − conclude la difesa della resistente − non è dato rinvenire nella specie, in quanto l’intervento normativo regionale incide su «vicende e situazioni peculiari che hanno imposto interventi di riqualificazione e razionalizzazione del Servizio sanitario regionale».
3. − Con successiva memoria depositata in prossimità dell’udienza (in uno con l’atto di costituzione di un nuovo procuratore per il giudizio di costituzionalità), la Regione Campania ha ribadito le proprie argomentazioni.
Considerato in diritto
1. − Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso, in relazione a numerosi parametri costituzionali, questioni di legittimità degli articoli 12, commi 1 e 2, e 25, comma 2, della legge della Regione Campania 16 gennaio 2009, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Campania – legge finanziaria anno 2009).
1.1. − Il comma 1 dell’art. 12 stabilisce che, «Al fine di favorire il rientro sul territorio di risorse umane qualificate, sono agevolabili, con lo strumento del credito d’imposta, le assunzioni di persone che abbiano avuto residenza anagrafica in Regione Campania per almeno dieci anni, in possesso del diploma di laurea in discipline tecnico-scientifiche e di almeno uno dei seguenti requisiti: a) essere residenti da almeno ventiquattro mesi all’estero o nelle regioni italiane non comprese nell’obiettivo Convergenza dei fondi strutturali comunitari, non occupati ovvero occupati con contratto di lavoro non a tempo indeterminato presso unità produttive ubicate all’estero o in regioni italiane non comprese nell’obiettivo Convergenza; b) essere occupati a tempo indeterminato da almeno ventiquattro mesi presso unità produttive ubicate all’estero o in regioni italiane non comprese nell’obiettivo Convergenza».
Il ricorrente denuncia il contrasto di tale norma con: a) gli artt. 3 e 120 della Costituzione; b) l’art. 117, primo comma, Cost., in riferimento alla violazione, quali norme interposte, degli artt. 12 e 39 «del Trattato CE» (rectius: «Trattato del 25 marzo 1957 - Trattato che istituisce la Comunità europea», nella versione, in vigore dal 1° febbraio 2003 al 30 novembre 2009, consolidata pubblicata nella G.U.C.E. 24 dicembre 2002, n. C 325, vigente all’epoca della proposizione del ricorso) e dell’art. 7 del regolamento (CEE) 15 ottobre 1968, n. 1612/68 (Regolamento del Consiglio relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità); c) l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
La violazione degli artt. 3 e 120 Cost. è argomentata sull’assunto che la norma censurata stabilisce condizioni agevolate per l’accesso al lavoro in favore dei cittadini residenti, da oltre dieci anni, nella Regione Campania ed introduce, quindi, «un regime privilegiato per una particolare categoria di cittadini» che non è giustificato «da ragioni di tutela di interessi di rilievo costituzionale». Pertanto, la dichiarata finalità della norma censurata − e cioè favorire il rientro nel territorio regionale dei suddetti «cittadini», in quanto risorse umane qualificate − si pone in contrasto con l’art. 120 Cost., il quale vieta al legislatore regionale l’adozione di provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni o limitino l’esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale.
Il contrasto dell’art. 12, comma 1, della legge reg. della Campania n. 1 del 2009 con l’art. 117, primo comma, Cost., è denunciato in riferimento alla violazione delle seguenti norme del citato Trattato del 25 marzo 1957 che istituisce la Comunità europea e del regolamento (CEE) 15 ottobre 1968, n. 1612/68: a) l’art. 12 del Trattato, il quale vieta «ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità»; b) l’art. 39 del Trattato, il quale assicura «la libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità», con conseguente abolizione «di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro» ; c) l’art. 7 del menzionato regolamento (CEE) n. 1612/68, il quale ribadisce che il lavoratore cittadino di uno Stato membro non può ricevere nel territorio degli altri Stati membri, a motivo della propria cittadinanza, un trattamento diverso da quello dei lavoratori nazionali per quanto concerne le condizioni di impiego e di lavoro, in particolare in materia di retribuzione, licenziamento, reintegrazione professionale o ricollocamento se disoccupato e che, inoltre, gode degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali.
A parere del ricorrente, la norma impugnata − nell’accordare un’agevolazione fiscale per l’assunzione, esclusivamente, di soggetti che hanno avuto residenza storica almeno decennale nella Regione − confligge con le predette norme comunitarie, le quali, secondo la costante interpretazione della Corte di giustizia delle Comunità europee, vietano non soltanto le discriminazioni palesi effettuate in base alla nazionalità, ma anche «qualsiasi discriminazione dissimulata che, pur fondandosi su altri criteri di riferimento, perviene al medesimo risultato».
Nella prospettazione del ricorrente, la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. deriva, infine, dalla circostanza che il denunciato art. 12, comma 1, non circoscrive in maniera espressa l’efficacia delle agevolazioni previste «entro l’ambito dei soli tributi regionali» e, di conseguenza, estende l’applicazione dell’agevolazione del credito d’imposta anche ai tributi statali. La norma censurata eccede cosí il limite della competenza normativa regionale, in quanto víola la previsione costituzionale di intangibilità, da parte delle Regioni, dei tributi erariali, data la riserva di competenza statale in materia di sistema tributario dello Stato e data la mancata emanazione, allo stato attuale, dei princípi di coordinamento del sistema tributario previsti dall’art. 119 Cost.
1.2. – Il parimenti impugnato art. 12, comma 2, della legge reg. della Campania n. 1 del 2009 prevede che «Annualmente una quota dei fondi destinati al finanziamento del credito di imposta regionale per gli investimenti è destinata ai soggetti di cui all’art. 2 del Reg. 28 novembre 2007, n. 5», e cioè il regolamento di attuazione del credito di imposta regionale per nuovi investimenti in Regione Campania. Tali soggetti sono le imprese regolarmente iscritte al registro delle imprese, indipendentemente dalla natura giuridica assunta, che effettuano nuovi insediamenti sul territorio regionale, «il cui capitale sociale sia detenuto a maggioranza da soggetti con residenza storica di almeno dieci anni in Regione Campania ed in possesso di diploma di laurea in discipline tecnico-scientifiche che abbiano almeno uno dei seguenti requisiti: a) essere residenti da almeno ventiquattro mesi all’estero o nelle regioni italiane non comprese nell’obiettivo Convergenza e che risultino non occupati ovvero occupati con contratto di lavoro non a tempo indeterminato presso unità produttive; b) essere occupati a tempo indeterminato da almeno ventiquattro mesi presso unità produttive ubicate all’estero o in regioni italiane non comprese nell’obiettivo Convergenza».
Tale norma è denunciata dallo Stato per la violazione: a) degli artt. 3 e 120 Cost.; b) dell’art. 117, primo comma, Cost., quale effetto del contrasto della stessa norma impugnata con l’art. 43 dell’indicato Trattato che istituisce la Comunità europea, il quale vieta le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro.
In ordine alla violazione degli artt. 3 e 120 Cost., lo Stato deduce che il meccanismo di incentivazione fiscale nella forma del credito di imposta − riservato ad imprese il cui capitale sociale sia detenuto, a maggioranza, da soggetti «con residenza storica di almeno dieci anni in Regione Campania» ed in possesso di ulteriori requisiti relativi alle loro competenze tecnico-scientifiche − si traduce in una imposizione “protezionistica” di tipo territoriale ed ostacola, pertanto, la libera circolazione delle persone e delle cose nell’àmbito nazionale.
In ordine alla violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., attraverso l’interposizione dell’art. 43 del suddetto Trattato, il ricorrente argomenta che la norma impugnata − agevolando imprese riferibili a soggetti «che abbiano per lungo tempo risieduto in Campania» − collega la concessione di un incentivo fiscale ad un requisito piú facilmente conseguibile da un cittadino italiano di origine campana, che da un cittadino di altro Stato membro o di un’altra regione italiana. In tal modo, tuttavia, la norma censurata violerebbe il disposto dell’art. 43 del Trattato che istituisce la Comunità europea, il quale − garantendo la libertà di stabilimento e, dunque, l’accesso alle attività non salariate e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese − vieta qualsiasi misura che, seppur non fondata sulla nazionalità, determini una discriminazione a danno dei cittadini degli altri Stati membri.
1.3. − Il ricorrente censura, inoltre, lo stesso art. 12 «nel suo complesso», per la violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., con riferimento al contrasto con gli artt. 87, paragrafo 1, e 88, paragrafo 3, del Trattato che istituisce la Comunità europea. In proposito, il ricorrente rileva che la misura agevolativa introdotta dal legislatore regionale è potenzialmente idonea «ad incidere sugli scambi tra gli Stati membri dell’Unione europea» (art. 87, paragrafo 1, del citato Trattato) e che, comunque, la Regione Campania, in violazione dell’art. 88, paragrafo 3, del medesimo Trattato, ha omesso di notificare alla Commissione le agevolazioni previste o, in alternativa, di indicare «che le stesse sono concesse nei limiti indicati dal regolamento CEE n. 1998/2006 sugli aiuti c.d. de minimis ovvero nel contesto di altro regolamento di esenzione».
1.4. − Lo Stato impugna altresí − in relazione agli artt. 97, 117, primo comma, e 117, secondo comma, lettera l), Cost. − l’art. 25, comma 2, della medesima legge reg. della Campania n. 1 del 1999.
La norma impugnata stabilisce che «le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliero-universitarie di cui all’art. 2 del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517, i policlinici universitari a gestione diretta, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di diritto pubblico, gli istituti zooprofilattici sperimentali e le agenzie sanitarie regionali che hanno stipulato l’accordo previsto dall’art. 1, comma 180 della legge 20 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005), limitatamente alla durata dell’accordo, non possono essere sottoposti a pignoramenti».
Sostiene il ricorrente che tale norma interviene in materia che attiene all’ordinamento civile ed alle norme processuali, riservata alla potestà esclusiva dello Stato, cosí violando il disposto dell’art. 117, primo comma, e secondo comma, lettera l), Cost.
Inoltre − argomenta il ricorrente − poiché il soggetto che ha stipulato l’accordo ai sensi dell’art. 1, comma 180, della legge 20 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato − legge finanziaria 2005), è la Regione e non anche i soggetti menzionati nella norma, la disposizione «è anche inapplicabile» e risulta irragionevole «perché priva di un concreto aggancio alla normativa statale di riferimento». Da ciò discenderebbe la violazione del principio del buon andamento della pubblica amministrazione sancito dall’art. 97 Cost.
2. − Con riferimento alle questioni aventi ad oggetto il comma 1 dell’art. 12 della legge reg. n. 1 del 2009, appare opportuno esaminare in via prioritaria la censura con cui lo Stato ha negato la potestà normativa della Regione nella materia de qua. Come si è visto, il ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, perché la disposizione censurata, non limitando in maniera espressa l’efficacia dell’agevolazione fiscale all’àmbito dei soli tributi regionali, consente l’applicazione di detta agevolazione, nella forma del credito di imposta, anche ai tributi statali. Da ciò conseguirebbe l’invasione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di sistema tributario statale.
La censura è fondata.
La resistente si è limitata ad opporre a tale censura una interpretazione «costituzionalmente orientata», idonea a circoscrivere esclusivamente ai tributi di competenza regionale la portata della misura agevolativa disposta dalla norma. Non ha, però, precisato a quali tributi propri della Regione l’agevolazione fiscale stessa, nella forma del credito di imposta, sarebbe applicabile. Né il regolamento regionale n. 5 del 2007 di attuazione del credito di imposta regionale per nuovi investimenti – richiamato dalla difesa della Regione nel corso della discussione in udienza – contiene indicazioni in tal senso.
Poiché, allo stato attuale della normativa regionale, non risultano sussistere tributi regionali «propri» (nel senso di tributi istituiti e disciplinati dalla Regione Campania) che possano essere considerati ai fini dell’agevolazione in questione, deve ritenersi che detta agevolazione si riferisce a tributi erariali, compresi i tributi regionali cosiddetti “derivati”, e cioè i tributi istituiti e disciplinati con legge statale, il cui gettito sia attribuito alle Regioni.
In proposito, la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente ed espressamente affermato che: a) in forza del combinato disposto del secondo comma, lettera e), del terzo comma e del quarto comma dell’art. 117 Cost., nonché dell’art. 119 Cost., «non è ammissibile, in materia tributaria, una piena esplicazione di potestà regionali autonome in carenza della fondamentale legislazione di coordinamento dettata dal Parlamento nazionale» (sentenze n. 102 del 2008 e n. 37 del 2004); b) di conseguenza, fino a quando l’indicata legge statale non sarà emanata, rimane precluso alle Regioni il potere di istituire e disciplinare tributi propri aventi gli stessi presupposti dei tributi dello Stato e di legiferare sui tributi esistenti istituiti e regolati da leggi statali (sentenze n. 102 del 2008; n. 75 e n. 2 del 2006; n. 397 e n. 335 del 2005; n. 37 del 2004); c) va considerato statale e non già “proprio” della Regione, nel senso di cui al vigente art. 119 Cost., il tributo istituito e regolato da una legge statale, ancorché il relativo gettito sia devoluto alla Regione stessa (sentenze n. 298 e n. 216 del 2009); d) la disciplina, anche di dettaglio, dei tributi statali è riservata alla legge statale e l’intervento del legislatore regionale è precluso anche solo ad integrazione della disciplina, se non nei limiti stabiliti dalla legislazione statale stessa (sentenze n. 298 e n. 216 del 2009; n. 2 del 2006; n. 397 del 2005).
In forza di tali princípi, l’art. 12, comma 1, della legge reg. della Campania n. 1 del 2009 víola l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. È infatti innegabile che la previsione di un’agevolazione tributaria nella forma del credito di imposta applicabile a tributi erariali costituisce un’integrazione della disciplina dei medesimi tributi erariali, in relazione a presupposti (quali l’assunzione di persone che abbiano avuto residenza anagrafica nella Regione Campania per almeno dieci anni, in possesso di diploma di laurea in discipline tecnico-scientifiche e di ulteriori requisiti) che non sono stabiliti − direttamente o su sua autorizzazione − dalla legislazione statale. Si realizza, cosí, una violazione della competenza legislativa in materia di «sistema tributario dello Stato» che il richiamato parametro costituzionale assegna in via esclusiva allo Stato.
Dall’accoglimento della censura riferita all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. consegue l’assorbimento di tutte le ulteriori censure aventi ad oggetto il medesimo comma 1 dell’art. 12.
3. − Con riferimento alle questioni aventi ad oggetto il comma 2 dell’art. 12 della legge reg. n. 1 del 2009, occorre preliminarmente rilevare che nel ricorso, rispetto a tale disposizione, non è esplicitamente evocato il parametro di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. e non è formalmente denunciata, in relazione a detto parametro, la violazione della competenza legislativa esclusiva in materia di «sistema tributario […] dello Stato». Deve tuttavia ritenersi che tale censura (già prospettata con riguardo al comma 1 dello stesso art. 12) sia stata, nella sostanza, proposta anche per il comma 2. A tale conclusione induce una serie di elementi tra loro concordanti: a) il comma 2 è del tutto analogo al comma 1, posto che la ratio di entrambe le norme è quella di incentivare, nel territorio campano, le attività economiche che coinvolgano soggetti qualificati in discipline tecnico-scientifiche già storicamente residenti in Campania e che lo strumento per realizzare tale incentivazione è, in entrambe le disposizioni, quello dell’agevolazione tributaria nella forma del credito d’imposta, agevolazione diversa solo in ragione dei beneficiari; b) le censure relative ad ambedue i commi riguardano esclusivamente il profilo dell’agevolazione nella forma del credito d’imposta, senza che sia oggetto di critica anche la diversità soggettiva dei suddetti beneficiari; c) il complessivo tenore del ricorso proposto, al di là della formale sistematica espositiva, evidenzia l’intenzione del ricorrente di criticare sotto i medesimi profili entrambi i commi in esame.
I rilievi che precedono trovano una chiara conferma nel contenuto della delibera governativa, la quale accomuna sia il comma 1 che il comma 2 dell’art. 12 nella censura relativa alla violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
Da ciò consegue che anche nello scrutinio del comma 2 dell’art. 12 occorre esaminare prioritariamente la censura relativa alla dedotta violazione del suddetto parametro costituzionale.
In proposito, non possono che valere, in relazione alla prospettata violazione del criterio di competenza da parte della legge regionale impugnata, le medesime considerazioni già sopra svolte. Infatti, anche il comma 2 dell’art. 12 − nel prevedere la riserva di una quota dei fondi stanziati per il credito d’imposta regionale per gli investimenti ad imprese il cui capitale sociale sia detenuto, a maggioranza, da soggetti «con residenza storica di almeno dieci anni in Regione Campania», titolari di diploma di laurea in discipline tecnico-scientifiche ed in possesso, come già detto, di ulteriori requisiti − incide inevitabilmente sulla disciplina dei tributi erariali, non risultando tributi propri della Regione ai quali l’agevolazione in questione possa riferirsi.
L’art. 12, comma 2, della legge reg. della Campania n. 1 del 2009 va, dunque, dichiarato costituzionalmente illegittimo per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., perché esso dispone nella materia dei tributi erariali, che è riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Dall’accoglimento di tale censura consegue l’assorbimento degli altri profili di violazione della Costituzione dedotti dal ricorrente per la medesima disposizione.
4. − Infine, va esaminata la questione avente ad oggetto l’art. 25, comma 2, della legge reg. della Campania n. 1 del 2009.
Lo Stato assume che la norma in questione, prevedendo l’impignorabilità dei beni dei sopra menzionati enti sanitari e zooprofilattici, sottrae al regime dell’esecuzione forzata detti beni, in deroga al regime della responsabilità patrimoniale del debitore, violando cosí l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., perché incide nella materia dell’ordinamento civile, nella quale lo Stato ha potestà legislativa esclusiva.
La censura è fondata.
Questa Corte ha piú volte affermato che «l’ordinamento del diritto privato si pone quale limite alla legislazione regionale in quanto fondato sull’esigenza, sottesa al principio costituzionale di eguaglianza, di garantire nel territorio nazionale l’uniformità della disciplina dettata per i rapporti tra privati. Il limite dell’ordinamento privato, quindi, identifica un’area riservata alla competenza esclusiva della legislazione statale e comprende i rapporti tradizionalmente oggetto di codificazione» (ex plurimis, sentenze n. 295 del 2009 e n. 352 del 2001; analogamente, sentenza n. 50 del 2005).
La disposizione censurata, nel disporre la suddetta impignorabilità, introduce una limitazione al soddisfacimento patrimoniale delle ragioni dei creditori non prevista dalla normativa statale riguardante la materia, assegnando «alle situazioni soggettive di coloro che hanno avuto rapporti patrimoniali con quegli enti un regime, sostanziale e processuale, peculiare rispetto a quello (ordinario, previsto dal codice civile e da quello di procedura civile) altrimenti applicabile» (sentenza n. 25 del 2007). La norma regionale censurata opera, dunque, nell’àmbito della materia dell’«ordinamento civile», di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., e ne va di conseguenza dichiarata l’illegittimità costituzionale, restando assorbita ogni altra censura.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale degli articoli 12 e 25, comma 2, della legge della Regione Campania 16 gennaio 2009, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Campania – legge finanziaria anno 2009).
Cosí deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 marzo 2010.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Franco GALLO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 26 marzo 2010.