Sentenza n. 94 del 2009

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SENTENZA N. 94

ANNO 2009

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-    Francesco                AMIRANTE                           Presidente

-    Ugo                        DE SIERVO                            Giudice

-    Paolo                      MADDALENA                          "

-    Alfio                       FINOCCHIARO                       "

-    Alfonso                   QUARANTA                            "

-    Franco                    GALLO                                    "

-    Luigi                       MAZZELLA                             "

-    Gaetano                   SILVESTRI                              "

-    Sabino                     CASSESE                                "

-    Maria Rita               SAULLE                                  "

-    Giuseppe                 TESAURO                                "

-    Paolo Maria             NAPOLITANO                         "

-    Giuseppe                 FRIGO                                     "

-    Alessandro               CRISCUOLO                           "

  ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 796, lettera o), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-legge finanziaria 2007) e dell’art. 33, comma 2, della legge della Regione Puglia 16 aprile 2007 n. 10 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2007 e bilancio pluriennale 2007-2009 della Regione Puglia), nel testo sostituito dall’art. 2 della legge della Regione Puglia 5 giugno 2007, n. 16 (Prima variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2007), promossi con ordinanze del 19 ottobre 2007 dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione distaccata di Lecce, del 6 dicembre 2007 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, del 30 gennaio 2008 (numero 2 ordinanze), dal Tribunale amministrativo regionale della Calabria, sede di Catanzaro, sezione I, del 12 febbraio 2008 dal Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, del 12 dicembre 2007 (numero 2 ordinanze), del 7 e del 5 maggio, del 31 marzo, del 5 e del 14 maggio 2008 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio e dell’11 luglio 2008 dal Tribunale amministrativo regionale del Friuli Venezia Giulia, rispettivamente iscritte ai nn. 27, 78, 132, 133, 176, 230, 231, 255, 256, 262, 263, 368 e 399 del registro ordinanze 2008 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 9, 14, 19, 25, 35, 37, 48 e 52, prima serie speciale, dell’anno 2008.

Visti gli atti di costituzione del Laboratorio d’Analisi Santilio Franco s.r.l. ed altro, della Regione Puglia, dell’Unione Regionale Sanità Privata (URSAP) ed altra, dell’Associazione Italiana Ospedalità Privata (A.I.O.P.) Calabria ed altri, dell’Istituto Policlinico San Donato s.p.a. ed altri, di Ostillio Livio, della Labor Analisi San Giorgio del Dott. Camodeca s.r.l. ed altri, del Laboratorio analisi cliniche e radioimmunologiche Altomari s.r.l., del Laboratorio analisi cliniche Lab s.r.l., della Polispecialistica Bios s.r.l., della Rocomar Analisi Cliniche M. Massimo s.r.l. ed altri, della Regione Friuli- Venezia Giulia, nonché l’atto di intervento dell’Associazione Italiana Ospedalità Privata (A.I.O.P.) e gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 10 febbraio 2009 e nella camera di consiglio dell’11 febbraio 2009 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro;

uditi gli avvocati Gian Luigi Pellegrino per il Laboratorio D’Analisi Santilio Franco s.r.l. ed altro, Renato Borzone per la Regione Puglia, Stefano Tarullo per l’Unione Regionale Sanità Privata (URSAP) ed altra, Beniamino Caravita Di Toritto ed Enzo Paolini per l’Associazione Italiana Ospedalità Privata (A.I.O.P.) Calabria ed altri, Beniamino Caravita Di Toritto per l’Istituto Policlinico San Donato s.p.a. ed altri, Maria Cristina Lenoci per Ostillio Livio, per la Labor Analisi San Giorgio del Dott. Camodeca s.r.l. ed altri, per il Laboratorio analisi cliniche e radioimmunologiche Altomari s.r.l. ed altri, per il Laboratorio analisi cliniche Lab s.r.l. e per la Polispecialistica Bios s.r.l., Paolo Boni per la Rocomar Analisi Cliniche M. Massimo s.r.l. ed altri, Roberto Crucil per la Regione Friuli-Venezia Giulia e l’avvocato dello Stato Diana Ranucci per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.- Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione distaccata di Lecce, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, il Tribunale amministrativo per la Calabria, sede di Catanzaro, sezione I, il Tribunale amministrativo per la Lombardia, ed il Tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia Giulia, con ordinanze, rispettivamente, del 19 ottobre 2007 (il primo), del 6 dicembre 2007, 12 dicembre 2007 (due ordinanze), 31 marzo 2008, 7 maggio 2008, 5 maggio 2008 (due ordinanze), 14 maggio 2008 (il secondo), del 30 gennaio 2008 (due ordinanze) (il terzo), del 12 febbraio 2008 (il quarto) e dell’11 luglio 2008 (il quinto) hanno sollevato, in riferimento agli artt. 3 (r.o. n. 132/08, n. 133/2008, n. 176/08 e n. 399/08), 24 e 113 (r.o. n. 78/08, n. 132/08, n. 133/08, n. 176/08, n. 230/08, n. 231/08, n. 255/08, n. 256/08, n. 262/08, n. 263/08, n. 368/08 e n. 399/08, parametri indicati in quest’ultima ordinanza nella motivazione), 32, 41, 97 e 117 (recte: 117, terzo comma) (r.o. n. 27/08, n. 78/08, n. 132/08, n. 133/08, n. 176/08 – questa ordinanza non fa riferimento all’art. 32 –, n. 230/08, n. 231/08, n. 255/08, n. 256/08, n. 262/08 n. 263/08, n. 368/08 e n. 399/08, quest’ultima ordinanza non fa riferimento all’art. 117 Cost.), 103 (r.o. n. 176/08) e 119 della Costituzione (r.o. n. 133/08; n. 176/08), questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 796, lettera o), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-legge finanziaria 2007) (r.o. n. 27/08, n. 78/08, n. 132/08, n. 133/08, n. 176/08, n. 230/08, n. 231/08, n. 255/08, n. 256/08, n. 262/08, n. 263/08, n. 368/08 e n. 399/08), nonché del citato art. 1, comma 796, lettera o), e dell’art. 33, comma 2, della legge della Regione Puglia 16 aprile 2007 n. 10 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2007 e bilancio pluriennale 2007-2009 della Regione Puglia), nel testo sostituito dall’art. 2 della legge della stessa Regione 5 giugno 2007, n. 16 (Prima variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2007) (r.o. n. 27 del 2008 – così vanno intese le censure proposte in detta ordinanza in riferimento al «combinato disposto» della norma statale e della norma regionale – r.o. n. 230 e n. 231 del 2008), nella parte in cui stabiliscono le tariffe per la remunerazione delle prestazioni rese dalle strutture private accreditate per conto del Servizio sanitario nazionale (di seguito, S.s.n.).

1.1.- Il citato art. 1, comma 796, lettera o), nella parte censurata, dispone: «fatto salvo quanto previsto in materia di aggiornamento dei tariffari delle prestazioni sanitarie dall’articolo 1, comma 170, quarto periodo, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, come modificato dalla presente lettera, a partire dalla data di entrata in vigore della presente legge le strutture private accreditate, ai fini della remunerazione delle prestazioni rese per conto del Servizio sanitario nazionale, praticano uno sconto pari al 2 per cento degli importi indicati per le prestazioni specialistiche dal decreto del Ministro della sanità 22 luglio 1996, pubblicato nel supplemento ordinario n. 150 alla Gazzetta Ufficiale n. 216 del 14 settembre 1996, e pari al 20 per cento degli importi indicati per le prestazioni di diagnostica di laboratorio dal medesimo decreto».

L’art. 33, comma 2, della legge Regione Puglia n. 10 n. 2007, nel testo censurato, stabilisce: «Fino all’emanazione dei nuovi livelli di assistenza nazionali (LEA), per il periodo compreso tra il 1° gennaio e la data di approvazione del DIEF di cui al comma 1, le tariffe relative alle suddette prestazioni sono quelle riportate nel nomenclatore tariffario regionale delle prestazioni specialistiche ambulatoriali di patologia clinica indicata nell’allegato A) della Delib.G.R. 22 settembre 1998, n. 3784 alle quali si applica lo sconto del 20 per cento previsto dall’articolo 1, comma 796, lettera o), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-legge finanziaria 2007)».

2.- Nel giudizio introdotto dalla ordinanza r.o. n. 27 del 2008 la Laboratorio d’analisi Santilio Franco s.r.l., in persona del legale rappresentante, e la Laboratorio d’analisi Burano Santilio s.r.l., in persona del legale rappresentante, hanno chiesto l’annullamento: della nota 6 marzo 2007, protocollo n. 0001667/P della Azienda sanitaria locale (A.s.l.) di Taranto, nella parte in cui è stata comunicata la determinazione che le strutture ricorrenti devono applicare una riduzione tariffaria nella misura del 20% per le prestazioni di diagnostica di laboratorio, nonché di due presupposte note, non conosciute, della Regione Puglia del 29 dicembre 2006 e del 25 gennaio 2007; della delibera della Giunta regionale della Puglia del 3 aprile 2007, n. 404, recante «Prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale erogabili nell’ambito del Servizio sanitario regionale e le relative tariffe»; del presupposto decreto del Ministro della salute del 12 settembre 2006 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 13 dicembre 2006, n. 289), recante «Ricognizione e primo aggiornamento delle tariffe massime per la remunerazione delle prestazioni sanitarie»; della nota dell’Assessorato alle politiche della salute della Regione Puglia, protocollo n. 24/729/SP in data 18 giugno 2007 e della nota dell’A.s.l. di Taranto n. 4540/P in data 25 giugno 2007, nella parte in cui dispongono che le tariffe applicabili alle prestazioni erogate dalle ricorrenti sono quelle emergenti dall’art. 33 della legge Regione Puglia n. 10 del 2007.

2.1.- Il rimettente premette che la remunerazione delle prestazioni rese per conto del S.s.n. dalle strutture private accreditate avviene mediante il sistema cosiddetto "a tariffa” (artt. 8-quinquies, lettera d), ed 8-sexies del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, recante «Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421»).

Un decreto del Ministro della sanità del 22 luglio 1996 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 14 settembre 1996, n. 216), recante «Prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale erogabili nell’ambito del Servizio sanitario nazionale e relative tariffe», aveva stabilito le tariffe massime relative alle prestazioni di patologia clinica, che le Regioni erano libere di recepire, ovvero di utilizzare per procedere ad una diversa fissazione dei corrispettivi, restando in tal caso a loro carico il costo differenziale; la Regione Puglia ha provveduto all’adozione di proprie tariffe.

L’art. 1, comma 170, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2005), ha confermato detto criterio, stabilendo che «alla determinazione delle tariffe massime per la remunerazione delle prestazioni e delle funzioni assistenziali, assunte come riferimento per la valutazione della congruità delle risorse a in osizione del Servizio sanitario nazionale, provvede, con proprio decreto, il Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Gli importi tariffari, fissati dalle singole regioni, superiori alle tariffe massime restano a carico dei bilanci regionali. Entro il 30 marzo 2005, con decreto del Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, si procede alla ricognizione e all’eventuale aggiornamento delle tariffe massime, coerentemente con le risorse programmate per il Servizio sanitario nazionale. Con la medesima modalità e i medesimi criteri si procede all’aggiornamento biennale delle tariffe massime entro il 31 dicembre di ogni secondo anno a decorrere dall’anno 2005».

I contratti stipulati tra le A.s.l. e le strutture accreditate fissano la remunerazione delle prestazioni, mediante rinvio alle tariffe in vigore ratione temporis.

2.2.- Posta questa premessa, il T.a.r. per la Puglia deduce che nell’anno 2006 le società ricorrenti hanno stipulato contratti con l’A.s.l. convenuta in giudizio, in base ai tetti di spesa fissati dalla stessa Azienda. Il corrispettivo sarebbe stato determinato in base alle tariffe vigenti, poiché il Ministro della salute, con d.m. 12 settembre 2006, ha dato attuazione all’art. 1, comma 170, della legge n. 311 del 2004, confermando le tariffe del 1996.

L’art. 1, comma 796, lettera o), della legge n. 296 del 2006 ha stabilito che le strutture accreditate devono praticare lo sconto nella misura nello stesso precisata.

La Regione e le A.s.l. hanno comunicato alle strutture accreditate che, a far data dal 1° gennaio 2007, la remunerazione delle prestazioni sarebbe avvenuta applicando lo sconto del 20%, da calcolarsi sulle tariffe di cui al d.m. 22 luglio 1996 (ovvero, ciò che secondo il rimettente sarebbe lo stesso, di cui al d.m. 12 settembre 2006).

Nella Regione Puglia, in virtù del citato art. 33, comma 2, per l’anno 2007 (ed almeno sino alla data di adozione del Documento di indirizzo economico e funzionale) i corrispettivi dovuti alle ricorrenti saranno decurtati del 20% rispetto alle tariffe regionali ancora vigenti e, in base alla norma statale censurata, sono stati decurtati in detta misura anche i corrispettivi per il mese di dicembre 2006 (in particolare, lo sconto del 20% è stato applicato prendendo a base le tariffe di cui al d.m. 12 settembre 2006).

2.3.- Secondo il rimettente, le disposizioni impugnate costituirebbero tipiche «norme-provvedimento»; in linea generale, sarebbe legittima la fissazione di tariffe per i servizi pubblici, anche mediante legge e nel settore sanitario, ma, in questo caso, le tariffe sarebbero censurabili, qualora siano violate norme costituzionali.

Nella specie, la questione di legittimità costituzionale sarebbe rilevante: in primo luogo, in quanto proprio le norme censurate hanno stabilito lo sconto, che deve essere applicato alle ricorrenti; in secondo luogo, poiché sussisterebbe la giurisdizione del giudice amministrativo, dato che i provvedimenti di fissazione delle tariffe costituirebbero esercizio di un potere pubblicistico e la circostanza che sono state adottate con legge non influisce sulla giurisdizione; in terzo luogo, in quanto, successivamente alla adozione degli atti impugnati, è entrato in vigore l’art. 33 della legge regionale n. 10 del 2007 e, dopo la proposizione di motivi aggiunti, questa norma è stata modificata dalla legge regionale n. 16 del 2007, con conseguente infondatezza delle eccezioni di inammissibilità proposte dalla Regione Puglia.

La norma statale censurata è stata, infatti, applicata in riferimento alle prestazioni del mese di dicembre 2006, in difetto di una disciplina regionale. L’eccezione concernente le tariffe da applicare nel 2007 non considera che «dal punto di vista sostanziale, non c’è differenza, se non quantitativa, fra gli effetti che derivano dall’applicazione della originaria versione dell’art. 33, comma 2, della l.r. n. 10/2007 (in cui si fa riferimento, quale tariffario su cui applicare lo sconto del 20%, alla deliberazione di G.R. n. 3006/1997) e quelli che derivano dall’attuale versione della norma in questione (in cui si fa invece riferimento alla deliberazione di G.R. n. 3784/1998). In entrambi i casi, ciò che si contesta è proprio l'imposizione dello "sconto”, a prescindere dal tariffario sul quale esso opera».

2.4.- Secondo il T.a.r., la fissazione dei corrispettivi mediante tariffa impedirebbe agli imprenditori di adeguare i corrispettivi agli incrementi dei costi di produzione.

L’art. 8-sexies, commi 5 e 6, del d.lgs. n. 502 del 1992, stabilisce i criteri di fissazione delle tariffe ed i criteri generali in base ai quali le Regioni adottano il proprio sistema tariffario, prevedendo la revisione delle medesime e fissando quale elemento fondamentale di valutazione i costi di produzione, disciplinando un iter istruttorio basato sulla rilevazione periodica dei costi e dei cosiddetti LEA (Livelli Essenziali di Assistenza).

La fissazione della tariffa con legge, imponendo uno sconto su quelle risalenti al 1996, senza dare conto delle ragioni della relativa misura, violerebbe l’art. 41 Cost. e sarebbe irragionevole. In dieci anni i costi dei fattori produttivi sarebbero, infatti, aumentati; comunque, l’eventuale mancato incremento del corrispettivo avrebbe dovuto costituire oggetto di accertamento, come accaduto in occasione dell’adozione dei decreti ministeriali del 22 luglio 1996 e del 12 settembre 2006, nonché della deliberazione della Giunta Regionale della Puglia n. 3784 del 1998.

La circostanza che il d.m. 12 settembre 2006 ha confermato le tariffe del d.m. 22 luglio 1996, conforterebbe la valutazione di congruità delle seconde, evidenziando la contraddittorietà che vizierebbe la norma, poiché il legislatore statale, dopo appena tre mesi dall’approvazione di detto decreto, le ha ritenute non congrue.

Le norme censurate si porrebbero in contrasto anche con l’art. 32 Cost., dato che pregiudicherebbero la funzionalità delle strutture private, le quali svolgono un servizio essenziale all’interno dell’organizzazione della sanità pubblica, con la conseguenza che, se non sono poste in grado di funzionare, ciò comporterebbe la lesione del diritto alla salute e di libera scelta dei cittadini. Il S.s.n., senza l’ausilio delle strutture private accreditate, non potrebbe, infatti, garantire l’erogazione delle prestazioni, quindi queste ultime neppur «possono "uscire” dal sistema», quindi vanno adeguatamente remunerate.

La mancanza di un’istruttoria (comunque il difetto di allegazione del suo svolgimento) violerebbe l’art. 97 Cost., poiché la P.A. ed il legislatore ordinario dovrebbero porre a base delle loro scelte un’adeguata conoscenza dei fatti, dandone conto nella motivazione del provvedimento, ciò facendo, nel caso della legge, mediante richiamo, espresso o implicito, ai lavori preparatori o ad altri atti. Nella specie, la norma statale censurata darebbe atto della necessità di un’istruttoria che, tuttavia, ha posticipato, realizzando una illogica inversione delle fasi del procedimento.

Secondo il rimettente, le norme censurate si porrebbero in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., poiché le esigenze di contenimento della spesa pubblica e il potere dello Stato di dettare norme di coordinamento della finanza pubblica, impedirebbero l’individuazione dettagliata delle voci di costo dei bilanci regionali da ridurre, consentendo soltanto la fissazione dei principi fondamentali della materia e, al limite, la misura delle riduzioni di spesa.

La norma statale in esame ha, invece, determinato in dettaglio le tariffe, senza che possa rilevare l’esigenza di garantire il rispetto degli obblighi comunitari e la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, la quale, in difetto di una adeguata istruttoria, non potrebbe essere opposta agli operatori privati e, comunque, non permetterebbe di ledere interessi privati.

Peraltro, in un caso analogo, avente ad oggetto una norma in materia di revoca delle concessioni relative alla realizzazione di alcune tratte ferroviarie ad alta velocità e la limitazione dell’indennizzo, il T.ar. per il Lazio ha disposto rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia della Comunità europea, in ordine alla questione della compatibilità della medesima 43, 49 e 56 del Trattato CE e con i principi comunitari in materia di certezza del diritto e di tutela dell’affidamento.

3.- Nel giudizio promosso dall’ordinanza r.o. n. 78 del 2008, il T.a.r. ha riunito due ricorsi.

Il primo ricorso, proposto dall’Unione Regionale Sanità Privata (URSAP) e dalla Laboratorio Analisi Cliniche De Santis Monaldi S.r.l., in persona del legale rappresentante, ha ad oggetto l’annullamento del citato d.m. del 12 settembre 2006.

Il secondo ricorso è stato proposto dalle suindicate parti, nonché dalla Unione Regionale Sanità Privata (URSAP), Unione di categoria di Federlazio (Associazione piccole e medie imprese del Lazio), in persona del legale rappresentante, e dalle seguenti società, in persona dei rispettivi legali rappresentanti: Analisi Cliniche Portuense s.r.l., Cinthianum Labac s.r.l., Biolab S.r.l., Laboratorio Facastoro S.r.l., T. De Sanctis Monaldi s.r.l.; Laboratorio Analisi Cliniche «Igea» s.n.c., SA.FI.M., Ricerche Cliniche Clodio s.n.c., Laboratorio analisi cliniche Giordani, Analisi cliniche O’Bios s.r.l., Centro diagnostico Fleming s.r.l., Polilab s.r.l., Sermolab s.r.l., Bioroma s.r.l., Centro medico di patologia clinica Redi s.r.l., Laboratorio analisi cliniche Gigilioli s.r.l., Studio medico specialistico Colombo s.r.l., Analitica Asklepeion s.r.l., Laboratorio analisi cliniche S. Anastasia s.r.l., Caffaro s.r.l., Marilab s.r.l. Studio medico Somalia Salus, Laboratorio Salus s.r.l., Gilar s.r.l., Laboratorio Iris s.r.l., Biomedical s.r.l., Laboratorio analisi cliniche delle Valli s.r.l., Laboratorio analisi cliniche Iperiore s.r.l., Casa di cura Nuova Villa Claudia s.r.l., Laboratorio Tor Bella Monaca s.r.l.

Nel giudizio sono stati impugnati: la delibera della Giunta regionale del Lazio del 19 giugno 2007, n. 436, avente ad oggetto l’approvazione del sistema di finanziamento e di remunerazione delle prestazioni assistenziali specialistiche ambulatoriali erogate da soggetti pubblici, equiparati e privati accreditati, così come descritto nell’allegato n. 3; il detto allegato n. 3 «Sistema di finanziamento e di remunerazione delle prestazioni dell’attività specialistica ambulatoriale per l’anno 2007», criteri utilizzati per il budget 2007; il Piano di rientro approvato con delibera della Giunta regionale del Lazio del 12 febbraio 2007, n. 93, atto presupposto; la delibera di detta Giunta regionale del 6 marzo 2007, n. 149, che ha approvato l’accordo sul Piano con il Ministero della salute; ogni altro atto connesso.

Il T.a.r., riuniti i ricorsi, con sentenza-ordinanza del 3 dicembre 2007: ha accolto il primo dei due ricorsi ed ha annullato il d.m. del 12 settembre 2006; ha accolto in parte il secondo ricorso, annullando la delibera della Giunta regionale del Lazio del 19 giugno 2007, n. 436, allegato 3, punto 1, nella parte in cui recepisce le tariffe oggetto di detto d.m.; ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 796, lettera o), della legge n. 296 del 2006.

Il rimettente espone che il d.m. impugnato richiama e rende applicabili le tariffe determinate con un decreto ministeriale annullato dal Consiglio di Stato (Sezione IV 29 marzo 2001, n. 1839) e sarebbe inficiato dagli stessi vizi rilevati in questa pronuncia, consistenti nel difetto di istruttoria nella determinazione delle tariffe, in considerazione della mancata applicazione dei criteri fissati dal Ministro della sanità con d.m. 15 aprile 1994. Inoltre, l’atto regionale annullato fa esplicito riferimento al d.m. 12 settembre 2006, quindi sarebbe viziato da illegittimità derivata.

3.1.- Il rimettente espone che la delibera regionale n. 436 del 2007, al punto 2, allegato 3, dispone: «il sistema di finanziamento delle prestazioni viene determinato applicando lo sconto del 20% sulle prestazioni di laboratorio di analisi e del 2% sulle restanti branche» e, negli allegati 3-bis e 3-ter, applica ai singoli laboratori detti criteri, determinando il budget per l’anno 2007.

L’atto, in questa parte, applica l’art. 1, comma 796, lettera o), della legge n. 296 del 2006, quindi la questione di legittimità costituzionale sarebbe rilevante, in quanto soltanto l’illegittimità della norma potrebbe condurre al suo annullamento.

3.2.- Secondo il T.a.r., la norma censurata violerebbe gli artt. 24 e 113 Cost., poiché rende applicabile il d.m. 22 luglio 1996, benché annullato con la citata sentenza del Consiglio di Stato, passata in giudicato, quindi recherebbe vulnus alle funzioni costituzionalmente attribuite al potere giudiziario.

La norma si porrebbe, altresì, in contrasto con l’art. 41 Cost., poiché la tariffa è stabilita con legge, ed impone uno sconto (oltretutto anche del 20 %) sulle tariffe recate dal d.m. del 22 luglio 1996, senza dare conto delle ragioni di detta misura. Peraltro, sarebbe irragionevole la previsione dello sconto con riferimento a tariffe risalenti nel tempo, dato che in dieci anni i costi dei fattori produttivi sono sensibilmente cresciuti. In ogni caso, anche se detti costi fossero rimasti costanti, o addirittura diminuiti, questa circostanza avrebbe dovuto costituire oggetto di accertamento, all’esito di una istruttoria, necessaria anche qualora detta disciplina sia stabilita con una norma che, sostanzialmente, costituisce un provvedimento amministrativo a carattere generale.

L’irragionevolezza della norma sarebbe confortata dalla contraddittorietà insita nel fatto che il legislatore, appena tre mesi dopo l’approvazione del d.m. 12 settembre 2006, che aveva confermato le tariffe del 1996, ritenendole evidentemente congrue, abbia poi espresso una diversa opzione, procedendo ad una ulteriore riduzione.

Ad avviso del T.a.r., la norma censurata comprometterebbe la funzionalità delle strutture private accreditate e, in tal modo, in violazione dell’art. 32 Cost., inciderebbe sul diritto alla salute e sul diritto di libera scelta dell’assistito, anche perché le strutture pubbliche del S.s.n. non sarebbero in grado di assicurare, da sole, l’erogazione delle prestazioni sanitarie.

La mancanza di una istruttoria (comunque, l’omessa allegazione del suo avvenuto espletamento) si porrebbe in contrasto con l’art. 97 Cost., poiché anche il legislatore ordinario dovrebbe porre a base delle sue scelte un’adeguata conoscenza dei fatti, dandone conto, eventualmente mediante rinvio ai lavori preparatori o ad altri atti. Peraltro, la legge n. 296 del 2006 dà atto della necessità di un’istruttoria che, tuttavia, posticipa, realizzando in tal modo una illogica inversione delle fasi del procedimento.

Il «sistema delineato dall’art. 1, comma 796, lettera o)», della legge n. 296 del 2006, si porrebbe, infine, «in contrasto con l’art. 117 Cost., nel momento in cui lo Stato non si limita a dettare i criteri per la fissazione delle tariffe da parte delle regioni, ma le fissa direttamente».

Le esigenze di contenimento della spesa pubblica ed il potere dello Stato di emanare norme di coordinamento della finanza pubblica (art. 117, terzo comma, Cost.), non legittimerebbero l’individuazione dettagliata delle voci di costo dei bilanci regionali da ridurre, potendo il legislatore statale stabilire soltanto i principi fondamentali della materia e la misura delle riduzioni di spesa.

Infine, l’esigenza di garantire il rispetto degli obblighi comunitari e la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2007-2009 avrebbe comunque richiesto lo svolgimento di una adeguata istruttoria; in ogni caso, le ragioni di contenimento della spesa pubblica non renderebbero legittima la lesione di interessi privati.

4.- I giudizi introdotti dalle ordinanze n. 230, n. 231, n. 255, n. 256, n. 262 e n. 263 del 2008 svolgono analoghe censure, con argomentazioni in larga misura coincidenti, benché le prime due ordinanze abbiano sollevato questione di legittimità costituzionale sia della norma statale, sia della norma regionale sopra indicate.

4.1.- Nel primo giudizio (r.o. n. 230 del 2008), Scardino Agostino, De Marco Michele e Ostillio Livio hanno convenuto innanzi al Ta.r. del Lazio l’A.s.l. n. 1 di Taranto, la Regione Puglia, il Ministero della salute, il Ministero dell’economia e delle finanze e la Società Istituto di diagnosi e terapia S.r.l., chiedendo l’annullamento della nota del direttore generale di detta A.s.l. avente ad oggetto la comunicazione del tetto di spesa provvisorio per il primo trimestre dell’anno 2007, nella quale è stato precisato che «per tariffa si intende quella già decurtata dello sconto previsto dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296».

L’ordinanza espone che il ricorso è diretto ad ottenere l’annullamento di tutti gli atti ministeriali, della Regione Puglia e dell’A.s.l. di Taranto, i quali precludono ai ricorrenti di ottenere tariffe più elevate ed un budget adeguato; in particolare, concerne il d.m. 12 settembre 2006 e gli atti che lo applicano (la delibera della Giunta della Regione Puglia 3 aprile 1007, n. 404 e le circolari del competente Assessore regionale).

Il rimettente, sintetizzate le censure proposte dai ricorrenti, ha ritenuto fondati i motivi di impugnazione aventi ad oggetto il d.m. 12 settembre 2006 e gli atti regionali che lo hanno applicato, e che ne hanno giustificato l’annullamento, in quanto: ha richiamato le tariffe stabilite nel d.m. del 22 luglio 1996, benché sia stato annullato dal Consiglio di Stato (sentenza della Sez. IV, 29 marzo 2001, n. 1839); ha stabilito le tariffe, senza osservare i criteri fissati nel d.m. 15 aprile 1994, benché lo richiami nelle premesse, e nonostante che l’esigenza di determinarle avendo riguardo ai costi di produzione standard ed alle quote standard dei costi generali sia stabilita dall’art. 8-sexies, comma 5, del d.lgs. n. 502 del 1992 e dall’art. 1, comma 170, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, che prevedono un’istruttoria, nella specie non svolta; non ha motivato in ordine alle ragioni che hanno fatto disattendere il parere contrario della Conferenza Stato-Regioni.

A suo avviso, le norme censurate impedirebbero l’accoglimento degli ulteriori motivi del ricorso e le questioni sarebbero rilevanti, poiché sono entrambe le norme censurate ad imporre che il finanziamento delle prestazioni debba avvenire, applicando lo sconto del 20% sulle prestazioni di laboratorio di analisi e del 2% sulle restanti branche, incidendo sul budget per l’anno 2007.

Il T.a.r., con sentenza-ordinanza del 12 dicembre 2007, ha quindi annullato il d.m. 12 settembre 2006, nei limiti e nei termini sopra precisati, nonché gli atti della Regione Puglia e della A.s.l. di Taranto che ad esso fanno rinvio, e, in riferimento alle domande non decise, ha sollevato questione di legittimità costituzionale delle norme sopra indicate

4.2.- Nel secondo giudizio (r.o. n. 231 del 2008), la Labor Analisi San Giorgio Dott. Camodeca s.r.l., la Laboratorio di Analisi Francesco Prusciano s.r.l,, la Laboratorio Analisi Biomedical’s s.r.l, la Laboratorio Analisi Stefano s.r.l, la Laboratorio Analisi Biologiche T. Giacomo s.r.l., la Laboratorio Analisi Biomediche dott.ssa Utta Grazia Marinella s.r.l, la dott.ssa Rosanna Santoro, la Laboratorio di analisi E4 del dott. E. Calcatelli s.r.l. (le società, ciascuna, in persona del legale rappresentante), hanno convenuto innanzi al Ta.r. del Lazio l’A.s.l. n. 1 di Taranto, la Regione Puglia, il Ministero della salute, il Ministero dell’economia e delle finanze e la Società Istituto di diagnosi e terapia s.r.l., chiedendo l’annullamento: della nota del direttore generale dell’A.S.L. di Taranto n. 0001667/P del 6 marzo 2007, avente ad oggetto «tetti di spesa provvisori 2007»; la deliberazione della Giunta Regionale della Puglia 3 aprile 2007 n. 404, recante «Prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale erogabili nell’ambito del servizio sanitario regionale e le relative tariffe»; per quanto di interesse, del citato d.m. del 12 settembre 2006, nonché degli atti connessi, presupposti e consequenziali; le circolari del Settore assistenza ospedaliera e specialistica dell’Assessorato alle politiche della salute della Regione Puglia prot. n. 24/11966 del 29 dicembre 2006, prot. n. 24/796 del 25 gennaio 2007 e prot. n. 24/1362/S.P./A de1 12 dicembre 2006.

I ricorrenti hanno, inoltre, chiesto il risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’esecuzione degli atti impugnati.

Il rimettente, sintetizzate le censure svolte dai ricorrenti e ritenuti fondati i motivi di impugnazione aventi ad oggetto il d.m. 12 settembre 2006 e gli atti regionali che lo hanno applicato, per le stesse ragioni esposte nell’ordinanza r.o. n. 230 del 2008 (paragrafo 4.1), con sentenza-ordinanza del 12 dicembre 2007, ha quindi annullato il d.m. 12 settembre 2006, nei limiti e nei termini sopra precisati, nonché gli atti della Regione Puglia e della A.s.l. di Taranto che ad esso fanno rinvio, e, in riferimento alle domande non decise, ha sollevato questione di legittimità costituzionale delle norme sopra indicate.

4.3.- Nel terzo giudizio (r.o. n. 255 del 2008), il Laboratorio analisi cliniche e radioimmunologiche Altomari s.r.l., in persona del legale rappresentante, ha chiesto l’annullamento della nota del direttore generale dell’A.s.l. di Crotone n. 5 del 21 marzo 2007, della deliberazione della Giunta regionale della Calabria 8 marzo 2007, n. 169, e per quanto di interesse, del citato d.m. del 12 settembre 2006 e, ove occorra, della delibera della Giunta regionale della Calabria del 13 febbraio 2007, n. 93, della circolare a firma del dirigente del settore Dipartimento tutela della salute e politiche sanitarie del 29 dicembre 2006 prot. 28593 e della deliberazione della medesima autorità del 6 maggio 2006 recante l’approvazione dello schema tipo di accordo/contratto anno 2006-Assistenza sanitaria.

Il rimettente, dopo avere sintetizzato le censure svolte dai ricorrenti, ha ritenuto fondati i motivi di impugnazione aventi ad oggetto il d.m. 12 settembre 2006 e gli atti regionali che lo hanno applicato, sostanzialmente per le stesse ragioni esposte nell’ordinanza r.o. n. 230 del 2008 (paragrafo 4.1) e, con sentenza-ordinanza del 7 maggio 2008: ha dichiarato inammissibile, in parte, il ricorso, relativamente alla richiesta di risarcimento del danno; in parziale accoglimento del medesimo, ha annullato il d.m. 12 settembre 2006, nonchè la delibera della Giunta regionale della Calabria 8 marzo 2007, n. 169, e tutti gli atti connessi, nella parte in cui recepiscono le tariffe recate da detto d.m.; ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art 1, comma 796, lettera o), della legge n. 296 del 2006.

Inoltre, a suo avviso, la delibera della Giunta regionale 8 marzo 2007, n. 169, disponendo che «il sistema di finanziamento delle prestazioni viene determinato applicando lo sconto del 20% sulle prestazioni di laboratorio di analisi e del 2% sulle restanti branche», darebbe applicazione all’art. 1, comma 796, lettera o), della legge n. 296 del 2006, con conseguente rilevanza della questione di legittimità costituzionale di detta norma.

4.4.- Il quarto giudizio (r.o. n. 256 del 2008) è stato promosso dal Laboratorio analisi cliniche Lab s.r.l., in persona del legale rappresentante, nei confronti dell’A.s.l. Crotone 5, della Regione Calabria, del Ministero della salute, del Ministero dell’economia e delle finanze e del Laboratorio analisi cliniche Lab S.r.l. e ha ad oggetto, tra l’altro, l’annullamento degli stessi atti impugnati nel giudizio introdotto dalla ordinanza r.o. n. 255 del 2008 (v. paragrafo 4.3).

 Il rimettente, sintetizzate le censure svolte dalla ricorrente, ha ritenuto fondati i motivi di impugnazione aventi ad oggetto il d.m. 12 settembre 2006 e gli atti regionali che lo hanno applicato, sostanzialmente per le stesse ragioni esposte nell’ordinanza r.o. n. 230 del 2008 (paragrafo 4.1); con sentenza-ordinanza del 7 maggio 2008: ha dichiarato inammissibile, in parte, il ricorso, relativamente alla richiesta di risarcimento del danno; in parziale accoglimento del medesimo, ha annullato il d.m. 12 settembre 2006, nonchè la delibera della Giunta regionale della Calabria 8 marzo 2007, n. 169, e tutti gli atti connessi, nella parte in cui recepiscono le tariffe recate da detto d.m.; ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art 1, comma 796, lettera o), della legge n. 296 del 2006.

Il T.a.r. deduce che la delibera della Giunta regionale 8 marzo 2007, n. 169, dispone anche che «il sistema di finanziamento delle prestazioni viene determinato applicando lo sconto del 20% sulle prestazioni di laboratorio di analisi e del 2% sulle restanti branche». In questa parte, l’atto dà applicazione all’art. 1, comma 796, lettera o), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, quindi il suo annullamento renderebbe rilevante la questione di legittimità costituzionale di detta norma.

4.5.- Il quinto giudizio (r.o. n. 262 del 2008) è stato promosso dalla Polispecialistica Bios s.r.l., in persona del legale rappresentante, nei confronti dell’A.s.l. Crotone 5, della Regione Calabria, del Ministero della salute, del Ministero dell’economia e delle finanze e del Laboratorio analisi cliniche Lab s.r.l. e ha ad oggetto, tra l’altro, l’annullamento degli stessi atti impugnati nel giudizio introdotto dalla ordinanza r.o. n. 255 del 2008 (v. paragrafo 4.3).

Il rimettente, sintetizzate le censure svolte dalla ricorrente, ha ritenuto fondati i motivi di impugnazione aventi ad oggetto il d.m. 12 settembre 2006 e gli atti regionali che lo hanno applicato, sostanzialmente per le stesse ragioni esposte nell’ordinanza r.o. n. 230 del 2008 (v. paragrafo 4.1); con sentenza-ordinanza del 31 marzo 2008: ha dichiarato inammissibile, in parte, il ricorso, relativamente alla richiesta di risarcimento del danno; in parziale accoglimento del medesimo ha annullato il d.m. 12 settembre 2006, nonchè la delibera della Giunta regionale della Calabria 8 marzo 2007, n. 169, e tutti gli atti connessi, nella parte in cui recepiscono le tariffe recate da detto d.m.; ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art 1, comma 796, lettera o), della legge n. 296 del 2006.

A suo avviso, la delibera della Giunta regionale 8 marzo 2007, n. 169, disponendo che «il sistema di finanziamento delle prestazioni viene determinato applicando lo sconto del 20% sulle prestazioni di laboratorio di analisi e del 2% sulle restanti branche», dà applicazione all’art. 1, comma 796, lettera o), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, quindi il suo annullamento renderebbe rilevante la questione di legittimità costituzionale di detta norma.

4.6.- Il sesto giudizio (r.o. n. 263 del 2008) è stato promosso dal Laboratorio Analisi Cliniche Perugini s.r.l., in persona del legale rappresentante, nei confronti dell’A.s.l. di Cosenza, della Regione Calabria, del Ministero della salute, del Ministero dell’economia e delle finanze e del Laboratorio analisi cliniche Lab S.r.l. e ha ad oggetto l’annullamento della deliberazione della Giunta regionale della Calabria 8 marzo 2007, n. 169, e per quanto di interesse, del decreto del Ministro della salute adottato di concerto con il Ministro dell’economia avente ad oggetto «Ricognizione e primo aggiornamento delle tariffe massime per la remunerazione delle prestazioni sanitarie» e, ove occorra, della delibera della Giunta regionale della Calabria 13 febbraio 2007, n. 93, della circolare a firma del dirigente del settore Dipartimento tutela della salute e politiche sanitarie del 29 dicembre 2006 prot. 28593 e della deliberazione della medesima autorità del 6 maggio 2006 recante l’approvazione dello schema tipo di accordo/contratto anno 2006-Assistenza sanitaria.

Il rimettente, sintetizzate le censure svolte dalla ricorrente, ha ritenuto fondati i motivi di impugnazione aventi ad oggetto il d.m. 12 settembre 2006 e gli atti regionali che lo hanno applicato, sostanzialmente per le stesse ragioni esposte nell’ordinanza r.o. n. 230 del 2008 (v. paragrafo 4.1); con sentenza-ordinanza del 5 maggio 2008: ha dichiarato inammissibile, in parte, il ricorso; in parziale accoglimento del medesimo ha annullato il d.m. 12 settembre 2006, nonchè la delibera della Giunta regionale della Calabria 8 marzo 2007, n. 169, nella parte in cui recepisce le tariffe recate da detto d.m.; ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art 1, comma 796, lettera o), della legge n. 296 del 2006.

A suo avviso, la delibera della Giunta regionale 8 marzo 2007, n. 169, disponendo che «il sistema di finanziamento delle prestazioni viene determinato applicando lo sconto del 20% sulle prestazioni di laboratorio di analisi e del 2% sulle restanti branche», dà applicazione all’art. 1, comma 796, lettera o), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, quindi il suo annullamento renderebbe rilevante la questione di legittimità costituzionale di detta norma.

4.7.- Tutte queste ordinanze (r.o. n. 230, n. 231, n. 255, n. 256, n. 262 e n. 263 del 2008) censurano l’art. 1, comma 796, lettera o), della legge n. 296 del 2006, in riferimento agli artt. 24, 113, 32, 41 e 117 (recte: art. 117, terzo comma), Cost., con argomentazioni sostanzialmente riproduttive di quelle contenute nell’ordinanza r.o. n. 78 del 2008 (riportate nel paragrafo 3.2).

Inoltre le ordinanze r.o. n. 230 e n. 231 del 2008 censurano la norma regionale sopra richiamata per le stesse argomentazioni svolte in riferimento alla norma statale, deducendo inoltre, che essa violerebbe il canone di buon andamento (art. 97 Cost.), in quanto: affida ad un futuro provvedimento la fissazione di nuove tariffe, senza apporre alcun termine; non prevede alcun meccanismo di regolazione tra le tariffe provvisorie e quelle che, eventualmente, avrebbero dovuto essere fissate, sicché identiche prestazioni nel 2007 potrebbero essere diversamente remunerate per la casuale collocazione temporale della loro effettuazione nell’ambito del medesimo anno.

Secondo i rimettenti, le difficoltà finanziarie della Regione non potrebbero essere indiscriminatamente poste a carico dei prestatori dei servizi; la norma regionale violerebbe l’art. 97 Cost., nella parte in cui affida ad un futuro «documento di indirizzo economico e funzionale (DIEF)» le modalità di utilizzazione del fondo sanitario attribuito alla Regione per l’anno 2007 e rinvia per le tariffe delle prestazioni al «nomenclatore tariffario regionale delle prestazioni specialistiche ambulatoriali di patologia clinica indicata nell’allegato A) della Delib. G.R. 22 settembre 1998, n. 3784», sui quali applicare lo sconto del 20 per cento previsto dall’articolo 1, comma 796, lettera o), della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

5.- Nel giudizio introdotto dall’ordinanza r.o. n. 368 del 2008 sono stati riuniti i ricorsi proposti da numerose società, in persona dei rispettivi legali rappresentanti, le quali hanno chiesto l’annullamento del più volte citato d.m. 12 settembre 2006, nonché della delibera della Giunta regionale del Lazio del 19 giugno 2007, n. 436, e degli allegati 3, 3-bis e 3-ter, avente ad oggetto il "sistema di finanziamento e di remunerazione delle prestazioni dell’attività specialistica ambulatoriale per l’anno 2007”, e della determinazione della Regione Lazio 19 agosto 2007, n. 2804, recante direttive in attuazione della delibera della Giunta regionale n. 436 del 2007.

5.1.- Il T.a.r. per il Lazio, dopo avere sintetizzato le censure svolte dalle parti, con sentenza-ordinanza del 29 agosto 2008 ha annullato il più volte richiamato d.m. del 12 settembre 2006; ha annullato la delibera della Giunta regionale Lazio 19 giugno 2007, n. 436, allegato 3, punto 1, nella parte in cui recepisce le tariffe oggetto di detto d.m.; ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 796, lettera o), della legge n. 296 del 2006, ritenendola rilevante, in relazione alle censure non decise.

A suo avviso, la delibera regionale n. 436 del 2007, al punto 2, allegato 3, disponendo che «il sistema di finanziamento delle prestazioni viene determinato applicando lo sconto del 20% sulle prestazioni di laboratorio di analisi e del 2% sulle restanti branche» e, negli allegati 3-bis e 3-ter, applicando ai singoli laboratori detti criteri, e, quindi, determinando il budget per l’anno 2007, applicherebbe l’art. 1, comma 796, lettera o), della legge n. 296 del 2006, con conseguente rilevanza della questione concernente detta norma.

Il rimettente, sostanzialmente, riproduce gli argomenti svolti nella ordinanza r.o. n. 78 del 2008 (v. paragrafi 3-3.2), per sostenere che la norma censurata violerebbe gli artt. 24 e 113 Cost. e, inoltre, si porrebbe in contrasto con l’art. 41 Cost., poiché la tariffa è stabilita con legge, imponendo uno sconto (oltretutto anche del 20 %) sulle tariffe vigenti, senza dare conto delle ragioni di detta misura, benché si tratti di tariffe risalenti nel tempo.

L’irragionevolezza della norma sarebbe confortata dalla contraddittorietà insita nel fatto che il legislatore, appena tre mesi dopo l’approvazione del d.m. 12 settembre 2006, che aveva confermato le tariffe del 1996, ritenendole evidentemente congrue, abbia espresso una diversa opzione, procedendo ad una ulteriore riduzione.

Ad avviso del T.a.r., la norma censurata comprometterebbe la funzionalità delle strutture private accreditate, quindi, in violazione dell’art. 32 Cost., inciderebbe sul diritto alla salute e sul diritto di libera scelta dell’assistito, anche in quanto le strutture pubbliche del S.s.n. non sarebbero in grado di assicurare, da sole, l’erogazione delle prestazioni sanitarie.

La mancanza di una istruttoria (comunque, l’omessa allegazione del suo avvenuto espletamento) violerebbe l’art. 97 Cost., dal momento che anche il legislatore ordinario deve porre a base delle sue scelte un’adeguata conoscenza dei fatti, della quale deve dare conto, eventualmente mediante rinvio ai lavori preparatori o ad altri atti. Peraltro, la legge n. 296 del 2006 dà atto della necessità di un’istruttoria che, tuttavia, posticipa, realizzando in tal modo una illogica inversione delle fasi del procedimento.

Il «sistema delineato dall’art. 1, comma 796, lettera o)», della legge n. 296 del 2006, si porrebbe, infine, «in contrasto con l’art. 117 Cost., nel momento in cui lo Stato non si limita a dettare i criteri per la fissazione delle tariffe da parte delle regioni, ma le fissa direttamente».

Le esigenze di contenimento della spesa pubblica ed il potere dello Stato di emanare norme di coordinamento della finanza pubblica (art. 117, terzo comma, Cost.) non permetterebbero l’individuazione dettagliata delle voci di costo dei bilanci regionali da ridurre, poiché il legislatore statale può soltanto stabilire i principi fondamentali della materia e la misura delle riduzioni di spesa.

L’indicazione contenuta nella norma censurata, secondo la quale la misura sarebbe strumentale all’esigenza di «garantire il rispetto degli obblighi comunitari e la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2007-2009, in attuazione del protocollo di intesa tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per un patto nazionale per la salute sul quale la Conferenza delle regioni e delle province autonome, nella riunione del 28 settembre 2006» non ne escluderebbe l’illegittimità. Siffatta esigenza avrebbe richiesto lo svolgimento di una adeguata istruttoria e non sarebbe comunque «costituzionalmente giustificata l’incisione di interessi privati in nome delle sempre invocate ragioni di contenimento della spesa pubblica».

6.- Il T.a.r. per la Calabria, nelle ordinanze r.o. n. 132 e n. 133 del 2008, svolge argomentazioni pressochè identiche a conforto delle censure di illegittimità costituzionale proposte con i due atti.

6.1.- Nel primo giudizio la Laboratorio di Analisi Cliniche «Rocco S.r.l.», il Centro Diagnostico Gamma, il Laboratorio Analisi Cliniche F. Cavaliere C. s.r.l. e il Laboratorio di Analisi Cliniche L.A.C., in persona dei rappresentanti legali, hanno chiesto l’annullamento della delibera della Giunta regionale della Calabria 8 marzo 2007, n. 169, nelle parti in cui ha stabilito che: «per l’anno 2007 alla remunerazione delle prestazioni di specialistica ambulatoriale, erogate dalle strutture pubbliche e private accreditate, saranno applicate le tariffe di cui all’art. 3, comma 1, lett. a), del d.m. 12 settembre 2006, escludendo ogni altro tipo di prestazione individuata dal nomenclatore tariffario regionale» (punto 14); «per le prestazioni di specialistica ambulatoriale le strutture private accreditate sono obbligate a praticare ai sensi del comma 798, lettera i) della legge 27 dicembre 2006, n. 296 del d.m. 12 settembre 2006 lo sconto del 2% per le prestazioni di specialistica (compresa la diagnostica per immagini) e del 20% per le prestazioni di diagnostica di laboratorio» (punto 15); «per l’anno 2007 le prestazioni di assistenza ospedaliera, di assistenza specialistica ambulatoriale e residenziale e semiresidenziale non danno diritto ad alcuna remunerazione nel caso dovessero superare i limiti massimi di spesa rispettivamente stabiliti con il presente provvedimento per ciascuna azienda sanitaria ai sensi della sentenza del Consiglio di Stato – Adunanza plenaria n. 8/2006» (punto 11).

Il T.a.r., in linea preliminare, osserva che l’eccezione di incompetenza per territorio sollevata dalla Regione Calabria, sul rilievo che sarebbe stato impugnato il d.m. 12 settembre 2006, con conseguente competenza per territorio del T.a.r. del Lazio è inammissibile, in quanto non è stata proposta con regolamento di competenza. In ogni caso, essa è infondata, poiché la delibera regionale impugnata è meramente applicativa dell’art. 1, comma 796, della legge n. 296 del 2006, che reitera le tariffe fissate con il decreto ministeriale 22 luglio 1996, annullato con sentenza del Consiglio di Stato, quindi è detta norma che stabilisce le remunerazioni applicabili, dato che la Regione Calabria non ha esercitato la facoltà di fissarne di più elevate.

Secondo il giudice a quo, sono altresì infondate le eccezioni con le quali è stata dedotta la mancata notifica del ricorso al Ministero della salute, che ha adottato il d.m. 12 settembre del 2006, nonché l’inammissibilità del ricorso per la mancata impugnazione del d.m. 12 settembre 2006, poiché tale atto non viene in rilievo autonomamente, dato che le ricorrenti si dolgono della applicazione delle tariffe fissate dal decreto ministeriale del 1996, richiamato dalla norma censurata, mai aggiornate.

6.1.1.- Superati i profili preliminari, il T.a.r. osserva che la delibera impugnata stabilisce che le prestazioni rese dalle strutture accreditate nell’anno 2007 dovrebbero essere remunerate «in misura assai ridotta rispetto alle legittime aspettative ed insufficiente a coprire i costi, con il rischio verosimile di cessazione dell’attività per esposizione debitoria».

A suo avviso, nella specie, non potrebbero essere utilmente richiamate le sentenze di questa Corte n. 111 del 2005 e n. 257 del 2007, poiché è in discussione la remunerazione delle prestazioni ad un prezzo manifestamente inadeguato a coprirne i costi, per essere ancorato a tariffe risalenti di dieci anni prima, con conseguente non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 796, lettera o), della legge n. 296 del 2006, in riferimento agli artt. 3, 24, 32, 41, 97, 113, e 117 Cost., motivata richiamando gli argomenti svolti nell’ordinanza r.o. n. 27 del 2008 (v. paragrafi 2-2.4).

Secondo il rimettente, gli artt. 24 e 113 Cost. sarebbero violati, poiché la norma censurata fissa le tariffe richiamando il d.m. 22 luglio 1996, annullato dal Consiglio di Stato con sentenza della IV sezione del 29 marzo 2001, in quanto le tariffe per la remunerazione delle prestazioni erano state fissate senza una previa ed adeguata valutazione della loro congruità.

Il legislatore ordinario, a distanza di 10 anni, ha invece recepito dette tariffe, in violazione del giudicato e senza dare conto delle ragioni che ne giustificherebbero la remuneratività.

L’accreditamento con il S.s.n. comporterebbe, inoltre, «una deteriore condizione per tali strutture che si vedono remunerare le prestazioni rese nel 2007 con importi già sospetti di inadeguatezza nel 1996, a fronte di un aumento consistente dei costi e del valore della moneta in 10 anni», con conseguente violazione del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) «non solo rispetto alle strutture private che forniscono identici servizi a cittadini paganti, ma anche rispetto alle strutture pubbliche, le quali continuerebbero a godere di quel particolare favor legislatoris che consente loro di essere comunque remunerate appieno».

La reviviscenza delle tariffe stabilite dal d.m. 22 luglio 1996 e lo sconto aggiuntivo neppure potrebbero essere giustificati dall’esigenza di contenimento della spesa pubblica, in quanto «ciò colliderebbe fortemente con il diritto di libera iniziativa economica privata» (art. 41 Cost.).

Inoltre, il legislatore ordinario, avendo adottato una norma-provvedimento, avrebbe dovuto preliminarmente svolgere una adeguata istruttoria, come non è accaduto.

La norma si porrebbe in contrasto anche con l’art. 32 Cost., sotto il duplice profilo del diritto a ottenere le prestazioni sanitarie e del diritto di libera scelta degli assistiti. D’altronde, le strutture private accreditate sarebbero indispensabili per garantire l’erogazione delle prestazioni sanitarie, e ciò impedirebbe ai privati di non erogarle, previa rinunzia all’accreditamento, qualora non ritengano convenienti le tariffe.

Il mancato svolgimento di una adeguata istruttoria comporterebbe la violazione dell’art. 97 Cost., riferibile anche alla funzione legislativa e, infine, il citato art. 1, comma 796, lettera o), si porrebbe in contrasto con l’art. 117 Cost., poiché lo Stato ha fissato le tariffe mediante il d.m. 12 settembre 2006, che «ha visto il parere contrario della Conferenza Stato-regioni» e, comunque, ha violato i limiti della competenza ad esso spettante.

A suo avviso, benché le esigenze di contenimento della spesa pubblica ed il potere dello Stato di emanare norme di coordinamento della finanza pubblica (art. 117, terzo comma, Cost.) sembrerebbero deporre nel senso della legittimità della norma in esame, detto parametro costituzionale sarebbe invece vulnerato, poiché non spetterebbe allo Stato l’individuazione dettagliata delle voci di costo dei bilanci regionali da ridurre, dovendo ritenersi consentita la sola fissazione dei principi fondamentali della materia e, al limite, la misura delle riduzioni di spesa.

6.2.- Nel giudizio introdotto dall’ordinanza r.o. n. 133 del 2008 la Associazione Ospedalità Privata (A.I.O.P.) Calabria, la Casa di Cura Cascini s.r.l., la Biocontrol Check-Up s.a.s. e la Biodiagnostica di Carmela Floriana Milano – ciascuna in persona del legale rappresentante – hanno chiesto l’annullamento della delibera della Giunta regionale Calabria 8 marzo 2007, n. 169, nelle stesse parti oggetto delle censure proposte nel giudizio nel quale è stata pronunciata la sopra richiamata ordinanza r.o. n. 132 del 2008 dello stesso T.a.r. per la Calabria.

Le ricorrenti, hanno, inoltre, chiesto l’annullamento della delibera della Giunta regionale 1° giugno 2007, n. 330, recante integrazioni e correzioni alla delibera della Giunta regionale sopra indicata.

Il T.a.r., rigettate le eccezioni di difetto di legittimazione attiva dell’A.I.O.P. e delle cliniche, sollevate dalla Regione Calabria, e di inammissibilità dei ricorsi per mancata impugnazione del d.m. 12 settembre 2006, in quanto tale atto non avrebbe alcuna autonoma rilevanza, poiché le società ricorrenti si dolgono della applicazione delle tariffe fissate dal d.m. 22 luglio 1996, richiamato dalla norma statale censurata, osserva che la Regione Calabria ha stabilito le tariffe massime per la remunerazione delle prestazioni assistenziali e fissato i tetti di spesa, dando applicazione all’art. 1, comma 796, lettera o), della legge n. 296 del 2007; quindi sarebbe rilevante la questione di legittimità costituzionale di detta norma.

Secondo il rimettente, siffatta disposizione si porrebbe in contrasto con gli artt. 3, 24, 32, 41, 97, 113 e 117 (recte: art. 117, terzo comma) Cost.; a conforto, svolge argomentazioni sostanzialmente riproduttive di quelle contenute nell’ordinanza pronunciata dallo stesso T.a.r. nell’ordinanza r.o. n. 132 del 2008 (paragrafo 6.1).

Inoltre, il T.a.r. deduce che la fissazione di vincoli puntuali, relativamente alle singole voci di spesa, non costituisce enunciazione di principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica e violerebbe sia l’art. 117, terzo comma, Cost., sia «l’autonomia di spesa garantita dall’art. 119 Cost.».

7.- Nel giudizio promosso dal T.a.r. per la Lombardia (r.o. n. 176 del 2008), alcune società e fondazioni hanno chiesto l’annullamento della deliberazione della Giunta regionale della Lombardia n. VIII/4239 del 28 febbraio 2007, recante «Attuazione del comma 796, dell’art. l della legge 27 dicembre 2006, n. 26 (Legge finanziaria 2007) e prime integrazioni alla d.G.R. n. VIII/3776/2006 "Determinazioni in ordine alla gestione del servizio socio-sanitario regionale per l’esercizio 2007”», nelle seguenti parti: punto 3, il quale dispone «di dare attuazione alla lettera o) del comma 796 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, che prevede che "dalla data di entrata in vigore della presente legge le strutture private accreditate, ai fini della remunerazione delle prestazioni rese per conto del Servizio sanitario nazionale, praticano uno sconto pari al 2 per cento degli importi indicati per le prestazioni specialistiche dal decreto del Ministro della sanità 22 luglio 1996”», relativamente all’intero esercizio 2007, con le modalità indicate; l’allegato 1, nella parte relativa a «Farmaci a somministrazione diretta ospedaliera (File F)», secondo cui: «nei limiti della complessiva compatibilità di sistema si conferma che la spesa per tali farmaci possa crescere a livello regionale fino ad un massimi del 3% rispetto alla spesa sostenuta nel 2006. Ai fini del mantenimento dell’equilibrio di sistema si definiscono, al fine del rimborso ai oggetti erogatori, le seguenti soglie di regressione tariffaria: fino ad un valore di produzione di File F pari al 98% rispetto al valore 2006, non si applica la regressione; se il valore di produzione è compreso tra il 98% e il 103% rispetto al valore 2006, si applica la regressione massima al 30%; se il valore di produzione è compreso tra il 104% e il 110% rispetto al valore 2006, si applica la regressione massima del 45%».

7.1.- Il rimettente, dopo avere sintetizzato i motivi di impugnazione proposti dai ricorrenti, espone che, con sentenza non definitiva emessa nella stessa data dell’ordinanza di rimessione, ha rigettato il primo motivo ed accolto il sesto motivo del ricorso ed osserva che, per la decisione dei restanti mezzi, sarebbe rilevante la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 796, lettera o), della legge n. 296 del 2006, in quanto a detta norma ha dato puntuale applicazione la delibera della Giunta regionale impugnata nel giudizio principale.

Secondo il T.a.r., detta norma violerebbe l’art. 3 Cost., nella parte in cui, contraddittoriamente, richiama il principio dell’adeguamento tariffario e stabilisce la ultrattività del decreto ministeriale sulle tariffe, già annullato per carenze dell’istruttoria che lo ha preceduto e preso a base per effettuare un intervento di ulteriore riduzione dei rimborsi.

Inoltre, essa si porrebbe in contrasto con gli artt. 24, 103, 113, 97 Cost., poiché determina la reviviscenza di un decreto ministeriale annullato, vulnerando le funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario.

Ad avviso del rimettente, il legislatore statale non avrebbe potuto stabilire una percentuale esatta di sconto sulla remunerazione delle prestazioni erogate dalle strutture private accreditate, incidendo in maniera puntuale e diretta sulla spesa regionale con un intervento di dettaglio sulle tariffe in questione, con conseguente violazione degli artt. 117 e 119 Cost.

Infine, la fissazione dello sconto in misura fissa e generalizzata, senza che risulti l’istruttoria compiuta e la ragionevolezza della misura del sacrificio imposto, si porrebbe in contrasto con gli art. 97 Cost. (sotto il profilo del mancato svolgimento dell’istruttoria) e 41 Cost. (in considerazione della irragionevolezza della misura del sacrificio imposto ai privati).

8.- Nel giudizio instaurato dal T.a.r. per il Friuli-Venezia Giulia (r.o. n. 399 del 2008) la Associazione Italiana Ospedalità Privata, la Casa di cura Città di Udine s.p.a., la Politecnico Triestino s.p.a. e la Casa di cura Salus, in persona dei legali rappresentanti, hanno chiesto l’annullamento della deliberazione della Giunta della Regione Friuli-Venezia Giulia 29 marzo 2007, n. 704, la quale ha disciplinato le tariffe per la remunerazione delle prestazioni rese dalle strutture accreditate, dando applicazione all’art. 1, comma 796, lettere o) e p), della legge n. 296 del 2006.

L’ordinanza, in linea preliminare, ha rigettato l’eccezione della Regione Friuli-Venezia Giulia, di carenza di interesse al ricorso, osservando che le ricorrenti hanno un «interesse di natura morale» all’impugnazione dell’atto, che penalizza il comparto sanitario privato; inoltre, hanno un interesse di natura economica, poiché gli artt. 5 e 6 dell’accordo stipulato con le strutture accreditate in data 17 marzo 2006 – recepito con la delibera della Giunta regionale 30 giugno 2006, n. 1508, della quale vi è cenno nella delibera impugnata (n. 704 del 2007) – non escluderebbero il danno prodotto dalla norma statale censurata.

Secondo il rimettente, la delibera della Giunta Regionale n. 704 del 2007 dà applicazione all’art. 1, comma 796, lettera o), della legge n. 296 del 2006, quindi la questione di legittimità costituzionale di quest’ultima norma sarebbe rilevante.

A suo avviso, detta norma, rendendo applicabile il d.m. 22 luglio 1996, benché esso sia stato annullato dal Consiglio di Stato, con sentenza passata in giudicato, violerebbe gli artt. 24 e 113 Cost.

Inoltre, essa si porrebbe in contrasto con l’art. 3 Cost.: in primo luogo, poiché imporrebbe tariffe non remunerative rispetto ai costi di produzione sopportati dalla strutture private; in secondo luogo, in quanto discriminerebbe le strutture private a favore di quelle pubbliche.

La norma censurata recherebbe vulnus all’art. 41 Cost., penalizzando il diritto di libera iniziativa economica, ed all’art. 32 Cost., dal momento che il meccanismo di remunerazione da essa previsto impedirebbe ai cittadini di fruire delle prestazioni che «le strutture pubbliche non sono in grado di fornire o non sono in grado di fornire con quel livello di eccellenza che, invece, sono in grado di fornire determinate strutture private».

Infine, la fissazione delle tariffe in esame in difetto dello svolgimento di una istruttoria diretta ad accertare i costi di produzione, comporterebbe la violazione dell’art. 97 Cost.

9.- Nel giudizio innanzi a questa Corte promosso dal T.a.r. per la Puglia (r.o. n. 27 del 2008) si è costituita la Regione Puglia, in persona del Presidente della Giunta Regionale, parte del processo principale, chiedendo, anche nella memoria depositata in prossimità dell’udienza pubblica, che la questione sia dichiarata inammissibile e, comunque, infondata.

A suo avviso, gli atti impugnati sarebbero meramente ricognitivi delle norme e privi di contenuto ulteriore rispetto a quelle da queste fissato, quindi inciderebbero su diritti soggettivi, con conseguente carenza della giurisdizione del giudice amministrativo; ciò anche perché le controversie in materia di pubblici servizi concernenti indennità, canoni o altri corrispettivi spettano alla giurisdizione del giudice ordinario, apparendo sul punto erronea la motivazione con la quale il T.a.r. ha proposto l’eccezione proposta nel giudizio principale.

Le censure della norma regionale riferite all’art. 97 Cost., in considerazione del denunciato difetto di istruttoria e di motivazione, sarebbero infondate, concernendo detti vizi esclusivamente il provvedimento amministrativo.

I vizi prospettati dal T.a.r, consistenti nel difetto di istruttoria e di motivazione, non potrebbero fondare la valutazione di irragionevolezza della norma e neppure permetterebbero di ritenere dimostrata la violazione dell’art. 97 Cost.

Le esigenze di contenimento della spesa pubblica giustificherebbero, inoltre, l’intervento realizzato dalla disposizione regionale, che ha peraltro carattere eccezionale e temporaneo ed è destinata ad esplicare effetti sino alla data di approvazione dei nuovi LEA e per il periodo compreso tra il 1° gennaio 2007 e la data di approvazione del DIEF, quindi per un arco di tempo delimitato.

In definitiva, la misura dello sconto non sarebbe irragionevole: in primo luogo, perché è contenuta entro precisi limiti quantitativi e temporali; in secondo luogo, in quanto il riferimento è stato effettuato alle tariffe del 1998, dato che erano queste quelle in vigore all’atto della emanazione della norma; in terzo luogo, poiché il legislatore regionale ha operato la riduzione facendo riferimento alle tariffe del 1998, mentre la norma statale ha fatto riferimento alle meno vantaggiose tariffe del 1996.

9.1.- In detto giudizio si sono costituite anche le società Laboratorio d’Analisi Santilio Franco s.r.l. e Laboratorio d’Analisi Burano Santilio s.r.l., in persona dei legali rappresentanti, entrambe ricorrenti nel processo a quo, chiedendo che la questione sia accolta, sulla scorta di argomentazioni sostanzialmente coincidenti con quelle svolte nell’ordinanza di rimessione, ribadite nella memoria depositata in prossimità dell’udienza pubblica, nella quale richiamano anche le considerazioni svolte nelle altre ordinanze di rimessione sopra sintetizzate.

In particolare, le parti private contestano l’eccezione di difetto di giurisdizione della Regione Puglia e, nel merito, sostengono che allo Stato spetta il potere di stabilire i criteri generali per la determinazione delle tariffe, con la conseguenza che la loro diretta fissazione violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost.

Infine, la norma regionale censurata sarebbe inficiata dagli stessi vizi che connotano la norma statale e, anzi, la prima neppure reca un termine per l’approvazione delle nuove tariffe.

10.- Nel giudizio introdotto dal T.a.r. per il Lazio con l’ordinanza r.o. n. 78 del 2008, si è costituita l’URSAP (Unione regionale Sanità Privata), Unione di categoria di Federlazio, parte del processo principale, chiedendo, anche nella memoria depositata in prossimità dell’udienza pubblica, che la questione sia accolta, sulla scorta di argomenti che, in larga misura, ripropongono le considerazioni svolte nell’ordinanza di rimessione.

In particolare, la circostanza che le tariffe del d.m. 22 luglio 1996, nelle direttive concernenti le prestazioni diverse dalla diagnostica di laboratorio, oggetto dello sconto del 2%, non abbiano costituito oggetto di annullamento non escluderebbe l’illegittimità costituzionale della norma censurata anche in questa parte. Infatti, qualora debba ritenersi che per dette prestazioni sia stata svolta un’istruttoria sui costi, essa risalirebbe comunque ad un tempo anteriore al citato d.m. del 22 luglio 1996.

L’annullamento del d.m. del 22 luglio 2006 non inciderebbe sulla rilevanza della questione di legittimità costituzionale, come esaurientemente motivato dal rimettente, essendo altresì irrilevante accertare quali tariffe sarebbero applicabili dopo l’annullamento di quest’ultimo d.m., perché è certo che la norma censurata è stata applicata nel periodo considerato dal T.a.r.

Nel merito, l’URSAP sostiene che l’esigenza di razionalizzare la rete dei laboratori di analisi, evocata quale ratio della norma in esame, non riguarderebbe la disciplina delle tariffe, che sarebbe preordinata a soddisfare le esigenze dell’utenza, e realizzerebbe una sostanziale soppressione dell’iniziativa economica individuale, in violazione dell’art. 41 Cost.

Secondo la parte, non gioverebbe evocare neppure la sentenza n. 279 del 2006, in materia di sconto obbligatorio sul prezzo dei farmaci, in quanto in questo caso la Corte ha accertato che il minor prezzo non incideva sul margine di utile garantito dalla legge. Anzi, da detta sentenza si evincerebbe che lo sconto sarebbe legittimo soltanto qualora incida su prezzi determinati tenendo conto dei costi di produzione, senza erodere del tutto l’utile dell’imprenditore, purchè abbia carattere temporaneo; la norma censurata imporrebbe, invece, sconti permanenti e definitivi, disinteressandosi delle esigenze dei cittadini.

La circostanza che tutti gli operatori della sanità privata si sono giovati del giudicato conforterebbe la censura di violazione del medesimo. Peraltro, ad avviso dell’URSAP, l’obiettivo della norma censurata non sarebbe stato quello di incrementare l’efficienza del sistema sanitario, che avrebbe richiesto di intervenire nel settore pubblico, ma di discriminare gli operatori privati, in violazione dell’art. 3 Cost.

Infine, la lesione dell’art. 32 Cost. sarebbe comprovata dalla circostanza che la norma incide sull’operatività delle strutture sanitarie private, che sarebbero indispensabili per assicurare ai cittadini le prestazioni sanitarie, mentre l’art. 97 Cost. sarebbe evocabile in riferimento alla funzione legislativa; comunque, poiché le leggi-provvedimento soggiacciono ad uno scrutinio stretto di costituzionalità, sarebbe chiara l’irragionevolezza di una norma non preceduta dall’accertamento dei costi delle prestazioni.

11.- Nel giudizio promosso dal T.a.r. per il Lazio con l’ordinanza r.o. n. 230 del 2008 si è costituito Livio Ostillio, ricorrente nel processo principale, chiedendo che la questione sia accolta, svolgendo nella memoria gli argomenti a conforto di detta conclusione che, in buona sostanza, ripropongono quelli contenuti nelle ordinanze di rimessione sopra sintetizzate.

A suo avviso, le norme censurate: mirerebbero ad eludere il giudicato formatosi sull’annullamento del d.m. del 22 luglio 1996; violerebbero l’art. 41 Cost., poiché la dedotta riduzione dei costi che sarebbe consentita dall’automatizzazione degli esami di laboratori non risulterebbe accertata e comprovata e, in realtà, le norme sarebbero surrettiziamente preordinate a provocare la chiusura delle strutture private transitoriamente accreditate; si porrebbero in contrasto con l’art. 97 Cost., dal momento che è mancata un’istruttoria diretta ad accertare l’adeguatezza delle tariffe ai costi sopportati da dette strutture; realizzerebbero un deprezzamento dell’attività svolta dalle strutture private accreditate, recando vulnus al diritto alla salute ed al diritto di libera scelta degli assistiti; infine, la norma statale violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., poiché non stabilisce i criteri di massima delle tariffe, essendosi la norma regionale censurata limitata a recepire lo sconto stabilito dalla prima.

12.- Nel giudizio introdotto dall’ordinanza r.o. n. 231 del 2008 si sono costituiti Tommaso Mastrangelo, Luigi Cerra, il Laboratorio di analisi E4 dott. E. Calcatelli s.r.l., il Laboratorio analisi biomediche dr.ssa Utta Grazia Marinella s.r.l., Rosanna Santoro, il Laboratorio analisi San Giorgio del dott. Camodeca s.r.l., il Laboratorio analisi De Stefano s.r.l., il Laboratorio di analisi Francesco Prusciano s.r.l. ed il Laboratorio analisi biologiche T. Di Giacomo s.r.l. (le società, nelle persone dei legali rappresentanti), parti del processo principale, chiedendo che la questione sia accolta, esplicitando nella memoria depositata in prossimità dell’udienza pubblica gli argomenti a conforto di detta conclusione, in larga misura identici a quelli contenuti nell’atto di costituzione della parte privata nel giudizio r.o. n. 230 del 2008.

13.- Nei giudizi promossi dal T.a.r. per il Lazio con le ordinanze n. 255, n. 256, n. 262 e n. 368 del 2008, si sono costituite le seguenti parti dei processi principali: nel primo giudizio: il Laboratorio Analisi Cliniche e Radioimmunologiche Altomari s.r.l., in persona del legale rappresentante; nel secondo giudizio: il Laboratorio analisi cliniche Lab s.r.l., in persona del legale rappresentante; nel terzo giudizio: la Polispecialistica Bios s.r.l., in persona del legale rappresentante; nel quarto giudizio: Rocomar Analisi Cliniche M. Massimo s.r.l., Linea Medica s.r.l., Diagnostica Gamma s.r.l., Studio di Radiologia e Roentgenterapia s.r.l., Centro Fisioterapico Lido di Ostia s.r.l., Analisi cliniche Prospero Colonna s.r.l., Laboratorio Analisi Cliniche Tiburtino Valerio s.r.l., Analisi Cliniche Ciocci s.r.l., Diagnostica "Vigna Clara” s.r.l., Laboratorio di Patologia Clinica "Emmepi” s.r.l., Namur s.r.l., Laboratorio Ostiense s.r.l., Laboratorio Analisi Cliniche di Antonelli Armando & C. s.r.l., Laboratorio Analisi Cliniche "San Marco” s.a.s., Menichelli Ottavia s.r.l., Laboratorio Analisi Cliniche Balduina s.r.l., Ircas s.r.l., Laboratorio Analisi per la Diagnostica Medica Quarto Miglio s.r.l., Laboratorio "M. Malpighi” s.r.l., Proda s.r.l., San Rocco s.r.l., Laboratorio Analisi "Lepetit” s.r.l., Centro Diagnostico di Analisi e Radiologia Oreda s.r.l., Laboratorio Medico Biologico Graf s.r.l., Ormolab s.a.s. di G. Antonacci e C., Diagnostica Biomed s.r.l., L.A.C. Bologna s.r.l., Canbias s.r.l., Centro Diagnostico Clanis di Rossi C. & C. s.a.s., Data Medica s.r.l., Laboratorio Analisi Cliniche Gianturco s.r.l., Laboratorio Analisi Cliniche Elkalab s.r.l., Laboratorio Dott. Guido Bugliosi s.r.l., Biomedica s.r.l., Salus s.n.c., Laboratorio Analisi Cliniche Dante s.r.l., Laboratorio Analisi Cliniche "Olgiata” Dott. Luigi Pedretti & C. s.a.s., Centro Analisi SI.MO s.r.l., Istituto Custureri  s.r.l., Laboratorio Analisi Cliniche "Preneste” s.r.l., Labomedica s.r.l., Laboratorio Analisi Chimico-Cliniche e Microbiologiche "David” s.n.c., Lab Aurelia s.r.l., Ematolab s.n.c., F.K.T. Salvetti s.r.l., Ikor s.r.l., F.K.T. s.r.l., Analisi Cliniche Cimatti s.r.l., Analisi Cliniche Castelfidardo s.r.l., Poliambulatorio Talenti s.r.l., Terapia Fisica e Riabilitazione s.r.l., Studio di Terapia Fisica Prof. Calamita di Minelli Costantino & C. s.a.s., Laboratorio S. Faustino s.r.l., Montalto "Check-Up” s.r.l., Centro Diagnostico Buonarroti s.r.l., Centro Diagnostico Riviera di Tarantino Linda & C. s.a.s., RX Sonic s.r.l., Salus s.r.l., Laboratorio Analisi-Poliambulatorio San Cesareo s.r.l., Artemisia s.p.a., Analysis 1980 s.r.l., Laboratorio Analisi Cliniche Alessandria s.r.l., Analisi Cliniche Ippocrate s.r.l., K.R.A.S.I. s.r.l., GES.LAN. s.r.l., Laboratorio "Geas” s.r.l., Laboratorio Analisi Dott.ssa Tolloy s.r.l., Sanitas 2002 s.r.l., Studio Medico Ferentino s.r.l., Istituto Medico Polispecialistico "Malpighi” s.r.l., Fisio Cast S.r.l., Eurolab S.r.l., Gamma di Luca Marino s.n.c., Salus Controlli Medico Diagnostici s.r.l., AR.PA Radiologica s.r.l., Fisiokinesiterapia 21 s.r.l., Presidi Sanitari s.r.l., Villa Chiara s.r.l., Centro Fisiatria Riabilitazione s.r.l., Studio di Diagnosi Medica s.r.l., Clem Fisioterapia e Cosmetologia s.r.l. Analisi Cliniche, Laboratorio Casella s.r.l., Biodiagnostica Alessandrina s.r.l., Laboratorio Analisi Cliniche e Specialistiche "Cavour” s.r.l., Laboratorio Analisi Cliniche Costanzo Marcello s.a.s., Centro Medico Sociale A. Schweitzer s.a.s., Monterchi s.r.l., Figebo s.r.l., Laboratorio Analisi Praecilia s.r.l., Villa Alba s.r.l., Soc. Chea s.r.l., Villa del Lido s.r.l., M.R. 3000 s.r.l., Centro Ortopedico Fisioterapico s.r.l., Radiologia S. Antonio s.r.l., Laboratorio Analisi Cliniche e Microbiologiche Santacroce s.r.l., Laboratorio Hugh O’Heir s.r.l., Gemini Medical s.r.l., Tiziano Consultorio Familiare s.r.l., Biomedica Roma s.r.l., Medical Acta s.r.l., Studio Fisiokinesiterapico Accademia s.r.l., Centro Analisi Cliniche Morena s.n.c., Diagnostika Vallebona s.r.l., ME.DI.T. s.r.l., Laboratorio Analisi Cliniche e Ricerche Diagnostiche Prof. A. De Arcangelis s.r.l., Laboratorio Analisi Cliniche Mycete s.r.l., Studio Polispecialistico Nomentano s.r.l., Carvital s.r.l., Cid Laboratori s.r.l., Cedilab s.r.l., R.M.X. Radiologia Medica s.r.l., Laboratorio Analisi Cliniche Tiburtino s.r.l. (nelle persone dei rispettivi legali rappresentanti).

Dette parti, negli atti di costituzione e nelle memorie depositate in prossimità dell’udienza pubblica, di contenuto sostanzialmente omologo, hanno chiesto l’accoglimento della questione, sulla scorta di argomentazioni sostanzialmente riproduttive di quelle contenute nell’atto di costituzione e nella memoria depositati nel giudizio r.o. n. 230 del 2008, fatta eccezione per quelle concernenti la norma regionale non impugnata nei giudizi dei quali sono parte.

14.- Nel giudizio introdotto dal T.a.r. per la Calabria con l’ordinanza r.o. n. 133 del 2008 si sono costituite l’Associazione Italiana Ospedalità Privata-Calabria (A.I.O.P.), la Casa di cura Cascini s.r.l., la Biocontrol check-up s.a.s. e la Analisi cliniche biodiagnostica di Carmela Floriana Milano – nelle persone dei rispettivi legali rappresentanti –, parti del giudizio principale, che hanno chiesto l’accoglimento della questione, facendo propri gli argomenti svolti nell’ordinanza di rimessione.

Le parti, nella memoria depositata in prossimità dell’udienza pubblica, hanno insistito per l’accoglimento di dette conclusioni, richiamando anche le considerazioni svolte nell’ordinanza di rimessione del Ta.r. per il Friuli-Venezia Giulia e contestando che l’esigenza di razionalizzare la rete dei laboratori, enfatizzata dalla difesa erariale, sia congruente con lo scopo della norma censurata e possa renderla immune dai vizi denunciati.

A loro avviso, la questione sarebbe rilevante, dato che la delibera della Giunta regionale impugnata nel giudizio principale ha applicato la norma statale censurata, la quale, a sua volta, fa riferimento al d.m. 22 luglio 1996, con conseguente irrilevanza dell’annullamento del d.m. del 12 settembre 2006.

Nel merito, le parti sostengono che non sussisterebbero elementi di diversità tra le strutture accreditate pubbliche e private, con conseguente violazione dell’art. 3 Cost.. Inoltre, la norma statale censurata, incidendo sulle modalità di erogazione delle prestazioni da parte delle strutture private, metterebbe a repentaglio la tenuta delle stesse all’interno del sistema sanitario, in violazione dell’art. 32 Cost. e con pregiudizio del diritto di libera scelta dell’assistito.

Infine, la disposizione violerebbe il giudicato costituito dalla più volte richiamata sentenza del Consiglio di Stato che ha annullato il d.m. del 22 luglio 1996; il carattere di dettaglio e la previsione della misura fissa delle sconto conforterebbe la denunciata violazione degli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost.

14.1.- In questo giudizio è intervenuta l’Associazione Italiana Ospedalità Privata (A.I.O.P.), la quale, nell’atto di intervento e nella memoria depositata in prossimità dell’udienza pubblica, ha preliminarmente dedotto che, benché non sia parte del giudizio principale, l’intervento dovrebbe ritenersi ammissibile, poiché la norma statale censurata inciderebbe sull’attività svolta dalle strutture sanitarie private da essa rappresentate sul piano nazionale.

Nel merito, l’interveniente chiede che la questione sia accolta riproducendo gli argomenti contenuti nell’atto di costituzione e nella memoria depositati dalla parti del processo principale costituitesi nel giudizio innanzi a questa Corte (v. paragrafo 14).

15.- Nel giudizio instaurato dal T.a.r. per la Lombardia (r.o. n. 176 del 2008) si sono costituiti la Fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor, l’Istituto Policlinico San Donato s.p.a. – Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico, la C.O.F. Lanzo Hospital s.p.a., la Cam Centro Analisi Monza s.p.a., l’Istituto Clinico Mater Domini s.p.a., la Eukos s.p.a., la Cliniche Gavazzeni s.p.a., l’Istituto europeo di oncologia s.r.l., il Centro Cardiologico Monzino s.p.a., la Villa Gemma – Casa di cura s.p.a., la Casa di Cura Igea s.p.a., la Casa di cura La cittadella  sociale s.r.l., l’Istituto clinico S. Siro s.p.a., gli Istituti clinici Zucchi s.p.a., l’Istituto clinico Villa Aprica s.p.a., l’Istituto di cura Città di Pavia s.r.l., l’Istituto clinico Beato Matteo s.p.a., il Policlinico S. Marco s.r.l., il Policlinico S. Pietro s.p.a., l’Istituto clinico Città di Brescia s.p.a., la Casa di cura Villa Esperia s.p.a., la Humanitas Mirasole s.p.a., la Multimedica Holding s.p.a., l’Istituto clinico S. Anna s.p.a., l’Istituto ortopedico Galeazzi s.p.a., l’Istituto clinico S. Ambrogio s.p.a., la Clinica Castelli s.p.a., la Casa di cura Ambrosiana s.p.a., il Policlinico di Monza – Casa di cura privata s.p.a., nelle persone dei legali rappresentanti, ricorrenti nel processo a quo, chiedendo, anche nella memoria depositata in prossimità dell’udienza pubblica, sostanzialmente coincidenti con gli analoghi atti depositati dalle parti costituite nel giudizio r.o. n. 133 del 2008, che la questione sia accolta.

16.- La Regione Friuli-Venezia Giulia, in persona del Presidente, parte del processo principale nel giudizio r.o. n. 399 del 2008, si è costituita nel giudizio innanzi a questa Corte, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e, comunque, infondata.

Secondo la Regione, la disciplina dell’erogazione delle prestazioni sanitarie da parte delle strutture private accreditate vincolerebbe la pubblica amministrazione a remunerarle nell’osservanza di regole stabilite in accordi contrattuali, quindi all’interno di un assetto non assimilabile alla iniziativa economica privata. Pertanto, sarebbe legittimo e ragionevole un meccanismo diretto a porre un freno alla spesa pubblica e, per questa considerazione, la giurisprudenza amministrativa ha ritenuto legittima la riduzione dell’entità degli stanziamenti previsti per gli operatori sanitari privati, anche in difetto di una contrattazione.

A suo avviso, la norma statale censurata avrebbe realizzato una scelta riservata alla discrezionalità del legislatore ordinario; la diversità delle modalità del finanziamento delle strutture accreditate, a seconda che siano private o pubbliche, non realizzerebbe una ingiustificata disparità di trattamento, con conseguente inammissibilità della questione riferita agli artt. 3 e 41 Cost.

Del pari inammissibile sarebbe la questione sollevata in riferimento all’art. 97 Cost., poiché il rimettente dà atto dell’esistenza di una disciplina che prevede l’aggiornamento delle tariffe.

Infine, la tutela del diritto alla salute dovrebbe essere bilanciata con le esigenze della finanza pubblica ed il regime concorrenziale tra le strutture che erogano le prestazioni sanitarie armonizzato con le esigenze della programmazione finanziaria, con conseguente infondatezza della questione.

17.- Il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto nei giudizi introdotti dalle ordinanze r.o. n. 78, n. 132, n. 133 e n. 176, n. 230, n. 231, n. 368 e n. 399 del 2008 chiedendo che la questione di legittimità costituzionale del citato art. 1, comma 796, lettera o), sia dichiarata inammissibile e, comunque, infondata, svolgendo nei diversi atti argomentazioni sostanzialmente identiche, a conforto di dette conclusioni.

Secondo la difesa erariale, l’annullamento del d.m. 12 settembre 2006 e degli atti consequenziali renderebbe inapplicabili tutti i provvedimenti regionali impugnati, con conseguente difetto di rilevanza della questione e, comunque, difetto di motivazione in ordine a tale requisito, nella parte in cui non sarebbe stato indicato il regime applicabile.

Nel merito, l’interveniente premette che la Conferenza Stato-Regioni, nel Patto sulla salute del 28 settembre 2006, aveva convenuto sulla necessità di razionalizzare le tariffe dei laboratori. Lo sviluppo della tecnologia e l’introduzione di metodiche di analisi automatizzate permetterebbe una riduzione dei costi e, su questo presupposto, il disegno di legge finanziaria sottoposto alle Camere prevedeva uno sconto del 50%, costituendo peraltro la norma parte di un’azione diretta a razionalizzare la rete dei laboratori, riducendo la frammentazione e sfruttando economie di scala.

Secondo la difesa erariale, le censure riferite agli artt. 24 e 113 Cost. sarebbero infondate, poichè la norma non riguarderebbe la parte che ha ottenuto un giudicato; in ogni caso, la disposizione avrebbe carattere generale e ad essa non sarebbero riferibili i vizi propri dell’atto amministrativo.

La misura dello sconto è stata, inoltre, fissata tenendo conto delle ampie aree di inefficienza che caratterizzerebbero il mercato italiano, mentre l’art. 41 Cost. dovrebbe essere bilanciato con altri interessi costituzionalmente garantiti.

Ad avviso dell’interveniente, non sussisterebbe contraddittorietà per il fatto che le tariffe erano state stabilite con il d.m. 12 settembre 2006, in quanto la scelta del legislatore ordinario sarebbe conseguita ad un apprezzamento condiviso da Stato e Regioni in ordine alla possibilità di migliorare il sistema sanitario.

La censura riferita all’art. 3 Cost., per la asserita violazione del principio di eguaglianza sia tra strutture private accreditate e non accreditate, sia tra strutture accreditate private e pubbliche, sarebbe infondata, non essendo omologhe le situazioni poste in comparazione

La dedotta violazione dell’art. 32 Cost. sarebbe stata, poi, prospettata in linea meramente ipotetica, influendo la norma censurata sulla modalità produttiva delle prestazioni, non sul livello delle stesse ed essendo anzi diretta a migliorare il sistema sanitario; comunque, la disposizione avrebbe tenuto conto della limitatezza delle risorse disponibili.

Infine, secondo la difesa erariale, il parametro dell’art. 97 Cost. sarebbe inconferente e neppure sussisterebbe la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., poiché spetta allo Stato il potere di fissare le tariffe massime di remunerazione delle prestazioni sanitarie; la norma censurata sarebbe giustificata dall’esigenza di contenimento della spesa pubblica ed avrebbe realizzato un intervento condiviso dalle Regioni.

18.- All’udienza pubblica la difesa erariale e le parti hanno concluso per l’accoglimento delle conclusioni formulate nelle difese scritte.

Considerato in diritto

1.- Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione distaccata di Lecce, con una ordinanza, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, con otto ordinanze, il Tribunale amministrativo per la Calabria, sede di Catanzaro, sezione I, con due ordinanze, il Tribunale amministrativo per la Lombardia, con una ordinanza, ed il Tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia Giulia, con una ordinanza, hanno sollevato, in riferimento agli artt. 3 (r.o. n. 132/08, n. 133/2008, n. 176/08 e n. 399/08), 24 e 113 (r.o. n. 78/08, n. 132/08, n. 133/08, n. 176/08, n. 230/08, n. 231/08, n. 255/08, n. 256/08, n. 262/08, n. 263/08, n. 368/08 e n. 399/08, parametri indicati in quest’ultima ordinanza nella motivazione), 32, 41, 97 e 117 (recte: 117, terzo comma) (r.o. n. 27/08, n. 78/08, n. 132/08, n. 133/08, n. 176/08 – questa ordinanza non fa riferimento all’art. 32 –, n. 230/08, n. 231/08, n. 255/08, n. 256/08, n. 262/08 n. 263/08, n. 368/08 e n. 399/08, quest’ultima ordinanza non fa riferimento all’art. 117 Cost.), 103 (r.o. n. 176/08) e 119 della Costituzione (r.o. n. 133/08; n. 176/08), questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 796, lettera o), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007), nonché del citato art. 1, comma 796, lettera o), e dell’art. 33, comma 2, della legge della Regione Puglia 16 aprile 2007 n. 10 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2007 e bilancio pluriennale 2007-2009 della Regione Puglia), nel testo sostituito dall’art. 2 della legge della stessa Regione 5 giugno 2007, n. 16 (Prima variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2007) (r.o. n. 27, n. 230 e n. 231 del 2008), nella parte in cui stabiliscono che le prestazioni rese dalle strutture private accreditate per conto del Servizio sanitario nazionale (di seguito, S.s.n.) sono remunerate applicando uno sconto sugli importi indicati nel decreto del Ministro della sanità 22 luglio 1996, pubblicato nel supplemento ordinario n. 150 alla Gazzetta Ufficiale n. 216 del 14 settembre 1996.

2.- I giudizi hanno tutti ad oggetto l’art. 1, comma 796, lettera o), della legge n. 296 del 2006; tre di essi anche l’art. 33, comma 2, della legge della Regione Puglia n. 10 del 2007, nel testo modificato dall’art. 2 della legge della stessa Regione n. 16 del 2007, censurati, in larga misura, in riferimento agli stessi parametri costituzionali, per profili e con argomentazioni sostanzialmente coincidenti, sì che vanno riuniti, per essere decisi con un’unica sentenza.

3.- L’intervento dell’Associazione Italiana Ospedalità Privata (A.I.O.P.) nel giudizio promosso dall’ordinanza del T.a.r. per la Calabria del 30 gennaio 2008 (r.o. n. 133 del 2008) è inammissibile, in quanto detta Associazione non è parte del giudizio principale.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, possono partecipare al giudizio di legittimità costituzionale (oltre al Presidente del Consiglio dei ministri e, nel caso di legge regionale, al Presidente della Giunta regionale) solo le parti del giudizio principale (tra le più recenti, sentenze n. 47 del 2008 e n. 314 del 2007). L’intervento di soggetti estranei al processo principale è ammissibile soltanto qualora l’interveniente sia titolare di un interesse qualificato, suscettibile di essere direttamente inciso dalla pronuncia della Corte (per tutte, sentenza n. 245 del 2007; ordinanza letta all’udienza del 6 giugno 2006, allegata alla sentenza n. 279 del 2006; sentenza n. 440 del 2005), e cioè qualora questa incidenza consegua dall’immediato effetto che la pronuncia produce sul rapporto sostanziale oggetto del giudizio a quo (ordinanza n. 250 del 2007; ordinanza letta all’udienza del 21 giugno 2005, allegata alla sentenza n. 345 del 2005).

Un tale effetto è insussistente in riferimento ad associazioni di categoria (sentenza n. 341 del 2003), quale è l’A.I.O.P. ed in relazione alla prospettazione da questa svolta, con conseguente inammissibilità dell’intervento.

4.- I giudizi introdotti dalle ordinanze r.o. n. 230 e n. 231 del 2008 sono stati ritualmente promossi, mediante la notificazione dei provvedimenti di rimessione, a cura dei rimettenti, al Ministero dell’economia e delle finanze, parte contumace nei giudizi a quibus, presso la difesa erariale.

Nel giudizio di legittimità costituzionale non sono applicabili le norme sulla rappresentanza in giudizio dello Stato (in riferimento al giudizio in via principale, sentenza n. 383 del 2005, ordinanza n. 42 del 2004): nella specie, tuttavia, la notificazione riguarda l’ordinanza di rimessione, che è atto del giudizio principale ed è pertanto disciplinata dalle norme in questo applicabili (art. 11 del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1311 e successive modifiche).

5.- L’art. 1, comma 796, lettera o), della legge n. 296 del 2006 concerne la remunerazione delle prestazioni rese per conto del S.s.n. dalle strutture private accreditate e, nella parte censurata, dispone: «fatto salvo quanto previsto in materia di aggiornamento dei tariffari delle prestazioni sanitarie dall’articolo 1, comma 170, quarto periodo, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, come modificato dalla presente lettera, a partire dalla data di entrata in vigore della presente legge le strutture private accreditate, ai fini della remunerazione delle prestazioni rese per conto del Servizio sanitario nazionale, praticano uno sconto pari al 2 per cento degli importi indicati per le prestazioni specialistiche dal decreto del Ministro della sanità 22 luglio 1996, pubblicato nel supplemento ordinario n. 150 alla Gazzetta Ufficiale n. 216 del 14 settembre 1996, e pari al 20 per cento degli importi indicati per le prestazioni di diagnostica di laboratorio dal medesimo decreto».

L’art. 33, comma 2, della legge Regione Puglia n. 10 n. 2007, nel testo qui rilevante, stabilisce: «Fino all’emanazione dei nuovi Livelli di Assistenza Nazionali (LEA), per il periodo compreso tra il 1° gennaio e la data di approvazione del DIEF di cui al comma 1, le tariffe relative alle suddette prestazioni sono quelle riportate nel nomenclatore tariffario regionale delle prestazioni specialistiche ambulatoriali di patologia clinica indicata nell’allegato A) della Delib.G.R. 22 settembre 1998, n. 3784 alle quali si applica lo sconto del 20 per cento previsto dall’articolo 1, comma 796, lettera o), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007)».

5.1.- Le ordinanze di rimessione, con argomentazioni in larga misura coincidenti, ciascuna in riferimento ai parametri sopra indicati, premettono che le tariffe per la remunerazione delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, in esse comprese quelle relative alla diagnostica strumentale e di laboratorio, rese per conto del S.s.n., erano state stabilite dal decreto del Ministro della sanità 22 luglio 1996 (Prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale erogabili nell’ambito del Servizio sanitario nazionale e relative tariffe), annullato dal Consiglio di Stato, Sezione IV, con la sentenza 29 marzo 2001, n. 1839.

Il successivo decreto ministeriale emanato dal Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, in data 12 settembre 2006 (Ricognizione e primo aggiornamento delle tariffe massime per la remunerazione delle prestazioni sanitari), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 13 dicembre 2006, aveva proceduto, in fase di prima applicazione dell’art. 1, comma 170, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, alla ricognizione ed al primo aggiornamento delle tariffe massime di riferimento per la remunerazione delle prestazioni e delle funzioni assistenziali con oneri a carico del S.s.n., in riferimento alle prestazioni nello stesso indicate.

La norma statale ha, invece, disposto la reviviscenza delle tariffe stabilite con il primo di detti decreti, e, inoltre, ha fissato una ulteriore riduzione delle stesse, prevista anche dalla norma regionale.

5.2.- I rimettenti sostengono che la disposizione statale censurata costituirebbe una «norma-provvedimento», in quanto incide su un numero determinato e limitato di destinatari ed ha contenuto particolare e concreto, quindi sarebbe soggetta ad uno scrutinio stretto di costituzionalità.

A loro avviso, essa si porrebbe in contrasto con l’art. 3 Cost., in primo luogo, poiché, contraddittoriamente, richiama il principio dell’adeguamento tariffario e, al contempo, stabilisce la ultrattività del d.m. del 22 luglio 1996, annullato a causa delle carenze dell’istruttoria svolta per la sua adozione e, tuttavia, assunto quale provvedimento di riferimento per stabilire una ulteriore riduzione dell’importo della remunerazione delle prestazioni.

In secondo luogo, il citato parametro costituzionale sarebbe violato, in quanto le strutture private accreditate, per le prestazioni rese nel 2007, sono remunerate con importi già sospetti di inadeguatezza nel 1996, e ciò nonostante il consistente incremento dei costi e la riduzione del valore della moneta verificatisi negli ultimi dieci anni. Inoltre, la norma censurata violerebbe il principio di eguaglianza sia rispetto alle strutture private che forniscono identici servizi al di fuori del S.s.n., sia rispetto alle strutture accreditate pubbliche.

Sotto un ulteriore, concorrente, profilo, la disciplina censurata pregiudicherebbe la funzionalità delle strutture private accreditate, quindi violerebbe l’art. 32 Cost., comportando un pregiudizio della tutela del diritto alla salute, anche in considerazione dell’essenzialità ed irrinunciabilità del servizio da queste svolto nell’ambito del S.s.n., recando altresì vulnus al diritto del cittadino di scegliere la struttura alla quale richiedere l’erogazione della prestazione.

L’imposizione di uno sconto su tariffe risalenti nel tempo, stabilita senza esplicitare le ragioni della misura del medesimo e senza considerare l’incremento dei costi dei fattori produttivi (comunque, senza dare conto dello svolgimento di una valutazione al riguardo), si porrebbe, inoltre, in contrasto con l’art. 41 Cost., anche per la contraddizione logica insita nella reviviscenza delle tariffe approvate con il d.m. 22 luglio 1996, benché una nuova, e diversa, disciplina fosse stata stabilita con il d.m. 12 settembre 2006, quindi soltanto tre mesi prima dell’emanazione della norma statale censurata.

5.3.- Secondo i rimettenti, il citato art. 1, comma 796, lettera o), modificando le tariffe in esame e rendendo applicabili quelle contenute nel citato d.m. del 22 luglio 1996, nonostante che questo fosse stato annullato con sentenza passata in giudicato, recherebbe vulnus alle funzioni costituzionalmente attribuite al potere giudiziario, in violazione degli artt. 24, 103 e 113 Cost., nonché, secondo l’ordinanza n. 176 del 2008, dell’art. 97 Cost.

Inoltre, essa si porrebbe in contrasto con l’art. 97 Cost., poiché è stata emanata in difetto di una adeguata istruttoria, mentre il legislatore ordinario, in virtù di detto parametro costituzionale, avrebbe dovuto porre a base della scelta operata con la norma un'adeguata conoscenza dei fatti e darne conto, eventualmente mediante richiamo, espresso o implicito, ai lavori preparatori o ad altri atti, richiamo che manca; ed anzi è la stessa disposizione a dare atto della necessità di un’istruttoria che, tuttavia, ha posticipato, con illogica inversione delle fasi del procedimento.

5.4.- Gli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., secondo le ordinanze di rimessione che svolgono censure in riferimento a detti parametri costituzionali, sarebbero violati, poiché le esigenze di contenimento della spesa pubblica e il conseguente potere dello Stato di emanare norme di coordinamento della finanza pubblica non avrebbero permesso di individuare in modo specifico le voci di costo dei bilanci regionali da ridurre, ma avrebbero consentito soltanto di stabilire i principi fondamentali della materia e, al più, la misura delle riduzioni di spesa, non invece di determinare in dettaglio le tariffe in esame.

5.5.- Le tre ordinanze che censurano anche l’art. 33, comma 2, della legge della Regione Puglia n. 10 del 2007, nel testo sostituito dalla legge della stessa Regione n. 16 del 2007, deducono a conforto dell’eccezione di illegittimità costituzionale di tale disposizione, in riferimento agli specifici parametri evocati in relazione alla medesima (artt. 24, 32, 41, 97 e 113 Cost.), argomentazioni sostanzialmente identiche a quelle svolte con riguardo alla norma statale.

Inoltre, secondo il T.a.r. del Lazio (r.o. n. 230 e n. 231 del 2008), la norma regionale violerebbe l’art. 97 Cost., poiché affida ad un futuro provvedimento la fissazione di nuove tariffe, senza apporre alcun termine e, sostanzialmente, senza prevedere una disciplina transitoria, sicché identiche prestazioni nel 2007 potrebbero trovare una diversa remunerazione non in considerazione della loro oggettiva entità, ma per la casuale collocazione temporale della loro effettuazione in un determinato tempo nell’ambito del medesimo anno.

6.- Preliminarmente, va osservato che alcuni giudizi (r.o. n. 78, n. 230, n. 231, n. 255, n. 256, n. 262, n. 263 e n. 368 del 2008) sono stati promossi con «sentenza-ordinanza» (la indicazione, contenuta nel provvedimento r.o. n. 399 del 2008, dello stesso quale «sentenza» è frutto di un errore materiale, di cui lo stesso T.a.r. dà atto nell’ordinanza di correzione del 2 settembre 2008).

I rimettenti, con un unico provvedimento, hanno accolto alcuni dei motivi proposti dai ricorrenti, annullando in parte qua taluni degli atti impugnati nei giudizi principali; essi non si sono, invece, pronunciati su censure, la cui decisione hanno ritenuto condizionata alla previa decisione della questione di costituzionalità.

Siffatta forma del provvedimento non influisce sulla rituale instaurazione del giudizio, qualora, come nella specie, con esso il giudice a quo, indipendentemente dal nomen juris, abbia disposto la sospensione del procedimento e la trasmissione del fascicolo a questa Corte (sentenza n. 452 del 1997, ordinanza n. 153 del 2002).

In particolare, l’adozione di due provvedimenti (una sentenza non definitiva ed un’ordinanza di rimessione, in relazione ai motivi di ricorso non decisi) in uno stesso contesto formale (cioè in un unico atto) non incide sulla autonomia di ciascuno e sulla idoneità di quello configurabile come ordinanza ad instaurare il giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale, purché risulti osservato l’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, ed il giudizio principale non sia stato definito.

Tanto è dato riscontrare nella specie; i provvedimenti in esame contengono, infatti, un duplice ordine di statuizioni e ciascuno è configurabile come «ordinanza», nella parte in cui con esso i rimettenti hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale, senza avere fatto applicazione delle norme censurate e senza avere definito il giudizio principale, del quale, in parte qua, hanno disposto la sospensione.

6.1.- Nel giudizio promosso dall’ordinanza r.o. n. 27 del 2008 la Regione Puglia ha eccepito l’inammissibilità delle questioni, deducendo che gli atti impugnati sarebbero meramente ricognitivi delle norme censurate, quindi inciderebbero su diritti soggettivi, con conseguente carenza della potestas judicandi del giudice amministrativo.

La parte ripropone l’identica eccezione già sollevata in questi stessi termini nel giudizio principale e rigettata dal T.a.r. con espressa motivazione, svolta avendo riguardo alla disciplina del S.s.n. ed alle modalità di remunerazione delle prestazioni rese dalle strutture private accreditate, nonché alla natura ed al contenuto degli atti amministrativi impugnati, al fine di ritenere sussistente la propria giurisdizione.

L’eccezione è dunque infondata, in quanto, secondo un principio più volte affermato, l’autonomia del giudizio incidentale di costituzionalità rispetto a quello principale comporta che, in sede di verifica dell’ammissibilità della questione, il difetto di giurisdizione del giudice a quo può essere rilevato da questa Corte soltanto nei casi in cui appaia manifesto, così che nessun dubbio possa aversi sulla sua sussistenza, dovendo peraltro la relativa indagine arrestarsi, qualora il rimettente, come nel caso qui in esame, abbia espressamente motivato in maniera non implausibile in ordine alla propria giurisdizione (tra le più recenti, sentenze n. 241 del 2008 e n. 11 del 2007).

6.2.- Sono altresì infondate le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla difesa erariale in alcuni giudizi (introdotti dalle ordinanze r.o. n. 78; n. 132, n. 133 e n 368 del 2008), sul rilievo che l’annullamento del d.m. 12 settembre 2006 e degli atti consequenziali renderebbe sostanzialmente inapplicabili tutti i provvedimenti regionali e, pertanto, irrilevante la questione.

Indipendentemente da ogni considerazione in ordine alla identità delle prestazioni oggetto dei decreti ministeriali del 22 luglio 1996 e del 12 settembre 2006, per ritenere infondate le eccezioni è sufficiente osservare che la norma statale censurata richiama e rende applicabili esclusivamente le tariffe contenute nel primo di detti decreti; ed è in relazione a questo che essa dispone l’ulteriore sconto al quale si è più volte fatto cenno, con conseguente rilevanza della questione, come non implausibilmente è stato anche argomentato in alcune ordinanze.

Del pari infondata è l’eccezione di inammissibilità della questione sollevata in relazione all’art. 117, terzo comma, Cost., proposta dall’Avvocatura generale dello Stato nel giudizio introdotto dall’ordinanza r.o. n. 176 del 2008, dal momento che, contrariamente alla tesi sostenuta dall’interveniente, nei giudizi incidentali il giudice comune è legittimato a sollevare questione di legittimità costituzionale anche in relazione al parametro costituzionale che disciplina il riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni.

Le eccezioni di inammissibilità proposte dalla difesa erariale nel giudizio promosso dall’ordinanza r.o. n. 399 del 2008, in riferimento alla denunciata violazione dell’art. 3 Cost., nella parte in cui non sarebbe stata dimostrata la incongruità delle tariffe e sarebbe stata erroneamente prospettata la violazione del principio di eguaglianza tra strutture accreditate pubbliche e private, nonché quelle sollevate dalla Regione Friuli-Venezia Giulia (nel giudizio introdotto dall’ordinanza r.o. n. 399 del 2008) in relazione alle questioni riferite agli artt. 3, 32, 41 e 97 Cost., sono infondate, poiché prospettano argomentazioni suscettibili di incidere sulla fondatezza, non sulla ammissibilità delle censure.

6.3.- L’art. 1, comma 796, lettera o), della legge n. 296 del 2006, come è stato sopra ricordato, stabilisce che le strutture private accreditate, ai fini della remunerazione delle prestazioni rese per conto del S.s.n., applicano uno sconto pari al 2 per cento degli importi indicati per le prestazioni specialistiche dal decreto del Ministro della sanità 22 luglio 1996, e pari al 20 per cento degli importi indicati per le prestazioni di diagnostica di laboratorio dal medesimo decreto.

Alcune delle ordinanze di rimessione censurano espressamente la norma in riferimento ai due tipi di sconto (r.o. n. 133 del 2008), sia pure facendo ad essi riferimento nella motivazione (r.o. n. 133, n. 176 e n. 368 del 2008), svolgendo una non implausibile argomentazione sulla rilevanza, con la conseguenza che lo scrutinio da condurre in questa sede deve avere ad oggetto entrambi gli sconti.

Le tre ordinanze che censurano l’art. 33, comma 2, della legge Regione Puglia n. 10 del 2007, nel testo modificato dall’art. 2 della legge della stessa Regione n. 16 del 2007, hanno inoltre plausibilmente motivato in ordine alla rilevanza della questione concernente detta norma, osservando che nei giudizi principali è controversa la tariffa da applicare in riferimento allo sconto, esponendo le ragioni per cui ritengono di dovere applicare la norma regionale nel testo più recente (r.o. n. 27 del 2008) ed indicando che la remunerazione delle prestazioni per il periodo in contestazione è stata appunto stabilita in applicazione anche di detta disposizione (r.o. n. 230 e n. 231 del 2008).

Le questioni devono, infine, essere scrutinate esclusivamente in relazione ai parametri ed ai profili sopra sintetizzati, quali indicati nelle ordinanze di rimessione (sentenze n. 10 del 2009, n. 362 e n. 325 del 2008).

7.- Nel merito, le questioni non sono fondate.

7.1.- Occorre premettere che l’attuale disciplina dell’erogazione e della remunerazione delle prestazioni sanitarie costituisce l’esito di una evoluzione legislativa che, per quanto qui interessa, è stata avviata dalla legge 23 dicembre 1978, n. 833, che aveva definito un’organizzazione della sanità caratterizzata dall’erogazione delle prestazioni da parte delle strutture pubbliche, ovvero (in casi particolari e previa autorizzazione dell’Unità sanitaria locale, U.s.l.) da parte di strutture convenzionate.

Successivamente, il regime convenzionale è stato sostituito con l’introduzione (decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502) del cd. accreditamento delle strutture che avrebbero potuto erogare le prestazioni sanitarie e della disciplina delle remunerazioni delle medesime mediante il sistema "a tariffa”. Sistema questo caratterizzato dal potere dello Stato (confermato dall’art. 120, comma 1, lettera o), del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112) di definire i criteri generali per la fissazione delle tariffe (all’esito di un particolare procedimento che vedeva il coinvolgimento delle Regioni) e da quello delle Regioni di articolare entro un determinato ambito le tariffe applicabili nel proprio territorio (art. 8, comma 5, d.lgs. n. 502 del 1992, poi sostituito dall’art. 9 del d.lgs. 7 dicembre 1993, n. 517, e, successivamente, modificato dall’art. 6 della legge 23 dicembre 1994, n. 724; art. 2, comma 9, legge 28 dicembre 1995, n. 249).

L’entrata in vigore di questa nuova disciplina è stata, tuttavia, dapprima, in parte, differita nel tempo e, in seguito, nuovamente modificata.

In particolare, le innovazioni sono consistite, tra l’altro, nel prevedere un atto con il quale le Regioni e le U.s.l., sulla base di indicazioni regionali, avrebbero dovuto contrattare, «sentite le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative, con le strutture pubbliche private ed i professionisti eroganti prestazioni sanitarie un piano annuale preventivo che ne stabilisca quantità presunte e tipologia, anche ai fini degli oneri da sostenere» (art. 2, commi 7 ed 8, della legge 28 dicembre 1995, n. 549), individuando quantità e tipologie di prestazioni sanitarie erogabili nelle strutture pubbliche e in quelle private (relativamente all’anno 1997, art. 1, comma 32, della legge n. 23 dicembre 1966, n. 662), nonché, per ciascuna istituzione sanitaria pubblica e privata, i limiti massimi annuali di spesa sostenibile, i preventivi annuali delle prestazioni, gli indirizzi e le modalità per la citata contrattazione.

L’elevato e crescente deficit della sanità e le esigenze di bilancio e di contenimento della spesa pubblica, nonché di razionalizzazione del sistema sanitario, hanno, infatti, imposto di tenere conto dell’esigenza di una programmazione, in seguito rafforzata con le innovazioni introdotte dal d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229, che ha modificato il d.lgs. n. 502 del 1992.

L’accreditamento delle strutture è stato configurato come atto connotato da profili di discrezionalità amministrativa, avente ad oggetto la verifica concernente la funzionalità delle stesse rispetto agli indirizzi di programmazione regionale (art. 8-quater, comma 1), atto comunque da solo insufficiente a consentire l’erogazione di prestazioni a carico del S.s.n. Siffatta erogazione è stata, infatti, subordinata alla stipula di appositi accordi contrattuali, con i quali neppure è acquistata una certa quantità di servizi, ma è soltanto autorizzata l’erogazione delle prestazioni entro un tetto massimo prefissato (art. 8-quinquies), da remunerare con il sistema a tariffa.

Le tariffe per la remunerazione delle prestazioni rese per conto del S.s.n. sono stabilite all’esito di un complesso procedimento (art. 8-sexies del d.lgs. n. 502 del 1992). L’art. 1, comma 170, della legge 30 dicembre 1994, n. 311, ha disposto che «alla determinazione delle tariffe massime per la remunerazione delle prestazioni e delle funzioni assistenziali, assunte come riferimento per la valutazione della congruità delle risorse a disposizione del Servizio sanitario nazionale, provvede con proprio decreto, il Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano», precisando che restano a carico dei bilanci regionali gli importi tariffari, fissati dalle singole regioni, superiori alle tariffe massime.

L’evoluzione della disciplina ha determinato un assetto caratterizzato dalla programmazione del numero e dell’attività dei soggetti erogatori, in modo da evitare il rischio di una sottoutilizzazione delle strutture pubbliche; dalla ripartizione preventiva della domanda tra un numero chiuso di soggetti erogatori e dalla facoltà di scelta dell’assistito solo all’interno del novero delle strutture accreditate; dalla remunerazione in base al sistema a tariffa, allo scopo di ottenere un maggiore controllo della spesa, programmata e suddivisa tra i diversi soggetti erogatori, grazie alla fissazione di volumi massimi delle prestazioni erogabili.

7.2.- E’ in questo contesto che si collocano entrambe le disposizioni censurate.

 In particolare, con la norma statale, il legislatore ordinario ha inteso conseguire la finalità, espressamente dichiarata, di «garantire il rispetto degli obblighi comunitari e la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2007-2009, in attuazione del protocollo di intesa tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per un patto nazionale per la salute sul quale la Conferenza delle regioni e delle province autonome, nella riunione del 28 settembre 2006, ha espresso la propria condivisione» (art. 1, comma 796, della legge n. 296 del 2006), concordando, in buona sostanza, sull’obiettivo di ridurre la spesa sanitaria, realizzato, tra l’altro, precisamente con detta norma, mediante la fissazione delle tariffe massime ed uno sconto, nei termini sopra indicati.

Lo scopo è stato conseguito stabilendo una disciplina che, incidendo su un numero determinato e limitato di destinatari ed avendo contenuto particolare e concreto, sarebbe spettata all’autorità amministrativa e che, tuttavia, il legislatore ha ritenuto di fissare, in virtù di una scelta in sé legittima, benché suscettibile di uno scrutinio stretto di costituzionalità, sotto i profili della non arbitrarietà e non irragionevolezza.

In relazione a detti profili, assumono rilievo la particolarità del S.s.n., che richiede al legislatore ordinario di bilanciare le esigenze, da un lato, di garantire egualmente a tutti i cittadini, e salvaguardare, sull’intero territorio nazionale, il diritto fondamentale alla salute, nella misura più ampia possibile; dall’altro, di rendere compatibile la spesa sanitaria con la limitatezza delle disponibilità finanziarie che è possibile ad essa destinare, nel quadro di una programmazione generale degli interventi da realizzare in questo campo (tra le molte, sentenze n. 203 del 2008, n. 257 del 2007, n. 279 del 2006, n. 200 del 2005).

Siffatto bilanciamento costituisce il frutto di una scelta discrezionale compiuta, di regola, nella sede a tanto specificamente destinata, cioè con la legge annuale finanziaria; scelta che, tenuto conto della ristrettezza delle risorse finanziarie da destinare al settore, non può ritenersi viziata da intrinseca irragionevolezza per la sola circostanza di fare riferimento a dati pregressi (con riguardo ai limiti di spesa, sentenze n. 257 del 2007, n. 111 del 2005), anche con riguardo al profilo qui in esame.

Questa considerazione comporta che il riferimento della norma a tariffe pregresse non permette, da solo, di farne ritenere l’irragionevolezza. La prospettazione della loro inadeguatezza a garantire un margine di utile, sia pure ridotto rispetto all’aspettativa dei soggetti erogatori, è inoltre inidonea a confortare la denunciata violazione dell’art. 3 Cost., qualora, come nella specie, consista in una assertiva deduzione, svolta, sostanzialmente, facendo generico riferimento al mero decorso del tempo.

Per i rimettenti sarebbe stato, infatti, agevole vagliare ed accertare la consistenza di siffatta deduzione, sulla scorta di dati oggettivi; ciò sarebbe stato necessario soprattutto in considerazione della peculiarità delle prestazioni in esame, notoriamente interessate da una rilevante evoluzione tecnologica, suscettibile di avere comportato una riduzione dei costi. In tal senso è significativo che il testo della norma contenuto nel disegno di legge finanziaria stabiliva un abbattimento delle tariffe fissato in misura più elevata (e cioè pari al 50 per cento) di quella poi stabilita, benché lo limitasse soltanto ad alcune prestazioni, appunto in considerazione dei risparmi di spesa consentiti dall’elevata automatizzazione di un significativo numero di prestazioni diagnostiche.

La successiva, quantitativamente rilevante, riduzione della misura dello sconto stabilita con il testo definitivo della norma statale, accompagnata da una estensione dello stesso a tutte le prestazioni, può dunque essere ritenuta espressione di una non irragionevole ponderazione di siffatti elementi, comunque insuscettibile di essere giudicata arbitraria sulla scorta di considerazioni meramente congetturali. Peraltro, la valutazione di manifesta irragionevolezza neanche può essere confortata dall’annullamento del d.m. del 22 luglio 1996 da parte del Consiglio di Stato (Sezione IV, 29 marzo 2001, n. 1839), in quanto dichiarato per un vizio del procedimento.

Per altro verso, nello scrutinio di ragionevolezza, come questa Corte ha affermato, assume rilievo il carattere transitorio della norma (sentenze n. 279 del 2006, n. 200 del 2005, n. 310 del 2003; in riferimento alle norme regionali, sentenza n. 20 del 2000), nella specie sicuramente sussistente anche alla luce delle sopravvenienze normative.

L’art. 8 del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria) nel testo risultante dalle modifiche introdotte dalla legge di conversione 28 febbraio 2008, n. 31, ha modificato l’art. 1, comma 170, della legge n. 311 del 2004, che ora, nella parte qui rilevante, dispone: «Con cadenza triennale a far data dall’emanazione del decreto di ricognizione ed eventuale aggiornamento delle tariffe massime di cui al precedente periodo, e comunque, in sede di prima applicazione, non oltre il 31 dicembre 2008, si procede all’aggiornamento delle tariffe massime, anche attraverso la valutazione comparativa dei tariffari regionali, sentite le società scientifiche e le associazioni di categoria interessate».

Inoltre, la disciplina della fissazione delle tariffe di cui all’art. 8-sexies, comma 5, del d.lgs. n. 502 del 1992 è stata modificata dall’art. 79 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, in modo da permettere una accurata ricognizione dei costi delle prestazioni ed una equa remunerazione delle stesse.

Pertanto, non v’è dubbio che la disciplina stabilita dalla norma statale censurata risulta temporalmente limitata, carattere che connota anche la norma regionale in esame, non soltanto perché essa è evidentemente coordinata con la prima, ma anche perché la disposizione già lo fissava con riferimento all’emanazione dei nuovi livelli essenziali di assistenza, costituendo l’eventualità della mancata adozione di questi un mero inconveniente di fatto.

La circostanza che omologhe prestazioni, rese nel corso di uno stesso anno, possano essere differentemente remunerate, in conseguenza dell’applicabilità di una diversa disciplina, neppure comporta, una violazione dell’art. 3 Cost. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, non contrasta, infatti, di per sé con il principio di eguaglianza un differenziato trattamento applicato alla stessa categoria di soggetti, ovvero allo stesso soggetto, ma in momenti diversi nel tempo, poiché proprio il fluire del tempo costituisce un elemento diversificatore delle situazioni giuridiche (sentenza n. 342 del 2006, ordinanza n. 400 del 2007).

Siffatte considerazioni dimostrano l’infondatezza delle censure riferite all’art. 41 Cost., non risultando comprovata la compromissione di ogni margine di utile, quindi la lesione della libertà di iniziativa economica privata, che peraltro non riceve dall’ordinamento protezione assoluta, vieppiù in considerazione del carattere temporalmente limitato della disciplina e della circostanza che l’erogazione di prestazioni per conto del S.s.n. è comunque frutto di una scelta delle strutture private.

7.3.- La censura riferita all’art. 3 Cost., sotto il profilo della disparità di trattamento tra strutture accreditate, pubbliche e private, e tra strutture private che erogano o meno prestazioni per conto del S.s.n., del pari non è fondata.

La equiordinazione delle prime, esclusa da questa Corte, sia pure in relazione ad uno specifico profilo (concernente le fonti di finanziamento complessivo delle medesime, sentenza n. 111 del 2005), comunque già da solo sufficiente ad incidere sull’asserita omologia delle situazioni, deve infatti essere esclusa, tra l’altro, in quanto la doverosa peculiarità connessa alla natura pubblica della struttura comporta che su di essa grava l’obbligo di prestare i servizi, anche oltre il tetto di spesa assegnato. La evidente diversità delle situazioni delle strutture private che erogano prestazioni per conto del S.s.n., ovvero di privati, rende inoltre chiara l’insussistenza della denunciata violazione del principio di eguaglianza in riferimento a queste fattispecie in comparazione.

7.4.- La denuncia proposta in relazione all’art. 32 Cost., sotto i profili della lesione del diritto di libera scelta dell’assistito e della possibile incidenza della disciplina in esame sulla continuità dei rapporti e sulla permanenza delle strutture private all’interno della organizzazione del S.s.n., con eventuale pregiudizio della funzionalità di quest’ultimo, in danno della tutela della salute, non è fondata.

In ordine al primo profilo, è sufficiente ribadire, come questa Corte ha già affermato, che il principio di libera scelta non è assoluto e va contemperato con gli altri interessi costituzionalmente protetti, in considerazione dei limiti oggettivi che lo stesso legislatore ordinario incontra in relazione alle risorse finanziarie disponibili (sentenze n. 267 del 1998, n. 416 del 1996).

La prospettazione concernente il secondo profilo consiste, invece, in un’argomentazione meramente ipotetica che, appunto perché tale, è inidonea a dare consistenza alla censura.

7.5.- Il riferimento all’art. 97 Cost. è inconferente rispetto al profilo di illegittimità costituzionale denunciato dalle ordinanze di rimessione che richiamano detto parametro costituzionale.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il principio di buon andamento è, infatti, applicabile esclusivamente all’attività della pubblica amministrazione. I rimettenti non hanno, invece, posto in discussione il contenuto di una disposizione avente ad oggetto la disciplina dell’azione della pubblica amminsitrazione, ma esclusivamente le modalità dello svolgimento della funzione legislativa, alla quale non è riferibile l’art. 97 Cost. (sentenze n. 372 e n. 241 del 2008).

7.6.- La questione sollevata in relazione agli artt. 24, 103 e 113 Cost. non è fondata.

Le norme censurate incidono su un numero determinato e limitato di destinatari e, avendo contenuto particolare e concreto, costituiscono leggi-provvedimento, di per sé ammissibili, poiché, come è stato sopra ricordato, non è vietata l’attrazione alla legge, anche regionale, della disciplina di oggetti o materie normalmente affidati all’autorità amministrativa, purchè siano osservati i principi di ragionevolezza e non arbitrarietà e dell’intangibilità del giudicato e non sia vulnerata la funzione giurisdizionale in ordine alla decisione delle cause in corso (tra le molte, sentenze n. 288 e n. 241 del 2008, n. 267 e n. 11 del 2007, n. 282 del 2005).

In riferimento all’eventuale interferenza delle norme con provvedimenti giurisdizionali, questa Corte, anche di recente, ha escluso che all’adozione di una determinata disciplina con norme di legge sia di ostacolo la circostanza che, in sede giurisdizionale, sia stata ritenuta illegittima quella contenuta in una fonte normativa secondaria o in un atto amministrativo. Anche in tal caso è escluso che sia compromessa la funzione giurisdizionale, poiché legislatore e giudice continuano a muoversi su piani diversi: il primo fornisce regole di carattere tendenzialmente generale e astratto; il secondo applica il diritto oggettivo ad una singola fattispecie (ordinanze n. 32 del 2008, n. 352 del 2006, sentenze n. 211 del 1998, n. 263 del 1994).

Sono, invece, censurabili le norme il cui intento non sia quello di stabilire una regola astratta, ma di incidere su di un giudicato, non potendo ritenersi consentito al legislatore di risolvere, con la forma della legge, specifiche controversie e di vanificare gli effetti di una pronuncia giurisdizionale divenuta intangibile, violando i principi relativi ai rapporti tra potere legislativo e potere giurisdizionale e concernenti la tutela dei diritti e degli interessi legittimi (sentenza n. 374 del 2000).

Siffatti principi non sono vulnerati dalle norme censurate (il richiamo contenuto nell’ordinanza r.o. n. 176 del 2008 all’art. 97 Cost. in relazione ad essi è inconferente, non concernendo detto parametro costituzionale il rapporto tra funzione legislativa e funzione giurisdizionale).

La sentenza del Consiglio di Stato (sez. IV, 29 marzo 2001, n. 1839), indicata quale giudicato asseritamente violato, indipendentemente dalla considerazione che neppure concerneva tutte le prestazioni in esame, ha reso infatti inapplicabile il d.m. 22 luglio 1996 alle prestazioni erogate nella vigenza di tale atto, nel quadro di un assetto caratterizzato dalla periodica revisione delle tariffe.

Le disposizioni censurate, peraltro emanate oltre sei anni dopo la pronuncia del Consiglio di Stato, si sono limitate a stabilire le tariffe applicabili esclusivamente a far data dalla loro entrata in vigore, quindi a prestazioni rese successivamente alla sentenza. Esse hanno stabilito una regolamentazione della remunerazione delle prestazioni che il legislatore ordinario ha ritenuto di attrarre, temporaneamente, alla sfera legislativa, in virtù di una scelta che, per le considerazioni sopra svolte, neppure può ritenersi irragionevole e manifestamente arbitraria, benché sia stato fatto riferimento a tariffe pregresse. Per questa considerazione, le norme in esame, prive di efficacia retroattiva, non hanno violato il giudicato e gli effetti della pronuncia, poiché hanno soltanto stabilito la disciplina applicabile per il futuro, con conseguente infondatezza delle censure.

7.7.- Non sono, infine, fondate le censure svolte in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost.

In linea preliminare, occorre ribadire che lo scopo perseguito dal legislatore, di evitare l’aumento incontrollato della spesa sanitaria, è compatibile con i principi espressi da detti parametri costituzionali, nella considerazione bilanciata – che appartiene all’indirizzo politico dello Stato, nel confronto con quello delle Regioni – della necessità di assicurare, ad un tempo, l’equilibrio della finanza pubblica e l’uguaglianza di tutti i cittadini nel godimento dei diritti fondamentali, tra cui indubbiamente va ascritto il diritto alla salute (sentenza n. 203 del 2008). Ed è appunto perché il diritto alla salute spetta ugualmente a tutti i cittadini e va salvaguardato sull'intero territorio nazionale che detta spesa, in considerazione degli obiettivi della finanza pubblica e delle costanti e pressanti esigenze di contenimento della spesa sanitaria, si presta ad essere tendenzialmente manovrata, in qualche misura, dallo Stato (tra le tante, sentenze n. 203 del 2008, n. 193 e n. 98 del 2007).

L’autonomia finanziaria delle Regioni, delineata dal novellato testo dell’art. 119 Cost. si presenta, poi, in larga parte, ancora in fieri, con la conseguenza che le stesse Regioni sono legittimate a contestare interventi legislativi dello Stato, concernenti il finanziamento della spesa sanitaria, soltanto qualora lamentino una diretta ed effettiva incisione della loro sfera di autonomia finanziaria (sentenza n. 216 del 2008).

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, le norme statali che fissano limiti alla spesa delle Regioni e degli enti locali possono qualificarsi principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica alla seguente duplice condizione: in primo luogo, che si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della medesima, intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente; in secondo luogo, che non prevedano in modo esaustivo strumenti o modalità per il perseguimento dei suddetti obiettivi (sentenze n. 289 del 2008, n. 412 e n. 169 del 2007; n. 88 del 2006) ed incidano temporaneamente su una complessiva e non trascurabile voce di spesa (sentenze n. 289 e n. 120 del 2008), mirando il legislatore statale a perseguire l’obiettivo di contenere entro limiti prefissati una frequente causa del disavanzo pubblico, quale la spesa sanitaria, che abbia rilevanza strategica ai fini dell’attuazione del patto di stabilità interno e concerna un non trascurabile aggregato della stessa spesa.

Nel quadro di detti principi, va osservato anzitutto che la norma statale censurata stabilisce lo sconto da operare sulle tariffe più volte richiamate, ma non ha escluso il potere delle Regioni di stabilire tariffe superiori, che restano a carico dei bilanci regionali (art. 1, comma 170, della legge n. 311 del 2004; art. 8-sexies, comma 5, del d.lgs. n. 502 del 1992).

Inoltre, nel protocollo di intesa tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano per un patto nazionale per la salute, sul quale la Conferenza delle regioni e delle province autonome, nella riunione del 28 settembre 2006, aveva espresso la propria condivisione, era stato concordato l’obiettivo di ridurre la spesa sanitaria, che è appunto lo scopo perseguito dal citato art. 1, comma 796, lettera o), nell’osservanza dei principi sopra richiamati, con una misura di carattere transitorio, che ha avuto ad oggetto un rilevante aggregato di spesa, lasciando anche un margine di autonomia alle Regioni, con conseguente infondatezza delle censure. Ed è significativa al riguardo la mancata impugnativa da parte delle Regioni.

La deduzione che lo Stato ha fissato le tariffe «attraverso un meccanismo, quello del decreto ministeriale che, nel caso del d.m. del 2006 […], ha visto il parere contrario della Conferenza Stato-Regioni» (svolta nelle ordinanze del T.a.r. per la Calabria) e che la norma in esame avrebbe stabilito direttamente le tariffe, anziché limitarsi a fissare i criteri generali, è in parte inconferente, in parte infondata.

Relativamente al primo profilo, è sufficiente osservare che il richiamo contenuto nella norma al d.m. 22 luglio 1996 rende evidentemente non pertinente il riferimento fatto dai rimettenti al d.m. del 12 settembre 2006 ed al parere contrario reso su di esso.

In ordine al secondo profilo, va invece osservato che la disciplina della fissazione delle tariffe in esame stabilita da norme ordinarie non può essere evocata per inferirne l’illegittimità del citato art. 1, comma 796, lettera o), in relazione ai parametri costituzionali in esame, che, per le considerazioni sopra svolte in ordine al suo contenuto ed allo scopo con esso perseguito, non risultano affatto vulnerati.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 796, lettera o), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007), sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 32, 41, 97, 103, 113, 117, terzo comma, e 119 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione distaccata di Lecce, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, dal Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sede di Catanzaro, sezione I, dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, e dal Tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia Giulia, con le ordinanze indicate in epigrafe;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 33, comma 2, della legge della Regione Puglia 16 aprile 2007 n. 10 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2007 e bilancio pluriennale 2007-2009 della Regione Puglia), nel testo sostituito dall’art. 2 della legge della stessa Regione 5 giugno 2007, n. 16 (Prima variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2007), sollevata in riferimento agli artt. 24, 32, 41, 97 e 113 della Costituzione dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione distaccata di Lecce, e dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'1 aprile 2009.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Giuseppe TESAURO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 2 aprile 2009.