Sentenza n. 252 del 2016

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SENTENZA N. 252

ANNO 2016

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Paolo                       GROSSI                                                         Presidente

- Alessandro              CRISCUOLO                                                  Giudice

- Giorgio                    LATTANZI                                                           ”

- Aldo                        CAROSI                                                                ”

- Marta                      CARTABIA                                                          ”

- Mario Rosario         MORELLI                                                             ”

- Giancarlo                CORAGGIO                                                         ”

- Giuliano                  AMATO                                                                ”

- Silvana                    SCIARRA                                                             ”

- Daria                       de PRETIS                                                            ”

- Nicolò                     ZANON                                                                ”

- Augusto Antonio    BARBERA                                                           ”

- Giulio                      PROSPERETTI                                                     ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 4 della legge della Regione Sardegna 20 dicembre 2013, n. 36 (Disposizioni urgenti in materia di protezione civile), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 28 febbraio - 5 marzo 2014, depositato in cancelleria il 6 marzo 2014 ed iscritto al n. 18 del registro ricorsi 2014.

            Visto l’atto di costituzione della Regione Sardegna;

            udito nell’udienza pubblica del 18 ottobre 2016 il Giudice relatore Nicolò Zanon;

            uditi l’avvocato dello Stato Roberta Guizzi per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Massimo Luciani per la Regione Sardegna.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso spedito per la notifica il 28 febbraio 2014, depositato il 6 marzo 2014 e iscritto al n. 18 del registro ricorsi 2014,  il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale in via principale degli artt. 1 e 4 della legge della Regione Sardegna 20 dicembre 2013, n. 36 (Disposizioni urgenti in materia di protezione civile).

1.1.– Secondo il ricorrente le disposizioni impugnate recherebbero norme in materia di protezione civile che eccedono dalle competenze attribuite alla Regione Sardegna dagli artt. 3, 4 e 5 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna) e dalle relative disposizioni di attuazione. In virtù della clausola di equiparazione alle Regioni ordinarie di cui all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), la Regione Sardegna sarebbe titolare, in materia di protezione civile, di potestà legislativa da esercitare in conformità ai principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato. Secondo l’Avvocatura generale dello Stato, gli artt. 1 e 4 della legge reg. Sardegna n. 36 del 2013 contrasterebbero con l’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione ai principi fondamentali stabiliti, in materia di protezione civile, dall’art. 108, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59).

In particolare, il censurato art. 1 della legge reg. Sardegna n. 36 del 2013 istituisce gli uffici territoriali periferici di protezione civile e attribuisce loro alcune funzioni da svolgere in ambito sovra-comunale, mentre l’art. 4 della medesima legge apporta modifiche agli artt. 69 e 70 della legge della Regione Sardegna 12 giugno 2006, n. 9 (Conferimento di funzioni e compiti agli enti locali), così da sottrarre alle Province funzioni e compiti in materia di protezione civile.

Assume il ricorrente che dalla lettura congiunta di tali disposizioni si evincerebbe che, dalla data di entrata in vigore della legge impugnata, la Regione non potrebbe più porre in essere, secondo quanto invece previsto dall’art. 108, comma 1, lettera a), numero 3), del d.lgs. n. 112 del 1998, l’attività di indirizzo e coordinamento per la predisposizione dei piani provinciali di emergenza per gli eventi di cui all’art. 2, comma 1, lettera b), della legge 24 febbraio 1992, n. 225 (Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile), ossia per gli «eventi naturali o connessi con l’attività dell’uomo che per loro natura ed estensione comportano l’intervento coordinato di più enti o amministrazioni competenti in via ordinaria».

In secondo luogo, secondo l’Avvocatura generale dello Stato, non sarebbero più esercitate le funzioni provinciali di cui all’art. 70, commi 1 (recte: 2), lettera c), 3 e 4 della legge reg. Sardegna n. 9 del 2006 (appunto abrogati dall’art. 4 della legge reg. Sardegna n. 36 del 2013, impugnato di fronte alla Corte costituzionale), i quali darebbero attuazione all’art. 108, comma 1, lettera b), numero 2) e numero 3), del d.lgs. n. 112 del 1998. Non vi sarebbe, pertanto, più alcun ente territoriale che, per l’ambito provinciale, possa porre in essere le funzioni di attuazione delle attività di previsione e prevenzione dei rischi, di predisposizione dei piani provinciali di emergenza, di vigilanza e di predisposizione dei servizi urgenti, anche di natura tecnica, da porre in essere al verificarsi degli eventi elencati all’art. 2, comma 1, lettera b), della legge n. 225 del 1992.

Rileva, inoltre, il ricorrente che le disposizioni impugnate, non prevedendo una disciplina transitoria atta a regolamentare il passaggio delle competenze attribuite all’alveo regionale e l’esercizio delle stesse nelle more della costituzione degli uffici territoriali di protezione civile, violerebbero la ricordata disciplina statale interposta, incidendo sulle funzioni di salvaguardia del territorio e della popolazione già attribuite al territorio provinciale.

Le norme censurate sarebbero, infine, costituzionalmente illegittime avuto riguardo agli interessi salvaguardati dal Servizio nazionale di protezione civile (art. 1 della legge n. 225 del 1992), di cui l’articolazione territoriale entra a far parte, in quanto «la popolazione, anche turistica», non potrebbe dirsi adeguatamente salvaguardata dalla disciplina oggetto del giudizio, e comunque sarebbe soggetta ad una disparità di trattamento rispetto alla popolazione delle restanti Regioni italiane.

2.– Si è costituita in giudizio, con atto depositato il 14 aprile 2014, la Regione Sardegna, chiedendo che il ricorso sia dichiarato improcedibile o inammissibile o, in subordine, infondato.

Ritiene anzitutto la Regione che il ricorso sarebbe improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse, in quanto le norme interposte individuate dal ricorrente dovrebbero intendersi implicitamente abrogate dall’art. 1, comma 85, della legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni), il quale, nell’elencare le funzioni che, esplicitamente e tassativamente, residuano in capo alle Province come enti di area vasta non include le competenze in materia di protezione civile.

Il ricorso sarebbe, inoltre, inammissibile in quanto il ricorrente non avrebbe tenuto alcun conto delle disposizioni statutarie che assicurano alla Regione Sardegna lo speciale ambito di autonomia di cui gode ai sensi dell’art. 116 Cost. e del suo statuto speciale. Invero, quest’ultimo attribuisce alla Regione rilevanti competenze in riferimento agli enti locali e, segnatamente, alle Province, demandando alla potestà legislativa esclusiva della Regione l’«ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni» (art. 3, primo comma) e prevedendo che «[c]on legge regionale possono essere modificate le circoscrizioni e le funzioni delle province» (art. 43, secondo comma). Nel ricorso dello Stato non vi sarebbe alcun riferimento a tali disposizioni statutarie, né sarebbe dimostrato che la legge impugnata esorbiterebbe dalle competenze statutarie della Regione.

Il ricorso sarebbe, inoltre, inammissibile, poiché non espliciterebbe le ragioni per le quali la normativa statale evocata a parametro interposto esprimerebbe un principio fondamentale, a cui la Regione Sardegna si sarebbe dovuta adeguare. La mancanza di argomentazione sul punto sarebbe a più forte ragione motivo di inammissibilità, dal momento che tali disposizioni sono particolarmente dettagliate, e, dunque, la loro natura di principio avrebbe avuto bisogno di specifica dimostrazione.

Il ricorso sarebbe, infine, inammissibile per carenza di motivazione sui parametri evocati.

Nel merito, la difesa della Regione Sardegna chiede alla Corte costituzionale di dichiarare la non fondatezza della questione proposta, in quanto lo statuto speciale per la Sardegna autorizzerebbe la Regione a modificare le attribuzioni assegnate alle Province, ivi comprese quelle relative alla protezione civile: ritiene la difesa regionale che, come l’art. 3, primo comma, dello statuto attribuirebbe alla Regione il potere di istituire (o, specularmente, sopprimere) alcune Province, così l’art. 43, secondo comma, del medesimo statuto consentirebbe alla Regione di modificare le attribuzioni e le funzioni di tali enti.

Parimenti non fondate sarebbero le censure che fanno riferimento ad una pretesa incapacità delle norme impugnate di garantire un’adeguata tutela degli interessi salvaguardati dal Servizio nazionale di protezione civile, in quanto le norme regionali identificano in modo dettagliato le competenze degli uffici territoriali di protezione civile, così da garantire al meglio la funzionalità della protezione civile nei rispettivi ambiti territoriali di competenza. A queste si affiancherebbero, inoltre, in un unico coerente quadro normativo, le funzioni esercitate in materia di protezione civile dalla Regione e dai Comuni.

La difesa regionale osserva che la questione proposta dallo Stato non sarebbe fondata anche sotto altro e diverso aspetto: ferma restando la competenza esclusiva della Regione Sardegna in materia di enti locali, l’entrata in vigore della ricordata legge n. 56 del 2014 – e, in particolare, dell’art. 1, commi 85 e 89, i quali ultimi non assegnano più alle Province alcuna competenza in materia di protezione civile – dimostrerebbe come il Presidente del Consiglio dei ministri vorrebbe contraddittoriamente conservare in capo alle Province sarde competenze che non devono più essere obbligatoriamente esercitate dalle Province delle Regioni ordinarie.

Osserva, infine, la Regione Sardegna che le norme impugnate, come recita lo stesso art. 1 della legge reg. Sardegna n. 36 del 2013, intervengono nelle more della ridefinizione dell’assetto delle autonomie locali della Regione Sardegna determinatosi a seguito del referendum svoltosi il 6 maggio 2012. Ne conseguirebbe che l’istituzione di uffici territoriali della Direzione generale della protezione civile e l’attribuzione ad essi delle funzioni elencate dalla disposizione oggetto del presente giudizio rientrano nel complessivo disegno di riforma del sistema degli enti territoriali sardi.

3.– Con memoria depositata il 23 dicembre 2014, in vista dell’udienza pubblica del 13 gennaio 2015, poi rinviata, la Regione Sardegna insiste per l’improcedibilità, o l’inammissibilità o, in subordine, per l’infondatezza del ricorso statale.

In particolare, essa ricorda che le disposizioni impugnate si sarebbero limitate a trasferire agli uffici territoriali di protezione civile, quali strutture periferiche della Direzione generale di protezione civile, le funzioni esercitate dalle Province sarde, le quali, per volontà degli elettori, sono in corso di soppressione.

In secondo luogo, contesta che l’ambito materiale in esame sia solo quello della protezione civile, ex art. 117, terzo comma, Cost., poiché le disposizioni impugnate afferirebbero anche alla materia «ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi», di esclusiva competenza regionale, e, anzi, il giudizio di prevalenza dovrebbe far propendere la Corte costituzionale per una dichiarazione di afferenza delle disposizioni impugnate a questo secondo ambito materiale.

La difesa della Regione Sardegna ricorda, inoltre, la sentenza n. 220 del 2013,nella quale la Corte costituzionale avrebbe ribadito che «la disciplina statale in materia di funzioni provinciali non si applica alle regioni autonome, tra cui la resistente, che hanno competenza esclusiva in materia». Anche per tale ragione non vi sarebbe, dunque, lesione dell’art. 117, terzo comma, Cost.

Quanto alle eccezioni processuali già indicate nella memoria di costituzione in giudizio, la difesa della Regione Sardegna insiste, anzitutto, nella richiesta di una declaratoria di improcedibilità del ricorso, in quanto la legge n. 56 del 2014 avrebbe implicitamente abrogato le disposizioni evocate dallo Stato quali parametri interposti. A sostegno di questo argomento, sottolinea che la legge n. 56 del 2014 è stata in alcune parti novellata dal decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 agosto 2014, n. 114, e che, anche in seguito a tali modifiche, le funzioni di protezione civile non solo non sono state affidate alle Province, ma, anzi, il legislatore avrebbe previsto la possibilità che i Comuni attribuiscano tali funzioni alle unioni di Comuni. Inoltre, ricorda come neppure dagli accordi, siglati in sede di Conferenza unificata, volti a dare attuazione alla legge n. 56 del 2014, si possa desumere il mantenimento delle funzioni di protezione civile in capo alle Province.

Quanto alla manifesta inammissibilità del ricorso, già evidenziata nell’atto di costituzione in giudizio, la difesa della Regione Sardegna ribadisce come il ricorrente non abbia tenuto alcun conto delle disposizioni statutarie che assicurano alla Regione lo speciale ambito di autonomia di cui gode ai sensi dell’art. 116 Cost. e della legge cost. n. 3 del 1948, mentre la giurisprudenza della Corte costituzionale pretenderebbe che il ricorso ricostruisca l’esatto perimetro del thema decidendum anche alla luce del differente regime di riparto delle competenze stabilito dalla Costituzione per le Regioni ordinarie e dallo statuto per le Regioni autonome (è menzionata, sul punto, in particolare, la sentenza n. 288 del 2013).

Il ricorso sarebbe, infine, inammissibile poiché non avrebbe motivato, nemmeno succintamente, per quale ragione le disposizioni invocate a parametro interposto costituirebbero principi fondamentali.

4.– In prossimità dell’udienza pubblica del 18 ottobre 2016, la Regione Sardegna ha depositato, in data 16 settembre 2016, alcuni documenti al fine di dimostrare le modalità di funzionamento del sistema regionale di protezione civile. In data 27 settembre 2016, ha inoltre presentato istanza di rinvio dell’udienza, in quanto sarebbe all’esame della Giunta regionale uno schema di deliberazione concernente «Indirizzi per l’attivazione e l’allestimento degli uffici territoriali quali strutture periferiche della Direzione generale della Protezione civile previsti dall’art. 1 della L.R. n. 36/2013».

Sempre in data 27 settembre 2016 la difesa regionale ha depositato una memoria in cui ribadisce la richiesta di improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse del ricorrente a coltivare il gravame, in quanto la legge n. 56 del 2014 avrebbe abrogato le disposizioni evocate a parametro interposto. In alternativa, insiste per l’inammissibilità del ricorso, proprio perché tali norme interposte sarebbero state abrogate. A tal fine, la difesa regionale ricorda che – nella legge n. 56 del 2014 e negli atti che sono stati in seguito approvati dalla Conferenza unificata – le funzioni di protezione civile non rientrano tra le funzioni fondamentali che devono essere mantenute in capo alle Province.

Ribadisce, in subordine, l’eccezione di inammissibilità in quanto il ricorrente non avrebbe indicato le disposizioni che assicurano alla Regione Sardegna uno speciale ambito di autonomia e, in particolare, l’art. 3, primo comma, lettera b), dello statuto, che assegnerebbe alla Regione una competenza legislativa di rango primario in materia di «ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni», e l’art. 43 del medesimo statuto, che rimetterebbe alla legge regionale la disciplina delle «funzioni» delle Province.

Nel chiedere che, nel merito, il ricorso sia rigettato, la difesa regionale illustra l’attuale organizzazione e funzionamento del sistema di protezione civile nella Regione Sardegna, al fine di dimostrare l’infondatezza dei «timori paventati dal ricorrente», il quale avrebbe lamentato che non vi sia più alcun ente territoriale che eserciti le funzioni di previsione e prevenzione dei rischi.

Sul punto, la difesa regionale afferma che, con riferimento alle funzioni di attuazione delle attività di previsione e prevenzione dei rischi, con decreto del Presidente della Regione Sardegna n. 156 del 30 dicembre 2014, sarebbe stato reso operativo, a far data dal 1° gennaio 2015, il Centro funzionale decentrato regionale; che la funzione di prevenzione dei rischi sarebbe esercitata attraverso i c.d. presidi territoriali; che, infine, quanto alla funzione di predisposizione dei piani provinciali di emergenza, la Giunta regionale, con deliberazione n. 20/10 del 12 aprile 2016, ha dettato le «Linee guida per la pianificazione comunale e intercomunale di protezione civile», al fine di dotare i Comuni del supporto tecnico della Regione nel processo di redazione dei piani di emergenza. Da tale quadro emergerebbe che le funzioni un tempo presidiate dalle Province sarebbero state ricollocate in capo alla Regione, ad uffici territoriali della stessa, a Comuni od unioni di Comuni, in linea con le scelte operate dal legislatore nazionale con la legge n. 56 del 2014.

Osserva, infine, che la legge della Regione Sardegna 4 febbraio 2016, n. 2 (Riordino del sistema delle autonomie locali in Sardegna), nel provvedere al riordino delle autonomie locali, ha stabilito, all’art. 24, comma 4, che «Le province e le loro circoscrizioni non costituiscono ambito necessario per l’organizzazione decentrata degli uffici regionali» e, pertanto, che la riallocazione a livello regionale e comunale delle funzioni precedentemente esercitate in ambito provinciale sarebbe non soltanto un atto legittimo, ma un atto addirittura dovuto.

Considerato in diritto

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 4 della legge della Regione Sardegna 20 dicembre 2013, n. 36 (Disposizioni urgenti in materia di protezione civile), per violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione, in relazione alle disposizioni contenute all’art. 108, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59).

Le disposizioni impugnate, rispettivamente, istituiscono gli uffici territoriali quali strutture periferiche della Direzione generale di protezione civile operanti a livello sovracomunale e modificano gli artt. 69 e 70 della legge della Regione Sardegna 12 giugno 2006, n. 9 (Conferimento di funzioni e compiti agli enti locali).

In particolare, l’art. 1 della legge reg. Sardegna n. 36 del 2013 prevede che, nelle more della definizione del nuovo ordinamento degli enti locali, gli istituiti uffici territoriali, quali strutture periferiche della Direzione generale della protezione civile operanti in ambito sovracomunale, esercitano le seguenti funzioni: a) attività organizzative e di gestione del volontariato; b) predisposizione, in ambito sovracomunale, del programma di previsione e prevenzione rischi; c) supporto alla predisposizione dei piani comunali di protezione civile; d) attività istruttorie e di verifica degli interventi di cui alla legge della Regione Sardegna 21 novembre 1985, n. 28 (Interventi urgenti per le spese di primo intervento sostenute dai comuni, province e comunità montane in occasione di calamità naturali ed eccezionali avversità atmosferiche); e) pianificazione e coordinamento delle esercitazioni di protezione civile in ambito sovracomunale.

L’art. 4 della legge reg. Sardegna n. 36 del 2013, per parte sua, abroga alcune disposizioni contenute nella legge reg. Sardegna n. 9 del 2006.

All’art. 69, comma 1, lettera b), di tale legge sono abrogate le parole «provinciali e»: ne consegue che la Regione non svolge più l’attività di indirizzo e coordinamento finalizzata alla predisposizione dei piani provinciali di emergenza in caso di eventi calamitosi di cui all’art. 2, comma 1, lettera b), della legge 24 febbraio 1992, n. 225 (Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile), ossia per gli «eventi naturali o connessi con l’attività dell’uomo che per loro natura ed estensione comportano l’intervento coordinato di più enti o amministrazioni competenti in via ordinaria».

All’art. 70 della medesima legge è abrogata la lettera c) del comma 2, la quale assegnava alle Province le attività organizzative e di utilizzo del volontariato e le relative attività formative, secondo le indicazioni della programmazione regionale.

È quindi abrogato il comma 3 del medesimo art. 70, il quale attribuiva alle Province i seguenti compiti: a) attuazione in ambito provinciale dell’attività di previsione e degli interventi di prevenzione dei rischi, stabiliti dai programmi e piani regionali, con l’adozione dei connessi provvedimenti amministrativi; b) predisposizione dei piani provinciali di emergenza sulla base degli indirizzi regionali; c) vigilanza sulla predisposizione, da parte delle strutture provinciali di protezione civile, dei servizi urgenti, anche di natura tecnica, da attivare in caso di eventi calamitosi di cui alla lettera b) del comma 1 dell’art. 2 della legge n. 225 del 1992.

È, infine, abrogato il comma 4 del citato art. 70, il quale attribuiva alle Province l’erogazione di una quota delle attività formative secondo le indicazioni della programmazione regionale.

Ad avviso del ricorrente, le disposizioni impugnate sarebbero da ascrivere alla materia «protezione civile», nella quale la Regione Sardegna non avrebbe una potestà legislativa più ampia di quella attribuita alle Regioni a statuto ordinario. Infatti, la legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna) e le relative disposizioni di attuazione non le assegnano alcuna competenza in questa materia, e, in virtù della clausola di maggior favore di cui all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), la Regione Sardegna, in materia di protezione civile, sarebbe titolare di una potestà legislativa di natura concorrente. Per questa ragione, il ricorrente lamenta che le disposizioni impugnate si pongano in contrasto con le ricordate disposizioni contenute nel d.lgs. n. 112 del 1998, che fungerebbero da principi fondamentali della materia, vincolanti per la Regione.

Assume, in particolare, il ricorrente che dalla lettura congiunta delle disposizioni censurate si evincerebbe che, a partire dalla data di entrata in vigore della legge che le contiene, la Regione non potrebbe più porre in essere, secondo quanto invece previsto dall’art. 108, comma 1, lettera a), numero 3), del d.lgs. n. 112 del 1998, l’attività di indirizzo per la predisposizione dei piani provinciali di emergenza per gli eventi calamitosi di cui all’art. 2, comma 1, lettera b), della legge n. 225 del 1992.

In secondo luogo, la difesa statale lamenta che, quale conseguenza dell’abrogazione dell’art. 70, commi 1 (recte: 2), lettera c), 3 e 4 della legge reg. Sardegna n. 9 del 2006, non sarebbe più data attuazione a quanto disposto dalla norma interposta contenuta nell’art. 108, comma 1, lettera b), numero 2) e numero 3), del d.lgs. n. 112 del 1998, e pertanto, non vi sarebbe più alcun ente territoriale che, per l’ambito provinciale, possa porre in essere le funzioni di attuazione delle attività di previsione e prevenzione dei rischi, di predisposizione dei piani provinciali di emergenza, di vigilanza e di predisposizione dei servizi urgenti, anche di natura tecnica, da porre in essere al verificarsi degli eventi elencati al citato art. 2, comma 1, lettera b), della legge n. 225 del 1992.

Rileva, ancora, l’Avvocatura generale dello Stato che – non essendo stata prevista una disciplina transitoria che regolamenti il passaggio delle competenze all’ambito regionale, né l’esercizio delle stesse nelle more della costituzione degli uffici territoriali di protezione civile – sarebbe messa a rischio l’effettività e continuità di esercizio delle funzioni di protezione civile con pregiudizio per la salvaguardia del territorio e della popolazione.

2.– Vanno rigettate le eccezioni preliminari avanzate dalla difesa della Regione Sardegna.

Infondata è, in primo luogo, l’eccezione di improcedibilità della questione, avanzata perché il parametro interposto – costituito da alcune disposizioni del d.lgs. n. 112 del 1998 – sarebbe stato implicitamente abrogato dall’art. 1, comma 85, della legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di Comuni). Anche a prescindere dal rilievo che l’eventuale abrogazione del parametro interposto potrebbe semmai determinare una pronuncia di inammissibilità per sopravvenuta carenza di interesse alla decisione (sentenze n. 17 del 2014 e n. 32 del 2012), è da considerare che la legge n. 56 del 2014 non si applica alle Regioni ad autonomia speciale (art. 1, comma 145) e non abroga espressamente le disposizioni evocate a parametro interposto, bensì individua le funzioni fondamentali delle Province delle Regioni a statuto ordinario. Per queste ragioni, la valutazione delle conseguenze che la legge n. 56 del 2014 comporta sulla vigenza delle disposizioni evocate a parametro interposto pone problemi interpretativi che riguardano il merito, e non l’ammissibilità, delle questioni sollevate.

Da rigettare è altresì l’eccezione di inammissibilità del ricorso perché il ricorrente non avrebbe tenuto alcun conto delle disposizioni statutarie che assicurano alla Regione Sardegna lo speciale ambito di autonomia garantito dall’art. 116 Cost. e dallo statuto, trascurando, in particolare, le disposizioni che le attribuiscono competenze primarie in materia di enti locali (artt. 3, primo comma, e 43, secondo comma, dello statuto speciale per la Sardegna).

È vero che, in base alla giurisprudenza di questa Corte, nel caso in cui venga impugnata in via principale la legge di un soggetto ad autonomia speciale, la compiuta definizione dell’oggetto del giudizio, onere di cui è gravato il ricorrente, non può prescindere dall’indicazione delle competenze legislative assegnate dallo statuto (cfr., ex multis, sentenze n. 28 del 2016, n. 151 e n. 142 del 2015, n. 87 e n. 54 del 2014, n. 308, n. 288, n. 277 e n. 187 del 2013). Tuttavia, nel caso ora all’attenzione di questa Corte, il ricorrente richiama quale parametro l’art. 117, terzo comma, Cost., espressamente giungendovi previo riferimento alla clausola di maggior favore di cui all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, e dunque avendo ben presente che lo statuto speciale per la Sardegna nulla dispone sulla competenza legislativa regionale in materia di protezione civile, cui il ricorrente stesso ascrive le disposizioni impugnate.

La difesa regionale, per parte sua, non contestando che la materia protezione civile spetti alla potestà legislativa concorrente, eccepisce piuttosto che l’Avvocatura generale dello Stato non abbia tenuto in considerazione la competenza regionale primaria in materia di enti locali.

Anche tale eccezione, tuttavia, non attiene al preliminare profilo dell’ammissibilità della questione promossa, ma a quello, successivo, del merito, risolvendosi nell’individuazione del titolo di competenza cui ascrivere la disciplina impugnata (tra le tante, sentenze n. 199 del 2014 e n. 36 del 2013).

Infondata, infine, è l’eccezione d’inammissibilità per carenza di motivazione sui parametri evocati, basata in particolare sul fatto che il ricorso non espliciterebbe quale principio fondamentale, vincolante per la Regione Sardegna, sarebbe ricavabile dalla normativa statale evocata a parametro interposto.

Nel ricorso, il parametro del giudizio è identificato in modo chiaro, come pure lo sono le disposizioni evocate a parametro interposto, e le censure, seppur sinteticamente, sono argomentate in modo tale da consentire la determinazione dell’oggetto del giudizio e delle ragioni che fondano i dubbi di legittimità costituzionale sollevati (ex multis, sentenze n. 142 e n. 54 del 2015 e n. 54 del 2014).

3.– Le questioni non sono fondate, alla luce dell’invocato art. 117, terzo comma, Cost.

3.1.– Le disposizioni impugnate sottraggono alle Province alcuni compiti in materia di protezione civile per trasferirli ad uffici decentrati della Regione. Nell’ambito del generale riordino del sistema degli enti locali sardi, il legislatore regionale ha inteso ridisegnare l’assetto regionale della protezione civile, riducendo in tale settore le competenze assegnate alle Province e, di converso, ampliando le funzioni della Regione stessa e dei Comuni.

A tal fine, attraverso l’abrogazione dell’art. 70, comma 2, lettera c), e comma 3, della legge reg. Sardegna n. 9 del 2006, è sottratta alle Province una serie di funzioni e compiti: le funzioni relative alle attività di volontariato e alle connesse attività formative; il compito di attuare, per il proprio ambito, le attività di previsione e di prevenzione dei rischi, conformemente ai programmi e ai piani regionali; quello di predisporre i piani provinciali di emergenza sulla base degli indirizzi regionali; infine, il compito di vigilare sulla predisposizione dei servizi urgenti da attivare in caso di eventi calamitosi di cui all’art. 2, comma 1, lettera b), della legge n. 225 del 1992.

Il legislatore regionale, invece, conserva ancora in capo alle Province, ai sensi dell’art. 70, comma 2, lettere a) e b), della legge reg. Sardegna n. 9 del 2006 – non abrogate – l’esecuzione degli interventi, di rilevanza provinciale, necessari per favorire il ritorno alle normali condizioni di vita nelle aree colpite da eventi calamitosi, e l’esecuzione degli interventi urgenti, sempre di rilevanza provinciale, in caso di crisi determinata dal verificarsi o dall’imminenza di tali eventi.

3.2.– Le disposizioni ricordate – per il loro chiaro contenuto normativo, confermato anche dal titolo della legge – sono riconducibili alla materia «protezione civile».

In tale materia, la Regione Sardegna – come afferma l’Avvocatura generale dallo Stato, non contestata, sul punto, dalla difesa regionale – non dispone di una potestà legislativa più ampia di quella attribuita alle Regioni ordinarie, poiché né lo statuto speciale per la Sardegna, né le relative disposizioni di attuazione menzionano competenze in questo ambito o in ambiti con essa interferenti.

Prima della riforma costituzionale del titolo V della parte seconda della Costituzione, recata dalla legge cost. n. 3 del 2001, l’art. 1 del decreto legislativo 17 aprile 2001, n. 234 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della regione Sardegna per il conferimento di funzioni amministrative, in attuazione del Capo I della legge n. 59 del 1997) conferì alla Regione Sardegna tutte le funzioni amministrative che il d.lgs. n. 112 del 1998 aveva delegato alle Regioni ordinarie e ai loro enti locali. Tale conferimento, pertanto, aveva riguardato anche le funzioni amministrative in materia di protezione civile, di cui all’art. 108 dello stesso decreto legislativo.

Avendo la revisione costituzionale del 2001 attribuito alle Regioni ad autonomia ordinaria la potestà legislativa concorrente in materia di protezione civile, identica competenza legislativa ha acquisito la Regione Sardegna, in virtù del silenzio dello statuto speciale sul punto e della conseguente applicazione della clausola di maggior favore di cui all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001 (sentenze n. 199 del 2014, n. 287 del 2012 e n. 165 del 2011).

In tale contesto, non può certo sostenersi che la specifica allocazione delle diverse funzioni tra gli enti locali del sistema regionale in materia di protezione civile, quale definita dall’art. 108 del d.lgs. n. 112 del 1998, risulti “cristallizzata” e non possa essere modificata in virtù dell’esistenza di una disposizione di attuazione statutaria che, genericamente, conferisce alla Regione e ai suoi enti locali molteplici funzioni amministrative.

Inoltre, ed è quel che più conta, nelle materie di potestà legislativa concorrente, secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’allocazione delle funzioni amministrative non spetta, in linea di principio – in assenza, cioè, di specifiche ragioni che rendano evidente la necessità di considerare l’attribuzione della funzione ad un determinato ente locale come rispondente ad un principio fondamentale – allo Stato, bensì alla Regione, la quale può, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, trattenere a sé la funzione ovvero attribuirla ad un diverso livello di governo (sentenze n. 32 del 2006, n. 384, n. 378 e n. 336 del 2005). E nulla, peraltro, impedirebbe allo Stato di lamentare la lesione, non già dell’art. 117, terzo comma, Cost., come avvenuto in questo caso, ma dell’art. 118, primo comma, Cost., qualora ritenesse che – in materie che alla competenza delle Regioni ad autonomia speciale spettino non già per decisione dello statuto ma in virtù della ricordata clausola di cui all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001 (sentenza n. 236 del 2004) – la scelta del livello di governo a cui la legge regionale affida le funzioni amministrative non risponda proprio ai ricordati principi di sussidiarietà, differenziazione o adeguatezza (sentenze n. 144 del 2014, n. 235 del 2009, n. 238 del 2007, n. 196 e n. 43 del 2004).

In definitiva, il ricorso presentato per asserita lesione dell’art. 117, terzo comma, Cost., non è fondato, giacché legittimamente può la legge della Regione Sardegna decidere come allocare le funzioni di protezione civile tra i suoi enti locali e, come accaduto nel caso in esame, “spostare” tali funzioni dal livello provinciale a quello regionale e/o comunale. Ciò, del resto, avviene in una materia, quale la protezione civile, rispetto alla quale la giurisprudenza costituzionale ha più volte affermato – anche prima della riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione – che il legislatore statale, con la legge n. 225 del 1992, ha rinunciato ad un modello centralizzato, optando per una «organizzazione diffusa a carattere policentrico» (sentenze n. 323 e n. 32 del 2006, n. 327 del 2003 e n. 418 del 1992), in cui ampio spazio è concesso alla discrezionalità delle Regioni.

3.3.– È inoltre da osservare come tutte le funzioni amministrative previste dall’art. 108 del d.lgs. n. 112 del 1998, e precedentemente esercitate dalle Province, siano state riallocate.

Ai neo-istituiti uffici regionali decentrati è infatti assegnata la funzione di «predisposizione, in ambito sovra comunale, del programma di previsione e prevenzione rischi» (art. 1, comma 1, lettera b), legge reg. Sardegna n. 36 del 2013), la quale ricomprende larga parte delle funzioni precedentemente esercitate dalle Province.

Certamente essa sostituisce la funzione di «attuazione in ambito provinciale dell’attività di previsione e degli interventi di prevenzione dei rischi, stabiliti dai programmi e piani regionali, con l’adozione dei connessi provvedimenti amministrativi» (art. 70, comma 3, lettera a), della legge reg. Sardegna n. 9 del 2006, lettera abrogata dall’impugnato art. 4 della legge reg. Sardegna n. 36 del 2013).

Ai medesimi uffici sono affidate le «attività organizzative e di gestione del volontariato» (art. 1, comma 1, lettera a), della legge reg. Sardegna n. 36 del 2013), le quali ricomprendono le funzioni precedentemente svolte dalle Province, relative alle «attività organizzative e di utilizzo del volontariato e relative attività formative» (art. 70, comma 2, lettera c), della legge reg. Sardegna n. 9 del 2006, lettera anch’essa abrogata dall’impugnato art. 4 della legge reg. Sardegna n. 36 del 2013).

Agli uffici decentrati regionali non è invece affidata la funzione di «predisposizione dei piani provinciali di emergenza» (art. 70, comma 3, lettera b) della legge reg. Sardegna n. 9 del 2006, lettera abrogata dal più volte citato art. 4 della legge reg. Sardegna n. 36 del 2013). Tuttavia, l’eliminazione di tali piani provinciali non costituisce una violazione del parametro costituzionale effettivamente invocato e della relativa norma interposta, dal momento che tale funzione continua ad essere esercitata attraverso la predisposizione dei «piani comunali e/o intercomunali di emergenza» che i Comuni devono predisporre e attuare in base agli indirizzi regionali (ai sensi degli artt. 69, comma 1, lettera b), e 70, comma 6, lettera c), della legge reg. Sardegna n. 9 del 2006).

Il legislatore – nell’esercizio delle proprie competenze – ha, dunque, inteso eliminare il livello provinciale di svolgimento di tali funzioni e strutturare le attività di previsione, prevenzione e predisposizione dei piani di emergenza sui soli livelli regionale (anche attraverso la creazione di uffici decentrati) e comunale e/o intercomunale, qualora i Comuni conferiscano alle unioni di Comuni le funzioni della protezione civile.

Ma la lamentata assenza, nella legge regionale, di un determinato livello di governo, quale sede adeguata di allocazione di alcune funzioni amministrative in materia di protezione civile, avrebbe dovuto semmai essere prospettata, come già ricordato, invocando la lesione dell’art. 118, primo comma, Cost., non già dell’art. 117, terzo comma, Cost. e del parametro interposto indicato nel ricorso.

3.4.– L’Avvocatura generale dello Stato asserisce che la disposizione impugnata trasferisce le funzioni in materia di protezione civile dalle Province ad uffici territoriali regionali (quelli appunto istituiti dall’impugnato art. 1 della legge reg. Sardegna n. 36 del 2013), senza prevedere un regime transitorio, lamentando, dunque, che, nelle more della loro effettiva costituzione, nessun ente svolgerebbe le funzioni previste dalla disciplina statale evocata a parametro interposto.

Anche tale censura è priva di pregio, poiché, pur in assenza di una disciplina transitoria, in ossequio al principio generale di continuità dell’azione amministrativa, le funzioni continuano ad essere esercitate dall’ente che, in precedenza, ne era titolare (sentenze n. 10 del 2016, n. 188 del 2015, n. 384 e n. 50 del 2005 e n. 13 del 2004). Peraltro, ancora prima della proposizione del ricorso statale, la Giunta della Regione Sardegna, con deliberazione n. 1/43 del 17 gennaio 2014, aveva già chiarito che, nelle more della costituzione degli uffici territoriali di protezione civile, le Province avrebbero comunque dovuto continuare ad esercitare le funzioni loro precedentemente assegnate, trattandosi di funzioni fondamentali e indefettibili, il cui esercizio non può subire soluzioni di continuità.

Questa Corte è, infine, consapevole della circostanza che, in concreto, gli uffici territoriali di protezione civile non sono stati ancora costituiti, e che, mentre in una prima fase, in virtù del ricordato principio di continuità, le funzioni in parola hanno continuato ad essere svolte dalle Province, attualmente, come allegato dalla Regione Sardegna, l’attività di prevenzione dei rischi è esercitata dal Centro funzionale decentrato, operativo dal 1° gennaio 2015, in attuazione del decreto del Presidente della Regione Sardegna n. 156 del 30 dicembre 2014. Inoltre, l’attività di prevenzione dei rischi è ora svolta dai c.d. “Presidi territoriali” e la predisposizione dei piani di emergenza è effettuata a livello comunale e/o intercomunale.

Ne discende che l’effettivo esercizio delle funzioni di protezione civile, nella Regione Sardegna, non corrisponde al quadro normativo oggetto del presente giudizio.

Ciò, tuttavia, non rileva in un giudizio costituzionale in via principale in cui sia lamentato il solo riparto delle competenze legislative ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost., poiché, in questo, le disposizioni legislative impugnate vanno valutate in se stesse, senza che assumano rilievo le modalità con le quali esse vengono (o non vengono) attuate sul piano amministrativo (sentenze n. 144 del 2012, n. 50 del 2008 e n. 134 del 2005).

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 4 della legge della Regione Sardegna 20 dicembre 2013, n. 36 (Disposizioni urgenti in materia di protezione civile), promosse, in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 ottobre 2016.

F.to:

Paolo GROSSI, Presidente

Nicolò ZANON, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 25 novembre 2016.