Sentenza n. 85 del 2017

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SENTENZA N. 85

ANNO 2017

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Giorgio                        LATTANZI                                      Presidente

-           Aldo                            CAROSI                                             Giudice

-           Marta                          CARTABIA                                              

-           Mario Rosario              MORELLI                                                

-           Giancarlo                     CORAGGIO                                            

-           Giuliano                       AMATO                                                   

-           Silvana                         SCIARRA                                                

-           Daria                            de PRETIS                                               

-           Nicolò                          ZANON                                                   

-           Franco                         MODUGNO                                            

-           Augusto Antonio        BARBERA                                              

-           Giulio                          PROSPERETTI                                        

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 8, della legge della Regione Puglia 30 dicembre 2011, n. 38 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2012 e bilancio pluriennale 2012-2014 della Regione Puglia), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione di Lecce, nel procedimento vertente tra il Comune di Guagnano e altri e la Regione Puglia e altra, con ordinanza del 10 luglio 2015, iscritta al n. 47 del registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell’anno 2016.

Visti gli atti di costituzione del Comune di Guagnano e altri e della Regione Puglia, nonché l’atto di intervento del Comune di Alezio e altri;

udito nell’udienza pubblica del 22 marzo 2017 il Giudice relatore Daria de Pretis;

uditi gli avvocati Pietro Quinto per il Comune di Guagnano e altri e Maria Liberti per la Regione Puglia.

Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza del 10 luglio 2015, il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione di Lecce, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 8, della legge della Regione Puglia 30 dicembre 2011, n. 38 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2012 e bilancio pluriennale 2012-2014 della Regione Puglia), in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettere e) ed s), e terzo comma, e 119 della Costituzione.

La questione è sorta nel corso di un giudizio promosso dal Comune di Guagnano e altri quarantasette Comuni contro la Regione Puglia e la Provincia di Lecce, per l’annullamento della determinazione n. 276 del 27 dicembre 2013, con la quale il dirigente del servizio ciclo dei rifiuti e bonifica della Regione Puglia ha fissato in euro 25,82 a tonnellata (quindi nella misura massima) l’aliquota del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi urbani dovuto per l’anno 2014 nella Provincia di Lecce.

Nel giudizio, trasferito in sede giurisdizionale per l’opposizione della Provincia di Lecce all’originario ricorso straordinario presentato al Presidente della Repubblica, sono intervenuti ad adiuvandum altri tre Comuni leccesi (Lequile, Trepuzzi e Spongano).

Il giudice a quo illustra la materia del contendere nei seguenti termini.

Secondo i ricorrenti nel processo principale, la deliberazione impugnata sarebbe illegittima, perché impone il pagamento del tributo speciale in misura piena, mentre l’art. 3, comma 40, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), stabilisce che «per gli scarti e i sovvalli di impianti di selezione automatica, riciclaggio e compostaggio» l’ammontare del tributo è determinato nella misura del 20 per cento di quello dovuto per i rifiuti in via ordinaria.

Sempre secondo i ricorrenti, non potrebbe valere in senso contrario il disposto dell’art. 7, comma 8, secondo periodo, della legge reg. Puglia n. 38 del 2011, a tenore del quale «Agli scarti e ai sovvalli di impianti di selezione automatica, riciclaggio e compostaggio si applica l’aliquota massima del tributo speciale per il conferimento in discarica dei rifiuti solidi». Tale disposizione dovrebbe essere interpretata, infatti, in conformità dei principi contenuti nella richiamata disciplina statale, nel senso che sull’aliquota massima andrebbe calcolata la riduzione al 20 per cento. Ove così non fosse, dal contrasto con la norma statale deriverebbe la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in quanto la legislazione sui rifiuti appartiene alla competenza esclusiva dello Stato, rientrando nella materia della tutela dell’ambiente. E anche se si dovesse ritenere che si ricade nella materia del «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», si tratterebbe pur sempre di legislazione regionale concorrente, restando riservata allo Stato la determinazione dei principi fondamentali, fissati in concreto dal citato art. 3, comma 40.

La Regione Puglia, richiamando un parere tecnico, nel giudizio a quo sostiene invece che l’agevolazione tributaria prevista dalla legge statale non si potrebbe applicare a rifiuti che, come quelli conferiti dai Comuni ricorrenti, provengono da raccolta indifferenziata, perché il loro trattamento produrrebbe una quantità considerevole di residui non riutilizzabili, differentemente da quanto accade nel caso dei rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata.

Nella fase cautelare del giudizio a quo, l’istanza di sospensione dell’efficacia del provvedimento impugnato è stata dapprima respinta dal TAR e successivamente accolta dal Consiglio di Stato in sede di appello. In seguito a ciò, la Regione Puglia ha adottato ulteriori determinazioni dirigenziali a loro volta impugnate dagli stessi Comuni. Con esse ha confermato per buona parte dei Comuni l’aliquota massima del tributo, ha applicato agli altri le sole «premialità» previste dalla legislazione regionale in funzione delle percentuali di raccolta differenziata raggiunte, anche sulla base delle modifiche legislative introdotte dall’art. 51 della legge della Regione Puglia 28 dicembre 2012, n. 45 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2013 e bilancio pluriennale 2013-2015 della Regione Puglia) e dall’art. 29 della legge della Regione Puglia 30 dicembre 2013, n. 45 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2014 e bilancio pluriennale 2014-2016 della Regione Puglia), e ha infine negato a tutti la riduzione prevista all’art. 3, comma 40, della legge n. 549 del 1995. Per questo, nonostante le richiamate modifiche, l’interesse dei ricorrenti alla decisione permarrebbe.

1.1.– Ad avviso del giudice a quo, il contrasto fra la norma statale e la norma regionale non sarebbe superabile a mezzo dell’interpretazione della seconda offerta dai ricorrenti – secondo cui il riferimento all’aliquota massima del tributo dovrebbe essere inteso come un rinvio all’importo su cui calcolare il 20 per cento – in assenza di elementi letterali o semantici in tal senso.

Sulla rilevanza della questione, lo stesso giudice reputa, in base all’istruttoria compiuta nel processo principale (sono richiamate una dichiarazione resa dal direttore dell’Ambito territoriale ottimale della Provincia di Lecce, una relazione del dirigente del servizio ciclo dei rifiuti e bonifica della Regione Puglia e una "perizia di parte” depositata in giudizio dalla stessa Regione) che gli impianti di trattamento dei rifiuti conferiti dai Comuni ricorrenti «raggiungono un risultato analogo a quello degli "impianti di selezione automatica, riciclaggio e compostaggio” di cui all’art. 3, comma 40, della legge n. 546 del 1995, anche se in essi non è svolta l’attività di compostaggio, cioè formazione del "compost” con la frazione umida», sicché «il tributo relativo al conferimento in discarica della frazione residua [dovrebbe] essere quantificato nella misura del 20%», in applicazione del citato comma 40.

All’applicazione del tributo in tale misura ridotta osterebbe tuttavia l’art. 7, comma 8, della legge reg. Puglia n. 38 del 2011. Questa disposizione contrasterebbe con la citata norma statale, in quanto, pur avendo lo stesso ambito applicativo (gli scarti e i sovvalli degli impianti del medesimo tipo), determinerebbe in modo difforme l’ammontare del tributo, stabilendolo nella misura massima anziché in quella ridotta al 20 per cento.

1.2.– Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, la norma regionale violerebbe in primo luogo gli artt. 117, secondo comma, lettera e), e 119 Cost., invadendo competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di «armonizzazione dei bilanci pubblici; perequazione delle risorse finanziarie».

Il giudice a quo richiama il principio, costantemente espresso da questa Corte, secondo il quale le regioni a statuto ordinario, nell’esercizio dell’autonomia tributaria di cui al citato art. 119 Cost., sono assoggettate al duplice limite dell’obbligo di esercitare il loro potere di imposizione in coerenza con i principi fondamentali di coordinamento derivanti dalla legislazione statale e del divieto di istituire o disciplinare tributi già istituiti da legge statale o di stabilirne altri aventi lo stesso presupposto, almeno fino all’emanazione della legislazione statale di coordinamento (è citata la sentenza n. 102 del 2008). Risulterebbe evidente, pertanto, l’antinomia tra le due disposizioni – statale e regionale – in quanto il «contributo» regionale così istituito, oltre ad avere presupposti «non diversi» da quelli del tributo speciale istituito e disciplinato dall’art. 3, commi da 24 a 40, della legge n. 549 del 1995, comporterebbe l’applicazione alla medesima situazione dell’aliquota massima, essendo previsto che «solo i sovvalli provenienti da raccolta differenziata possano ottenere la premialità».

Né si potrebbe sostenere che le due discipline si differenzino perché soltanto quella statale stabilisce la riduzione del tributo quando si verifichino cumulativamente le tre condizioni della selezione automatica, del riciclaggio e del compostaggio dei rifiuti, dal momento che la disciplina regionale prevede l’applicazione del tributo nella misura massima al ricorrere delle medesime condizioni.

Inoltre, l’art. 3, comma 40, della legge n. 549 del 1995 richiederebbe, quale unico presupposto per l’applicazione del tributo in misura ridotta, il deposito in discarica di scarti e sovvalli di impianti di selezione automatica, riciclaggio e compostaggio, senza distinguere a seconda delle modalità di raccolta, indifferenziata o differenziata, dei rifiuti sottoposti a tali processi. La finalità della disciplina statale sul tributo speciale consisterebbe infatti nell’incentivare la minore produzione di rifiuti e il recupero da essi di materia prima e di energia, colpendo la fase finale del ciclo, vale a dire il deposito in discarica, e favorendo in questa fase le operazioni connesse al recupero, indipendentemente dal regime differenziato o meno della raccolta, che la norma statale non menziona.

1.3.– La norma regionale violerebbe anche gli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., per il suo contrasto con un principio fondamentale di «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», quale dovrebbe essere qualificato il disposto dell’art. 3, comma 40, della legge n. 549 del 1995.

Il giudice a quo sottolinea che le disposizioni dell’art. 3 della legge n. 549 del 1995, istitutive del tributo speciale per il deposito in discarica, costituiscono principi fondamentali ai sensi dell’art. 119 Cost., e invoca anche a tale riguardo il già richiamato orientamento di questa Corte sui limiti ai quali sono assoggettate le regioni a statuto ordinario nell’esercizio della loro autonomia tributaria (è nuovamente citata la sentenza n. 102 del 2008).

A suo avviso, inoltre, dall’indubbia natura tributaria del «contributo» regionale in esame e dalla riconducibilità della disciplina sul tributo speciale per il deposito in discarica alla competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., conseguirebbe che la potestà legislativa delle regioni può essere esercitata in materia solo nei limiti consentiti dalla legge statale. Il «contributo» regionale in esame, avente indubbia natura tributaria, sarebbe infatti un tributo statale e non un tributo proprio della regione, nei sensi dell’art. 119 Cost. Non rileverebbero in particolare in senso contrario, né l’attribuzione del gettito alle regioni e alle province, né le determinazioni attribuite alla legge regionale dalla norma statale (sono citate, tra le altre, le sentenze n. 397 e n. 335 del 2005, nonché la sentenza n. 34 del 2005, in tema di decorrenza temporale dell’ammontare del tributo speciale determinato da una legge regionale).

1.4.– Infine, sarebbe violato anche l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in quanto la norma regionale censurata inciderebbe in una materia, quale il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti solidi, rientrante nella «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema», riservata alla competenza esclusiva dello Stato.

Il giudice a quo richiama la costante giurisprudenza costituzionale sull’inerenza della disciplina dei rifiuti alla materia della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, anche quando interferisca con altri ambiti materiali. Il carattere pervasivo della materia fa sì che sia riservato allo Stato il potere di fissare livelli di tutela uniforme sull’intero territorio nazionale, mentre resta alle regioni la competenza per la cura di interessi funzionalmente collegati a quelli propriamente ambientali (è citata, tra le altre, la sentenza n. 58 del 2015, resa in tema di tributo istituito da una regione sul presupposto di un’attività rientrante nel ciclo di gestione dei rifiuti).

2.– Con atto depositato il 1° aprile 2016, si è costituita in giudizio la Regione Puglia, parte del processo principale, la quale ha concluso per l’inammissibilità e comunque per la manifesta infondatezza della questione.

Secondo la Regione, il rimettente avrebbe errato nel ritenere applicabile alla fattispecie l’art. 3, comma 40, della legge n. 549 del 1995, in quanto i rifiuti ai quali tale norma riferisce l’agevolazione fiscale sarebbero solo quelli che subiscono «processi di selezione automatica, recupero o riciclaggio tali da render[li] non ulteriormente valorizzabili e quindi inevitabilmente destinati al deposito in discarica; ciò in linea con la ratio sottesa alla istituzione della ecotassa, consistente nel "favorire la minore produzione di rifiuti ed il recupero dagli stessi di materia prima ed energia”». Questa condizione non sarebbe riscontrabile nei rifiuti provenienti dalla raccolta indifferenziata, in quanto essi, dopo un processo di biostabilizzazione, subiscono la vagliatura e la conseguente separazione in una frazione secca combustibile (FSC), avviata alla produzione di carburante derivato da rifiuti (CDR), e una frazione umida biostabilizzata, che viene depositata in discarica (RBD: rifiuto biostabilizzato da discarica).

Non sarebbe corretto, pertanto, assimilare i trattamenti del rifiuto indifferenziato a quelli del rifiuto differenziato «operati a valle di una separazione della frazione secca da quella umida attuata già in fase di raccolta». Solo la raccolta differenziata, invero, permetterebbe di conferire agli impianti di trattamento frazioni merceologiche con caratteristiche omogenee tali da consentirne l’immissione nel mercato a fini di recupero o riciclaggio e di destinare allo smaltimento in discarica le frazioni non ulteriormente valorizzabili, vale a dire gli scarti e i sovvalli soggetti al tributo in misura ridotta.

Ne conseguirebbe l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 8, della legge reg. Puglia n. 38 del 2011, per irrilevanza, e comunque la sua non fondatezza nel merito, per mancanza dell’asserito contrasto con la norma statale.

La disposizione regionale, infatti, non sarebbe applicabile ai sovvalli degli impianti di trattamento dei rifiuti indifferenziati, giacché essi «non vengono conferiti in discarica (e quindi non sono assoggettati all’ecotassa), ma sono destinati alla termovalorizzazione con produzione di energia»; di contro, la disposizione si applicherebbe «a scarti e sovvalli prodotti da impianti di selezione automatica, riciclaggio e compostaggio dedicati a rifiuti urbani differenziati». Da qui l’ulteriore conclusione che il legislatore regionale avrebbe esercitato la propria potestà normativa nella determinazione dell’importo del tributo, riconosciuta dall’art. 3, comma 29, della legge n. 549 del 1995, senza creare antinomie con la norma statale.

3.– Con atto depositato il 5 aprile 2016, si sono costituiti nel giudizio costituzionale i Comuni ricorrenti e intervenuti nel processo principale, insieme ad altri Comuni della provincia di Lecce (Alezio, Castrì, Copertino, Cutrofiano, Giurdignano, Leverano, Melissano, Melpignano, Minervino, Presicce, San Cesario di Lecce, Taurisano, Carpignano Salentino, Castrignano del Capo, Cursi, Melendugno, Poggiardo, Soleto, Sternatia, Surano e Tiggiano), che hanno concluso per l’accoglimento della questione, aderendo alle ragioni esposte dal rimettente.

4.– In una memoria depositata in prossimità dell’udienza, la Regione Puglia ha illustrato gli argomenti già dedotti a sostegno delle conclusioni di inammissibilità e, in ogni caso, di non fondatezza della questione.

Ricostruito il quadro normativo di riferimento, la Regione ribadisce che la questione sarebbe manifestamente inammissibile per difetto assoluto di rilevanza, in quanto il processo principale potrebbe essere definito senza la necessità di sollevare l’incidente di costituzionalità. Nell’attuale contesto storico e normativo, nel quale vige l’obbligo di raccolta differenziata e il divieto di deposito in discarica di rifiuti non sottoposti a trattamento, il beneficio fiscale previsto dall’art. 3, comma 40, della legge n. 549 del 1995 potrebbe essere applicato se siano stati raggiunti gli obiettivi minimi di raccolta differenziata previsti dalla legge e solo agli scarti e sovvalli derivanti dal trattamento di rifiuti differenziati, che sarebbero ben diversi da quelli prodotti dagli impianti presso i quali i Comuni ricorrenti nel giudizio a quo conferiscono i propri rifiuti, derivanti dalla raccolta indifferenziata. Ne conseguirebbe la mancanza del nesso di pregiudizialità della questione.

Nel merito, la Regione osserva che la norma censurata non violerebbe la competenza statale in materia tributaria o ambientale, in quanto costituirebbe legittima espressione del potere di determinare l’ammontare dell’imposta, attribuito alle regioni dall’art. 3, comma 29, della legge n. 549 del 1995, nel pieno rispetto dei limiti e delle finalità della disciplina statale, diretta a favorire la minore produzione di rifiuti e il recupero dagli stessi di materia prima e di energia. In linea con la norma statale, il legislatore regionale avrebbe inteso escludere dal beneficio fiscale gli scarti e i sovvalli non provenienti da raccolta differenziata, limitandolo solo a quelli da raccolta differenziata. In ogni caso, qualora la norma statale si applicasse anche agli scarti e sovvalli non derivanti da raccolta differenziata, prescindendo dal raggiungimento delle percentuali di raccolta previste dalla legge, il legislatore regionale avrebbe correttamente fissato più elevati livelli di tutela ambientale e della salute.

5.– Anche i Comuni che si sono costituiti nel giudizio costituzionale hanno depositato una memoria illustrativa in prossimità dell’udienza.

A loro avviso, l’eccezione di difetto di rilevanza sollevata dalla Regione Puglia si tradurrebbe in un inammissibile tentativo di contestare davanti alla Corte gli accertamenti compiuti dal giudice a quo, all’esito di una complessa attività istruttoria, sulla qualificazione dei rifiuti in questione come «scarti e sovvalli di impianti di selezione automatica, riciclaggio e compostaggio». Il carattere esterno del controllo che questa Corte può esercitare sul giudizio di rilevanza compiuto dal giudice rimettente non consentirebbe di riesaminare tali accertamenti.

La tesi della Regione – per cui l’art. 3, comma 40, della legge n. 549 del 1995 si applica solo nel caso di raccolta differenziata – contrasterebbe sia con il dato letterale della norma, sia con la sua ratio, che consisterebbe nel favorire la minore produzione di rifiuti e il recupero dagli stessi di materia prima ed energia, aumentando la quota recuperata e diminuendo quella smaltita in discarica. Il legislatore avrebbe perseguito tali scopi indipendentemente dalla natura differenziata o indifferenziata dei rifiuti, considerato anche che all’epoca di introduzione della legge n. 549 del 1995 non era stato ancora disposto l’obbligo di raccolta differenziata.

L’ulteriore tesi regionale, secondo la quale l’art. 7, comma 8, della legge reg. Puglia n. 38 del 2011 si applica solo agli scarti e sovvalli da raccolta differenziata, condurrebbe a conseguenze irrazionali, giacché seguendo questa prospettiva, che presuppone l’inapplicabilità anche della norma statale a scarti e sovvalli derivanti dai rifiuti indifferenziati, nessuna disposizione disciplinerebbe tale ultima fattispecie.

Anche la tesi che solo il rifiuto differenziato potrebbe subire un processo di selezione automatica dal quale residuino scarti e sovvalli si risolverebbe in un inammissibile tentativo della Regione di infirmare l’accertamento tecnico compiuto sul punto dal giudice a quo e sarebbe in ogni caso apodittica, contraddittoria ed errata in fatto.

L’infondatezza delle tesi della Regione sarebbe poi confermata dalla successiva legge 28 dicembre 2015, n. 221 (Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali), che, pur non essendo applicabile nel processo principale ratione temporis, ha introdotto misure incentivanti della raccolta differenziata, conservando tuttavia la premialità dell’art. 3, comma 40, della legge n. 549 del 1995 e la sua portata di principio fondamentale ai sensi dell’art. 119 Cost.

Infine, i Comuni negano che la norma censurata costituisca espressione del potere della Regione di determinare l’ammontare del tributo speciale ai sensi dell’art. 3, comma 29, della legge n. 549 del 1995, in quanto la previsione del comma 40 sull’aliquota ridotta non potrebbe essere derogata nell’esercizio di tale potere. Svolgono inoltre argomenti adesivi a tutti i rilievi di incostituzionalità sollevati dal rimettente.

Considerato in diritto

1.– Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione di Lecce, dubita della legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 8, della legge della Regione Puglia 30 dicembre 2011, n. 38 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2012 e bilancio pluriennale 2012-2014 della Regione Puglia), in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera e) ed s), e terzo comma, e 119 della Costituzione.

La questione è sorta nel corso di un giudizio promosso da quarantotto Comuni leccesi contro la Regione Puglia e la Provincia di Lecce, con l’intervento ad adiuvandum di altri tre Comuni della stessa provincia, per l’annullamento della determinazione con la quale il dirigente del servizio ciclo dei rifiuti e bonifica della Regione Puglia ha fissato nella misura massima (25,82 euro a tonnellata) l’aliquota del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi urbani dovuto per l’anno 2014 nella Provincia di Lecce.

Secondo i ricorrenti nel processo principale, la deliberazione impugnata sarebbe illegittima, perché impone il pagamento del tributo speciale in misura piena, mentre l’art. 3, comma 40, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), stabilisce che «per gli scarti e i sovvalli di impianti di selezione automatica, riciclaggio e compostaggio» l’ammontare del tributo è determinato nella misura del 20 per cento di quello dovuto per i rifiuti in via ordinaria.

Sempre secondo i ricorrenti, non potrebbe valere in senso contrario il disposto dell’art. 7, comma 8, secondo periodo, della legge reg. Puglia n. 38 del 2011, a tenore del quale «Agli scarti e ai sovvalli di impianti di selezione automatica, riciclaggio e compostaggio si applica l’aliquota massima del tributo speciale per il conferimento in discarica dei rifiuti solidi». Tale disposizione dovrebbe essere interpretata, infatti, in conformità ai principi contenuti nella richiamata disciplina statale, nel senso che sull’aliquota massima andrebbe calcolata la riduzione al 20 per cento. Se così non fosse, dal contrasto con la norma statale deriverebbe la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in quanto la legislazione sui rifiuti appartiene alla competenza esclusiva dello Stato, rientrando nella materia della tutela dell’ambiente. E anche se si dovesse ritenere che si ricade nella materia del «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», si tratterebbe pur sempre di legislazione regionale concorrente, restando riservata allo Stato la determinazione dei principi fondamentali, fissati in concreto dal citato art. 3, comma 40.

La Regione Puglia, richiamando un parere tecnico, nel giudizio a quo sostiene invece che l’agevolazione tributaria prevista dalla legge statale non si potrebbe applicare a rifiuti che, come quelli conferiti dai Comuni ricorrenti, provengono da raccolta indifferenziata, perché il loro trattamento produrrebbe una quantità considerevole di residui non riutilizzabili, a differenza di quanto avviene nel caso di rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata.

1.1.– Ad avviso del giudice a quo, il contrasto fra la norma statale e quella regionale non sarebbe superabile a mezzo dell’interpretazione della seconda offerta dai ricorrenti – per cui il riferimento all’aliquota massima del tributo dovrebbe essere inteso come un rinvio all’importo su cui calcolare il 20 per cento – in assenza di elementi letterali o semantici che la suffraghino.

Lo stesso giudice osserva che, in base ai risultati dell’istruttoria compiuta nel processo principale, i residui degli impianti di trattamento dei rifiuti conferiti dai Comuni ricorrenti dovrebbero essere assoggettati all’aliquota agevolata del 20 per cento in applicazione dell’art. 3, comma 40, della legge n. 549 del 1995. A ciò osterebbe tuttavia l’art. 7, comma 8, della legge reg. Puglia n. 38 del 2011, che, pur avendo lo stesso ambito applicativo della norma statale (gli scarti e i sovvalli degli impianti del medesimo tipo), determinerebbe tuttavia in modo difforme l’ammontare del tributo, stabilendolo nella misura massima anziché in quella ridotta al 20 per cento.

Su tale contrasto, il rimettente fonda tre censure di illegittimità costituzionale della norma regionale.

In primo luogo, essa violerebbe gli artt. 117, secondo comma, lettera e), e 119 Cost., per invasione della competenza esclusiva dello Stato in materia di tributi statali, ai quali apparterrebbe il tributo speciale istituito e disciplinato dall’art. 3, commi da 24 a 40, della legge n. 549 del 1995.

In secondo luogo, sarebbero violati gli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., perché l’art. 3, comma 40, della legge n. 549 del 1995 esprimerebbe un principio fondamentale di «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario».

Infine, la norma regionale violerebbe anche l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., incidendo in un ambito, quello del trattamento e dello smaltimento dei rifiuti solidi, che rientra nella materia della «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema», riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.

2.– Preliminarmente, si rileva che nel giudizio costituzionale si sono costituiti, insieme ai Comuni ricorrenti e intervenuti nel processo principale, anche i Comuni di Alezio, Castrì, Copertino, Cutrofiano, Giurdignano, Leverano, Melissano, Melpignano, Minervino, Presicce, San Cesario di Lecce, Taurisano, Carpignano Salentino, Castrignano del Capo, Cursi, Melendugno, Poggiardo, Soleto, Sternatia, Surano e Tiggiano.

Secondo il costante orientamento di questa Corte, in base all’art. 25 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale) e all’art. 3 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale del 7 ottobre 2008, nel giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale possono costituirsi i soggetti che erano parti del giudizio a quo al momento dell’ordinanza di rimessione (ex plurimis, sentenze n. 276 del 2016 e allegata ordinanza letta all’udienza del 4 ottobre 2016, n. 223 del 2012 e n. 356 del 1991).

Gli anzidetti Comuni non erano parti del giudizio a quo al momento dell’ordinanza di rimessione, sicché non sono legittimati a partecipare al giudizio costituzionale.

Si deve escludere, altresì, la loro legittimazione a intervenire nella qualità di soggetti diversi dalle parti del giudizio a quo, in quanto, sempre secondo il costante orientamento di questa Corte, sono ammessi a intervenire nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale i terzi titolari «(…) di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio e non semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma o dalle norme oggetto di censura » (ex plurimis, sentenze n. 243 del 2016 e allegata ordinanza letta all’udienza del 19 ottobre 2016,  n. 173 del 2016 e allegata ordinanza letta all’udienza del 5 luglio 2016,  n. 236 del 2015 e allegata ordinanza letta all’udienza del 20 ottobre 2015,  n. 70 del 2015,  n. 37 del 2015 e allegata ordinanza letta all’udienza del 24 febbraio 2015,  n. 162 del 2014 e allegata ordinanza letta all’udienza dell’8 aprile 2014; ordinanze n. 227 del 2016,  n. 240 del 2014 e n. 156 del 2013).

Gli stessi Comuni non appaiono titolari di un interesse qualificato, nei sensi sopra specificati, ma di un mero interesse riflesso all’accoglimento della questione, in quanto assoggettati, come ogni altro comune del territorio pugliese, alla norma regionale censurata.

Ne consegue che il loro intervento in giudizio non è ammissibile.

3.– La Regione Puglia ha eccepito l’inammissibilità della questione per irrilevanza, in quanto il rimettente avrebbe errato nel ritenere applicabile alla fattispecie l’art. 3, comma 40, della legge n. 549 del 1995.

Ad avviso della Regione, i rifiuti ai quali tale norma riferisce l’agevolazione fiscale sarebbero solo quelli che subiscono processi di selezione automatica, recupero o riciclaggio tali da renderli non ulteriormente valorizzabili e quindi inevitabilmente destinati al deposito in discarica, in linea con la ratio sottesa all’istituzione del tributo in esame (cosiddetta ecotassa), consistente nel favorire la minore produzione di rifiuti e il recupero da essi di materia prima ed energia. Questa condizione non sarebbe riscontrabile nei rifiuti provenienti dalla raccolta indifferenziata, sicché non sarebbe corretto assimilare il loro trattamento a quello dei rifiuti differenziati, per i quali la separazione della frazione secca da quella umida è attuata già in fase di raccolta. Solo la raccolta differenziata, invero, permetterebbe di conferire agli impianti di trattamento frazioni merceologiche con caratteristiche omogenee, tali da consentirne l’immissione nel mercato a fini di recupero o riciclaggio, e di destinare allo smaltimento in discarica le frazioni non ulteriormente valorizzabili, vale a dire gli scarti e i sovvalli soggetti al tributo in misura ridotta.

Ne conseguirebbe l’irrilevanza della questione di legittimità costituzionale della norma regionale censurata.

3.1.– L’esame dell’eccezione di inammissibilità va preceduto da una sintetica ricostruzione dei fatti rilevanti e del thema decidendum nel giudizio a quo.

Dall’ordinanza di rimessione emergono come pacifiche due circostanze. Innanzitutto, che i rifiuti prodotti dai Comuni ricorrenti nel giudizio principale, che la determinazione regionale impugnata assoggetta all’aliquota massima del tributo speciale per il deposito in discarica, provengono dalla raccolta indifferenziata. In secondo luogo, che tali rifiuti sono depositati nelle discariche dopo appositi trattamenti, che mirano a separare – oltre al materiale ferroso recuperabile – una frazione secca destinata alla produzione di energia sotto forma di carburante derivante da rifiuti e una frazione umida biostabilizzata destinata alla discarica.

Il thema decidendum del giudizio principale consiste nell’accertare se ai rifiuti così conferiti sia o meno applicabile l’art. 3, comma 40, della legge n. 549 del 1995, norma che, «per gli scarti e i sovvalli di impianti di selezione automatica, riciclaggio e compostaggio», determina l’ammontare del tributo nella misura del 20 per cento di quello dovuto per i rifiuti in via ordinaria. Se infatti tale disposizione dovesse trovare applicazione, la determinazione regionale impugnata che fissa invece l’ammontare del tributo nella sua misura massima sarebbe illegittima.

La Regione Puglia, come detto, sostiene che l’agevolazione tributaria prevista dalla legge statale non può essere applicata ai rifiuti da raccolta indifferenziata, perché il loro trattamento produce una quantità considerevole di sovvallo, al contrario di ciò che avviene nel caso del trattamento dei rifiuti differenziati, il cui sovvallo rappresenta una quantità residuale.

Ad avviso del giudice a quo, invece, l’art. 3, comma 40, della legge n. 549 del 1995 richiederebbe, quale unico presupposto per l’applicazione del tributo in misura ridotta, il deposito in discarica di scarti e sovvalli di impianti di selezione automatica, riciclaggio e compostaggio, indipendentemente dalle modalità di raccolta, indifferenziata o differenziata, dei rifiuti conferiti agli impianti. E queste conclusioni sarebbero avvalorate dall’istruttoria disposta dallo stesso giudice nel processo principale.

Ai rifiuti così prodotti, tuttavia, la riduzione del tributo prevista dalla legge statale non potrebbe essere applicata, perché vi osterebbe l’art. 7, comma 8, della legge reg. Puglia n. 38 del 2011, nella parte in cui, al secondo periodo, prevede che «Agli scarti e ai sovvalli di impianti di selezione automatica, riciclaggio e compostaggio si applica l’aliquota massima del tributo speciale per il conferimento in discarica dei rifiuti solidi». Questa disposizione contrasterebbe con la citata norma statale, in quanto, pur avendo lo stesso ambito applicativo (gli scarti e i sovvalli degli impianti del medesimo tipo), determinerebbe in modo difforme l’ammontare del tributo, stabilendolo nella misura massima anziché in quella ridotta al 20 per cento. Da qui le sollevate censure di illegittimità della norma regionale, nei termini descritti in precedenza.

Per cogliere l’esatto rilievo che la norma regionale contestata assume nel giudizio a quo, va precisato che non è sulla sua base che la Regione Puglia ha adottato il provvedimento impugnato. Quest’ultimo, invero, applica l’aliquota massima del tributo ai rifiuti conferiti in discarica dai Comuni ricorrenti non già perché essi siano qualificabili come «scarti e sovvalli di impianti di selezione automatica, riciclaggio e compostaggio», ex art. 7, comma 8, della legge reg. Puglia n. 38 del 2011, bensì perché, in difetto del raggiungimento delle percentuali minime di raccolta differenziata previste dalla legge, si tratterebbe di ordinari rifiuti solidi urbani. Il rilievo nel giudizio principale della disposizione regionale contestata deriva esclusivamente dal fatto che il giudice a quo, ritenendo che nel caso concreto sia invece applicabile l’agevolazione fiscale prevista dall’art. 3, comma 40, della legge n. 549 del 1995, considera la successiva norma regionale di ostacolo a tale applicazione in quanto essa prevede l’applicazione dell’aliquota massima del tributo, anziché la sua riduzione al 20 per cento, alla medesima ipotesi del conferimento in discarica di «scarti e sovvalli di impianti di selezione automatica, riciclaggio e compostaggio».

3.2.– L’eccezione di inammissibilità non è fondata.

Alla luce di quanto esposto, la rilevanza della questione dipende dall’ambito di applicazione della norma statale sulla riduzione della "ecotassa”. Il nodo interpretativo da sciogliere è se essa si applichi a prescindere dalla modalità – differenziata o indifferenziata – di raccolta dei rifiuti, oppure se l’agevolazione fiscale presupponga la provenienza dei rifiuti, "a monte” del trattamento, dalla raccolta differenziata.

Qualora la sfera di applicazione della norma statale fosse limitata ai rifiuti da raccolta differenziata, la definizione del giudizio a quo prescinderebbe dalla necessità di esaminare l’ipotizzato contrasto della norma regionale, giacché in quel caso il rimettente non dovrebbe comunque farne applicazione. La valutazione della legittimità del provvedimento impugnato nel giudizio a quo non richiederebbe infatti di scrutinare la questione sollevata in via incidentale: i rifiuti oggetto della determinazione impugnata, in quanto provenienti dalla raccolta indifferenziata, non ricadrebbero nell’ambito di applicazione della previsione agevolativa statale, e il ricorso andrebbe respinto.

Se invece, come ritiene il giudice a quo, la norma statale di agevolazione dovesse considerarsi riferita a tutti i rifiuti, provengano essi o meno da raccolta differenziata, si porrebbe il tema del contrasto tra le due norme, che riguarda tuttavia il merito e non la rilevanza.

Il controllo che questa Corte deve eseguire sulla rilevanza della questione non si estende invece all’accertamento della natura dei rifiuti depositati in discarica dopo i trattamenti eseguiti negli impianti a servizio dei comuni leccesi, se cioè essi abbiano o non abbiano, in concreto, la natura di scarti e sovvalli di impianti di selezione automatica, riciclaggio e compostaggio. Le conclusioni positive alle quali il giudice a quo perviene sulla scorta delle risultanze istruttorie indicate nell’ordinanza di rimessione sono motivate in maniera sufficiente e non implausibile, sicché questa Corte non può interferire con tale valutazione. Secondo costante giurisprudenza, infatti, «[i]l giudizio di rilevanza [...] è riservato al giudice rimettente, sì che l’intervento della Corte deve limitarsi ad accertare l’esistenza di una motivazione sufficiente, non palesemente erronea o contraddittoria, senza spingersi fino ad un esame autonomo degli elementi che hanno portato il giudice a quo a determinate conclusioni. In altre parole, nel giudizio di costituzionalità, ai fini dell’apprezzamento della rilevanza, ciò che conta è la valutazione che il rimettente deve fare in ordine alla possibilità che il procedimento pendente possa o meno essere definito indipendentemente dalla soluzione della questione sollevata, potendo la Corte interferire su tale valutazione solo se essa, a prima vista, appaia assolutamente priva di fondamento (ex plurimis, sentenze n. 91 del 2013, n. 41 del 2011 e n. 270 del 2010)» (sentenza n. 71 del 2015; nello stesso senso, sentenza n. 228 del 2016).

Tornando alla questione dell’ambito di applicazione della norma statale di agevolazione, si osserva in primo luogo che il tributo speciale istituito dalla legge n. 549 del 1995 ha carattere generale, come si evince dalla chiara finalità espressa dall’art. 3, comma 24 (riduzione dei rifiuti, con conseguente minore conferimento in discarica, recupero di materia prima e produzione di energia) e come è confermato dalle modalità di calcolo del tributo, commisurato a ogni chilogrammo di rifiuto conferito (comma 29).

L’art. 3, comma 40, prevede un trattamento fiscale agevolato (il 20 per cento della "ecotassa”) «per gli scarti e i sovvalli di impianti di selezione automatica, riciclaggio e compostaggio». Con le espressioni «scarti» e «sovvalli», la norma si riferisce ai residui inutilizzabili derivanti dalle operazioni di selezione automatica, riciclaggio e compostaggio, operazioni che appaiono esaurire, nella prospettiva del legislatore, tutte o le principali forme di produzione di tali sostanze da conferire in discarica.

L’agevolazione fiscale trova spiegazione nel fatto che il legislatore riconosce agli scarti e ai sovvalli degli impianti di selezione automatica, di riciclaggio e di compostaggio la natura di rifiuto non ulteriormente riducibile in ogni processo di smaltimento e perciò meritevole di un trattamento più favorevole rispetto agli altri rifiuti. Quanto agli altri materiali che il comma 40 sottopone allo stesso trattamento, si deve ritenere, in linea con la giurisprudenza di legittimità (Corte di cassazione, sezione tributaria, sentenza 30 dicembre 2011, n. 30711), che il legislatore riconosce alle sostanze che vengono incenerite, ancorché senza recupero d’energia, una minore capacità inquinante per il fatto di essere comunque bruciate e non conferite in discarica.

Dalla disciplina in esame, tuttavia, non è corretto desumere che, al fine di beneficiare della riduzione tributaria, gli scarti e i sovvalli debbano necessariamente derivare dal trattamento di rifiuti raccolti in modo differenziato. Se si può condividere l’assunto che la raccolta differenziata agevola il processo di selezione, riciclaggio e compostaggio, giacché la separazione delle frazioni suscettibili di recupero e riciclaggio avviene in una fase collocata "a monte” del trattamento negli impianti, nondimeno, come in effetti il giudice a quo motiva in modo che appare sufficiente e non implausibile, né la lettera, né la ratio dell’art. 3, comma 40, della legge n. 549 del 1995 consentono di ritenere che il legislatore statale abbia voluto escludere dall’agevolazione tributaria i rifiuti raccolti in modo indifferenziato. Per concludere diversamente, si dovrebbe affermare che dal trattamento dei rifiuti indifferenziati non possono materialmente derivare residui non riutilizzabili, sotto forma di scarti e sovvalli, ma questa conclusione, che la Regione fa sostanzialmente propria, non è sorretta da alcuna evidenza.

Nemmeno si può sostenere, in senso contrario, che la norma perseguirebbe finalità di incentivazione della raccolta differenziata. All’epoca della sua introduzione, infatti, l’ordinamento non prevedeva ancora obblighi per la pubblica amministrazione di organizzare adeguati sistemi di raccolta differenziata dei rifiuti urbani e di assicurarne percentuali minime in rapporto ai rifiuti complessivamente prodotti, in quanto le prime prescrizioni furono emanate in tal senso con il successivo decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio). Si deve pertanto escludere che il legislatore, nell’assoggettare gli scarti e i sovvalli ad aliquota fiscale ridotta, intendesse distinguere tra diversi sistemi di raccolta dei rifiuti.

A finalità incentivanti della raccolta differenziata sono invece specificamente orientate altre disposizioni in materia di rifiuti, come l’art. 205 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), novellato dall’art. 32, comma 1, lettera b), della legge 28 dicembre 2015, n. 221 (Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali), che fissa gradualmente nel tempo percentuali crescenti di raccolta differenziata e prevede addizionali della "ecotassa” per i comuni inadempienti nonché riduzioni premiali dello stesso tributo per quelli che superano i livelli di raccolta differenziata stabiliti dalla legge (vedi i commi 1, 3, 3-bis e 3-ter). Le medesime finalità incentivanti sono promosse anche dalla legislazione regionale: la stessa legge reg. Puglia n. 38 del 2011, all’art. 7, commi 6, 7, 9, 10, 11 e 12, introduce «premialità» per i comuni che superano determinate percentuali di raccolta differenziata, sotto forma di riduzione della "ecotassa”, e assoggetta gli altri comuni all’aliquota fiscale massima.

Nulla vieta che il sistema di incentivi alla raccolta differenziata e il trattamento fiscale agevolato previsto per gli scarti e i sovvalli coesistano, operando su piani diversi, nel senso che l’applicazione delle riduzioni tributarie ai comuni virtuosi e delle addizionali a quelli inadempienti nella raccolta differenziata non esclude che tutti gli scarti e i sovvalli degli impianti di selezione automatica, riciclaggio e compostaggio, in quanto residui non più riutilizzabili, possano essere depositati in discarica beneficiando dell’aliquota ridotta al 20 per cento, indipendentemente dalle modalità di raccolta dei rifiuti sottoposti a tali processi.

Infine, non va sottaciuto che dell’agevolazione beneficiano anche i rifiuti smaltiti negli inceneritori senza recupero di energia, che non devono provenire necessariamente dalla raccolta differenziata. Si ricorda in proposito che, nel testo risultante dalla modifica introdotta dall’art. 35, comma 1, della legge n. 221 del 2015, al prodotto di tali operazioni l’art. 3 della legge n. 549 del 1995 equipara, ai medesimi fini agevolativi, «i rifiuti smaltiti in impianti di incenerimento senza recupero di energia o comunque classificati esclusivamente come impianti di smaltimento mediante l’operazione "D10 Incenerimento a terra”, ai sensi dell’allegato B alla parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni», in luogo dei «rifiuti smaltiti tal quali in impianti di incenerimento senza recupero di energia», previsti dal testo anteriore. La stessa disciplina vale sin dall’origine, altresì, per «i fanghi anche palabili». Il che, da un lato, rafforza la tesi per cui la giustificazione del comma 40 citato non va ricercata nell’incentivo alla raccolta differenziata e, dall’altro lato, fa apparire irragionevole l’esclusione dal beneficio solo degli scarti e dei sovvalli derivanti dal trattamento di rifiuti indifferenziati.

La questione è idonea, pertanto, a superare il vaglio dell’ammissibilità.

4.– Passando al merito, conviene esaminare per prime, per la loro potenziale natura assorbente, le censure di violazione della competenza esclusiva attribuita allo Stato dall’art. 117, secondo comma, lettere e) ed s), Cost.

4.1.– Deducendo la violazione degli artt. 117, secondo comma, lettera e), e 119 Cost., il giudice a quo menziona le materie «armonizzazione dei bilanci pubblici; perequazione delle risorse finanziarie», che non sembrano conferenti. Dalla motivazione dell’ordinanza di rimessione, tuttavia, appare chiaro che la censura riguarda la lamentata invasione della competenza esclusiva in tema di tributi statali, e che si tratti dunque della materia «sistema tributario […] dello Stato», indicata nella stessa lettera e). Lo si desume dal preciso richiamo alla giurisprudenza costituzionale sul divieto per le regioni di istituire o disciplinare tributi già istituiti da leggi statali e sulla riconducibilità della disciplina della "ecotassa” alla competenza esclusiva dello Stato in materia tributaria, nonché dall’espresso rilievo della «non diversità», nelle due norme messe a confronto, dei presupposti dell’obbligazione tributaria. L’inesatta indicazione del parametro costituzionale invocato può dunque essere superata, in quanto dalla motivazione dell’ordinanza di rimessione i termini della questione appaiono sufficientemente definiti (ex plurimis, sentenza n. 448 del 1997 e ordinanza n. 211 del 2004).

4.2.– Così precisata, la censura è fondata.

Il presupposto delle disposizioni a confronto, statale e regionale, è evidentemente il medesimo, vale a dire il deposito in discarica di «scarti e […] sovvalli di impianti di selezione automatica, riciclaggio e compostaggio». Depongono in questo senso, sia la piena sovrapponibilità del dato letterale delle due norme, sia la mancanza di ragioni sistematiche o finalistiche che giustifichino una diversa conclusione.

Per le stesse ragioni esposte con riferimento alla disposizione statale, dunque, anche la norma regionale trova applicazione indipendentemente dalle modalità di raccolta – differenziata o indifferenziata – dei rifiuti sottoposti al trattamento.

Secondo il costante orientamento di questa Corte, «la disciplina del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi rientra nella competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., e, di conseguenza, l’esercizio della potestà legislativa delle regioni riguardo a tale tributo è ammesso solo nei limiti consentiti dalla legge statale. Si tratta, infatti, di un tributo che va considerato statale e non già "proprio” della Regione, nel senso di cui al vigente art. 119 Cost., senza che in contrario rilevino né l’attribuzione del gettito alle regioni ed alle province, né le determinazioni espressamente attribuite alla legge regionale dalla citata norma statale (sentenze n. 397 e n. 335 del 2005, concernenti lo stesso tributo speciale oggetto del presente giudizio; v., analogamente, a proposito delle tasse automobilistiche e dell’IRAP, le sentenze n. 431, n. 381 e n. 241 del 2004, n. 311, n. 297 e n. 296 del 2003; v. altresì, in generale, le sentenze n. 37 e n. 29 del 2004)» (sentenza n. 413 del 2006; nello stesso senso, sentenza n. 412 del 2006).

La disposizione regionale censurata applica al medesimo presupposto d’imposta l’aliquota massima, anziché quella ridotta, e si pone così in netto contrasto con la norma statale, espressione della competenza esclusiva ex art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

Il tentativo di interpretazione costituzionalmente conforme operato dai ricorrenti nel processo principale, per i quali il riferimento all’aliquota massima indicherebbe solo il parametro sul quale calcolare il 20 per cento, non è percorribile, non essendo suffragato da alcun criterio interpretativo, né letterale, né di altro tipo, come rilevato dal giudice a quo.

Né, per negare il contrasto, può essere invocato il potere delle regioni di stabilire con legge l’ammontare annuo del tributo speciale, previsto all’art. 3, comma 29, della legge n. 549 del 1995. La previsione del beneficio fiscale in esame non rientra infatti nelle determinazioni che la legge n. 549 del 1995 attribuisce alle regioni, e l’ammontare stabilito annualmente con legge regionale, nel rispetto dei limiti previsti dal comma 29, costituisce la mera base di calcolo del tributo dovuto in misura ridotta.

In conclusione, la norma regionale censurata è frutto dell’illegittimo esercizio da parte della Regione della propria potestà legislativa in una materia in cui lo Stato ha competenza legislativa esclusiva.

4.3.– La questione è fondata anche in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.

Per costante giurisprudenza costituzionale, «la disciplina dei rifiuti è riconducibile alla materia "tutela dell’ambiente e dell’ecosistema”, di competenza esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., anche se interferisce con altri interessi e competenze, di modo che deve intendersi riservato allo Stato il potere di fissare livelli di tutela uniforme sull’intero territorio nazionale, ferma restando la competenza delle Regioni alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali (tra le molte, sentenze n. 67 del 2014, n. 285 del 2013, n. 54 del 2012, n. 244 del 2011, n. 225 e n. 164 del 2009 e n. 437 del 2008). Pertanto, la disciplina statale "costituisce, anche in attuazione degli obblighi comunitari, un livello di tutela uniforme e si impone sull’intero territorio nazionale come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza, per evitare che esse deroghino al livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato, ovvero lo peggiorino (sentenze n. 314 del 2009, n. 62 del 2008 e n. 378 del 2007)” (sentenza n. 58 del 2015)» (sentenza n. 180 del 2015).

Con specifico riferimento alla disciplina tributaria in materia di rifiuti, questa Corte ha avuto modo di affermare che «la riserva di legge statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., deve essere applicata nell’accezione che consenta di preservare il bene giuridico "ambiente” dai possibili effetti distorsivi derivanti da vincoli imposti in modo differenziato in ciascuna Regione», sicché «una disciplina unitaria rimessa in via esclusiva allo Stato è all’evidenza diretta allo scopo di prefigurare un quadro regolativo uniforme degli incentivi e disincentivi inevitabilmente collegati alla imposizione fiscale, tenuto conto dell’influenza dispiegata dal tributo (i cosiddetti "effetti allocativi”) sulle scelte economiche di investimento e finanziamento delle imprese operanti nel settore dei rifiuti e della loro attitudine a ripercuotersi, per l’oggetto stesso dell’attività esercitata da tali imprese, sugli equilibri ambientali» (sentenza n. 58 del 2015, sul tributo istituito da una regione in materia di trattamento e riutilizzo di rifiuti).

Alla luce di questi principi, alle regioni non è consentito di derogare alla disciplina statale in materia di agevolazioni fiscali per scarti e sovvalli di impianti di selezione automatica, riciclaggio e compostaggio dei rifiuti. L’imposizione di aliquote differenziate da regione a regione, infatti, vanificherebbe la tutela uniforme dell’ambiente che lo Stato intende assicurare sull’intero territorio nazionale con la previsione di incentivi fiscali ai processi di riciclaggio e recupero dei rifiuti, in modo da premiare il deposito in discarica di ciò che residua, non più riutilizzabile, da tali processi.

5.– Va pertanto dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 8, della legge reg. Puglia n. 38 del 2011, nella parte in cui prevede che «[a]gli scarti e ai sovvalli di impianti di selezione automatica, riciclaggio e compostaggio si applica l’aliquota massima del tributo speciale per il conferimento in discarica dei rifiuti solidi», per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettere e) e s), Cost.

Rimane assorbita l’ulteriore censura, con la quale il giudice a quo lamenta la violazione degli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., in riferimento alla materia del «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario».

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara inammissibile l’intervento dei Comuni di Alezio, Castrì, Copertino, Cutrofiano, Giurdignano, Leverano, Melissano, Melpignano, Minervino, Presicce, San Cesario di Lecce, Taurisano, Carpignano Salentino, Castrignano del Capo, Cursi, Melendugno, Poggiardo, Soleto, Sternatia, Surano e Tiggiano;

2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 8, della legge della Regione Puglia 30 dicembre 2011, n. 38 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2012 e bilancio pluriennale 2012-2014 della Regione Puglia), nella parte in cui prevede che «[a]gli scarti e ai sovvalli di impianti di selezione automatica, riciclaggio e compostaggio si applica l’aliquota massima del tributo speciale per il conferimento in discarica dei rifiuti solidi».

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 marzo 2017.

F.to:

Giorgio LATTANZI, Presidente

Daria de PRETIS, Redattore

Carmelinda MORANO, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 13 aprile 2017.