SENTENZA N. 314
ANNO 2007
Commento alla decisione di
Laura Marzano
(dal sito www.giustizia.amministrativa.it – che si ringrazia)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 10 comma 9, della legge della Regione Campania 13 agosto 1998, n. 16 (Assetto dei Consorzi per le aree di sviluppo industriale), e dell’art. 77, comma 2, della legge della Regione Campania 11 agosto 2001 n. 10 (Disposizioni di finanza regionale anno 2001), promossi con sette ordinanze del 20 maggio 2004 dal Consiglio di Stato, rispettivamente iscritte ai nn. da 252 a 256, 264 e 265 del registro ordinanze 2005 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20 prima serie speciale, dell’anno 2005.
Visti gli atti di costituzione di Aquilante Vittoria ed altri, dell’IMPRE.CO Società Consortile a r.l., di Santagata Antonio ed altri, di De Angelis Angelo nonché l’atto di intervento fuori termine della Di Marino S.r.l.;
udito nell’udienza pubblica dell’8 maggio 2007 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro;
uditi gli avvocati Antonio Romano e Carlo Maria Palmiero per la IMPRE.CO Società Consortile a r.l., Antonio Lamberti per De Angelis Angelo, Benito Aleni per Aquilante Vittoria ed altri, Renato De Lorenzo per Santagata Antonio ed altri.
Ritenuto in fatto
1. Il Consiglio di Stato, sezione IV, con ordinanza 20 maggio 2004 (reg. ord. n. 252 del 2005) – nel corso di giudizio di appello avverso decisione del Tribunale amministrativo regionale della Campania, sezione V, 5 novembre 2005, n. 6888, proposto, con separati atti, dalla Regione Campania, dal Consorzio per l’area di sviluppo industriale di Caserta e dall’Impre.co. s.r.l. – ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli art. 10, comma 9, della legge della Regione Campania 13 agosto 1998, n. 16 (Assetto dei Consorzi per le aree di sviluppo industriale), e 77, comma 2, della legge della Regione Campania 11 agosto 2001, n. 10 (Disposizioni di finanza regionale anno 2001), per violazione degli artt. 3, 42, terzo comma, e 97 della Costituzione.
Il giudice di primo grado, accogliendo il ricorso proposto da Vittorio Aquilante, Arturo Mastroianni, Maria Dello Margio, Andrea Aquilante, Lucia Aquilante, Giovanni Buonanno, Vincenzo Di Domenico, Vincenzo Di Domenico, Maia Moretti, Antonio Moretti, Rosa Moretti, Giovanna Moretti, Filomena Moretti, Maria Verde, Giuseppe Verde, Domenico Di Foggia, Antimo Verde, Giuseppe Della Gatta e Nicola Santagata, proprietari in agro del Comune di Gricignano di Aversa di alcuni fondi ricompresi nel piano regolatore dell’area di sviluppo industriale di Caserta, ha annullato il decreto n. 212 del 13 marzo 2002, con cui il Presidente della Giunta regionale della Campania, surrogandosi all’inadempiente Sindaco del Comune di Gricignano di Aversa, ha disposto l’occupazione d’urgenza, per la durata di anni cinque, delle aree occorrenti alla realizzazione dell’intervento produttivo "Filiera del sistema moda e dei servizi collegati”, nell’agglomerato industriale di Aversa Nord, tra cui anche i fondi dei predetti ricorrenti, oltre a tutti gli atti della procedura espropriativa.
Ad avviso del TAR della Campania, l’impugnato decreto di occupazione non era supportato da una valida ed efficace dichiarazione di pubblica utilità, in quanto il piano regolatore dell’area di sviluppo industriale (d’ora in avanti, piano a.s.i.) di Caserta, su cui asseritamente si fondava, approvato una prima volta con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 16 gennaio 1968 e successivamente, a seguito di un’estensione dell’area interessata, con decreto del 28 luglio 1970, era irrimediabilmente scaduto fin dal 28 luglio 1980 e ad esso, alla stregua di un’interpretazione costituzionalmente orientata, non potevano applicarsi né le successive proroghe disposte con leggi statali, né tanto meno quella prevista dall’articolo 10, comma 9, della legge della Regione Campania n. 16 del 1998, autenticamente interpretato dall’articolo 77, comma 2, della successiva legge regionale n. 10 del 2001.
La rimettente sezione del Consiglio di Stato premette che, pronunciandosi sulle singole istanze cautelari proposte dagli appellanti, ha sospeso l’efficacia dell’impugnata sentenza. Con sentenza non definitiva, in pari data, inoltre, riuniti gli appelli e ritenuta sussistente nella controversia de qua la giurisdizione del giudice amministrativo, ha respinto i motivi di appello relativi alla dedotta omessa declaratoria di inammissibilità, per tardività dei ricorsi di primo grado.
Quanto al terzo motivo di appello, diversamente da quanto ritenuto dai primi giudici, il giudice rimettente assume che esso è astrattamente fondato, non potendo ragionevolmente dubitarsi dell’applicazione al piano a.s.i. di Caserta della disposizione contenuta nell’articolo 10, comma 9, della legge della Regione Campania n. 16 del 1998, autenticamente interpretato dall’articolo 77, comma 2, della legge regionale n. 10 del 2001: su tali norme tuttavia grava il sospetto di contrarietà ai principi costituzionali sopra indicati.
Il piano a.s.i. di Caserta è effettivamente scaduto, in data 28 luglio 1980, per decorso del decennio di efficacia, previsto dell’art. 25 della legge 3 gennaio 1978, n. 1 (e dell’art. 52, secondo comma, del d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218).
Al piano consortile in esame non è applicabile l’articolo 11 della legge 31 maggio 1990, n. 128, che ha prorogato al 31 dicembre 1990 il termine di validità dell’art. 25 della legge n. 1 del 1978, non potendo ammettersi la prorogabilità di un provvedimento non più efficace perché scaduto, e nemmeno l’ulteriore proroga triennale di validità di detti piani, prevista dal secondo comma dell’articolo 52 del d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218 (nel testo novellato dall’articolo 25 della legge 3 gennaio 1978, n. 1) – il termine è stato a sua volta prorogato dal decreto-legge 13 febbraio 1981, n. 19, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 15 aprile 1981, n. 128 (art. 2) di tre anni (15.1.1984), dal decreto-legge 28 febbraio 1986, n. 48, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, primo comma, della legge 18 aprile 1986, n. 119 (art. 1) per un altro anno, dall’art. 1 del decreto-legge 20 novembre 1987, n. 474, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 21 gennaio 1988, n. 12, fino al 30 giugno 1988, dall’art. 13 della legge 10 febbraio 1989, n. 48, fino al 31 dicembre 1989, e dall’art. 11 della legge 31 maggio 1990 n. 128 fino al 31 dicembre 1990 – in quanto l’art. 52 deve essere interpretato alla luce del suo complessivo disposto: al primo comma è fissata in linea generale in dieci anni la durata dell’efficacia dei piani regolatori consortili; alla data del 15 gennaio 1981 (triennio successivo all’entrata in vigore della legge 3 gennaio 1978, n. 1) è fissata altresì la scadenza dell’efficacia dei piani approvati da oltre un decennio rispetto alla data dei 15 gennaio 1978; in linea generale, è confermata la durata decennale dei piani approvati da meno di un decennio rispetto alla data del 15 gennaio 1978 (com’è quello del Consorzio per l’Area di sviluppo industriale di Caserta), puntualizzandosi che detta durata (decennale) non potrà essere inferiore ad un triennio dalla predetta data (del 15 gennaio 1978).
Venendo alla proroga disposta dall’art. 10 della legge della Regione Campania n. 16 del 1998, della cui legittimità costituzionale si dubita, detta norma, rubricata «Piani regolatori delle aree e dei nuclei industriali», al comma 9, dopo aver fissato in via generale l’efficacia dei piani dei Consorzi in dieci anni, espressamente afferma che «La validità dei piani esistenti è prorogata per tre anni dalla data di entrata in vigore» e l’art. 77, comma 2, legge regionale n. 10 del 2001, fornendone l’interpretazione autentica, ha disposto che la proroga di validità ed efficacia dei Piani regolatori delle Aree e dei Nuclei di cui all’articolo 10, comma 9, della legge regionale n. 16 del 1998, è intesa nel senso che la stessa si applica a tutti i Piani esistenti, anche se medio tempore scaduti.
Secondo il rimettente, l’art. 10 della legge della Regione Campania n. 16 del 1998 è applicabile al giudizio a quo, mentre non lo era secondo la decisione impugnata del TAR, dal momento che l’espressione «medio tempore scaduti» non poteva riferirsi indiscriminatamente a tutti i piani a.s.i. comunque scaduti (ed indipendentemente dal momento della scadenza), ma doveva riferirsi esclusivamente, in virtù di un’interpretazione conforme a Costituzione, a quei piani venuti in scadenza tra il 1° gennaio 1991 (data di scadenza dell’ultima proroga degli stessi stabilita con norma statale e cioè con la legge 31 maggio 1990, n. 128) ed il 25 agosto 1998, data di entrata in vigore della legge regionale 13 agosto 1998, n. 16, poiché l’intenzione del legislatore regionale era stata quella di eliminare ogni incertezza in materia, raccordando in questo modo, ai fini della efficacia dei piani esistenti, la legislazione statale a quella regionale, con la conseguenza che, pertanto, poiché il piano a.s.i. di Caserta, scaduto il 28 luglio 1980, non rientrava in tale lasso di tempo, ad esso non poteva applicarsi la citata normativa di proroga.
Con l’ordinanza di rimessione, la IV sezione del Consiglio di Stato non condivide tale assunto: la tesi dei primi giudici, lungi dall’essere ancorata ad un qualche dato positivo, e neppure ad eventuali lavori preparatori, piuttosto che costituire espressione di una interpretazione della norma conforme a Costituzione, finisce in concreto per comportare una disapplicazione della legge in questione, in quanto incostituzionale, sostituendo inammissibilmente nella regolazione di un caso concreto la volontà del giudicante a quella del legislatore.
Il giudice rimettente, proponendosi un’interpretazione fondata sul dato letterale dell’art. 10, comma 9, della legge della Regione Campania n. 16 del 1998, e sull’effettiva intenzione del legislatore, fatta palese dall’interpretazione autentica dell’articolo 77, comma 2, della legge della Regione n. 10 del 2001, per cui lo scopo delle ricordate disposizioni era proprio quello di rendere validi ed efficaci i piani che i Consorzi per le aree di sviluppo industriale avevano già elaborato anche da tempo e che, dunque, fossero suscettibili di immediata attuazione, deduce che l’espressione non tecnica usata dal legislatore che, come ricordato, parla di «piani esistenti», impedisce l’individuazione di qualsiasi lasso di tempo entro il quale individuare la eventuale scadenza dei piani consortili al fine di legittimare la loro proroga legislativa: in realtà la voluntas del legislatore è stata evidentemente quella di "prorogare" (impropriamente, ovvero di far rivivere) tutti i piani approvati, in qualsiasi tempo scaduti. Ciò del resto ben può giustificarsi in considerazione del fatto che la legge n. 16 del 1998 costituisce il primo intervento normativo regionale nell’ambito di una materia così delicata qual è quella dei consorzi per le aree di sviluppo industriale.
Motivata dunque l’applicabilità della normativa regionale di proroga del piano a.s.i. di Caserta – che dunque porterebbe all’accoglimento dell’appello – il Consiglio di Stato solleva d’ufficio la questione di legittimità costituzionale della norma richiamata: l’ulteriore vigenza triennale del piano, a partire dall’entrata in vigore della legge regionale n. 16 del 1998, determina compressione del diritto di proprietà per effetto della reiterazione del vincolo e assoggettamento alla procedura espropriativa.
L’art. 53 del d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, attribuisce all’approvazione dei piani a.s.i. l’effetto di dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza delle opere ivi previste, con sottoposizione delle aree ivi contemplate a evidenti vincoli espropriativi.
La giurisprudenza costituzionale insegna che la reiterazione dei vincoli decaduti (preordinati all’espropriazione o con carattere sostanzialmente espropriativo), ovvero la loro proroga in via legislativa, non costituiscono fenomeni per ciò solo inammissibili dal punto di vista costituzionale, potendo in concreto sussistere ragioni giustificative, accertate attraverso l’opportuna e motivata valutazione procedimentale dell’amministrazione competente, ovvero apprezzate dalla discrezionalità del legislatore entro i limiti della non irragionevolezza e della non arbitrarietà. Sono però inammissibili dal punto di vista costituzionale le reiterazioni dei vincoli espropriativi nei casi di proroga sine die o all’infinito (nel senso cioè della reiterazione di proroghe a tempo indeterminato che si aggiungano le une alle altre), ovvero quando il limite temporale di efficacia delle disposte reiterazioni è indeterminato, cioè non sia certo, preciso e sicuro e quindi sia sostanzialmente irragionevole, sempreché ovviamente non sia stato previsto l’indennizzo (oltre il periodo tollerabile di durata dei vincolo stesso). La reiterazione del vincolo espropriativo è consentita purché puntualmente motivata circa la necessità e l’attualità di acquisire la proprietà privata (da valutare sulla base di una apposita istruttoria procedimentale da cui emerga la prevalenza dell’interesse pubblico rispetto a quello privato da sacrificare) e sia contemporaneamente prevista anche la corresponsione del giusto indennizzo al cittadino sacrificato (sentenze n. 179 del 1999 e n. 411 del 2001, quest’ultima dichiarativa dell’illegittimità costituzionale dell’art. 58 del d.P.R. n. 218 del 1978).
La generalizzata proroga dei piani medio tempore scaduti, che induce a qualificare la legge in esame come legge provvedimento, non toglie che manchi qualsiasi elemento volto a provare l’effettivo svolgimento di una puntuale procedura di valutazione degli interessi pubblici e privati in gioco, in relazione alla necessità ed all’attualità da parte della pubblica amministrazione di disporre della proprietà privata per realizzare un progetto di interesse generale, difettando altresì della conseguente adeguata motivazione, e che manchi inoltre qualsiasi previsione di indennizzo per l’ulteriore compressione delle facoltà di godimento del diritto di proprietà. Elementi non ricavabili dal contesto normativo né dai lavori preparatori.
La richiamata normativa ha così comportato un’inammissibile reiterazione dei vincoli espropriativi scaduti, assoggettando ingiustificatamente, in palese contrasto delle previsioni contenute nell’articolo 42, terzo comma, Cost., le aree rientranti nel piano a.s.i. di Caserta (tra cui quelle della originaria parte ricorrente), approvato una prima volta con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 16 gennaio 1968 e poi, a seguito di un ampliamento dell’estensione territoriale dell’area consortile, con decreto del 28 luglio 1970, ad un ulteriore vincolo espropriativo, senza che siano state accertate ed evidenziate le ragioni di pubblico interesse che giustificavano il perdurante sacrificio della proprietà privata, e senza alcuna previsione di indennizzo.
Risultano, altresì, violati, ad avviso della Sezione rimettente, anche il principio di ragionevolezza, cui deve attenersi intrinsecamente la discrezionalità del legislatore, nonché i principi di legalità e di buon andamento, cui deve ispirarsi l’azione amministrativa. La proroga interviene indiscriminatamente su qualsiasi piano regolatore dei consorzi per le aree di sviluppo industriale per il fatto della sua semplice esistenza, indipendentemente dal fatto che essi siano eventualmente già scaduti e per di più indipendentemente dal momento in cui essi siano già venuti a scadenza: la proroga di un provvedimento amministrativo, quale provvedimento di secondo grado, accede necessariamente ad un precedente provvedimento esistente e efficace, incidendo proprio sulla sua efficacia, mentre la previsione della cui legittimità si dubita appare evidentemente irrazionale, rappresentando una vera e propria contraddizione in termini la proroga di un provvedimento non più efficace.
In realtà, utilizzando in modo distorto lo strumento dell’interpretazione autentica di una propria precedente norma legislativa, il legislatore regionale, con disposizione innovativa (e non meramente interpretativa), ha sostanzialmente "riadottato" un precedente atto amministrativo, che aveva definitivamente esaurito il suo periodo di efficacia ed era quindi del tutto incapace di produrre propri effetti giuridici, conferendogli una nuova efficacia (con effetto retroattivo) attraverso una fictio iuris (cioè l’interpretazione di una norma giuridica che poteva logicamente e razionalmente riguardare solo i piani validi ed efficaci al momento della entrata in vigore della legge n. 16 del 1998): tutto ciò al di fuori delle norme procedimentali che ne disciplinavano l’emanazione, e, dunque, in patente violazione dell’articolo 97 Cost.
Senza contare che, altrettanto irragionevolmente, in stridente contrasto con il principio di uguaglianza sostanziale sancito dall’articolo 3, secondo comma, Cost., la riadozione o la rinnovata efficacia attribuita al piano a.s.i. di Caserta è avvenuta ad oltre venti anni dalla sua originaria scadenza, senza che sia stata svolta alcuna valutazione sulla necessità dell’intervento pubblico da realizzare in relazione al sacrificio imposto al privato.
1.1. – Nel giudizio si sono costituiti Aquilante Vittoria, Mastroianni Antonio, Dello Margio Maria, Aquilante Andrea, Aquilante Lucia, Buonanno Carlo e Buonanno Antonietta eredi di Buonanno Giovanni, Moretti Antonio e Moretti Rosa e Moretti Giovanna e Moretti Filomena e Verde Maria, Verde Giuseppe, Di Foggia Domenico, Della Gatta Agnese, Santagata Nicola. Le parti private sottolineano che, costituendosi nel giudizio d’appello davanti al Consiglio di Stato, essi avvaloravano l’interpretazione data dal TAR della Campania, della inapplicabilità della proroga regionale ai piani a.s.i. già da tempo scaduti, a meno di non voler adottare un’interpretazione, quella della reviviscenza di detti piani, palesemente in contrasto con i principi costituzionali: sia per il carattere sostanzialmente espropriativo della disposizione, non accompagnata da previsione di indennizzo, sia perché in tal modo l’art. 77 della legge regionale n. 10 del 2001 non avrebbe avuto un fine semplicemente interpretativo, bensì inammissibilmente estensivo dell’applicabilità dell’art. 10 della legge regionale n. 16 del 1998, eludendo per di più il giudicato di precedenti decisioni del Consiglio di Stato, con cui il piano a.s.i. di Caserta era stato dichiarato decaduto. Nel qual caso non poteva che rimettersi la questione al giudizio di legittimità costituzionale, anche alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.
Il Consiglio di Stato, considerando applicabile la proroga di cui alla legge regionale, come da interpretazione autentica, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale. Gli originari ricorrenti sostengono che la disposizione censurata, ove non interpretata come da essi ritenuto, cioè nel senso che l’espressione «medio tempore scaduti» si riferisca esclusivamente ai piani dei consorzi delle aree industriali che erano venuti o andavano a scadere nel periodo tra il 1° gennaio 1991, data di scadenza dell’ultima proroga degli stessi stabilita con una disposizione statale e cioè con la legge n. 128 del 1990 ed il 25 agosto 1998, data di entrata in vigore della legge regionale n. 16 del 1998, e che quindi la proroga non fosse applicabile ai piani a.s.i. di Caserta, chiedono che la Corte dichiari l’illegittimità costituzionale dell’art. 10, comma 9, della legge della Regione Campania n. 16 del 1998, e dell’art. 77, comma 2, della legge della stessa Regione n. 10 del 2001.
1.2. – Si è costituito altresì l’Impre.co. s.r.l., deducendo l’inammissibilità, irrilevanza e infondatezza della sollevata questione, con riserva di ogni ulteriore deduzione.
1.3. – Nell’imminenza dell’udienza pubblica l’Impre.co. s.r.l. ha depositato memoria, con la quale deduce: a) l’inammissibilità della questione sollevata dal Consiglio di Stato, non configurandosi la giurisdizione del giudice amministrativo, poiché l’illegittimità del decreto di occupazione consegue alla carenza di una valida ed efficace dichiarazione di pubblica utilità, con la conseguenza che la causa attiene ad un comportamento materiale della p.a., per il quale è configurabile la giurisdizione ordinaria; b) l’inammissibilità della questione per l’inapplicabilità al decreto di occupazione oggetto del giudizio (13 marzo 2002) della proroga che comunque decorre dall’entrata in vigore della legge della Regione Campania n. 16 del 1998 e che, in virtù della norma interpretativa di cui alla legge regionale n. 10 del 2001, si applica anche ai piani scaduti; c) l’infondatezza della questione, dato che dalla scadenza dei piani a.s.i. fino alla reviviscenza del vincolo, la proprietà non ha subito compressioni ed il nuovo vincolo è stato posto in essere con un termine certo e determinato, per il quale non si pone neppure questione di indennizzo.
1.4. – Nello stesso giudizio, con atto depositato il 19 aprile 2007 – quindi oltre il termine stabilito dall’art. 25 della legge 11 marzo 1953, n. 87 – ha spiegato intervento la Di Marini-Rovani s.r.l., che si dichiara proprietaria di un’area industriale compresa nel piano a.s.i. di Salerno, comprensorio di Cava de’ Tirreni e che non compare tra le parti in causa nei giudizi a quo.
L’interveniente afferma la propria legittimazione dato che il Consorzio a.s.i. di Salerno ha iniziato la procedura espropriativa di quell’area in base al piano consortile approvato nel 1992, che, grazie alla proroga disposta dalle leggi regionali n. 16 del 1998 e n. 10 del 2001, andrà a scadere nel 2008, anziché nel 2005.
L’intervento mira ad avallare i dubbi di legittimità costituzionale palesati dalle ordinanze del Consiglio di Stato, rammentando che, già con la sentenza n. 260 del 1976, la Corte costituzionale censurò la durata tendenzialmente indeterminata dei piani a.s.i., tanto che l’art. 25 della legge n. 1 del 1978 ne ha fissato la durata decennale, e che la successiva giurisprudenza (sentenze n. 179 del 1999 e 148 del 2003) ha affermato la temporaneità dei vincoli e la necessità che la reiterazione alla scadenza del primo periodo di durata naturale sia accompagnata dalla previsione di indennizzo, senza di che la normativa appare incostituzionale, per violazione dell’art. 42, comma terzo, Cost.; dal momento che l’incidenza dei piani a.s.i. sulla proprietà privata comporta che il procedimento tipico di redazione ed approvazione di essi prevede ampie plurime fasi di partecipazione, in nome dei principi di uguaglianza e buon andamento dell’azione amministrativa, che non consentono di comprimere in modo immediato e indiretto singole e specifiche situazioni giuridiche, in assenza di approfondita istruttoria ed adeguata attività di ponderazione degli interessi, mentre l’intervento legislativo diretto in materia di pianificazione evita la procedimentalizzazione delle scelte in contraddittorio, con violazione degli artt. 3 e 97 Cost.
2. – Il Consiglio di Stato, sezione IV, con ordinanza 20 maggio 2004 (reg. ord. n. 253 del 2005) – nel corso di giudizio di appello avverso decisione del TAR della Campania, sezione V, 5 novembre 2005, n. 6883, proposto, con separati atti, dalla Regione Campania, dal Consorzio per l’area di sviluppo industriale di Caserta e dall’Impre.co. s.r.l. – ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 10, comma 9, della legge della Regione Campania n. 16 del 1998, e 77, comma 2, della legge della Regione Campania n. 10 del 2001, per violazione degli artt. 3, 42, terzo comma, e 97 Cost.
Il giudice di primo grado, accogliendo il ricorso proposto da Giuseppe e Celeste Della Gatta e Angela Buonanno, ha annullato il decreto n. 212 del 13 marzo 2002, con cui il Presidente della Giunta regionale della Campania, surrogandosi all’inadempiente Sindaco del Comune di Gricignano di Aversa, ha disposto l’occupazione d’urgenza, per la durata di anni cinque, delle aree occorrenti alla realizzazione dell’intervento produttivo "Filiera del sistema moda e dei servizi collegati”, nell’agglomerato industriale di Aversa Nord, tra cui anche i fondi dei predetti ricorrenti, oltre a tutti gli atti della procedura espropriativa.
Le motivazioni della sentenza di primo grado coincidono con quelle adottate dalla sentenza n. 6888 del 2005, come sopra riportate. La sezione IV del Consiglio di Stato, sospesa l’efficacia anche della sentenza n. 6883 del TAR della Campania, con sentenza non definitiva, riuniti gli appelli e ritenuta sussistente nella controversia de qua la giurisdizione del giudice amministrativo, ha respinto i motivi di appello relativi alla dedotta omessa declaratoria di inammissibilità, per tardività dei ricorsi di primo grado. Quanto al terzo motivo di appello, il giudice rimettente assume che esso sia astrattamente fondato, non potendo ragionevolmente dubitarsi dell’applicabilità al piano a.s.i. di Caserta, per le stesse ragioni esposte nell’ordinanza n. 252 del 2005 (e sopra sintetizzate), delle disposizioni contenute nel comma 9 dell’articolo 10 della legge della Regione Campania n. 16 del 1998, autenticamente interpretato dall’articolo 77, comma 2, della legge regionale n. 10 del 2001, ed ha sollevato la questione di legittimità costituzionale delle stesse norme, per le ragioni sopra richiamate.
2.1. – Si è costituita l’Impre.co. s.r.l., deducendo l’inammissibilità, irrilevanza e infondatezza della sollevata questione, con riserva di ogni ulteriore deduzione.
3. – Il Consiglio di Stato, sezione IV, con ordinanza 20 maggio 2004 (reg. ord. n. 254 del 2005) – nel corso di giudizio di appello avverso decisione del TAR della Campania, sezione V, 5 novembre 2005, n. 6886, proposto, con separati atti, dalla Regione Campania, dal Consorzio per l’area di sviluppo industriale di Caserta e dall’Impre.co. s.r.l., ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 10, comma 9, della legge della Regione Campania n. 16 del 1998, e 77, comma 2, della legge della Regione Campania n. 10 del 2001, per violazione degli artt. 3, 42, terzo comma, e 97 Cost.
Il giudice di primo grado, accogliendo il ricorso proposto da Agnese Della Gatta, e Angela Buonanno, ha annullato il decreto n. 212 del 13 marzo 2002, con cui il Presidente della Giunta regionale della Campania, surrogandosi all’inadempiente Sindaco del Comune di Gricignano di Aversa, ha disposto l’occupazione d’urgenza, per la durata di anni cinque, delle aree occorrenti alla realizzazione dell’intervento produttivo "Filiera del sistema moda e dei servizi collegati”, nell’agglomerato industriale di Aversa Nord, tra cui anche i fondi dei predetti ricorrenti, oltre a tutti gli atti della procedura espropriativa.
Le motivazioni della sentenza di primo grado coincidono con quelle adottate con la sentenza n. 6888 del 2005, sopra riportate. La sezione IV del Consiglio di Stato, sospesa l’efficacia anche della sentenza n. 6886 del TAR della Campania, con sentenza non definitiva, riuniti gli appelli e ritenuta sussistente nella controversia de qua la giurisdizione del giudice amministrativo, ha respinto i motivi di appello relativi alla dedotta omessa declaratoria di inammissibilità, per tardività dei ricorsi di primo grado. Quanto al terzo motivo di appello, il giudice rimettente assume che esso sia astrattamente fondato, non potendo ragionevolmente dubitarsi dell’applicabilità al piano a.s.i. di Caserta, per le stesse ragioni esposte nell’ordinanza n. 252 del 2005 (e sopra sintetizzate) delle disposizioni contenute nell’articolo 10, comma 9, della legge della Regione Campania n. 16 del 1998, autenticamente interpretato dall’articolo 77 della legge della stessa Regione n. 10 del 2001, ed ha sollevato la questione di legittimità costituzionale delle stesse norme, per le ragioni sopra richiamate.
3.1. Si è costituita l’Impre.co. s.r.l., deducendo l’inammissibilità, irrilevanza e infondatezza della sollevata questione, con riserva di ogni ulteriore deduzione.
4. Il Consiglio di Stato, sezione IV, con ordinanza 20 maggio 2004 (reg. ord. n. 255 del 2005) – nel corso di giudizio di appello avverso decisione del TAR della Campania, sezione V, 5 novembre 2005, n. 6885, proposto, con separati atti, dalla Regione Campania, dal Consorzio per l’area di sviluppo industriale di Caserta e dall’Impre.co. s.r.l. – ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli stessi artt. 10, comma 9, della legge della Regione Campania n. 16 del 1998, e 77, comma 2, della legge della stessa Regione Campania n. 10 del 2001, per violazione degli artt. 3, 42, terzo comma, e 97 Cost.
Il giudice di primo grado, accogliendo il ricorso proposto da Giuseppe Munno, Giovanna Di Lorenzo, in proprio e quale erede di Michele Picone, Vincenzo Picone, Francesco Picone, Andrea Picone, Gerardo Picone, Salvatore Picone, eredi di Michele Picone, ha annullato il decreto n. 212 del 13 marzo 2002, con cui il Presidente della Giunta regionale della Campania, surrogandosi all’inadempiente Sindaco del Comune di Gricignano di Aversa, ha disposto l’occupazione d’urgenza, per la durata di anni cinque, delle aree occorrenti alla realizzazione dell’intervento produttivo "Filiera del sistema moda e dei servizi collegati”, nell’agglomerato industriale di Aversa Nord, tra cui anche i fondi dei predetti ricorrenti, oltre a tutti gli atti della procedura espropriativa.
Le motivazioni della sentenza di primo grado coincidono con quelle adottate dalla sentenza n. 6888 del 2005, sopra riportate. La sezione IV del Consiglio di Stato, sospesa l’efficacia anche della sentenza n. 6885 del TAR della Campania, con sentenza non definitiva, riuniti gli appelli e ritenuta sussistente nella controversia de qua la giurisdizione del giudice amministrativo, ha respinto i motivi di appello relativi alla dedotta omessa declaratoria di inammissibilità, per tardività dei ricorsi di primo grado. Quanto al terzo motivo di appello, il giudice rimettente assume che esso sia astrattamente fondato, non potendo ragionevolmente dubitarsi dell’applicabilità al piano a.s.i. di Caserta, per le stesse ragioni esposte nell’ordinanza n. 252 del 2005 (e sopra sintetizzate), delle disposizioni contenute nel comma 9 dell’articolo 10, della legge regionale della Regione Campania n. 16 del 1998, autenticamente interpretato dall’articolo 77, della legge regionale della stessa Regione, n. 10 del 2001, ed ha sollevato la questione di legittimità costituzionale delle stesse norme, per le ragioni come sopra richiamate.
4.1. – Si è costituta l’Impre.co. s.r.l., deducendo l’inammissibilità, irrilevanza e infondatezza della sollevata questione, con riserva di ogni ulteriore deduzione.
5. – Il Consiglio di Stato, sezione IV, con ordinanza 20 maggio 2004 (reg. ord. n. 256 del 2005) – nel corso di giudizio di appello avverso decisione del TAR della Campania, sezione V, 5 novembre 2005, n. 6882, proposto, con separati atti, dalla Regione Campania, dal Consorzio per l’area di sviluppo industriale di Caserta e dall’Impre.co. s.r.l. – ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 10, comma 9, della legge della Regione Campania n. 16 del 1998, e 77, comma 2, della legge della stessa Regione n. 10 del 2001, per violazione degli artt. 3, 42, terzo comma, e 97 Cost.
Il giudice di primo grado, accogliendo il ricorso proposto da Raffaele Tolaneri, Giuseppe Munno, Luciano Palmiero, Carmine Mauriello, Mario Di Luise, Agostino Di Domenico, Nicola Sardo, Andrea Mauriello, Andrea Carlea, Stefano Coltella, Andrea Moretti, Concetta Petrarca, Maria Petrarca, Salvatore Sardo, Maria Barbato, Agnese Barbato, Antonio Santagata, Giuseppe Santagata, Maria Rosaria Santagata, Maria Santagata, Coppola Umberto e Giovanni Tetrarca, ha annullato i decreti n. 3483 del 15 maggio 2001 del Sindaco del Comune di Carinaro e n. 212 del 13 marzo 2002, del Presidente della Giunta regionale della Campania (quest’ultimo surrogandosi all’inadempiente Sindaco del Comune di Gricignano di Aversa), con cui si è disposta l’occupazione d’urgenza, per la durata di anni cinque, delle aree occorrenti alla realizzazione dell’intervento produttivo "Filiera del sistema moda e dei servizi collegati”, nell’agglomerato industriale di Aversa Nord, tra cui anche i fondi dei predetti ricorrenti, oltre a tutti gli atti della procedura espropriativa.
Le motivazioni della sentenza di primo grado coincidono con quelle adottate dalla sentenza n. 6888 del 2005, sopra riportate. La sezione IV del Consiglio di Stato, sospesa l’efficacia anche della sentenza n. 6882 del TAR della Campania, con sentenza non definitiva, riuniti gli appelli e ritenuta sussistente nella controversia de qua la giurisdizione del giudice amministrativo, ha respinto i motivi di appello relativi alla dedotta omessa declaratoria di inammissibilità, per tardività dei ricorsi di primo grado. Quanto al terzo motivo di appello, il giudice rimettente assume che esso sia astrattamente fondato, non potendo ragionevolmente dubitarsi dell’applicabilità al piano a.s.i. di Caserta, per le stesse ragioni esposte nell’ordinanza n. 252 del 2005 (e sopra sintetizzate), delle disposizioni contenute nel comma 9 dell’articolo 10 della legge della Regione Campania n. 16 del 1998, autenticamente interpretato dall’articolo 77 della legge della stessa Regione, n. 10 del 2001, ed ha sollevato la questione di legittimità costituzionale delle stesse norme, per le ragioni come sopra richiamate.
5.1. – Si è costituita l’Impre.co. s.r.l., deducendo l’inammissibilità, irrilevanza e infondatezza della sollevata questione, con riserva di ogni ulteriore deduzione.
5.2. – Nell’imminenza dell’udienza pubblica, il 18 aprile 2007 i signori Raffaele Tolaneri, Giuseppe Munno, Luciano Palmiero, Carmine Mauriello, Mario Di Luise, Agostino Di Domenico, Nicola Sardo, Andrea Mauriello, Andrea Carlea, Stefano Coltella, Andrea Moretti, Concetta Petrarca, Maria Petrarca, Salvatore Sardo, Maria Barbato, Agnese Barbato, Antonio Santagata, Giuseppe Santagata, Maria Rosaria Santagata, Maria Santagata, Coppola Umberto e Giovanni Tetrarca hanno depositato memoria, con la quale deducono che la giurisprudenza costituzionale va chiarendo da tempo che i vincoli preordinati ad espropriazione, o che comunque comprimano le facoltà del diritto dominicale – esclusi quelli che interessano intere categorie di beni e interessano, senza distinzione, la generalità dei proprietari – devono essere ragionevolmente limitati nel tempo.
Tra i vincoli espropriativi rientrano quelli apposti dai piani a.s.i., la cui scadenza non sarebbe di ostacolo alla riadozione, purché in ragione di motivate esigenze di interesse pubblico e previo completo riesame dell’assetto urbanistico dell’area industriale, e a condizione che i vincoli che si vanno a prorogare non siano ancora scaduti. La proroga può essere disposta anche in via legislativa, purché a forza di reiterazioni non diventi a tempo indeterminato, e in mancanza di indennizzo, dal momento che una proroga sine die incide sul nucleo essenziale della proprietà per lo stato di incertezza che induce, sottraendo al proprietario la possibilità di adeguata e razionale utilizzazione del bene.
Il piano a.s.i. di cui si discute è scaduto il 28 luglio 1980 per decorso del decennio e, come esattamente rilevato dal Consiglio di Stato, non sono applicabili le proroghe disposte da leggi statali, da ultima quella di cui all’art. 11 della legge n. 128 del 1990, che non può intervenire su provvedimenti già scaduti.
L’originaria proroga è stata differita solo fino al 15 gennaio 1981, in quanto rientrante nella previsione dell’art. 52, comma secondo, seconda parte, del d.P.R. n. 218 del 1978 (cioè limitatamente ad un triennio per essere ancora in vigore al 15 gennaio 1978). La successiva proroga non opera, intervenendo a piano già scaduto.
La prorogabilità del piano in oggetto resta affidata alle leggi della cui legittimità dubita, condivisibilmente, il Consiglio di Stato. Tali leggi, assimilabili alla categoria della "leggi provvedimento”, non recano alcun elemento da cui sia desumibile la valutazione degli interessi pubblici e privati coinvolti, perché, al contrario, il carattere generale della proroga dimostra l’assenza di una valutazione analitica sulle specifiche esigenze connesse all’operatività di ciascuno dei piani, e senza previsione di alcun indennizzo. In particolare, l’art. 77, comma 2, della legge regionale n. 10 del 2001, riadotta i piani già scaduti attraverso una surrettizia interpretazione autentica, intervenendo su una norma, l’art. 10 della legge regionale n. 16 del 1978, che poteva logicamente e razionalmente riguardare i soli piani validi ed efficaci al momento della sua entrata in vigore.
La questione sollevata dal Consiglio di Stato appare dunque fondata, per violazione degli artt. 3, secondo comma, 97 e 42, terzo comma, Cost.
6. – Il Consiglio di Stato, sezione IV, con ordinanza 20 maggio 2004 (reg. ord. n. 264 del 2005) – nel corso di giudizio di appello avverso decisione del TAR Campania, sezione V, 5 novembre 2005, n. 6887, proposto, con separati atti, dalla Regione Campania, dal Consorzio per l’area di sviluppo industriale di Caserta e dall’Impre.co. s.r.l. – ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 10, comma 9, della legge della Regione Campania n. 16 del 1998, e 77, comma 2, della legge della stessa Regione n. 10 del 2001, per violazione degli artt. 3, 42, terzo comma, e 97 Cost.
Il giudice di primo grado, accogliendo il ricorso proposto dal Comune di Gricignano di Aversa, ha annullato il decreto n. 212 del 13 marzo 2002, con cui il Presidente della Giunta regionale della Campania, surrogandosi all’inadempiente Sindaco del Comune di Gricignano di Aversa, ha disposto l’occupazione d’urgenza, per la durata di anni cinque, delle aree occorrenti alla realizzazione dell’intervento produttivo "Filiera del sistema moda e dei servizi collegati”, nell’agglomerato industriale di Aversa Nord, oltre a tutti gli atti della procedura espropriativa.
Le motivazioni della sentenza di primo grado coincidono con quelle adottate dalla sentenza n. 6888 del 2005, come sopra riportate. La sezione IV del Consiglio di Stato, sospesa l’efficacia anche della sentenza n. 6887 del TAR della Campania, con sentenza non definitiva, riuniti gli appelli e ritenuta sussistente nella controversia de qua la giurisdizione del giudice amministrativo, ha respinto i motivi di appello relativi alla dedotta omessa declaratoria di inammissibilità, per tardività dei ricorsi di primo grado. Quanto al terzo motivo di appello, il giudice rimettente assume che esso sia astrattamente fondato, non potendo ragionevolmente dubitarsi dell’applicabilità al piano a.s.i. di Caserta, per le stesse ragioni esposte nell’ordinanza n. 252 del 2005 (e sopra sintetizzate), delle disposizioni contenute nel comma 9, dell’articolo 10, della legge della Regione Campania n. 16 del 1998, autenticamente interpretato dall’articolo 77, della legge della stessa Regione, n. 10 del 2001, ed ha sollevato la questione di legittimità costituzionale delle stesse norme, per le ragioni come sopra richiamate.
6.1. – Si è costituita l’Impre.co. s.r.l., deducendo l’inammissibilità, irrilevanza e infondatezza della sollevata questione, con riserva di ogni ulteriore deduzione.
7. – Il Consiglio di Stato, sezione IV, con ordinanza 20 maggio 2004 (reg. ord. n. 265 del 2005) – nel corso di giudizio di appello avverso decisione del TAR della Campania, sezione V, 5 novembre 2005, n. 6884, proposto, con separati atti, dalla Regione Campania, dal Consorzio per l’area di sviluppo industriale di Caserta e dall’Impre.co. s.r.l. – ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli art. 10, comma 9, della legge della Regione Campania n. 16 del 1998, e 77, comma 2, della legge della stessa Regione n. 10 del 2001, per violazione degli artt. 3, 42, terzo comma, e 97 Cost.
Il giudice di primo grado, accogliendo il ricorso proposto da Angelo De Angelis, ha annullato il decreto n. 212 del 13 marzo 2002, con cui il Presidente della Giunta regionale della Campania, surrogandosi all’inadempiente Sindaco del Comune di Gricignano di Aversa, ha disposto l’occupazione d’urgenza, per la durata di anni cinque, delle aree occorrenti alla realizzazione dell’intervento produttivo "Filiera del sistema moda e dei servizi collegati”, nell’agglomerato industriale di Aversa Nord, tra cui anche i fondi del ricorrente, oltre a tutti gli atti della procedura espropriativa.
Le motivazioni della sentenza di primo grado coincidono con quelle adottate dalla sentenza n. 6888 del 2005, come sopra riportate. La sezione IV del Consiglio di Stato, sospesa l’efficacia anche della sentenza n. 6884 del TAR della Campania, con sentenza non definitiva, riuniti gli appelli e ritenuta sussistente nella controversia de qua la giurisdizione del giudice amministrativo, ha respinto i motivi di appello relativi alla dedotta omessa declaratoria di inammissibilità, per tardività dei ricorsi di primo grado. Quanto al terzo motivo di appello, il giudice rimettente assume che esso sia astrattamente fondato, non potendo ragionevolmente dubitarsi dell’applicabilità al piano a.s.i. di Caserta, per le stesse ragioni esposte nell’ordinanza n. 252 del 2005 (e sopra sintetizzate), delle disposizioni contenute nel comma 9, dell’articolo 10, della legge della Regione Campania n. 16 del 1998, autenticamente interpretato dall’articolo 77, della legge della stessa Regione, n. 10 del 2001, ed ha sollevato la questione di legittimità costituzionale delle stesse norme, per le ragioni come sopra richiamate.
7.1. – Nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale si è costituito Angelo De Angelis, il quale rammenta che, costituendosi nel giudizio d’appello davanti al Consiglio di Stato, avvalorava l’interpretazione data dal giudice di primo grado, sulla inapplicabilità della proroga regionale ai piani a.s.i., come quello oggetto di causa, già da tempo scaduti, a meno di non voler adottare un’interpretazione, quella della reviviscenza di detti piani, palesemente in contrasto con i principi costituzionali. Nel qual caso non poteva che rimettersi la questione al giudizio di legittimità costituzionale, anche alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.
Il Consiglio di Stato, considerando applicabile la proroga di cui alla legge regionale, come da interpretazione autentica, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale. Il De Angelis ritiene che la disposizione censurata, ove non la si debba interpretare come egli ha ritenuto, ovvero nel senso che l’espressione «medio tempore scaduti» si riferisca esclusivamente ai piani dei consorzi delle aree industriali che erano venuti o andavano a scadere nel periodo tra il 1° gennaio 1991, data di scadenza dell’ultima proroga degli stessi stabilita con una disposizione statale e cioè con la legge n. 128 del 1990 ed il 25 agosto 1998, data di entrata in vigore della legge della Regione Campania n. 16 del 1998, e che quindi la proroga non fosse applicabile al piani a.s.i. di Caserta, chiede che la Corte costituzionale dichiari l’illegittimità degli artt. 10, comma 9, della legge della Regione Campania n. 16 del 1998, e 77, comma 2, della legge della stessa Regione n. 10 del 2001.
7.2. – Si è costituita l’Impre.co. s.r.l., deducendo l’inammissibilità, irrilevanza e infondatezza della sollevata questione, con riserva di ogni ulteriore deduzione.
7.3. – Il 23 aprile 2007, nell’imminenza dell’udienza pubblica, De Angelis Angelo ha depositato memoria, con la quale sottolinea il tentativo della legge regionale di far passare per interpretazione autentica un contenuto estraneo ed innovativo, cui si conferisce sostanzialmente efficacia retroattiva, in aperta violazione delle norme costituzionali che ammettono la retroattività nei limiti della ragionevolezza. Nella specie, rendendo retroattiva la norma sui vincoli dei piani a.s.i., la legge regionale ha violato i limiti apposti alla potestà legislativa a salvaguardia di valori fondamentali di civiltà giuridica, quali la ragionevolezza (per avere fatto rivivere vincoli scaduti), l’uguaglianza, la tutela dell’affidamento (per l’imprevedibilità della soluzione interpretativa adottata), ed il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario (perché l’invalidità ed inefficacia del piano a.s.i. era stata oggetto di sentenze del giudice amministrativo, passate in giudicato).
Considerato in diritto
1. – Con sette ordinanze, identicamente motivate (reg. ord. n. 252, 253, 254, 255, 256, 264 e 265 del 2005), il Consiglio di Stato, sezione IV, dubita della legittimità costituzionale degli artt. 10, comma 9, della legge della Regione Campania 13 agosto 1998, n. 16 (Assetto dei Consorzi per le aree di sviluppo industriale), e 77, comma 2, della legge della stessa Regione 11 agosto 2001, n. 10 (Disposizioni di finanza regionale anno 2001), laddove prorogano per un triennio, senza previsione di indennizzo, i piani regolatori delle aree e dei nuclei industriali (piani a.s.i.), per violazione del diritto di proprietà, non essendosi previsto l’indennizzo per la reiterazione dei vincoli di inedificabilità imposti dai piani (art. 42, terzo comma, della Costituzione); del principio di ragionevolezza, essendosi prorogati vincoli già scaduti, anche da tempo considerevole, senza valutazione della necessità dell’intervento pubblico da realizzare, in riferimento al sacrificio imposto al privato (art. 3 della Costituzione); nonché del principio di buona amministrazione, non essendo stata la proroga disposta con applicazione delle norme procedimentali disciplinanti l’emanazione dell’atto prorogato (art. 97 della Costituzione).
2. – Le sette ordinanze sollevano la stessa questione di legittimità costituzionale, onde deve essere disposta la riunione dei relativi giudizi.
3. – Va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità dell’intervento della Di Marini-Rovani s.r.l., che non riveste la qualità di parte nel giudizio principale (r.o. n. 252 del 2005), in conformità al principio, più volte affermato da questa Corte, della necessaria corrispondenza tra le parti del giudizio incidentale di costituzionalità con quelle costituite nel giudizio principale.
4. – L’eccezione di inammissibilità sollevata dalla s.r.l. Impre.co., per l’insussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo (l’illegittimità del decreto di occupazione per la carenza di una valida ed efficace dichiarazione di pubblica utilità determinerebbe la giurisdizione del giudice ordinario, attenendo la controversia ad un comportamento), è infondata.
Il giudice rimettente ha motivato non implausibilmente la sussistenza della propria giurisdizione dal momento che i giudizi principali riguardavano l’impugnazione di provvedimenti della pubblica amministrazione e, precisamente, per tutti, il decreto di occupazione n. 212 del 13 marzo 2002, del Presidente della Giunta regionale della Campania, adottato in surroga all’inadempiente Sindaco del Comune di Gricignano di Aversa, e, per il ricorso di cui all’ordinanza n. 256 del 2005, anche il decreto di occupazione d’urgenza del Sindaco di Carinaro del 15 maggio 2001, mentre è irrilevante, ai fini della giurisdizione, l’eventuale illegittimità degli stessi.
5. – Parimenti infondata è l’ulteriore eccezione di inammissibilità per l’inapplicabilità della normativa impugnata alle fattispecie.
E’ sufficiente rilevare, in proposito, l’applicabilità delle disposizioni censurate al decreto di occupazione del Sindaco di Carinaro del 15 maggio 2001, intervenuto nel triennio dall’approvazione della legge regionale.
6. – Passando all’esame del merito, la questione di costituzionalità è fondata, alla stregua delle considerazioni che seguono.
6. 1. – Il giudice a quo, con una esauriente motivazione, da ritenere del tutto plausibile, propone un’interpretazione fondata sul dato letterale dell’art. 10, comma 9, della legge della Regione Campania n. 16 del 1998, e sull’effettiva intenzione del legislatore, fatta palese dall’interpretazione autentica della citata norma, contenuta nell’art. 77, comma 2, della legge della Regione Campania n. 10 del 2001, per cui lo scopo delle ricordate disposizioni è stato quello di rendere validi ed efficaci i piani che i Consorzi per le aree di sviluppo industriale avevano già elaborato anche da tempo e che, dunque, erano meno suscettibili di immediata attuazione.
L’espressione, non tecnica, di piani esistenti, usata dal legislatore regionale, impedisce l’individuazione di qualsiasi lasso di tempo entro il quale determinare l’eventuale scadenza dei piani consortili al fine di legittimare la loro proroga legislativa: la voluntas del legislatore è stata quella di "prorogare" (impropriamente, perché in realtà li ha fatti rivivere) tutti i piani approvati, in qualsiasi tempo scaduti. Ciò, del resto, deriva dal fatto che la legge n. 16 del 1998 ha costituito il primo intervento normativo regionale nell’àmbito della materia dei Consorzi per le aree di sviluppo industriale.
Il rimettente deduce che la reiterazione dei vincoli espropriativi è consentita in via amministrativa, e a maggior ragione, per legge. Essa però deve essere puntualmente motivata con riguardo alla persistente necessità di acquisire la proprietà privata (da valutare sulla base di una apposita istruttoria procedimentale da cui emerga la prevalenza dell’interesse pubblico rispetto a quello privato da sacrificare); e, contemporaneamente, deve prevedere la corresponsione del giusto indennizzo. In mancanza di tali presupposti vi è lesione del diritto di proprietà.
La proroga di tutti i piani a.s.i. della Campania, invece, interviene indiscriminatamente per il semplice fatto della loro esistenza, siano essi già scaduti o meno, e per di più indipendentemente dal momento in cui essi siano venuti a scadenza: la proroga di un provvedimento non più efficace violerebbe il principio di ragionevolezza, cui deve attenersi intrinsecamente la discrezionalità del legislatore, nonché i princípi di legalità e di buon andamento, cui deve ispirarsi l’azione amministrativa.
Altrettanto irragionevolmente, in stridente contrasto con il principio di uguaglianza sostanziale, la riadozione o la rinnovata efficacia attribuita al piano a.s.i. di Caserta, che è oggetto d’impugnazione nel giudizio a quo, è avvenuta, si rileva, ad oltre venti anni dalla sua originaria scadenza, senza che sia stata svolta alcuna valutazione sulla necessità dell’intervento pubblico da realizzare in relazione al sacrificio imposto al privato.
6. 2. – E’ appena il caso di precisare che non viene qui in discussione la natura del vincolo, per la quale la Corte (sentenze n. 179 del 1999 e n. 411 del 2001) assume essere estranee alla problematica quelle destinazioni non coinvolgenti l’esecuzione di opere pubbliche, ma rimesse all’iniziativa anche concorrente dei singoli proprietari, e quindi corrispondenti a vincoli meramente conformativi. Nei piani a.s.i. non è dubbia la riconoscibilità di vincoli preordinati all’espropriazione (quindi soggetti ai princípi in tema di indennizzo e durata), dato che per definizione lo sviluppo industriale commesso ai consorzi non può che avvenire previa espropriazione generalizzata.
L’iter interpretativo della garanzia costituzionale in materia di espropriazione ha portato a riconoscere il principio secondo cui, per gli anzidetti vincoli (urbanistici) espropriativi, la reiterazione (o la proroga) comporta – oltre la temporaneità – necessariamente un indennizzo, diretto al ristoro del pregiudizio causato dal protrarsi della durata (sentenza n. 148 del 2003). Ed infatti, questa Corte ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 147, primo ed ultimo comma, del previgente testo unico delle leggi sul Mezzogiorno, approvato con d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523, nella parte in cui dette norme consentivano, senza previsione di indennizzo, che vincoli di destinazione preordinati all’esproprio fossero imposti sui beni di proprietà privata dai piani regolatori delle aree dei nuclei di sviluppo industriale, senza prefissione di un termine di durata (sentenza 260 del 1976).
La regola dell’indennizzabilità dei vincoli espropriativi reiterati è ormai un principio consolidato nell’ordinamento, anche per l’entrata in vigore dell’art. 39 del testo unico delle espropriazioni (d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327). La reiterazione di qualsiasi vincolo preordinato all’esproprio, o sostanzialmente espropriativo, dunque, è da intendere implicitamente integrabile con il principio generale dell’indennizzabilità (sentenza n. 397 del 2002), tanto più che al momento in cui il Consiglio di Stato ha sollevato la questione, la regione Campania, con la legge 22 dicembre 2004, n. 16 (Norme sul governo del territorio), ha recepito il principio nel proprio ordinamento urbanistico, rinviando, per la quantificazione dell’indennizzo, al testo unico delle espropriazioni.
Le censure del Consiglio di Stato appaiono fondate, nella misura in cui pongono in rilievo l’assenza di una qualsivoglia valutazione degli interessi pubblici e privati coinvolti dalla proroga (rectius: rinnovo) dei vincoli posti dai piani a.s.i., in relazione alla persistente necessità da parte della pubblica amministrazione di disporre della proprietà privata per realizzare un progetto di interesse generale.
Va osservato che se, da un lato, la proroga di vincoli ancora in corso, attraverso un provvedimento generale (art. 10, comma 9, della legge regionale n. 16 del 1998), connesso ad un intervento normativo che regola l’intera materia dei consorzi a.s.i. ai fini dell’incremento e dello sviluppo delle iniziative industriali nel territorio regionale, appare giustificata, purché assistita dalla corresponsione di un indennizzo, a conclusioni diverse induce la constatazione dell’intento di far rivivere, secondo l’interpretazione autentica contenuta nell’art. 77, comma 2, della legge regionale n. 10 del 2001, vincoli ormai scaduti, indipendentemente dal periodo della loro pregressa efficacia.
Il piano a.s.i., seppure tipologicamente assimilabile al piano territoriale di coordinamento, incide direttamente sulle proprietà interessate, esponendole al procedimento espropriativo cui è prodromica la dichiarazione di pubblica utilità in essi implicita. La generalità dell’intervento non consente il bilanciamento dell’interesse pubblico, come concretamente può atteggiarsi nelle varie porzioni del territorio, con gli interessi dei proprietari destinatari del vincolo, i quali vengono così esposti ad un ulteriore periodo di compressione del proprio diritto, quando la decorrenza, anche lontana, del periodo, legale e prevedibile, di efficacia del vincolo, poteva aver creato in essi un legittimo affidamento sulla riespansione del diritto medesimo. L’effetto di limitare i diritti dei cittadini, attraverso la reviviscenza dei piani a.s.i., non avrebbe potuto prescindere dalla procedimentalizzazione di una verifica, caso per caso, della persistente attualità dell’interesse allo sviluppo industriale a distanza di tempi anche considerevoli, sugli specifici contesti territoriali, in rapporto all’interesse dei proprietari.
L’art. 10, comma 9, della legge della Regione Campania n. 16 del 1998, come interpretato dall’art. 77, comma 2, della legge della stessa Regione 11 agosto 2001, n. 10, va, pertanto, dichiarato incostituzionale nella parte in cui proroga i piani a.s.i. già scaduti al momento della sua entrata in vigore.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara l’illegittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 10, comma 9, della legge della Regione Campania 13 agosto 1998, n. 16 (Assetto dei Consorzi per le aree di sviluppo industriale), e dell’art. 77, comma 2, della legge della Regione Campania 11 agosto 2001, n. 10 (Disposizioni di finanza regionale anno 2001), nella parte in cui proroga per un triennio i piani regolatori dei nuclei e delle aree industriali già scaduti.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 luglio 2007.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Alfio FINOCCHIARO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 20 luglio 2007.