SENTENZA N. 185
ANNO 2024
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta da:
Presidente: Augusto Antonio BARBERA;
Giudici: Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge della Regione Toscana 19 maggio 2023, n. 23 (Disposizioni in materia di personale delle strutture di supporto agli organi politici. Abrogazione della l.r. n. 2/2023, reviviscenza di talune disposizioni e modifiche alla l.r. n. 1/2009) e dei punti n. 3, n. 4 e n. 5 del preambolo della medesima legge regionale; degli artt. 42, commi 8, 9 e 10, 43, comma 5, 44, comma 6-bis, secondo periodo, 45, 49, commi 4 e 4-ter, 51, commi 5, 6 e 6-bis, 52, comma 5, e 58, comma 2, della legge della Regione Toscana 8 gennaio 2009, n. 1 (Testo unico in materia di organizzazione e ordinamento del personale), promosso dalla Corte dei conti, sezioni riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione, nel giudizio di parificazione del rendiconto generale della Regione Toscana, per l’esercizio finanziario 2022, con ordinanza del 28 marzo 2024, iscritta al n. 77 del registro ordinanze 2024, e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell’anno 2024.
Visto l’atto di costituzione della Regione Toscana;
udito nell’udienza pubblica del 29 ottobre 2024 il Giudice relatore Giovanni Amoroso;
udito l’avvocato Marcello Cecchetti per la Regione Toscana;
deliberato nella camera di consiglio del 29 ottobre 2024.
Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanza del 28 marzo 2024, iscritta al n. 77 del registro ordinanze 2024, la Corte dei conti, sezioni riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 36, 81, terzo comma, 97, primo comma, 117, commi secondo, lettera l), e terzo, e 119, primo e quarto comma, della Costituzione, dell’art. 4 della legge della Regione Toscana 19 maggio 2023, n. 23 (Disposizioni in materia di personale delle strutture di supporto agli organi politici. Abrogazione della l.r. n. 2/2023, reviviscenza di talune disposizioni e modifiche alla l.r. n. 1/2009) e dei punti n. 3, n. 4 e n. 5 del preambolo della medesima legge regionale, nonché degli artt. 42, commi 8, 9 e 10, 43, comma 5, 44, comma 6-bis, secondo periodo, 45, 49, commi 4 e 4-ter, 51, commi 5, 6 e 6-bis, 52, comma 5, e 58, comma 2, della legge della Regione Toscana 8 gennaio 2009, n. 1 (Testo unico in materia di organizzazione e ordinamento del personale).
1.1.– Le questioni sono sollevate nel corso del giudizio dinanzi alle Sezioni riunite in speciale composizione, promosso dalla Regione Toscana avverso la decisione della Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Toscana, n. 165/2023/PARI del 20 luglio 2023, che ha parificato il rendiconto generale della Regione Toscana per l’esercizio 2022 ad eccezione, per quanto qui rilevante, dei capitoli di spesa n. 71120 «retribuzione personale supporto organi politici GR - M/P 0101» e n. 13114 «retribuzione personale supporto organi politici CR - M/P 0101», per complessivi euro 2.077.138,64, relativi agli impegni di spesa per l’incremento del fondo del salario accessorio 2022 per il personale non dirigente e ai conseguenti pagamenti.
1.2.– La Corte rimettente premette che già nel precedente giudizio di parificazione, inerente il rendiconto generale della Regione Toscana per l’esercizio 2021, la medesima sezione territoriale aveva contestato alla Regione un incremento ingiustificato di spesa a carico del bilancio regionale, imputabile, da un lato, all’istituzione e alla disciplina, con la legge reg. Toscana n. 1 del 2009, di trattamenti economici accessori difformi da quelli previsti dalla contrattazione collettiva, e, dall’altro, all’erronea imputazione al bilancio, anziché al fondo del salario accessorio, di tali emolumenti.
1.2.1.– Avviato il contraddittorio, all’esito dell’adozione da parte dell’amministrazione regionale di due misure conformative ritenute idonee a superare le segnalate criticità, il rendiconto generale per il 2021 era stato parificato; in particolare la Regione, previa dimostrazione che gli importi corrisposti al personale in questione trovavano rispondenza in quelli dovuti in applicazione degli istituti contrattuali ordinari, da un lato, con il decreto dirigenziale 14 dicembre 2022, n. 24784, aveva imputato i suddetti importi, precedentemente posti a carico del bilancio, al fondo salario accessorio 2021 – così rideterminando, in riduzione, le economie provenienti dal fondo 2021 rinviate al fondo 2022 ed ottenendo per la stessa somma un miglioramento dei saldi di bilancio – ; dall’altro, con la legge della Regione Toscana 7 gennaio 2023, n. 2 (Disposizioni in materia di personale delle strutture di supporto agli organi di governo ed organismi politici della Regione. Modifiche alla l.r. 1/2009), aveva abrogato le disposizioni della legge reg. Toscana n. 1 del 2009 relative al trattamento economico accessorio del personale di supporto agli organi politici regionali, che veniva ricondotto nell’ambito del contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto Funzioni locali (artt. 1 e 2), con imputazione, a decorrere dall’anno 2022, al fondo salario accessorio del personale del comparto (art. 3).
1.3.– All’esito dell’entrata in vigore dell’art. 3, comma 1, del decreto-legge 22 aprile 2023, n. 44 (Disposizioni urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni pubbliche), convertito, con modificazioni, nella legge 21 giugno 2023, n. 74, che ha riconosciuto alle regioni la possibilità di applicare l’art. 14 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), senza aggravio di spesa e secondo i principi di cui all’art. 27 del medesimo decreto legislativo, il legislatore toscano era nuovamente intervenuto con la legge reg. Toscana n. 23 del 2023 che aveva abrogato la legge reg. Toscana n. 2 del 2023, disponendo la reviviscenza della legge reg. Toscana n. 1 del 2009, e, per il 2023, aveva imputato a bilancio il trattamento accessorio del personale delle strutture di supporto agli organi di governo della Regione, agli organismi politici del Consiglio regionale e alle segreterie dei gruppi consiliari, mentre, per il 2022, aveva dettato, all’art. 4, una disciplina specifica che, pur mantenendo l’imputazione di tali emolumenti al fondo salario accessorio, disponeva un aumento di quest’ultimo in misura corrispondente alla spesa sostenuta per tale finalità nell’anno 2016, e, in ogni caso, nel limite di cui all’art. 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante «Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l) m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», norma che, a decorrere dal 1° gennaio 2017, fissava l’ammontare complessivo delle risorse destinabili annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, nell’importo all’uopo determinato per l’anno 2016.
1.4.– Continuando nella ricostruzione del contenzioso pregresso, il giudice a quo evidenzia che, nel giudizio di parifica relativo al rendiconto 2022, la sezione territoriale aveva ravvisato nella previsione di un incremento del fondo salario accessorio per il 2022 una possibile violazione del riparto di competenze tra legge statale e legge regionale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., da cui sarebbe conseguita l’impossibilità di una rideterminazione in aumento del limite fissato dall’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017 che, se inizialmente sottostimato a causa di una erronea imputazione a bilancio delle voci di salario accessorio, era suscettibile di correzioni solo a condizione che quelle somme fossero state legittimamente erogate nell’esercizio 2016 sulla base delle leggi statali e dei contratti collettivi di comparto all’epoca vigenti.
1.4.1.– La sezione territoriale aveva superato i dubbi di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge reg. Toscana n. 23 del 2023 addivenendo ad una interpretazione costituzionalmente orientata della norma: tra le possibili letture del testo, ritenuto ambiguo perché non consentiva di comprendere se l’incremento del fondo fosse aggiuntivo rispetto a quello consentito dalla contrattazione e dalle leggi statali, oppure rientrasse nell’ambito degli spazi di incremento previsti da questi ultimi e non ancora utilizzati dall’amministrazione, aveva dato prevalenza a quella che subordinava l’incremento e l’eventuale rideterminazione del limite dell’art. 23, comma 2, citato, al rispetto dei limiti di incremento del fondo consentito nel 2016, sulla base della normativa vincolistica statale di finanza pubblica e dei Contratti collettivi nazionale di lavoro all’epoca vigenti; nello stesso tempo, poiché il decreto dirigenziale 7 giugno 2023, n. 12137, che aveva disposto l’incremento, non dava conto di tali verifiche, all’esito di un nuovo contraddittorio con la Regione non aveva ritenuto convincente il richiamo dell’amministrazione agli artt. 67, comma 5, lettere a) e b), e 15, comma 5, dei CCNL di comparto, rispettivamente del 21 maggio 2018 e del 1° aprile 1999, e, addivenendo alla conclusione che le risorse utilizzate per finanziare l’incremento del fondo gravavano il bilancio di una spesa ingiustificata, con la decisione n. 165/2023/PARI non aveva parificato i relativi capitoli.
1.5.– La Corte rimettente dà atto che la Regione Toscana, da un lato, con la legge della Regione Toscana 31 luglio 2023, n. 32 (Rendiconto generale per l’anno finanziario 2022), entrata in vigore il 2 agosto 2023, aveva, comunque, approvato il rendiconto generale per l’esercizio 2022 senza adeguarsi ai capitoli inerenti al trattamento accessorio del personale di supporto agli organi politici, mentre, dall’altro, aveva impugnato la mancata parifica degli stessi capitoli con ricorso notificato il 3 agosto 2023.
Premesso che secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza contabile, il limite fissato dall’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017 andava riferito all’ammontare complessivo delle risorse destinate, per l’anno 2016, al trattamento accessorio del personale, non distinguendo fra quelle che trovano la loro fonte di finanziamento nei fondi per la contrattazione integrativa e quelle finanziate direttamente a carico del bilancio delle amministrazioni, il giudice a quo riferisce che a fondamento di quattro motivi di ricorso la Regione aveva dedotto: a) che la legge reg. Toscana n. 23 del 2023 aveva provveduto ad incrementare il fondo del salario accessorio del personale del comparto con risorse già presenti sul bilancio regionale ed utilizzate per le medesime finalità nell’anno 2016, provvedendo contestualmente alla corrispondente riduzione di tale importo dai capitoli di bilancio dedicati a tale tipologia di spesa, a salvaguardia dell’invarianza della spesa e senza alcun effetto sul saldo finale; b) che nel 2016 la spesa in esame era stata correttamente imputata al bilancio regionale, in virtù delle previsioni della legge reg. Toscana n. 1 del 2009 all’epoca vigenti e mai contestate; c) che il chiaro dettato normativo dell’art. 4 della legge reg. Toscana n. 23 del 2023 non richiedeva una interpretazione costituzionalmente orientata; d) che gli incrementi trovavano giustificazione nelle disposizioni della contrattazione collettiva di comparto.
1.6.– Ciò posto, il giudice a quo, in via preliminare, disattende l’eccezione di inammissibilità formulata dalla Procura generale per carenza originaria di interesse al ricorso, sulla base del principio della permanenza della giurisdizione contabile anche in caso di approvazione del rendiconto con legge regionale (affermato da questa Corte nella sentenza n. 184 del 2022, e ribadito dalla Corte di cassazione, sezioni unite civili, con ordinanza 9 gennaio 2023, n. 304); osserva sul punto che all’applicazione di tale principio non è di ostacolo né che l’approvazione sia intervenuta prima della presentazione del ricorso, in considerazione del fatto che la decisione di parifica non determina alcun obbligo giuridico di modificare la legge di rendiconto eventualmente approvata, ma si riflette sugli obblighi di assestamento e sulla legittimità delle coperture previste, né che l’impugnativa sia stata proposta dalla stessa Regione, che in ogni caso aveva accantonato in via prudenziale l’importo contestato, rendendolo indisponibile alla contrattazione. Sempre in via preliminare, ritiene che l’interpretazione adeguatrice operata dalla sezione territoriale sia preclusa dalla chiarezza del dato testuale dell’art. 4 della legge reg. Toscana n. 23 del 2023, confermato dai punti n. 3, n. 4 e n. 5 del preambolo della stessa legge regionale, da cui emergerebbe che il legislatore regionale ha disposto l’incremento del fondo del salario accessorio senza lasciare spazio ad alcun tipo di verifica ulteriore.
1.7.– Richiamata la giurisprudenza costituzionale a sostegno della sua legittimazione a sollevare in sede di parifica questioni di legittimità costituzionale aventi ad oggetto leggi regionali, non soltanto in riferimento a parametri attinenti agli equilibri finanziari, ma anche a norme costituzionali sul riparto delle competenze (ex multis, sentenze n. 253 del 2022, n. 244 del 2020, n. 138 del 2019 e n. 196 del 2018), la Corte dei conti ritiene rilevante la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge reg. Toscana n. 23 del 2023 sia in quanto le risorse utilizzate per finanziare l’incremento disposto con tale norma sarebbero state illegittimamente prelevate dal bilancio, gravandolo di una spesa pari a euro 2.077.138,64, con effetti peggiorativi sul saldo, sia perché dalla legittimità costituzionale del titolo legislativo che aveva generato la posta di spesa dipendeva la «validazione» della correttezza del risultato di amministrazione e delle relative coperture.
1.7.1.– Il giudice a quo esclude, infine, che l’art. 3, comma 1, del d.l. n. 44 del 2023, come convertito, che avrebbe consentito anche alle regioni di derogare alla regola generale dell’imputazione del trattamento accessorio dei dipendenti a carico del fondo, possa essere qualificata come norma di interpretazione autentica; deporrebbero nel senso del suo carattere innovativo il difetto di una autoqualificazione come tale, il tenore letterale che, limitandosi a prevedere la possibilità per le regioni di fare applicazione dell’art. 14 del d.lgs. n. 165 del 2001, non ne disporrebbe una interpretazione in un senso piuttosto che in un altro, la relazione illustrativa del decreto stesso, ove l’espressione “estensione” non avrebbe senso rispetto ad una norma già ritenuta applicabile.
1.8.– In punto di manifesta infondatezza, la Corte rimettente censura il suddetto art. 4 per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in quanto invasivo della sfera di competenza legislativa statale esclusiva nella materia di «ordinamento civile», laddove, allocando risorse aggiuntive, dispone un incremento del fondo per il salario accessorio sganciato dalle possibili voci di alimentazione previste, tassativamente, dalla contrattazione collettiva nazionale e dalla legge statale.
1.8.1.– La lesione della competenza legislativa statale esclusiva ridonderebbe nella violazione dei parametri finanziari e, determinando un illegittimo aumento di spesa per il personale, renderebbe la stessa priva di copertura normativa, in quanto fondata su una fonte non legittimata, con conseguente violazione dell’art. 81, terzo comma, Cost., letto in combinato disposto con l’art. 119, quarto comma, Cost., nonché degli artt. 97, primo comma, e 119, primo comma, Cost., perché, andando ad alterare la consistenza del risultato di amministrazione con un incremento indebito delle poste passive, inciderebbe negativamente sugli equilibri di bilancio.
1.8.2.– La disposizione censurata violerebbe altresì l’art. 3 Cost., determinando un’ingiustificata disparità di trattamento tra il personale di supporto agli organi politici della Regione Toscana e quello delle altre regioni; sarebbero violati anche il principio di proporzionalità della retribuzione di cui all’art. 36 Cost., che vieta, nel rapporto di lavoro pubblico, di erogare incrementi retributivi sulla base di meri meccanismi automatici, privi di correlazione con l’attività prestata, ed il connesso principio di effettività delle prestazioni, che richiede un nesso inscindibile fra prestazioni rese e retribuzione delle stesse.
1.9.– Ulteriori questioni di legittimità costituzionale sono poi sollevate con riguardo alle disposizioni della legge reg. Toscana n. 1 del 2009, che disciplinavano le spese per il personale di staff nel 2016, sul presupposto che solo la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’atto legislativo, che di tali spese costituisce il presupposto giuridico, possa inibire la rideterminazione in aumento del limite fissato dall’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017 e, quindi, la loro inclusione nel tetto fissato al 2016.
1.9.1.– Di tale legge il giudice a quo censura: i commi 8, 9 e 10 dell’art. 42, che dispongono che la Giunta regionale determina il trattamento economico dei responsabili delle strutture di supporto (comma 8), secondo i criteri nello specifico previsti per il responsabile dell’Ufficio di gabinetto del Presidente della Giunta regionale (comma 9) e i responsabili degli uffici di segreteria di ciascun componente e della Giunta regionale, compreso quello del Presidente (comma 10); il comma 5 dell’art. 43, che fissa il trattamento economico del portavoce del Presidente della Giunta regionale; il secondo periodo del comma 6-bis dell’art. 44, che indica il trattamento economico onnicomprensivo spettante ai consiglieri con esperienza in specifici ambiti delle politiche regionali, reclutati su richiesta nominativa del Presidente della Giunta; l’art. 45, che, per le peculiarità dell’attività svolta, riconosce al personale delle strutture di supporto agli organi di governo di cui all’art. 44, ad eccezione che per i relativi responsabili, uno specifico emolumento mensile «che integra le altre voci stipendiali fisse e continuative e che esclude l’attribuzione di ogni altro beneficio economico»; i commi 4 e 4-ter dell’art. 49, che riconoscono al personale delle strutture di supporto agli organismi politici del Consiglio regionale di cui ai commi 1 e 2 dello stesso articolo – quali l’Ufficio di gabinetto del Presidente del Consiglio regionale, gli uffici di segreteria di ciascun componente dell’Ufficio di presidenza nonché del portavoce dell’opposizione, ove istituito, gli uffici di segreteria di ciascun gruppo consiliare – un trattamento economico che comprende, per il personale non equiparato a dirigente, la corresponsione mensile, a fronte dell’attività svolta, «di uno specifico emolumento che integra le altre voci stipendiali fisse e continuative nonché l’eventuale equiparazione ad un livello economico superiore a quello iniziale della categoria di riferimento e che esclude l’attribuzione di ogni altro beneficio economico» (comma 4); i commi 5, 6 e 6-bis dell’art. 51, che fissano il trattamento economico del responsabile dell’Ufficio di gabinetto del Presidente del Consiglio regionale (comma 5), dei responsabili degli uffici di segreteria dei vicepresidenti (comma 6), dei responsabili degli uffici di segreteria dei segretari dell’Ufficio di presidenza e del portavoce dell’opposizione, ove istituito (comma 6-bis); il comma 5 dell’art. 52, che indica il trattamento economico del portavoce del Presidente del Consiglio regionale; infine, il comma 2 dell’art. 58, che fissa il trattamento economico del responsabile della segreteria di ciascun gruppo consiliare.
1.10.– La rilevanza di tali questioni deriverebbe dalla circostanza che l’art. 4 della legge reg. Toscana n. 23 del 2023, e i punti n. 3, n. 4 e n. 5 del preambolo della stessa legge regionale, avrebbero disposto un incremento del fondo del salario accessorio considerando pacifica, in assenza di una dichiarazione di illegittimità costituzionale, la possibilità di rideterminare in aumento il tetto come calcolato al 2016, includendo al suo interno anche gli emolumenti erogati in concreto al personale di supporto degli organi politici sulla base delle disposizioni dettate dalla suddetta legge regionale n. 1 del 2009, ed al tempo imputati al bilancio.
L’incremento del fondo del salario accessorio, destinato a finanziare gli istituti contrattuali applicati in sede di contrattazione decentrata, sarebbe soggetto ad un primo limite di carattere preliminare, in base all’art. 2 del d.lgs. n. 165 del 2001, che consisterebbe nell’obbligo di rispettare i vincoli posti dal CCNL di comparto e dalle leggi statali che prevedono specifiche voci di alimentazione e incremento, indicando, per alcune di esse, anche il limite massimo consentito, e ad un secondo vincolo derivante all’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017, che, ispirato alla finalità di contenere le spese per il salario accessorio, costituirebbe un limite invalicabile, determinato nella misura dell’ammontare complessivo delle risorse destinate nel 2016 dall’ente al trattamento accessorio del personale.
1.11.– Con riferimento alla non manifesta infondatezza, richiamando quanto già osservato in relazione all’art. 4 della legge reg. Toscana n. 23 del 2023, la Corte rimettente ritiene che le suddette disposizioni, sostituendosi alla contrattazione collettiva e regolando direttamente un aspetto della retribuzione, invadano una sfera riservata alla potestà legislativa esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., così realizzando una lesione dei principi posti a tutela dell’equilibrio del bilancio e della copertura della spesa presidiati dagli artt. 81, terzo comma, 97, primo comma, 119, primo e quarto comma, Cost., e la violazione degli artt. 3 e 36, letti in combinato disposto con l’art. 81, terzo comma, Cost., introducendo un regime differenziato ingiustificato per il personale di supporto degli organi politici della Regione Toscana, contrario ai principi di proporzionalità della retribuzione e di effettività delle prestazioni.
1.12.– La Corte dei conti esclude poi che l’incremento del fondo 2022 e l’aumento del tetto del 2016 possano trovare un fondamento negli artt. 67, comma 5, lettere a) e b), e 15, comma 5, dei CCNL di comparto, rispettivamente del 21 maggio 2018 e del 1° aprile 1999; precisa quindi che, ai fini delle sollevate questioni, risulterebbe ininfluente che la legge reg. Toscana n. 1 del 2009 sia stata, medio tempore, in parte abrogata e in parte modificata dalla legge reg. Toscana n. 2 del 2023, avendo la stessa trovato reviviscenza nel medesimo testo, ai sensi degli artt. 2 e 3 della legge reg. Toscana n. 23 del 2023, e dovendosene verificare la legittimità nel 2016, allorché era certamente vigente.
1.13.– Sul rilievo che l’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017 costituisce un principio di coordinamento della finanza pubblica, non derogabile dal legislatore regionale (in tal senso, sono citate le sentenze di questa Corte n. 20 del 2021, n. 212 del 2020, n. 191 del 2017, n. 218 del 2015 e n. 215 del 2012), il giudice a quo deduce, infine, il contrasto dell’art. 4 della legge reg. Toscana n. 23 del 2023, e dei punti n. 3, n. 4 e n. 5 del preambolo della predetta legge regionale, con l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto rideterminerebbero in aumento il tetto calcolato al 2016 includendovi voci attinenti ad emolumenti erogati sulla base di una legge di spesa (la legge reg. Toscana n. 1 del 2009) affetta da illegittimità costituzionale.
2.– Con atto depositato il 10 giugno 2024, si è costituita in giudizio la Regione Toscana chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili e comunque non fondate.
2.1.– In via preliminare, la difesa regionale reputa le questioni inammissibili per genericità e difetto di motivazione in merito alla violazione degli artt. 117, secondo comma, lettera l), 81, terzo comma, e 119, primo e quarto comma, Cost., rilevando che la Corte rimettente non avrebbe indicato i parametri contrattuali di riferimento violati o i diversi criteri di confronto fissati dallo Stato, né adeguatamente motivato sui dedotti incrementi illegittimi della spesa pubblica, o sul superamento del tetto di spesa fissato dal legislatore statale.
2.2.– Nel merito, quanto alla non fondatezza delle questioni relative alla legge reg. Toscana n. 1 del 2009, la Regione evidenzia che, in vista della specialità del rapporto di lavoro del personale delle segreterie politiche, a cui è precluso lo svolgimento di attività gestionali dovendo esso fornire esclusivamente un supporto alle attività di indirizzo e controllo dell’organo politico, l’art. 14, comma 2, quinto periodo, del d.lgs. n. 165 del 2001 avrebbe riconosciuto ai dipendenti assegnati per tali compiti agli uffici dei ministri e dei sottosegretari di Stato uno specifico «trattamento economico accessorio» e analogamente avrebbe disposto per gli enti locali l’art. 90, comma 3, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali). Il legislatore non sarebbe intervenuto direttamente per le regioni solo perché le stesse, avendo autonomia legislativa in materia di organizzazione dei propri uffici, ai sensi dell’art. 27 del d.lgs. n. 165 del 2001 già sono tenute ad adeguare i propri ordinamenti ai principi del capo tra cui rientra l’art. 14 citato; l’art. 3, comma 1, del d.l. n. 44 del 2023, come convertito, avrebbe pertanto una natura meramente interpretativa e sarebbe solo finalizzato a dirimere, con una previsione espressa, un contrasto interpretativo sorto tra le sezioni della Corte dei conti.
2.3.– In ogni caso, sostiene la Regione, non sussisterebbe né la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., dal momento che le norme contenute nella censurata legge regionale rimandano alla disciplina prevista dai CCNL applicabili e l’emolumento sostitutivo omnicomprensivo riconosciuto al personale di staff sarebbe stato corrisposto nei limiti del salario accessorio potenzialmente erogabile per le corrispondenti categorie del comparto, né quella di tutti gli altri parametri, avendo, tra l’altro, approvato sino al 2021 rendiconti puntualmente parificati, recepiti nelle relative leggi regionali mai impugnate, né in via principale né in via incidentale.
2.4.– Alla legittimità del titolo di spesa conseguirebbe la non fondatezza delle censure mosse alla legge reg. Toscana n. 23 del 2023; non vi sarebbe stato, infatti, alcun incremento illegittimo della spesa del personale in quanto: le relative risorse erano stanziate nel bilancio regionale e destinate a copertura della spesa del personale di supporto agli organi politici; con l’imputazione delle stesse al fondo del salario accessorio per l’anno 2022 si era contestualmente ridotta la corrispondente voce del bilancio regionale; l’incremento era avvenuto in misura pari alla retribuzione accessoria del personale degli organi politici sostenuta nell’anno 2016; in applicazione dell’art. 67, comma 5, lettere a) e b), del CCNL di comparto 2016-2018, senza lo spostamento dal bilancio al fondo delle somme relative al pagamento del salario accessorio di questo personale si sarebbe determinata una lesione dell’art. 36 Cost. nei confronti del personale regionale contrattualizzato già compreso nella dotazione organica regionale.
3.– Nell’imminenza dell’udienza pubblica, la difesa regionale ha depositato una memoria illustrativa con cui ha ribadito le proprie argomentazioni e conclusioni.
Considerato in diritto
1.– Con ordinanza del 28 marzo 2024, la Corte dei conti, sezioni riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 36, 81, terzo comma, 97, primo comma, 117, commi secondo, lettera l), e terzo, e 119, secondo e quarto comma, Cost, degli artt. 42, commi 8, 9 e 10, 43, comma 5, 44, comma 6-bis, secondo periodo, 45, 49, commi 4 e 4-ter, 51, commi 5, 6 e 6-bis, 52, comma 5, e 58, comma 2, della legge reg. Toscana n. 1 del 2009, nonché dell’art. 4 della legge reg. Toscana n. 23 del 2023 e dei punti n. 3, n. 4 e n. 5 del preambolo della medesima legge regionale.
1.1.– Le questioni sono sollevate nel corso del giudizio promosso dalla Regione Toscana avverso la decisione della Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Toscana, che ha parificato il rendiconto generale della Regione Toscana per l’esercizio 2022 ad eccezione dei capitoli di spesa n. 71120 «retribuzione personale supporto organi politici GR - M/P 0101» e n. 13114 «retribuzione personale supporto organi politici CR - M/P 0101», per complessivi euro 2.077.138,64, relativi agli impegni di spesa per l’incremento del fondo del salario accessorio 2022 per il personale non dirigente e ai conseguenti pagamenti.
1.2.– La rimettente dubita della legittimità delle spese per il trattamento economico accessorio del personale di supporto degli organismi politici (in seguito anche personale di staff) della Regione Toscana in quanto sarebbero state autorizzate da norme regionali (la legge reg. Toscana n. 1 del 2009) invasive della competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia «ordinamento civile» e ritiene che, pertanto, l’incremento del fondo del salario accessorio per il 2022 previsto dall’art. 4 della legge reg. Toscana n. 23 del 2023, a sua volta illegittimo perché disposto per far fronte a spese prive di fondamento normativo per mancanza dei presupposti legittimanti, avrebbe una incidenza negativa sull’equilibrio finanziario dell’ente, sarebbe oggetto di una copertura finanziaria illegittima e sarebbe stato previsto in violazione del limite generale al trattamento economico del personale pubblico di cui all’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017.
1.3.– Oggetto di censura risultano quindi le disposizioni della legge reg. Toscana n. 1 del 2009 che riconoscono il trattamento economico accessorio al personale assegnato alle strutture di supporto agli organi politici regionali; in particolare gli artt. 42, commi 8, 9 e 10, 43, comma 5, 44, comma 6-bis, secondo periodo, 45, 49, commi 4 e 4-ter, 51, commi 5, 6 e 6-bis, 52, comma 5, e 58, comma 2, di tale legge regionale violerebbero: a) l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in quanto, sostituendosi alla contrattazione collettiva e regolando direttamente un aspetto della retribuzione, invaderebbero la sfera di competenza legislativa statale esclusiva nella materia «ordinamento civile»; b) l’art. 81, terzo comma, Cost., in combinato disposto con l’art. 119, quarto comma, Cost., perché, violando la competenza legislativa statale esclusiva nella materia «ordinamento civile», determinerebbero un aumento della spesa per il personale regionale privo di copertura normativa in quanto fondato su una fonte non legittimata; c) gli artt. 97, primo comma, e 119, primo comma, Cost., perché, andando ad alterare la consistenza del risultato di amministrazione con un incremento indebito delle poste passive, inciderebbero negativamente sugli equilibri di bilancio; d) gli artt. 3 e 36 Cost., in quanto determinerebbero un’ingiustificata disparità di trattamento tra il personale di supporto agli organi politici delle diverse regioni nonché la violazione dei principi di proporzionalità della retribuzione e di effettività delle prestazioni.
1.4.– Inoltre il giudice a quo denuncia il contrasto, con plurimi parametri, dell’art. 4 della legge reg. Toscana n. 23 del 2023 e dei punti n. 3, n. 4 e n. 5 del preambolo della stessa legge regionale, che hanno previsto l’incremento, per l’anno 2022, del fondo del salario accessorio del personale del comparto in misura corrispondente alla spesa per l’emolumento sostitutivo del trattamento economico accessorio del personale di supporto agli organi politici sostenuta nel 2016 e, in ogni caso, nel limite di cui all’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017, al fine di garantire l’invarianza della spesa. Le disposizioni censurate sarebbero in contrasto: a) con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in quanto, invadendo la sfera di competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia «ordinamento civile», disporrebbero un incremento del fondo del salario accessorio sganciato dalle possibili voci di alimentazione previste, tassativamente, dalla contrattazione collettiva nazionale e dalla legge statale, mediante l’allocazione di risorse aggiuntive non autorizzate; b) con l’art. 81, terzo comma, Cost., in combinato disposto con l’art. 119, quarto comma, Cost., perché, violando la competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia «ordinamento civile», determinerebbero un aumento della spesa per il personale regionale privo di copertura normativa in quanto fondato su una fonte non legittimata; c) con gli artt. 97, primo comma, e 119, primo comma, Cost., dal momento che, andando ad alterare la consistenza del risultato di amministrazione con un incremento indebito delle poste passive, inciderebbero negativamente sugli equilibri di bilancio; d) con l’art. 117, terzo comma, Cost. in quanto, costituendo l’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017 un principio di coordinamento della finanza pubblica, non derogabile dal legislatore regionale, rideterminerebbero in aumento il tetto 2016, includendo voci attinenti ad emolumenti erogati al personale di staff che si fondano su una legge di spesa presupposta (legge della reg. Toscana n. 1 del 2009) affetta da illegittimità costituzionale.
1.5.– Tutte le suddette norme violerebbero infine gli artt. 3 e 36 Cost., determinando un’ingiustificata disparità di trattamento tra il personale di supporto agli organi politici della Regione Toscana e quello delle altre regioni, nonché la violazione dei principi di proporzionalità della retribuzione, che vieta, nel rapporto di lavoro pubblico, di erogare incrementi retributivi sulla base di meri meccanismi automatici, privi di correlazione con l’attività prestata, e di effettività delle prestazioni, che richiede un nesso inscindibile fra prestazioni rese e retribuzione delle stesse.
2.– Preliminarmente, sotto il profilo dell’ammissibilità delle sollevate questioni di legittimità costituzionale, va ribadito il costante orientamento di questa Corte, secondo cui sussiste «la legittimazione della Corte dei conti, sezione regionale di controllo, a sollevare questioni di legittimità costituzionale di leggi che la stessa si trovi ad applicare nel corso del giudizio di parificazione del rendiconto delle regioni, per motivi che abbiano una incidenza – diretta o mediata – sugli equilibri di bilancio» (sentenze n. 120 e n. 39 del 2024), e dunque, rispetto a disposizioni lesive sia dei principi che direttamente tutelano l’equilibrio di bilancio e la corretta gestione finanziaria (artt. 81 e 97, primo comma, Cost.), sia di quelli che sovrintendono al riparto di competenze fra Stato e regioni, allorché si configuri una «correlazione funzionale» (sentenza n. 253 del 2022) fra la lesione del parametro concernente la competenza e la violazione degli stessi parametri finanziari.
Tale correlazione è stata individuata proprio in riferimento alla lesione, prospettata nella fattispecie in esame, della competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia «ordinamento civile» da parte di disposizioni regionali che hanno disciplinato aspetti del rapporto di lavoro pubblico, anche in relazione al parametro interposto costituito dalle disposizioni dettate dal d.lgs. n. 165 del 2001, in quanto la illegittimità costituzionale di tali disposizioni comporta, di norma, quella della spesa da essa disposta a carico del bilancio dell’ente (ex plurimis, sentenze n. 253 del 2022, n. 244 e n. 112 del 2020, n. 146 e n. 138 del 2019 e n. 196 del 2018).
2.1.– Inoltre, presentandosi le sfere di competenza della Regione e della Corte dei conti distinte e non confliggenti, l’ammissibilità delle questioni non è inficiata dall’intervenuta approvazione del rendiconto generale per l’anno 2022 ad opera della legge reg. Toscana n. 32 del 2023, entrata in vigore in data antecedente a quella di presentazione del ricorso da parte della stessa Regione avverso la decisione della Corte dei conti, sezione regionale, nel giudizio di parificazione a quo.
L’intervenuto adeguamento, o no, del rendiconto generale alle contestazioni, pur non ancora definitive nel caso di specie, del giudice contabile relative ai capitoli inerenti al trattamento accessorio del personale di supporto agli organi politici, in ragione dell’accantonamento dell’importo contestato direttamente sui capitoli di pertinenza del fondo salario accessorio, non preclude – come correttamente ritiene la Corte rimettente – l’emanazione della decisione nel giudizio di parificazione pendente innanzi ad essa e quindi permane la rilevanza delle sollevate questioni di legittimità costituzionale. Questa Corte ha, infatti, avuto modo di evidenziare che il controllo strumentale ad assicurare il rispetto dei precetti costituzionali sull’equilibrio di bilancio, riservato al giudice contabile quale organo di garanzia della legalità nell’utilizzo delle risorse pubbliche, non può arrestarsi per effetto del sopravvenire della legge regionale di approvazione del rendiconto generale che opera su un piano diverso (sentenze n. 233 e n. 184 del 2022). L’eventuale mancata parifica di voci del bilancio comunque comporterebbe l’obbligo per la regione di adeguarsi adottando misure di riequilibrio nei bilanci successivi.
3.– Sempre in via preliminare, va dichiarata l’inammissibilità, per insufficiente motivazione, delle questioni di legittimità costituzionale delle disposizioni censurate in riferimento agli artt. 3 e 36 Cost.; parametri, questi, in realtà eccentrici rispetto al nucleo delle censure che fanno perno essenzialmente sulla dedotta violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia «ordinamento civile» e del principio di equilibrio del bilancio.
Il giudice a quo si è limitato a evocare i suddetti parametri senza una specifica e adeguata illustrazione dei motivi di censura in punto di non manifesta infondatezza, né l’ordinanza fornisce elementi che consentano di valutare il dedotto contrasto delle disposizioni censurate con tali parametri evocati genericamente, salvo che con un apodittico richiamo alla disparità di trattamento e alla violazione dei principi di proporzionalità e effettività della retribuzione (ex plurimis, sentenze n. 171 e n. 7 del 2024, n. 194 del 2023 e n. 118 del 2022).
In particolare, quanto al dedotto contrasto con l’art. 3 Cost., la Corte rimettente non indica quale sarebbe il trattamento riconosciuto al corrispondente personale delle altre regioni indicato come tertium comparationis, non potendosi escludere in termini assoluti che quello spettante ai sensi della contrattazione collettiva, o comunque riconosciuto nelle diverse regioni a personale che svolge analoghe mansioni sia uguale o addirittura superiore. Quanto alla violazione dell’art. 36 Cost., il trattamento trova comunque giustificazione nella particolarità delle attività svolte, ed a tale titolo è stato già corrisposto, per cui, non potendosi negare che anche tale personale di supporto abbia diritto al trattamento accessorio, l’ordinanza avrebbe dovuto specificare le differenze con il trattamento legittimo secondo la contrattazione collettiva che renderebbero quello censurato eccedente il canone della proporzionalità della retribuzione rispetto alle prestazioni svolte.
4.– Ancora in via preliminare, sotto il profilo dell’ammissibilità delle censure, deve considerarsi che queste investono numerose disposizioni sia della legge reg. Toscana n. 1 del 2009, sia della legge reg. Toscana n. 23 del 2023, con riferimento a plurimi parametri, tanto competenziali quanto finanziari.
Tenendo conto che il giudizio di parifica a quo riguarda esclusivamente l’appostazione nel bilancio regionale per l’anno 2022 del trattamento accessorio per il personale di supporto agli organi politici, la rilevanza delle questioni non sussiste per tutte quelle disposizioni che, pur concernendo questo personale, non riguardano però, in particolare, il trattamento accessorio la cui corretta imputazione in bilancio è ancora sub iudice.
Le relative questioni sono quindi inammissibili per difetto di rilevanza.
Ma la cernita delle disposizioni secondo che riguardino, o no, il trattamento accessorio in esame richiede una pur sommaria ricostruzione dell’articolato e complesso quadro normativo di riferimento, costituto essenzialmente, in sequenza, da tre leggi regionali e da un intervento del legislatore statale.
5.– Ad orientare questa ricostruzione e a limitarla in ragione di quanto rileva nel presente giudizio è la stessa prospettazione della Corte rimettente, secondo cui il trattamento economico accessorio, riconosciuto al personale di supporto agli organi politici da disposizioni di una legge regionale – di per sé ritenuta costituzionalmente illegittima perché in violazione della competenza legislativa esclusiva statale nella materia «ordinamento civile» – andrebbe imputato al fondo del salario accessorio del personale regionale e non già al bilancio regionale per l’anno 2022; ciò che farebbe operare il limite quantitativo massimo di cui all’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017.
5.1.– Occorre muovere dalla legge reg. Toscana n. 1 del 2009 con cui la Regione ha riordinato e razionalizzato la normativa regionale in materia di personale e organizzazione, sia quanto alla dirigenza che alle dotazioni organiche degli uffici. Nell’ambito di un articolato testo unico la legge regionale ha regolato, al Capo VI (articoli da 40 a 47), l’ordinamento delle strutture di supporto agli organi di governo della Regione; al Capo VII, Sezione II (articoli da 49 a 53), l’ordinamento delle strutture di supporto agli organismi politici del Consiglio regionale; ed alla Sezione III (articoli da 55 a 59) quello delle strutture dei gruppi consiliari e del personale ivi assegnato.
Di tale legge regionale sono censurate plurime disposizioni, contenute in otto articoli.
In dettaglio sono censurati: l’art. 42, che prevede che il trattamento economico dei responsabili delle strutture di supporto sia determinato dalla Giunta regionale (comma 8), tenuto conto della analoga determinazione dell’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale, e poi fissa il trattamento economico del responsabile dell’Ufficio di gabinetto del Presidente della Giunta regionale (comma 9) e dei responsabili degli uffici di segreteria di ciascun componente della Giunta regionale, compreso quello del Presidente (comma 10); l’art. 43, che, al comma 5, stabilisce il trattamento economico del portavoce del Presidente della Giunta regionale; l’art. 44, che, al comma 6-bis, indica il trattamento economico onnicomprensivo spettante ai consiglieri con esperienza in specifici ambiti delle politiche regionali reclutati su richiesta nominativa del Presidente della Giunta; l’art. 45, che, per le peculiarità dell’attività svolta, riconosce al personale delle strutture di supporto agli organi di governo di cui all’art. 44, ad eccezione per i relativi responsabili, uno specifico emolumento mensile «che integra le altre voci stipendiali fisse e continuative e che esclude l’attribuzione di ogni altro beneficio economico»; l’art. 49, che, ai commi 4 e 4-ter, riconosce al personale delle strutture di supporto agli organismi politici del Consiglio regionale di cui ai commi 1 e 2 dello stesso articolo – quali l’Ufficio di gabinetto del Presidente del Consiglio, gli uffici di segreteria di ciascun componente dell’Ufficio di presidenza nonché del portavoce dell’opposizione, ove istituito, gli uffici di segreteria organizzativa di ciascun gruppo consiliare – un trattamento economico che comprende, per il personale non equiparato a dirigente, la corresponsione mensile, a fronte dell’attività svolta, «di uno specifico emolumento che integra le altre voci stipendiali fisse e continuative nonché l’eventuale equiparazione ad un livello economico superiore a quello iniziale della categoria di riferimento e che esclude l’attribuzione di ogni altro beneficio economico»; l’art. 51, che, ai commi 5, 6 e 6-bis, determina il trattamento economico del responsabile dell’Ufficio di gabinetto del Presidente del Consiglio regionale (comma 5), dei responsabili degli uffici di segreteria dei vicepresidenti (comma 6), dei responsabili degli uffici di segreteria dei segretari dell’Ufficio di presidenza e del portavoce dell’opposizione, ove istituito, (comma 6-bis); l’art. 52, che, al comma 5, indica il trattamento economico del portavoce del Presidente del Consiglio regionale, con un rinvio all’art. 49, comma 4; ed, infine, l’art. 58, che, al comma 2, fissa il trattamento economico del responsabile della segreteria di ciascun gruppo consiliare.
Di tali disposizioni – va subito rilevato – solo gli artt. 45 e 49, comma 4, quest’ultimo richiamato anche dal successivo art. 52, comma 5, hanno ad oggetto la previsione di uno specifico trattamento economico accessorio, ad integrazione delle voci stipendiali fisse e continuative, del personale addetto agli uffici di staff. Sono dunque solo queste le due disposizioni che prevedono l’emolumento accessorio in questione e che – nella prospettazione della Corte rimettente – ciò non avrebbero potuto prevedere perché in tal modo il legislatore regionale avrebbe travalicato la sua competenza sconfinando in quella legislativa esclusiva dello Stato nella materia «ordinamento civile». Le altre disposizioni attengono, invece, a profili organizzativi degli uffici regionali e ad altri aspetti, anche riguardanti il trattamento economico del personale regionale, ma estranei ai rilievi che costituiscono oggetto del giudizio di parificazione a quo.
5.2.– Segue, per quanto rileva in questo giudizio, la legge reg. Toscana n. 2 del 2023.
Il dubbio in ordine all’ipotizzato difetto di competenza del legislatore regionale a prevedere il trattamento economico accessorio del personale regionale addetto agli organi politici e alla sua imputazione al bilancio regionale era già insorto, in realtà, nel corso del giudizio di parifica del rendiconto regionale del 2021, ossia dell’anno precedente quello relativo alla parifica oggetto del giudizio a quo, da parte della competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti.
Il legislatore regionale allora, per risolvere in radice una criticità destinata a ripetersi ogni anno, ha adottato una soluzione radicale abrogando le disposizioni della legge reg. Toscana n. 1 del 2009 che tale criticità ingeneravano, senza però con ciò far venir meno il trattamento economico accessorio del personale regionale addetto agli organi politici.
È stata, infatti, approvata la legge reg. Toscana n. 2 del 2023 che, in parte abrogando e in parte modificando le corrispondenti norme della legge reg. Toscana n. 1 del 2009, ha ricondotto quel trattamento alla contrattazione collettiva di comparto mediante l’imputazione al fondo del salario accessorio del personale regionale, così come, in sostanza, richiedeva la Corte dei conti, sezione regionale, talché il relativo giudizio di parifica per l’anno 2021 si chiudeva con esito positivo.
In particolare, tra le plurime disposizioni abrogate vi erano anche quelle (della legge reg. Toscana n. 1 del 2009) attualmente censurate, le quali pertanto hanno cessato di essere vigenti alla data di entrata in vigore della legge reg. n. 2 del 2023 (11 gennaio 2023).
Rimaneva però una limitazione di fondo: la contrattazione di comparto tradizionalmente non si occupava – e non si occupa – del trattamento accessorio per il personale di supporto agli organi politici, trattandosi di incarichi di collaborazione ampiamente fiduciari e di contenuto molto vario, non riconducibili a tipologie suscettibili di regolamentazione collettiva.
5.3.– A questo punto, qualche mese dopo la legge reg. Toscana n. 2 del 2023, interveniva il legislatore statale con il d.l. n. 44 del 2023, come convertito, che rappresenta uno snodo importante e decisivo nella ricostruzione del quadro normativo di riferimento.
5.3.1.– Giova ricordare che il trattamento economico degli uffici di diretta collaborazione degli organi politici ha trovato inizialmente una sua disciplina specifica a livello statale e di enti locali fin dall’epoca del riordino e della cosiddetta privatizzazione del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.
Infatti il d.lgs. n. 165 del 2001, all’art. 14, comma 2, ha previsto che ogni ministro per l’esercizio delle sue funzioni di indirizzo politico-amministrativo si avvale di uffici di diretta collaborazione, aventi esclusive competenze di supporto e di raccordo con l’amministrazione, istituiti e disciplinati con regolamento adottato ai sensi dell’art. 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri), a cui il personale può essere assegnato con diverse tipologie di incarichi che decadono automaticamente ove non confermati entro trenta giorni dal giuramento del nuovo ministro.
Quanto al trattamento economico accessorio – fermo restando quello ordinario che resta regolato sulla base delle diverse tipologie di rapporto – la norma precisa che «[c]on decreto adottato dall’autorità di governo competente, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, è determinato, in attuazione dell’articolo 12, comma 1, lettera n) della legge 15 marzo 1997, n. 59, senza aggravi di spesa e, per il personale disciplinato dai contratti collettivi nazionali di lavoro, fino ad una specifica disciplina contrattuale, il trattamento economico accessorio, da corrispondere mensilmente, a fronte delle responsabilità, degli obblighi di reperibilità e di disponibilità ad orari disagevoli, ai dipendenti assegnati agli uffici dei Ministri e dei Sottosegretari di Stato. Tale trattamento, consistente in un unico emolumento, è sostitutivo dei compensi per il lavoro straordinario, per la produttività collettiva e per la qualità della prestazione individuale».
Il successivo art. 27, del d.lgs. n. 165 del 2001 ha poi dettato, in generale, i criteri di adeguamento per le pubbliche amministrazioni non statali prevedendo in particolare, al comma 1, che le regioni a statuto ordinario, nell’esercizio della propria potestà statutaria, legislativa e regolamentare, adeguano ai principi del Capo II del Titolo II (articoli da 13 a 29) – quello relativo alla dirigenza – i propri ordinamenti, tenendo conto delle relative peculiarità.
Il citato art. 14, comma 2, nella parte in cui si riferisce al trattamento economico degli uffici di diretta collaborazione degli organi politici, appartiene al richiamo (più ampio) contenuto nell’art. 27, comma 1; sicché le regioni a statuto ordinario erano sì chiamate a regolare tale trattamento economico degli uffici di diretta collaborazione degli organi politici già prima del d.l. n. 44 del 2023, come convertito, ma senza che da ciò derivasse alcuna modifica dei limiti delle competenze legislative.
Il richiamo del citato art. 27, comma 1, comprende anche l’art. 14, comma 2, ma non è certo limitato a questo; riguarda, come detto, tutta la disciplina della dirigenza del Capo II del Titolo II (articoli da 13 a 29) per la regolamentazione della quale la competenza del legislatore regionale non è perciò ampliata rispetto all’ordinario riparto di cui all’art. 117 Cost. Ciò del resto è già stato ritenuto da questa Corte (sentenza n. 196 del 2018) con riferimento ad altra legge regionale, che aveva regolamentato la figura e il trattamento economico dei vicedirigenti – contemplati dall’art. 17-bis dello stesso decreto legislativo, disposizione anche questa compresa nel citato Capo II e quindi richiamata dall’art. 27, comma 1 – sconfinando in tal modo nella materia «ordinamento civile» di competenza legislativa esclusiva dello Stato; ciò che è stato a fondamento della dichiarazione di illegittimità costituzionale della disposizione regionale.
In definitiva, si ha che in origine l’art. 27 del d.lgs. n. 165 del 2001 consentiva e legittimava le regioni a recepire la regolamentazione del Capo II dello stesso decreto – che, pur concernendo principalmente la dirigenza, all’art. 14, comma 2, riguardava il personale di staff – ma solo nei limiti dell’«esercizio della propria potestà statutaria, legislativa e regolamentare», e quindi senza alterare il perimetro delle competenze legislative, quanto in particolare alla materia «ordinamento civile».
5.3.2.– Su questo assetto normativo è intervenuto, da ultimo, il legislatore statale con l’art. 3, comma 1, del d.l. n. 44 del 2023, come convertito, ed ha previsto che «[l]e regioni possono applicare, senza aggravio di spesa, l’art. 14 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, secondo i principi di cui all’articolo 27 del medesimo decreto legislativo. Resta fermo il divieto per il personale addetto di effettuare qualsiasi attività di tipo gestionale, anche laddove il trattamento economico ad esso riconosciuto sia stato parametrato al personale di livello dirigenziale».
In vero – come appena rilevato – l’applicazione alle regioni dell’art. 14 del d.lgs. n. 165 del 2001, era già contenuta nel più ampio richiamo dell’art. 27 del medesimo decreto. La nuova disposizione del d.l. n. 44 del 2023, come convertito, non ha una mera portata confermativa, che sarebbe superflua, né ha natura di interpretazione autentica, mancandone i presupposti formali e sostanziali, ma ha un contenuto innovativo, come emerge anche dagli atti parlamentari (in particolare dalla relazione illustrativa del decreto in sede di conversione). Quest’ultima descrive il comma 1 dell’art. 3 come una estensione espressa alle regioni della previsione dell’art. 14 citato, la cui ratio è individuata nella necessità di superare «una disomogenea valutazione di tale fattispecie da parte delle sezioni regionali per il controllo della Corte dei conti, che talvolta – in assenza di una espressa previsione normativa – non ha riconosciuto tale possibile applicazione ai livelli di governo regionale».
In realtà – come correttamente evidenzia la Corte rimettente – l’indicato art. 3, comma 1, proprio per superare i rilievi delle sezioni regionali della Corte dei conti, abilita le regioni ad «applicare» l’art. 14 il cui secondo comma riguarda, appunto, il trattamento economico degli uffici di diretta collaborazione degli organi politici; e ciò fa tout court senza limitazione del livello in cui tale “applicazione” si colloca nel sistema delle fonti del diritto; quindi eventualmente anche con legge regionale. La Corte rimettente e la difesa della Regione Toscana concordano nel ritenere che dopo il d.l. n. 44 del 2023, come convertito, la legge regionale possa prevedere ed eventualmente disciplinare il trattamento economico degli uffici di diretta collaborazione degli organi politici.
In sostanza, il legislatore statale si è reso conto che il livello più idoneo per regolamentare questo trattamento accessorio è quello regionale, stante la perdurante mancanza di una regolamentazione ad opera della contrattazione collettiva di comparto; ciò in applicazione del principio di sussidiarietà – da tempo riconosciuto dalla giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 31 del 2024, n. 6 del 2023, n. 179 e n. 123 del 2022, n. 87 del 2018, n. 170 del 2017, n. 6 del 2004 e n. 303 del 2003) – che opera non solo come chiamata di competenza, anche legislativa, a livello superiore (da quello regionale a quello statale), ma anche come attribuzione ad un livello inferiore (da quello statale a quello regionale).
È quindi con l’art. 3, comma 1, del d.l. n. 44 del 2023, come convertito, che è riconosciuta al legislatore regionale la facoltà di entrare nel perimetro della materia «ordinamento civile», ma limitatamente alla disciplina del trattamento economico accessorio del personale di staff; questo ampliamento limitato della competenza del legislatore regionale si giustifica, appunto, in ragione del generale principio di sussidiarietà che opera anche a livello legislativo, oltre che amministrativo, e come consente al legislatore statale di chiamare a sé in sussidiarietà una competenza legislativa che rientrerebbe in quella del legislatore regionale, così gli consente di demandare in sussidiarietà al legislatore regionale porzioni di competenze esclusive statali che rispondano ad esigenze organizzative di prossimità, quale è quella dell’adeguata remunerazione del personale di supporto agli organi politici regionali, il cui rapporto si caratterizza per la marcata fiduciarietà dell’incarico e per la tradizionale estraneità alla regolamentazione ad opera della contrattazione collettiva di comparto.
Questa è quindi la portata innovativa dell’art. 3, comma 1, del d.l. n. 44 del 2023, come convertito. Va pertanto condiviso il presupposto interpretativo da cui muove la Corte rimettente che, esclusa la natura di norma di interpretazione autentica (o meramente confermativa, come assume la difesa della Regione) dell’art. 3, comma 1, del d.l. n. 44 del 2023, come convertito, ritiene operante l’estensione della competenza legislativa regionale solo dalla data della sua entrata in vigore (23 aprile 2023).
5.4.– Preso atto dell’entrata in vigore dell’art. 3, comma 1, del d.l. n. 44 del 2023, come convertito, il legislatore toscano, ritenendo evidentemente la portata, nei termini appena descritti, del novum della normativa statale sopravvenuta, ha operato, per così dire, una rapida “controriforma” con la legge reg. Toscana n. 23 del 2023, facendo rivivere le disposizioni della legge reg. Toscana n. 1 del 2009, che aveva appena abrogato, qualche mese prima, con la legge reg. Toscana n. 2 del 2023. In particolare, questa nuova legge regionale ha disposto: all’art. 2 la reviviscenza ex nunc delle norme abrogate della legge reg. Toscana n. 1 del 2009; all’art. 3 la riformulazione nel senso del testo previgente di quelle solo modificate; all’art. 4 un aumento per il 2022 del fondo del salario accessorio in misura corrispondente all’ammontare della spesa sostenuta per le stesse voci nel 2016; all’art. 7 l’imputazione nuovamente al bilancio regionale per il 2023 del trattamento accessorio del personale delle strutture di supporto agli organi politici della Regione.
La espressa reviviscenza ex nunc di disposizioni di legge abrogate è una tecnica normativa non consueta, ma in sé non illegittima nel senso che il legislatore, in questo caso regionale, recepisce per relationem il contenuto delle disposizioni abrogate riproducendolo in tal modo in nuove disposizioni. La reviviscenza sottolinea la testuale identità di vecchie e nuove disposizioni, ma che rimangono comunque ben distinte.
6.– Così ricostruita la complessa e articolata normativa, regionale e statale, di riferimento, possono ora puntualizzarsi le ragioni di inammissibilità di plurime disposizioni censurate.
7.– Quanto innanzi tutto alle disposizioni della legge reg. Toscana n. 1 del 2009, la rilevanza delle questioni va necessariamente circoscritta a quella parte della legislazione in grado di condizionare direttamente la decisione delle sezioni riunite della Corte dei conti ai fini della parificazione (sentenze n. 189 del 2020 e n. 138 del 2019).
Nella fattispecie in esame l’oggetto del giudizio principale è limitato alla mancata parifica dei capitoli di spesa del rendiconto generale della Regione Toscana per l’esercizio 2022, relativi all’incremento del fondo del salario accessorio 2022 del personale non dirigente e quindi alle voci di spesa a cui tale incremento è destinato; ne consegue che nell’ambito della legge reg. Toscana n. 1 del 2009 le disposizioni rilevanti possono essere solo quelle che, nell’attribuire al personale addetto alle segreterie degli organi politici regionali un trattamento accessorio privo di corrispondenza nella legge statale o nelle disposizioni contrattuali cui essa rinvia, determinerebbero una tale spesa.
7.1.– Più in dettaglio, i censurati artt. 42, commi 8, 9 e 10, 43, comma 5, 44, comma 6-bis, secondo periodo, e 51, comma 5, della legge reg. Toscana n. 1 del 2009 attribuiscono ad alcune figure apicali, pur senza riconoscere loro la qualifica di dirigenti, un trattamento economico ad essi equiparato quanto a stipendio tabellare e retribuzione di posizione.
In particolare, il comma 8 dell’art. 42 affida alla Giunta regionale la determinazione del trattamento economico dei responsabili delle strutture di supporto, il comma 9 dispone che il trattamento del responsabile dell’Ufficio di gabinetto del Presidente della Giunta regionale non può essere superiore a quello spettante ai dirigenti responsabili di settore, con riferimento al valore risultante dalla somma dello stipendio tabellare e della retribuzione di posizione annui, il comma 10 che quello dei responsabili degli uffici di segreteria di ciascun componente della Giunta regionale, compreso quello del Presidente, è determinato con riferimento a una struttura dirigenziale di complessità inferiore a quella a cui si rapporta il trattamento economico del responsabile dell’Ufficio di gabinetto, di cui al comma 9.
L’art. 43, comma 5, fissa il trattamento economico del portavoce della Giunta regionale in misura pari a quello definito per i responsabili degli uffici di segreteria di cui al comma 10 dell’art. 42.
Il secondo periodo del comma 6-bis dell’art. 44 fissa il trattamento economico onnicomprensivo dei consiglieri con esperienza in specifici ambiti delle politiche regionali alla Giunta regionale con la deliberazione di cui all’art. 42, comma 8, in una misura che non può essere superiore a quello definito per i responsabili degli uffici di segreteria di cui all’art. 42, comma 10.
L’art. 51, comma 5, fissa il trattamento economico per il responsabile dell’Ufficio di gabinetto del Presidente del Consiglio regionale in misura non superiore a quello spettante ai dirigenti di settore di maggiore complessità, con riferimento alla somma dello stipendio tabellare e della retribuzione di posizione.
Posto che le suddette disposizioni disciplinano il trattamento economico dei responsabili delle strutture nel suo complesso, ed escluso lo stipendio tabellare che per i dirigenti costituisce il trattamento fisso, anche quanto alla retribuzione di posizione, che rivestirebbe natura accessoria, non è possibile prescindere dal fatto che tale voce retributiva non trova collocazione nel fondo del salario accessorio del personale contrattualizzato bensì nel diverso ed autonomo fondo della retribuzione di posizione e di risultato del personale dirigente, sempre oggetto di contrattazione, ma estraneo all’oggetto del giudizio principale.
Sono, pertanto, inammissibili le questioni relative agli artt. 42, commi 8, 9 e 10; 43, comma 5; 44, comma 6-bis, secondo periodo, e 51 comma 5, della legge reg. Toscana n. 1 del 2009, per difetto di rilevanza.
7.2.– Parimenti inammissibili, per difetto di rilevanza, sono le questioni relative agli artt. 51, commi 6 e 6-bis, e 58, comma 2, della legge reg. Toscana n. 1 del 2009 che, rispettivamente, fissano il trattamento economico per i responsabili degli uffici di segreteria dei vicepresidenti, in misura non superiore a quello spettante al personale di categoria D di posizione economica più elevata, per i responsabili degli uffici di segreteria dei segretari dell’Ufficio di presidenza e del portavoce dell’opposizione, in misura non superiore a quello spettante al personale di categoria D di posizione economica iniziale, per i responsabili di segreteria dei gruppi consiliari, in misura non superiore a quello spettante ai dipendenti regionali inquadrati in categoria D.
Le suddette disposizioni, in virtù del rinvio integrale alla misura dei trattamenti contrattuali, non attribuiscono a tale personale un trattamento economico accessorio in deroga rispetto a quello previsto dalla contrattazione collettiva per i dipendenti dei rispettivi inquadramenti al cui trattamento sono equiparati.
Inammissibili per difetto di rilevanza sono anche le questioni relative all’art. 49, comma 4-ter, della legge reg. Toscana n. 1 del 2009, che si limita a dettare una disciplina transitoria applicabile limitatamente alla decima legislatura e quindi del tutto irrilevante ai fini del giudizio principale.
Infine, sono inammissibili, sempre per difetto di rilevanza, le questioni di legittimità costituzionale aventi ad oggetto l’art. 49, comma 4, della legge reg. Toscana n. 1 del 2009 limitatamente: a) alla prima parte del primo periodo, che fissa le regole procedurali comuni alla determinazione della dotazione organica e del trattamento economico, nonché i criteri per la previsione della dotazione organica dell’Ufficio di gabinetto del Presidente del Consiglio regionale e degli uffici di segreteria organizzativa per ciascun componente dell’Ufficio di presidenza, per il portavoce dell’opposizione, ove istituito, e per ciascun gruppo consiliare; alla seconda parte dello stesso periodo, relativa alla determinazione del trattamento economico per il personale dei suddetti uffici, quanto alle voci stipendiali fisse e continuative che restano estranee al trattamento accessorio; b) al secondo e ultimo periodo, che si limita a dettare una disciplina transitoria per il passaggio di legislatura.
Negli stessi termini vanno ritenute inammissibili, quanto alle voci stipendiali fisse e continuative, le questioni relative all’art. 52, comma 5, della legge reg. Toscana n. 1 del 2009 che, nel disciplinare la figura del portavoce e/o di un responsabile delle relazioni istituzionali del Presidente del Consiglio regionale, ne rimette la determinazione del trattamento economico alla delibera di cui all’art. 49, comma 4, nel rispetto dei limiti di spesa ivi richiamati. Si tratta di un richiamo recettizio che è condizionato alla valutazione di illegittimità costituzionale della disposizione richiamata, ma non ha autonoma rilevanza.
7.3.– In definitiva, la rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale sussiste limitatamente alle disposizioni della legge reg. Toscana n. 1 del 2009 che si riferiscono al trattamento accessorio del personale di supporto agli organi politici, ossia gli artt. 45 e 49, comma 4, primo periodo, seconda parte.
Per le altre disposizioni, sopra richiamate, le questioni sono inammissibili per difetto di rilevanza.
8.– Inammissibili sono poi anche le censure che hanno ad oggetto la legge reg. Toscana n. 23 del 2023.
8.1.– La Corte rimettente censura innanzi tutto i punti n. 3, n. 4 e n. 5 del preambolo della legge reg. Toscana n. 23 del 2023.
Sebbene ai sensi dell’art. 9 della legge regionale Toscana 22 ottobre 2008, n. 55 (Disposizioni in materia di qualità della normazione), i «considerato», che, ai sensi del comma 3 dello stesso articolo «motivano, in modo conciso, le disposizioni essenziali dell’articolato senza riprodurre o parafrasare il dettato normativo», debbano considerarsi «parte integrante del testo normativo», gli enunciati censurati dalla Corte rimettente si limitano a fornire una spiegazione in termini discorsivi delle ragioni che hanno portato all’emanazione dell’intera legge reg. Toscana n. 23 del 2023, dando luogo ad un sintetico resoconto esplicativo delle vicende contabili che ne hanno preceduto l’adozione.
Va, pertanto, escluso che il sindacato di legittimità costituzionale possa avere ad oggetto dei «considerato» che, avendo un contenuto meramente descrittivo, nulla aggiungono o tolgono al testo delle disposizioni della legge, risultando essi del tutto privi di un autonomo carattere precettivo e innovativo e quindi di contenuto normativo.
8.2.– Altresì, quanto alle questioni che investono l’art. 4 della legge reg. Toscana n. 23 del 2023, va accolta l’eccezione di inammissibilità della difesa regionale per genericità e difetto di motivazione.
La disposizione contiene una previsione di finanziamento mediante l’incremento del fondo salario accessorio per il personale di comparto che ha un impatto contabile limitato temporalmente all’annualità 2022; l’incremento è disposto nei limiti della spesa già sostenuta nell’anno 2016 per l’emolumento sostitutivo del trattamento economico accessorio del personale delle strutture di supporto agli organi di governo della Regione, agli organismi politici del Consiglio regionale e alle segreterie dei gruppi consiliari e, in ogni caso, nel limite di cui all’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017 a garanzia dell’invarianza della spesa. Dalla relazione tecnico-finanziaria della legge emerge che la spesa per il personale di supporto agli organi politici era stata nel passato sempre imputata a bilancio trovando in esso la relativa copertura.
Pur evocando l’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017 come norma interposta, quale limite anche per le competenze legislative della Regione, la Corte rimettente non chiarisce perché la disposizione regionale censurata supererebbe tale limite, seppure espressamente richiamato.
Secondo la costante giurisprudenza costituzionale «l’impugnazione avverso una disposizione regionale che arrechi pregiudizio alle attribuzioni statali, incidendo su materie rientranti nelle competenze legislative dello Stato, deve “essere adeguatamente motivat[a] e, a supporto delle censure prospettate, deve chiarire il meccanismo attraverso cui si realizza il preteso vulnus lamentato”; in particolare, “quando il vizio sia prospettato in relazione a norme interposte specificamente richiamate è necessario evidenziare la pertinenza e la coerenza di tale richiamo rispetto al parametro evocato” » (sentenze n. 103 del 2024 e n. 58 del 2023; nello stesso senso, sentenze n. 71 del 2022 e n. 232 del 2019).
Il giudice a quo – nonostante che la stessa disposizione censurata assicuri testualmente che l’imputazione di quanto speso per il trattamento accessorio al personale di staff nel fondo salario accessorio del personale, piuttosto che nel bilancio generale, avvenga nel rispetto (e solo nel rispetto) del limite dell’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017 – denuncia il contrasto tra la disposizione censurata e i parametri finanziari senza argomentare in maniera sufficientemente adeguata in ordine al dedotto superamento del tetto di spesa fissato dal legislatore statale con riferimento all’anno 2016 (art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017).
Non è senza rilevanza, in punto di fatto, il parere positivo della Ragioneria generale dello Stato del 10 marzo 2023 che, sulla proposta di legge della Regione Toscana, poi negli stessi termini approvata, recante le «Disposizioni in tema di Fondo del salario accessorio del personale non dirigenziale», aveva escluso ogni criticità della legge regionale in esame sotto tale specifico profilo.
8.2.1.– Quanto poi al profilo della presunta illegittimità della spesa per carenza di un valido presupposto normativo, che avrebbe una incidenza negativa sull’equilibrio finanziario dell’ente e sarebbe oggetto di una copertura finanziaria illegittima, la Corte rimettente non articola sufficientemente la censura secondo la quale l’erogazione del trattamento accessorio al personale di staff sarebbe avvenuto “sine titulo”.
Come ricordato sopra al punto 5.3.1., l’art. 27 del d.lgs. n. 165 del 2001 consentiva alle regioni, già prima dell’estensione della competenza legislativa operata dall’art. 3, comma 1, del d.l. n. 44 del 2023, come convertito, di riconoscere un trattamento accessorio al personale di staff di cui all’art. 14, comma 2, dello stesso decreto legislativo, nel rispetto delle sue competenze legislative e regolatorie, e quindi, se non con atti legislativi, con atti amministrativi della Giunta o con delibere del Consiglio. Nella materia «ordinamento civile», di competenza esclusiva del legislatore statale, il denunciato sconfinamento non è da solo astrattamente sufficiente a rendere indebiti e ripetibili i pagamenti già effettuati a tale titolo, ed a maggior ragione a determinare l’illegittimità dell’incremento del fondo del salario accessorio disposto per provvedervi; pagamenti che ben potrebbero giustificarsi sulla base di atti della Giunta o del Consiglio regionale (ciò che ancora appartiene al giudizio di parifica a quo).
9.– Nel merito, le residue questioni, che investono solo gli artt. 45 e 49, comma 4, primo periodo, seconda parte, sono fondate in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., con l’assorbimento degli ulteriori parametri evocati.
9.1.– Va innanzi tutto rilevato che non costituisce un ostacolo al sindacato di legittimità costituzionale che tali disposizioni siano state prima abrogate dalla legge reg. Toscana n. 2 del 2023, entrata in vigore con la pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione in data 11 gennaio 2023, per poi tornare in vigore per effetto dell’art. 2 della legge reg. Toscana n. 23 del 2023, entrata in vigore il 19 maggio 2023.
Posto che le norme abrogate continuano ad essere applicabili a situazioni e rapporti sorti durante il tempo in cui erano vigenti, il periodo in cui medio tempore le disposizioni censurate non hanno avuto vigenza (dall’11 gennaio al 18 maggio 2023) risulta del tutto irrilevante sia ai fini del rendiconto del 2022, oggetto di parifica del giudizio principale, sia della inclusione delle spese da esse previste nel tetto di cui all’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017, che è parametrato agli emolumenti erogati nel 2016.
È utile, quindi, precisare che ad essere attinte dal dubbio di illegittimità costituzionale restano le norme abrogate e non quelle vigenti all’esito della reviviscenza disposta dall’art. 2 della legge reg. Toscana n. 23 del 2023; è vero che la norma che dispone espressamente la reviviscenza di disposizioni abrogate, attraverso un loro richiamo per relationem, assume il contenuto normativo della disposizione precedentemente abrogata, ma in un nuovo atto legislativo che, pur avendo lo stesso contenuto di quello abrogato, è del tutto autonomo e distinto.
Ne consegue che gli artt. 45 e 49, comma 4, primo periodo, seconda parte, della legge reg. Toscana n. 1 del 2009 sono venuti nuovamente ad esistenza in un mutato quadro normativo, e precisamente nella vigenza dell’art. 3, comma 1, del d.l. n. 44 del 2023, come convertito, che – per quanto sopra argomentato (punto 5.3.2.) – facoltizza le regioni, a partire dal 19 marzo 2023, a legiferare in ordine al riconoscimento di trattamenti economici accessori al personale di staff agli organi politici. Tali “nuove” disposizioni restano estranee alla presente pronuncia, concernente esclusivamente le norme abrogate.
9.2.– Ciò precisato in termini generali, può ora considerarsi che il discrimine tra la materia dell’ordinamento civile e quella residuale dell’organizzazione amministrativa regionale sta nel fatto che quest’ultima si arresta “a monte”, cioè alla fase antecedente l’instaurazione del rapporto di lavoro, riguardando solo i profili pubblicistico-organizzativi dell’impiego pubblico regionale, mentre ogni intervento legislativo “a valle”, incidente cioè sui rapporti lavorativi in essere, va ascritto alla materia dell’ordinamento civile.
Appartengono alla competenza delle regioni la disciplina delle procedure concorsuali (sentenza n. 140 del 2023) e l’utilizzo delle graduatorie (sentenza n. 267 del 2022), mentre è materia dell’ordinamento civile, riservata in via esclusiva al legislatore statale, la disciplina del trattamento economico, compreso quello accessorio, e giuridico dei dipendenti regionali che ricomprende tutte le disposizioni che incidono sulla regolazione del rapporto di lavoro; anche se si tratta di conferimento degli incarichi dirigenziali esterni – di cui all’art. 19, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001, mediante la stipulazione di un contratto di lavoro di diritto privato, la disciplina del relativo rapporto, compresa quella afferente alla sua durata massima, appartiene alla materia dell’ordinamento civile (sentenza n. 84 del 2022).
Per gli uffici di diretta collaborazione, la particolare rilevanza del carattere necessariamente fiduciario nella scelta del personale, a tempo determinato, se può autorizzare deroghe al principio del pubblico concorso nella scelta dei collaboratori, non consente deroghe ai principi fondamentali dettati dal legislatore statale in materia di coordinamento della finanza pubblica (sentenza n. 130 del 2013).
In ragione della specificità degli uffici di diretta collaborazione, questa Corte ha affermato (sentenze n. 53 del 2012, n. 7 del 2011, n. 34 del 2010, n. 293 del 2009 e n. 104 del 2007) che le regioni possono dettare con legge, in deroga ai criteri di selezione dettati dall’art. 7, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001, dei propri, autonomi, criteri selettivi, che tengano conto della peculiarità dell’incarico in conseguenza del necessario rapporto fiduciario con l’organo politico (sentenza n. 43 del 2019), purché prevedano, in alternativa, altri criteri di valutazione, ugualmente idonei a garantire la competenza e professionalità dei soggetti di cui si avvale ed a scongiurare il pericolo di un uso strumentale e clientelare delle cosiddette esternalizzazioni (sentenze n. 53 del 2012 e n. 252 del 2009).
Pur trattandosi di una particolare categoria di personale regionale, la disciplina del trattamento economico accessorio, sino all’entrata in vigore dell’art. 3, comma 1, del d.l. n. 44 del 2023, come convertito, risultava, come per tutti gli altri dipendenti pubblici contrattualizzati e non contrattualizzati, quella dettata dalle disposizioni di legge statale, dal codice civile e dalla contrattazione collettiva, cui la legge dello Stato rinvia, restando sempre esclusa una competenza legislativa regionale.
Questa Corte ha già avuto occasione di dichiarare l’illegittimità costituzionale di norme regionali volte a disciplinare, fra l’altro, anche il trattamento economico del personale addetto alle segreterie, ravvisando la violazione della riserva di competenza esclusiva assegnata al legislatore statale in materia di ordinamento civile (sentenze n. 273 del 2020 e n. 146 del 2019; nello stesso senso, sentenza n. 213 del 2012).
La Regione Toscana, nell’ambito della sua autonomia organizzativa, poteva individuare gli uffici di staff, prevedere le figure apicali, determinare gli organici, regolare i criteri di scelta per l’attribuzione degli incarichi, ma non poteva disciplinare con legge – prima del d.l. n. 44 del 2023, come convertito – il trattamento economico di tale personale, segnatamente quello accessorio che rileva nel giudizio di parificazione a quo.
Tanto invece è avvenuto sia con l’art. 45 della legge reg. Toscana n. 1 del 2009, che ha attribuito al personale addetto agli organi politici, individuato ai sensi dell’art. 44 della stessa legge regionale tra i dipendenti della medesima Regione o tra dipendenti di altra amministrazione o tra privati con contratto a tempo determinato, uno specifico emolumento integrativo delle altre voci stipendiali fisse e continuative che, escludendo l’attribuzione di ogni altro beneficio economico, si è andato a sostituire a quelli previsti dalla contrattazione collettiva; sia con l’art. 49, comma 4, primo periodo, seconda parte, della legge reg. Toscana n. 1 del 2009 che ha disposto per il personale assegnato agli uffici di supporto al Consiglio regionale e ai gruppi consiliari non equiparato ai dirigenti, a cui oltre al trattamento economico costituito dalle voci stipendiali fisse e continuative, ha riconosciuto la corresponsione mensile, per tutta la durata dell’assegnazione, a fronte dell’attività svolta, di uno specifico emolumento integrativo nonché l’eventuale equiparazione ad un livello economico superiore a quello iniziale della categoria di riferimento e che esclude l’attribuzione di ogni altro beneficio economico.
10.– Va, quindi, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 45 della legge reg. Toscana n. 1 del 2009 – nella parte in cui prevede, in favore del personale delle strutture di supporto agli organi di governo, uno specifico emolumento che integra le altre voci stipendiali fisse e continuative e che esclude l’attribuzione di ogni altro beneficio economico – e del successivo art. 49, comma 4, primo periodo, seconda parte, nella parte in cui prevede, in favore del personale delle strutture di supporto agli organismi politici del Consiglio regionale uno specifico emolumento che integra le altre voci stipendiali fisse e continuative nonché l’eventuale equiparazione ad un livello economico superiore a quello iniziale della categoria di riferimento e che esclude l’attribuzione di ogni altro beneficio economico.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 45 della legge della Regione Toscana 8 gennaio 2009, n. 1 (Testo unico in materia di organizzazione e ordinamento del personale) nella parte in cui prevede, in favore del personale delle strutture di supporto agli organi di governo, uno specifico emolumento che integra le altre voci stipendiali fisse e continuative e che esclude l’attribuzione di ogni altro beneficio economico;
2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 49, comma 4, primo periodo, seconda parte, della legge reg. Toscana n. 1 del 2009 nella parte in cui prevede, in favore del personale delle strutture di supporto agli organismi politici del Consiglio regionale uno specifico emolumento che integra le altre voci stipendiali fisse e continuative nonché l’eventuale equiparazione ad un livello economico superiore a quello iniziale della categoria di riferimento e che esclude l’attribuzione di ogni altro beneficio economico;
3) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge della Regione Toscana 19 maggio 2023, n. 23 (Disposizioni in materia di personale delle strutture di supporto agli organi politici. Abrogazione della l.r. n. 2/2023, reviviscenza di talune disposizioni e modifiche alla l.r. n. 1/2009) e dei punti n. 3, n. 4 e n. 5 del preambolo della medesima legge regionale, degli artt. 42, commi 8, 9 e 10, 43, comma 5, 44, comma 6-bis, secondo periodo, 45, 49, commi 4 e 4-ter, 51, commi 5, 6 e 6-bis, 52, comma 5, e 58, comma 2, della legge reg. Toscana n. 1 del 2009, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, dalla Corte dei conti, sezioni riunite in sede giurisdizionale, con l’ordinanza indicata in epigrafe;
4) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 42, commi 8, 9 e 10, 43, comma 5, 44, comma 6-bis, secondo periodo, 45, 49, commi 4, ad eccezione della seconda parte del primo periodo riferita al trattamento economico accessorio, e 4-ter, 51, commi 5, 6 e 6-bis, 52, comma 5, e 58, comma 2, della legge reg. Toscana n. 1 del 2009, sollevate, in riferimento agli artt. 81, terzo comma, 97, primo comma, 117, commi secondo, lettera l), e 119, secondo e quarto comma, Cost., dalla Corte dei conti, sezioni riunite in sede giurisdizionale, con l’ordinanza indicata in epigrafe;
5) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge reg. Toscana n. 23 del 2023 e dei punti n. 3, n. 4 e n. 5 del preambolo della medesima legge regionale, sollevate, in riferimento agli artt. 81, terzo comma, 97, primo comma, 117, commi secondo, lettera l), e terzo, e 119, secondo e quarto comma, Cost., dalla Corte dei conti, sezioni riunite in sede giurisdizionale, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29 ottobre 2024.
F.to:
Augusto Antonio BARBERA, Presidente
Giovanni AMOROSO, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 26 novembre 2024