SENTENZA N. 203
ANNO 2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE ”
- Ugo DE SIERVO ”
- Paolo MADDALENA ”
- Alfio FINOCCHIARO ”
- Alfonso QUARANTA ”
- Franco GALLO ”
- Luigi MAZZELLA ”
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Maria Rita SAULLE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi
di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 796, lettera p), della legge 27 dicembre 2006, n. 296
(Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007); dell’art.
6-quater del decreto-legge 28
dicembre 2006, n. 300 (Proroga di
termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni diverse),
convertito, con modificazioni, dall’art.
1, comma 1, della legge 26 febbraio 2007, n. 17; dell’art. 1-bis del decreto-legge 20 marzo 2007, n. 23 (Disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel
settore sanitario, nonché in materia di quota fissa sulla ricetta per le
prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale), convertito, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1,
della legge 17 maggio 2007, n. 64, promossi con ricorsi della Regione Veneto, notificati il 23 febbraio
2007, il 23 aprile 2007 ed il 13 luglio 2007, depositati in cancelleria il 1°
marzo 2007, il 30 aprile 2007 ed il 19 luglio 2007, ed iscritti,
rispettivamente, ai nn. 10, 21 e 32 del registro
ricorsi 2007.
Visti gli atti di
costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 20 maggio 2008 il Giudice
relatore Gaetano Silvestri;
uditi gli avvocati Mario Bertolissi, Luigi Manzi e Ezio Zanon per la Regione Veneto
e l’avvocato dello Stato Raffaele Tamiozzo per il
Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. – La Regione Veneto ha
promosso, con ricorso notificato il 23 febbraio 2007 e depositato il successivo
1° marzo, questioni di legittimità costituzionale di numerose disposizioni
dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
Stato – legge finanziaria 2007), e, tra queste, del comma 796, lettera p), in riferimento agli artt. 117 e 119
della Costituzione (reg. ric. n. 10 del 2007).
1.1. –
Preliminarmente, la ricorrente sottolinea come il legislatore, con le norme di
cui al censurato comma 796, abbia dato attuazione al Protocollo di intesa tra
il Governo, le Regioni e le Province autonome sul Patto per la salute. Tale
patto è richiamato nell’alinea del comma
La lettera p) del comma 796 stabilisce che, «a decorrere dal 1° gennaio 2007, per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale gli assistiti non esentati dalla quota di partecipazione al costo sono tenuti al pagamento di una quota fissa sulla ricetta pari a 10 euro. Per le prestazioni erogate in regime di pronto soccorso ospedaliero non seguite da ricovero, la cui condizione è stata codificata come codice bianco, ad eccezione di quelli afferenti al pronto soccorso a seguito di traumatismi ed avvelenamenti acuti, gli assistiti non esenti sono tenuti al pagamento di una quota fissa pari a 25 euro. La quota fissa per le prestazioni erogate in regime di pronto soccorso non è, comunque, dovuta dagli assistiti non esenti di età inferiore a 14 anni. Sono fatte salve le disposizioni eventualmente assunte dalle regioni che, per l’accesso al pronto soccorso ospedaliero, pongono a carico degli assistiti oneri più elevati».
1.2. – La Regione
Veneto censura la suddetta norma nella parte in cui impone, per le prestazioni
di assistenza specialistica ambulatoriale, una quota fissa sulla ricetta pari a
10 euro, in quanto sarebbe in contrasto con il sistema di riparto delle
competenze legislative disegnato dall’art. 117 Cost.
In particolare, secondo
la ricorrente il legislatore statale avrebbe introdotto una disciplina di
dettaglio nella materia «tutela della salute», rientrante nella competenza
legislativa concorrente delle Regioni.
La difesa regionale
osserva, inoltre, che la norma impugnata «mal si concilia con l’art. 119 Cost., che ovviamente riguarda il reperimento delle risorse
regionali».
Infine, la Regione
Veneto riferisce che sarebbe stato approvato dal Senato della Repubblica un
emendamento soppressivo del ticket di 10 euro, in sede di conversione del
decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300 (Proroga
di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni diverse),
e sottolinea come permanga il suo interesse all’odierna impugnazione «quanto
meno fino all’entrata in vigore di tale modifica e fatta salva ogni ulteriore
valutazione sul punto».
2. − Il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, si è costituito in giudizio, chiedendo che il ricorso sia
rigettato.
La difesa erariale
ritiene, infatti, che la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1,
comma 796, lettera p), della legge n.
296 del 2006, sia inammissibile per carenza di interesse, «vista la limitazione
temporale della disciplina censurata» che, secondo quanto stabilito dall’art.
6-quater del decreto-legge n. 300 del
2006, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 26 febbraio 2007, n. 17, trova
applicazione «fino al 31 marzo 2007 e comunque fino all’entrata in
vigore delle misure o alla stipulazione dell’accordo di cui al comma 2 del
presente articolo».
3. – In data 29 gennaio
2008 la Regione Veneto ha depositato una memoria integrativa, con la quale
insiste nelle conclusioni già formulate nel ricorso.
3.1. – In particolare,
la difesa regionale osserva che la limitazione dell’efficacia temporale della
norma impugnata, ad opera dell’art. 6-quater
del decreto-legge n. 300 del 2006, introdotto in sede di conversione, «non
priva la Regione ricorrente dell’interesse a veder dichiarata l’illegittimità
costituzionale della previsione contenuta nella legge finanziaria per il 2007».
Infatti, nei mesi precedenti la conversione del decreto-legge n. 300 del 2006 e
«fino all’avverarsi delle condizioni cui l’art. 6-quater subordina la disapplicazione del ticket, […] quest’ultima
misura si è imposta alla Regione ricorrente, la quale non ha potuto far altro
che renderla immediatamente operativa».
Inoltre, secondo la
ricorrente «i termini finali per la disapplicazione del ticket […] sono stati
congegnati in modo tale da perpetuare per un tempo indeterminabile – ma
certamente consistente – gli effetti dannosi dell’imposizione di cui sopra e
risultano, comunque, per molti profili contrastanti con la Costituzione».
3.2. – Nel merito, la
difesa regionale, «premessa l’insostenibilità […] della tesi che riconduce le
previsioni legislative in esame alle materie, di potestà statale esclusiva, dei
"rapporti con l’Unione europea” e della "perequazione delle risorse
finanziarie”», ritiene di dover riaffermare l’afferenza della disciplina
impugnata alla materia «tutela della salute». Di conseguenza, il «carattere
dettagliato ed autoapplicativo» della normativa
censurata determinerebbe l’illegittimità costituzionale della stessa per
violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.
La Regione Veneto
aggiunge che «tale risultato non cambierebbe, qualora si facesse rientrare la
disciplina normativa impugnata nell’ambito del "coordinamento della finanza
pubblica”, valorizzando, però, non una vuota ed estemporanea qualificazione del
legislatore statale, ma l’effettiva capacità del ticket di rispondere "ad un’esigenza di finanziamento della spesa
sanitaria”» (è richiamata in proposito la sentenza n. 184 del
1993 della Corte costituzionale). Anche in questo ambito, infatti, la
potestà legislativa è ripartita tra Stato e Regioni.
La ricorrente conclude
evidenziando che, tramite la previsione di un ticket fisso, la Regione Veneto
«ha visto gravemente incisa la propria autonomia finanziaria
relativamente al reperimento di risorse da destinare alla gestione di un
settore, quello della tutela della salute, nel quale sono molto ampie le
competenze legislative e amministrative dell’Ente ricorrente».
4. – La Regione Veneto
ha promosso, con ricorso notificato il 23 aprile 2007 e depositato il
successivo 30 aprile, questione di legittimità costituzionale dell’art. 6-quater del menzionato decreto-legge n.
300 del 2006, aggiunto dalla relativa legge di conversione n. 17 del
4.1. – La norma impugnata, nella sua
versione originaria, stabiliva: «1. Le disposizioni relative alla quota fissa
di cui all’articolo 1, comma 796, lettera p), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si
applicano fino al 31 marzo 2007 e comunque fino all’entrata in vigore delle
misure o alla stipulazione dell'accordo di cui al comma 2 del presente
articolo.
2. All’articolo 1, comma 796, della legge 27 dicembre 2006, n. 296,
dopo la lettera p), è inserita la seguente:
"p-bis) per le prestazioni di
assistenza specialistica ambulatoriale, di cui al primo periodo della lettera p),
fermo restando l’importo di manovra pari a 811 milioni di euro per l’anno 2007,
834 milioni di euro per l’anno 2008 e 834 milioni di euro per l’anno 2009, le
regioni, sulla base della stima degli effetti della complessiva manovra nelle
singole regioni, definita dal Ministero della salute di concerto con il Ministero
dell’economia e delle finanze, anziché applicare la quota fissa sulla ricetta
pari a 10 euro, possono alternativamente:
1) adottare altre misure di partecipazione
al costo delle prestazioni sanitarie, la cui entrata in vigore nella regione
interessata è subordinata alla certificazione del loro effetto di equivalenza
per il mantenimento dell’equilibrio economico-finanziario e per il controllo
dell’appropriatezza, da parte del Tavolo tecnico per la verifica degli
adempimenti di cui all’articolo 12 dell’intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005;
2) stipulare con il Ministero della salute
e il Ministero dell’economia e delle finanze un accordo per la definizione di
altre misure di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie,
equivalenti sotto il profilo del mantenimento dell’equilibrio
economico-finanziario e del controllo dell’appropriatezza. Le misure
individuate dall’accordo si applicano, nella regione interessata, a decorrere
dal giorno successivo alla data di sottoscrizione dell’accordo medesimo”».
4.2. – Preliminarmente, la Regione Veneto
ricorda come il censurato art. 6-quater
sia stato introdotto in sede di conversione del decreto-legge n. 300 del 2006
ed abbia inciso sulla previsione dell’art. 1, comma 796, lettera p), della legge n. 296 del 2006, già
oggetto di impugnazione da parte della medesima Regione (reg. ric. n. 10 del
2007).
In relazione a quest’ultimo ricorso, la
ricorrente osserva come, nell’odierno giudizio avente ad oggetto l’art. 6-quater, permangano «i medesimi profili
di illegittimità costituzionale ed, anzi, la violazione del dettato
costituzionale (appaia) perfino aggravata dalla recente novella legislativa».
Al riguardo, la Regione
Veneto sottolinea che l’imposizione, agli assistiti non esentati dalla quota di
partecipazione, del pagamento di un ticket fisso di 10 euro sulla ricetta per
le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale «rappresenta una
palese violazione del riparto delle competenze legislative disegnato dall’art.
117 Cost.».
In particolare, secondo
la ricorrente il legislatore statale avrebbe introdotto, nella materia «tutela
della salute», rientrante nella competenza legislativa concorrente delle
Regioni, una disciplina di dettaglio, autoapplicativa
e direttamente operativa nei confronti dei privati interessati.
Pur ribadendo l’afferenza del censurato
art. 6-quater alla materia della
«tutela della salute», la difesa regionale ritiene che la norma impugnata violi
l’art. 117, terzo comma, Cost. «anche nella denegata e
non creduta ipotesi in cui la si volesse ritenere afferente alla materia
"coordinamento della finanza pubblica”», rientrante nella competenza
legislativa concorrente.
A sostegno della riconduzione della
disciplina censurata a quest’ultimo ambito materiale vi sarebbe sia l’alinea
del comma 796 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006, sia la natura stessa del
ticket, il quale, «oltre alla funzione di dissuasione dalla richiesta eccessiva
ed inutile di prestazioni sanitarie, risponde ad un’esigenza di finanziamento
della spesa sanitaria» (è richiamata in proposito la sentenza n. 184 del
1993 di questa Corte).
Qualora si dovesse accogliere
l’impostazione da ultimo prospettata, la Regione Veneto osserva che «in un
ordinamento decentrato – quale quello disegnato, almeno sulla carta, per
l’Italia, dalla riforma del Titolo V della Costituzione – il coordinamento
centrale della finanza pubblica, per quanto irrinunciabile, deve tradursi nel
solo potere di indicare ai diversi livelli di governo obiettivi generali di
stabilità finanziaria, affinché questi li perseguano mediante scelte autonome,
non solo sul versante della spesa […] ma anche su quello del reperimento delle
risorse».
Aggiunge la ricorrente: «così certo non è
avvenuto nel caso di specie, dal momento che qui il legislatore è intervenuto
con una disciplina di dettaglio autoapplicativa –
come dimostra la stessa necessità di una normativa transitoria quale quella di
cui all’art. 6-quater oggetto di
impugnazione – che in nessun caso sembra potersi definire "principio
fondamentale”».
La difesa regionale esclude, inoltre, che
tale normativa di dettaglio possa ritenersi conforme a Costituzione «in virtù
di una sua ipotetica "cedevolezza”», essendo illegittime norme statali di
dettaglio cedevoli, salvo che in presenza di determinate condizioni.
Infine, secondo la ricorrente
«l’invocazione di astratte finalità di rispetto degli obblighi comunitari»
(contenuta nell’alinea del comma 796 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006)
non basterebbe «ad esimere il legislatore dal rispettare il riparto di
competenze disegnato dall’art. 117 Cost., dal momento
che l’attuazione degli impegni comunitari è riservata alle Regioni, nelle
materie di loro competenza, salvo il potere sostitutivo (non preventivo) dello
Stato».
4.3. – In merito all’asserita violazione
dell’art. 119 Cost., la Regione Veneto ritiene che la
normativa statale di imposizione di un ticket fisso sulle prestazioni
ambulatoriali determini una significativa compressione dell’autonomia
finanziaria regionale, in relazione al reperimento di risorse da destinare alla
gestione del settore sanitario.
Siffatta lesione dell’autonomia
finanziaria sarebbe irragionevole, in quanto «non consente alle Regioni di
graduare la partecipazione alla spesa pubblica sanitaria con i costi
effettivamente sostenuti per ciascuna delle suddette prestazioni a detrimento
anche, di conseguenza, del diritto fondamentale di cui all’art. 32 Cost.».
Inoltre, la compressione dell’autonomia
finanziaria regionale non sarebbe «attenuata dalla novella di cui all’art. 6-quater della legge 26 febbraio 2007, n.
17»; infatti, sebbene il legislatore statale abbia inteso limitare l’efficacia
temporale dell’imposizione del ticket fisso sulle prestazioni ambulatoriali, i
termini finali previsti «sono viziati sotto numerosi profili da violazioni del
dettato costituzionale e sono, comunque, congegnati in modo tale da perpetuare
per un tempo attualmente indeterminabile, ma piuttosto consistente, gli effetti
dannosi dell’imposizione di cui sopra».
Quanto al termine del 31 marzo 2007,
secondo la difesa regionale esso sarebbe «manifestamente incongruo: è
irragionevole, infatti, chiedere ad un ente articolato e complesso come quello
regionale che, nello stretto termine di tre mesi, adotti misure alternative per
la partecipazione alla spesa sanitaria (e per queste ottenga, entro gli stessi
termini, una valutazione positiva ai due controlli previsti al numero 1 della
nuova lettera p-bis del comma 796 dell’art. 1 della legge finanziaria per il 2007)
o stipuli un accordo con il Ministero, in grado di garantire un importo
complessivo inderogabilmente imposto di manovra di oltre 800 milioni di euro».
Quanto alle previsioni di cui alla nuova
lettera p-bis) dell’art. 1, comma 796, della legge n. 296 del 2006, esse
rappresentano, a parere della ricorrente, «una macroscopica violazione
dell’art. 119 Cost.», in quanto il legislatore statale, «anziché limitarsi, finalmente,
a stabilire l’obiettivo finanziario, fissando l’importo di manovra, per
lasciare poi all’autonomia regionale il compito di attuare il fine prefissato,
continua ad imporre alla Regione i mezzi con i quali realizzarlo».
In particolare, alla Regione Veneto
«sembra evidente» che le norme contenute nella nuova lettera p-bis)
non facciano altro che «ribadire, certo con una formulazione più articolata e
per questo potenzialmente ingannevole, che le Regioni devono realizzare
l’importo di manovra per il triennio 2007-2009 mediante "misure di
partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie”». Pertanto, posto che tra
le misure da ultimo menzionate rientra il ticket, la difesa regionale ritiene
che, con la norma impugnata, lo Stato abbia continuato «ad obbligare le Regioni
a realizzare gli obiettivi di finanza con strumenti della stessa natura di
quelli – per non dire con i medesimi strumenti – già imposti con la legge
finanziaria per il 2007».
Infine, la Regione Veneto contesta la
previsione della necessità di un accordo previsto al numero 2) della lettera p-bis),
in quanto l’autonomia finanziaria regionale, sotto il profilo del reperimento
delle risorse, e la competenza legislativa concorrente in materia di «tutela
della salute» consentono alla Regione «di scegliere liberamente quali strumenti
prevedere per realizzare l’obiettivo di bilancio, unico punto sul quale lo
Stato conserva integra la sua competenza».
4.4. – La ricorrente conclude rilevando
che le norme di cui al comma 2 dell’art. 6-quater
violano anche il principio di leale collaborazione.
In primo luogo, l’asserita violazione
consisterebbe nel contrasto esistente tra le norme impugnate ed il contenuto
del Patto nazionale per la salute del 28 settembre 2006, che è stato attuato
dal comma 796 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006, la cui disciplina è
stata, a sua volta, modificata dall’art. 6-quater
del decreto-legge n. 300 del 2006, oggetto dell’odierna impugnativa. In altre
parole, il censurato art. 6-quater,
che pure incide sull’oggetto del richiamato Patto per la salute, non ne
rispetterebbe il contenuto quanto al rafforzamento della capacità
programmatoria e organizzativa delle Regioni.
In secondo luogo, il principio di leale
collaborazione sarebbe violato dalla previsione di «una forma di accordo» fra
alcuni Ministeri e le Regioni, «solo successiva all’imposizione del ticket
fisso sulle prestazioni ambulatoriali». Pertanto, «una norma di transizione
della disciplina del ticket così congegnata» si risolverebbe «in un
aggravamento della lesione dell’autonomia, in particolar modo finanziaria,
delle Regioni».
4.5. – In definitiva, secondo la
ricorrente, «lo Stato, sul quale ricade la responsabilità finanziaria della
tutela della salute in nome dell’eguaglianza, sottostima le spese e, con ciò,
altro non fa che riversarle sulla Regione, cui finisce per attribuire la
responsabilità politico-istituzionale delle decisioni finali, in particolare
quando impone l’attuazione di misure puntuali, oggi escluse, salvo l’obiettivo
finale, dalle disposizioni costituzionali regolatrici della materia».
5. − Il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, si è costituito anche in questo giudizio, chiedendo che
la questione sollevata sia dichiarata inammissibile e, comunque, infondata.
5.1. −
Preliminarmente, la difesa erariale ricorda che il censurato art. 6-quater del decreto-legge n. 300 del 2006
incide sulla previsione dell’art. 1, comma 796, lettera p), della legge n. 296 del 2006, e che quest’ultima norma è già
stata impugnata dalla medesima Regione Veneto (reg. ric. n. 10 del 2007). Da
quanto appena detto scaturirebbe, secondo il resistente, la «manifesta
inammissibilità dell’odierno, secondo ricorso della Regione Veneto in quanto,
ove deciso, potrebbe porsi in evidente, stridente contrasto con la decisione
relativa alla precedente, citata iniziativa della Regione».
L’Avvocatura generale
ricorda, inoltre, che attualmente è all’esame del Senato della Repubblica un
disegno di legge (A.C. 2534), già approvato dalla Camera dei deputati, il quale
prevede all’art. 1-bis una riduzione
del ticket sulle prestazioni specialistiche ambulatoriali da
5.2. − Nel
merito, il resistente rileva che «la determinazione di una quota fissa su
prescrizioni di prestazioni specialistiche ambulatoriali non costituisce
affatto "norma di dettaglio attinente alla materia di legislazione concorrente
della tutela della salute”, bensì disposizione
strettamente inerente alla definizione dei Livelli essenziali di assistenza».
In particolare, secondo
la difesa erariale, la norma impugnata, stabilendo «una condizione di accesso
alle prestazioni sanitarie comprese nei livelli», individuerebbe «puntualmente
le condizioni per l’esercizio del diritto all’assistenza sanitaria». Pertanto,
ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., andrebbe riconosciuta la
competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia regolata dalla
normativa impugnata.
L’Avvocatura generale
rileva, inoltre, che le previsioni di cui al comma 2 dell’art. 6-quater costituiscono, in virtù del
richiamo contenuto nell’art. 1, comma 796, della legge n. 296 del 2006,
«attuazione del protocollo di intesa tra il Governo, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano per un patto nazionale per la salute sul quale
la Conferenza delle regioni e delle province autonome, nella riunione del 28
settembre
Infine, il resistente
ricorda che il richiamato protocollo «riconosce […] la necessità di "combinare”
la politica di promozione e coordinamento propria del Governo con il
rafforzamento dell’autonomia organizzativa e della responsabilità finanziaria
delle Regioni».
6. – In data 7 maggio
2008 la Regione Veneto ha depositato una memoria integrativa, con la quale
insiste nelle conclusioni già formulate nel ricorso.
7. – La Regione Veneto
ha promosso, con ricorso notificato il 13 luglio 2007 e depositato il
successivo 19 luglio, questioni di legittimità costituzionale di tutte le
disposizioni del decreto-legge 20 marzo 2007, n. 23 (Disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel
settore sanitario, nonché in materia di quota fissa sulla ricetta per le
prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale), convertito, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1,
della legge 17 maggio 2007, n. 64, e tra queste dell’art. 1-bis, in riferimento agli artt. 117 e 119
Cost. ed al principio di leale collaborazione di cui
agli artt. 5 e 120, secondo comma, Cost. e 11 della
legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione) (reg. ric. n. 32 del 2007).
7.1. – La norma impugnata stabilisce: «1.
L’importo della manovra derivante dalle disposizioni di cui all’articolo 1,
comma 796, lettera p), primo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è rideterminato per il solo anno
2007 da 811 milioni di euro a 300 milioni di euro, anche per le finalità di cui
alla lettera p-bis) del medesimo comma. A tal fine il livello del
finanziamento del Servizio sanitario nazionale, cui concorre ordinariamente lo
Stato, è incrementato per l’anno 2007 di 511 milioni di euro. Il predetto
incremento è ripartito tra le regioni con i medesimi criteri adottati per lo
stesso anno. Conseguentemente la quota fissa sulla ricetta è abolita con
effetto dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente
decreto e fino al 31 dicembre 2007. Il comma
1 dell’articolo 6-quater del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300,
convertito, con modificazioni, dalla legge
26 febbraio 2007, n. 17, è abrogato.
2. All’onere derivante dall’attuazione del
comma 1, pari a 511 milioni di euro per l’anno 2007, si provvede:
a) quanto a 100 milioni di euro mediante riduzione
dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo
1, comma 50, della legge 23 dicembre 2005, n. 266;
b) quanto a 411 milioni di euro mediante utilizzo
delle disponibilità del fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche
comunitarie di cui all’articolo 5
della legge 16 aprile 1987, n. 183, che, a tal fine, sono versate nello
stesso anno 2007 all’entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnate,
in deroga all’articolo 1, comma 46,
della legge 23 dicembre 2005, n. 266, al Fondo sanitario nazionale.
3. Il Ministro dell’economia e delle
finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti
variazioni di bilancio».
7.2. – Preliminarmente,
la Regione Veneto sottolinea come le disposizioni contenute nel censurato
decreto-legge n. 23 del 2007 incidano sul «settore sanità». La ricorrente evidenzia,
altresì, che la materia della «tutela della salute» ed in particolare il
sistema di responsabilità e di finanziamento del servizio sanitario sono stati
oggetto negli ultimi anni di numerosi interventi normativi, fra i quali quelli
oggi all’esame della Corte costituzionale.
La difesa regionale
individua le cause delle frequenti modifiche legislative in due esigenze
distinte ma strettamente legate tra loro: da una parte, il controllo sulla
spesa pubblica e, dall’altra, l’«attuazione del
disegno costituzionale di stampo federale inequivocabilmente tracciato per il
nostro ordinamento dalla riforma del Titolo V della Costituzione».
Pertanto, «l’obiettivo
da raggiungere […] in materia di sanità come in altre parimenti sostanzialmente
devolute, è quello di un equilibrio tra interesse nazionale e autonomie
regionali che consenta un adeguato reperimento delle risorse finanziarie
necessarie ed una successiva efficiente gestione delle stesse».
7.3. – Passando ai
singoli motivi di censura, la Regione Veneto rileva che, per effetto della
norma impugnata, l’imposizione della quota fissa di dieci euro, prevista
dall’art. 1, comma 796, lettera p),
della legge n. 296 del 2006, è stata «congelata» dal 20 maggio 2007 (giorno di
entrata in vigore della legge n. 64 del 2007 con la quale è stato convertito il
decreto-legge n. 23 del 2007) al 31 dicembre 2007. Da quanto appena detto
discenderebbe la permanenza dell’interesse a ricorrere della Regione Veneto, la
quale precisa di essersi «attivata in modo da rendere possibile il puntuale
adempimento delle disposizioni normative statali». Al contempo, la ricorrente
«teme anche le conseguenze derivanti dalla "rediviva” operatività della
disciplina incostituzionale del ticket fisso sulle prestazioni mediche
specialistiche a partire dal 1° gennaio del prossimo anno».
La difesa regionale,
pertanto, ribadisce quanto già affermato nei ricorsi promossi avverso l’art. 1,
comma 796, lettera p), della legge n.
296 del 2006 (reg. ric. n. 10 del 2007) e l’art. 6-quater del decreto-legge n. 300 del 2006, convertito, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1,
della legge n. 17 del 2007 (reg. ric. n. 21 del 2007).
7.3.1. – In particolare, la Regione Veneto sottolinea
come la previsione del ticket sulle prestazioni ambulatoriali specialistiche
sia palesemente in contrasto con il sistema di riparto delle competenze
legislative disegnato dall’art. 117 Cost. La difesa regionale, dopo aver
ricordato che le materie della «tutela della salute» e del «coordinamento della
finanza pubblica» ricadono nella competenza legislativa concorrente, rileva che
«l’aver determinato e, per di più in una quota fissa (di 10 euro), il
corrispettivo dovuto dai cittadini assistiti non esenti per le prestazioni di
assistenza specialistica ambulatoriale, non può certo dirsi principio
fondamentale, bensì disciplina di dettaglio e, per questo, incostituzionale».
7.3.2. – Inoltre,
sarebbe stato violato l’art. 119 Cost., in quanto «con
l’imposizione di un ticket fisso sulle prestazioni ambulatoriali, le Regioni
hanno visto compressa significativamente la loro autonomia finanziaria
relativamente al reperimento delle risorse da destinare alla gestione di un
settore, quello della tutela della salute, nel quale amplissime sono le
competenze legislative e amministrative dell’ente regionale».
Secondo la ricorrente,
il legislatore statale avrebbe dovuto limitarsi ad indicare alle Regioni
l’obiettivo finanziario da raggiungere, fissando l’importo di manovra, «per
lasciare poi all’autonomia regionale il compito di attuare il fine prefissato».
Al contrario, lo Stato avrebbe imposto alle Regioni i mezzi con cui realizzare
l’obiettivo stabilito «e per di più mezzi irragionevoli, visto che
l’imposizione di un ticket di dieci euro su tutte le prestazioni ambulatoriali
specialistiche non consente alle Regioni di graduare la partecipazione alla
spesa pubblica sanitaria con i costi effettivamente sostenuti per ciascuna
delle suddette prestazioni, con conseguente lesione del diritto fondamentale di
cui all’art. 32 Cost.».
7.3.3. – Infine,
sarebbe stato leso il principio di leale collaborazione, innanzitutto perché la
norma impugnata non è stata adottata in attuazione del protocollo di intesa tra
il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano per un
patto nazionale per la salute approvato in sede di Conferenza delle Regioni e
delle Province autonome, nella riunione del 28 settembre 2006.
In secondo luogo, in
relazione alla norma censurata «nessun accordo si è cercato con le Regioni, né
è stato, d’altra parte, ottenuto», pur vertendosi «in ambiti di competenza
legislativa concorrente delle Regioni e di piena autonomia finanziaria delle
stesse».
8. – Il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, si è costituito anche in questo giudizio, chiedendo che la questione
sollevata sia dichiarata inammissibile e, comunque, infondata.
In particolare, il
resistente svolge una serie di argomentazioni che concernono il problema del
ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario, rilevando che
il decreto-legge impugnato «appare pienamente riconducibile ai profili di
competenza delineati dall’articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, che riserva alla
potestà legislativa esclusiva dello
Stato le materie concernenti il "sistema tributario e contabile dello Stato” e
la "perequazione delle risorse
finanziarie”».
Inoltre, il
decreto-legge n. 23 del 2007, «intervenendo sul livello di finanziamento del
servizio sanitario regionale utile per l’erogazione dei livelli essenziali
delle prestazioni sanitarie», conterrebbe norme destinate ad investire l’ambito
materiale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., che attribuisce alla competenza legislativa esclusiva
dello Stato la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il
territorio nazionale.
9. – In data 7 maggio
2008 la Regione Veneto ha depositato una memoria integrativa, con la quale
insiste nelle conclusioni già formulate nel ricorso.
Considerato in diritto
1. – La Regione Veneto ha promosso
questioni di legittimità costituzionale di numerose disposizioni della legge 27
dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge
finanziaria 2007).
Riservata a separate pronunce la decisione
sull’impugnazione delle altre disposizioni contenute nella legge n. 296 del
2006, viene in esame in questa sede la questione relativa all’art. 1, comma
796, lettera p), promossa per violazione
degli artt. 117 e 119 della Costituzione (reg. ric. n. 10 del 2007).
2. – La Regione Veneto
ha inoltre impugnato l’art. 6-quater
del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni diverse),
convertito, con modificazioni, dall’art.
1, comma 1, della legge 26 febbraio 2007, n. 17, per violazione degli
artt. 117 e 119 Cost. e del principio di leale
collaborazione (reg. ric. n. 21 del 2007).
3. – Infine, la Regione
Veneto ha promosso questioni di legittimità costituzionale di tutte le
disposizioni del decreto-legge 20 marzo 2007, n. 23 (Disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel
settore sanitario, nonché in materia di quota fissa sulla ricetta per le
prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale), convertito, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1,
della legge 17 maggio 2007, n. 64.
Riservata a separate
pronunce la decisione sull’impugnazione delle altre disposizioni contenute nel
decreto-legge n. 23 del 2007, viene in esame in questa sede la questione
relativa all’art. 1-bis, promossa per
violazione degli artt. 117 e 119 Cost. e del principio
di leale collaborazione (reg. ric. n. 32 del 2007).
4. – Poiché tutte le
norme impugnate attengono alla quota fissa di partecipazione al costo delle
prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, introdotta dall’art. 1,
comma 796, lettera p), della legge n.
296 del 2006, e le censure mosse sono sostanzialmente coincidenti, può essere
disposta la riunione dei relativi giudizi.
5. – In via
preliminare, è opportuno chiarire il quadro normativo entro cui si collocano le
norme censurate.
L’art. 1, comma 796,
lettera p), della legge n. 296 del
La disposizione di cui
sopra è stata ripetutamente modificata dal legislatore.
La prima modifica è
stata apportata dall’art. 6-quater
del decreto-legge n. 300 del 2006, introdotto in sede di conversione in legge.
Il comma 1 di tale articolo ha limitato l’applicazione della norma di cui alla
lettera p) del comma 796 dell’art. 1
della legge finanziaria 2007, «fino al 31 marzo 2007 e comunque fino
all’entrata in vigore delle misure o alla stipulazione dell’accordo di cui al
comma 2 del presente articolo». Il comma 2 dello stesso art. 6-quater ha inoltre aggiunto al comma 796
di cui sopra una nuova lettera p-bis).
La seconda modifica è
stata operata dall’art. 1-bis del
decreto-legge n. 23 del 2007, anch’esso introdotto in sede di conversione in
legge. Il detto art. 1-bis ha
abrogato il comma 1 dell’art. 6-quater
del decreto-legge n. 300 del 2006. Di conseguenza, a partire dal 20 maggio 2007
(data di entrata in vigore della legge n. 64 del 2007, con la quale è stato
convertito il decreto-legge n. 23 del 2007) e fino al 31 dicembre 2007, è stata
abolita la quota fissa sulla ricetta.
Infine, l’art. 2, comma
376, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008) ha abolito
la quota fissa per l’anno 2008.
6. – La Regione
ricorrente ritiene che l’art. 1, comma 796, lettera p), della legge n. 296 del 2006, violi l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto avrebbe introdotto una disciplina di
dettaglio nella materia «tutela della salute», rientrante nella competenza
legislativa concorrente, e l’art. 119 Cost., in quanto avrebbe inciso
negativamente sull’autonomia finanziaria della Regione, con riguardo al reperimento
di risorse da destinare alla gestione del settore sanitario.
Con riferimento
all’art. 6-quater del decreto-legge
n. 300 del 2006, la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 117, terzo
comma, Cost., in quanto avrebbe inserito una disciplina di dettaglio nella
materia «tutela della salute», rientrante nella competenza legislativa
concorrente, o, in subordine, in quella del «coordinamento della finanza
pubblica», anch’essa rientrante nella competenza legislativa concorrente;
dell’art. 119 Cost., in quanto, pur limitando l’efficacia temporale della norma
prima citata al 31 marzo 2007 e comunque sino all’entrata in vigore delle
misure o alla stipulazione dell’accordo di cui al comma 2 del medesimo
articolo, avrebbe comunque inciso negativamente, per il periodo di vigenza,
sull’autonomia finanziaria della Regione, con riguardo al reperimento di
risorse da destinare alla gestione del settore sanitario. Inoltre, siffatta
lesione dell’autonomia finanziaria sarebbe irragionevole, in quanto «non
consente alle Regioni di graduare la partecipazione alla spesa pubblica
sanitaria con i costi effettivamente sostenuti per ciascuna delle suddette
prestazioni, a detrimento anche, di conseguenza, del diritto fondamentale di
cui all’art. 32 Cost.»; del principio di leale collaborazione, in quanto il
censurato art. 6-quater, che pure
incide sull’oggetto del Patto nazionale per la salute del 28 settembre 2006,
non ne rispetterebbe il contenuto quanto al rafforzamento della capacità
programmatoria e organizzativa delle Regioni ed in quanto sarebbe prevista una
forma di raccordo fra alcuni Ministeri e le Regioni «solo successiva
all’imposizione del ticket fisso sulle prestazioni ambulatoriali».
Infine, viene impugnato
l’art. 1-bis del decreto-legge n. 23
del 2007, per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto avrebbe
introdotto una disciplina di dettaglio nella materia «tutela della salute»,
rientrante nella competenza legislativa concorrente o, in subordine, in quella
del «coordinamento della finanza pubblica», anch’essa rientrante nella
competenza legislativa concorrente; dell’art. 119 Cost., in quanto, essendo
stata abolita la quota fissa solo con effetto dalla data di entrata in vigore
della legge di conversione del suddetto decreto-legge (20 maggio 2007) e fino
al 31 dicembre 2007, ma non anche per il periodo passato (1° gennaio-19 maggio
2007) e per il futuro (dal 1° gennaio
6.1. – Le suddette
questioni di legittimità costituzionale non sono fondate.
6.2. – Questa Corte ha
avuto occasione di fissare alcuni principi sulle forme di finanziamento delle
prestazioni sanitarie. In particolare, è stato chiarito che «il diritto alla
salute spetta ugualmente a tutti i cittadini e va salvaguardato sull’intero
territorio nazionale. Non è pertanto casuale che la spesa in questione sia
prevalentemente rigida e non si presti a venire manovrata, in qualche misura,
se non dagli organi centrali di governo». Nell’ipotesi di introduzione di quote
di partecipazione al costo delle prestazioni, questa Corte ha precisato: «Per
non violare l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio, la sfera di
operatività di una norma siffatta dev’essere, invero, ridotta ai minimi
termini; mentre è soltanto lo Stato che dispone […] della potestà di
circoscrivere in tal senso la spesa, per mezzo dell’introduzione di tickets o con il ricorso ad analoghe misure di
contenimento»; ciò perché, «là dove sono in gioco funzioni e diritti
costituzionalmente previsti e garantiti, è infatti indispensabile superare la
prospettiva del puro contenimento della spesa pubblica, per assicurare la
certezza del diritto ed il buon andamento delle pubbliche amministrazioni,
mediante discipline coerenti e destinate a durare nel tempo» (sentenza n. 245 del
1984).
Questa Corte ha,
inoltre, precisato che il ticket è stato originariamente introdotto «più in
funzione di dissuasione dal consumo eccessivo di medicinali che in funzione di
finanziamento della spesa sanitaria», mentre «la successiva evoluzione
legislativa ha […] attribuito al ticket una sempre maggiore valenza di
strumento per la riduzione della spesa pubblica in materia sanitaria ed ha
correlativamente disposto un’articolata disciplina delle esenzioni» (sentenza n. 184 del
1993).
Dopo la riforma del
titolo V della parte II della Costituzione questa Corte ha avuto modo di
ribadire la necessità, già segnalata nella sua pregressa giurisprudenza, che la
spesa sanitaria sia resa compatibile con «la limitatezza delle disponibilità
finanziarie che annualmente è possibile destinare, nel quadro di una
programmazione generale degli interventi di carattere assistenziale e sociale,
al settore sanitario» (sentenza n. 111 del
2005). Ciò implica che «l’autonomia legislativa concorrente delle Regioni
nel settore della tutela della salute ed in particolare nell’ambito della
gestione del servizio sanitario può incontrare limiti alla luce degli obiettivi
della finanza pubblica e del contenimento della spesa» (sentenza n. 193 del
2007). Tuttavia, la stessa offerta "minimale” di servizi sanitari non può
essere unilateralmente imposta dallo Stato, ma deve essere concordata per
alcuni aspetti con le Regioni, con la conseguenza che «sia le prestazioni che
le Regioni sono tenute a garantire in modo uniforme sul territorio nazionale,
sia il corrispondente livello di finanziamento sono oggetto di concertazione
tra lo Stato e le Regioni stesse» (sentenza n. 98 del
2007).
6.3. – Alla luce dei
principi generali prima riassunti, si deve tener conto del concreto
inquadramento delle prestazioni sanitarie cui si riferisce il presente
giudizio.
Le prestazioni di
assistenza specialistica ambulatoriale sono comprese nei livelli essenziali di
assistenza sanitaria: in particolare, l’Allegato 1, punto 2.E del decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001 (Definizione dei livelli essenziali di assistenza) prevede che in
tale tipo di assistenza rientrino le prestazioni terapeutiche e riabilitative e
la diagnostica strumentale e di laboratorio. Lo stesso decreto esclude poi
alcune di queste prestazioni dai livelli di assistenza, ponendole a carico
degli assistiti. Proprio per assicurare l’uniformità delle prestazioni che
rientrano nei livelli essenziali di assistenza (LEA), spetta allo Stato
determinare la ripartizione dei costi relativi a tali prestazioni tra il
Servizio sanitario nazionale e gli assistiti, sia prevedendo specifici casi di
esenzione a favore di determinate categorie di soggetti, sia stabilendo soglie
di compartecipazione ai costi, uguali in tutto il territorio nazionale.
L’esclusione di una
determinazione unilaterale ad opera dello Stato delle misure di contenimento
della spesa sanitaria ha portato alla stipulazione di un protocollo di intesa
tra Governo, Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano per un patto
nazionale sulla salute, condiviso dalla Conferenza Stato-Regioni nella seduta
del 28 settembre
L’art. 1, comma 796,
della legge n. 296 del 2006, che comprende l’impugnata lettera p), precisa che le norme ivi contenute
sono volte alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il
triennio 2007-
7. – L’esigenza di
adottare misure efficaci di contenimento della spesa sanitaria e la necessità di
garantire, nello stesso tempo, a tutti i cittadini, a parità di condizioni, una
serie di prestazioni che rientrano nei livelli essenziali di assistenza
(entrambe fornite di basi costituzionali messe in rilievo dalla giurisprudenza
di questa Corte), rendono compatibile con la Costituzione la previsione di un
ticket fisso, anche se non si tratta dell’unica forma possibile per realizzare
gli obiettivi prima indicati.
Lo scopo perseguito è,
da una parte, quello di evitare l’aumento incontrollato della spesa sanitaria,
derivante dall’inesistenza di ogni forma di compartecipazione ai costi da parte
degli assistiti, e, dall’altra, quello di non rendere più o meno onerose nelle
diverse Regioni prestazioni che si collocano nella fascia delle prestazioni
minime indispensabili per assicurare a tutti i cittadini il godimento del
diritto alla salute.
Sia la previsione di un
ticket fisso uguale in tutto il territorio nazionale (che peraltro ha avuto
vigenza limitata al periodo intercorrente tra il 1° gennaio e il 20 maggio
2007), sia il ricorso a forme diverse di compartecipazione degli assistiti –
entrambe previste dalle norme statali che si sono succedute nel tempo e tutte
impugnate dalla Regione Veneto – sono da ritenersi compatibili con i principi
costituzionali, nella considerazione bilanciata dell’equilibrio della finanza
pubblica e dell’uguaglianza di tutti i cittadini nell’esercizio dei diritti
fondamentali, tra cui indubbiamente va ascritto il diritto alla salute. La
scelta di un sistema o di un altro appartiene all’indirizzo politico dello
Stato, nel confronto con quello delle Regioni. Nella specie, l’intesa di cui
prima s’è fatta menzione stabilisce con chiarezza che i criteri di
compartecipazione devono assumere carattere omogeneo. Né potrebbe essere diversamente,
giacché non sarebbe ammissibile che l’offerta concreta di una prestazione
sanitaria rientrante nei LEA si presenti in modo diverso nelle varie Regioni.
Giova precisare che dell’offerta concreta fanno parte non solo la qualità e
quantità delle prestazioni che devono essere assicurate sul territorio, ma
anche le soglie di accesso, dal punto di vista economico, dei cittadini alla
loro fruizione.
Alla luce delle
precedenti considerazioni, le norme impugnate non presentano i vizi di
legittimità costituzionale denunciati dalla Regione ricorrente.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata a
separate pronunce la decisione delle altre questioni di legittimità
costituzionale promosse, nei confronti della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), dalla
Regione Veneto, con il ricorso indicato in epigrafe;
riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni di
legittimità costituzionale promosse, nei confronti del decreto-legge 20 marzo
2007, n. 23 (Disposizioni urgenti per
il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario, nonché in
materia di quota fissa sulla ricetta per le prestazioni di assistenza
specialistica ambulatoriale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 17 maggio 2007,
n. 64, dalla Regione Veneto, con il ricorso indicato in epigrafe;
riuniti i giudizi,
dichiara non fondata la
questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 796, lettera p), della legge n. 296 del 2006,
promossa, in riferimento agli artt. 117 e 119 della Costituzione, dalla Regione
Veneto con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara non fondata la
questione di legittimità costituzionale dell’art. 6-quater del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300 (Proroga di termini previsti da disposizioni
legislative e disposizioni diverse), convertito, con modificazioni,
dall’art. 1, comma 1, della legge 26
febbraio 2007, n. 17, promossa, in riferimento agli artt. 117 e 119
Cost. ed al principio di leale collaborazione, dalla
Regione Veneto con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara non fondata la
questione di legittimità costituzionale dell’art. 1-bis del
decreto-legge n. 23 del 2007, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge n. 64 del 2007,
promossa, in riferimento agli artt. 117 e 119 Cost. ed
al principio di leale collaborazione, dalla Regione Veneto con il ricorso
indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 giugno
2008.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Gaetano SILVESTRI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 13
giugno 2008.