SENTENZA N. 67
ANNO 2014
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Gaetano SILVESTRI Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Sabino CASSESE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 22, comma 2, della legge della Regione Puglia 28 dicembre 2006, n. 39 (Norme relative all’esercizio provvisorio del bilancio di previsione per l’anno finanziario 2007), promossi dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (sezione prima) con tre ordinanze del 24 maggio 2012 e una del 4 maggio 2012, rispettivamente iscritte ai nn. 165, 166, 167 e 168 del registro ordinanze 2012 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell’anno 2012.
Visti gli atti di costituzione della Regione Puglia;
udito nell’udienza pubblica dell’11 febbraio 2014 il Giudice relatore Sergio Mattarella;
udito l’avvocato Maria Liberti per la Regione Puglia.
Ritenuto in fatto
1.– Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (sezione prima), con distinte ordinanze di rimessione rispettivamente iscritte ai nn. 165, 166, 167 e 168 del reg. ord. 2012, nel corso di quattro giudizi riguardanti l’impugnazione, tra l’altro, del regolamento della Regione Puglia 16 luglio 2007, n. 18 (Regolamento Garanzie finanziarie relative alle attività di smaltimento e di recupero di rifiuti – D.Lgs. n. 152/2006. Criteri e modalità di presentazione e di utilizzo), ha sollevato, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), e sesto comma, della Costituzione e all’art. 195, comma 2, lettera g), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), questioni di legittimità costituzionale dell’art. 22, comma 2, della legge della Regione Puglia 28 dicembre 2006, n. 39 (Norme relative all’esercizio provvisorio del bilancio di previsione per l’anno finanziario 2007), per il quale: «La Regione provvede entro trenta giorni, in via transitoria, alla determinazione delle garanzie finanziarie per la gestione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti mediante adozione di apposito regolamento».
1.1.– Quanto ai giudizi a quibus, il giudice rimettente premette, in punto di fatto, che: a) l’impugnazione degli atti è stata proposta nei confronti della Regione Puglia e, rispettivamente, della Provincia di Bari e della Provincia di Barletta-Andria-Trani in due giudizi promossi da società che, esercitando attività di smaltimento rifiuti, avevano trasmesso alle competenti amministrazioni provinciali la documentazione necessaria per l’adeguamento dell’impianto alla disciplina dettata dal decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 (Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti), ai fini della prosecuzione dell’esercizio; b) nei primi due giudizi instaurati dalle società istanti, a fronte delle deliberazioni della Giunta provinciale di presa d’atto del regolamento regionale censurato e delle note del dirigente del competente servizio della Provincia recanti invito a «conformarsi ai contenuti del suddetto regolamento entro il termine previsto per il 18 settembre 2007», le ricorrenti, opinando che avrebbero dovuto offrire garanzie finanziarie ritenute eccessive, hanno impugnato il regolamento della Regione Puglia n. 18 del 2007 e le richiamate note dirigenziali del 7 agosto 2007; c) nei due ulteriori giudizi successivamente instaurati, le stesse ricorrenti hanno impugnato la deliberazione della Giunta regionale della Puglia 26 luglio 2011, n. 1712 (Regolamento Garanzie finanziarie relative alle attività di smaltimento e di recupero di rifiuti – d.lgs. n. 152/2006. Criteri e modalità di presentazione e di utilizzo – Modifica) e le note del dirigente del competente servizio della Provincia del 6 settembre 2011 con le quali era stato richiesto alle società istanti di trasmettere le garanzie finanziarie previste dal censurato regolamento, come successivamente modificato; d) le ricorrenti deducevano, nei quattro giudizi principali, distinti motivi di ricorso così sintetizzabili: 1) illegittimità derivata dalla illegittimità costituzionale dell’art. 22 della legge reg. Puglia n. 39 del 2006, per violazione dell’art. 117 Cost. e dell’art. 195, comma 2, lettera g), del d.lgs. n. 152 del 2006; 2) violazione dell’art. 14 del d.lgs. n. 36 del 2003, dell’art. 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) e dell’art. 107 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia); 3) violazione, sotto diversi profili, del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa; 4) eccesso di potere per difetto di motivazione; carenza di istruttoria; illogicità; ingiustizia manifesta e disparità di trattamento; e) si è costituita nei giudizi principali la Regione Puglia.
1.2.– Il medesimo giudice rimettente premette poi, in punto di diritto, che i ricorsi delle società istanti sarebbero ammissibili, in quanto il regolamento regionale n. 18 del 2007 e, in due giudizi, la successiva deliberazione della Giunta regionale di modifica del regolamento, vengono censurati congiuntamente ai richiamati provvedimenti applicativi delle amministrazioni provinciali. Rileva infatti il giudice a quo che il gravato regolamento sarebbe privo di carattere immediatamente lesivo, essendo riconducibile alla categoria dei «regolamenti c.d. volizioni preliminari» (distinti dai «regolamenti c.d. volizioni-azioni»), e quindi non immediatamente impugnabile – se non unitamente ad ulteriori provvedimenti applicativi – in quanto contenente disposizioni normative generali ed astratte circa i requisiti e le capacità tecniche e finanziarie per l’esercizio delle attività di gestione dei rifiuti.
1.3.– Poste tali premesse, il giudice rimettente osserva che, dei motivi di ricorso dedotti dalle ricorrenti nei giudizi principali, le sollevate questioni di legittimità costituzionale dell’art. 22, comma 2, della legge reg. Puglia n. 39 del 2006 assumerebbero «rilevanza pregiudiziale ai fini della decisione», atteso che, in esecuzione della disposizione di legge censurata, la Regione ha provveduto alla determinazione delle garanzie finanziarie per la gestione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti con il gravato regolamento regionale n. 18 del 2007, di cui le amministrazioni provinciali hanno fatto esplicita applicazione. Da ciò – secondo il giudice a quo – seguirebbe la rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 22, comma 2, della legge reg. Puglia n. 39 del 2006, poiché sulla norma impugnata si fonda il potere della Regione di adottare il regolamento n. 18 del 2007. Ne conseguirebbe che unicamente la declaratoria di incostituzionalità della disposizione di legge regionale, facendo venir meno la norma attributiva della potestà regolamentare (concretatasi nel censurato regolamento regionale n. 18 del 2007), determinerebbe la caducazione dei contestati provvedimenti provinciali applicativi del menzionato regolamento.
1.4.– Secondo il giudice a quo, le questioni di legittimità costituzionale della norma regionale censurata sarebbero altresì non manifestamente infondate, in quanto la determinazione delle garanzie finanziarie per la gestione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti sarebbe riservata alla competenza legislativa e regolamentare esclusiva dello Stato, essendo riconducibile alla «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali». Da ciò seguirebbe che l’autoattribuzione da parte della Regione Puglia della potestà di dettare – sia pure in via transitoria – norme regolamentari in detto ambito materiale violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., nonché l’art. 195, comma 2, lettera g), del richiamato d.lgs. n. 152 del 2006, secondo il quale sono tra l’altro riservate allo Stato la determinazione dei requisiti e delle capacità tecniche e finanziarie per l’esercizio delle attività di gestione dei rifiuti, ivi compresi i criteri generali per la determinazione delle garanzie finanziarie in favore delle Regioni.
Rileva inoltre il giudice rimettente che lo Stato non ha conferito alcuna delega «regolamentare» alla Regione ai sensi dell’art. 117, sesto comma, Cost., da cui seguirebbe l’ulteriore contrasto dell’art. 22, comma 2, della legge reg. n. 39 del 2006 – in virtù del quale è stato emanato il regolamento regionale n. 18 del 2007 – con l’evocato parametro costituzionale, essendo la Regione priva di potestà legislativa e regolamentare, anche in via transitoria, in subiecta materia (è richiamata la sentenza della Corte costituzionale n. 373 del 2010).
2.– Con quattro atti depositati nella cancelleria di questa Corte il 18 settembre 2012, si è costituita in tutti i giudizi la Regione Puglia, chiedendo che le sollevate questioni di costituzionalità siano dichiarate inammissibili o, nel merito, infondate.
Osserva la difesa regionale che la disposizione di legge impugnata e il regolamento avrebbero posto in essere una disciplina delle garanzie finanziarie specificativa e meramente attuativa dell’art. 14 del d.lgs. n. 36 del 2003, in forza del quale, tra l’altro, il legislatore statale ha già posto i parametri generali ai fini della determinazione delle suddette garanzie che il gestore degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti è tenuto a fornire. Ne consegue – secondo la Regione Puglia – che non può ravvisarsi, nella specie, invasione della competenza legislativa esclusiva dello Stato, atteso che l’istituto delle garanzie finanziarie relative agli impianti di gestione dei rifiuti costituisce diretta applicazione dei principi posti dal diritto dell’Unione europea (direttiva 2004/35/CE), in cui trova «diretto riferimento e presupposto legittimante».
3.– Con quattro memorie di identico contenuto, depositate nella cancelleria di questa Corte in data 16 gennaio 2014, la Regione Puglia ha ribadito le conclusioni precedentemente rassegnate in ciascun atto di costituzione, chiedendo che le sollevate questioni siano dichiarate manifestamente inammissibili o, comunque, nel merito infondate.
3.1.– Osserva anzitutto la difesa regionale che le questioni sarebbero manifestamente inammissibili per insufficiente descrizione della fattispecie e per difetto di motivazione sulla rilevanza, avendo il TAR rimettente fornito soltanto una schematica indicazione dei diversi motivi di ricorso prospettati dai ricorrenti nei quattro giudizi a quibus, rispetto ai quali nelle ordinanze di rimessione viene preso in esame soltanto il primo motivo di ricorso, relativo all’illegittimità derivata degli atti impugnati dalla illegittimità costituzionale dell’art. 22, comma 2, della legge reg. Puglia n. 39 del 2006, non sussistendo invece, rispetto agli altri motivi dedotti nei giudizi principali, il necessario nesso di pregiudizialità della questione.
3.2.– Secondo la difesa regionale, nel merito le questioni sarebbero comunque infondate.
Quanto all’asserita violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., la norma censurata (e il consequenziale regolamento regionale n. 18 del 2007, successivamente modificato con deliberazione della Giunta regionale n. 1712 del 2011), avrebbe ad oggetto esclusivamente la «determinazione delle garanzie finanziarie», strumento privatistico avente unicamente la funzione di far conseguire al soggetto beneficiario la prestazione da parte del garante nell’ipotesi di inadempimento del debitore principale degli obblighi derivanti dal rapporto giuridico.
Ne conseguirebbe che la materia in cui interviene la norma censurata non potrebbe essere ricondotta alla «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema», involgendo anche ambiti materiali relativi alla «tutela della salute», al «governo del territorio» e alla «protezione civile». Essendo dette materie ascrivibili alla competenza concorrente, secondo la difesa regionale non sussisterebbe il censurato contrasto.
Quanto all’asserita violazione dell’art. 117, sesto comma, Cost., osserva la Regione Puglia che le questioni sarebbero parimenti infondate sulla stessa premessa che la determinazione delle garanzie finanziarie costituisca una materia di competenza concorrente, e pertanto sottratta alla potestà regolamentare esclusiva dello Stato.
Secondo la difesa regionale sarebbe infine privo di fondamento anche l’asserito contrasto della disposizione censurata con l’art. 195, comma 2, lettera g), del d.lgs. n. 152 del 2006. La norma evocata a parametro riserva alla competenza dello Stato «la determinazione dei requisiti e delle capacità tecniche e finanziarie per l’esercizio delle attività di gestione dei rifiuti, ivi compresi i criteri generali per la determinazione delle garanzie finanziarie in favore delle regioni, con particolare riferimento a quelle dei soggetti obbligati all’iscrizione all’Albo di cui all’articolo 212, secondo le modalità di cui al comma 9 dello stesso articolo». Osserva, al riguardo, la Regione Puglia che il legislatore avrebbe inteso riservare alla competenza esclusiva dello Stato l’indicazione dei criteri generali per la determinazione delle garanzie finanziarie dovute dai soggetti obbligati all’iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali, tra i quali, per effetto delle modifiche apportate alla disciplina in parola dal decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205 (Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive), non sarebbero più ricompresi i gestori di impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti (art. 25, comma 1, lettera c, del d.lgs. n. 205 del 2010, che ha sostituito il comma 5 dell’art. 212 del d.lgs. n. 152 del 2006).
Da ciò seguirebbe che lo Stato avrebbe competenza esclusiva nell’individuazione dei criteri per la determinazione delle garanzie finanziarie dovute ai sensi dell’art. 195, comma 2, lettera g), del d.lgs. n. 152 del 2006 soltanto per le attività espressamente indicate dal novellato art. 212, comma 5, dello stesso d.lgs. n. 152 del 2006 (attività di raccolta e trasporto dei rifiuti, di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio e di intermediazione dei rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi). Non sussisterebbe, pertanto, il censurato contrasto.
Considerato in diritto
1.– Il Tribunale amministrativo regionale della Puglia (sezione prima), dubita, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), e sesto comma, della Costituzione e all’art. 195, comma 2, lettera g), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), della legittimità costituzionale dell’art. 22, comma 2, della legge della Regione Puglia 28 dicembre 2006, n. 39 (Norme relative all’esercizio provvisorio del bilancio di previsione per l’anno finanziario 2007), per il quale: «La Regione provvede entro trenta giorni, in via transitoria, alla determinazione delle garanzie finanziarie per la gestione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti mediante adozione di apposito regolamento».
Ad avviso del rimettente, la norma censurata si porrebbe in contrasto con i parametri evocati in quanto interverrebbe in ambito materiale riconducibile alla «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali», di competenza legislativa e regolamentare esclusiva dello Stato.
2.– Le quattro ordinanze di rimessione, emesse dal suddetto TAR, sollevano questioni identiche, onde i relativi giudizi vanno riuniti per essere definiti con unica decisione.
3.– In via preliminare, occorre prendere in esame le eccezioni di inammissibilità prospettate dalla difesa regionale.
La Regione Puglia ha eccepito, anzitutto, l’inammissibilità della questione per insufficiente descrizione della fattispecie in relazione al thema decidendum dei giudizi principali e per difetto di motivazione sulla rilevanza, avendo il TAR fornito soltanto una schematica indicazione dei diversi motivi di ricorso prospettati dai ricorrenti nei quattro giudizi a quibus, rispetto ai quali, nelle ordinanze di rimessione, viene preso in esame soltanto il primo motivo di ricorso, relativo all’illegittimità derivata degli atti impugnati dalla illegittimità costituzionale dell’art. 22, comma 2, della legge reg. Puglia n. 39 del 2006. Rispetto agli altri motivi dedotti nei giudizi principali, non sussisterebbe, invece, il necessario nesso di pregiudizialità della questione.
Bisogna anzitutto osservare che, ancorché la difesa regionale eccepisca due distinti motivi d’inammissibilità (l’uno inerente all’insufficiente descrizione della fattispecie e l’altro al difetto di motivazione sulla rilevanza), l’eccezione va presa in esame unitariamente, atteso che i rilievi della Regione Puglia formulati in punto di ammissibilità sono tutti riconducibili alla valutazione del giudice rimettente in ordine alla possibilità che i procedimenti pendenti siano definiti indipendentemente dalla soluzione della sollevata questione di costituzionalità, come costantemente richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte (tra le tante, sentenze n. 91 del 2013; n. 236 e n. 224 del 2012).
Rileva, in particolare, la difesa regionale che risulterebbe «meramente assertiva e perciò indimostrata» l’affermazione del giudice rimettente secondo la quale «unicamente la declaratoria di incostituzionalità della prescrizione di cui all’art. 22, comma 2 della legge Regione Puglia n. 39/2006, facendo venir meno la norma attributiva della potestà regolamentare (concretatasi con l’adozione del censurato regolamento regionale n. 18 del 2007), determinerebbe la caducazione dei contestati provvedimenti provinciali applicativi del menzionato regolamento», avendo il TAR preso in considerazione esclusivamente il primo motivo di ricorso dedotto dalle ricorrenti nei giudizi principali, ossia quello costruito sull’illegittimità derivata degli atti impugnati dalla illegittimità costituzionale della norma legislativa sottoposta allo scrutinio di questa Corte.
L’eccezione non è fondata.
Il TAR rimettente adduce una non implausibile motivazione circa la rilevanza nel giudizio a quo della sollevata questione di costituzionalità, indicando, tra l’altro, con sufficiente chiarezza che, dei motivi di ricorso dedotti nei giudizi principali, l’illegittimità dei gravati provvedimenti derivata dall’illegittimità costituzionale della disposizione di legge regionale impugnata assume «rilevanza pregiudiziale ai fini della decisione». Ciò consente di escludere che l’accoglimento di uno solo degli ulteriori motivi di ricorso avrebbe potuto condurre all’integrale soddisfazione delle pretese dedotte nei giudizi principali dalle ricorrenti senza transitare dall’incidente di costituzionalità.
Dalla narrazione dei fatti sviluppata nelle ordinanze di rimessione, si evince chiaramente che il rimettente è stato chiamato a giudicare della legittimità del regolamento della Regione Puglia 16 luglio 2007, n. 18 (Regolamento Garanzie finanziarie relative alle attività di smaltimento e di recupero di rifiuti – D.Lgs. n. 152/2006. Criteri e modalità di presentazione e di utilizzo) – e della successiva deliberazione della Giunta regionale della Puglia 26 luglio 2011, n. 1712, recante modifiche al suddetto regolamento – sulla base del quale sono stati emanati tutti i provvedimenti impugnati. Trattandosi di atti che trovano il loro fondamento legislativo nella disposizione di legge regionale sottoposta all’esame di questa Corte, non sembra implausibile ritenere, come dedotto dal giudice rimettente, che la norma regionale censurata debba necessariamente essere applicata nel giudizio a quo e che, dunque, l’eventuale illegittimità della stessa incida sui procedimenti principali, come richiesto dall’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale) e costantemente confermato dalla giurisprudenza di questa Corte (ex multis, sentenze n. 91 del 2013, n. 236 e n. 224 del 2012, n. 18 del 1989).
Nel giudizio di costituzionalità, infatti, ai fini dell’apprezzamento della rilevanza, ciò che conta è la valutazione che il remittente deve fare in ordine alla possibilità che il procedimento pendente possa o meno essere definito indipendentemente dalla soluzione della questione sollevata, potendo la Corte interferire su tale valutazione solo se essa, a prima vista, appare assolutamente priva di fondamento, presupposto che non sembra verificarsi nel caso di specie (ex plurimis, oltre alle già citate sentenze n. 91 del 2013, n. 236 e n. 224 del 2012, le sentenze n. 41 del 2011 e n. 270 del 2010).
4.– La risoluzione delle questioni come sopra individuate presuppone che, in via preliminare, si identifichi l’ambito materiale nel quale si colloca la disposizione impugnata. Quest’ultima, secondo la giurisprudenza costituzionale, è riconducibile alla materia «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema», di competenza esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
Questa Corte ha infatti già precisato che la disciplina dei rifiuti è riconducibile all’ambito materiale richiamato, anche se interferisce con altri interessi e competenze, di modo che deve intendersi riservato allo Stato il potere di fissare livelli di tutela uniforme sull’intero territorio nazionale (sentenza n. 225 del 2009; nonché sentenze n. 164 del 2009 e n. 437 del 2008), ferma restando la competenza delle Regioni alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali (tra le tante, sentenze n. 285 del 2013, n. 54 del 2012 e n. 244 del 2011).
È stato inoltre ribadito che detta disciplina, «rientrante in una materia che, per la molteplicità dei settori di intervento, assume una struttura complessa, riveste un carattere di pervasività rispetto anche alle attribuzioni regionali» (sentenza n. 249 del 2009). Ciò avendo riguardo alle diverse fasi e attività di gestione del ciclo dei rifiuti stessi e agli ambiti materiali ad esse connessi, atteso che la disciplina statale «costituisce, anche in attuazione degli obblighi comunitari, un livello di tutela uniforme e si impone sull’intero territorio nazionale, come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza, per evitare che esse deroghino al livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato, ovvero lo peggiorino» (sentenza n. 314 del 2009; analogamente, sentenze n. 62 del 2008 e n. 378 del 2007).
4.1.– Nel merito, la questione è fondata.
Con la sentenza n. 247 del 2009, questa Corte si è già pronunciata su analoghe garanzie finanziarie disciplinate da altre disposizioni del d.lgs. n. 152 del 2006, dichiarando non fondate questioni di legittimità costituzionale promosse da alcune Regioni in relazione all’art. 242, comma 7, del d.lgs. n. 152 del 2006, nella parte in cui prevede un limite massimo per la determinazione delle garanzie finanziarie che devono essere prestate in favore della Regione per la corretta esecuzione e il completamento degli interventi di bonifica, riconducendo detta disciplina alla potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di «tutela dell’ambiente» (sentenza n. 247 del 2009, punto 9.6. del Considerato in diritto).
La pronuncia richiamata ben si attaglia al caso in esame. Alla stessa stregua della disposizione oggetto di quel giudizio, anche nel caso di specie la norma evocata a parametro dal rimettente (art. 195, comma 2, lettera g), del d.lgs. n. 152 del 2006), disciplinando le garanzie finanziarie da prestarsi in favore della Regione per la gestione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, interviene in ambito materiale funzionalmente connesso – alla stessa stregua di quello del precedente menzionato – a garantire livelli adeguati e non riducibili di tutela ambientale su tutto il territorio nazionale (sentenza n. 247 del 2009; nonché, tra le tante, sentenza n. 61 del 2009). Ne consegue che la norma regionale censurata, attribuendo alla potestà regolamentare regionale detta disciplina, viola l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. e l’art. 195, comma 2, lettera g), del d.lgs. n. 152 del 2006, non potendosi riconoscere – contrariamente a quanto dedotto dalla Regione Puglia – alcuna potestà legislativa regionale in subiecta materia.
Né può affermarsi – come asserisce la difesa regionale – che il carattere transitorio della disciplina regolamentare dettata dalla Regione possa giustificare l’intervento del legislatore regionale, attributivo della suddetta potestà regolamentare, in ragione dell’inadempienza dello Stato circa l’individuazione dei criteri generali ai fini della determinazione delle garanzie finanziarie, a cui lo Stato avrebbe dovuto invece provvedere ai sensi dell’art. 195, comma 2, lettera g), del d.lgs. n. 152 del 2006.
La Regione infatti, in assenza dei criteri che soltanto lo Stato può determinare, è comunque priva – anche in via transitoria – di titoli di competenza legislativa e regolamentare. Al riguardo, con la sentenza n. 373 del 2010, questa Corte ha affermato che «La competenza in tema di tutela dell’ambiente, in cui rientra la disciplina dei rifiuti, appartiene in via esclusiva allo Stato, e non sono perciò ammesse iniziative delle Regioni di regolamentare nel proprio ambito territoriale la materia (ex plurimis, sentenze n. 127 del 2010 e n. 314 del 2009) pur in assenza della relativa disciplina statale».
Anche nel caso in esame sia l’art. 22, comma 2, della legge reg. Puglia n. 39 del 2006 – impugnato nel presente giudizio di costituzionalità – sia l’art. 1 del regolamento regionale n. 18 del 2007 – censurato nei quattro giudizi principali – sono dichiaratamente rivolti a dettare illegittimamente una disciplina transitoria rispetto all’individuazione dei criteri generali ai fini della determinazione delle garanzie finanziarie, la quale spetta invece in via esclusiva allo Stato. Così facendo, il legislatore pugliese interviene in «ambiti di attività soggetti alla previa emanazione di disciplina statale nelle more della determinazione degli indirizzi nazionali», con ciò invadendo l’ambito riservato alla competenza esclusiva statale (sentenza n. 373 del 2010).
Con un ulteriore argomento, la Regione Puglia sostiene che lo Stato avrebbe competenza esclusiva nell’individuazione dei criteri per la determinazione delle garanzie finanziarie, dovute ai sensi dell’art. 195, comma 2, lettera g), del d.lgs. n. 152 del 2006, soltanto per le attività espressamente indicate dal novellato art. 212, comma 5, dello stesso d.lgs. n. 152 del 2006, tra le quali non rientrerebbero i gestori delle discariche, in quanto non più tenuti ad iscriversi all’Albo nazionale dei gestori ambientali.
La prospettazione non può essere condivisa. Occorre anzitutto osservare che la ratio della norma evocata a parametro dal giudice rimettente è chiaramente individuabile nell’esigenza di assicurare l’uniformità nella determinazione delle garanzie finanziarie che devono fornire tutti i gestori, a prescindere dall’obbligo di iscrizione all’Albo. Ciò anzitutto stando al tenore letterale della norma che riserva allo Stato l’individuazione dei criteri generali per la determinazione delle garanzie finanziarie in favore delle Regioni, “con particolare riferimento” (e non “con esclusivo riferimento”) a quelle dei soggetti obbligati all’iscrizione all’Albo di cui all’art. 212, secondo la modalità di cui al comma 9 dello stesso articolo, includendo, quindi, la norma evocata a parametro, anche i gestori degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti.
Va pertanto dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 22, comma 2, della legge reg. Puglia n. 39 del 2006, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. e dell’art. 195, comma 2, lettera g), del d.lgs. n. 152 del 2006.
L’ulteriore profilo di censura rimane assorbito.
4.2.– Questa Corte non può esimersi dall’affermare l’opportunità che lo Stato provveda sollecitamente a definire i criteri generali per la determinazione delle garanzie finanziarie dovute dai gestori degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti, secondo il disposto del più volte richiamato art. 195, comma 2, lettera g), del d.lgs. n. 152 del 2006.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 22, comma 2, della legge della Regione Puglia 28 dicembre 2006, n. 39 (Norme relative all’esercizio provvisorio del bilancio di previsione per l’anno finanziario 2007).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 marzo 2014.
F.to:
Gaetano SILVESTRI, Presidente
Sergio MATTARELLA, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 2 aprile 2014.