SENTENZA N. 165
ANNO 2011
Commento alla decisione di
Michela Michetti, La Corte censura il potere sostitutivo statale in materia di “interventi urgenti ed indifferibili” nel settore energetico, per g.c. della Rivista AIC
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo MADDALENA Presidente
- Alfio FINOCCHIARO Giudice
- Alfonso QUARANTA ”
- Franco GALLO ”
- Luigi MAZZELLA ”
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZAnei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, del decreto-legge 8 luglio 2010, n. 105 (Misure urgenti in materia di energia), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 13 agosto 2010, n. 129, promossi dalla Regione Toscana, dalla Provincia autonoma di Trento e dalla Regione Puglia con ricorsi notificati il 13, il 18 e il 15 ottobre 2010, depositati in cancelleria il 15, il 20 ed il 22 ottobre 2010 ed iscritti rispettivamente ai nn. 109, 112 e 115 del registro ricorsi 2010.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 19 aprile 2011 il Giudice relatore Gaetano Silvestri;
uditi gli avvocati Lucia Bora per la Regione Toscana, Marcello Cecchetti per la Regione Puglia, Giandomenico Falcon per la Provincia autonoma di Trento e l’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto1. – Con ricorso notificato il 13 ottobre 2010 e depositato il successivo 15 ottobre (reg. ric. n. 109 del 2010), la Regione Toscana ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, del decreto-legge 8 luglio 2010, n. 105 (Misure urgenti in materia di energia), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 13 agosto 2010, n. 129, nella parte in cui introduce i commi 3 e 4 dell’art. 4 del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 3 agosto 2009, n. 102.
Le questioni sono prospettate per violazione degli artt. 117, 118 e 120 della Costituzione e del principio di leale collaborazione.
1.1. – La disposizione censurata, nel testo risultante dalla conversione del decreto in legge, stabilisce: «A seguito ed in esecuzione della sentenza della Corte costituzionale 17 giugno 2010, n. 215, i primi quattro commi dell’articolo 4 del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, sono sostituiti dai seguenti:
“1. Su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro per la semplificazione normativa, il Consiglio dei Ministri individua, d’intesa con le regioni e le province autonome interessate, gli interventi urgenti ed indifferibili, connessi alla trasmissione, alla distribuzione e alla produzione dell’energia e delle fonti energetiche che rivestono carattere strategico nazionale, anche in relazione alla possibile insorgenza di situazioni di emergenza, ovvero per i quali ricorrono particolari ragioni di urgenza in riferimento allo sviluppo socio-economico, e che devono pertanto essere effettuati con mezzi e poteri straordinari.
2. Gli interventi di cui al comma 1 sono realizzati in regime di cooperazione funzionale ed organizzativa tra commissari straordinari del Governo, nominati ai sensi del comma 3, e le regioni e province autonome interessate. Con le intese di cui al comma 1, sono definiti i criteri per l’esercizio della cooperazione funzionale ed organizzativa tra commissari straordinari, regioni e province autonome per l’esercizio dei compiti di cui al presente articolo; tali criteri possono contemplare anche il coinvolgimento di soggetti privati nell’attuazione degli interventi e nel relativo finanziamento, purché ne siano assicurate l’effettività e l’entità. Ciascun commissario, sentiti gli enti locali interessati, emana gli atti e i provvedimenti, nonché cura tutte le attività, di competenza delle amministrazioni pubbliche che non abbiano rispettato i termini previsti dalla legge o quelli più brevi, comunque non inferiori alla metà, eventualmente fissati in deroga dallo stesso commissario, occorrenti all’autorizzazione e all’effettiva realizzazione degli interventi, nel rispetto delle disposizioni comunitarie.
3. Per la realizzazione degli interventi ai sensi del comma 2, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sono nominati uno o più commissari straordinari del Governo. Il medesimo decreto determina i compiti del commissario e i poteri di controllo e di vigilanza del Ministro per la semplificazione normativa e degli altri Ministri competenti. Lo stesso decreto, senza che ciò comporti nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, individua altresì le dotazioni di mezzi e di personale, nonché le strutture anche di concessionari di cui può avvalersi il commissario, cui si applica l’articolo 2-quinquies del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 2010, n. 41, anche ai fini dei relativi oneri. L’incarico è conferito per il tempo indicato nel decreto di nomina, salvo proroga o revoca. Le nomine di cui al presente comma sono considerate a ogni effetto cariche presso istituzioni che svolgono compiti di alta amministrazione e del conferimento dell’incarico è data notizia nella Gazzetta Ufficiale.
4. In caso di mancato raggiungimento dell’intesa di cui al comma 1, decorsi trenta giorni dalla convocazione del primo incontro tra il Governo e la regione o la provincia autonoma interessata per il raggiungimento dell’intesa, il Governo può individuare gli interventi di cui al comma 1, dichiararne l’urgenza e l’indifferibilità nonché definire i criteri di cui al secondo periodo del comma 2, anche a prescindere dall’intesa, con deliberazione motivata del Consiglio dei Ministri cui sia stato invitato a partecipare il Presidente della regione o della provincia autonoma interessata. In tal caso il commissario del Governo, nominato con le procedure di cui al comma 3, dà impulso agli interventi, se indispensabile, avvalendosi, oltre che delle procedure di cui al terzo periodo del comma 2, di:
a) poteri straordinari di sostituzione e di deroga di cui all’articolo 20, comma 4, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2;
b) mezzi e risorse finanziarie pubbliche già previste a legislazione vigente; in ogni caso l’apporto finanziario dei soggetti privati deve essere proporzionato alle risorse pubbliche utilizzate”».
1.2. – Preliminarmente, la ricorrente sottolinea come la disposizione impugnata intervenga nella materia della produzione, trasmissione e distribuzione dell’energia, anche sulla base di quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 215 del 2010, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale del precedente testo dell’art. 4, commi 1, 2, 3 e 4, del d.l. n. 78 del 2009.
La Regione Toscana ricorda altresì che siffatta materia è rimessa alla competenza legislativa concorrente dello Stato e delle Regioni e che quindi lo Stato può allocare a sé la titolarità di funzioni amministrative, ai sensi dell’art. 118 Cost., dettando pure la relativa disciplina legislativa, solo a condizione di prevedere un’intesa con le Regioni, a salvaguardia delle loro attribuzioni.
Ad avviso della difesa regionale, la nuova formulazione dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, operata dall’impugnato art. 1, comma 1, del d.l. n. 105 del 2010, risulta maggiormente lesiva delle competenze regionali rispetto a quella originaria, già dichiarata illegittima con la sentenza citata.
1.3. – Quanto alle singole censure, la ricorrente ritiene che il nuovo comma 3 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009 violi gli artt. 117 e 118 Cost., ed il principio di leale collaborazione.
In particolare, è contestata la previsione secondo cui i compiti del commissario straordinario del Governo sono stabiliti con il decreto di nomina dello stesso commissario. In questo modo, il Governo sarebbe autorizzato a predeterminare, in via unilaterale, i compiti del commissario e quindi, almeno in parte, il contenuto dell’intesa con le Regioni interessate, così svuotando di significato l’intesa medesima.
1.4. – La ricorrente impugna anche il nuovo comma 4 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, in riferimento agli artt. 117 e 118 Cost., ed al principio di leale collaborazione.
1.4.1. – La Regione Toscana evidenzia come la norma impugnata consenta al Governo – in caso di mancato raggiungimento dell’intesa entro il termine di trenta giorni dalla convocazione del primo incontro – di agire in via unilaterale.
Al riguardo, la difesa regionale rileva innanzitutto l’assoluta illegittimità della previsione del termine indicato. In particolare, l’individuazione del dies a quo nella data di convocazione della riunione, anziché in quella di effettivo svolgimento della stessa, renderebbe pressoché impossibile il raggiungimento dell’intesa nei trenta giorni stabiliti. L’entità del periodo intercorrente tra la convocazione dell’incontro ed il relativo svolgimento potrebbe infatti determinare una riduzione, anche notevole, dei tempi che consentono ad ogni singola Regione di partecipare in modo consapevole alla trattativa.
1.4.2. – Peraltro, il nuovo comma 4 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009 – nella parte in cui consente, in caso di mancato raggiungimento dell’intesa, l’azione unilaterale del Governo sia per l’individuazione degli interventi da realizzare, sia per la determinazione dei criteri disciplinanti la cooperazione fra il commissario straordinario e la Regione interessata – finirebbe per vanificare il carattere “forte” dell’intesa, rendendola soltanto eventuale e, comunque, sminuendo il potere decisionale della Regione stessa.
In proposito, la ricorrente richiama la sentenza n. 6 del 2004 della Corte costituzionale, con la quale, proprio in riferimento alla materia dell’energia, è stata riconosciuta la natura “forte” dell’intesa con le Regioni, stante l’indubbio impatto che un impianto energetico provoca su molteplici ambiti materiali rimessi alla competenza, concorrente o residuale, delle Regioni medesime, fra i quali la tutela della salute, il governo del territorio, il turismo e la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali (sono richiamate le sentenze n. 383 del 2005 e n. 303 del 2003).
1.4.3. – Il comma 4 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, come riformulato dall’art. 1, comma 1, del d.l. n. 105 del 2010, è impugnato dalla Regione Toscana, rispetto agli stessi parametri costituzionali, anche per un ulteriore profilo.
La ricorrente contesta la previsione secondo cui, in caso di mancato raggiungimento dell’intesa, l’azione del commissario straordinario del Governo si svolge in base alle «procedure di cui al terzo periodo del comma 2», in virtù del quale «Ciascun commissario, sentiti gli enti locali interessati, emana gli atti e i provvedimenti, nonché cura tutte le attività, di competenza delle amministrazioni pubbliche che non abbiano rispettato i termini previsti dalla legge o quelli più brevi, comunque non inferiori alla metà, eventualmente fissati in deroga dallo stesso commissario, occorrenti all’autorizzazione e all’effettiva realizzazione degli interventi, nel rispetto delle disposizioni comunitarie».
Secondo la difesa regionale, la norma impugnata consentirebbe un’azione governativa unilaterale senza alcun coinvolgimento delle Regioni. A ciò va aggiunto che lo stesso comma 4 dell’art. 4 autorizza anche l’esercizio, da parte del commissario del Governo, dei poteri straordinari di sostituzione e deroga di cui all’articolo 20, comma 4, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 28 gennaio 2009, n. 2.
Da quest’ultimo inciso deriverebbe un ulteriore profilo di illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, del d.l. n. 105 del 2010, nella parte in cui modifica il comma 4 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, per violazione degli artt. 117 e 118 Cost., e del principio di leale collaborazione.
1.4.4. – Infine, la ricorrente impugna il nuovo comma 4 dell’art. 4 per violazione dell’art. 120 Cost., in quanto sarebbe previsto un potere sostitutivo straordinario del Governo al di fuori dei limiti indicati dall’art. 120 Cost., in base al quale è necessario il previo verificarsi di un inadempimento dell’ente sostituito rispetto ad un’attività ad esso imposta come obbligatoria. Tale, però, non potrebbe essere considerato il raggiungimento dell’intesa prevista per l’esercizio di una funzione amministrativa da parte dello Stato, a seguito di “chiamata in sussidiarietà”. È richiamata in proposito la sentenza n. 278 del 2010 della Corte costituzionale.
2. – Con ricorso notificato il 18 ottobre 2010 e depositato il successivo 20 ottobre (reg. ric. n. 112 del 2010), la Provincia autonoma di Trento ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, del d.l. n. 105 del 2010, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge n. 129 del 2010, nella parte in cui introduce i commi 2, 3 e 4 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge n. 102 del 2009.
Le questioni sono prospettate per violazione degli artt. 8, numeri 1), 5), 6), 13), 17), 19) e 22), 9, numeri 9) e 10), 14, primo comma, e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige); delle relative norme di attuazione recate dal d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica ed opere pubbliche), e dal d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di energia); degli artt. 97, 117, 118 e 120 Cost., in relazione all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione); del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), ed in particolare degli artt. 2 e 4; dei principi di leale collaborazione, di ragionevolezza e di adeguatezza.
2.1. – Preliminarmente, la difesa provinciale ricorda come l’odierna impugnazione costituisca il seguito di quella proposta dalla medesima Provincia avverso il testo originario dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, nei confronti del quale erano state prospettate plurime censure di incostituzionalità. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 215 del 2010, ha ritenuto che le norme impugnate violassero i canoni di pertinenza e proporzionalità, richiesti al fine di consentire l’attrazione allo Stato di funzioni di competenza delle Regioni, ed ha pertanto dichiarato assorbite le ulteriori censure.
Ad avviso della Provincia ricorrente, l’art. 1, comma 1, del d.l. n. 105 del 2010, pur recando in premessa la formula «a seguito ed in esecuzione della sentenza della Corte costituzionale 17 giugno 2010, n. 215», riprodurrebbe sotto diversi profili i medesimi vizi di legittimità costituzionale della precedente disciplina, aggiungendone, anzi, altri.
La stessa Provincia ritiene, in particolare, che soltanto il nuovo testo del comma 1 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009 sia «migliorativo» rispetto al precedente. La norma de qua richiede, infatti, l’intesa con le Regioni e le Province autonome anche per gli interventi connessi alla trasmissione ed alla distribuzione dell’energia, anziché solo per quelli relativi alla produzione, come era stabilito nel testo dichiarato illegittimo con la sentenza n. 215 del 2010; inoltre, il detto comma 1 restringe il proprio ambito di operatività agli interventi «urgenti ed indifferibili» e che abbiano «carattere strategico nazionale».
In relazione alla disposizione appena citata, la ricorrente precisa che gli interventi ivi previsti devono ritenersi diversi rispetto a quelli che rientrano nella propria competenza statutaria, come definita dal d.P.R. n. 235 del 1977. Solo in riferimento a questi ulteriori interventi si estenderebbe la competenza legislativa concorrente in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» (art. 117, terzo comma, Cost.), in quanto recante competenze maggiori rispetto a quelle già attribuite dallo statuto speciale. Così inteso, il nuovo comma 1 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009 non forma oggetto della impugnazione provinciale.
La ricorrente illustra poi il contenuto delle disposizioni di cui ai commi 2, 3 e 4 del nuovo art. 4, svolgendo sintetiche considerazioni su ciascuna di esse.
In particolare, il comma 2 attribuirebbe direttamente ad organi statali – a prescindere dall’intesa prevista dal comma 1 per l’individuazione degli interventi – compiti e funzioni in materie di competenza provinciale; inoltre, introdurrebbe un potere sostitutivo dei commissari straordinari del Governo, i quali possono emanare gli atti e i provvedimenti, nonché curare tutte le attività di competenza delle amministrazioni pubbliche che non abbiano rispettato i termini previsti dalla legge o quelli più brevi, eventualmente fissati in deroga dallo stesso commissario.
Anche il comma 3 sarebbe lesivo delle competenze della ricorrente in quanto attribuirebbe ai commissari compiti amministrativi in materie provinciali.
Infine, il nuovo comma 4 – il cui contenuto non trova corrispondenza nelle norme dichiarate illegittime con la sentenza n. 215 del 2010 – costituirebbe una «ulteriore e gravissima invasione» delle prerogative costituzionali della Provincia autonoma, poiché vanificherebbe sostanzialmente la necessità dell’intesa prevista dal comma 1.
2.2. – La difesa provinciale si sofferma quindi sulle competenze statutarie che sarebbero violate.
2.2.1. – La ricorrente sottolinea come lo statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol (d.P.R. n. 670 del 1972) attribuisca alle Province autonome la potestà legislativa esclusiva – e la correlata potestà amministrativa (art. 16) – in materia di «ordinamento degli uffici provinciali» (art. 8, n. 1), di «urbanistica e piani regolatori» (art. 8, n. 5), di «tutela del paesaggio» (art. 8, n. 6), di «opere di prevenzione e di pronto soccorso per calamità pubbliche» (art. 8, n. 13), di «lavori pubblici di interesse provinciale» (art. 8, n. 17), di «assunzione diretta di servizi pubblici» (art. 8, n. 19), di «espropriazione per pubblica utilità» (art. 8, n. 22).
Inoltre, l’art. 9, n. 9), dello statuto speciale attribuisce alle Province autonome la competenza legislativa concorrente in materia di «utilizzazione delle acque pubbliche, escluse le grandi derivazioni a scopo idroelettrico»; ed ancora, l’art. 14, primo comma, prevede il parere obbligatorio della Provincia «per le concessioni in materia di comunicazioni e trasporti riguardanti linee che attraversano il territorio provinciale».
2.2.2. – L’assetto statutario delle competenze è ulteriormente definito dalle relative norme di attuazione, fra le quali la ricorrente richiama il d.P.R. n. 381 del 1974, in materia di urbanistica e di opere pubbliche, ed il d.P.R. n. 235 del 1977, in materia di energia.
In particolare, la difesa provinciale evidenzia come l’art. 01 di quest’ultimo decreto disponga il trasferimento alle Province autonome delle «funzioni in materia di energia esercitate sia direttamente dagli organi centrali e periferici dello Stato sia per il tramite di enti e istituti pubblici a carattere nazionale o sovraprovinciale»; lo stesso articolo, al comma 2, precisa che «le funzioni relative alla materia “energia” di cui al comma 1 concernono le attività di ricerca, produzione, stoccaggio, conservazione, trasporto e distribuzione di qualunque forma di energia».
Il comma 3 del citato art. 01 elenca una serie di funzioni e di compiti riservati allo Stato, tra i quali rilevano «la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti convenzionali di potenza superiore a 300 MW termici nonché le reti per il trasporto dell’energia elettrica costituenti la rete di trasmissione nazionale con tensione superiore a 150 KV, l’emanazione delle relative norme tecniche e le reti di livello nazionale di gasdotti con pressione di esercizio superiore a 40 bar e oleodotti» (lettera c).
Il comma 4 prevede poi il parere obbligatorio della Provincia autonoma (ex art. 14, primo comma, dello statuto speciale) per gli interventi relativi alle funzioni di cui alla lettera c) del comma 3, «anche con riferimento alla rete di trasmissione nazionale dell’energia elettrica».
Il parere obbligatorio di cui sopra è richiamato anche dall’art. 9 del d.P.R. n. 235 del 1977, «per quanto concerne il territorio delle province autonome riguardo lo sviluppo della rete di trasmissione nazionale».
Inoltre, l’art. 1-bis, comma 1, del d.P.R. n. 235 del 1977 attribuisce alla Province autonome «l’esercizio delle funzioni già esercitate dallo Stato in materia di grandi derivazioni a scopo idroelettrico». Il successivo comma 2, in relazione alla disposizione appena citata, stabilisce che «con legge provinciale, nel rispetto degli obblighi derivanti dall’ordinamento comunitario e degli accordi internazionali, dell’articolo 117, secondo comma, della Costituzione, nonché dei principi fondamentali delle leggi dello Stato, sono disciplinate le grandi derivazioni di acque pubbliche a scopo idroelettrico».
Infine, la difesa provinciale richiama il contenuto dell’art. 15 del d.P.R. n. 235 del 1977, secondo cui «non si applicano nel territorio delle province di Trento e di Bolzano le disposizioni di legge incompatibili con quanto disposto dal presente decreto».
2.2.3. – La ricorrente sottolinea altresì come l’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992 escluda la diretta applicazione della normativa statale nelle materie di competenza provinciale. A sua volta, l’art. 4 del medesimo decreto stabilisce che «nelle materie di competenza propria della regione o delle province autonome la legge non può attribuire agli organi statali funzioni amministrative, comprese quelle di vigilanza, di polizia amministrativa e di accertamento di violazioni amministrative, diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo statuto speciale e le relative norme di attuazione».
2.2.4. – Da ultimo, la difesa provinciale richiama la competenza legislativa concorrente in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., applicabile alla Provincia autonoma solo per le parti in cui prevede «forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite» (art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001). Al riguardo, è richiamata la sentenza della Corte costituzionale n. 383 del 2005, secondo cui la Provincia autonoma, dopo la riforma costituzionale del 2001, è titolare, nell’ambito de quo, di competenze legislative ed amministrative più ampie di quelle già assicurate dallo statuto speciale.
La difesa provinciale conclude sul punto rilevando l’esistenza, nella materia dell’energia, di «un doppio strato o livello» di competenze della Provincia autonoma: da un lato, quelle statutarie, dall’altro, le competenze nuove ed aggiuntive previste nel Titolo V della Parte seconda della Costituzione, come modificato dalla legge cost. n. 3 del 2001.
2.3. – Nel merito, la Provincia autonoma di Trento impugna anzitutto il primo periodo del nuovo comma 2 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, introdotto dall’art. 1, comma 1, del d.l. n. 105 del 2010.
2.3.1. – Qualora la disposizione censurata venga riferita anche alle funzioni spettanti alla Provincia in base allo statuto speciale ed all’art. 01 del d.P.R. n. 235 del 1977, la ricorrente ne sostiene l’illegittimità costituzionale nella parte in cui prevede che gli interventi indicati al comma 1 «sono realizzati in regime di cooperazione funzionale ed organizzativa» tra commissari straordinari del Governo, Regioni e Province autonome interessate.
La difesa provinciale precisa come non sia preclusa una diversa interpretazione della disposizione censurata, volta a fare salvo quanto previsto dallo statuto e dalle relative norme di attuazione; se però così non fosse, secondo la ricorrente il comma 2 sarebbe illegittimo per violazione degli artt. 8, numeri 5), 6), 17), 19) e 22), e 16 dello statuto speciale.
La norma impugnata violerebbe inoltre l’art. 01 del d.P.R. n. 235 del 1977, che prevede la competenza statale solo per certi impianti e reti, e l’art. 4, comma 1, del d.lgs. n. 266 del 1992.
Ad avviso della Provincia autonoma, la competenza statale non potrebbe giustificarsi in virtù del richiamo alle «particolari ragioni di urgenza in riferimento allo sviluppo socio-economico» o alla «possibile insorgenza di situazioni di emergenza» o, ancora, al fatto che siffatti interventi devono essere effettuati «con mezzi e poteri straordinari».
Inoltre, le disposizioni introdotte dall’art. 1, comma 1, del d.l. n. 105 del 2010 non sono accompagnate dalla previsione di alcun finanziamento che renda possibili le opere, per la cui realizzazione le uniche risorse disponibili sono quelle già previste dalle leggi vigenti (art. 4, comma 4, del d.l. n. 78 del 2009).
Per questo verso, la norma impugnata incorrerebbe negli stessi vizi per i quali è stato dichiarato incostituzionale il precedente testo dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009. Secondo la difesa provinciale, infatti, anche nel testo vigente, oggetto dell’odierna impugnazione, il finanziamento delle opere in esame continuerebbe a dipendere dalla disponibilità di risorse private (per definizione, non garantita), con la conseguenza di smentire l’asserita urgenza degli interventi previsti.
2.3.2. – Ad avviso della ricorrente, la norma di cui al comma 2 del nuovo art. 4 del d.l. n. 78 del 2009 sarebbe illegittima anche se riferita a funzioni diverse da quelle trasferite alla Provincia dall’art. 01 del d.P.R. n. 235 del 1977. In ogni caso – si sottolinea – resterebbe fermo il parere obbligatorio della Provincia autonoma su queste opere, ai sensi dell’art. 14, primo comma, dello statuto speciale.
L’illegittimità costituzionale della norma impugnata discenderebbe dall’asserita attribuzione ad organi statali di compiti amministrativi in materie di competenza concorrente. La Provincia autonoma non contesta, invero, che le opere strategiche, in virtù del principio di sussidiarietà, siano individuate dallo Stato d’intesa con le Regioni e le Province interessate, ma ritiene che da ciò non possa derivare «la cogestione con organismi statali che non esprimono affatto – come è proprio delle funzioni attratte in sussidiarietà – un livello territoriale superiore e più comprensivo».
Pertanto, la prevista «cooperazione funzionale ed organizzativa» si tradurrebbe in un meccanismo di interferenza, tanto più grave in quanto i compiti assegnati al commissario del Governo sono unilateralmente decisi dal Consiglio dei ministri.
La difesa provinciale osserva altresì che il principio di sussidiarietà ha già trovato applicazione nella materia dell’energia, giustificando l’attribuzione ad organi statali di determinate funzioni amministrative, in virtù di esigenze di carattere unitario. Ciò sarebbe avvenuto con l’art. 29 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), e con la legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia).
La norma impugnata, pertanto, violerebbe gli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost.
Sarebbe inoltre violato il principio di buon andamento previsto dall’art. 97, primo comma, Cost., in quanto il «meccanismo di interferenza» costituirebbe «un fattore di incertezza nella imputazione delle funzioni e delle connesse responsabilità».
Secondo la Provincia autonoma, la portata lesiva della norma censurata non verrebbe meno per la previsione, recata dal secondo periodo del comma 2 dell’art. 4, in virtù della quale i criteri per l’esercizio della cooperazione funzionale ed organizzativa sono definiti dalle intese di cui al comma 1 dello stesso art. 4. Infatti, la definizione con un’intesa dei criteri indicati non eliminerebbe quella cogestione, prevista nel comma 2, che sarebbe priva di «una giustificazione costituzionale»; inoltre, la stessa necessità dell’intesa sarebbe vanificata da quanto stabilito nel successivo comma 4.
2.4. – La ricorrente censura anche il terzo periodo del nuovo comma 2 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, introdotto dall’art. 1, comma 1, del d.l. n. 105 del 2010, in quanto sarebbe previsto un potere sostitutivo statale riguardante tutti gli atti, di competenza della Provincia e degli enti locali, occorrenti all’autorizzazione e all’effettiva realizzazione degli interventi.
2.4.1. – In particolare, la difesa provinciale ritiene che la norma impugnata – qualora si riferisca anche alle competenze statutarie della Provincia autonoma – sia illegittima perché attributiva di un potere sostitutivo statale al di fuori dei casi in cui esso è previsto dalle norme statutarie e di attuazione (artt. 5 e 8 del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526 – Estensione alla regione Trentino-Alto Adige ed alle province autonome di Trento e Bolzano delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616), con conseguente lesione delle competenze provinciali e degli enti locali nelle materie dell’energia, della sanità e dell’urbanistica (artt. 8, numeri 5, 6, 13, 17, 19 e 22, 9, numeri 9 e 10, e 16 del d.P.R. n. 670 del 1972, e delle relative norme di attuazione, fra le quali, l’art. 4 del d.lgs. n. 266 del 1992).
2.4.2. – La norma di cui al terzo periodo del nuovo comma 2 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009 sarebbe illegittima anche se riferita alle sole funzioni acquisite dalla Provincia in virtù del nuovo Titolo V della Parte seconda della Costituzione, in quanto sarebbe previsto un potere sostitutivo statale al di fuori dei casi in cui esso è esercitabile ai sensi del dettato costituzionale.
In proposito, la ricorrente sostiene che la norma denunciata (recante, a suo dire, una sostituzione “ordinaria”, diversa da quella di cui all’art. 120 Cost.) non soddisfi «ben tre dei quattro requisiti» individuati dalla Corte costituzionale, a partire dalla sentenza n. 43 del 2004.
In primo luogo, la competenza sostitutiva non sarebbe attribuita ad un organo politico di livello superiore, ma ad uno meramente tecnico, costituito ad hoc e non legittimato a sostituirsi agli organi titolari delle competenze, né a valutare le ragioni di un possibile ritardo, la necessità e l’opportunità dell’atto da compiere. Al riguardo, non varrebbe eccepire che il commissario è nominato dal Governo; non si tratta, infatti, di un commissario ad acta nominato a fronte di una specifica inerzia regionale o provinciale, ma di un organo avente competenza generale, abilitato a svolgere le valutazioni riservate alla sede politica.
In secondo luogo, la sostituzione non sarebbe limitata agli atti obbligatori, i soli per i quali è possibile la sostituzione ordinaria.
Infine, non sarebbero previste idonee garanzie procedimentali né per le Regioni e per le Province autonome, né per gli enti locali. Di qui la violazione degli artt. 117, terzo comma, 118 e 120 Cost.
2.4.2.1. – La norma impugnata risulterebbe illegittima anche con riferimento al principio di leale collaborazione, poiché non prevede l’intesa con la Provincia autonoma per l’assunzione dei provvedimenti relativi all’autorizzazione e alla realizzazione degli interventi di cui al comma 1 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009. Sul punto, la ricorrente ritiene incomprensibili le ragioni per le quali il periodo impugnato prevede il coinvolgimento degli enti locali e non quello delle Regioni, titolari di competenze legislative e amministrative nelle materie dell’energia e del governo del territorio, e interessate alla realizzazione di interventi che prescindono dall’ambito comunale.
2.4.3. – Infine, la Provincia autonoma censura il terzo periodo del citato comma 2 dell’art. 4, nella parte in cui consente al commissario di abbreviare i termini previsti dalla legge, che devono essere rispettati dalle amministrazioni pubbliche, «per violazione delle norme statutarie, di attuazione e del Titolo V sopra citate». Secondo la ricorrente, il periodo impugnato inciderebbe «potenzialmente su leggi provinciali» e pregiudicherebbe «la possibilità di esercizio della funzione amministrativa della stessa Provincia o dei Comuni», con conseguente lesione delle competenze legislative provinciali in materia di energia, di sanità e di urbanistica.
2.5. – La Provincia autonoma di Trento impugna, inoltre, il nuovo comma 3 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, introdotto dall’art. 1, comma 1, del d.l. n. 105 del 2010.
2.5.1. – La disposizione impugnata – qualora dovesse riferirsi anche alle competenze provinciali statutarie – violerebbe, alla stregua del già esaminato comma 2, l’art. 16 dello statuto speciale, l’art. 4 del d.lgs. n. 266 del 1992 ed il d.P.R. n. 235 del 1977. Si tratterebbe, infatti, di una «illegittima intestazione ad organi statali di poteri amministrativi in materia di competenza provinciale, al di fuori delle ipotesi previste dallo statuto e dalle norme di attuazione».
2.5.2. – La stessa disposizione sarebbe illegittima pure nell’ipotesi in cui si ritenesse che la nomina dei commissari si riferisca solo alle maggiori funzioni spettanti nella materia della produzione, distribuzione e trasporto dell’energia, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost. In tal caso, infatti – pur ammettendo che la dimensione strategica ed il carattere urgente degli interventi giustifichino l’individuazione al livello statale – non sarebbe comprensibile la ragione per cui la realizzazione delle opere di cui al comma 1 debba essere affidata ad organi statali.
In proposito, la ricorrente ritiene che valgano gli stessi argomenti già esposti in riferimento al regime di forzosa cogestione degli interventi, stabilito dal comma 2. Sarebbero pertanto illegittimi gli ulteriori poteri amministrativi statali, previsti dalla norma impugnata, in materia di competenza regionale (energia e governo del territorio), per violazione degli artt. 117, terzo comma, e 118, primo e secondo comma, Cost.
2.5.3. – In subordine, qualora la Corte costituzionale dovesse escludere l’illegittimità della norma relativa alla nomina dei commissari, «in forza di una inedita accezione del principio di sussidiarietà», permarrebbe in ogni caso l’incostituzionalità della norma in esame, dato che la stessa non prevede l’intesa con la Regione o Provincia autonoma interessata per la nomina dei commissari e per la definizione dei loro compiti.
La ricorrente ritiene che la nuova disposizione sia sul punto «peggiorativa» rispetto al testo caducato con la sentenza n. 215 del 2010. Secondo quest’ultimo (comma 2 del previgente art. 4), infatti, la nomina dei commissari era deliberata dal Consiglio dei ministri «con le stesse modalità di cui al comma 1 del presente articolo», cioè d’intesa con le Regioni o con le Province autonome, sia pure limitatamente alla produzione di energia.
La necessità dell’intesa emergerebbe chiaramente dall’esame della giurisprudenza costituzionale, la quale, a partire dalla sentenza n. 303 del 2003, ha affermato che il principio di sussidiarietà consente alla legge statale di intervenire in materie di competenza regionale solo a condizione che l’alterazione del riparto ordinario di competenze sia accompagnata dalla previsione di un’intesa tra lo Stato e la Regione o Provincia autonoma interessata per la gestione amministrativa degli interventi territorialmente localizzati.
Alla luce di quanto detto la norma di cui al comma 3 sarebbe illegittima per violazione del principio di leale collaborazione, «collegato al riparto» di cui agli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost.
2.6. – È, inoltre, censurato il primo periodo del nuovo comma 4 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, introdotto dall’art. 1, comma 1, del d.l. n. 105 del 2010.
2.6.1. – Nel merito, la ricorrente sottolinea come la formulazione della disposizione impugnata renda evidente il carattere debole, anzi «debolissimo» dell’intesa prevista dal comma 1 del medesimo art. 4, in quanto l’intervento statale potrebbe prescindere dal concreto svolgimento di una trattativa fra Stato e Provincia; da ciò deriverebbe la palese incostituzionalità della norma impugnata per violazione del principio di leale collaborazione.
2.6.2. – La difesa provinciale ritiene, però, che il «vizio maggiore» stia «a monte» e consista nella possibilità per lo Stato di procedere unilateralmente. Tale previsione sarebbe, infatti, lesiva delle competenze provinciali indicate in precedenza (artt. 8, 9, 14, primo comma, e 16 dello statuto speciale e relative norme di attuazione; artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., in combinato disposto con l’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001) e del principio di leale collaborazione.
In proposito, la ricorrente rileva come la «stessa logica del nuovo Titolo V» della Parte seconda della Costituzione (che, comunque, non potrebbe valere per le funzioni previste dallo statuto speciale) imponga un’intesa “forte” con la Regione o Provincia autonoma interessata, nel caso in cui la legge statale attribuisca, per ragioni di esercizio unitario, ad un organo dello Stato una funzione amministrativa in una materia di competenza regionale o provinciale (sono richiamate le sentenze della Corte costituzionale n. 121 del 2010, n. 24 del 2007, n. 383 e n. 62 del 2005, n. 6 del 2004, n. 303 del 2003). Né la mancata previsione di un’intesa “forte” potrebbe essere surrogata dalla partecipazione dei Presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate alla seduta del Consiglio dei ministri.
La difesa provinciale esclude, altresì, che il censurato comma 4 possa “giustificarsi” per l’urgenza degli interventi o per il loro carattere strategico nazionale. Al riguardo, sono nuovamente richiamate le sentenze n. 383 del 2005 e n. 6 del 2004, nelle quali la Corte costituzionale, affermando la necessità di rispettare il principio di leale collaborazione, avrebbe precisato come non assuma rilievo la dimensione nazionale degli interventi da realizzare, dato l’esplicito riferimento alla stessa dimensione, contenuto nella denominazione della materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.
2.6.3. – Anche con riguardo alle funzioni aventi fondamento statutario (previste dal d.P.R. n. 235 del 1977), la norma impugnata sarebbe illegittima, per violazione dell’art. 2, comma 5, del d.lgs. n. 266 del 1992, il quale stabilisce le modalità con cui lo Stato può intervenire per fronteggiare situazioni di urgenza.
2.7. – La Provincia autonoma di Trento impugna, inoltre, il secondo periodo del nuovo comma 4 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, per contrasto con il principio di leale collaborazione, poiché l’intesa rappresenta «un atto ad alta discrezionalità», che non può essere «coartato» minacciando l’applicazione di norme che prevedono poteri straordinari del commissario del Governo. La legge statale può prevedere conseguenze qualora l’intesa non venga raggiunta ma sempre nel rispetto dei principi di ragionevolezza e leale collaborazione. Nel caso di specie, questi principi sarebbero violati, con conseguente lesione delle competenze provinciali nella materia dell’energia. Infatti, aggiunge la ricorrente, i poteri sostitutivi e quelli di deroga del commissario devono essere previsti – nel rispetto delle norme costituzionali e di attuazione – nella misura in cui siano necessari; ma la valutazione di siffatta necessità non può dipendere dalla maggiore o minore acquiescenza delle Regioni o delle Province autonome ad una scelta statale unilaterale. Pertanto, secondo la difesa provinciale, la previsione dei poteri straordinari del commissari costituirebbe «una pura coazione all’intesa, non ragionevolmente collegata all’oggetto di essa».
2.7.1. – Il secondo periodo del nuovo comma 4 risulterebbe comunque «autonomamente lesivo delle prerogative costituzionali della Provincia» nelle materie dell’energia, della sanità e dell’urbanistica.
In primo luogo, esso sarebbe illegittimo – per le stesse ragioni già indicate con riferimento all’ultimo periodo del comma 2 – nella parte in cui prevede un potere sostitutivo del commissario, peraltro non condizionato da un ritardo delle amministrazioni competenti.
In secondo luogo, la violazione delle competenze provinciali deriverebbe dal conferimento al commissario del potere di derogare alle norme vigenti. In proposito, la ricorrente sottolinea come – trattandosi di interventi relativi alla trasmissione, alla distribuzione e alla produzione dell’energia – non sia costituzionalmente ammissibile che presunte ragioni di urgenza legittimino l’attribuzione ad un commissario del potere di “espropriare” le competenze amministrative della Provincia e degli enti locali in materia di energia, di governo del territorio e di tutela della salute (quest’ultima, in particolare, sarebbe messa a repentaglio dalla possibilità di derogare, per gli impianti in questione, alle norme provinciali poste a difesa della salute dei cittadini).
In definitiva, sarebbero violate le competenze della Provincia e degli enti locali di cui agli artt. 8, numeri 5), 6), 13), 17), 19) e 22), 9, numeri 9) e 10), e 16 dello statuto speciale, alle relative norme di attuazione, ed agli artt. 117, terzo comma, 118, primo e secondo comma, e 120 Cost.
2.8. – Da ultimo, la Provincia autonoma di Trento rileva l’ulteriore illegittimità costituzionale dei commi 2, 3 e 4 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, introdotti dall’art. 1, comma 1, del d.l. n. 105 del 2010, in quanto ripristinerebbero un sistema a finanziamento incerto e sostanzialmente condizionato dalle risorse private.
La ricorrente sottolinea come non siano affatto individuate le modalità di finanziamento pubblico delle opere in questione; anzi, al contrario, il nuovo comma 3 dell’art. 4 precisa che l’organizzazione delle strutture amministrative di supporto ai commissari debba avvenire «senza che ciò comporti nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica», e per la stessa ipotesi di realizzazione commissariale in deroga, prevista dall’ultimo periodo del comma 4, si prescrive il ricorso a «mezzi e risorse finanziarie pubbliche già previste a legislazione vigente».
Da quanto appena detto la Provincia autonoma deduce l’incostituzionalità delle norme impugnate per gli stessi vizi (violazione degli artt. 117, terzo comma, e 118, primo e secondo comma, Cost.) già riscontrati nel testo originario dei commi 1, 2, 3 e 4 dell’art. 4, dalla sentenza n. 215 del 2010.
3. – Con ricorso notificato il 15 ottobre 2010 e depositato il successivo 22 ottobre (reg. ric. n. 115 del 2010), la Regione Puglia ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, del d.l. n. 105 del 2010, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge n. 129 del 2010, nella parte in cui introduce i commi 2, 3 e 4 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge n. 102 del 2009.
Le questioni sono prospettate per violazione degli artt. 70, 76, 77, 117, 118 e 120 Cost., nonché del principio di leale collaborazione.
3.1. – Preliminarmente, la difesa regionale riassume le vicende che hanno preceduto l’adozione del vigente testo dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, soffermandosi sulla sentenza n. 215 del 2010 con la quale la Corte costituzionale ha rilevato il mancato rispetto – nel testo originario dei primi quattro commi dell’art. 4 – dei «canoni di pertinenza e proporzionalità», cui devono conformarsi le previsioni legislative che attraggano in capo allo Stato funzioni di competenza delle Regioni. In particolare, la ricorrente sottolinea come la Corte costituzionale sia pervenuta a questa conclusione sulla base della natura aleatoria del finanziamento delle opere in questione, rimesso interamente o prevalentemente a capitali privati.
La Regione Puglia precisa altresì di non contestare la legittimità costituzionale del nuovo comma 1 dell’art. 4, poiché l’esplicita previsione dell’intesa con le Regioni interessate, quale presupposto per l’attrazione in sussidiarietà allo Stato della funzione amministrativa di individuazione degli interventi urgenti ed indifferibili, costituisce di per sé garanzia adeguata del rispetto dell’autonomia regionale costituzionalmente garantita.
3.2. – La prima norma impugnata, sotto diversi profili, è l’ultimo periodo del nuovo comma 2 dell’art. 4 del d.l. n. 78 del 2009.
3.2.1. – La Regione prospetta, innanzitutto, la violazione degli artt. 117, terzo comma, e 118, primo e secondo comma, Cost.
La ricorrente – muovendo dall’assunto che la normativa impugnata sia riconducibile alla materia di potestà legislativa concorrente della «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» – rileva come lo Stato possa intervenire con una disciplina di dettaglio, rigorosamente proporzionata alle esigenze unitarie cui si intende far fronte, solo nel rispetto dei principi di sussidiarietà e leale collaborazione (sono richiamate le sentenze della Corte costituzionale n. 278 e n. 215 del 2010, n. 383 del 2005, n. 6 del 2004).
La norma in esame, invece, disporrebbe un intervento statale assolutamente sproporzionato rispetto all’esigenza unitaria presa in considerazione. La difesa regionale non contesta che la «individuazione» degli «interventi urgenti ed indifferibili, connessi alla trasmissione, alla distribuzione e alla produzione dell’energia e delle fonti energetiche che rivestono carattere strategico nazionale, anche in relazione alla possibile insorgenza di situazioni di emergenza, ovvero per i quali ricorrono particolari ragioni di urgenza in riferimento allo sviluppo socio-economico», comporti un ambito valutativo più ampio rispetto a quello disponibile per la Regione. Infatti, al fine di adottare scelte amministrative concernenti la politica energetica complessiva è necessario tener conto di interessi e situazioni localizzati in territori differenti da quelli di ciascuna Regione.
La Regione Puglia contesta piuttosto che esigenze unitarie, analoghe a quelle ritenute sussistenti per la funzione di «individuazione» degli interventi, permangano anche nella successiva attività di “realizzazione in concreto” degli stessi interventi. In sostanza, una volta individuato l’intervento da realizzare, la sua concreta attuazione implicherebbe valutazioni legate essenzialmente al territorio interessato, per le quali è certamente adeguato il livello regionale di governo.