SENTENZA N. 196
ANNO 2018
Commenti alla decisione di
I. Clemente Forte e Marco Pieroni, Prime osservazioni relative alla sentenza n. 196 del 2018 della Corte costituzionale,
per g.c. di Federalismi.it
II. Pietro Stefano Maglione, Brevi riflessioni in tema di legittimazione e parametro dell’incidente di costituzionalità nei giudizi contabili di parificazione del bilancio regionale, per g.c. di Diritti Regionali
III. Elisa Cavasino, La dimensione costituzionale del “diritto del bilancio”. Un itinerario di giurisprudenza costituzionale: dalla sentenza n. 196 del 2018 alle nn. 18 e 105 del 2019, per g.c. di Diritto &Conti
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Giorgio LATTANZI Presidente
- Aldo CAROSI Giudice
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
- Giovanni AMOROSO ”
- Francesco VIGANÒ ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 10 della legge della Regione Liguria 28 aprile 2008, n. 10 (Disposizioni collegate alla legge finanziaria 2008), e dell’art. 2 della legge della Regione Liguria 24 novembre 2008, n. 42 (Norme urgenti in materia di personale, certificazione energetica, Comunità montate e disposizioni diverse), promosso dalla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Liguria, nel giudizio di parificazione del rendiconto generale dell’esercizio finanziario 2016 della Regione Liguria, con ordinanza del 27 dicembre 2017, iscritta al n. 34 del registro ordinanze 2018 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell’anno 2018.
Visto l’atto di costituzione della Regione Liguria;
udito nella udienza pubblica del 3 luglio 2018 il Giudice relatore Silvana Sciarra;
udito l’avvocato Francesco Saverio Marini per la Regione Liguria.
Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanza del 27 dicembre 2017, la Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Liguria, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 10 della legge della Regione Liguria 28 aprile 2008, n. 10 (Disposizioni collegate alla legge finanziaria 2008), e dell’art. 2 della legge della Regione Liguria 24 novembre 2008, n. 42 (Norme urgenti in materia di personale, certificazione energetica, Comunità montane e disposizioni diverse), in riferimento agli artt. 81, quarto comma, e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.
2.– La citata sezione premette che, in sede di parificazione del rendiconto generale della Regione Liguria per l’esercizio 2016, è emerso che, con le risorse del Fondo per la contrattazione decentrata, relative al trattamento accessorio e “premiante” 2016 (esigibili nell’esercizio 2017), sono state retribuite, tra l’altro, le posizioni di vice-dirigenza e le posizioni organizzative. Tali erogazioni – prosegue la sezione – hanno rivelato criticità, inerenti alla dubbia legittimità costituzionale di norme che hanno costituito il fondamento delle stesse.
Il rimettente ricorda, inoltre, che tali dubbi di legittimità costituzionale, relativi all’istituzione della vice-dirigenza da parte della Regione, nonché alla previsione delle modalità di finanziamento di quest’ultima, evidenziati dal magistrato istruttore e dal Procuratore generale, sono stati rappresentati dalla sezione di controllo con nota del 6 giugno 2017, n. 2922, alla Regione. Quest’ultima ha disposto l’abrogazione delle norme oggetto dei dubbi di legittimità costituzionale con legge della Regione Liguria 7 agosto 2017, n. 22 recante «Modifica alla legge regionale 28 aprile 2008, n. 10 (Disposizioni collegate alla legge finanziaria 2008) e conseguenti disposizioni attuative».
Nonostante ciò, il collegio rimettente ritiene che, ai fini della definizione del giudizio di parifica, i dubbi di legittimità costituzionale prospettati continuino a risultare rilevanti, posto che le norme abrogate trovano applicazione per l’esercizio 2016, essendo la vice-dirigenza venuta meno solo il 12 agosto 2017.
Pertanto, ritenendo di non poter applicare norme di dubbia legittimità costituzionale e, di conseguenza, di non poter parificare il capitolo di spesa a cui sono imputate le spese inerenti alla vice-dirigenza, sospende il giudizio e solleva, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), e all’art. 81, quarto comma, Cost., questioni di legittimità costituzionale dell’art. 10 della legge regionale n. 10 del 2008, che ha istituito la vice-dirigenza regionale, in contrasto con l’art. 17-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) e quindi in violazione della competenza statale esclusiva in materia di «ordinamento civile», e dell’art. 2 della legge regionale n. 42 del 2008, là dove individua i mezzi di finanziamento della spesa per la vice-dirigenza, disponendo l’incremento del Fondo per il trattamento accessorio del personale con risorse ulteriori e diverse rispetto a quelle tassativamente previste dai contratti collettivi nazionali (art. 15 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL), comparto delle Regioni e delle autonomie locali, sottoscritto l’1.4.1999).
3.– In linea preliminare, il collegio rimettente svolge argomentazioni in ordine alla propria legittimazione a sollevare le richiamate questioni di legittimità costituzionale in via incidentale.
Anzitutto, il rimettente sottolinea che il giudizio di parificazione si svolge con le formalità della giurisdizione contenziosa, prevede la partecipazione del Procuratore generale in contraddittorio con i rappresentanti dell’amministrazione e si conclude con una pronuncia adottata in esito a pubblica udienza.
Anche in relazione a ciò – ricorda ancora il rimettente – la costante giurisprudenza costituzionale ha riconosciuto la legittimazione a promuovere, in sede di giudizio di parificazione del bilancio, questione di legittimità costituzionale, in riferimento all’art. 81 Cost., avverso tutte quelle disposizioni di legge che determinino effetti modificativi dell’articolazione del bilancio per il fatto stesso di incidere, in senso globale, sulle unità elementari, vale a dire sui capitoli, con riflessi sugli equilibri di gestione, disegnati con il sistema dei risultati differenziali.
La sezione rimettente ricorda anche che, alla giurisprudenza costituzionale formatasi in riferimento al giudizio di parifica del rendiconto dello Stato e delle Regioni ad autonomia speciale, si è affiancata anche quella che ha riconosciuto in capo alle Sezioni regionali di controllo la legittimazione a sollevare questione di legittimità costituzionale anche in sede di parifica del rendiconto delle Regioni ad autonomia ordinaria, a seguito della riforma del 2012.
Pertanto, essendo indubbia la legittimazione della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti a sollevare questione di legittimità costituzionale in sede di giudizio di parificazione, la Sezione rimettente ritiene che essa debba riconoscersi non solo, come già accaduto, in riferimento all’art. 81 Cost. ma, più in generale, a tutte le norme costituzionali che, in modo diretto o indiretto involgono la materia della finanza pubblica, apprestando tutela alle risorse pubbliche e alla loro corretta utilizzazione.
Nel caso di specie, la violazione della competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile da parte della Regione avrebbe determinato una dinamica espansiva della spesa di personale non sottoposta alla verifica dei soggetti deputati dalla legge a verificarne i presupposti e cioè l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN), per quanto riguarda la parte pubblica, e le organizzazioni sindacali, per il personale impiegato nel settore pubblico.
Il collegio rimettente, infine, segnala come il giudizio di parificazione, allo stato della legislazione vigente, sia l’unica possibilità offerta dall’ordinamento per sottoporre a scrutinio di legittimità costituzionale in via incidentale le disposizioni legislative che, incidendo sui singoli capitoli, modificano l’articolazione del bilancio e ne possono alterare gli equilibri complessivi.
4.– Nel giudizio dinanzi alla Corte costituzionale si è costituita la Regione Liguria, che ha chiesto che le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Sezione di controllo della Corte dei conti per la Regione Liguria siano dichiarate inammissibili o, in subordine, infondate.
In linea preliminare, la difesa regionale sostiene che siano inammissibili le censure svolte in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. alla luce del costante orientamento della giurisprudenza costituzionale, secondo cui, in sede di giudizio di parificazione, può essere dedotta la violazione di un novero ristretto e tassativo di parametri costituzionali, e precisamente degli artt. 81 e 119, sesto comma, Cost., là dove disciplinano l’obbligo di copertura, l’equilibrio di bilancio e la materia dell’indebitamento.
Nel merito, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 10 della legge reg. Liguria n. 10 del 2008 sarebbe comunque infondata. La difesa regionale sostiene che l’istituto della vice-dirigenza nella Regione Liguria sia stato introdotto in vigenza e «sotto la copertura» di una norma statale (art. 17-bis del d.lgs. n. 165 del 2001), che espressamente consentiva alle Regioni di istituire la posizione a livello regionale, con il coinvolgimento delle rappresentanze sindacali e attraverso la contrattazione collettiva nazionale.
Inoltre, l’istituzione della vice-dirigenza con legge regionale sarebbe espressione legittima dell’esercizio dell’autonomia regionale in materia di organizzazione e funzionamento dei propri uffici.
Quanto alla questione di legittimità costituzionale sollevata nei confronti dell’art. 2 della legge reg. Liguria n. 42 del 2008, essa sarebbe anzitutto inammissibile, non solo per il difetto di legittimazione della Corte dei conti a sollevare questioni di legittimità costituzionale in riferimento a parametri diversi da quelli che presiedono alla costituzione finanziaria, ma anche perché la questione sarebbe formulata in modo erroneo, senza corrispondenza fra censure svolte e disposizioni impugnate, e per l’inidoneità della questione posta a raggiungere l’obiettivo avuto di mira dal giudice a quo.
La difesa regionale, in via subordinata, chiede, in ogni caso, di delimitare la questione di legittimità costituzionale alle sole disposizioni effettivamente inerenti all’istituto della vice-dirigenza e cioè alla seconda metà del comma 2 e ai commi 3 e 4 dell’art. 2 citato.
Nel merito, la questione sarebbe, comunque, priva di fondamento, per gli stessi argomenti già sviluppati in relazione all’art. 10 della legge reg. Liguria n. 10 del 2008, in quanto, rientrando nella competenza regionale l’istituzione della vice-dirigenza, rientrerebbe nella medesima competenza regionale anche la definizione delle dotazioni finanziarie.
5.– All’udienza del 3 luglio 2018, le parti hanno ribadito le conclusioni formulate negli scritti difensivi.
Considerato in diritto
1.– La Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Liguria, in sede di parificazione del rendiconto generale della Regione Liguria per l’esercizio 2016 e, in particolare, del capitolo concernente la spesa del personale, cui è imputata la voce di spesa inerente alla vice-dirigenza regionale, dubita della legittimità costituzionale dell’art. 10 della legge della Regione Liguria 28 aprile 2008, n. 10 (Disposizioni collegate alla legge finanziaria 2008), in quanto ha istituito la vice-dirigenza regionale, regolando una materia riservata alla competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione; nonché dell’art. 2 della legge della Regione Liguria 24 novembre 2008, n. 42 (Norme urgenti in materia di personale, certificazione energetica, Comunità montane e disposizioni diverse), che ha disposto l’incremento del Fondo per il trattamento accessorio del personale (comma 1) e la sua destinazione al finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato della vice-dirigenza (comma 2), in contrasto con quanto stabilito dalla contrattazione collettiva nazionale e di comparto, cui rinvia la legislazione statale.
L’illegittimità di tale ultima disposizione determinerebbe anche la violazione dell’art. 81, quarto comma, Cost. (nel testo precedente alle modifiche apportate dalla legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, recante «Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale»), in quanto l’illegittimità della destinazione dell’incremento del Fondo per il trattamento accessorio al finanziamento della retribuzione della vice-dirigenza determinerebbe la violazione dell’obbligo di copertura.
In particolare, il collegio rimettente evidenzia che, dall’esame della documentazione inviata dalla Regione Liguria, è emerso che, con le risorse del Fondo per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività del personale del comparto di cui all’art. 15 Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL), comparto delle Regioni e delle autonomie locali, sottoscritto l’1.4.1999) relative al trattamento accessorio e premiante 2016, esigibili nel 2017, ma disposte nell’anno 2016, sono state retribuite, tra l’altro, le posizioni di vice-dirigenza.
L’attenzione dei giudici contabili – in sede di parificazione – si concentra primariamente sulla spesa per l’incremento del Fondo, di cui all’art. 2 della legge reg. Liguria n. 42 del 2008, spesa, che, tuttavia, impone di tenere conto – per valutarne la legittima copertura – della norma che a tale spesa ha dato luogo, ovvero di quella istitutiva della vice-dirigenza. Tale spesa si discosta dalle disposizioni della legge statale e dalla contrattazione collettiva nazionale, che opera sulla base di atti di indirizzo dell’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN), anche per la parte relativa all’importo massimo da destinare alla contrattazione decentrata.
Pertanto, in questo specifico caso, l’esame della censura di violazione del parametro attinente alla competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile non può che precedere quello della censura di violazione del principio di copertura delle spese.
2.– In linea preliminare, occorre scrutinare l’eccezione di inammissibilità delle questioni proposte in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., formulata dalla difesa della Regione Liguria per difetto di legittimazione della Corte dei conti, sezione regionale di controllo, in sede di giudizio di parificazione dei rendiconti regionali, a sollevare questioni di legittimità costituzionale in riferimento a parametri diversi e ulteriori rispetto all’art. 81 Cost.
2.1.– L’eccezione è priva di fondamento.
2.1.1.– Sull’ammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale nel giudizio di parificazione questa Corte si è espressa fin da epoca risalente. Occorre dunque muoversi nel solco di questa giurisprudenza.
Già nella sentenza n. 165 del 1963, questa Corte ritenne ammissibile – e decise nel merito in riferimento all’art. 81, primo comma, Cost. – una questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte dei conti a sezioni riunite, nel corso di un giudizio di parificazione dei rendiconti delle Amministrazioni della Cassa depositi e prestiti e degli Istituti di previdenza, ai sensi degli artt. 38 e seguenti del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214 (Approvazione del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti).
Nella successiva sentenza n. 121 del 1966, tale orientamento fu confermato. In quel giudizio – un giudizio di parificazione sul rendiconto generale della Regione siciliana – questa Corte ha ritenuto che ricorressero le condizioni ipotizzate dall’art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 (Norme sui giudizi di legittimità costituzionale e sulle garanzie d’indipendenza della Corte costituzionale), per la rimessione di questioni incidentali di legittimità costituzionale, poiché «il preminente interesse pubblico della certezza del diritto (che i dubbi di costituzionalità insidierebbero) insieme con l’altro dell’osservanza della Costituzione, vieta che dalla distinzione fra le varie categorie di giudizi e processi (categorie del resto dai confini sovente incerti e contrastanti), si traggano conseguenze così gravi quale l’esclusione della proponibilità di questioni di legittimità costituzionale» (sentenza n. 121 del 1966, n. 1 del Considerato).
Già nella richiamata decisione sono stati evidenziati i tratti salienti di questo peculiare giudizio, che si conclude con una pronuncia adottata «con le formalità della giurisdizione contenziosa» (ex art. 40 del citato testo unico, che ha recepito regole contenute nell’art. 32 della legge 14 agosto 1862, n. 800, recante «Legge per l’istituzione della Corte dei conti del Regno d’Italia», e nell’art. 84 del regio decreto 5 ottobre 1862, n. 884 recante norme «Sulla giurisdizione e procedimento contenzioso della Corte dei conti»), «previa trattazione in udienza pubblica, con la partecipazione del procuratore generale in contraddittorio dei rappresentanti dell’Amministrazione», pronuncia che si prevedeva divenisse definitiva e insindacabile.
Peraltro, anche il controllo preventivo di legittimità – esteso a tutti gli atti, anche in relazione alle leggi di spesa e alla stessa legge di approvazione del bilancio – era stato attratto nel raggio di valutazione di questa Corte, che aveva riconosciuto la legittimazione della Corte dei conti a sollevare, in quella sede, questioni di legittimità costituzionale anche delle citate leggi di spesa.
Con riguardo al controllo preventivo di legittimità degli atti, nel riconoscere la legittimazione della Corte dei conti a sollevare questioni di legittimità costituzionale (nella specie riferite agli artt. 76 e 81 Cost.), questa Corte ha osservato che «ai limitati fini dell’art. 1 della legge cost. n. 1 del 1948 e dell’art. 23 della legge n. 87 del 1953», la funzione in quella sede svolta è, sotto molteplici aspetti, analoga alla funzione giurisdizionale, diretta a valutare la conformità degli atti che ne formano oggetto alle norme del diritto oggettivo, operando un controllo «esterno, rigorosamente neutrale e disinteressato», che consente di «ammettere al sindacato della Corte costituzionale leggi che (…) più difficilmente verrebbero ad essa sottoposte» (sentenza n. 226 del 1976).
Il quadro normativo da cui si sono prese le mosse è mutato.
La riforma della disciplina del bilancio dello Stato introdotta dalla legge 5 agosto 1978, n. 468 (Riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio) – e in specie le modifiche successivamente apportate – già avevano assegnato una nuova fisionomia alla struttura del bilancio, che – come riconosciuto da questa Corte nella sentenza n. 244 del 1995 – si «compone di una pluralità di provvedimenti legislativi, tra loro complementari e concorrenti» e «persegue, tra le altre, la finalità di meglio programmare, definire e controllare le entrate e le spese pubbliche, per assicurare l’equilibrio finanziario e la sostanziale osservanza, in una proiezione temporale che supera l’anno, dei principi enunciati dall'art. 81 della Costituzione».
In sintonia con tali novità, questa Corte ha riconosciuto la legittimazione della Corte dei conti a sollevare questioni di legittimità in sede di giudizio di parificazione «per contrarietà con l’art. 81, quarto comma, della Costituzione», di tutte le «leggi che determinino veri e propri effetti modificativi dell’articolazione del bilancio dello Stato, per il fatto stesso di incidere, in senso globale, sulle unità elementari dello stesso, vale a dire sui capitoli con riflessi sugli equilibri di gestione» (sentenza n. 244 del 1995).
L’espansione del giudizio di parificazione come giudizio di legittimità del rendiconto dello Stato si è, peraltro, delineata quale conseguenza della previsione di cui all’art. 3, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20 (Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti), che ha delimitato il controllo di legittimità degli atti (dapprima del Governo, poi anche con riguardo alle Regioni ad autonomia speciale) a poche ipotesi tipiche, interrompendo il rapporto di generale pregiudizialità tra controllo preventivo di legittimità (nel corso del quale, come si è ricordato, questa Corte aveva già riconosciuto la legittimazione a sollevare questione di legittimità costituzionale della legge presupposta all’atto amministrativo) e giudizio di parifica.
Tale percorso di espansione è culminato nell’adozione del decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012), convertito, con modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, che, in corrispondenza con l’entrata in vigore della legge cost. 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale), ha dettato disposizioni volte a assicurare effettività al rispetto di più vincolanti parametri finanziari, integrati da principi enucleabili dal diritto europeo.
Quel che più conta evidenziare in questa sede è che il giudizio di parificazione, previsto dapprima solo per lo Stato e per le autonomie speciali (in relazione all’approvazione dei rendiconti generali per le quali, pure, è stata espressamente riconosciuta la legittimazione della Corte dei conti a sollevare questioni di legittimità costituzionale in riferimento agli artt. 81, primo e quarto comma Cost. e 117, terzo comma, Cost.: sentenza n. 213 del 2008), è stato esteso alle Regioni a statuto ordinario.
In questa prospettiva si è stabilito che le sezioni regionali di controllo accertano gli squilibri economico-finanziari, la mancata copertura delle spese, la violazione di norme finalizzate a garantire la regolarità della gestione finanziaria (art. 1, comma 7, del d.l. n. 174 del 2012), in sostanza tutte le «irregolarità suscettibili di pregiudicare, anche in prospettiva, gli equilibri economico-finanziari degli enti» (art. 1, comma 3, del d.l. n. 174 del 2012).
Alla luce di tali sviluppi, questa Corte ha riconosciuto l’ammissibilità di questioni di legittimità costituzionale sollevate dalle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti in sede di giudizio di parificazione dei rendiconti regionali.
Sono state a questo proposito enucleate tutte le condizioni che presiedono alla legittimazione a sollevare questioni di legittimità costituzionale: a) applicazione di parametri normativi; b) giustiziabilità del provvedimento in relazione a situazioni soggettive dell’ente territoriale eventualmente coinvolte (ai sensi dell’art. 1, comma 12, del d.l. n. 174 del 2012), in considerazione della circostanza che l’interesse alla legalità finanziaria, perseguito dall’ente controllante, connesso a quello dei contribuenti, è distinto e divergente dall’interesse degli enti controllati, e potrebbe essere illegittimamente sacrificato, senza poter essere fatto valere, se il magistrato non potesse sollevare la questione sulle norme che si trova ad applicare e della cui conformità alla Costituzione dubita; c) pieno contraddittorio, sia nell’ambito del giudizio di parifica esercitato dalla sezione di controllo della Corte dei conti, sia nell’eventuale giudizio ad istanza di parte, qualora quest’ultimo venga avviato dall’ente territoriale cui si rivolge la parifica, garantito anche dal coinvolgimento del pubblico ministero, a tutela dell’interesse generale oggettivo alla regolarità della gestione finanziaria e patrimoniale dell’ente territoriale (art. 243-quater, comma 5, decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante «Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali») (sentenza n. 89 del 2017).
E’ stato, inoltre, affermato che, nell’esercizio di una tale ben definita funzione giurisdizionale, le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti sono legittimate a sollevare questione di legittimità costituzionale avverso tutte «le disposizioni di legge che determinano, nell’articolazione e nella gestione del bilancio stesso, effetti non consentiti dai principi posti a tutela degli equilibri economico-finanziari» e da tutti gli «altri precetti costituzionali, che custodiscono la sana gestione finanziaria (ex plurimis, sentenze n. 213 del 2008 e n. 244 del 1995)» (sentenza n. 181 del 2015).
2.1.2.– La Corte dei conti rimettente deduce l’invasione da parte della disposizione censurata, della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile.
Le questioni sono ammissibili.
La legittimazione della Corte dei Conti in sede di giudizio di parificazione – come già detto – è stata riconosciuta, con riferimento ai parametri costituzionali posti a tutela degli equilibri economicofinanziari. A essi vanno ora accostati, ai limitati fini del presente giudizio e alla luce delle peculiarità di esso, i parametri attributivi di competenza legislativa esclusiva allo Stato, poiché in tali casi la Regione manca per definizione della prerogativa di allocare risorse. Pertanto, entro tali materie, non vi è intervento regionale produttivo di spesa che non si traduca immediatamente nell’alterazione dei criteri dettati dall’ordinamento ai fini della sana gestione della finanza pubblica allargata. La legislazione impugnata, che destina nuove risorse senza che peraltro siano ravvisabili diretti controinteressati, non potrebbe agevolmente essere sottoposta al giudizio di questa Corte per altra via che non sia il giudizio di parifìcazione. L’esigenza di fugare zone d’ombra nel controllo di costituzionalità, affermata da questa Corte quale tratto costitutivo del sistema di giustizia costituzionale, è tale da rif1ettersi sui criteri di valutazione dei requisiti di ammissibilità delle questioni, nel particolare caso di cui qui si discute.
Né può essere negata la rilevanza delle questioni proposte, poiché il collegio rimettente ha affermato che le norme della cui legittimità costituzionale dubita, per violazione degli artt. 117, secondo comma, lettera l), e 81, quarto comma, Cost., hanno dato vita alla spesa per l’indennità di vice-dirigenza, la cui copertura (art. 2 legge reg. Liguria, n. 42 del 2008) è conseguente a un incremento e a una asserita illegittima destinazione del medesimo incremento del Fondo per la contrattazione decentrata. Tale spesa deriva, infatti, dall’istituzione della vice-dirigenza regionale (art. 10 della legge reg. Liguria n. 10 del 2008), in contrasto con la legge statale e in assenza di indicazioni da parte della contrattazione collettiva nazionale, da cui dipende la contrattazione decentrata.
In altri termini, la sezione regionale di controllo della Corte dei conti argomenta che le norme di cui si sospetta l’illegittimità costituzionale incidono sull’articolazione della spesa e sul quantum della stessa, dal momento che l’una (art. 10 della legge reg. Liguria n. 10 del 2008) istituisce posizioni giuridiche di vice-dirigenza, che altrimenti non avrebbero titolo ad essere retribuite, mentre l’altra (art. 2 della legge reg. Liguria n. 42 del 2008) determina un effetto espansivo della spesa, mediante un aumento delle risorse destinate al trattamento accessorio con cui la Regione avrebbe illegittimamente retribuito soggetti – i vicedirigenti – che non avrebbero potuto aspirare a tale trattamento economico.
Pertanto, il collegio a quo, ove avesse applicato tali norme, si sarebbe trovato nella condizione di validare un risultato di amministrazione non corretto, in quanto relativo a una spesa, conseguente all’illegittima istituzione del ruolo di vice-dirigenza, la cui copertura è stata individuata nell’incremento e nell’illegittima destinazione delle risorse del Fondo per il trattamento accessorio, in contrasto con la contrattazione collettiva nazionale di comparto.
Poiché compito della Corte dei conti, in sede di parifica del rendiconto generale della Regione, è accertare eventuali «irregolarità suscettibili di pregiudicare, anche in prospettiva, gli equilibri economico-finanziari degli enti» (art. 1, comma 3, del d.l. n. 174 del 2012), nella specie il rimettente ha ritenuto di non poter parificare il capitolo di spesa in esame e ha sollevato la richiamata questione di legittimità costituzionale, sull’assunto che solo l’accoglimento della medesima questione potrebbe impedire la parificazione della voce, con conseguente eliminazione della spesa contestata.
Il giudizio si presenta, pertanto, circoscritto dai parametri che attengono all’an della spesa, non al quomodo della stessa.
Deve dunque riconoscersi l’ammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale sollevate con l’ordinanza indicata in epigrafe, in ordine sia alla legittimazione dell’organo rimettente, sia alla rilevanza delle questioni proposte ai fini del giudizio principale.
2.2.– In via preliminare, occorre anche sottolineare che, come rilevato nella stessa ordinanza di rimessione, la Regione Liguria, nel corso del giudizio di parificazione, ha adottato la legge 7 agosto 2017, n. 22 recante «Modifiche alla legge regionale 28 aprile 2008, n. 10 (Disposizioni collegate alla legge finanziaria 2008) e conseguenti disposizioni attuative», che ha provveduto a disporre l’abrogazione dell’art. 10 della legge reg. Liguria n. 10 del 2008 (con l’art. 1) e a modificare, in senso satisfattivo, l’art. 2 della legge reg. Liguria n. 42 del 2008, statuendo la decurtazione del Fondo per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività del personale del comparto «in misura corrispondente alle risorse utilizzate per il finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato degli incarichi di vice-dirigenza in essere alla data di entrata in vigore della presente legge».
Tale legge, tuttavia, è entrata in vigore il 12 agosto 2017, cosicché sia l’abrogazione dell’art. 10 della legge reg. Liguria n. 10 del 2008, sia la modifica dell’art. 2 della legge reg. Liguria n. 42 del 2008 non incidono sulle questioni di legittimità costituzionale delle citate norme, sollevate nell’ambito del giudizio di parificazione del rendiconto generale della Regione Liguria inerente all’esercizio finanziario 2016, in relazione al quale esse continuano a trovare applicazione. Può essere utile, peraltro, sottolineare che tali disposizioni si applicano solo in riferimento al giudizio di parificazione del rendiconto generale della Regione Liguria inerente all’esercizio finanziario 2016, con riguardo alla voce di spesa (inerente alla vice- dirigenza) la cui parificazione è rimasta sospesa per effetto della decisione della sezione rimettente. Pertanto, solo su tale giudizio spiegherebbe la sua incidenza l’eventuale accoglimento delle questioni di legittimità costituzionale sollevate nei confronti delle citate disposizioni.
2.3. – Occorre, infine, esaminare le eccezioni di inammissibilità formulate dalla Regione con riguardo alle censure svolte nei confronti, in particolare, dell’art. 2 della legge reg. Liguria n. 42 del 2008, per carenza di motivazione e contraddittorietà del petitum.
Secondo la Regione Liguria, la questione sarebbe prospettata in modo erroneo, poiché fra censure svolte – riferite esclusivamente all’istituto della vice-dirigenza e alla previsione delle risorse a esso destinate – e disposizioni impugnate – inerenti a tale istituto solo limitatamente alla seconda parte del comma 2 e ai commi 3 e 4 dell’art. 2 citato – non vi sarebbe corrispondenza.
Essa sarebbe inoltre proposta in modo contraddittorio, poichè l’eventuale accoglimento della questione determinerebbe la caducazione dell’intera norma che dispone lo stanziamento dei fondi per le finalità di cui all’art. 15 CCNL sottoscritto in data 1° aprile 1999 e le modalità da seguire nell’impiego delle risorse, con il risultato che non sarebbe più disponibile alcuna somma in futuro per le molteplici finalità di cui all’art. 15 del CCNL e non sarebbe perseguito l’intento del collegio rimettente, che è quello di eliminare dal medesimo Fondo i soli stanziamenti legati all’istituto, ritenuto incostituzionale, della vice-dirigenza.
2.3.1. – Entrambe le eccezioni sono prive di fondamento.
Anzitutto, è agevole desumere dall’ordinanza di rimessione che il collegio rimettente censura l’art. 2 della legge reg. Liguria n. 42 del 2008 solo nella parte in cui destina l’incremento del fondo per il trattamento accessorio del personale «prioritariamente» al «finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato della vice-dirigenza» (seconda parte comma 2), di cui provvede a disciplinare le modalità di erogazione ai commi 3 e 4.
La questione deve, pertanto, ritenersi delimitata – come peraltro indicato in via subordinata dalla stessa Regione – alla seconda parte del comma 2 (là dove statuisce che le risorse decentrate sono utilizzate «prioritariamente per il finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato della vice dirigenza») e ai commi 3 e 4 dell’art. 2 in esame.
Ne consegue che è destituita di fondamento anche l’eccezione di contraddittorietà della censura svolta, poiché l’eventuale accoglimento della questione determinerebbe la caducazione della sola previsione che destina parte degli incrementi del fondo per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività del personale del comparto, ex art. 15 del CCNL sottoscritto il 1° aprile 1999, al finanziamento dell’indennità di vice-dirigenza. Il fondo risulterebbe, in altri termini, solo decurtato dell’ammontare di risorse destinate all’indennità di vice-dirigenza. Così dispone per il futuro la modifica apportata al censurato art. 2 dall’art. 2, comma 1, della legge reg. Liguria n. 22 del 2017, a conferma di una applicazione solo temporanea della spesa vietata.
3.– Si deve, a questo punto, procedere allo scrutinio nel merito delle questioni di legittimità costituzionale sollevate.
Tali questioni, prospettate in riferimento a due distinte disposizioni di due diverse leggi regionali e riferite a due distinti parametri, devono essere esaminate unitariamente, tenendo conto della connessione logica fra l’una e l’altra.
Come si è già ricordato, la sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Liguria, nel denunciare l’illegittimità costituzionale dell’art. 10 della legge reg. Liguria n. 10 del 2008, che ha istituito la vice-dirigenza regionale, in violazione della sfera di competenza statale esclusiva in materia di «ordinamento civile», contesta che per finanziare la spesa inerente all’indennità di tale vice-dirigenza sono state successivamente disposte da un’altra norma regionale (l’art. 2, comma 2, secondo periodo, e commi 3 e 4, della legge reg. Liguria n. 42 del 2008) un incremento e una destinazione del medesimo incremento del Fondo per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività del personale del comparto ex art. 15 del CCNL sottoscritto l’1 aprile 1999, al di fuori della contrattazione nazionale di comparto.
Pertanto, la denunciata violazione della sfera di competenza legislativa statale ridonderebbe – stante la già evidenziata connessione e la peculiarità della fattispecie – in una violazione del principio di cui all’art. 81, quarto comma, Cost., in quanto l’illegittima istituzione del ruolo della vice-dirigenza regionale ha determinato un incremento della spesa regionale, connessa al pagamento delle indennità di vice-dirigenza, la cui copertura è stata illegittimamente individuata nella destinazione a tale fine dell’aumento del Fondo per il trattamento accessorio del personale regionale, in contrasto con la contrattazione collettiva nazionale di comparto.
3.1. – Le questioni sono fondate.
Secondo la costante giurisprudenza costituzionale, «a seguito della privatizzazione del pubblico impiego, la disciplina del trattamento giuridico ed economico dei dipendenti pubblici – tra i quali, ai sensi dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), sono ricompresi anche i dipendenti delle Regioni – compete unicamente al legislatore statale, rientrando nella materia “ordinamento civile” (ex multis, sentenze n. 72 del 2017; n. 257 del 2016; n. 180 del 2015; n. 269, n.211 e n. 17 del 2014)» (sentenza n. 175 del 2017). Essa, pertanto, «è retta dalle disposizioni del codice civile e dalla contrattazione collettiva» (sentenza n. 160 del 2017), cui la legge dello Stato rinvia.
Nella specie, il legislatore regionale, con l’art. 10 della legge reg. Liguria n. 10 del 2008, ha istituito il ruolo dei vice-dirigenti regionali e poi, a distanza di pochi mesi, ha disciplinato la relativa retribuzione di posizione e di risultato (art. 2, commi 3 e 4, della legge reg. Liguria n. 42 del 2008), individuando le necessarie risorse in un incremento del Fondo per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività del personale del comparto, ex art. 15 del CCNL sottoscritto l’1 aprile 1999 (comma 2, secondo periodo, legge reg. n. 42 del 2008), in contrasto con quanto disposto dal legislatore statale nell’esercizio della sua competenza esclusiva.
Il legislatore statale, infatti, con l’art. 7, comma 3, della legge 15 luglio 2002, n. 145 (Disposizioni per il riordino della dirigenza statale e per favorire lo scambio di esperienze e l’interazione fra pubblico e privato) aveva introdotto nel d.lgs. n. 165 del 2001 l’art. 17bis, con cui aveva rimesso alla contrattazione collettiva l’istituzione di un’apposita area della vice-dirigenza sulla base di atti di indirizzo da emanarsi dal Ministero della funzione pubblica nei confronti dell’ARAN. In particolare, per gli enti di cui al comma 2 dell’art. 17-bis (Regioni ed altri enti locali) era richiesta, in aggiunta, per l’attuazione dell’istituto, l’emanazione di un decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, per stabilire l’equivalenza delle posizioni tra il comparto Stato e il comparto Regioni.
Tale disposizione, vigente al momento dell’entrata in vigore delle norme regionali censurate, poi abrogata dall’art. 5 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini), convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, condizionava l’attribuzione della qualifica di vice-dirigente, come poi precisato dalla norma di interpretazione autentica di cui all’art. 8 della legge 4 marzo 2009, n. 15 (Delega al Governo finalizzata all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni nonché disposizioni integrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e della Corte dei conti), all’avvenuta costituzione della relativa area da parte della contrattazione collettiva nazionale del comparto di riferimento.
Questa Corte, che si è pronunciata sulle richiamate disposizioni nella sentenza n. 214 del 2016, ha precisato che «[s]econdo la norma di attuazione dettata dall’art. 10, comma 3, della legge n. 145 del 2002, la disciplina dell’istituzione dell’area della vice-dirigenza restava “affidata” alla contrattazione collettiva, da svolgersi sulla base di atti di indirizzo del Ministro per la funzione pubblica all’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) anche per la parte relativa all’importo massimo delle risorse finanziarie da destinarvi». Considerato che il citato art. 17-bis non ha mai ricevuto applicazione e che non sono mai stati adottati né gli atti ministeriali di indirizzo, né i contratti collettivi nazionali di comparto, richiesti dal legislatore statale, deve concludersi che non è mai stata istituita l’area della vice-dirigenza e che, di conseguenza, le Regioni non avrebbero potuto istituirla.
Appare, pertanto, evidente l’illegittimità dell’iniziativa del legislatore ligure che ha disposto una spesa priva di copertura normativa, e quindi lesiva dell’art. 81, quarto comma, Cost., in quanto relativa a una voce, quella che concerne l’indennità dei vice-dirigenti regionali, connessa all’istituzione di un ruolo del personale regionale, avvenuta senza il necessario fondamento nella contrattazione collettiva e in violazione della competenza statale esclusiva in materia di «ordinamento civile».
Non è superfluo ricordare che la contrattazione collettiva decentrata (cui può essere demandata la definizione del trattamento economico accessorio destinato all’attuazione delle progressioni economiche orizzontali e a sostenere le iniziative volte a migliorare la produttività, l’efficienza e l’efficacia dei servizi, ai sensi dell’art. 4, commi 1 e 2, del CCNL 1998/2001) non può disciplinare materie che non siano a essa rimesse dalla contrattazione nazionale, nè può dettare discipline contrastanti con quanto stabilito dal contratto collettivo nazionale.
I due livelli della contrattazione sono, infatti, gerarchicamente ordinati, in specie nel settore del lavoro pubblico, poiché solo a seguito degli atti di indirizzo emanati dal Ministero e diretti all’ARAN per l’erogazione dei fondi, secondo quanto previsto dalla contrattazione collettiva nazionale, può aprirsi la sede decentrata e sotto-ordinata di contrattazione.
Deve, pertanto, essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 10 della legge reg. Liguria n. 10 del 2008, nonché dell’art. 2, comma 2, limitatamente alle parole «prioritariamente per il finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato della vice dirigenza», e commi 3 e 4, della legge reg. Liguria n. 42 del 2008.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 10 della legge della Regione Liguria 28 aprile 2008, n. 10 (Disposizioni collegate alla legge finanziaria 2008);
2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2, limitatamente alle parole «prioritariamente per il finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato della vice dirigenza», nonché dei commi 3 e 4, della legge della Regione Liguria 24 novembre 2008, n. 42 (Norme urgenti in materia di personale, certificazione energetica, Comunità montane e disposizioni diverse).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11 ottobre 2018.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Silvana SCIARRA, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 9 novembre 2018.