SENTENZA N. 25
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 3-bis, della legge della Regione Puglia 9 dicembre 2002, n. 20 (Assestamento e variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2002), introdotto dall’art. 43, comma 2, della legge della medesima Regione 7 marzo 2003, n. 4 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2003 e bilancio pluriennale 2003-2005 della Regione Puglia), come modificato dall’art. 32, della legge della medesima Regione 7 gennaio 2004, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2004 e bilancio pluriennale 2004-2006 della Regione Puglia); dell’art. 11, commi 3-ter e 3-quater, della citata legge regionale n. 20 del 2002, introdotti dall’art. 43, comma 2, della citata legge regionale n. 4 del 2003, come modificato dall’art. 32, comma 1, della citata legge regionale n. 1 del 2004; dell’art. 11, commi 3-ter 1e 3-ter 2, introdotti dall’art. 20, comma 1, della legge della Regione Puglia 4 agosto 2004, n. 14 (Assestamento e prima variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2004); dell’art. 43, comma 3, della citata legge regionale n. 4 del 2003, come modificato dall’art. 32, comma 2, della citata legge regionale n. 1 del 2004; dell’art. 6, comma 2-bis, della legge della Regione Puglia 14 gennaio 1998, n. 1 (Esercizio provvisorio del bilancio di previsione per l’anno finanziario 1998), introdotto dall’art. 31 della citata legge regionale n. 1 del 2004; promossi con ordinanze del 4 ottobre 2004 dalla Corte d’appello di Torino, del 3 giugno 2005 dal Tribunale ordinario di Lecce e del 20 novembre 2005 dal Tribunale ordinario di Trani, rispettivamente iscritte ai numeri 233 e 489 del registro ordinanze 2005 e al n. 290 del registro ordinanze 2006 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 18 e 40, prima serie speciale, dell’anno 2005 e n. 37, prima serie speciale, dell’anno 2006.
Visti gli atti di costituzione dell’Associazione Le Patriarche Italia Onlus, della Gestione liquidatoria dell’ex USL FG/2 di San Severo in liquidazione coatta amministrativa, di Antonio Campanella ed altri, della Regione Puglia, nonché l’atto di intervento della medesima Regione;
udito nell’udienza pubblica del 9 gennaio 2007 il Giudice relatore Romano Vaccarella;
uditi gli avvocati
Ritenuto in fatto
1.–
1.1.– Il giudice rimettente premette, in fatto, che la gestione liquidatoria della cessata Unità sanitaria locale Foggia 2, parte appellata, ha chiesto che sia dichiarata l’interruzione del processo in applicazione dell’art. 11, comma 3-bis, della citata legge regionale n. 20 del 2002, il quale prevede l’assoggettabilità delle gestioni liquidatorie al regime della liquidazione coatta amministrativa di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa).
1.2.– In ordine alla rilevanza della questione, il giudice rimettente osserva che la questione «appare rilevante, quanto meno, ai fini della decisione dell’istanza di interruzione».
1.3.– In
ordine alla non manifesta infondatezza della questione, il medesimo giudice
osserva che, con la norma censurata,
1.4.– Si è costituita nel giudizio davanti alla Corte la «gestione liquidatoria della ex USL FG/2 di San Severo in liquidazione coatta amministrativa», in persona del commissario liquidatore, la quale ha chiesto dichiararsi inammissibile e, comunque, infondata la questione.
1.4.1.– La deducente, premesso di essere stata posta in liquidazione coatta amministrativa, come tutte le altre gestioni liquidatorie delle soppresse unità sanitarie locali della Regione Puglia, con decreto del Presidente della Giunta regionale 18 aprile 2003, n. 261, e di avere, conseguentemente, chiesto la dichiarazione di improcedibilità o improseguibilità o, comunque, di interruzione del giudizio a quo, dovendo – secondo consolidata giurisprudenza di legittimità – ogni pretesa creditoria essere fatta valere nel procedimento di verificazione dello stato passivo, nell’ambito della procedura concorsuale, eccepisce, in primo luogo, l’irrilevanza della questione, dal momento che l’assoggettamento alla liquidazione coatta amministrativa comporta, necessariamente, la improcedibilità o improseguibilità del giudizio di appello.
1.4.2.– In secondo luogo, la deducente osserva che il giudice rimettente sospetta la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in quanto la norma denunciata non atterrebbe «al settore sanitario, ma piuttosto a quello finanziario e processuale». Sennonché il parametro costituzionale evocato contempla le materie «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa», non anche la materia finanziaria; «ne discende che risulta del tutto generica e nebulosa la censura mossa» e «ciò rende inammissibile la questione».
1.4.3.– Infine, la deducente sostiene che la norma censurata rientra nella competenza regionale in materia sanitaria, «non essendo dubitabile che l’assoggettamento alla liquidazione coatta amministrativa delle gestioni liquidatorie delle soppresse USL risponda alla finalità di controllo della spesa sanitaria e costituisca uno strumento di ripiano del disavanzo della spesa sanitaria regionale»; donde la infondatezza della questione.
1.5.– E’
intervenuta nel giudizio
1.6.– In prossimità dell’udienza, la «gestione liquidatoria della ex USL FG/2 di San Severo in liquidazione coatta amministrativa», ha depositato memoria con la quale, preliminarmente, ribadisce l’eccezione di inammissibilità della questione per irrilevanza, osservando che l’assoggettamento alla liquidazione coatta amministrativa comporta, non già l’interruzione, ma l’improseguibilità del giudizio.
Ribadisce, altresì, l’eccezione di inammissibilità della questione, in quanto il parametro costituzionale evocato contempla le materie «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa» e non anche la materia finanziaria.
1.6.1.–
Nel merito, la deducente riafferma la tesi che la norma censurata rientra nelle
materie sanitaria e finanziaria, di competenza legislativa regionale ai sensi
dell’art. 117, terzo comma, Cost. In particolare, osserva che – in armonia con
quanto dispone l’art. 4, comma 3, del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347 (Interventi urgenti in materia di spesa
sanitaria), convertito, con modificazioni, nella legge 16 novembre 2001,
n. 405, circa la copertura degli eventuali disavanzi di gestione da parte delle
Regioni «con le modalità stabilite da norme regionali» – l’assoggettamento alla
liquidazione coatta amministrativa delle gestioni liquidatorie delle soppresse
unità sanitarie locali risponde alla finalità di controllo della spesa
sanitaria e costituisce, appunto, una delle misure idonee al contenimento di
detta spesa. D’altronde, la liquidazione coatta amministrativa, con il suo
carattere di procedura eminentemente amministrativa, cui più volte
La norma censurata, secondo la deducente, non comporta nemmeno violazione dell’art. 2 della legge fallimentare («La legge determina le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa, i casi per le quali la liquidazione coatta amministrativa può essere disposta e l’autorità competente a disporla»), in quanto la «legge», cui esso rinvia, ben può essere una legge regionale, nelle materie di competenza legislativa delle Regioni.
Infine, come è stato più volte affermato dalla Corte costituzionale, nella liquidazione coatta amministrativa l’obbligatorietà del preventivo espletamento del procedimento amministrativo per l’accertamento dei crediti non comporta illegittima limitazione della tutela giurisdizionale, ma solo un semplice differimento di questa.
1.7.– L’interventrice Regione Puglia, con memoria depositata in
prossimità dell’udienza, eccepita, in via preliminare, l’inammissibilità della
questione per erronea indicazione del parametro costituzionale, nel merito,
osserva che, a seguito della riforma costituzionale del 2001, le Regioni sono
divenute titolari, in materia sanitaria, di una competenza legislativa
concorrente dai confini più ampi rispetto a quella del previgente art. 117
Cost. Infatti,
Posto che,
a seguito della soppressione delle unità sanitarie locali, è stata realizzata – come statuito dalla giurisprudenza di
legittimità – una sorta di
successione ex lege
delle Regioni nei rapporti obbligatori già di pertinenza delle gestioni
liquidatorie delle soppresse USL, la decisione della Regione Puglia di
assoggettare le predette gestioni liquidatorie alla procedura di liquidazione
coatta amministrativa è una scelta «totalmente riconducibile alle modalità
gestionali-operative, che
1.7.1.– Sotto altro profilo, l’interventrice osserva che la norma regionale censurata risponde al modello previsto dalla normativa statale in tema di liquidazione di enti pubblici soppressi e rappresenta una coerente trasposizione in ambito regionale degli strumenti già adottati da detta normativa, volti essenzialmente a razionalizzare la spesa pubblica e a conseguire obiettivi generali di finanza pubblica.
Sotto un ulteriore profilo, osserva che la liquidazione coatta amministrativa non ha carattere giurisdizionale, rivestendo invece i tratti di una procedura amministrativa, e che essa, come riconosciuto più volte dalla Corte costituzionale, non comporta alcuna illegittima compressione della tutela giurisdizionale.
Ricorda, poi, come la medesima Corte ha avuto modo di precisare che «l’incidenza sulla competenza regionale del limite del diritto privato non opera in modo assoluto, in quanto anche la disciplina dei rapporti privatistici può subire un qualche adattamento, ove questo risulti in stretta connessione con la materia di competenza regionale e risponda al criterio di ragionevolezza» (sentenza n. 352 del 2001).
Infine, rileva che il richiamo alla «legge», fatto dall’art. 2 della legge fallimentare, deve intendersi come riferimento a una legge speciale e di settore, per cui la legge regionale «appare perfettamente idonea a disporre l’assoggettamento delle gestioni liquidatorie alla procedura di liquidazione coatta, nell’ambito delle materie rientranti nella propria competenza legislativa».
2.– In un giudizio civile ai sensi
dell’art. 548 del codice di procedura
civile, il Tribunale ordinario di Lecce, con ordinanza del 3 giugno
2.1.– Il giudice rimettente riferisce,
in fatto, che, promossa da un creditore espropriazione presso terzi in danno
della Unità sanitaria locale Lecce 3 e instaurato il giudizio per
l’accertamento dell’obbligo del terzo, ai sensi dell’art. 548 cod. proc. civ., in tale giudizio si è costituita la gestione
liquidatoria della predetta USL, la quale ha eccepito la sopravvenuta
improcedibilità della domanda, per essere stata disposta la liquidazione
coatta amministrativa delle soppresse unità sanitarie locali pugliesi, con
decreto del Presidente della Giunta regionale 18 aprile 2003, n. 261, emanato
in attuazione dell’art. 43, comma 2, della legge regionale n. 4 del 2003,
modificativo dell’art. 11 della legge regionale n. 20 del 2002; mentre la parte
istante ha eccepito, a sua volta, la incostituzionalità di tale normativa
regionale. Riferisce, altresì, che è stata ordinata, ai sensi dell’art. 107
cod. proc. civ., la chiamata in causa della Regione
Puglia, quale successore ex lege delle soppresse unità sanitarie locali nei
rapporti già a queste facenti capo, e che
2.2.– Quanto alla rilevanza della questione, il giudice rimettente osserva che, avendo l’art. 11, comma 3-bis, della legge regionale n. 20 del 2002 (introdotto dall’art. 43, comma 2, della legge regionale n. 4 del 2003 e poi modificato dall’art. 32, comma 1, della legge regionale n. 1 del 2004), reso applicabile alle gestioni liquidatorie delle soppresse unità sanitarie locali la disciplina della liquidazione coatta amministrativa, e, segnatamente, dell’art. 201 della legge fallimentare, che richiama l’art. 51 della stessa legge – a norma del quale «dal giorno della dichiarazione di fallimento nessuna azione individuale esecutiva può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento» –, dovrebbe dichiararsi l’improcedibilità del giudizio pendente dinanzi a lui, in conformità all’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’azione di accertamento del credito pignorato ai sensi dell’art. 548 cod. proc. civ. non può essere proseguita a seguito del fallimento del debitore.
2.3.– Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, il giudice a quo, premessa una ricostruzione del quadro normativo statale, osserva che, sulla base delle norme statali, la consolidata giurisprudenza di legittimità ritiene essersi realizzata una fattispecie di successione ex lege delle Regioni nei rapporti obbligatori già facenti capo alle soppresse unità sanitarie locali, sicché spetta alle Regioni provvedere all’estinzione dei relativi debiti.
2.3.1.–
Rilevato che dalla legislazione statale si evince il principio fondamentale,
per il quale le Regioni debbono farsi carico integralmente delle anzidette
obbligazioni, il giudice a quo
osserva che a tale principio non si adeguano le norme regionali denunciate, dal
momento che, in base ad esse,
Le disposizioni censurate – conclude il giudice a quo – violano l’art. 117, terzo comma, Cost.
2.3.2.– Il giudice rimettente osserva, poi, che, sotto altro profilo, le medesime disposizioni regionali violano, altresì, l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riserva allo Stato la potestà legislativa esclusiva in materia di «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa», atteso che la disciplina della liquidazione coatta amministrativa rientra sia nella materia «ordinamento civile», sia in quella «norme processuali».
In questa prospettiva, la «legge», cui fa rinvio l’art. 2, primo comma, della legge fallimentare, «non può che essere quella statale». E «non sembra potersi individuare alcuna norma statale che legittimi le Regioni a disporre la liquidazione coatta amministrativa delle gestioni liquidatorie delle USL».
2.1.6.– Il giudice rimettente osserva, ancora, che il citato art. 6, comma 2-bis, della legge regionale n. 1 del 1998, laddove stabilisce che «è esclusa ogni legittimazione passiva, sostanziale e processuale della Regione per l’eventuale residuo passivo conseguente alla chiusura delle gestioni liquidatorie», non consentendo al creditore di agire in giudizio, «temporaneamente, per le somme inserite nello stato passivo della procedura concorsuale; in via definitiva, per gli eventuali crediti non inseriti nello stato passivo e per tutti gli interessi maturati a partire dal 1° maggio 2003», viola gli artt. 24 e 113 Cost., che riconoscono a chiunque il diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti, anche nei confronti della pubblica amministrazione.
2.3.3.– Infine, ad avviso del giudice a quo, le norme regionali denunciate violano il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., per la disparità di trattamento che determinano fra i creditori delle USL pugliesi e i creditori delle USL di altre Regioni.
2.4.– Si è
costituita nel giudizio davanti alla Corte
2.4.1.– La deducente osserva che l’art. 117, terzo comma, Cost. stabilisce che sono materie di legislazione concorrente – nelle quali «spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato» – tra le altre, quelle relative a «tutela della salute» e «armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario».
Le norme regionali censurate sono state emanate dalla Regione Puglia nell’esercizio della propria potestà legislativa «in materia di organizzazione degli strumenti della salute».
L’art. 2 del r.d. n. 267 del 1942 ben consente che la «legge» ivi richiamata, in una materia come quella sanitaria, nella quale le Regioni hanno potestà legislativa concorrente, sia anche quella regionale.
Non sussiste, perciò, la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
2.4.2.– La deducente sostiene, poi, che le norme denunciate non collidono con alcun principio fondamentale posto dalla legislazione statale.
Infatti, le norme stesse, da un lato, non urtano con le disposizioni «che impongono di non far gravare sulle neocostituite ASL i debiti pregressi delle soppresse USL» e, dall’altro, mediante lo strumento della procedura di liquidazione coatta amministrativa, perseguono l’obiettivo di contenere la spesa sanitaria, in conformità con la normativa statale in materia.
In
particolare, l’assunzione delle obbligazioni delle soppresse unità sanitarie
locali da parte delle Regioni non può comportare che queste ultime «si facciano
carico di garantire la totale disponibilità finanziaria, a scapito degli
obiettivi di contenimento della spesa e di armonizzazione dei bilanci pubblici,
e della effettiva disponibilità finanziaria; per cui, a fronte di una
situazione, quale quella accertata, gravemente deficitaria,
Le norme censurate, pertanto, non violano nemmeno l’art. 117, terzo comma, Cost.
2.4.3.–
Con memoria depositata in prossimità dell’udienza,
Conclude, pertanto, per l’inammissibilità della questione e, riportandosi integralmente alle argomentazioni svolte nell’atto di costituzione, altresì, per l’infondatezza della medesima.
3.– In
alcuni giudizi ai sensi degli artt. 98 e 101 della legge fallimentare, riuniti
in un unico procedimento, il giudice istruttore del Tribunale ordinario di
Trani, con ordinanza del 29 novembre
3.1.– Il giudice rimettente riferisce, in fatto, che, essendo stata disposta la liquidazione coatta amministrativa della gestione liquidatoria della soppressa Unità sanitaria locale Bari 1 ed avendo il commissario liquidatore, in applicazione dell’art. 209 della legge fallimentare, depositato in cancelleria l’elenco dei crediti ammessi o respinti, sono state proposte da taluni creditori opposizioni e dichiarazioni tardive di credito, ai sensi, rispettivamente, degli artt. 98 e 101 della medesima legge fallimentare (richiamati dal citato art. 209), in contraddittorio del commissario liquidatore.
Lo stesso giudice precisa che nei confronti di alcuni creditori è stato richiesto di «provvedere all’ammissione con decreto, stante l’accordo delle parti sull’ammontare del credito preteso».
3.2.– Quanto alla rilevanza della questione, il giudice a quo osserva che, in virtù della norma regionale denunciata, il Tribunale è chiamato a pronunciarsi sui crediti, per cui è causa, nelle forme della procedura concorsuale e facendo applicazione delle norme della legge fallimentare da detta noma richiamate.
3.3.–
Quanto alla non manifesta infondatezza, il medesimo giudice, premesso che
l’art. 117, secondo comma, lettera l),
Cost., attribuisce alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, tra le
altre, le materie relative a «giurisdizione e norme processuali; ordinamento
civile e penale; giustizia amministrativa», osserva che
3.4.– Si sono costituiti nel giudizio davanti alla Corte Antonio Campanella, Giuseppe Scarciello, Ruggiero Piazzola e Michele Cafagna, creditori istanti nel processo a quo, i quali hanno chiesto dichiararsi infondata la questione di legittimità costituzionale.
3.4.1.– I
deducenti, premesso di aver stipulato un accordo transattivo con il commissario
liquidatore, formalizzato nell’udienza dinanzi al giudice istruttore, osservano
che «
3.4.2.– Sostengono, infine, che, avendo la normativa regionale previsto il concorso finanziario della Regione Puglia per assicurare il soddisfacimento dei creditori ammessi al passivo, non sussiste alcun profilo di disparità di trattamento e, dunque, alcuna violazione dell’art. 3 Cost.
Considerato in diritto
1.–
Il
Tribunale di Lecce, inoltre, censura, in riferimento all’art. 117, comma terzo,
Cost., l’art. 43, comma 3, della legge regionale n. 4 del 2003, come modificato
dall’art. 32, comma 2, della legge regionale n. 1 del 2004, il quale prevede
che l’apertura della procedura è disposta con decreto del Presidente della
Giunta regionale e che «
2.– Preliminarmente, va ribadita – come da ordinanza della quale si è data lettura in udienza – l’inammissibilità, per tardività, dell’intervento spiegato nel giudizio n. 233 del 2005 dalla Associazione Le Patriarche Italia Onlus.
3.– Poiché le ordinanze di rimessione sollevano questioni sostanzialmente analoghe relativamente alla norma della legge regionale che dispone la sottoposizione delle gestioni liquidatorie delle USL pugliesi alla procedura di liquidazione coatta amministrativa, deve essere disposta la riunione dei relativi giudizi.
4.– La questione sollevata dalla Corte d’appello di Torino è inammissibile.
Adita a
seguito di appello proposto da un preteso creditore – la cui domanda, avanzata
(per quel che qui interessa) nei confronti della gestione liquidatoria di una
USL, non era stata accolta in primo grado –
In realtà,
dovendo nel caso di specie trovare applicazione – in virtù del rinvio operato
dall’art. 201 della legge fallimentare – l’art. 52, comma secondo, della
medesima legge (in base al quale «Ogni credito […] deve essere accertato
secondo le norme stabilite dal capo V, salvo diverse disposizioni della
legge»),
L’assenza,
nell’ordinanza di rimessione, di ogni cenno a tale preliminare questione, e
alla soluzione che
5.– Le questioni sollevate dal Tribunale di Lecce, relativamente alle norme che dispongono in ordine all’apertura della procedura di liquidazione coatta amministrativa con decreto del Presidente della Giunta regionale e alla «disponibilità di fonti finanziarie» da parte della Regione (art. 43, comma 2, della legge regionale n. 4 del 2003, come modificato dall’art. 32, comma 2, della legge regionale n. 1 del 2004), nonché relativamente alla norma che esclude «ogni legittimazione passiva, sostanziale e processuale della Regione per l’eventuale residuo passivo conseguente alla chiusura delle gestioni liquidatorie» (art. 6, comma 2-bis, della legge regionale n. 1 del 1998 introdotto dall’art. 31 legge regionale n. 1 del 2004), sono inammissibili per irrilevanza.
Il
giudizio a quo, previsto dall’art.
548 del codice di procedura civile, aveva ed ha quale suo unico possibile
oggetto l’accertamento dell’esistenza di un credito della USL – soggetto
passivo dell’espropriazione – nei confronti di un terzo (debitor debitoris), e pertanto è evidente
che il giudice investito di tale giudizio – come anche il giudice
dell’esecuzione – mai avrebbe potuto, né potrebbe fare applicazione delle norme
censurate, ed in particolare di quelle che delimitano o escludono la
responsabilità patrimoniale della Regione per i debiti delle USL. Né l’oggetto
del giudizio a quo – per sua natura
intimamente collegato alla procedura esecutiva dalla quale scaturisce – avrebbe
potuto essere ampliato dall’ordine di chiamata in causa della Regione emesso ai
sensi dell’art. 107 cod. proc. civ., ove con tale
ordine il giudice, in modo manifestamente abnorme, avesse inteso porre le
premesse per accertare, per giunta d’ufficio, l’esistenza di un ulteriore
debitore (
6.– La questione di legittimità costituzionale, sollevata dai Tribunali di Lecce e Trani nei confronti dell’art. 11, comma 3-bis, della legge regionale n. 20 del 2002 – introdotto dall’art. 43, comma 2, legge regionale n. 4 del 2003, come modificato dall’art. 32, comma 1, legge regionale n. 1 del 2004 –, è, viceversa, rilevante in entrambi i giudizi.
6.1.– Il Tribunale di Lecce, infatti, non potrebbe procedere, in virtù dell’art. 51 della legge fallimentare (richiamato dall’art. 201 della stessa legge), in quella fase del processo d’espropriazione che è costituita dal giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo; fase che, pur avendo natura e forma di giudizio di cognizione ordinaria, è funzionale al processo esecutivo (tanto che questo, ove quel giudizio non venisse promosso a seguito di dichiarazione negativa del terzo, si estinguerebbe) e trae da esso il proprio oggetto.
6.2.– Il giudice istruttore del Tribunale di Trani, a sua volta, in forza della norma censurata è investito sia del potere (ex art. 101, comma terzo, della legge fallimentare, nel testo previgente) di disporre con suo decreto l’ammissione al passivo del credito tardivamente fatto valere, sia della qualità di giudice istruttore di un organo giudicante collegiale (ex art. 50-bis, comma primo, n. 2, cod. proc. civ.): sicché sotto entrambi tali profili la questione sollevata è rilevante nel giudizio a quo.
7.– La questione è fondata in riferimento all’art. 117, comma secondo, lettera l), Cost.
7.1.– La tesi della Regione Puglia e della ex USL FG/2 di San Severo – secondo la quale la norma in questione costituirebbe espressione della potestà legislativa regionale in materia di «tutela della salute», in quanto atterrebbe alla «organizzazione del servizio sanitario» e si collegherebbe, altresì, all’esigenza di «coordinamento della finanza pubblica» – non merita adesione.
Ai fini della soluzione della questione di competenza disciplinata dall’art. 117, commi secondo e terzo, Cost., come sollevata dalle ordinanze di rimessione, non è rilevante la circostanza che la norma censurata riguardi enti (già) operanti nel settore sanitario, ma la concreta disciplina – in sé considerata – posta in essere dalla norma; ed in base al medesimo criterio deve escludersi che l’obbiettivo («controllo della spesa sanitaria»), in vista del quale la norma è stata emanata, sia idoneo a ricondurla alla materia «armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica».
7.2.– Disponendo che certi enti sono sottoposti alla procedura di liquidazione coatta amministrativa, la legge regionale assegna (tra l’altro) alle situazioni soggettive di coloro che hanno avuto rapporti con quegli enti un regime, sostanziale e processuale, peculiare rispetto a quello (ordinario, previsto dal codice civile e da quello di procedura civile) altrimenti applicabile: sicché, quando l’art. 2 della legge fallimentare prevede che a determinare le imprese assoggettabili a tale procedura concorsuale sia "la «legge»”, tale espressione non può che essere intesa nel senso di legge idonea ad incidere – perché emanata da chi ha la relativa potestà – sul regime, sostanziale e processuale, delle situazioni soggettive coinvolte nella procedura.
La circostanza che la liquidazione coatta amministrativa abbia natura amministrativa non rileva sotto alcun profilo, dal momento che fin dalla sua apertura tale procedura amministrativa comporta rilevanti effetti sulla tutela giurisdizionale dei crediti ed effetti, altresì, di diritto sostanziale (artt. 55 e seguenti della legge fallimentare): sicché è in relazione all’idoneità a produrre tali effetti – di natura sostanziale e processuale – che va determinata la spettanza della potestà legislativa ai sensi dell’art. 117 Cost. e va, conseguentemente, negata – con assorbimento di ogni altro profilo – quella della Regione Puglia.
8.– La dichiarazione di illegittimità costituzionale del citato art. 11, comma 3-bis – per violazione dell’art. 117, comma secondo, lettera l), Cost., laddove riserva allo Stato la potestà legislativa in materia di «giurisdizione e norme processuali» e di «ordinamento civile» – comporta, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzionale e sul funzionamento della Corte costituzionale), l’illegittimità costituzionale di tutte le norme regionali che presuppongono l’assoggettamento alla procedura di liquidazione coatta amministrativa delle USL in gestione liquidatoria e, pertanto, dei commi 3-ter, 3-ter 1, 3-ter 2 e 3-quater dell’art. 11 della legge regionale n. 20 del 2002, nonché del comma 3, lettere a), b), c), d), e-bis) dell’art. 43 della legge regionale n. 4 del 2003.
8.1.– La
dichiarazione di illegittimità costituzionale deve, infine, essere estesa, ai
sensi dell’art. 27 della legge n. 87 del 1953, all’art. 6, comma 2-bis, della legge regionale n. 1 del
per questi motivi
riuniti i giudizi,
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 11, comma 3-bis, della legge della Regione Puglia 9 dicembre 2002, n. 20 (Assestamento e variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2002), introdotto dall’art. 43, comma 2, della legge della medesima Regione 7 marzo 2003, n. 4 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2003 e bilancio pluriennale 2003-2005 della Regione Puglia), come modificato dall’art. 32, comma 1, della legge della medesima Regione 7 gennaio 2004, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2004 e bilancio pluriennale 2004-2006 della Regione Puglia);
2) dichiara, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l’illegittimità, costituzionale dell’art. 11 della legge regionale n. 20 del 2002, commi 3-ter e 3-quater, introdotti dall’art. 43, comma 2, della legge regionale n. 4 del 2003, come modificato dall’art. 32, comma 1, della legge regionale n. 1 del 2004; dell’art. 11 della legge regionale n. 20 del 2002, commi 3-ter 1 e 3-ter 2, introdotti dall’art. 20, comma 1, della legge regionale 4 agosto 2004, n. 14 (Assestamento e prima variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2004); dell’art. 43 della legge regionale n. 4 del 2003, comma 3, lettere a) e b), nonché lettere c), d) (come modificate dall’art. 32, comma 2, della legge regionale n. 1 del 2004) ed e-bis) (introdotta – quest’ultima – dall’art. 32, comma 2, della legge regionale n. 1 del 2004); dell’art. 6, comma 2-bis, della legge della Regione Puglia 14 gennaio 1998, n. 1 (Esercizio provvisorio del bilancio di previsione per l’anno finanziario 1998), introdotto dall’art. 31 della legge regionale n. 1 del 2004;
3) dichiara inammissibile l’intervento spiegato dalla Associazione Le Patriarche Italia Onlus nel giudizio n. 233 r.o. del 2005;
4) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 3-bis, della legge regionale n. 20 del 2002, introdotto dall’art. 43, comma 2, della legge regionale n. 4 del 2003, come modificato dall’art. 32, comma 1, della legge regionale n. 1 del 2004, sollevata, in riferimento all’art. 117, comma secondo, lettera l), della Costituzione, dalla Corte d’appello di Torino con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 gennaio
2007.
F.to:
Depositata
in Cancelleria il 6 febbraio 2007.
Allegato:
Ordinanza letta all’udienza del 9 gennaio 2007
ORDINANZA
Rilevato che l’intervento dell’Associazione Le Patriarche Italia, Onlus, è avvenuto oltre il termine di giorni venti dalla pubblicazione dell’ordinanza di rimessione sulla Gazzetta Ufficiale, laddove tale intervento sarebbe tempestivo ove il dies a quo fosse individuato nella pubblicazione dell’ordinanza sul Bollettino Ufficiale della Regione;
ritenuto che, ai fini della decorrenza
del termine di decadenza per la costituzione delle parti nel giudizio di
legittimità costituzionale, è decisiva esclusivamente la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, come rende chiaro il
riferimento soltanto a tale pubblicazione operato dall’art. 3, co. 2°, delle
Norme integrative, in ossequio al principio per cui un termine perentorio non
può avere che un’unica data di sua decorrenza;
per questi motivi
dichiara inammissibile l’intervento
dell’Associazione Le Patriarche Italia, Onlus.
Firmato: Franco Bile, Presidente