Sentenza n. 32 del 2012

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SENTENZA N. 32

ANNO 2012

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-          Alfonso                         QUARANTA                                    Presidente

-          Franco                          GALLO                                              Giudice

-          Luigi                             MAZZELLA                                            

-          Gaetano                        SILVESTRI                                             

-          Sabino                          CASSESE                                               

-          Giuseppe                      TESAURO                                              

-          Paolo Maria                  NAPOLITANO                                      

-          Giuseppe                      FRIGO                                                    

-          Alessandro                   CRISCUOLO                                         

-          Paolo                            GROSSI                                                  

-          Giorgio                         LATTANZI                                             

-          Aldo                             CAROSI                                                 

-          Marta                           CARTABIA                                            

-          Sergio                           MATTARELLA                                       

-          Mario Rosario             MORELLI                                               

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 11, 16, 36, 47, 55, 63, 75 e 76 della legge della Regione Abruzzo 10 gennaio 2011, n. 1 (Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2011 e pluriennale 2011-2013 della Regione Abruzzo – Legge Finanziaria Regionale 2011), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 14-18 marzo 2011, depositato in cancelleria il 21 marzo 2011 ed iscritto al n. 26 del registro ricorsi 2011.

Udito nell’udienza pubblica del 10 gennaio 2012 il Giudice relatore Luigi Mazzella;

udito l’avvocato dello Stato Alessandro De Stefano per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso notificato il 14-18 marzo 2011 e depositato il successivo 21 marzo (reg. ric. n. 26 del 2011), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 3, 18, 23, 97, 117 e 120 della Costituzione, degli articoli 11, 16, 36, 47, 55, 63, 75 e 76 della legge della Regione Abruzzo 10 gennaio 2011, n. 1 (Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2011 e pluriennale 2011-2013 della Regione Abruzzo – Legge Finanziaria Regionale 2011).

1.1.– L’art. 11 della citata legge regionale prevede disposizioni in materia di erogazione di compensi per lavoro straordinario effettuati nell’ambito dell’emergenza terremoto. In particolare, il comma 1 dispone che al personale con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, appartenente alla Protezione Civile della Regione Abruzzo e agli Enti strumentali della Regione, impegnato, nell’anno 2009, presso le Strutture del Dipartimento Nazionale della Protezione Civile e, nell’anno 2010, presso la Struttura per la Gestione dell’Emergenza, è riconosciuto il compenso previsto per le prestazioni aggiuntive rese nell’àmbito delle disposizioni speciali per la gestione dell’emergenza post sisma. Il comma 2 prevede che i suddetti compensi sono rimborsati alla Regione dalla Struttura per la Gestione dell’Emergenza e sono erogati dalla Direzione regionale competente in materia di Risorse umane e strumentali della Giunta regionale, d’intesa con la stessa Struttura per la Gestione dell’Emergenza. Infine, il comma 3 autorizza la Giunta regionale a disporre con provvedimento amministrativo le variazioni di bilancio ai sensi dell’art. 25 della legge della Regione Abruzzo 25 marzo 2002, n. 3 (Ordinamento contabile della Regione Abruzzo), per l’iscrizione degli stanziamenti di entrata e di spesa destinati a dare attuazione alle disposizioni del presente articolo.

Così disponendo, però, il legislatore regionale travalicherebbe i limiti della propria competenza, invadendo quella esclusiva dello Stato in materia.

Premette la difesa dello Stato che all’esito del sisma verificatosi nel territorio abruzzese il 6 aprile 2009 è stato deliberato lo stato di emergenza (vigente fino al 31 dicembre 2011) ai sensi dell’art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225 (Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile), e sono state emanate, d’intesa con l’Amministrazione regionale, le correlate ordinanze di protezione civile ai sensi dell’art. 5, comma 2, della medesima legge, prevedenti le attività del Commissario delegato e le relative risorse finanziarie; che in relazione al suddetto evento calamitoso è stato poi emanato anche il decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39 (Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 giugno 2009, n. 77, recante le misure per fronteggiare gli esiti del sisma e gli stanziamenti di risorse statali esclusivamente destinate al soddisfacimento delle esigenze previste e disciplinate dal richiamato provvedimento di legge, nonché disponente, sub art. l, comma 1, che le ordinanze di protezione civile intese a governare l’emergenza sismica in questione sono emanate di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze per quanto riguarda gli aspetti di carattere fiscale e finanziario.

La norma regionale in esame stabilisce la corresponsione di compensi per lavoro straordinario per gli anni 2009 e 2010 al personale titolare di contratto di collaborazione coordinata e continuativa stipulato dalla Regione o dai suoi Enti strumentali ed inoltre che gli oneri derivanti dal pagamento di tali compensi «sono rimborsati alla Regione dalla Struttura per la Gestione dell’Emergenza».

Il Presidente del Consiglio dei ministri, dopo aver rilevato che la Struttura per la gestione dell’emergenza sarebbe identificabile con la struttura commissariale istituita ai sensi delle ordinanze di protezione civile vigenti, rappresenta che i compensi al personale assunto con contratti di collaborazione coordinata e continuativa sono posti espressamente a carico dei fondi della Regione Abruzzo sia per l’anno 2009 che per l’anno 2010, ai sensi dell’art. 7, comma 2 dell’ordinanza di protezione civile del 22 dicembre 2009, n. 3833 (Ulteriori interventi urgenti diretti a fronteggiare gli eventi sismici verificatisi nella regione Abruzzo il giorno 6 aprile 2009 e altre disposizioni di protezione civile). Ciò nondimeno, il rimborso in questione verrebbe ad incidere su fondi di pertinenza statale vincolati alla realizzazione di interventi per l’emergenza in Abruzzo, realizzando una distrazione di tali risorse (aventi una destinazione fatta oggetto di intesa da parte dell’Amministrazione regionale) mediante atto unilaterale della Regione e per scopi diversi rispetto a quelli definiti dalla legge e dalle ordinanze di protezione civile. In tal modo, secondo il ricorrente, vi sarebbe violazione non solo dei principi di leale collaborazione, di non contraddittorietà e di ragionevolezza (art. 120 Cost.), ma anche dell’art. 117, terzo comma, Cost.

1.2.– Per quanto attiene ai primi tre aspetti, l’intervento regionale sarebbe viziato sotto il profilo della congruenza tra il fine perseguendo con lo schema normativo adottato dalla Regione (corresponsione di compensi per lavoro straordinario) ed i mezzi apprestati per il suo soddisfacimento (fondi statali vincolati alla salvaguardia ed al ripristino di beni ed interessi della collettività colpita dal sisma), cosicché la legge regionale risulterebbe priva della necessaria intima coerenza atta ad assicurare per i provvedimenti legislativi, anche regionali, la conformità al principio costituzionale della necessità di esercitare il potere legislativo secondo un coerente apprezzamento del fine da perseguire e del mezzo idoneo al suo raggiungimento. Infatti, con specifico riferimento alle ordinanze di protezione civile emanate di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, quanto agli aspetti fiscali e finanziari, per disciplinare l’emergenza in questione, la Regione, che aveva prestato un esplicito assenso alla ripartizione dei relativi oneri finanziari tra Stato e Regione, sarebbe caduta in contraddizione con il varo successivo di una normativa, peraltro ascrivibile alla categoria delle leggi-provvedimento, incidente negativamente sulle risorse finanziarie a tale scopo concordemente destinate.

Talché, in conclusione, sarebbe da ritenere che «l’immotivata, irrazionale e contraddittoria determinazione regionale (peraltro neanche quantificata nell’ammontare degli oneri di cui si chiederà il rimborso a valere sulle risorse statali) vìoli i princìpi in materia di potestà legislativa regionale, appropriandosi di fondi statali, e si sostanzi in un rovesciamento di priorità sviando l’esercizio della potestà legislativa regionale dal fine suo proprio di salvaguardia delle preminenti esigenze della collettività».

1.3.– Inoltre, l’esercizio della prerogativa regionale di cui trattasi violerebbe il principio di leale collaborazione, tanto più in considerazione del fatto che la vigente normativa di protezione civile dispone che le ordinanze di protezione civile debbano essere emanate d’intesa tra il Governo e la Regione interessata, proprio allo scopo di evitare che disposizioni, pur se eccezionali, possano porre in essere una indebita invasione delle competenze regionali. Di guisa che l’utilizzo del potere legislativo regionale malgrado la possibilità di un apprezzamento condiviso Stato-Regione manifesterebbe una volontà contraria ad ogni paritario confronto con il livello statuale (sentenza n. 284 del 2006).

1.4.– Sarebbe leso, altresì, l’art. 117, secondo comma, Cost., che riserva alla legislazione esclusiva statale il compito di dettare norme nelle materie sistema tributario e contabile dello Stato (lettera e), nonché ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali (lettera g), atteso che la Regione non può distrarre risorse statali mediante un intervento non rientrante nelle prerogative legislative regionali.

1.5.– Per quanto concerne, invece, la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., nell’àmbito del complessivo giudizio di conformità alla Costituzione delle leggi  regionali di protezione civile, rileverebbero, ai fini dell’individuazione dei princìpi fondamentali della materia entro i quali le Regioni sono tenute a legiferare in ambito concorrente, le disposizioni contenute nella legislazione statale di protezione civile e, segnatamente, nella legge n. 225 del 1992, laddove – sub art. 12, comma 4 – si dispone espressamente che le norme in questione costituiscono princìpi della legislazione statale cui dovranno conformarsi le leggi regionali. In particolare, ad avviso del ricorrente, le norme regionali in parola si pongono in netta antitesi con uno dei princìpi fondamentali codificati dalla legge n. 225 del 1992, ossia quello, sancito dall’art. 5, comma 2, secondo cui per l’attuazione degli interventi di emergenza si provvede con ordinanze di protezione civile, le quali disciplinano uno straordinario (seppur temporaneo perché limitato alla durata dello stato di emergenza) assetto sovrastrutturale di poteri, allo scopo di tutelare l’integrità della vita, dei beni e degli insediamenti. In buona sostanza, l’applicazione dell’art. 5 della legge n. 225 del 1992 implicherebbe un’azione statuale di natura latamente sostitutiva delle competenze regionali, per cui la Regione non potrebbe disciplinare ulteriormente, tanto meno con disposizioni normative contrastanti rispetto a quelle dettate dalle ordinanze di protezione civile, il medesimo settore già normato, seppure in via straordinaria, a livello statale. Perché laddove la funzione di protezione civile sia esercitata dallo Stato, tale esercizio – oltre tutto posto in essere d’intesa con la Regione – determinerebbe una compressione, ancorché temporanea, della relativa potestà legislativa regionale.

2.– L’art. 16 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011 attribuisce alla Giunta regionale il potere di predisporre «un provvedimento legislativo per la revisione complessiva delle tasse, dei canoni e delle imposte regionali» e, in caso di inadempienza da parte della Giunta, ne prevede un adeguamento su base ISTAT.

Secondo il ricorrente, la disposizione normativa in esame sarebbe illegittima perché, nel prevedere genericamente una "revisione complessiva” di tasse, canoni ed imposte regionali, non ne escluderebbe l’aumento. Mentre la Regione, al momento, non avrebbe la potestà di deliberare aumenti delle entrate tributarie, stante la sospensione, disposta dal legislatore statale sino all’attuazione del c.d. federalismo fiscale, del potere delle Regioni e degli enti locali di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi attribuiti con legge dello Stato, ai sensi dell’art. 1, comma 123, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato legge di stabilità 2011). Donde la lesione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., che riserva al legislatore statale la competenza esclusiva in materia di tutela del sistema tributario.

2.1.– Inoltre, la disposizione contenuta nel comma 2 dell’art. 16, che prevede un adeguamento di tasse, canoni e imposte, ancorato agli indici ISTAT, in caso di inerzia della Giunta, contrasterebbe con l’art. 2 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente), che pone il principio generale dell’ordinamento tributario di  chiarezza e trasparenza delle relative disposizioni, sì da invadere la competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela del sistema tributario e da violare la riserva di legge in subiecta materia ex art. 23 Cost.

3.– L’art. 36 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2001, concernente «Norme in materia di servizio idrico integrato della Regione Abruzzo», dispone al comma 1 che «[...] le peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale, specie quello montano, nelle condizioni date non permettono in linea generale un efficace ed utile ricorso al mercato tra concorrenti per l’affidamento delle gestioni. Queste, pertanto, restano affidate agli attuali gestori».

3.1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri deduce che la predetta norma, nel disporre che le gestioni del servizio idrico restano affidate agli attuali gestori, impedisce l’affidamento secondo le procedure di evidenza pubblica previste dalla legislazione statale, attuativa di quella comunitaria, ponendosi in contrasto, segnatamente, con l’art. 23-bis, comma 2, del decreto-legge 25 giugno  2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133, e con l’art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 168 (Regolamento in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica, a norma dell’articolo 23-bis, comma 10, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133), nonché con i princìpi comunitari a tutela della concorrenza e del mercato.

3.2.– Anche se in base al comma 2 del medesimo art. 36 gli effetti della disposizione in oggetto sono limitati al termine del 31 dicembre 2011, al comma 1 la norma regionale pone una presunzione assoluta, in via legislativa, di insussistenza delle «caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale» idonee per il ricorso al mercato per gli affidamenti delle gestioni di servizio idrico. Di qui il prospettato contrasto con i commi 3 e 4 del succitato art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008, i quali disciplinano un procedimento complesso in caso di ipotizzata insussistenza delle condizioni economiche, sociali e ambientali, richiedendo – tra l’altro – il parere dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.

Pertanto, l’art. 36, dettando disposizioni difformi dalla normativa statale di riferimento, lederebbe la competenza esclusiva dello Stato nella materia tutela dell’ambiente e dell’ecosistema di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., nonché la competenza del legislatore statale nella materia tutela della concorrenza di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

4.– L’art. 47, nel prevedere disposizioni in materia di personale, dispone che la Giunta regionale, entro 90 giorni dall’approvazione della legge, attua i piani di cui all’art. 3, comma 94, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008).

Ciò significa che il legislatore regionale avrebbe esteso al 2011 l’efficacia della normativa statale sulla progressiva stabilizzazione del personale non dirigenziale in servizio con contratto a tempo determinato e del personale con contratti di collaborazione coordinata e continuativa in essere alla data di entrata in vigore della legge succitata, ancorché limitatamente all’ambito della programmazione triennale dei fabbisogni per gli anni 2008, 2009 e 2010.

Così disponendo ulteriori stabilizzazioni di personale precario al di fuori delle procedure ordinarie e concorsuali di accesso al pubblico impiego, il legislatore regionale violerebbe i princìpi di ragionevolezza, imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione di cui agli artt. 3 e 97 Cost.

Inoltre, la norma in esame impingerebbe nella materia di legislazione concorrente – ex art. 117, terzo comma, Cost. – del coordinamento della finanza pubblica, vulnerandone i princìpi di attuazione, in quanto introduttiva, senza alcuna intesa con lo Stato, di una disciplina che, prevedendo un piano di stabilizzazione del personale precario anche per l’anno 2011, incide sul sistema generale della finanza pubblica.

5.– L’art. 55 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011 riguarda la lotta all’abusivismo nell’edilizia residenziale pubblica e dispone, al comma 1, che al fine di eliminare il fenomeno delle occupazioni senza titolo degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, le Aziende Territoriali per l’Edilizia Residenziale Pubblica (di seguito ATER), presentano entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, un piano redatto d’intesa con i Comuni interessati e le autorità di pubblica sicurezza competenti.

In tal modo, ad avviso del ricorrente, il legislatore regionale eccederebbe dalla propria competenza ed invaderebbe la competenza esclusiva dello Stato in materia di organizzazione amministrativa dello Stato stesso di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost.

Infatti, anche alla luce di quanto affermato dalla Corte costituzionale (sentenza n. 134 del 2004), il legislatore regionale non può prevedere unilateralmente la possibilità di redigere un piano d’intesa con le autorità di pubblica sicurezza.

Poiché la forma di collaborazione con le autorità statali di pubblica sicurezza, prevista dalla norma in esame, non trova fondamento in leggi statali che la regolino o la consentano, né in un accordo tra gli enti interessati, ma è disposta unilateralmente, l’impugnato art. 55 si porrebbe in contrasto con l’art. 160 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), il quale, nel disciplinare le competenze dello Stato, dispone, al comma 2, che l’ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza resta disciplinato dalla legge 1° aprile 1981, n. 121 (Nuovo ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza), che a sua volta individua, ai fini della tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, le forze di polizia.

6.– L’art. 63 prevede, al comma 1, che le concessioni regionali e comunali in essere alla data di entrata in vigore della legge sono prorogate fino al 30 giugno 2011.

Così disponendo, la norma regionale in esame urterebbe contro l’art. 23-bis, comma 8, lettera e), del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, come modificato dall’art. 1, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 26 febbraio 2011, n. 10, il quale prevede che il termine per la proroga delle concessioni è fissato al 31 marzo 2011.

Inoltre, l’art. 63 violerebbe gli artt. 49 e 56 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (già artt. 43 e 49 del Trattato CE) a tutela della libertà di stabilimento e della concorrenza e colliderebbe con il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) che recepisce, appunto, le direttive menzionate nel titolo in materia di coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi.

Difatti, la materia delle proroghe delle concessioni in tema di servizio pubblico locale, come più volte ribadito dalla Corte costituzionale (da ultimo, con sentenza n. 325 del 2010), rientra nella tutela della concorrenza, di competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

Pertanto, il legislatore regionale, ponendosi in contrasto con la normativa statale e comunitaria di riferimento, lederebbe l’art. 117, primo comma, Cost., in quanto fonte di possibile alterazione del regime di libero mercato delle prestazioni e dei servizi, in violazione degli obblighi comunitari in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici derivanti dagli artt. 56 e seguenti del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (già artt. 49 e seguenti del Trattato CE), come pure della competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

7.– L’ art. 75 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011 dispone al comma 1 che gli interventi di soccorso ed elisoccorso di carattere sanitario, comprensivi di recupero e trasporto, devono considerarsi come prestazioni a carico del Servizio sanitario nazionale se effettuati nei limiti di quanto disposto dall’art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1992 (Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni per la determinazione dei livelli di assistenza sanitaria di emergenza). Il comma 3, poi, prevede che la Giunta regionale, sentito il SASA - CNAS, entro centoventi giorni dall’entrata in vigore della legge, integra e aggiorna il proprio tariffario per i servizi di soccorso sanitario e non sanitario; per i residenti nella regione Abruzzo è disposta una riduzione della tariffa la cui misura verrà concordata tra la Regione Abruzzo e le Aziende sanitarie locali, sedi di SUEM (Servizio di urgenza ed emergenza medica). Il minor introito derivante dalla concordata riduzione della tariffa trova copertura finanziaria in quota parte delle risorse assegnate dal fondo sanitario per il funzionamento del SUEM 118.

Ad avviso del ricorrente le disposizioni oggetto di censura sarebbero illegittime, per il fatto che la Regione Abruzzo è impegnata nel Piano di rientro di cui all’Accordo tra il Ministro della salute, il Ministro dell’economia e delle finanze e il Presidente della Regione in data 6 marzo 2007, poi recepito con deliberazione della Giunta regionale del 13 marzo 2007, n. 224. Mentre in forza degli obblighi assunti con il suddetto piano sanitario, la Regione Abruzzo non può erogare prestazioni ulteriori rispetto ai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), con l’art. 75 in esame il legislatore regionale eroga ulteriori livelli di assistenza non previsti, cioè gli interventi di soccorso ed elisoccorso. Lo stesso dicasi per la concessione dell’agevolazione di cui al comma 3 dell’art. 75, coperta con le risorse del fondo del servizio sanitario nazionale, che configura il riconoscimento di LEA aggiuntivi, in contrasto con l’impegno assunto con il citato Piano di rientro di assicurare l’equilibrio di bilancio e, conseguentemente, in violazione unilaterale degli impegni assunti in funzione di coordinamento della finanza pubblica.

Sicché, il legislatore regionale, prevedendo una disciplina non conforme a quanto stabilito nel succitato Accordo, avrebbe arrecato un vulnus all’art. 117, terzo comma, Cost. in materia di tutela della salute e coordinamento della finanza pubblica.

8.– L’art. 76 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011, contenente disposizioni in materia di segni distintivi, dispone che «il SASA - CNSAS (Soccorso Alpino Speleologico Abruzzo del Corpo nazionale del Soccorso Alpino Speleologico) adotta sulle proprie divise di ordinanza e sui mezzi in dotazione il logo della Protezione Civile regionale».

Il Presidente del Consiglio dei ministri sostiene che il legislatore regionale si sia discostato dalla disciplina nazionale di riferimento, secondo cui: 1) il Corpo nazionale del soccorso alpino rientra tra le strutture operative nazionali della protezione (art. 11 della legge n. 225 del 1992); 2) la disciplina dell’ordinamento, del funzionamento e della natura del suddetto Corpo è stabilita a livello nazionale dalla legge 21 marzo 2001, n. 74 (Disposizioni per favorire l’attività svolta dal Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico); 3) l’attività di volontariato è espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo, tant’è che la legge 11 agosto 1991, n. 266 (Leggequadro sul volontariato) ne riconosce il valore sociale e la funzione, ne promuove lo sviluppo, salvaguardandone l’autonomia, e ne favorisce l’apporto originale per il conseguimento delle finalità di carattere sociale, civile e culturale (art. 1, commi 1 e 2), imponendo alle leggi regionali di preservarne l’autonomia di organizzazione e di iniziativa e di favorire lo sviluppo dell’associazionismo (art. 10, comma 1).

Secondo il ricorrente, il legislatore regionale, dettando norme non coordinate e sostanzialmente contrastanti con le suddette disposizioni e nel prevedere di adottare sulle divise di ordinanza e sui mezzi del SASA­ - CNSAS il logo regionale, lederebbe i princìpi costituzionali sul libero associazionismo di cui all’art. 18 Cost., nonché la competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento, organizzazione e amministrazione dello Stato e degli enti pubblici nazionali di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost. ed i princìpi della legislazione concorrente di cui all’art. 117, terzo comma, Cost. in riferimento all’attività di protezione civile.

9.– Con atto depositato il 16 dicembre 2011 Presidente del Consiglio dei ministri ha, in primo luogo, rappresentato che nelle more del presente giudizio la Regione Abruzzo si è conformata ai rilievi formulati in ricorso, l’art. 9 della legge reg. 3 agosto 2011, n. 24 (Intervento di adeguamento normativo in materia di personale) così disponendo: «L’art. 47 della L.R. 10 gennaio 2011, n. 1 (Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2011 e pluriennale 2011-2013 della Regione Abruzzo (Legge Finanziaria Regionale 2011) è abrogato». Conseguentemente, il Consiglio dei ministri – dato atto della sopravvenienza normativa della legge reg. n. 24 del 2011 e dell’effetto abrogativo dell’art. 47 della legge sub iudice e considerato il venire meno delle ragioni giustificative dell’impugnazione di siffatta norma – nella seduta del 13 ottobre 2011, con provvedimento in pari data, ha deliberato la rinunzia parziale al ricorso n. 26 del 2011 con riguardo alle censure relative all’art. 47 della legge della Regione Abruzzo n. 1 del 2011.

9.1.– Il ricorrente ha motivatamente insistito, invece, affinché la Corte costituzionale adìta voglia dichiarare l’illegittimità costituzionale degli artt. 11, 16, 36, 55, 63, 75 e 76 della legge Regione Abruzzo n. 1 del 2011, per violazione degli artt. 3, 18, 23, 97, 117 e 120 della Costituzione, ripercorrendo gli ulteriori profili di incostituzionalità già illustrati nell’atto introduttivo del giudizio, pressoché integralmente riprodotto.

10.– Con memoria integrativa depositata il 20 dicembre 2011 l’Avvocatura generale dello Stato si è soffermata su taluni interventi normativi sopravvenuti all’incardinazione del presente giudizio di legittimità costituzionale.

10.1.– In primo luogo, ha rilevato che la legge della Regione Abruzzo 12 aprile 2011, n. 9 (Norme in materia di Servizio Idrico Integrato della Regione Abruzzo) ha previsto l’istituzione e l’organizzazione del sistema idrico integrato costituito dall’insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili ed industriali di fognatura e di depurazione delle acque reflue da istituire in un Ambito territoriale unico regionale (ATUR), coincidente con l’intero territorio regionale ed attuato da un ente pubblico di nuova costituzione denominato ERSI (Ente regionale per il servizio idrico integrato).

Ne ha desunto che la predetta novella regionale, disciplinando l’organizzazione integrata del servizio idrico, onde pervenire all’uniformità di indirizzo ed azione dei servizi idrici offerti all’utenza, ma non incidendo in materia di conferimento, non riguarda affatto gli aspetti disciplinati dall’art. 36 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011, attinenti alla proroga delle gestioni esistenti.

Quanto poi alla sopravvenuta abrogazione dell’articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008 con decreto del Presidente della Repubblica 18 luglio 2011, n. 113 (Abrogazione, a seguito di referendum popolare, dell’articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, e successive modificazioni, nel testo risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 325 del 2010, in materia di modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica), la difesa dello Stato ne ha tratto «il venir meno del presupposto fondante della norma regionale in parola, ossia la presunzione di esistenza delle "peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geormorfologiche del contesto territoriale” che, "tenuto conto di quanto disposto dai commi 3 e 4 dell’art. 23-bis, aggiunto dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, di conversione del d.l. 25 giugno 2008, n. 112 giustificherebbe (secondo l’assetto sospettato di incostituzionalità, delineato del legislatore regionale) il permanere delle gestioni correnti in capo agli attuali soggetti – ed, insieme ad esso, delle censure di incostituzionalità dell’art. 36 L.R. Abruzzo n. 1 del 2011 che assumono a parametro la disciplina statale caducata per effetto del referendum […]». Ma a suo avviso – nel perdurare del vuoto legislativo seguito alla caducazione, all’esito referendario, della disciplina statale – il legislatore regionale sarebbe comunque tenuto ad osservare, anche in una prospettiva de iure condendo, il rispetto dei fondamentali principi di cui all’art. 117, secondo comma, Cost.: 1) lettera e), in tema di tutela della concorrenza; 2) lettera l) in tema di ordinamento civile; 3) lettera s) in materia della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema. Ha, dunque, ritenuto che rimangano valide le censure mosse dal Presidente del Consiglio dei ministri con l’atto introduttivo del giudizio, con riferimento alla violazione dell’art. 117, secondo comma, lettere e), l) e s), Cost.

10.2.– Per quanto attiene invece i rilievi di incostituzionalità mossi avverso l’art. 55, comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011, laddove – al fine di eliminare il fenomeno delle occupazioni senza titolo degli alloggi di edilizia residenziale pubblica – dispone che le ATER presentano entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, un piano redatto d’intesa con i Comuni interessati e le autorità di pubblica sicurezza competenti, la difesa dello Stato ne ha segnalato l’abrogazione parziale ad opera del legislatore regionale. Segnatamente, con legge della Regione Abruzzo 6 luglio 2011, n. 19 (Norme per l’alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica da parte dei Comuni e modifica delle LL.RR. nn. 43/2000, 34/2007, 1/2010 e 1/2011), all’art. 3, comma 3, si dispone la soppressione delle parole «e le autorità di pubblica sicurezza competenti» di cui al comma 1 dell’art. 55 sopracitato, con l’eliminazione, in tal guisa, della forma di collaborazione con le autorità statali di pubblica sicurezza sospettata di incostituzionalità.

Con la conseguenza che, secondo l’Avvocatura generale dello Stato, la legge sopravvenuta n. 19 del 2011 (art. 3, comma 3) di fatto sancisce – pure in assenza della formalizzazione di apposita rinunzia – il venir meno delle ragioni dell’impugnazione dell’impugnato art. 55, determinando, di fatto, la cessazione della materia del contendere.

10.3.– Circa i motivi d’impugnazione dell’art. 63, la difesa dello Stato ha esposto che per effetto dell’entrata in vigore – lo scorso 6 agosto 2011 – dell’art. 1 della legge della Regione Abruzzo 19 luglio 2011, n. 21, recante modifiche (tra le altre) alla legge reg. Abruzzo 10 gennaio 2011, n. 1, la proroga originariamente disposta fino al 30 giugno 2011 è stata ulteriormente differita fino al 30 settembre 2011, mentre – dopo il comma 1 dell’art. 63 della legge reg. n. 1 del 2011 – è stato aggiunto il seguente comma: «1-bis. A seguito della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana dell’esito del referendum abrogativo relativo all’articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per Io sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 e successivamente modificato e integrato con le disposizioni di cui Casella di testo: 9all’art. 15 del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135 (Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della Corte di Giustizia delle Comunità europee), convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166, la Giunta regionale è autorizzata a porre in essere, ai sensi dell’art. 5, paragrafo 5 del regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2007, relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 1191/69 e (CEE) n. 1107/70, del 23 ottobre 2007, un provvedimento di proroga delle concessioni regionali. Allo stesso modo, procedono i Comuni titolari di concessioni di trasporto urbano. I provvedimenti sono formulati nel rispetto delle condizioni previste dal presente Capo VI e in ogni caso non possono superare la durata di un anno».

Alla stregua del summenzionato regolamento europeo, condizione presupposta e necessaria per il ricorso alla disciplina derogatoria in discorso è la dimostrazione dello stato emergenziale enucleato nel c.d. «rischio di interruzione del servizio o di pericolo imminente di interruzione». E ciò – ha sottolineato la difesa dello Stato – fa difetto nell’art. 63, comma 1, sia nella formulazione originaria, sia in quella nuova assunta a seguito dell’innesto normativo del 2011, che si limita semplicemente a richiamare il riferimento al regolamento comunitario. Di contro, resta fermo il rispetto degli obblighi comunitari in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici derivanti dagli artt. 56 e seguenti del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (già art. 49 e seguenti del Trattato CE), siccome attuati dal d.lgs. n. 163 del 2006 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture), che recepisce le direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE in materia di coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi. Come pure resta fermo che – anche all’esito del referendum summenzionato e dei conseguenti vuoti normativi derivati dalla caducazione dell’art. 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008 – la materia delle proroghe delle concessioni in tema di servizio pubblico locale, come più volte ribadito dalla Corte costituzionale (da ultimo, con sentenza n. 325 del 2010), rientra nella tutela della concorrenza, che è materia di competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

Da tutto quanto sopra esposto la difesa dello Stato ha desunto che rimangono validi i motivi d’impugnazione dell’art. 63 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011, come formulati negli scritti già depositati in atti.

10.4.Pertanto, dopo aver chiesto all’adìta Corte costituzionale – con atto di rinunzia parziale al ricorso notificato a controparte il 15 dicembre 2011 – di voler dichiarare, in via principale, l’estinzione parziale del giudizio ovvero la cessazione della materia del contendere relativamente alla censura d’illegittimità costituzionale dell’art. 47 della legge della Regione Abruzzo n. 1 del 2011 in ragione della intervenuta abrogazione della stessa ad opera dell’art. 9 della legge regionale n. 24 del 2011, sulla base delle argomentazioni sopra svolte, la difesa dello Stato ha concluso, chiedendo, altresì, che la Corte costituzionale voglia dichiarare la cessazione della materia del contendere relativamente alla censura dell’art. 55 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011, in ragione dell’intervenuta abrogazione parziale dello stesso ad opera dell’art. 3 della legge reg. Abruzzo n. 19 del 2011, nonché insistendo, affinché la Corte adìta voglia dichiarare l’illegittimità costituzionale degli artt. 11, 16, 36, 63, 75 e 76 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011, per violazione degli artt. 3, 18, 23, 97, 117 e 120 Cost.

Considerato in diritto

1.– Con ricorso notificato il 14-18 marzo 2011 e depositato il successivo 21 marzo, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 18, 23, 97, 117 e 120 della Costituzione, degli articoli 11, 16, 36, 47, 55, 63, 75 e 76 della legge della Regione Abruzzo 10 gennaio 2011, n. 1 (Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2011 e pluriennale 2011-2013 della Regione Abruzzo – Legge Finanziaria Regionale 2011).

Successivamente al ricorso, la suddetta legge regionale è stata oggetto di numerose modifiche. Parimenti è mutato il quadro normativo in relazione ad alcune delle disposizioni di legge statale evocate dal Governo come parametro interposto.

1.1.– L’art. 11 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011 prevede disposizioni in materia di erogazione di compensi per lavoro straordinario effettuati nell’ambito della notoria emergenza terremoto. In particolare, il comma 1 dispone che al personale con contratto di collaborazione coordinata e continuativa appartenente alla Protezione Civile della Regione Abruzzo e agli Enti strumentali della Regione impegnato, nell’anno 2009, presso le Strutture del Dipartimento Nazionale della Protezione Civile e, nell’anno 2010, presso la Struttura per la Gestione dell’Emergenza, è riconosciuto il compenso previsto per le prestazioni aggiuntive rese nell’àmbito delle disposizioni speciali per la gestione dell’emergenza post sisma. Il comma 2 prevede che i suddetti compensi sono rimborsati alla Regione dalla Struttura per la Gestione dell’Emergenza e sono erogati dalla Direzione regionale competente in materia di Risorse umane e strumentali della Giunta regionale, d’intesa con la stessa Struttura per la Gestione dell’Emergenza. Infine, il comma 3 autorizza la Giunta regionale a disporre con provvedimento amministrativo le variazioni di bilancio ai sensi dell’art. 25 della legge della Regione Abruzzo 25 marzo 2002, n. 3 (Ordinamento contabile della Regione Abruzzo), per l’iscrizione degli stanziamenti di entrata e di spesa destinati a dare attuazione alle disposizioni del presente articolo.

1.1.1.– Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, il rimborso in questione verrebbe ad incidere su fondi di pertinenza statale vincolati alla realizzazione di interventi per l’emergenza in Abruzzo, realizzando una distrazione di tali risorse (aventi una destinazione fatta oggetto d’intesa da parte dell’Amministrazione regionale) mediante atto unilaterale della Regione e per scopi diversi rispetto a quelli definiti dalla legge e dalle ordinanze di protezione civile. In tal modo, sarebbero violati: a) i princìpi di leale collaborazione, di non contraddittorietà e di ragionevolezza (art. 120 Cost.); b) l’art. 117, secondo comma, lettere e) (sistema tributario e contabile dello Stato) e g) (ordinamento e organizzazione amministrativa degli enti pubblici nazionali), Cost.; c) l’art. 117, terzo comma, Cost. in materia di protezione civile e, segnatamente, il principio fondamentale dell’art. 5, comma 2, della legge 24 febbraio 1992, n. 225 (Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile), che demanda alle ordinanze di protezione civile, «in deroga ad ogni disposizione vigente, e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico», la disciplina per l’attuazione degli interventi conseguenti alla deliberazione dello stato di emergenza. Più specificamente, il ricorrente richiama l’art. 7, comma 2, dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 22 dicembre 2009, n. 3833 (Ulteriori interventi urgenti diretti a fronteggiare gli eventi sismici verificatisi nella regione Abruzzo il giorno 6 aprile 2009 e altre disposizioni di protezione civile), che pone a suo dire i compensi del personale assunto con contratti di collaborazione coordinata e continuativa a carico della Regione Abruzzo sia per l’anno 2009 che per l’anno 2010. Ma tale previsione è contenuta, invero, nell’art. 5, comma 2-bis, dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 9 aprile 2009, n. 3754 (Ulteriori disposizioni urgenti conseguenti agli eventi sismici che hanno colpito la provincia dell’Aquila ed altri comuni della regione Abruzzo il giorno 6 aprile 2009).

1.1.2.– Dopo la proposizione del ricorso, sia l’art. 7, comma 2, dell’ordinanza invocata in ricorso, sia l’art. 5, comma 2-bis, dell’ordinanza n. 3754 del 2009, sono stati modificati dall’art. 12 dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 30 giugno 2011, n. 3950 (Ulteriori interventi urgenti diretti a fronteggiare gli eventi sismici verificatisi nella regione Abruzzo il giorno 6 aprile 2009), nel senso di veicolare l’onere degli straordinari in oggetto a valere sulle risorse del fondo (statale) per la compensazione degli effetti finanziari non previsti di cui all’art. 14, comma 5, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39 (Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 giugno 2009, n. 77.

1.2.– L’art. 16 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011 attribuisce alla Giunta regionale il potere di predisporre «un provvedimento legislativo per la revisione complessiva delle tasse, dei canoni e delle imposte regionali» e, in caso di inadempienza da parte della Giunta, ne prevede un adeguamento su base ISTAT.

1.2.1.– Secondo il ricorrente, la disposizione normativa in esame è illegittima perché, nel prevedere genericamente una «revisione complessiva» di tasse, canoni ed imposte regionali, non ne escluderebbe l’aumento. Di contro, la Regione non avrebbe allo stato la potestà di deliberare aumenti delle entrate tributarie, a causa della sospensione, disposta dal legislatore statale sino all’attuazione del federalismo fiscale, del potere delle Regioni e degli enti locali di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi attribuiti con legge dello Stato, ai sensi dell’art. 1, comma 123, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato legge di stabilità 2011). Donde la lesione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., che riserva al legislatore statale la competenza esclusiva in materia di tutela del sistema tributario.

Inoltre, la disposizione contenuta nel comma 2 dell’art. 16, laddove prevede un adeguamento di tasse, canoni e imposte regionali ancorato agli indici ISTAT, in caso di inerzia della Giunta, striderebbe con l’art. 2 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente), che pone il principio generale dell’ordinamento tributario di chiarezza e trasparenza delle relative disposizioni. Ne discenderebbero l’invasione della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela del sistema tributario e la violazione della riserva di legge in subiecta materia ex art. 23 Cost.

1.3.– L’art. 36 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011, concernente «Norme in materia di servizio idrico integrato della Regione Abruzzo», prevede che «1. [...] le peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale, specie quello montano, nelle condizioni date non permettono in linea generale un efficace ed utile ricorso al mercato tra concorrenti per l’affidamento delle gestioni. Queste, pertanto, restano affidate agli attuali gestori. 2. I soggetti gestori del Servizio alla data di entrata in vigore della presente legge continuano a operare fino al verificarsi delle condizioni previste dal presente articolo […]  e comunque entro e non oltre il 31 dicembre 2011».

1.3.1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri denuncia che l’art. 36, nel disporre che le gestioni del Servizio idrico integrato abruzzese restano affidate agli attuali gestori, impedisce l’affidamento secondo le procedure di evidenza pubblica previste dalla legislazione statale, attuativa di quella comunitaria, ponendosi in contrasto, segnatamente, con l’art. 23-bis, comma 2, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133, e con l’art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 168 (Regolamento in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica, a norma dell’articolo 23-bis, comma 10, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133), nonché con i princìpi comunitari a tutela della concorrenza e del mercato.

Il ricorrente riconosce che in base al comma 2 del medesimo art. 36 gli effetti della disposizione in oggetto sono limitati al termine del 31 dicembre 2011, ma stigmatizza che al comma 1 la norma regionale ponga una presunzione assoluta, in via legislativa, d’insussistenza delle «caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale» idonee per il ricorso al mercato per gli affidamenti delle gestioni di servizio idrico. Di qui il prospettato contrasto con i commi 3 e 4 del succitato art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008, i quali disciplinano un procedimento complesso in caso di ipotizzata insussistenza delle condizioni economiche, sociali e ambientali, richiedendo – tra l’altro – il parere dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.

Pertanto, l’art. 36 citato, dettando disposizioni difformi dalla normativa statale di riferimento, lederebbe la competenza esclusiva dello Stato nella materia della "tutela dell’ambiente e dell’ecosistema” di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., nonché nella materia della tutela della concorrenza di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., con cui fanno corpo i princìpi posti dal diritto europeo a presidio del mercato, ed inoltre – come chiaramente dedotto soltanto nelle memorie depositate in prossimità dell’udienza – anche in tema di ordinamento civile ex art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.

1.3.2.– Successivamente al ricorso, il quadro normativo è profondamente mutato.

A partire dal 21 luglio 2011, in esito a referendum, l’intero art. 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008 è stato abrogato dall’art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 18 luglio 2011, n. 113 (Abrogazione, a seguito di referendum popolare, dell’articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, e successive modificazioni, nel testo risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 325 del 2010, in materia di modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica). Quindi, l’art. 4, comma 34, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 14 settembre 2011, n. 148 – articolo significativamente rubricato come «Adeguamento della disciplina dei servizi pubblici locali al referendum popolare e alla normativa dall’Unione europea» ha escluso l’applicazione del regime di gestione concorrenziale dei servizi pubblici di rilevanza locale da esso introdotto al servizio idrico integrato.

1.4.– L’art. 47 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011, nel prevedere disposizioni in materia di personale, dispone che «La Giunta regionale predispone, entro 90 giorni dall’approvazione della presente legge, i piani di cui all’articolo 3, comma 94, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008)”».

1.4.1.– Il ricorrente censura la suddetta disposizione per avere il legislatore regionale voluto con essa estendere al 2011 l’efficacia della normativa statale sulla progressiva stabilizzazione del personale non dirigenziale in servizio con contratto a tempo determinato o di collaborazione coordinata e continuativa in essere alla data di entrata in vigore della legge succitata, invero limitatamente all’ambito della programmazione triennale dei fabbisogni per gli anni 2008, 2009 e 2010. In particolare, l’impugnato art. 47, disponendo ulteriori stabilizzazioni di personale precario al di fuori delle procedure ordinarie e concorsuali di accesso al pubblico impiego, lederebbe i princìpi di ragionevolezza, imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione di cui agli artt. 3 e 97 Cost. Inoltre, la norma regionale in esame eccederebbe la competenza regionale nella materia di legislazione  concorrente – ex art. 117, terzo comma, Cost. – del coordinamento della finanza pubblica, vulnerandone i princìpi di attuazione. Essa, infatti, senza alcuna intesa con lo Stato, contempla un piano di stabilizzazione del personale precario anche per l’anno 2011, sì da incidere sul sistema generale della finanza pubblica.

1.4.2.– Successivamente al ricorso, l’art. 47 in questione è stato abrogato dall’art. 9 della legge della Regione Abruzzo 3 agosto 2011, n. 24 (Intervento di adeguamento normativo in materia di personale).

1.4.3.– A seguito di ciò, il Presidente del Consiglio dei ministri, in data 13 ottobre 2011, ha rinunciato parzialmente al ricorso in relazione alle censure concernenti la disposizione regionale in oggetto.

1.5.– L’art. 55 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011, riguardante la lotta all’abusivismo nell’edilizia residenziale pubblica, dispone, al comma 1, che al fine di eliminare il fenomeno delle occupazioni senza titolo degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, le Aziende Territoriali per l’Edilizia Residenziale Pubblica (ATER) presentano, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, un piano redatto d’intesa con i Comuni interessati e le autorità di pubblica sicurezza competenti.

1.5.1.– Il ricorrente denuncia l’occupazione in tal modo, da parte del legislatore regionale, dell’àmbito di competenza esclusiva dello Stato in materia di organizzazione amministrativa dello Stato stesso di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost.

A suo avviso, infatti, il legislatore regionale, anche alla luce di quanto affermato dalla Corte costituzionale (sentenza n. 134 del 2004), non può unilateralmente prevedere la possibilità di redigere un piano d’intesa con le autorità di pubblica sicurezza.

1.5.2.– Nelle more del giudizio il censurato art. 55 è stato modificato dall’art. 3, comma 3, della legge della Regione Abruzzo 6 luglio 2011, n. 19 (Norme per l’alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica da parte dei Comuni e modifica delle LL.RR. nn. 43/2000, 34/2007, 1/2010 e 1/2011), che ha soppresso al comma 1 della norma impugnata le parole «e le autorità di pubblica sicurezza competenti».

1.5.3.– Nella memoria depositata il 20 dicembre 2011 la difesa dello Stato ha chiesto, pertanto, alla Corte di voler ritenere cessata la materia del contendere in relazione alla questione di legittimità in oggetto, essendo venute meno, con l’intervenuta abrogazione parziale di cui sopra, le ragioni dell’impugnazione della disposizione regionale in esame.

1.6.– L’art. 63 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011, dettato in materia di trasporto pubblico regionale e locale, prevede, al comma 1, che le concessioni regionali e comunali in essere alla data di entrata in vigore della legge sono prorogate fino al 30 giugno 2011.

1.6.1.– Ad avviso del Governo, la norma regionale in esame urta contro l’art. 23-bis, comma 8, lettera e), del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, come modificato dall’art. 1, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie), a sua volta convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 26 febbraio 2011, n. 10, il quale prevede che il termine per la proroga delle concessioni è fissato al 31 marzo 2011. Ne conseguirebbe l’invasione, da parte del legislatore regionale, della materia della tutela della concorrenza, di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., poiché nella stessa rientra, altresì, la disciplina delle proroghe delle concessioni in tema di servizio pubblico locale, come più volte ribadito dalla giurisprudenza costituzionale (da ultimo, con sentenza n. 325 del 2010).

Inoltre, l’impugnato art. 63 violerebbe gli artt. 49 e 56 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (già artt. 43 e 49 del Trattato CE), posti a tutela della libertà di stabilimento e della concorrenza, e colliderebbe con il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) che recepisce, appunto, le direttive menzionate nel titolo in materia di coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi.

1.6.2.– Dopo la data di proposizione del ricorso, il quadro normativo statale di riferimento, nonché la stessa disposizione regionale censurata, hanno subìto rilevanti modifiche.

Innanzitutto, prima che la maggiore durata del termine previsto dalla legge regionale potesse dispiegarsi, la scadenza fissata dalla legge statale è stata (ulteriormente) differita al 30 settembre 2011, ai sensi del combinato disposto dell’art. 1, comma 1, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 marzo 2011 (Ulteriore proroga di termini relativa alla Presidenza del Consiglio dei Ministri), in combinato disposto con l’art. 1, comma 2, del succitato decreto-legge n. 225 del 2010.

Indi, come si è visto (punto 1.3.2.), l’intero art. 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, a seguito di referendum, è stato abrogato dall’art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 113 del 2011, con la decorrenza del 21 luglio 2011.

Conseguentemente, il legislatore regionale ha modificato e integrato l’impugnato art. 63 in modo tale da allineare la scadenza ivi prevista al termine ultimo già stabilito dalla norma statale interposta di cui all’art. 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008. In tal senso, l’art. 1 della legge della Regione Abruzzo 19 luglio 2011, n. 21, intitolata «Modifiche all’art. 56 e al Capo VI (Interventi urgenti e indifferibili in materia di trasporto pubblico regionale e locale) della L.R. 10 gennaio 2011, n. 1 "Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2011 e pluriennale 2011-2013 della Regione Abruzzo (Legge finanziaria regionale 2011)”», vi ha aggiunto un comma 1-bis, uniformandosi espressamente al regime di prorogabilità delle concessioni di cui all’art. 5, paragrafo 5, del regolamento (CE) 23 ottobre 2007, n. 1370/2007, regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 1191/69 e (CEE) n. 1107/70.

Successivamente, l’art. 4, comma 32, lettera a), del decreto-legge n. 138 del 2011 ha introdotto un nuovo regime transitorio degli affidamenti diretti non conformi ai princìpi comunitari di gestione cosiddetta in house, prevedendone la cessazione alla data del 31 marzo 2012. Tale termine è stato prorogato sino al 31 dicembre 2012 dall’art. 25, lettera b), n. 5 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività).

1.6.3.– Con la memoria depositata il 20 dicembre 2011, la difesa dello Stato ha sostenuto che il ius superveniens non consenta di ritenere superati i motivi di censura già dedotti in ricorso. Ciò, in quanto il richiamo della disposizione regionale come sopra novellata (sub comma 1-bis) al regolamento comunitario n. 1370/2007 non sarebbe sufficiente ad uniformare l’impugnato art. 63 ai princìpi di aggiudicazione competitiva di derivazione europea ivi contenuti, contemplanti (per quanto qui rileva) l’eccezionale derogabilità – nella forma, tra le altre, della proroga consensuale del contratto di servizio –, nei soli casi «di interruzione del servizio o di pericolo imminente di interruzione». Con la conseguenza che permarrebbero l’inosservanza degli obblighi comunitari in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici derivanti dagli artt. 56 e seguenti del TCE, siccome attuati dal d.lgs. n. 163 del 2006, nonché, sul piano del diritto interno, la lesione della competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza.

1.7.– L’art. 75 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011 dispone al comma 1 che gli interventi di soccorso ed elisoccorso di carattere sanitario, comprensivi di recupero e trasporto, devono considerarsi come prestazioni a carico del Servizio sanitario nazionale se effettuati nei limiti di quanto disposto dall’art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1992 (Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni per la determinazione dei livelli di assistenza sanitaria di emergenza). Il comma 3, poi, prevede che la Giunta regionale, sentito il SASA (Soccorso alpino e speleologico abruzzese) - CNAS (Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico), entro centoventi giorni dall’entrata in vigore della legge, integra e aggiorna il proprio tariffario per i servizi di soccorso sanitario e non sanitario; per i residenti nella Regione Abruzzo è disposta una riduzione della tariffa, in misura da concordarsi tra la Regione Abruzzo e le Aziende sanitarie locali, sedi di SUEM (Servizio di urgenza ed emergenza medica) ed il minor introito dovuto alla divisata riduzione tariffaria è coperto con una quota parte delle risorse assegnate dal fondo sanitario per il funzionamento del SUEM 118.

1.7.1.– Secondo il Governo, le predette disposizioni non sono conformi a Costituzione, per il fatto che la Regione Abruzzo è impegnata nel Piano di rientro di cui all’Accordo tra il Ministro della salute, il Ministro dell’economia e delle finanze e il Presidente della Regione in data 6 marzo 2007, poi recepito con deliberazione della Giunta regionale 13 marzo 2007, n. 224. In forza degli obblighi assunti con il suddetto piano sanitario, la Regione non può erogare livelli di assistenza ulteriori rispetto a quelli essenziali, mentre con l’art. 75 in esame essa assicurerebbe interventi di soccorso ed elisoccorso non previsti su tutto il territorio nazionale e la misura aggiuntiva dell’agevolazione di cui al comma 3 dell’art. 75, coperta con le risorse del fondo del servizio sanitario nazionale.

Sicché, il legislatore regionale, prevedendo una disciplina non conforme a quanto stabilito nel succitato Accordo, arrecherebbe un vulnus all’art. 117, terzo comma, Cost. in materia di tutela della salute e coordinamento della finanza pubblica.

1.8.– L’art. 76 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011, dispone che «il SASA - CNSAS adotta sulle proprie divise di ordinanza e sui mezzi in dotazione il logo della Protezione Civile regionale».

1.8.1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri denuncia l’illegittimità costituzionale della disposizione regionale in esame per contrasto con la disciplina nazionale di riferimento, secondo cui: a) il Corpo nazionale del soccorso alpino rientra tra le strutture operative nazionali della protezione civile (art. 11 della legge n. 225 del 1992); b) la disciplina dell’ordinamento, del funzionamento e della natura del suddetto Corpo è stabilita a livello nazionale dalla legge 21 marzo 2001, n. 74 (Disposizioni per favorire l’attività svolta dal Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico); c) l’attività di volontariato è espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo, tant’è che la legge 11 agosto 1991, n. 266 (Leggequadro sul volontariato) ne riconosce il valore sociale e la funzione, ne promuove lo sviluppo, salvaguardandone l’autonomia, e ne favorisce l’apporto originale per il conseguimento delle finalità di carattere sociale, civile e culturale (art. 1, commi 1 e 2), imponendo alle leggi regionali di preservarne l’autonomia di organizzazione e di iniziativa e di favorire lo sviluppo dell’associazionismo (art. 10, comma 1).

In buona sostanza, ad avviso del ricorrente, il legislatore regionale, con il richiedere il logo della protezione civile regionale sulle divise di ordinanza e sui mezzi del SASA - CNSAS, lede la competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento, organizzazione e amministrazione dello Stato e degli enti pubblici nazionali di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost. ed i princìpi della legislazione concorrente ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost. in riferimento all’attività di protezione civile, nonché i princìpi costituzionali sul libero associazionismo di cui all’art. 18 Cost.

2.– Vanno preliminarmente esaminate le questioni relative alle norme regionali censurate che sono state interessate, direttamente o indirettamente, dal ius superveniens.

3.– In primo luogo, dev’essere dichiarata l’estinzione del giudizio relativamente all’art. 47 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011, in quanto abrogato, nelle more del giudizio, dall’art. 9 della legge reg. Abruzzo n. 24 del 2011.  Difatti, a seguito di ciò, il Presidente del Consiglio dei ministri, in data 13 ottobre 2011, ha rinunciato parzialmente al ricorso con riguardo alle censure relative ad esso. E tale rinuncia, unitamente alla mancata costituzione della Regione Abruzzo, comporta, appunto, l’estinzione parziale del giudizio (sentenze n. 217 e n. 123 del 2011).

4.– Quanto alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 55 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011, la materia del contendere, riguardo ad essa, è cessata. L’abrogazione parziale della predetta disposizione regionale, sopravvenuta nel corso del giudizio, è, infatti, pienamente satisfattiva delle pretese del ricorrente, essendo stata eliminata dal testo iniziale proprio la censurata intesa con le autorità di pubblica sicurezza competenti. Tant’è che la stessa difesa dello Stato ha riconosciuto il venir meno delle ragioni dell’impugnazione.

4.1.– Ne deriva che, per effetto del ius superveniens, dev’essere dichiarata la cessazione della materia del contendere in parte qua, anche perché non consta che la norma regionale in oggetto abbia potuto trovare applicazione medio tempore nella versione originaria (sentenze n. 192, n. 153 e n. 89 del 2011; ordinanze n. 238 del 2011 e n. 136 del 2010).

5.– La questione di legittimità dell’art. 36 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011 – disatteso, in limine, l’assunto della difesa dello Stato, secondo cui il legislatore regionale, malgrado la sopravvenuta abrogazione per via referendaria della norma statale interposta di cui all’art. 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, sarebbe nondimeno tenuto ad osservare, anche in un’ottica de iure condendo, le sfere di competenza statale esclusiva di cui all’art. 117, secondo comma, lettere e), l) e s), Cost. – è inammissibile sotto molteplici aspetti.

5.1.– È evidente, infatti, che la presunzione assoluta d’insussistenza delle condizioni per il ricorso al mercato di cui alla disposizione regionale censurata – valutata alla luce dell’assetto normativo conseguito al referendum abrogativo della norma statale interposta – non può più configurare la violazione della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza denunciata in ricorso, neppure nella prospettiva futura adombrata nella memoria conclusionale. Ciò, in quanto è stato proprio il legislatore statale, nel solco del referendum abrogativo dell’art. 23-bis citato, a sancire inequivocabilmente l’esclusione del servizio idrico integrato dalla normativa pro-concorrenziale di cui all’art. 4 del decreto-legge n. 138 del 2011.

Tale rilievo è sufficiente a dimostrare il sopravvenuto difetto d’interesse del Presidente del Consiglio dei ministri a coltivare il ricorso sul punto. Con la conseguenza dell’inammissibilità della questione di legittimità dell’art. 36 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011 promossa in relazione all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. ed ai princìpi di diritto europeo a tutela della concorrenza e del mercato.

5.2.– Parimenti inammissibili sono gli altri profili di lesione denunciati dal ricorrente.

5.2.1.– La competenza statale in materia di ordinamento civile ex art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., è stata espressamente evocata dall’Avvocatura generale dello Stato solo genericamente, e soltanto nelle memorie depositate in prossimità dell’udienza.

5.2.2.– Circa la tutela ambientale, egualmente rimessa in via esclusiva alla legislazione dello Stato dall’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., la censura, sostanzialmente immotivata, è rimasta assolutamente oscura.

6.– Anche la questione di legittimità dell’impugnato art. 63, nei termini enunciati in ricorso, è inammissibile per sopravvenuta carenza d’interesse del Governo.

6.1.– Il nucleo della censura risiede nel denunciato sfalsamento del termine finale della proroga: 31 marzo 2011 secondo la norma interposta di legge statale (art. 23-bis, comma 8, lettera e, del decreto-legge n. 112 del 2008, come modificato dall’art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 225 del 2010), 30 giugno 2011 secondo l’impugnato art. 63.

Orbene, prima della scadenza fissata dalla legge regionale (30 giugno 2011), la legge statale ha prorogato il termine da essa stabilito fino al 30 settembre 2011 e il legislatore abruzzese, con la modifica sopra riportata della disposizione in esame, si è adeguato a tale termine, così facendo venir meno la discrasia temporale stigmatizzata dal ricorrente.

6.2.– L’Avvocatura generale dello Stato ha sostenuto nelle memorie conclusive che le sopravvenienze normative sopra richiamate (punto 1.6.2.) non abbiano privato di fondamento i motivi d’impugnazione già dedotti in ricorso ed ha focalizzato la denuncia dell’illegittimità della proroga, disposta dall’art. 63 in questione, sul mancato rispetto dei princìpi di diritto europeo e della sfera (di esclusiva competenza statale) della tutela della concorrenza, che il mero rinvio al regolamento comunitario n. 1370/2007 di cui al comma 1-bis aggiunto alla disposizione regionale impugnata non sarebbe sufficiente a garantire.

È di tutta evidenza, però, che si tratta di una censura completamente diversa, in quanto mossa contro una disposizione della legge regionale dal contenuto normativo radicalmente innovato. Con l’effetto che la questione di legittimità non può essere trasferita sulla nuova norma, nella parte in cui – con l’inserimento del comma 1-bis – ha modificato quella originaria a seguito del referendum abrogativo relativo all’art. 23-bis citato. Difatti, la lesività di una disposizione che ha assunto nelle more del giudizio un nuovo e diverso contenuto avrebbe potuto essere denunciata dal Governo solo adempiendo all’onere di tempestiva impugnazione (tra le altre, sentenza n. 40 del 2010).

6.3.– Quindi, la questione in oggetto dev’essere ritenuta inammissibile anche sotto quest’ultimo profilo.

7.– Nel merito, le ulteriori censure prospettate dal Presidente del Consiglio dei ministri possono essere divise in quattro gruppi, ciascuno riferito ad un diverso articolo della legge impugnata.

8.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 11 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011 è fondata nei seguenti termini.

8.1. La Regione, nel disporre di risorse statali, non può intervenire con una propria disciplina in un àmbito di competenza dello Stato. Essa certamente non può interferire in materie di esclusiva competenza statale, né può farlo, per le materie di legislazione concorrente, nella sfera, pure afferente allo Stato, dell’emanazione dei princìpi fondamentali. Ciò, indipendentemente dal contenuto della norma regionale emanata e, quindi, a fortiori in caso di contrasto della stessa con i predetti princìpi fondamentali.

8.1.1.– Ciò chiarito, l’impugnato art. 11 vìola, innanzitutto, l’art. 117, secondo comma, lettere e) e g), Cost., perché, per il suo tramite, il legislatore regionale ha disposto unilateralmente a favore della Regione Abruzzo di somme già precedentemente attribuite per il perseguimento di determinate finalità ad un’autorità statale, qual è il Commissario delegato per la ricostruzione successiva al terremoto. La norma regionale in esame finisce, così, per incidere illegittimamente nel sistema contabile dello Stato e nella disciplina della dotazione di un organo della sua amministrazione.

8.1.2.– D’altra parte, la disposizione regionale censurata invade il campo dei princìpi fondamentali fissati dallo Stato nella materia di legislazione concorrente della protezione civile, poiché è evidente che il legislatore regionale ha sovrapposto la propria disciplina a quella dettata, secondo le regole, dalle ordinanze di protezione civile, in guisa da ledere il principio fondamentale desumibile dall’art. 5, comma 2, della legge n. 225 del 1992.

Alla stregua di esso, per l’attuazione degli interventi di emergenza si provvede, appunto, con le ordinanze di protezione civile, che servono a regolare temporaneamente, per tutta la durata dello stato di emergenza, uno straordinario assetto di poteri, allo scopo di tutelare l’integrità della vita, dei beni e degli insediamenti.

Nella fattispecie in esame, i compensi straordinari dovuti ai lavoratori utilizzati per l’emergenza erano stati posti «a carico del bilancio della regione Abruzzo» sia dall’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3833 del 2009, richiamata in ricorso, sia dall’ordinanza n. 3754 del 2009, quest’ultima espressamente riferita al corrispettivo del lavoro straordinario autorizzato in capo al personale con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, appartenente alla protezione civile della Regione Abruzzo, direttamente impegnato in attività emergenziali e post-emergenziali.

Di contro, l’impugnato art. 11 è venuto a gravare la Struttura (nazionale) per la gestione dell’emergenza del rimborso delle somme erogate dalla Regione a titolo di remunerazione delle prestazioni aggiuntive, rese in conseguenza del terremoto dai suddetti collaboratori coordinati e continuativi. In tal modo, il legislatore regionale ha regolato, in senso oltre tutto difforme, una materia già disciplinata dalle ordinanze di protezione civile.

È, poi, irrilevante che le norme delle succitate ordinanze siano state modificate dall’art. 12 della successiva ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3950 del 2011, che ha posto l’onere degli straordinari in oggetto a carico del fondo statale per la compensazione degli effetti finanziari non previsti di cui all’art. 14, comma 5, del decreto-legge n. 39 del 2009, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge n. 77 del 2009.

La norma regionale impugnata risulta non in linea rispetto alle disposizioni delle richiamate ordinanze, ancorché modificate, perché queste, nella versione novellata, imputano gli stanziamenti in discorso ad uno specifico fondo statale (peraltro incrementato proprio per provvedere all’emergenza creatasi dopo il terremoto in Abruzzo), mentre la disposizione regionale in oggetto prevede che i compensi straordinari erogati dalla Regione siano rimborsati alla stessa da parte della Struttura per la gestione dell’emergenza, senza specificazioni di sorta.

In definitiva, l’art. 11 in questione, facendo gravare gli oneri finanziari dell’utilizzo straordinario del personale in regime di collaborazione coordinata e continuativa sui fondi statali specificamente destinati a fare fronte all’emergenza sismica, si discosta dalla normativa dettata dalle ordinanze sopra menzionate, sia nella versione originaria (che poneva tali oneri a carico del bilancio regionale), sia in quella derivante dalla ridetta modifica (che attinge alle risorse del fondo speciale per il finanziamento delle spese impreviste).

Sussiste, dunque, anche la denunciata lesione del principio fondamentale della materia della protezione civile posto dall’art. 5 della legge n. 225 del 1992, atteso che la Regione, perdurando la situazione di emergenza, non può incidere sugli effetti prodotti dalle ordinanze emanate dal Commissario delegato (sentenze n. 277 del 2008 e n. 284 del 2006). 

8.2.– Conclusivamente, alla stregua delle considerazioni che precedono, dev’essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’impugnato art. 11.

Ogni altra censura del ricorrente resta assorbita.

9.– Anche la questione di legittimità dell’art. 16 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011 è fondata.

9.1.– Le entrate tributarie delle Regioni ordinarie, come noto, derivano essenzialmente da addizionali a tributi statali, da quote di partecipazione al gettito di tributi statali e dall’intero gettito di tributi disciplinati dalla legge statale, con la possibilità di determinazione delle aliquote – entro limiti prefissati – da parte della Regione.

Difatti non consta, allo stato attuale della normativa regionale, la sussistenza di tributi regionali «propri» (nel senso di tributi istituiti e disciplinati dalla Regione Abruzzo) che possano essere considerati ai fini della «revisione» in oggetto.

La disposizione regionale in esame, dunque, non può che essere riferita ai tributi regionali c.d. «derivati», vale a dire istituiti e disciplinati con legge statale, il cui gettito sia attribuito alle Regioni (sentenza n. 123 del 2010).

Conseguentemente, il censurato art. 16 vìola l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

Ciò, in primo luogo, in punto di «revisione complessiva» di tasse, canoni e imposte regionali (comma 1), perché tale espressione sottintende, in effetti, anche la possibilità d’incremento dei predetti tributi, così da contravvenire al principio, sancito da questa Corte, secondo cui è vietato alle Regioni di istituire e disciplinare tributi propri con gli stessi presupposti dei tributi dello Stato ovvero di legiferare sui tributi esistenti istituiti e regolati da leggi statali (sentenza n. 102 del 2008). Tale principio è stato confermato dall’art. 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione).

Per le medesime ragioni, anche l’adeguamento indifferenziato su base ISTAT di tasse, canoni ed imposte regionali, destinato ad operare in caso d’inerzia della Giunta regionale (comma 2), è lesivo della competenza esclusiva statale in materia tributaria, come pure della riserva di legge ex art. 23 Cost., intermediata dalle previsioni dello Statuto dei diritti del contribuente sulla chiarezza e trasparenza delle disposizioni fiscali (art. 2 della legge n. 212 del 2000).

9.2.– Ne consegue la dichiarazione d’illegittimità costituzionale dell’art. 16 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011.

10.– La questione di legittimità dell’art. 75 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011 è fondata limitatamente alla riduzione tariffaria di cui al comma 3.

10.1.– L’agevolazione ai residenti nella Regione Abruzzo per i servizi di soccorso (sanitario e non), finanziata, oltre tutto, con risorse del fondo sanitario, configura, infatti, una misura di assistenza supplementare che si pone chiaramente in contrasto con l’obiettivo dichiarato del Piano di rientro di riequilibrare il profilo erogativo dei livelli essenziali di assistenza e la gestione corrente per il perseguimento del pareggio economico nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza.

Sussiste, dunque, la lesione di un principio fondamentale della materia del coordinamento della finanza pubblica di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., secondo quanto già affermato da questa Corte in altri casi analoghi di incoerenza della legislazione regionale rispetto agli obiettivi fissati dal Piano di rientro del deficit sanitario, segnatamente con l’introduzione di livelli essenziali di assistenza aggiuntivi (tra le altre, da ultimo, sentenza n. 163 del 2011).

10.2.– Pertanto, va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 75, comma 3, della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011, relativamente alla riduzione tariffaria riservata ai residenti e alla relativa copertura con una quota delle risorse del fondo sanitario destinate al funzionamento del SUEM 118.

10.3.– Per converso, il comma 1 dell’art. 75 citato si sottrae alle censure d’illegittimità costituzionale prospettate dal ricorrente, perché, stando alla formulazione letterale di esso, gli interventi di soccorso ed elisoccorso ivi previsti «devono considerarsi come prestazioni a carico del Servizio Sanitario Nazionale se effettuati nei limiti di quanto disposto dall’art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1992» e, dunque, senza alcuna "eccedenza” rispetto a quanto disciplinato con legge statale.

10.4.– È, quindi, non fondata la questione di legittimità promossa in ordine all’art. 75, comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011.

11.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 76 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011 è, invece, fondata sotto tutti i profili enunciati dal ricorrente.

11.1.– Innanzitutto, l’appartenenza del Corpo nazionale del soccorso alpino al servizio nazionale della protezione civile (ai sensi del combinato disposto dell’art. 11 della legge n. 225 del 1992 e successive modifiche e dell’art. 1, comma 4, della legge n. 74 del 2001) ne esige una disciplina organizzativa di livello nazionale, non a caso positivamente dettata con la citata legge n. 74 del 2011.

D’altro canto, l’utilizzazione delle articolazioni territoriali del suddetto Corpo per interventi volti a fronteggiare eventi calamitosi, sia ordinari (gestibili dalla Regione), sia straordinari (di competenza dello Stato) – in sintonia con il modello policentrico ricostruito da questa Corte (sentenza n. 323 del 2006) – non si concilia con l’adozione di un segno distintivo di matrice marcatamente regionale.

Sicché, la norma regionale, prescrivendo l’adozione del logo della Protezione civile regionale, interferisce con la materia organizzativa degli apparati di pubblico servizio di rilevanza nazionale, di competenza esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lettera g, Cost.) e, sotto l’aspetto funzionale, con l’àmbito dei princìpi fondamentali in materia di protezione civile, del pari ascrivibile alla legislazione statale (art. 117, terzo comma, Cost.). 

11.2.– Inoltre, la natura volontaria del Corpo nazionale del soccorso alpino, titolare per sua libera scelta di un proprio logo, urta contro l’imposizione, in forza dell’impugnata disposizione regionale, di un nuovo segno di riconoscimento non espressamente concordato o assentito. Donde la ulteriore lesione dei princìpi costituzionali sulla libertà di associazione di cui all’art. 18 Cost.

11.3.– In conclusione, dev’essere dichiarata l’illegittimità costituzionale anche dell’art. 76, comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 11 della legge della Regione Abruzzo 10 gennaio 2011, n. 1 (Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2011 e pluriennale 2011-2013 della Regione Abruzzo – Legge Finanziaria Regionale 2011);

2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 16 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011;

3) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 75, comma 3, della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011, relativamente alla disposizione di una riduzione della tariffa per i servizi di soccorso sanitario e non sanitario in favore dei residenti nella Regione Abruzzo ed alla copertura finanziaria del conseguente minor introito in quota parte delle risorse assegnate dal fondo sanitario per il funzionamento del SUEM 118;

4) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 76, comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011;

5) dichiara estinto il giudizio relativo alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 47 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011 promosse, in riferimento agli artt. 3, 97 e 117, terzo comma, Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso n. 26 del 2011;

6) dichiara cessata la materia del contendere limitatamente alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 55 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011 promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso n. 26 del 2011;

7) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 36 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011 promosse, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere e), l) e s), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso n. 26 del 2011;

8) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 63 della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011 promosse, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., nonché all’art. 117, primo comma, Cost. e agli artt. 49 e 56 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso n. 26 del 2011;

9) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 75, comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2011 promossa, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso n. 26 del 2011.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 febbraio 2012.

F.to:

Alfonso QUARANTA, Presidente

Luigi MAZZELLA, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 23 febbraio 2012.