Sentenza n. 342 del 2006

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SENTENZA N. 342

ANNO 2006

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-      Franco                           BILE                                            Presidente

-      Giovanni Maria             FLICK                                          Giudice

-      Francesco                      AMIRANTE                                      "

-      Ugo                               DE SIERVO                                      "

-      Paolo                             MADDALENA                                 "

-      Alfio                             FINOCCHIARO                               "

-      Alfonso                         QUARANTA                                    "

-      Franco                           GALLO                                             "

-      Luigi                             MAZZELLA                                     "

-      Gaetano                        SILVESTRI                                       "

-      Sabino                           CASSESE                                          "

-      Maria Rita                     SAULLE                                           "

-      Giuseppe                       TESAURO                                        "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 9, della legge 25 luglio 1997, n. 238 (Modifiche ed integrazioni alla legge 25 febbraio 1992, n. 210, in materia di indennizzi ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati), promosso con ordinanza del 16 giugno 2004, dal Tribunale di Modica, nel procedimento civile vertente tra M. V. contro il Ministero della salute, iscritta al n. 32 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell’anno 2006.

            Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

            udito nella camera di consiglio del 5 luglio 2006 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro.

Ritenuto in fatto

            1. – Con ordinanza del 16 giugno 2004, il Tribunale di Modica, in funzione di giudice del lavoro, nella causa promossa da M.V. contro il Ministero della salute, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 32 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 9, della legge 25 luglio 1997, n. 238 (Modifiche ed integrazioni alla legge 25 febbraio 1992, n. 210, in materia di indennizzi ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati).

2. – Secondo quanto esposto in fatto dal rimettente, M.V. ha convenuto in giudizio il Ministero della salute, al fine di ottenere la corresponsione dell’indennizzo di cui all’art. 1 della legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati), deducendo di aver contratto un’epatopatia irreversibile, diagnosticata in data 21 gennaio 1998, a seguito di emotrasfusione somministrata il 27 giugno 1968 presso l’ospedale San Matteo di Pavia, e di aver inoltrato il 4 giugno 2001, senza esito, la domanda amministrativa per la provvidenza.

            Ritualmente costituitosi, il Ministero della salute ha eccepito la prescrizione del diritto all’indennizzo, argomentando che, quando l’interessato aveva presentato la relativa richiesta, era già decorso il termine perentorio di tre anni posto all’art. 3, comma 1, della legge n. 210 del 1992, come modificato dall’art. 1, comma 9, della legge n. 238 del 1997.

            Ciò premesso, il Tribunale di Modica rileva come l’art. 3, comma 1, della legge n. 210 del 1992 sia stato effettivamente modificato dall’art. 1, comma 9, della legge n. 238 del 1997: se, nell’originaria formulazione, il termine triennale di prescrizione era stabilito solo per il caso di vaccinazione, «mentre nessun termine era stato previsto per l’ipotesi di danni da HIV e da epatite», in seguito il legislatore, con la disposizione censurata, ha esteso alle sole fattispecie di epatite post-trasfusionale il «termine prescrizionale breve».

            Dopo aver considerato che nel giudizio a quo non sono controverse né la data della presentazione dell’istanza al Ministero della salute, successiva, come detto, al decorso del termine triennale, né l’esistenza del nesso eziologico tra la trasfusione e la patologia dedotta, osserva il rimettente che la questione di costituzionalità dell’art. 1, comma 9, della legge n. 238 del 1997 non è manifestamente infondata.

            La norma impugnata, invero, si porrebbe in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, «laddove crea una palese disparità di trattamento tra i soggetti che, avendo contratto epatite post-trasfusionale, vengono differenziati a seconda che abbiano avuto la possibilità, nel vigore della legge n. 210 del 1992, nel testo originario, di fruire dell’ordinario termine decennale di prescrizione, ovvero che non abbiano avuto tale possibilità per effetto dello ius superveniens»; nonché «laddove prevede, nella identica ipotesi di danni da emotrasfusioni, legittimante il godimento dell’indennizzo previsto dall’art. 1 della legge n. 210 del 1992, un trattamento diverso» per i danni da epatite e per i danni da HIV.

            La disparità di trattamento sarebbe ancora più «incongrua» alla luce della giurisprudenza costituzionale, secondo cui la cogenza o l’incentivazione della vaccinazione, trattamento obbligatorio posto a presidio della salute collettiva, giustificherebbe, in caso di lesioni, una tutela rafforzata rispetto a quella predisposta per l’intervento emotrasfusionale, praticato, quest’ultimo, in ragione della sola necessità terapeutica (sentenze n. 423 e 226 del 2000).

            Infatti, prosegue il rimettente, l’indennizzo in parola «trova la sua ratio nel diritto-dovere dello Stato di evitare gli effetti teratogeni degli interventi terapeutici che esso è tenuto a prestare ai cittadini». Vertendosi in tema di diritto alla salute, appare irragionevole che l’azionabilità delle pretese del cittadino sia sottoposta a limitazioni come quella connessa alla brevità del termine di prescrizione.

            L’art. 1, comma 9, della legge n. 238 del 1997 violerebbe, pertanto, anche l’art. 32 della Costituzione, prevedendo un’ipotesi attenuata di tutela del diritto primario alla salute, mentre tale diritto richiederebbe, semmai, una tutela rafforzata rispetto a diritti di rango inferiore, quali i diritti di credito, «che non sono soggetti ad incombenti amministrativi condizionanti e sono, comunque, salve specifiche eccezioni, azionabili in un termine più lungo».

            3. – È intervenuto nel presente giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale, essenzialmente sul rilievo della disomogeneità delle situazioni poste a raffronto, quella del danno da epatite e quella del danno da HIV.

            Secondo la difesa erariale, i due processi infettivi si presentano radicalmente diversi, non solo in ragione delle connotazioni dei virus e delle conseguenti prospettive di evoluzione della malattia, ma anche e soprattutto perché i tempi di incubazione dell’epatite C, dell’entità di pochi giorni ed al massimo di quattro mesi, sono assai ridotti rispetto a quelli dell’HIV.

 

 

Considerato in diritto

            1. – Il Tribunale di Modica, in funzione di giudice del lavoro, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 32 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 9, della legge 25 luglio 1997, n. 238 (Modifiche ed integrazioni alla legge 25 febbraio 1992, n. 210, in materia di indennizzi ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati), nella parte in cui, sostituendo l’art. 3, comma 1, della legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati), ha stabilito che, ai fini del conseguimento dell’indennizzo di cui all’art. 1 della legge n. 210 del 1992, coloro che presentino danni irreversibili da epatiti post-trasfusionali devono presentare la domanda amministrativa entro il termine perentorio di tre anni, decorrente dal momento in cui l’interessato risulti aver avuto conoscenza della menomazione.

            2. – L’indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati è stato introdotto dalla legge n. 210 del 1992, dopo che questa Corte, con sentenza n. 307 del 1990, aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale della legge 4 febbraio 1966, n. 51 (Obbligatorietà della vaccinazione antipoliomielitica), nella parte in cui non prevedeva, a carico dello Stato, un’equa indennità per il caso di danno derivante, al di fuori dell’ipotesi di cui all’art. 2043 del codice civile, da contagio o da altra apprezzabile malattia riconducibile a vaccinazione obbligatoria.

L’art. 1, comma 1, della legge n. 210 del 1992, con norma generale, riconosce il diritto ad un indennizzo a chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica.

In base ai due successivi commi dello stesso articolo, identico diritto spetta ai soggetti che risultino contagiati da infezioni da HIV a seguito di somministrazione di sangue e suoi derivati (comma 2), nonché a coloro che presentino danni irreversibili da epatiti post-trasfusionali (comma 3).

L’art. 3, comma 1, della legge n. 210 del 1992, nel testo originario, disponeva che, ai fini del conseguimento dell’indennizzo, la domanda doveva essere inoltrata al Ministro della sanità nel termine perentorio di tre anni nel caso di vaccinazioni o di dieci anni nei casi di infezioni da HIV. Il termine decorreva, in entrambi i casi, dal momento in cui l’avente diritto risultasse aver avuto conoscenza del danno, sulla base della documentazione medica di cui ai commi 2 e 3, concernenti, il primo, le vaccinazioni, il secondo, le infezioni da HIV (art. 3, comma 1), salvo che per gli eventi ante legem, in relazione ai quali il termine decorreva dalla data di entrata in vigore della legge (art. 3, comma 7).

Nessun termine di decadenza era previsto per il caso di epatiti post-trasfusionali e, pronunciandosi in riferimento all’originario art. 3 della legge n. 210 del 1992, la giurisprudenza di legittimità ha escluso, in ragione del carattere eccezionale delle norme sulla decadenza e del conseguente divieto di analogia (art. 14 disp. sulla legge in generale), che potesse applicarsi il termine stabilito per fattispecie di danno diverse dall’art. 3, comma 1, della legge n. 210 del 1992.

L’art. 1, comma 9, della legge n. 238 del 1997 ha sostituito il testo dell’art. 3, comma 1, della legge n. 210 del 1992, stabilendo che «I soggetti interessati [...] presentano alla USL competente le relative domande, indirizzate al Ministro della sanità, entro il termine perentorio di tre anni nel caso di vaccinazioni o di epatiti post-trasfusionali o di dieci anni nei casi di infezioni da HIV. I termini decorrono dal momento in cui, sulla base della documentazione di cui ai commi 2 e 3, l’avente diritto risulti aver avuto conoscenza del danno».

            2.1. –  L’art. 1, comma 9, della legge n. 238 del 1997 è censurato dal Tribunale di Modica, in quanto, in primo luogo, ingiustificatamente differenzierebbe, in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, la situazione dei soggetti affetti da epatiti post-trasfusionali, obbligati a presentare la domanda nel termine perentorio di tre anni, rispetto a quella dei soggetti contagiati dal medesimo virus che, nel vigore del testo originario della legge n. 210 del 1992, abbiano usufruito del termine ordinario di prescrizione; in secondo luogo, opererebbe una disparità di trattamento tra i soggetti danneggiati da epatiti ed i soggetti che, a seguito del medesimo evento trasfusionale, contraggono il virus dell’HIV, a questi ultimi applicandosi il termine di prescrizione decennale; infine, violerebbe l’art. 32 della Costituzione, prevedendo un’ipotesi attenuata di tutela del diritto primario alla salute, laddove tale diritto richiederebbe, semmai, una tutela rafforzata rispetto a diritti di rango inferiore «che non sono soggetti ad incombenti amministrativi condizionanti e sono, comunque, salve specifiche eccezioni, azionabili in un termine più lungo».

3. – La questione di legittimità costituzionale non è fondata.

La menomazione della salute conseguente a trattamenti sanitari può determinare, oltre al risarcimento del danno secondo la previsione dell’art. 2043 del codice civile, il diritto ad un equo indennizzo, in forza dell’art. 32 in collegamento con l’art. 2 della Costituzione, ove il danno, non derivante da fatto illecito, sia conseguenza dell’adempimento di un obbligo legale; nonché il diritto, qualora ne sussistano i presupposti a norma degli artt. 38 e 2 della Costituzione, a misure di sostegno assistenziale disposte dal legislatore nell’ambito della propria discrezionalità (sentenze n. 226 del 2000 e n. 118 del 1996).

La situazione giuridica di coloro che, a seguito di trasfusione, siano affetti da epatite è riconducibile, come quella dei soggetti contagiati da HIV, all’ultima delle ipotesi appena enunciate: l’indennizzo consiste in una misura di sostegno economico fondata, non già, come assume il rimettente, sul dovere dello Stato di evitare gli effetti teratogeni degli interventi terapeutici, ma sulla solidarietà collettiva garantita ai cittadini, alla stregua degli artt. 2 e 38 della Costituzione, a fronte di eventi generanti una situazione di bisogno.

La determinazione del contenuto e delle modalità di realizzazione di un tale intervento di natura solidaristica è rimessa alla discrezionalità del legislatore e questi, nel ragionevole bilanciamento dei diversi interessi costituzionalmente rilevanti coinvolti, può subordinare l’attribuzione delle provvidenze alla presentazione della relativa domanda entro un dato termine.

Questa Corte non può sindacare il merito e l’opportunità delle opzioni adottate dal legislatore nella previsione di misure di sostegno assistenziale in caso di malattia. Le compete, tuttavia, verificare che le scelte legislative non siano affette da palese arbitrarietà o irrazionalità ovvero non comportino una lesione del nucleo minimo della garanzia (sentenze n. 226 del 2000 e n. 27 del 1998): vizi, questi, che non inficiano la norma in esame.

Infatti, il termine di tre anni fissato dall’art. 1, comma 9, della legge n. 238 del 1997, decorrente dal momento dell’acquisita conoscenza dell’esito dannoso dell’intervento terapeutico, non appare talmente breve da frustrare la possibilità di esercizio del diritto alla prestazione e vanificare la previsione dell’indennizzo.

Inoltre, in mancanza di sicuri dati scientifici – non prospettati dal rimettente – che dimostrino la manifesta arbitrarietà della distinzione dei tempi di presentazione delle domande in relazione alle patologie cui si riferiscono, non esiste alcun vincolo costituzionale che imponga un’equiparazione di disciplina.

Nel sistema della legge n. 210 del 1992, d’altra parte, quella delle epatiti era l’unica ipotesi di danno per cui la domanda di indennizzo poteva essere presentata in qualsiasi momento. Al riguardo, il rimettente manca di rilevare che anche per l’indennizzo in favore dei soggetti contagiati da HIV di cui al comma 2 dell’art. 1 della legge n. 210 del 1992 era prevista una limitazione temporale: in base all’originario art. 3, comma 1, della legge n. 210 del 1992, l’iniziativa doveva essere assunta dall’interessato nel termine di dieci anni, decorrente, per gli eventi ante legem, non dalla conoscenza del danno, ma, in virtù dell’art. 3, comma 7, dall’entrata in vigore della legge stessa.

In relazione alla denunciata disparità rispetto alla situazione dei soggetti affetti da epatiti che si siano avvalsi della disciplina di cui al previgente art. 3, comma 1, della legge n. 210 del 1992, v’è da aggiungere che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, non contrasta di per sé con il principio di eguaglianza un differenziato trattamento applicato alla stessa categoria di soggetti, ma in momenti diversi nel tempo, poiché proprio il fluire del tempo costituisce un elemento diversificatore delle situazioni giuridiche (ordinanze n. 216 del 2005 e n. 121 del 2003).

Alla luce delle esposte considerazioni, si deve ritenere che la disposizione impugnata non ecceda l’ambito delle scelte spettanti al legislatore in materia di diritti sociali.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 9, della legge 25 luglio 1997, n. 238 (Modifiche ed integrazioni alla legge 25 febbraio 1992, n. 210, in materia di indennizzi ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 32 della Costituzione, dal Tribunale di Modica con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 ottobre 2006.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Giuseppe TESAURO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 27 ottobre 2006.