SENTENZA N. 257
ANNO 2016
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo GROSSI Presidente
- Alessandro CRISCUOLO Giudice
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 32, comma 3; 43, comma 3; 44, comma 1, lettera b), e comma 6, lettera h), della legge della Regione Molise 4 maggio 2015, n. 8 (Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2015 in materia di entrate e spese. Modificazioni e integrazioni di leggi regionali), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 2-3 luglio 2015, depositato in cancelleria il 6 luglio 2015 ed iscritto al n. 74 del registro ricorsi 2015.
Udito nell’udienza pubblica del 4 ottobre 2016 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;
udito l’avvocato dello Stato Paolo Grasso per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso in data 30 giugno 2015, notificato il 2 luglio 2015 e depositato il successivo 6 luglio, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, ai sensi dell’art. 127 Cost., questione di legittimità costituzionale degli artt. 32, comma 3; 43, comma 3; 44, comma 1, lettera b), e comma 6, lettera h), della legge della Regione Molise 4 maggio 2015, n. 8, recante «Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2015 in materia di entrate e spese. Modificazioni e integrazioni di leggi regionali».
Il comma 3 dell’art. 32, rubricato «Norme di prima applicazione», dispone: «Unicamente in fase di prima applicazione e di avvio, in considerazione della multidisciplinarietà delle competenze del Servizio [Centrale unica di committenza regionale], la sua titolarità potrà essere conferita mediante procedura ad evidenza pubblica, anche a personale esterno all’amministrazione regionale, in deroga alle disposizioni vigenti».
L’art. 43, rubricato «Abrogazione della legge regionale 29 dicembre 1998, n. 20», stabilisce al comma 3: «A decorrere dalla conclusione del procedimento di soppressione di cui al comma 2 la Regione Molise subentra all’Autorità di Bacino dei fiumi Trigno, Biferno e minori, Saccione e Fortore nell’esercizio delle funzioni e nei rapporti giuridici attivi e passivi, compresi quelli relativi ai beni e al personale appartenente al ruolo regionale, mentre cessa l’incarico di Segretario generale ed è risolto il connesso contratto di lavoro a tempo determinato».
L’art. 44 (Modifiche alla legge regionale 23 marzo 2010, n. 10), dispone al comma 1, lettera b), che dopo l’art. 20 della legge della Regione Molise 23 marzo 2010, n. 10 (Norme in materia di organizzazione dell’amministrazione regionale e del personale con qualifica dirigenziale), sia inserito il seguente: art. 20-bis: «1. I posti di Direttore di Dipartimento, di Direttore generale della Salute, di Segretario generale del Consiglio regionale, di Capo del Servizio di Gabinetto del Presidente della Giunta regionale e degli affari istituzionali, di Capo del Servizio di Gabinetto del Presidente del Consiglio regionale e affari istituzionali non sono ricompresi nelle dotazioni organiche della Regione».
Infine, lo stesso articolo 44 prevede al comma 6, lettera h), che con la medesima decorrenza di cui al comma 2 del presente articolo, il comma 3 dell’articolo 31 della legge reg. Molise n. 10 del 2010 è sostituito dal seguente: «I trattamenti economici complessivi dei dirigenti apicali degli enti dipendenti dalla Regione, delle società direttamente e indirettamente partecipate, delle fondazioni o altri organismi dipendenti comunque denominati sono così costituiti: a) trattamento tabellare previsto dai vigenti contratti collettivi nazionali di lavoro per il personale con qualifica dirigenziale del comparto Regioni-Autonomie locali; b) retribuzione di posizione non superiore alla misura massima prevista dai medesimi contratti collettivi aumentata del 50 per cento; c) retribuzione di risultato nella misura annualmente determinata, secondo i sistemi di valutazione, per i direttori di Servizio».
2.– Ad avviso del ricorrente le predette disposizioni risultano illegittime per i seguenti motivi.
2.1.– In riferimento all’articolo 32, comma 3, il Presidente del Consiglio dei ministri assume che la disposizione, nel prevedere che la titolarità del Servizio “Centrale unica di committenza”, in fase di prima applicazione, possa essere conferita anche a personale esterno all’amministrazione regionale, in deroga alle disposizioni di cui all’art 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), in materia di conferimento degli incarichi dirigenziali a tempo determinato, confligge con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l’ordinamento civile e, quindi, i rapporti di diritto privato regolati dal codice civile. Pertanto, la norma censurata eccederebbe la competenza regionale.
2.2.– Riguardo all’articolo 43, comma 3 – secondo cui, a seguito della soppressione dell’Autorità di Bacino dei fiumi Trigno, Biferno e minori, Saccione e Fortore, la Regione Molise subentra nei relativi rapporti giuridici attivi e passivi, compresi quelli relativi al personale appartenente al ruolo regionale – il ricorrente sostiene che «l’eventuale trasferimento nei ruoli della Regione potrebbe valere solo nei confronti di personale assunto mediante concorso pubblico e non per quello cui si applica genericamente il Contratto collettivo nazionale di lavoro Regioni autonomie locali; potrebbe infatti determinarsi a favore del personale eventualmente assunto senza concorso pubblico un inquadramento riservato, in contrasto con il principio di accesso al pubblico impiego di cui all’art. 97 Cost. e in violazione dei principi stabiliti dal d.lgs. n. 165/2001, che trovano applicazione per il personale delle Pubbliche Amministrazioni indicate nell’art. l, comma 2, di detto decreto». Pertanto, ad avviso del ricorrente, rappresentando le disposizioni del citato d.lgs. n. 165 del 2001 principi generali ai quali il legislatore regionale deve far riferimento, la norma in oggetto violerebbe l’art. 97 Cost.
2.3.– Relativamente all’articolo 44, comma 1, lettera b), che prevede, attraverso l’inserimento dell’art. 20-bis nella legge reg. Molise n. 10 del 2010, l’esclusione dalle dotazioni organiche della Regione di alcune figure di dirigenza generale (Direttore di Dipartimento, Direttore generale della Salute, Segretario Generale del Consiglio regionale, Capo del Servizio di Gabinetto del Presidente della Giunta regionale e degli affari istituzionali, Capo del Servizio di Gabinetto del Presidente del Consiglio regionale e affari istituzionali), il ricorrente afferma che tale disposizione non solo compromette la corretta quantificazione delle risorse da destinare al finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato dei dirigenti, producendo effetti negativi in ordine al rispetto della normativa vigente in materia di contenimento e controllo della spesa complessiva di personale, ma non specifica le modalità di conferimento dei relativi incarichi dirigenziali ai fini del rispetto delle percentuali indicate dall’art. 19, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001. Per tali ragioni, ad avviso del ricorrente, la previsione normativa censurata contrasta con i principi di buon andamento sanciti dall’art. 97 Cost., nonché con l’art 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l’ordinamento civile e, quindi, i rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile.
2.4.– Infine, con riguardo all’articolo 44, comma 6, lettera h) – che dispone la sostituzione dell’art. 31, comma 3, della legge n. 10 del 2010, in materia di trattamenti economici complessivi dei dirigenti apicali degli enti dipendenti dalla Regione, delle società direttamente o indirettamente partecipate, delle fondazioni o altri organismi dipendenti – il ricorrente sostiene che, ferma restando la necessità che sia rispettato il limite massimo retributivo di cui all’articolo 13 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 23 giugno 2014, n. 89, le dettagliate indicazioni in essa presenti in ordine alla costituzione dei trattamenti economici complessivi dei dirigenti apicali dei suddetti enti, determinano una lesione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in quanto tale previsione costituzionale riserva alla competenza esclusiva dello Stato l’ordinamento civile e, quindi, i rapporti di diritto privato regolati dal codice civile.
3.– La Regione Molise non si è costituita.
Considerato in diritto
1.– Con il ricorso in esame il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato quattro disposizioni della legge della Regione Molise 4 maggio 2015, n. 8, recante «Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2015 in materia di entrate e spese. Modificazioni e integrazioni di leggi regionali».
1.1.– La prima questione concerne l’art. 32, comma 3, secondo cui la titolarità del servizio Centrale unica di committenza regionale, istituita ai sensi dell’art. 22 della stessa legge regionale, può essere conferita anche a personale esterno all’amministrazione regionale in deroga alle disposizioni vigenti. Tale deroga è interpretata dal ricorrente come riferibile alle disposizioni di cui all’art. 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), in materia di conferimento di incarichi dirigenziali a tempo determinato, le quali sono riconducibili all’ordinamento civile riservato alla competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.
1.2.– La seconda questione è relativa all’art. 43, comma 3, della legge regionale in esame, che prevede il subentro della Regione Molise alla soppressa Autorità di bacino dei fiumi Trigno ed altri nell’esercizio delle funzioni e dei rapporti giuridici attivi e passivi, compresi quelli relativi ai beni e al personale appartenente al ruolo regionale. Da tale previsione il ricorrente fa discendere la possibilità che si determini un inquadramento riservato del personale della soppressa Autorità eventualmente assunto senza concorso pubblico in violazione dell’art. 97 Cost.
1.3.– La terza questione concerne l’art. 44 della legge regionale in esame laddove al comma 1, lettera b), apporta modifiche alla legge della Regione Molise 23 marzo 2010, n. 10 (Norme in materia di organizzazione dell’amministrazione regionale e del personale con qualifica dirigenziale), inserendo un articolo 20-bis nel quale si dispone che una serie di posti corrispondenti a figure funzionali dell’alta dirigenza regionale non sono ricompresi nelle dotazioni organiche della Regione. La disposizione è censurata sotto un duplice profilo: mancata quantificazione delle risorse destinate al finanziamento delle relative retribuzioni; mancata specificazione delle modalità di conferimento dei relativi incarichi. In tal modo ad avviso del ricorrente la norma si pone in contrasto sia con l’art. 97 Cost. con riguardo al principio di buon andamento, sia ancora una volta con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in quanto interferisce in materia riservata alla competenza esclusiva dello Stato, quale è quella dei rapporti di diritto privato regolati dalla legge.
1.4.– Infine, la quarta censura è mossa nei confronti della disposizione di cui all’art. 44, comma 6, lettera h), concernente la determinazione dei trattamenti complessivi dei dirigenti apicali degli enti dipendenti dalla Regione Molise, delle società direttamente o indirettamente partecipate, delle fondazioni o altri organismi dipendenti comunque denominati. Secondo il ricorrente, le dettagliate indicazioni contenute nella norma ledono l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l’ordinamento civile e quindi i rapporti di diritto privato regolati dal codice civile.
2.– Ciò premesso, ritiene questa Corte che il ricorso sia fondato con riguardo alla prima, terza e quarta delle questioni sollevate, con conseguente declaratoria di illegittimità costituzionale delle corrispondenti disposizioni censurate della legge regionale in esame, mentre debba pervenirsi ad una pronuncia di non fondatezza nei confronti della seconda questione, riferita all’art. 43, comma 3, della medesima legge regionale.
2.1– La questione sollevata in ordine alla disposizione di cui all’art. 32, comma 3, della legge regionale n. 8 del 2015, è fondata.
Invero le disposizioni di cui all’art. 19, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001 afferiscono all’instaurazione di rapporti di lavoro di diritto privato con una pubblica amministrazione, e dunque rientrano nella materia dell’ordinamento civile, secondo quanto più volte ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, sentenze n. 211 del 2014, n. 151 del 2010 e n. 189 del 2007). Ne consegue che la previsione in esame, nel disporre una incondizionata deroga alle disposizioni vigenti, concretizza una deroga anche a quelle innanzi citate in materia di conferimento di incarichi dirigenziali, così ledendo la competenza che l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. riserva allo Stato. Né tale deroga risulta del resto giustificabile con il riferimento ad una fase di prima applicazione e alla multidisciplinarietà delle competenze del servizio neo istituito. Tali esigenze possono, infatti, eventualmente motivare il ricorso ad assunzioni dirigenziali ai sensi dello stesso art. 19, comma 6, del citato d.lgs. n. 165 del 2001, secondo cui l’amministrazione può procedere a conferire incarichi dirigenziali fornendone specifica motivazione «a persone di particolare comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione», ma esclusivamente nel rispetto dei limiti numerici posti dalla disposizione stessa.
2.2.– Relativamente alla seconda questione, concernente l’art. 43, comma 3, della legge reg. Molise n. 8 del 2015, questa Corte ritiene invece che la sintetica formulazione della censura non è sufficiente a supportare i vizi di legittimità costituzionale evocati dal ricorrente.
Nel ricorso manca una compiuta analisi del contesto normativo in cui si inserisce la disposizione impugnata. Non vi è la descrizione della legge reg. Molise 29 dicembre 1998, n. 20 (Istituzione dell’Autorità di Bacino dei fiumi Trigno, Biferno e minori, Saccione e Fortore), istitutiva dell’Autorità di Bacino interregionale soppressa dall’art. 43 della medesima legge regionale molisana n. 8 del 2015, né della reale natura dei rapporti di lavoro già in essere con la predetta Autorità. In tale contesto il riferimento al subentro della Regione nelle funzioni e nei rapporti giuridici attivi e passivi si ritiene debba riguardare, eventualmente, tipologie di rapporto di lavoro diverso da quello di tipo subordinato, come quello di tipo consulenziale e professionale, e comunque fino alla scadenza dei relativi termini di durata, senza comportare per tali rapporti alcuna immissione nei ruoli regionali.
Per tali ragioni la previsione normativa censurata non può che essere interpretata in maniera coerente con il complessivo quadro regolatorio, in modo da escludere che essa possa determinare in via automatica, in contrasto con i principi di accesso al pubblico impiego dettati dall’art. 97 Cost., un possibile inquadramento riservato di personale eventualmente assunto dalla soppressa Autorità di Bacino senza concorso pubblico.
La questione di legittimità in esame deve essere dunque dichiarata non fondata, non potendo attribuirsi al dettato normativo, nei termini innanzi illustrati, effetti e portata lesiva dei dedotti principi costituzionali.
2.3.– Relativamente alla terza questione, concernente l’art. 44, comma 1, lettera b), della legge della reg. Molise n. 8 del 2015, la Corte rileva che la disposizione è stata modificata dalla legge regionale 4 maggio 2016, n. 4 (Disposizioni collegate alla manovra di Bilancio 2016 - 2018 in materia di entrate e spese. Modificazioni e integrazioni di leggi regionali), il cui art. 27 ha disposto: «1. Alla legge regionale 23 marzo 2010, n. 10 (Norme in materia di organizzazione dell’amministrazione regionale e del personale con qualifica dirigenziale) sono apportate le seguenti modifiche: […] 2. b) al comma 3 dell’articolo 20, sono aggiunte in fine le parole “, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 19, commi 5-bis, 6, 6-bis, 6-ter del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modifiche ed integrazioni, applicando le misure percentuali previste per i dirigenti di prima fascia”; […] d) il comma 1 dell’articolo 20-bis è sostituito dal seguente: “1. Fermi restando i limiti di cui all’articolo 20, comma 3; ultimo periodo, i posti di Direttore di Dipartimento, di Direttore generale della Salute, di Segretario generale del Consiglio regionale non sono ricompresi nelle dotazioni organiche.”; e) all’articolo 20-bis è aggiunto il seguente comma: “1-bis. Ai fini della razionalizzazione della spesa, gli incarichi di cui al comma 1 sono conferiti nel rispetto della vigente normativa in materia di contenimento della spesa del personale.”».
Ai fini della decisione è necessario chiarire la portata effettiva della predetta novella alla luce del combinato disposto delle previsioni innanzi riportate di cui alle lettere b) e d) dell’art. 27 della legge reg. Molise n. 4 del 2016.
Invero nella lettera b), l’inciso inserito al comma 3 dell’art. 20 della legge regionale 23 marzo 2010, n. 10, ovvero le parole «nel rispetto […] prima fascia», costituisce, più che un ultimo periodo del medesimo comma, una proposizione ad esso aggiunta, alla quale perciò deve intendersi riferito il richiamo operato dal comma 1 dell’art. 20-bis della legge regionale n. 10 del 2010, come sostituito dall’art. 27 della legge regionale n. 4 del 2016.
La disposizione dell’art. 44 della legge regionale n. 8 del 2015 risulta pertanto integralmente modificata nei termini di seguito esposti.
Si è ridotta l’esclusione dalla dotazione organica ai posti di Direttore di Dipartimento, di Direttore Generale alla Salute, di Segretario Regionale del Consiglio Regionale, così eliminando da tale esclusione i posti, previsti dalla norma impugnata, di Capo di Servizio di Gabinetto del Presidente della Giunta Regionale e degli affari istituzionali e di Capo del Servizio di Gabinetto del Presidente del Consiglio regionale e affari istituzionali.
Nel far riferimento ai limiti di cui all’art. 20, comma 3, ultimo periodo (nei termini innanzi precisati), si è disposto, poi, che per il conferimento degli incarichi dirigenziali in questione trovano applicazione le disposizioni dell’art. 19 del d.lgs. n. 165 del 2001 nelle percentuali ivi previste, riferite alla dotazione organica dei dirigenti di prima fascia.
Infine, la novella ha disposto che gli incarichi relativi ai predetti posti dirigenziali non ricompresi nelle dotazioni organiche sono conferiti nel rispetto della vigente normativa in materia di contenimento della spesa del personale.
Ne consegue che le preoccupazioni espresse dal ricorrente in merito alla norma originaria hanno in gran parte trovato accoglimento, avendo il legislatore regionale molisano apportato modifiche proprio nella direzione indicata in ordine al rispetto della norma sui limiti di spesa e sulle modalità e limiti per il conferimento dei predetti incarichi dirigenziali.
Ma anche alla luce del descritto ius superveniens non può tuttavia ritenersi cessata la materia del contendere.
Ritiene questa Corte che permane una criticità nell’esclusione, dalla computabilità nelle dotazioni organiche, di tre posti di funzione dirigenziale, rispetto ai cinque posti previsti dalla norma originaria oggetto della censura di costituzionalità. Difatti in ordine a tali posizioni dirigenziali non sembra sufficiente l’inciso aggiunto con l’inserimento del comma 1-bis all’art. 20-bis della legge n. 10 del 2010, di una clausola secondo cui gli incarichi sono conferiti nel rispetto della vigente normativa in materia di contenimento delle spese del personale. Ciò in quanto la non computabilità di tali posizioni nella complessiva dotazione organica di dirigenti di prima fascia determina in ogni caso effetti negativi, sia di ordine finanziario, in relazione ai costi derivanti dalla retribuzione dei dirigenti interessati, sia riguardo al razionale assetto organizzativo realmente rispettoso delle previsioni normative in materia, e non soltanto dell’art. 19 del d.lgs. n. 165 del 2001, e dunque produce, in definitiva, effetti negativi sul reale contenimento complessivo della spesa.
In proposito, occorre difatti evidenziare che nelle amministrazioni pubbliche, ivi comprese le Regioni, la dotazione organica costituisce elemento ad oggi essenziale per l’assetto organizzativo e per la determinazione dei costi del personale, e che la sua consistenza e le sue variazioni sono pertanto determinate, previa verifica degli effettivi fabbisogni, in funzione di un accrescimento dell’efficienza delle amministrazioni, della realizzazione di un migliore utilizzo delle risorse umane, e appunto di una razionalizzazione del costo del lavoro pubblico, contenendo la spesa complessiva del personale, diretta e indiretta, entro i vincoli di finanza pubblica (in tal senso gli artt. 1, commi 1 e 2, e 6, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001). Proprio in direzione di un contenimento della spesa operano, del resto, gli interventi, anche legislativi, disposti nell’ambito di misure di spending review (ad esempio l’art. 2 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 7 agosto 2012, n. 135), finalizzate a ridurre le dotazioni organiche, ivi comprese quelle dirigenziali. Ne consegue che una previsione, come quella in esame, intesa a non ricomprendere nelle dotazioni organiche una serie di posti dirigenziali può condurre ad un sostanziale aggiramento-svuotamento delle predette disposizioni.
Riguardo poi agli altri profili oggetto di censura che risultano modificati dallo ius superveniens, questa Corte ritiene che non possa parimenti pervenirsi ad una declaratoria di cessazione di materia del contendere.
Secondo il costante orientamento in materia, occorre a tal fine verificare se la disposizione censurata abbia trovato applicazione nel lasso temporale fra la sua entrata in vigore e la sua sostituzione (ex plurimis, sentenze n. 68 del 2013, n. 158 del 2012, nn. 310 e 153 del 2011, n. 451 del 2007).
Nel caso in esame il tempo decorso tra la sua entrata in vigore (5 maggio 2015, ai sensi dell’art. 50 della legge reg. Molise n. 8 del 2015) e la sua sostituzione per effetto dell’art. 27 della legge regionale n. 4 del 2016 (entrata in vigore, ai sensi dell’art. 35, il 6 maggio 2016) non consente, in assenza di elementi di segno diverso, di ritenere priva di applicazione la disposizione censurata e dunque di pervenire ad una pronuncia sul punto di cessazione della materia del contendere.
Conseguentemente la questione di legittimità in esame risulta fondata, violando la norma censurata i principi di buon andamento posti dall’art. 97 Cost., nonché la competenza dello Stato in materia di ordinamento civile, stabilita dall’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
2.4.– Parimenti va accolta la quarta questione sollevata nel ricorso con riferimento alla disposizione di cui all’art. 44, comma 6, lettera h), della legge reg. Molise n. 8 del 2015.
La disposizione scrutinata, pur apparendo meramente ricognitiva laddove fa riferimento (lettera a) ai trattamenti tabellari previsti dai vigenti contratti collettivi nazionali, ha, invece, carattere sicuramente dispositivo e incidente direttamente sulla determinazione del trattamento economico là dove prevede (lettera b) che la retribuzione di posizione sia non superiore alla misura massima prevista dai contratti collettivi, ma aumentata del 50%; e là dove stabilisce (lettera c), che la retribuzione di risultato sia ancorata ex lege alla misura determinata, secondo i sistemi di valutazione, per i direttori di servizio.
Da quanto esposto si evince che la disposizione censurata, determinando in tal modo la struttura e l’entità del trattamento economico dei dirigenti, lede l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in quanto interviene in materia di ordinamento civile, quale la regolazione del rapporto di lavoro pubblico regionale, con specifico riferimento al profilo della sua contrattualizzazione, previsto dalla legislazione statale come principio regolatore del rapporto di lavoro con tutte le pubbliche amministrazioni, comprese le Regioni.
In tal senso questa Corte si è ripetutamente e uniformemente espressa.
Al riguardo ci si limita qui a richiamare, ex multis, quanto in proposito affermato nella sentenza n. 211 del 2014, già innanzi citata, in considerazione della sua sintetica esaustività: «Secondo il costante orientamento di questa Corte, a seguito della privatizzazione del rapporto di pubblico impiego […] la disciplina del rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione è retta dalle disposizioni del codice civile e dalla contrattazione collettiva. Con specifico riguardo al trattamento economico, l’art. 2, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), stabilisce che “L’attribuzione di trattamenti economici può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi” e l’art. 45 dello stesso decreto ribadisce che “Il trattamento economico fondamentale ed accessorio […] è definito dai contratti collettivi”. Proprio a seguito di tale privatizzazione, questa Corte ha affermato che «i principi fissati dalla legge statale in materia costituiscono tipici limiti di diritto privato, fondati sull’esigenza, connessa al precetto costituzionale di eguaglianza, di garantire l’uniformità nel territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti fra privati e, come tali, si impongono anche alle Regioni a statuto speciale» (sentenza n. 189 del 2007). In particolare, dall’art. 2, comma 3, terzo e quarto periodo, della legge n. 421 del 1992, emerge il principio per cui il trattamento economico dei dipendenti pubblici è affidato ai contratti collettivi, di tal che la disciplina di detto trattamento, e, più in generale, la disciplina del rapporto di impiego pubblico rientra nella materia “ordinamento civile” riservata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato (sentenze n. 61 del 2014, n. 286 e n. 225 del 2013, n. 290 e n. 215 del 2012, n. 339 e n. 77 del 2011, n. 332 e n. 151 del 2010)».
Riguardo, poi, specificamente al rilievo che la contrattazione collettiva assume nell’assetto regolatorio del rapporto di pubblico impiego, ivi compreso quello alle dipendenze delle Regioni, con peculiare riferimento alle componenti del trattamento economico, può rinviarsi, anche in termini di ricostruzione sistematica della materia, alle recente sentenza n. 178 del 2015, in cui la Corte ha affermato: «Nei limiti tracciati dalle disposizioni imperative della legge (art. 2, commi 2, secondo periodo, e 3-bis del d.lgs. n. 165 del 2001), il contratto collettivo si atteggia come imprescindibile fonte, che disciplina anche il trattamento economico (art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 165 del 2001), nelle sue componenti fondamentali ed accessorie (art. 45, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001)».
Deve pertanto dichiararsi la illegittimità costituzionale anche dell’art. 44, comma 6, lettera h), della legge reg. Molise n. 8 del 2015.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 32, comma 3, della legge della Regione Molise 4 maggio 2015, n. 8 (Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2015 in materia di entrate e spese. Modificazioni e integrazioni di leggi regionali);
2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 44, comma 1, lettera b), della medesima legge reg. Molise n. 8 del 2015;
3) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 44, comma 6, lettera h) della medesima legge reg. Molise n. 8 del 2015.
4) dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 43, comma 3, della medesima legge reg. Molise n. 8 del 2015, promossa in riferimento all’art. 97 della Costituzione dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe;
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 ottobre 2016.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Giulio PROSPERETTI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 5 dicembre 2016.