ORDINANZA N.42
ANNO 2004
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Riccardo CHIEPPA Presidente
- Gustavo ZAGREBELSKY Giudice
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 5-bis del decreto-legge 24 giugno 2003, n. 143 (Disposizioni urgenti in tema di versamento e riscossione di tributi, di Fondazioni bancarie e di gare indette dalla Consip S.p.a. nonché di alienazione di aree appartenenti al patrimonio ed al demanio dello Stato), introdotto dalla legge di conversione 1° agosto 2003, n. 212 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 giugno 2003, n. 143, recante disposizioni urgenti in tema di versamento e riscossione tributi, di Fondazioni bancarie e di gare indette dalla Consip S.p.a.), promosso con ricorso della Regione Abruzzo, notificato il 9 ottobre 2003, depositato in cancelleria il 21 successivo ed iscritto al n. 75 del registro ricorsi 2003.
Udito nell’udienza pubblica del 20 gennaio 2004 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.
Ritenuto che con ricorso notificato all’Avvocatura generale dello Stato il 9 ottobre del 2003, e depositato presso la cancelleria della Corte costituzionale il 21 ottobre 2003, la Regione Abruzzo ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 5-bis del decreto-legge 24 giugno 2003, n. 143 (Disposizioni urgenti in tema di versamento e riscossione di tributi, di Fondazioni bancarie e di gare indette dalla Consip S.p.a. nonché di alienazione di aree appartenenti al patrimonio e al demanio dello Stato), introdotto dalla legge di conversione 1° agosto 2003, n. 212 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 giugno 2003, n. 143, recante disposizioni urgenti in tema di versamento e riscossione tributi, di Fondazioni bancarie e di gare indette dalla Consip S.p.a.), per violazione degli artt. 114, 117, 118 e 119 della Costituzione;
che, secondo la Regione ricorrente, la norma impugnata avrebbe dato vita ad "una disciplina del tutto spuria relativa all’alienazione di aree appartenenti al patrimonio dello Stato, accompagnata da una procedura di trasferimento parimenti discutibile", avendo introdotto "un generalizzato obbligo di dismissione, attraverso alienazione diretta ad opera dell’Agenzia del Demanio verso i proprietari/occupatori, delle aree appartenenti al suo patrimonio o demanio", allorché le stesse o "risultino interessate dallo sconfinamento di opere eseguite, entro il 31 dicembre 2002, su fondi attigui di proprietà altrui", ovvero "siano divenute aree di pertinenza", oppure, infine, "siano interne a strumenti urbanistici vigenti";
che la Regione Abruzzo deduce la violazione degli artt. 114, 117 e 118 della Costituzione (oltre che del principio di "leale collaborazione" tra Stato e Regioni), denunciando che la norma impugnata non sarebbe rispettosa della distinzione di funzioni tra Stato e Regioni nelle materie inerenti al "governo del territorio" ed alla "protezione civile" (attribuite dall’art. 117, terzo comma, della Costituzione alla competenza regionale c.d. "concorrente"), configurandosi "sicuramente quale legislazione di dettaglio";
che inoltre – ad avviso della ricorrente – "per l’esercizio delle funzioni amministrative, connesse alle funzioni di legislazione generale regionale" è "essenziale che i beni (ad oggi) costituenti il c.d. patrimonio o demanio idrico statale conservino la originaria natura", di talché ulteriormente illegittima – per violazione dell’art. 118 della Costituzione e del principio c.d. di "leale collaborazione" – si presenterebbe la scelta effettuata dal legislatore statale di "sottrarre in via generale, senza valutazione alcuna delle singole e particolari situazioni fattuali e di diritto" i beni in concreto destinati alla "gestione del demanio idrico";
che – secondo la ricorrente – la disposizione impugnata si pone in contrasto, infine, anche con l’art. 119 della Costituzione, atteso che la scelta statale di separare "i beni connessi ed immanenti all’esercizio delle funzioni di gestione del demanio idrico" dallo "scopo di destinazione" loro proprio, si risolverebbe in una lesione della "autonomia patrimoniale e finanziaria delle regioni".
Considerato che l’impugnativa proposta dalla Regione Abruzzo incorre in un duplice concorrente profilo d’inammissibilità;
che il ricorso in esame, infatti, risulta notificato alla sola Avvocatura generale dello Stato, così contravvenendo al principio secondo cui "ai giudizi costituzionali non sono applicabili le norme sulla rappresentanza in giudizio dello Stato previste dall’art. 1 della legge 25 marzo 1958, n. 260" che reca "Modificazioni alle norme sulla rappresentanza in giudizio dello Stato" (v. anche la legge 3 aprile 1979, n. 103 che reca "Modifiche dell’ordinamento dell’Avvocatura dello Stato"), con la conseguenza che "è irrituale la notificazione del ricorso effettuata soltanto presso l’Avvocatura dello Stato" (sentenza n. 135 del 1997, ordinanza n. 266 del 1995 e sentenze n. 295 del 1993, n. 355 del 1992 e n. 548 del 1989);
che il ricorso della Regione Abruzzo, inoltre, risulta depositato presso la cancelleria della Corte costituzionale il 21 ottobre 2003, e dunque oltre sessanta giorni dopo l’avvenuta pubblicazione della legge 1° agosto 2003, n. 212 che ha introdotto la norma sospettata d’incostituzionalità, essendo detta pubblicazione avvenuta in data 11 ottobre 2002;
che, quindi, non risulta rispettato il termine previsto dall’art. 32, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), termine stabilito a pena di decadenza (sentenze n. 303 del 2003, n. 99 del 2000, n. 72 del 1981 e n. 191 del 1980; ordinanze n. 126 del 1997, n. 528 e n. 643 del 1988), senza che operi l’istituto della sospensione feriale dei termini (sentenze 127 del 1997, n. 233 del 1993, n. 215 del 1986, n. 239 del 1982, n. 174 del 1974 e n. 30 del 1973);
che, pertanto, deve essere dichiarata la manifesta inammissibilità del ricorso proposto dalla Regione Abruzzo avverso l’art. 5-bis del d.l. 24 giugno 2003, n. 143, introdotto dalla legge di conversione 1° agosto 2003, n. 212.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 5-bis del decreto-legge 2003, n. 143 (Disposizioni urgenti in tema di versamento e riscossione di tributi, di Fondazioni bancarie e di gare indette dalla Consip S.p.a. nonché di alienazione di aree appartenenti al patrimonio e al demanio dello Stato), introdotto dalla legge di conversione 1° agosto 2003, n. 212 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 giugno 2003, n. 143, recante disposizioni urgenti in tema di versamento e riscossione tributi, di Fondazioni bancarie e di gare indette dalla Consip S.p.a.), sollevata, in riferimento agli artt. 114, 117, 118, 119 della Costituzione, dalla Regione Abruzzo con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 gennaio 2004.
Riccardo CHIEPPA, Presidente e Redattore
Depositata in Cancelleria il 26 gennaio 2004.