SENTENZA N. 241
ANNO 2004
Commento alla decisione di
Matteo Barbero
La Corte Costituzionale ritorna sull’IRAP
(per gentile concessione del sito dell’AIC – Associazione Italiana dei Costituzionalisti)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
- Gustavo ZAGREBELSKY Presidente
- Valerio ONIDA Giudice
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
ha pronunciato la seguente
SENTENZAnel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 8 e 10, commi 4 e 5, della legge 7 aprile 2003, n. 80 (Delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale), promosso con ricorso della Regione Toscana, notificato il 12 giugno 2003, depositato in cancelleria il 18 giugno 2003 ed iscritto al n. 53 del registro ricorsi 2003.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 25 maggio 2004 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro;
uditi l’avvocato Fabio Lorenzoni per la Regione Toscana e l’avvocato dello Stato Giancarlo Mandò per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto1.– Con ricorso notificato il 12 giugno 2003 e depositato il 18 successivo (reg. ric. n. 53 del 2003), la Regione Toscana ha sollevato questione di legittimità costituzionale in via principale degli artt. 8 e 10, commi 4 e 5, della legge 7 aprile 2003, n. 80 (Delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale), in riferimento agli articoli 117 e 119 della Costituzione.
Secondo la Regione, le disposizioni impugnate, delegando il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per la graduale eliminazione dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), individuandone i criteri direttivi (art. 8 ) e disciplinandone l’attuazione, anche con riferimento alla copertura finanziaria (art. 10, commi 4 e 5 ), sono lesive delle competenze regionali costituzionalmente garantite dagli articoli 117 e 119 della Costituzione, nella loro nuova formulazione.
Premesso che l’IRAP è stata qualificata come tributo proprio delle Regioni dalla Corte costituzionale (sentenza n. 138 del 1999) in riferimento all’originaria formulazione dell’art. 119 Cost. – che contrapponeva i tributi propri alle “quote dei tributi erariali” – la ricorrente sostiene che l’IRAP è, a maggior ragione oggi, un tributo proprio. Infatti, mentre prima sarebbe stato semmai possibile ricomprenderla tra le “quote dei tributi erariali” (ma la Corte lo ha escluso), secondo il nuovo art. 119 Cost., oltre ai tributi propri, Regioni ed enti locali possono disporre solo di “compartecipazioni ai tributi erariali”, compartecipazione che presuppone una ripartizione del gettito con l’ente competente ad istituire e disciplinare il tributo, mentre l’IRAP è annoverabile tra quelli propri perché alle Regioni spetta integralmente il relativo gettito, così come rientrano nella stessa categoria tutti i tributi attualmente esistenti che abbiano analoga caratteristica.
Ciò che conta, aggiunge la Regione Toscana, è proprio la spettanza del gettito, perché la competenza a disciplinare il tributo dipende dal modo in cui la Costituzione ripartisce i poteri tra Stato e Regioni in ordine ai tributi propri.
Mentre sulla base del vecchio assetto costituzionale, sostiene la ricorrente, la Corte ha potuto escludere che la legge statale istitutiva dell’IRAP, che ne disciplina ogni aspetto, violasse l’autonomia regionale, con il nuovo Titolo V della Parte seconda della Costituzione lo Stato ha perso il potere di disciplinare i tributi propri delle Regioni; conseguentemente, disposizioni statali del genere di quelle istitutive dell’IRAP restano in vigore sino a che le Regioni non provvedano a modificarle, esercitando la propria potestà legislativa, e lo Stato non può sopprimere un tributo regionale.
In particolare, argomenta la Regione, la Corte – pur qualificando l’IRAP tributo regionale – ha escluso la lesione dell’autonomia normativa regionale (con riferimento alla Regione Siciliana, titolare per questo profilo dei medesimi spazi delle Regioni ordinarie: sentenze n. 111 e n. 138 del 1999), fondando l’interpretazione del vecchio art. 119 Cost. su due elementi connessi. Da un lato, la potestà impositiva è conferita alle Regioni dalle leggi di coordinamento, volte a stabilire forme e limiti dell’autonomia finanziaria e ad attribuire alle Regioni i tributi propri (sentenza n. 156 del 1990); dall’altro, questa potestà – distinta dalla potestà legislativa di cui al precedente art. 117, primo comma, della Costituzione – non si configura di tipo concorrente ma come attuativa, alla stregua dell’ultimo comma dello stesso articolo (sentenze n. 355 del 1998 e n. 295 del 1993).
Con il nuovo Titolo V, prosegue la Regione, questi presupposti sono venuti meno. Infatti, l’art. 119 Cost. riconosce direttamente alle Regioni la potestà impositiva, potestà residuale esclusiva ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost., atteso che il secondo comma dello stesso articolo attribuisce alla potestà esclusiva dello Stato solo la disciplina del suo sistema contabile e tributario, omettendo ogni riferimento al sistema tributario delle Regioni e degli enti locali. Conseguentemente, gli unici limiti all’esercizio da parte delle Regioni della loro potestà impositiva sono ravvisabili nella competenza concorrente dello Stato relativa al coordinamento mediante principi fondamentali del sistema tributario e della finanza pubblica.
2.– Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato infondato.
Premesso che l’IRAP, nonostante il suo gettito sia attribuito – anche se non integralmente – all’ente regionale, è istituita e disciplinata con legge statale, la quale ne individua caratteri, soggetti, presupposti ed imponibile, rimanendo rimesse alla competenza regionale solo la misura delle aliquote e la disciplina delle procedure applicative, sempre nei limiti fissati dalla legge statale, la difesa erariale sostiene la conformità al nuovo assetto costituzionale delle disposizioni impugnate.
Innanzitutto, la previsione della graduale eliminazione dell’IRAP è ricondotta nell’ambito della potestà legislativa esclusiva dello Stato in tema di sistema tributario, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
Inoltre, in subordine, l’Avvocatura sottolinea che, essendo le disposizioni impugnate inserite nel quadro della radicale ed organica riforma del sistema fiscale statale (comprendente la nuova disciplina dell’imposta sul reddito e dell’imposta sul reddito delle società), la futura e graduale soppressione dell’IRAP costituisce un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, spettante alla competenza dello Stato ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost., finalizzato ad assicurare l’architettura complessiva del sistema impositivo, rimodellato dalla legge n. 80 del 2003 con l’obiettivo di conseguire maggiore semplicità, equità, efficienza e razionale neutralità, nonché omogeneità verso l’estero, modernità e competitività per agevolare la crescita economica del Paese.
Infine, sottolinea la difesa erariale, il comma 7 dell’art. 10 impugnato – prevedendo che “sono garantiti in termini quantitativi e qualitativi gli attuali meccanismi di finanza regionale” ed, in particolare, che “la progressiva riduzione dell’IRAP sarà compensata, d’intesa con le Regioni, da trasferimenti o da compartecipazioni, da attuare nell’ambito degli equilibri di finanza pubblica” – è idoneo comunque ad escludere la configurabilità di un’incidenza negativa sulle competenze regionali.
2.1.– In prossimità dell’udienza l’Avvocatura ha depositato memoria nella quale richiama la precedente difesa ed aggiunge ulteriori argomentazioni.
Premesso che la programmata e graduale rimozione dell’IRAP è configurata dalla norma proprio nella prospettiva dell’attuazione della riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione e dei futuri assetti del federalismo fiscale – con salvezza, nelle more, del gettito spettante alle Regioni – la difesa erariale sostiene, alla luce della giurisprudenza costituzionale, che la disciplina sostanziale dell’imposta rientri tuttora nella competenza statale esclusiva in materia di tributi erariali, riferendosi l’attuale 119, secondo comma, della Costituzione, ai soli tributi istituiti dalle Regioni con propria legge e nel rispetto dei principi di coordinamento con il sistema tributario statale (sentenza n. 296 del 2003).
In particolare, sottolinea che l’attuazione del sistema finanziario e tributario, come delineato dal nuovo art. 119 Cost., richiede quale premessa necessaria l’intervento del legislatore statale per fissare i principi di coordinamento dell’insieme della finanza pubblica e le grandi linee dell’intero sistema tributario, definendo gli spazi ed i limiti entro i quali può esplicarsi la potestà impositiva di Stato, Regioni ed enti locali, con la necessaria disciplina transitoria (sentenza n. 37 del 2004). Aggiunge che è erroneo il presupposto della ricorrente, secondo cui l’imposta deve qualificarsi come tributo proprio delle Regioni ai sensi del nuovo art. 119 Cost., essendo inidonea la circostanza che le Regioni siano destinatarie del gettito e che l’imposta sia denominata come “regionale”, avendo la Corte ritenuto l’irrilevanza di tale qualificazione anche sulla base del testo previgente (sentenza n. 348 del 2000). In conclusione, non essendo ammissibile la piena esplicazione delle potestà regionali in difetto della legislazione di coordinamento, sarebbe ancora preclusa alle Regioni la potestà di legiferare sui tributi esistenti istituiti e regolati da leggi statali (sentenza n. 37 del 2004) ed inconferente sarebbe il richiamo della ricorrente all’art. 119, quarto comma, Cost.
Considerato in diritto1.– La Regione Toscana ha sollevato questione di legittimità costituzionale in via principale degli artt. 8 e 10, commi 4 e 5, della legge 7 aprile 2003, n. 80 (Delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale). Ad avviso della ricorrente, le norme impugnate, delegando il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per la graduale eliminazione dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), individuandone i criteri direttivi (art. 8 ) e disciplinandone l’attuazione, anche con riferimento alla copertura finanziaria (art. 10, commi 4 e 5), contrasterebbero: a) con l’art. 119 della Costituzione, che riconosce direttamente alle Regioni la potestà impositiva per i tributi propri, quale è l’IRAP, spettando alle Regioni il relativo gettito; b) con l’art. 117, quarto comma, della Costituzione, che prevede la competenza legislativa residuale esclusiva delle Regioni, nella quale rientrerebbe il potere di legiferare in riferimento ai tributi propri, atteso che il secondo comma dello stesso articolo attribuisce alla potestà esclusiva dello Stato solo la disciplina del suo sistema contabile e tributario, omettendo ogni riferimento al sistema tributario delle Regioni e degli enti locali; con la conseguenza che gli unici limiti all’esercizio da parte delle Regioni della loro potestà impositiva sarebbero ravvisabili nella competenza statale di coordinamento, mediante principi fondamentali, del sistema tributario e della finanza pubblica di cui al terzo comma dello stesso articolo 117.
2.– La questione è infondata.
L’IRAP è stata istituita, ed è interamente disciplinata, dal decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’IRPEF e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali). Questa Corte ha affermato che l’istituzione di tale imposta con legge statale e l’espressa attribuzione alle Regioni a statuto ordinario, destinatarie del tributo, di competenze di carattere solo attuativo, rendono palese che l’imposta stessa – nonostante la sua denominazione – non può considerarsi “tributo proprio” della Regione, nel senso in cui oggi tale espressione è adoperata dall’art. 119, secondo comma, della Costituzione, dovendosi intendere il riferimento della norma costituzionale ai soli tributi istituiti dalle Regioni con propria legge, nel rispetto dei principi di coordinamento con il sistema tributario statale. Conseguentemente la disciplina sostanziale dell’imposta rientra tuttora nella esclusiva competenza dello Stato in materia di tributi erariali, secondo quanto previsto dall’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione (sentenza n. 296 del 2003; nello stesso senso, con riferimento alla tassa automobilistica regionale, oltre alla stessa sentenza n. 296, le sentenze n. 297 e n. 311 del 2003).
Inoltre, nel dichiarare infondate le censure delle Regioni su alcune disposizioni della legge finanziaria 2002, che, pur nella varietà di contenuti, erano tutte attinenti al regime tributario delle entrate degli enti locali (imposta della pubblicità ed altri tributi locali, addizionale comunale e regionale IRPEF e compartecipazione dei Comuni al gettito IRPEF), questa Corte ha precisato i presupposti necessari affinché il nuovo disegno costituzionale dell’art. 119 Cost. possa essere attuato. Premessa necessaria è l’intervento del legislatore statale, il quale, al fine di coordinare l’insieme della finanza pubblica, dovrà non solo fissare i principi cui i legislatori regionali dovranno attenersi, ma anche definire gli spazi e i limiti entro i quali potrà esplicarsi la potestà impositiva, rispettivamente di Stato, Regioni ed enti locali, definendo, altresì, una disciplina transitoria. Quindi i tributi di cui già oggi la legge dello Stato destina il gettito, in tutto o in parte, agli enti autonomi, e per i quali la stessa legge riconosce già spazi limitati di autonomia agli enti quanto alla loro disciplina – e che perciò la stessa legislazione definiva talora come "tributi propri" delle Regioni, nel senso invalso nella applicazione del previgente art. 119 della Costituzione – sono istituiti dalla legge statale e in essa trovano la loro disciplina, salvo che per i soli aspetti espressamente rimessi all'autonomia degli enti territoriali. Ne consegue che, non essendo ammissibile, in materia tributaria, l’esplicazione di potestà regionali autonome in mancanza della fondamentale legislazione statale di coordinamento, si deve ritenere tuttora spettante al legislatore statale la potestà di dettare norme modificative, anche nel dettaglio, della disciplina dei tributi locali esistenti. Condizione di legittimità dell’intervento statale, aggiunge la Corte, è il divieto di procedere in senso inverso a quanto prescritto dal nuovo art. 119 della Costituzione, sopprimendo, senza sostituirli, gli spazi di autonomia già riconosciuti dalle leggi statali, o configurando un sistema finanziario complessivo in contraddizione con l’art. 119 (sentenza. n. 37 del 2004).
In applicazione degli enunciati principi si deve affermare l’infondatezza dei rilievi di costituzionalità mossi nei confronti delle norme impugnate.
Escluso che l’IRAP possa considerarsi “tributo proprio” della Regione ed affermata la spettanza al legislatore statale della potestà di dettare norme modificative della disciplina della stessa, si deve aggiungere che il legislatore non ha violato il disposto del nuovo art. 119 della Costituzione. Infatti la previsione della graduale soppressione dell’IRAP, l’assicurazione che – sino al completamento del processo di attuazione della riforma costituzionale – sono garantiti anche in termini qualitativi, oltre che quantitativi, gli attuali meccanismi di finanza regionale, nonché la prevista intesa con le Regioni per compensare la progressiva riduzione dell’IRAP con trasferimenti e compartecipazioni e, non ultima, la salvezza delle eventuali anticipazioni del federalismo fiscale (art. 8 e art. 10, comma 7), sono tutti elementi idonei a fondare la conformità dell’intervento legislativo ai principi che il novellato art. 119 della Costituzione pone a garanzia dell’autonomia regionale in materia tributaria.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 8 e 10, commi 4 e 5, della legge 7 aprile 2003, n. 80 (Delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale), sollevata, in riferimento agli articoli 117 e 119 della Costituzione, dalla Regione Toscana con il ricorso in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 luglio 2004.
F.to:
Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente
Alfio FINOCCHIARO, Redattore
Depositata in Cancelleria il 19 luglio 2004.