SENTENZA N. 286
ANNO 2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Gaetano SILVESTRI Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Sabino CASSESE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
- Giorgio LATTANZI "
- Aldo CAROSI "
- Marta CARTABIA "
- Sergio MATTARELLA "
- Mario Rosario MORELLI
"
- Giancarlo CORAGGIO "
- Giuliano AMATO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità
costituzionale degli artt. 8 e 9 della legge della Regione Liguria 28 giugno
2011, n. 15 (Disposizioni di manutenzione e adeguamento della normativa
regionale) e degli artt. 8, comma 8, e 18, comma 1, della legge della Regione
Liguria 27 dicembre 2011, n. 38 (Disposizioni collegate alla legge finanziaria
2012), promossi dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorsi
notificati il 1°-3 agosto 2011 e il 22-24 febbraio 2012, depositati in
cancelleria il 5 agosto 2011 ed il 28 febbraio 2012 ed iscritti al n. 78 del registro
ricorsi 2011 e al n. 37 del registro ricorsi 2012.
Visti gli atti di costituzione della Regione Liguria;
udito nell’udienza pubblica dell’8 ottobre 2013 il
Giudice relatore Luigi Mazzella;
uditi l’avvocato dello Stato Stefano Varone per il
Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Stefano Santarelli per la
Regione Liguria.
1.– Con ricorso notificato a mezzo del
servizio postale il 1°-3 agosto 2011, depositato in cancelleria il 5 agosto
2011 e iscritto al n. 78 del registro ricorsi dell’anno 2011 il Presidente del
Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale, in
riferimento agli artt. 3, 97 e 117, commi secondo, lettera l), e terzo, della
Costituzione, degli artt. 8 e 9 della legge della Regione Liguria 28 giugno
2011, n. 15 (Disposizioni di manutenzione e adeguamento della normativa
regionale).
1.1.– Premette il ricorrente che l’art.
8 della suddetta legge regionale, rubricato «Continuità nei rapporti di
lavoro», stabilisce che «Nei casi in cui occorra garantire la continuità del
servizio, le ferie dei dipendenti che proseguono il loro rapporto di lavoro con
la Regione Liguria con forma contrattuale diversa che comporti la cessazione o
il collocamento in aspettativa senza assegni per tutta la durata dell’incarico
possono essere convertite, previa intesa con il dipendente […]».
1.1.1.– Il Governo sostiene che il
legislatore regionale, consentendo la conversione delle ferie dei dipendenti
regionali in aspettativa durante tutta la durata dell’incarico, si pone in
contrasto con la disciplina statale di riferimento. E ciò perchè
il rapporto di lavoro dei dipendenti regionali, in quanto personale
contrattualizzato, è regolato dal contratto collettivo nazionale del comparto
Regioni ed autonomie locali stipulato il 6 luglio 1995, il quale prevede sub
art. 18, comma 9, in conformità all’art. 36 Cost., che le ferie sono un diritto
irrinunciabile, disponendo, altresì, che le stesse non sono monetizzabili salvo
che in casi eccezionali individuati nelle sole ferie residue all’atto della
cessazione del rapporto di lavoro e non fruite per esigenze di servizio. Nel
caso di specie, ad avviso del ricorrente, la previsione regionale esorbita
dall’ambito entro il quale il suddetto contratto collettivo consente la monetizzazione
delle ferie, posto che la "conversione” (e dunque la monetizzazione) viene ad
essere consentita dal legislatore regionale durante il collocamento in
aspettativa ovvero in una fase del rapporto diversa dalla cessazione, quando lo
stesso prosegue attraverso un nuovo incarico. La disposizione regionale
impugnata, infatti, incide sulla disciplina delle ferie, fondamentale aspetto
del contratto di diritto privato che lega i dipendenti pubblici regionali –
attualmente privatizzati – all’ente di appartenenza e che risulta regolata
dalla contrattazione collettiva. Sicché, rientrando la regolamentazione di
aspetti inerenti al rapporto di lavoro dei dipendenti in regime di rapporto di
lavoro contrattualizzato nella specifica competenza esclusiva statale dell’ordinamento
civile (come più volte affermato da questa Corte), la disposizione regionale
impugnata si porrebbe in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera l),
Cost.
1.1.2.– L’art. 8 della legge regionale
censurata, oltretutto, differenziando in modo ingiustificato la disciplina
delle ferie dei dipendenti della Regione Liguria rispetto ai dipendenti delle
altre Regioni si porrebbe in contrasto anche con l’art. 3 Cost. Invero, non
potendosi individuare particolari ragioni che inducano a ritenere ragionevole
tale ingiustificata discriminazione, la disposizione violerebbe il principio di
eguaglianza di cui all’art. 3 Cost., nonché quelli di buon andamento e
imparzialità dell’amministrazione di cui all’art. 97 Cost.
1.1.3.– Nel consentire la conversione
delle ferie oltre i casi previsti dal contratto collettivo di riferimento,
infine, il censurato art. 8 lederebbe i principi di coordinamento della finanza
pubblica di cui all’art. 117, terzo comma, Cost. Essendo le Regioni e gli enti
locali chiamati a concorrere al raggiungimento degli obiettivi di finanza
pubblica, assunti in sede europea per garantire il rispetto del Patto di
stabilità e crescita, questi enti sono assoggettati alle regole del cosiddetto
«Patto di stabilità interno», che, da un lato, indicano «limiti complessivi di
spesa», dall’altro, prevedono «sanzioni volte ad assicurar[n]e il rispetto».
Detti limiti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, «costituiscono
principi di coordinamento della finanza pubblica» (sono richiamate le sentenze n. 155 del 2011;
n. 289 e n. 190 del 2008;
n. 412 e n. 169 del 2007;
n. 4 del 2004).
Peraltro, con la normativa statale
vigente – in particolare, con l’art. l, comma 557, della legge 27 dicembre
2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato – legge finanziaria 2007), che obbliga le Regioni alla riduzione
delle spese per il personale, come da ultimo sostituito dal comma 7 dell’art.
14 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione
finanziaria e di competitività economica), convertito in legge, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30 lugli o 2010, n. 122;
nonché, con l’art. 76, comma 6, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112
(Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la
competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione
tributaria), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. l, comma l,
della legge 6 agosto 2008, n. 133 –, il legislatore statale ha imposto agli
enti pubblici una rigorosa programmazione di spesa per il personale, fissando
anche una disciplina vincolistica per tale tipologia di spesa. In tal modo, le
finalità di contenimento della spesa relativa al personale dipendente devono
essere riportate nell’ambito dei fondamentali principi di coordinamento della
finanza pubblica.
La disposizione in esame, pertanto,
consentendo ulteriori casi di monetizzazione delle ferie per i dipendenti della
Regione al di fuori di quelli già previsti dalla normativa statale di
riferimento, comporterebbe nuove ed ingiustificate spese in violazione
dell’art. 117, terzo comma, Cost., costituendo le richiamate norme statali
principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica.
1.2.– Viene impugnato, altresì, l’art. 9
della legge reg. Liguria n. 15 del 2011, il quale prevede che dal 1° gennaio
2012 le spese per il personale preposto agli uffici stampa, attuati dalla
normativa regionale ai sensi dell’art. 9 della legge 7 giugno 2000, n. 150 (Disciplina
delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche
amministrazioni) e successive modificazioni ed integrazioni, non concorrono ai
fini della determinazione dei limiti di spesa del personale e dei limiti di cui
all’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010. Tale ultima disposizione prevede
che «A decorrere dall’anno 2011, le amministrazioni dello Stato, anche ad
ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le Agenzie fiscali di cui agli
articoli 62, 63 e 64 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e
successive modificazioni, gli enti pubblici non economici, le università e gli
enti pubblici di cui all’articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165 e successive modificazioni e integrazioni, le camere di commercio,
industria, artigianato e agricoltura, fermo quanto previsto dagli articoli 7,
comma 6, e 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono avvalersi
di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di
collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della
spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009. Per le medesime
amministrazioni la spesa per personale relativa a contratti di
formazione-lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di
lavoro, nonché al lavoro accessorio di cui all’articolo 70, comma l, lettera d)
del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni
ed integrazioni, non può essere superiore al 50 per cento di quella sostenuta
per le rispettive finalità nell’anno 2009. Le disposizioni di cui al presente
comma costituiscono principi generali ai fini del coordinamento della finanza
pubblica ai quali si adeguano le regioni, le province autonome, e gli enti del
Servizio sanitario nazionale […]. Il mancato rispetto dei limiti di cui al
presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità
erariale. Per le amministrazioni che nell’anno 2009 non hanno sostenuto spese
per le finalità previste ai sensi del presente comma, il limite di cui al primo
periodo è computato con riferimento alla media sostenuta per le stesse finalità
nel triennio 2007-2009».
1.2.1.– La norma regionale da ultimo
censurata, dunque, ad avviso del ricorrente, introduce una evidente deroga al
limite previsto in sede di legislazione statale, in quanto stabilisce che una
determinata quota di personale non concorra al computo della spesa ai fini del
raggiungimento del tetto massimo sopra descritto.
Tenuto conto che norme che disciplinano
tali limiti – come espressamente statuito dallo stesso art. 9, comma 28, del
d.l. n. 78 del 2010 – costituiscono principi generali ai fini del coordinamento
della finanza pubblica ai quali le Regioni sono tenute ad adeguarsi (al pari
delle Province autonome e degli enti del Servizio sanitario nazionale), la
legge regionale in esame, nel derogare a tali principi, confliggerebbe, per
tale parte, con l’art. 117, terzo comma, Cost.
1.2.2.– La disposizione di cui
all’impugnato art. 9 della legge regionale citata, inoltre, in ragione dei profili
di disparità di trattamento introdotti in relazione ai vincoli di spesa cui
sono assoggettate le altre Regioni ai sensi della disciplina statale di cui al
succitato art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010 (dai quali è per contro
esclusa la sola Regione Liguria in forza della deroga de qua), si porrebbe,
altresì, in contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost., venendo meno sia al principio
di eguaglianza, che a quello di imparzialità.
2.− Con memoria depositata il 9
settembre 2011 si è costituita la Regione Liguria, eccependo, in primo luogo,
l’inammissibilità del ricorso per difetto di motivazione e per difetto di
interesse; contestandone, in secondo luogo, la fondatezza.
2.1. − Lamenta la resistente che
il Presidente del Consiglio dei ministri non si sia soffermato sulla lettera
dell’art. 8 impugnato, né abbia dato conto dei chiarimenti forniti con nota del
20 luglio 2011, prot. n. PG/2011/104762. La norma
regionale, infatti, consentirebbe solamente «di ripassare dal compenso
sostitutivo teorico (ottenuto con la monetizzazione) a giornate di congedo nel
nuovo rapporto (con una astratta smonetizzazione)» e, così facendo, lungi
dall’"esorbitare” dai limiti dell’art. 18 del citato contratto collettivo per
il personale del comparto delle Regioni e delle Autonomie locali, stipulato in
data 6 luglio 1995 (e dall’art.17 del contratto collettivo nazionale di lavoro
per il personale del medesimo comparto con qualifica dirigenziale, sottoscritto
il 10 aprile 1996), si porrebbe in continuità con l’istituto esistente, nel
pieno rispetto della direttiva 4 novembre 2003, n. 2003/88/CE (Direttiva del
Parlamento europeo e del Consiglio concernente taluni aspetti
dell’organizzazione dell’orario di lavoro) e di quelle precedenti, nonché della
normativa nazionale di recepimento di cui al decreto legislativo 8 aprile 2003,
n. 66 (Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni
aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro), e successive modificazioni
e integrazioni.
Anche con riferimento alle censure sollevate
avverso l’art. 9 della legge impugnata, l’esame del quadro normativo da parte
del ricorrente sarebbe stato carente ed errato, al punto da ignorare la recente
normativa speciale di fonte statale relativa agli uffici stampa.
Sarebbero state ignorate le competenze
proprie delle Regioni: almeno quella regolamentare e organizzativa (artt. 117,
sesto comma, e 123 Cost.), correlata all’autonomia riconosciuta alle Regioni
(artt. 114 e 119 Cost.), nonché quelle concorrenti in tema di «armonizzazione
dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica», di «tutela e
sicurezza del lavoro» e di «tutela della salute». Sicché, non sarebbe dato
comprendere se sussista un interesse attuale e concreto a proporre
l’impugnazione, in mancanza del quale il ricorso stesso è inammissibile. Anzi,
siccome nel caso in esame, secondo quanto posto in rilievo dalla stessa Regione
Liguria con la nota prodotta, «il fine della norma [...] è evitare una
monetizzazione che comporti un esborso di denaro per l’Amministrazione»,
l’eventuale declaratoria d’illegittimità costituzionale della contestata
disciplina regionale si risolverebbe in un danno economico non trascurabile per
le risorse pubbliche, senza arrecare alcun vantaggio, giuridicamente rilevante,
né per le finanze dello Stato, né per la sua capacità gestionale in materia.
2.2.− Ad avviso della Regione
Liguria, le questioni promosse sono, comunque, infondate, a partire da quelle
sollevate contro l’art. 8 della legge reg. Liguria n. 15 del 2011.
2.2.1.− In primo luogo, la
resistente contesta in radice l’equiparazione operata dal Governo tra la
"conversione” delle ferie maturate e non fruite per ragioni di servizio,
disciplinata dalla norma regionale al passaggio ad un diverso incarico, e la
loro monetizzazione, equiparazione che sostiene l’intera impostazione della
censura.
Opina, infatti, la Regione Liguria che
il meccanismo delineato dalla disposizione censurata si concretizza nella
conversione dei giorni di ferie maturati e non fruiti in vigenza di una
precedente tipologia di rapporto di lavoro presso l’amministrazione in un
diverso numero di giorni di ferie da usufruire nell’ambito del nuovo rapporto
di lavoro; diverso perché parametrato al nuovo e diverso valore della giornata
lavorativa.
La norma, dunque, sarebbe stata
introdotta quale strumento di contenimento della spesa, proprio al fine di
evitare la paventata monetizzazione delle ferie non fruite al passaggio a
diverso incarico, in tutti i casi in cui la mancata fruizione delle medesime
sia da ricondurre a motivi di servizio o a esigenze organizzative
dell’amministrazione (ad esempio, quando il mutamento della tipologia del
rapporto di lavoro avvenga con scarso preavviso, oppure vi sia la necessità di
garantire la presenza in servizio del dipendente per un adeguato passaggio di
consegne). Di conseguenza, l’applicabilità al caso concreto troverebbe
(eventuale) efficacia non "in tutti i casi”, ma unicamente ove "occorra
garantire la continuità del servizio”. In sostanza, nel caso in cui, per
inderogabili esigenze organizzative, l’amministrazione neghi al dipendente le
ferie maturate, in luogo del "congelamento” delle medesime e della loro
successiva monetizzazione all’atto della cessazione del rapporto di lavoro,
esse possono essere convertite in ulteriori giorni di ferie, in relazione al
valore della giornata di ferie nella nuova posizione funzionale. Tale
"trasformazione” garantirebbe sia l’invarianza della spesa finale, sia il
diritto del dipendente, che non può essere compresso neppure per ragioni,
seppur inderogabili, di carattere organizzativo (essendo necessaria la "previa
intesa con il dipendente interessato”). La monetizzazione, insomma, sarebbe
squisitamente teorica, al solo fine di parametrare il numero di giorni da
fruire sulla base del valore giornaliero della nuova prestazione lavorativa. In
altri termini, la determinazione teorica del compenso sostitutivo
(monetizzazione) servirebbe solamente per la "conversione” del diritto al
congedo ordinario maturato (indisponibile, irrinunciabile e indegradabile da parte
del datore di lavoro, anche se pubblico, e automaticamente inclusivo del
diritto a tale compenso sostitutivo) nel corrispondente (in termini economici
teorici) diritto ad usufruire di giorni di riposo (ragguagliati al diverso
valore economico dato) nell’ambito del nuovo rapporto in atto, avente forma
contrattuale diversa, senza alcuna variazione della spesa teorica.
La Regione Liguria sottolinea, altresì,
che l’aspetto disciplinato dalla norma censurata non è in alcun modo
regolamentato da norme di legge o di contratto, che la "conversione” è
subordinata a una previa intesa con il dipendente e che l’interpretazione
proposta troverebbe conforto sia nella lettera della disposizione in oggetto −
tale da consentire che, salva "l’invarianza della spesa finale” (spesa
teorica), i giorni di ferie maturati siano convertiti in (altri ricalcolati)
giorni di ferie, da poter fruire "per tutta la durata dell’incarico” −,
sia per la necessità di conformarla alla normativa europea, da ultimo
"codificata” in subiecta materia dalla direttiva n.
2003/88/CE, e a quella nazionale di recepimento di cui al d.lgs. n. 66 del 2003
e successive modificazioni e integrazioni. Disposizioni, da un lato,
confermative dell’eccezionalità dell’istituto della monetizzazione; dall’altro
identificative del «diritto di ogni lavoratore alle ferie annuali retribuite
[...] come principio particolarmente importante del diritto sociale
comunitario, al quale non si può derogare [...]», dovendosi quindi riconoscere
che «l’effetto positivo delle ferie sulla sicurezza e sulla salute del
lavoratore [...] rimane interessante sotto tale profilo anche se sia goduto in
un momento successivo» (sentenza
della Corte di giustizia 6 aprile 2006, causa C-124/05, Federatie
Nederlandse Vakbeweking
contro Staat der Nederlander).
Pertanto, obietta conclusivamente la
resistente che la norma regionale impugnata non andrebbe ad incidere la materia
dell’ordinamento civile, di competenza esclusiva del legislatore statale, poiché,
a suo parere, non contrastante con le disposizioni dei contratti collettivi
della dirigenza e di comparto, che nulla dispongono al riguardo, e capace,
anzi, di dare ad esse corpo e continuità, nel segno, normativamente
necessitato, dell’assoluta eccezionalità della monetizzazione delle ferie non
godute, donde l’infondatezza della censura concernente l’art. 117, secondo
comma, lettera l), Cost.
2.2.1.1.− Ad avviso della Regione
Liguria, la norma impugnata non avrebbe portata innovativa tale da giustificare
le censure sollevate in ricorso (e, ancor prima, l’interesse alla sua
proposizione) neppure se, seguendo l’erronea impostazione del ricorrente, essa
fosse ritenuta ampliativa delle possibilità di monetizzazione oltre i casi
previsti dalle norme contrattuali.
Deduce, infatti, la resistente che il
passaggio a diversa tipologia di rapporto, con incarico a tempo determinato e
collocamento in aspettativa nel rapporto precedente, è fattispecie sussumibile
(secondo le regole di ermeneutica contrattuale) sotto quella disciplinata dal
comma 16 dell’art. 18 del contratto collettivo del 6 luglio 1995 per il
comparto e dal comma 13 dell’art. 17 del contratto collettivo del 10 aprile
1996 per la dirigenza regionale. Come quella, infatti, essa sarebbe caratterizzata
dal fatto che il mancato godimento delle ferie non è in alcun modo imputabile
alla volontà del dipendente e sarebbe, pertanto, assimilabile agli eventi
oggettivi di carattere impeditivo (come il licenziamento per superamento del
periodo di comporto ed il collocamento a riposo per assoluta e permanente
inidoneità) ormai pacificamente ritenuti riconducibili a detta ipotesi
eccezionale.
In ogni caso, la monetizzazione al
momento del collocamento in aspettativa senza assegni costituirebbe mera
"anticipazione” del pagamento sostitutivo che spetterebbe alla cessazione del
rapporto (o meglio della catena di diversi rapporti intrattenuti nel tempo tra
l’amministrazione ed il dipendente); anticipazione priva di significative
conseguenze economiche e costituente legittimo esercizio dell’autonomia
regionale.
2.2.2.− Sarebbe, altresì,
infondato il rilievo concernente la violazione dei principi di uguaglianza e di
buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione, di cui agli
artt. 3 e 97 Cost., poiché, in ragione del già illustrato tenore sostanziale
della disposizione, essa non modificherebbe l’istituto della monetizzazione, né
contemplerebbe esborsi di denaro, sì da non introdurre alcuna disparità di
trattamento al riguardo.
2.2.3.− La disposizione in esame,
infine, anziché in contrasto con i principi fondamentali di coordinamento della
finanza pubblica, sub specie di violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.,
sarebbe, invece, destinata a consentire notevoli risparmi all’amministrazione
regionale.
2.3.− Secondo la resistente,
nemmeno le questioni concernenti l’art. 9 della legge reg. Liguria n. 15 del
2011 sarebbero fondate.
Viene premesso che l’impugnato art. 9 è
stato introdotto al fine di chiarire che le spese e le modalità di reclutamento
(nei termini previsti dalle leggi regionali) dei giornalisti degli uffici
stampa, riorganizzati in attuazione della legge n. 150 del 2000, non concorrono
alla determinazione dei limiti recentemente imposti dallo Stato, in particolare
all’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010, in base al quale le
amministrazioni «possono avvalersi di personale a tempo determinato o con
convenzioni [...] nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le
stesse finalità nell’anno 2009» e l’eventuale «mancato rispetto dei limiti di
cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e determina
responsabilità erariale».
Rileva la resistente che tale norma ha
introdotto, quale principio generale di coordinamento della finanza pubblica,
un taglio pesante (cinquanta per cento rispetto all’anno 2009) della spesa
sostenuta per i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, per le
convenzioni, per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa,
considerando la spesa per il ricorso al lavoro flessibile "comprimibile”
rispetto a quella generale riferita ai dipendenti con contratto di lavoro a
tempo indeterminato.
Tuttavia, l’esame delle disposizioni
principali contenute nelle legge n. 150 del 2000, che disciplinano gli uffici
stampa e costituiscono principi fondamentali in materia di organizzazione delle
attività di informazione e comunicazione (art. 10), ne evidenzierebbe il
carattere di specialità rispetto alla generale disciplina dettata dal decreto
legislativo 30 marzo 2001, n 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro
alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche). Rileverebbe all’uopo l’art.
9, comma 2, il quale dispone che gli uffici stampa siano «costituiti da
personale iscritto all’albo nazionale dei giornalisti. Tale dotazione di
personale è costituita da dipendenti delle amministrazioni pubbliche, anche in
posizione di comando o fuori ruolo, o da personale estraneo alla pubblica
amministrazione in possesso dei titoli individuati dal regolamento di cui
all’art. 5, utilizzato con le modalità di cui all’art. 7, comma 6, del decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni […]»; modalità
consistenti nell’affidamento di incarichi individuali di durata predeterminata.
Come pure si dovrebbe tener conto dei successivi commi 4 e 5, che prevedono
l’esclusività delle prestazioni professionali per tutta la durata dei relativi
incarichi (comma 4) e chiariscono che «Negli uffici stampa l’individuazione e
la regolamentazione dei profili professionali sono affidate alla contrattazione
collettiva, nell’ambito di una speciale area di contrattazione, con
l’intervento delle organizzazioni rappresentative della categoria dei
giornalisti» (comma 5).
In attuazione dell’obbligo imposto dal
comma 2 dell’art. 9, ed in ossequio all’indicazione programmatica e innovativa
di cui al comma 5 dello stesso articolo, in attesa della definizione di profili
professionali ad hoc (sinora non delineati) nella contrattazione collettiva, la
resistente sottolinea di avere dato attuazione ai principi fondamentali, posti
dalla legislazione speciale dello stato in materia di uffici stampa, con la
legge della Regione Liguria 11 marzo 2004, n. 3 (Disciplina delle attività di
informazione e comunicazione della Regione Liguria) e con la legge della
Regione Liguria 17 agosto 2006, n. 25 (Disposizioni sull’autonomia del
Consiglio regionale Assemblea legislativa della Liguria), prevedendo, per gli
uffici stampa di Consiglio e Giunta che, nelle more dell’individuazione degli
specifici profili professionali per gli addetti agli uffici stampa delle
pubbliche amministrazioni, il personale ivi addetto venisse assunto solo con
contratto di lavoro subordinato a tempo determinato di durata sino a cinque
anni rinnovabili, con collocamento d’ufficio in aspettativa senza assegni, per
tutta la durata del rapporto di lavoro giornalistico, qualora la scelta fosse
ricaduta su dipendenti regionali con rapporto di lavoro a tempo determinato
(art. 2, comma 3, della legge reg. n. 3 del 2004 e art. 15, comma 3, della
legge reg. n. 25 del 2006).
Sostiene, dunque, la resistente che i
limiti fissati dall’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010 debbano
intendersi destinati ad incidere solamente sui rapporti "flessibili” messi in
atto liberamente, con piena discrezionalità, dalle amministrazioni pubbliche,
ma non anche su quelli assunti in tale forma necessariamente, come nel caso che
ne occupa in ossequio a norme precise di carattere speciale. Se così non fosse,
infatti, si concretizzerebbe una illegittima e grave compressione
dell’autonomia organizzativa delle Regioni, in quanto le stesse sarebbero in
pratica obbligate a rinunciare all’apporto professionale di tali diretti
collaboratori del Presidente e della Giunta regionale, nonché dell’ufficio di
presidenza del Consiglio regionale.
Sarebbero, oltre tutto, assurdamente
premiate tutte le Regioni che avessero, invece, arbitrariamente disposto
l’assunzione a tempo indeterminato dei giornalisti, applicando il contratto
giornalistico alla (ben diversa) realtà organizzativa regionale e
disattendendo, così, le speciali indicazioni di fonte statale, in quanto
affrancate, almeno su questo versante, dalle limitazioni poste dall’art. 9,
comma 28, del d.l. n. 78 del 2010.
L’esonero dal tetto di spesa ivi
previsto del personale degli uffici stampa troverebbe riscontro, infine, nel d.P.R. 21 settembre 2001, n. 422 (Regolamento recante norme
per l’individuazione dei titoli professionali del personale da utilizzare
presso le pubbliche amministrazioni per le attività di informazione e di
comunicazione e disciplina degli interventi formativi), là dove precisa in
dettaglio i requisiti cui è subordinato «l’esercizio delle attività di
informazione nell’ambito degli uffici stampa» (art. 3, commi 1 e 2) e dispone
che «le amministrazioni che hanno istituito un ufficio stampa provvedono,
nell’ambito della potestà organizzativa prevista dal proprio ordinamento, ad
adottare gli atti di organizzazione dell’ufficio in conformità alle
disposizioni di cui ai precedenti commi» (art. 3, comma 4).
3.– Con ricorso notificato a mezzo del
servizio postale il 22-24 febbraio 2012, depositato in cancelleria il 28
febbraio 2012 e iscritto al n. 37 del registro ricorsi dell’anno 2012 il
Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità
costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 97 e 117, commi secondo, lettera
l), e terzo, Cost., degli artt. 8, comma 8, e 18 della legge della Regione
Liguria 27 dicembre 2011, n. 38 (Disposizioni collegate alla legge finanziaria
2012).
3.1.– Premette il ricorrente che l’art.
8, comma 8, della legge regionale in oggetto, nel modificare l’art. 29 della
legge regionale n. 25 del 2006, ha introdotto, dopo la lettera d) del comma 2,
tra le altre, la lettera d quater), secondo cui, «sino all’espletamento delle
procedure concorsuali o di mobilità relative alla copertura dei posti previsti
nella dotazione organica dell’Ufficio stampa, l’Ufficio di Presidenza, nel
rispetto dei limiti di spesa di cui alla lettera d sexies),
su proposta del Presidente può individuare, mediante scelta diretta motivata in
relazione alla professionalità richiesta, unità di personale che sono assunte
con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, di durata sino al 30
giugno 2013, con applicazione del contratto di lavoro giornalistico».
3.1.1.– Ad avviso del Governo, tale
disposizione regionale, non prevedendo procedure di valutazione comparativa ad
evidenza pubblica, si porrebbe in netto contrasto con l’art. 36 del d.lgs. n.
165 del 2001, che, nel disciplinare l’utilizzo dei contratti di lavoro
flessibile, consente le assunzioni a tempo determinato esclusivamente per
rispondere a esigenze temporanee ed eccezionali e nel rispetto delle procedure
di reclutamento vigenti. Donde la violazione dei principi di uguaglianza e di
buon andamento dell’amministrazione di cui agli artt. 3 e 97 Cost., nonché
dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riserva alla competenza
esclusiva dello Stato l’ordinamento civile e, quindi, i rapporti di diritto
privato regolabili dal codice civile (contratti collettivi).
3.2.– L’art. 18 della legge regionale in
esame, nel sostituire l’art. 8, rubricato «Continuità nei rapporti di lavoro»,
della legge reg. n. 15 del 2011, prevede che «1. Le ferie maturate e non fruite
dai dipendenti che proseguono il loro rapporto di lavoro con la Regione Liguria
con forma contrattuale diversa, che comporti la cessazione dal rapporto di
lavoro in essere o il collocamento in aspettativa senza assegni [...], non
possono essere monetizzate e sono convertite in un numero di giorni parametrato
al valore economico della giornata lavorativa nell’ambito della nuova tipologia
contrattuale».
3.2.1.– Sottolinea, anzitutto, il
ricorrente che l’istituto delle ferie è rimesso alla contrattazione collettiva.
La citata disposizione regionale, pertanto, si porrebbe in evidente contrasto
con le disposizioni del Titolo III del d.lgs. n. 165 del 200l (Contrattazione
collettiva e rappresentanza sindacale), che obbliga al rispetto della normativa
contrattuale e delle procedure da seguire in sede di contrattazione. La norma,
peraltro, non sarebbe conforme neppure all’art. 18, commi 9 e 16, del contratto
collettivo stipulato il 6 luglio 1995 (come integrato dall’art. 10 di quello
sottoscritto il 5 ottobre 2001), secondo cui, fermo restando che le ferie non
sono monetizzabili, qualora, però, all’atto della cessazione dal rapporto di
lavoro quelle spettanti non siano state fruite per esigenze di servizio, si
procede al pagamento sostitutivo delle stesse. Pertanto, la norma, nella parte
in cui non consente la monetizzabilità delle ferie che, all’atto della
cessazione dal rapporto di lavoro, non siano state fruite per esigenze di
servizio, contrasterebbe con le disposizioni recate dal citato contratto
collettivo, provocando la violazione dei principi di ragionevolezza, d’imparzialità
e di buon andamento dell’amministrazione, sanciti dagli artt. 3 e 97 Cost.,
nonché dell’art.117, secondo comma, lettera l), Cost. che, come sopra già
evidenziato, riserva alla competenza esclusiva dello Stato la materia
dell’ordinamento civile e, quindi, i rapporti di diritto privato regolabili dal
codice civile (contratti collettivi).
4.– Con memoria depositata il 3 aprile
2012 si è costituita la Regione Liguria, chiedendo dichiararsi inammissibile
e/o respingersi il ricorso, strettamente legato a quello già proposto avverso
le disposizioni della legge reg. n. 15 del 2011.
4.1.– La resistente eccepisce,
anzitutto, l’inammissibilità del ricorso per difetto di motivazione e per
carenza di interesse al riguardo. Le argomentazioni svolte a sostegno dell’impugnativa
sarebbero, infatti, a suo avviso, così generiche e sommarie da non consentire
l’inequivoca determinazione dell’oggetto del giudizio e delle ragioni che
fondano i dubbi di legittimità costituzionale sollevati, né il vaglio, in
limine litis, attraverso l’esame della motivazione e
del suo contenuto, della sussistenza dello specifico, attuale e concreto
interesse a ricorrere, in relazione alle disposizioni impugnate, con il
corollario della grave compromissione delle prerogative del contraddittore. Esse,
inoltre, non avrebbero in alcun modo preso in considerazione le comunicazioni
intervenute tra l’amministrazione regionale e la Presidenza del Consiglio dei
ministri.
Il ricorso sarebbe, dunque,
inammissibile per la lacunosità delle argomentazioni, in particolare per
l’omessa considerazione del quadro normativo di riferimento, dei principi
fondamentali (anche comunitari) che ne derivano e dell’ipotesi di compatibilità
dell’art. 18 con l’ordinamento in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Anche con riferimento alle censure
sollevate avverso l’art. 8 della legge impugnata, la resistente denuncia
l’assoluta carenza ed erroneità dell’esame del quadro generale nel quale
s’iscrive la disposizione contestata, al punto da ignorare la recente, speciale
normativa statale relativa agli uffici stampa. Non verrebbero apprezzate le
competenze proprie delle Regioni: almeno quella regolamentare e organizzativa
(artt. 117, sesto comma, e 123 Cost.), correlata all’autonomia riconosciuta
alle Regioni (artt. 114 e 119 Cost.), né quelle concorrenti in tema di
«armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica» e
di «tutela e sicurezza del lavoro» e di «tutela della salute» (queste ultime
con riferimento all’art.18).
Sicché, non sarebbe dato comprendere se
sussista un interesse attuale e concreto a proporre l’impugnazione, in mancanza
del quale il ricorso stesso è inammissibile. Ed anzi parrebbe evidente il fine
della norma di evitare qualunque monetizzazione che comporti un esborso di
denaro per l’Amministrazione, per cui l’eventuale declaratoria di illegittimità
costituzionale della contestata disciplina regionale si risolverebbe in un
danno economico non trascurabile per le risorse pubbliche, senza arrecare alcun
vantaggio, giuridicamente rilevante, né per le finanze dello Stato, né per la
sua capacità gestionale in materia.
4.2.– La resistente rileva, altresì, la
intervenuta cessazione della materia del contendere ed il difetto di interesse
al ricorso, con riferimento ai rilievi concernenti l’art. 8, comma 8, della
legge regionale n. 38 del 2011, in merito alle modalità di copertura dei posti
previsti nella dotazione organica dell’ufficio stampa. Infatti, in data 28
febbraio 2012 è stata approvata dal Consiglio regionale della Liguria la legge
regionale n. 3, recante «Modifiche alla legge regionale 27 dicembre 2011, n. 38
(Disposizioni collegate alla legge finanziaria 2012)». Mentre il secondo comma
dell’art. 1 di tale ultima legge ha disposto l’inserimento delle parole «o con
convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa»
dopo le parole «a tempo determinato», alla lettera d sexies)
del comma 8 dell’art 8 della legge reg. n. 38 del 2011, il primo comma ha
disposto la sostituzione della lettera d quater) del medesimo comma 8 dell’art.
8 (oggetto del presente ricorso), che oggi dunque recita: «per rispondere alle
esigenze eccezionali connesse alle procedure concorsuali o di mobilità relative
alla copertura dei posti previsti nella dotazione organica dell’Ufficio stampa,
l’Ufficio di Presidenza, nel rispetto dei limiti di spesa di cui al comma 5,
lettera d sexies), e al comma 5 octiesdecies,
lettera a), su proposta del Presidente, può conferire, temporaneamente, e
comunque non oltre il 30 giugno 2013, contratti a tempo determinato ai sensi
dell’articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali
sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) e
successive modificazioni ed integrazioni, ovvero incarichi individuali, con contratti
di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ai sensi
dell’articolo 7, commi 6 e 6-bis, del D.Lgs. 165/2001
e successive modificazioni ed integrazioni; ai sensi dell’articolo 15, comma 2,
con regolamento di organizzazione, sono definiti i criteri e le modalità
seguiti dall’Ufficio di Presidenza nell’effettuazione delle procedure di
valutazione comparativa ad evidenza pubblica per la scelta di tale personale».
4.3.– Secondo la Regione Liguria, le
questioni promosse sono, comunque, infondate
4.3.1.– Premette la resistente che
l’impugnato art. 8, comma 8, introducendo diverse modifiche alla legge reg.
Liguria n. 25 del 2006, ha inserito le lettere da d bis) a d septies) al comma 2 dell’art. 29 (Disposizioni finali e
transitorie) di tale legge; in particolare prevedendo, alla lettera d quater),
sino all’espletamento delle procedure concorsuali o di mobilità previste, che
l’ufficio di presidenza possa «individuare, mediante scelta diretta motivata in
relazione alla professionalità richiesta, unità di personale che sono assunte
con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, di durata sino al 30
giugno 2013 […]». Per comprendere la portata della norma transitoria
introdotta, la difesa regionale richiama le principali disposizioni contenute
nella legge n. 150 del 2000 e nel d.P.R. n. 422 del
2001, che disciplinano gli uffici stampa e che costituiscono principi
fondamentali in materia di organizzazione delle attività di informazione e
comunicazione (art. 10), aventi carattere di specialità rispetto alla generale
disciplina dettata dal d.lgs. n. 165 del 2001. Ribadisce di avere dato
attuazione ai principi fondamentali, posti dalla legislazione speciale dello
Stato in materia di uffici stampa, con le leggi reg. Liguria n. 3 del 2004 e n.
25 del 2006, prevedendo, per gli Uffici stampa di Consiglio e Giunta che, in
attesa dell’individuazione degli specifici profili professionali per gli
addetti agli uffici stampa delle pubbliche amministrazioni, il personale ivi
addetto venga assunto solo con contratto di lavoro subordinato a tempo
determinato di durata sino a cinque anni rinnovabili, con collocamento
d’ufficio in aspettativa senza assegni, per tutta la durata del rapporto di
lavoro giornalistico, qualora la scelta ricada su dipendenti regionali con
rapporto di lavoro a tempo indeterminato (art. 2, comma 3, della legge
regionale n. 3 del 2004 e art. 15, comma 3, della legge regionale n. 25 del
2006).
Evidenzia che l’art. 15, comma 3, della
legge regionale n. 25 del 2006 prevedeva la possibilità di individuare,
mediante scelta diretta motivata in relazione alla professionalità richiesta,
il personale da assumere con contratto di lavoro a tempo determinato (in numero
di cinque) e che questa disposizione, proprio a seguito del primo ricorso
proposto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri di cui sopra si è detto, è
stata sostituita con il primo comma del qui censurato art. 8, prevedente
l’assunzione dei giornalisti (in numero massimo di tre) con rapporto di lavoro
a tempo indeterminato (solo per il capo ufficio stampa con rapporto a tempo
determinato), attraverso procedure di mobilità o l’effettuazione di pubblici
concorsi per esami. Ricorda che con il precedente ricorso non era stata
contestata la possibilità del ricorso alla chiamata diretta motivata dei
giornalisti, bensì unicamente la disposizione di cui all’art. 9, che prevedeva
che la spesa per il personale degli uffici stampa non concorresse ai fini della
determinazione dei limiti di spesa del personale di cui al d.l. n. 78 del 2010.
In occasione della modifica complessiva qui in esame (previsione di assunzione
di un massimo di tre giornalisti con rapporto a tempo indeterminato, attraverso
mobilità o procedura concorsuale), determinata dall’impugnativa statale di cui
al primo ricorso n. 78 del 2011, sarebbe stato correlativamente necessario
inserire nelle disposizioni transitorie di cui all’art. 29 della legge reg. n.
25 del 2006, e dunque solo «fino all’espletamento delle procedure concorsuali o
di mobilità», la possibilità di individuazione («mediante scelta diretta
motivata in relazione alla professionalità richiesta») di personale da assumere
con contratto di lavoro a tempo determinato (sino al 30 giugno 2013).
Deduce la resistente che tale previsione
transitoria, nella sua ontologica eccezionalità, non vale a vulnerare i
principi richiamati. Se così fosse, si concretizzerebbe, a suo parere, una
illegittima e grave compressione dell’autonomia organizzativa delle Regioni in
quanto le stesse sarebbero in pratica obbligate a rinunciare all’apporto
professionale di tali diretti collaboratori dell’ufficio di presidenza del
Consiglio regionale, con violazione del principio di buon andamento
dell’amministrazione.
4.3.2.– Quanto all’art. 18 comma 1,
della legge reg. n. 38 del 2011, la difesa della Regione Liguria evidenzia che
anch’esso è stato emanato a seguito della proposizione del già richiamato
ricorso iscritto al n. 78 del relativo registro del 2011, con il quale il
Presidente del Consiglio dei ministri aveva impugnato l’art. 8, rubricato
«Continuità nei rapporti di lavoro», della legge reg. Liguria n. 15 del 2011,
ora in tal modo sostituito dalla disposizione in oggetto. Con il suo precedente
ricorso, infatti, lo Stato, muovendo dalla equiparazione (a parere della
resistente ingiustificata) tra la "conversione” delle ferie maturate e non
fruite per ragioni di servizio – disciplinata dalla norma regionale (al
passaggio a diverso incarico) – e la loro "monetizzazione”, aveva censurato il
citato art. 8 per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., ritenendo che
comportasse «ulteriori casi di monetizzazione delle ferie per i dipendenti
della Regione al di fuori di quelli già previsti dalla normativa statale di
riferimento», costituenti principi fondamentali in materia di coordinamento
della finanza pubblica. La difesa regionale sostiene, invece, che la
"monetizzazione” sottesa alla norma impugnata non è altro che una
determinazione meramente teorica del compenso sostitutivo, necessaria al solo
fine di commisurare i giorni di ferie maturati nel corso del primo rapporto e
ancora non fruiti al valore giornaliero della nuova prestazione lavorativa,
onde "convertirli” nel numero di giorni di ferie (corrispondente al diverso
valore economico acquisito) da godere nell’ambito del nuovo rapporto di lavoro.
La nuova formulazione della norma (art.
18 della legge reg. n. 38 del 2011) sarebbe stata introdotta proprio per
chiarire che l’oggetto nel quale alla sua stregua si opera la conversione è
costituito, non già da indennità sostitutive, ma dai giorni di ferie fruibili
nel nuovo rapporto, ricalcolati mediante il loro apprezzamento economico
(meramente virtuale, appunto) sulla base della relativa disciplina. Tale
interpretazione della disposizione regionale in questione sarebbe, del resto,
l’unica pienamente rispettosa della disciplina di cui alle sopra citate
direttive europee e della normativa attuativa di legge nazionale, le quali, da
un lato, confermerebbero l’eccezionalità dell’istituto della monetizzazione;
dall’altro configurerebbero «il diritto di ogni lavoratore alle ferie annuali
retribuite [...] come principio particolarmente importante del diritto sociale
comunitario, al quale non si può derogare [...]», dovendosi quindi riconoscere
che «l’effetto positivo delle ferie sulla sicurezza e sulla salute del
lavoratore ??[...] rimane interessante sotto tale profilo anche se sia goduto
in un momento successivo» (sentenza
della Corte di giustizia 6 aprile 2006, causa C-124/05, Federatie
Nederlandse Vakbeweking
contro Staat der Nederlander).
Dalla portata della norma regionale a
suo avviso ingiustamente censurata, la resistente desume che essa non vada ad
incidere la materia dell’ordinamento civile, di competenza esclusiva del
legislatore statale, ribadendo che non solo non urta contro le disposizioni dei
contratti collettivi nazionali di lavoro per il personale, anche con qualifica
dirigenziale, del comparto delle Regioni e delle Autonomie locali, che nulla
dispongono al riguardo, ma anzi dà loro corpo e continuità, nel segno della
assoluta eccezionalità della monetizzazione delle ferie non godute. Ne
deriverebbe l’infondatezza della censura concernente l’art. 117, secondo comma,
lettera l), Cost.
4.3.2.1.– Sarebbe, in ogni caso,
evidente che la monetizzazione al momento del collocamento in aspettativa senza
assegni costituisca una mera "anticipazione” del pagamento sostitutivo che
spetterebbe alla cessazione del rapporto (o meglio della catena di diversi
rapporti intrattenuti nel tempo tra la l’amministrazione ed il dipendente);
anticipazione senza significative conseguenze economiche ed esercizio legittimo
dell’autonomia regionale.
4.3.3.– La resistente reputa, altresì,
infondato il rilievo concernente la violazione dei principi di uguaglianza e di
buon andamento ed imparzialità dell’amministrazione, di cui agli artt. 3 e 97
Cost., poiché, in ragione del tenore sostanziale della disposizione, come già
illustrato, essa non modifica l’istituto della monetizzazione, non prevede
esborsi di denaro e non introduce alcuna disparità di trattamento sul punto.
4.3.4.– Infine, con particolare riguardo
al contrasto con i principi fondamentali di coordinamento della finanza
pubblica, sub specie di violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost. la
resistente richiama quanto detto sopra in ordine alla mancanza di erogazioni di
denaro per effetto della disposizione in esame, viceversa destinata a
consentire notevoli risparmi all’amministrazione regionale.
5.– Con atto depositato il 17 maggio
2012 il Presidente del Consiglio dei ministri ha rinunciato all’impugnazione
della legge reg. Liguria n. 38 del 2011 limitatamente all’art. 8, comma 8.
6.– Con atto depositato il 25 febbraio
2013 la Regione Liguria ha accettato l’anzidetta rinuncia parziale al ricorso.
7.– Con le memorie depositate in
prossimità dell’udienza le parti hanno ulteriormente argomentato le proprie
posizioni, anche alla luce dello ius superveniens di cui all’art. 18, comma 2, della legge reg.
n. 38 del 2011, che ha abrogato l’art. 9 della legge n. 15 del 2011, e
dell’art. 5, comma 8, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni
urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai
cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore
bancario), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della
legge 7 agosto 2012, n. 135, come integrato dall’art. l, comma 55, della legge
24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013). Tale disposizione di legge
statale prevede che «Le ferie, i riposi ed i permessi spettanti al personale,
anche di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche inserite nel
conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate
dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell’articolo 1, comma
2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché delle autorità indipendenti ivi
inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob), sono
obbligatoriamente fruiti secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e
non danno luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici
sostitutivi. La presente disposizione si applica anche in caso di cessazione
del rapporto di lavoro per mobilità, dimissioni, risoluzione, pensionamento e
raggiungimento del limite di età. Eventuali disposizioni normative e
contrattuali più favorevoli cessano di avere applicazione a decorrere
dall’entrata in vigore del presente decreto. La violazione della presente
disposizione, oltre a comportare il recupero delle somme indebitamente erogate,
è fonte di responsabilità disciplinare ed amministrativa per il dirigente
responsabile. […]».
In conseguenza delle evidenziate
sopravvenienze, il Presidente del Consiglio dei ministri afferma di avere
manifestato formalmente il proprio intendimento di rinunciare all’impugnativa
dell’art. 9 della legge reg. Liguria n. 15 del 2011 e dell’art. 8, comma 8,
della legge reg. Liguria n. 38 del 2011, ma ribadisce l’integrità del proprio
interesse a che questa Corte si pronunci con una sentenza dichiarativa
dell’illegittimità sia del testo originario dell’art. 8 della legge reg. n. 15
del 2011, sia della versione introdotta con l’art. 18, comma 1, della legge
reg. n. 38 del 2011, giacché, nonostante l’intervenuta modificazione della
lettera della norma, la regola con essa dettata dal legislatore regionale in
tema di monetizzazione delle ferie non godute sarebbe rimasta la stessa. Lo ius superveniens di cui all’art.
5, comma 8, del d.l. n. 95 del 2012 non avrebbe mutato i termini della
questione, perché, da un lato, le previsioni della contrattazione collettiva da
esso incise non costituirebbero affatto il parametro di riferimento individuato
in ricorso, invero integrato dall’art. 117 Cost., laddove riserva al solo
legislatore statale la regolamentazione di ogni aspetto concernente le ferie
spettanti al lavoratore subordinato; dall’altro, perché anche la nuova
disciplina di fonte statale sarebbe diametralmente in conflitto con quella di
cui alla normativa regionale impugnata e tale da rafforzare ulteriormente
l’interesse del ricorrente alla caducazione di quest’ultima.
La difesa regionale ritiene, invece, che
tale innovativa disposizione comporti la disapplicazione delle norme (anche)
contrattuali richiamate dal ricorrente. Ne evince la cessazione della materia
del contendere e/o il difetto sopravvenuto d’interesse all’impugnazione delle
disposizioni regionali in tema di ferie del personale, in quanto sarebbe stato
proprio il legislatore statale a sancire il principio del divieto assoluto di
corresponsione di trattamenti economici sostitutivi, con il superamento delle
"disposizioni contrattuali più favorevoli”. Sicché, la Regione Liguria, nelle
conclusioni da ultimo rassegnate, chiede, in via principale, che venga
dichiarata: a) quanto alle questioni relative all’art. 9 della legge reg. n. 15
del 2011, la cessazione della materia del contendere, per sopravvenuta
abrogazione e mancanza di applicazione interinale; b) quanto alle questioni
relative all’art. 8 della legge reg. n. 15 del 2011: b1) la cessazione della
materia del contendere, perché tale articolo non ha avuto applicazione ed è
stato sostituito, a breve distanza di tempo, dall’art. 18 (conforme a
Costituzione) della legge reg. n. 38 del 2011; b2) ovvero, l’inammissibilità
del ricorso per difetto di interesse, non incidendo la norma impugnata sulla
finanza pubblica; c) quanto alle questioni relative all’art. 8, comma 8, della
legge reg. n. 38 del 2011, l’estinzione del processo, per la rinuncia – accettata
– all’impugnazione; d) quanto alle questioni relative all’art. 18 della legge
reg. n. 38 del 2011, nell’ordine: d.1) la cessazione della materia del
contendere o l’inammissibilità del ricorso, per sopravvenuta carenza di
interesse, dato lo ius superveniens
di cui all’art. 5, comma 8, del d.l. n. 95 del 2012; d.2) l’inammissibilità del
ricorso, per originario difetto d’interesse; d3) l’infondatezza o
l’inammissibilità del ricorso, per contraddittorietà e lacunosità delle
argomentazioni, per l’erronea individuazione e per l’erronea interpretazione
della norma regionale.
1.– Con un primo ricorso, iscritto al n.
78 del relativo registro dell’anno 2011, il Presidente del Consiglio dei
ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale, in riferimento
agli artt. 3, 97 e 117, commi secondo, lettera l), e terzo, della Costituzione,
degli a rtt. 8 e 9 della legge della Regione Liguria
28 giugno 2011, n. 15 (Disposizioni di manutenzione e adeguamento della
normativa regionale).
1.1.– L’art. 8 della suddetta legge
regionale prevede, nel suo unico comma, che «1. Nei casi in cui occorra
garantire la continuità del servizio, le ferie dei dipendenti che proseguono il
loro rapporto di lavoro con la Regione Liguria con forma contrattuale diversa
che comporti la cessazione o il collocamento in aspettativa senza assegni per
tutta la durata dell’incarico possono essere convertite, previa intesa con il
dipendente interessato, garantendo, anche dal punto di vista teorico,
l’invarianza della spesa finale». Il Governo sostiene che la disposizione
regionale impugnata incide sulla disciplina delle ferie, fondamentale aspetto
del contratto di diritto privato che lega i dipendenti pubblici regionali –
attualmente privatizzati – all’ente di appartenenza e che risulta regolata
dalla contrattazione collettiva. Sicché, rientrando la regolamentazione di
aspetti inerenti al rapporto di lavoro dei lavoratori pubblici in regime
contrattualizzato nella specifica competenza esclusiva statale dell’ordinamento
civile (come più volte affermato da questa Corte), la disposizione regionale
impugnata violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
Il censurato art. 8 della legge
regionale in oggetto, inoltre, si porrebbe in contrasto con il principio di
eguaglianza di cui all’art. 3 Cost. e con quelli di buon andamento e
imparzialità dell’amministrazione di cui all’art. 97 Cost., differenziando in
modo ingiustificato la disciplina delle ferie dei dipendenti della Regione
Liguria rispetto a quella di tutte le altre Regioni.
La medesima disposizione regionale,
infine, consentendo la conversione delle ferie oltre i casi previsti dal
contratto collettivo di riferimento, urterebbe contro i principi di
coordinamento della finanza pubblica di cui all’art. 117, terzo comma, Cost. In
particolare, con l’art. l, comma 557, della legge 27 dicembre 2006, n. 296
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
– legge finanziaria 2007), come da ultimo sostituito dal comma 7 dell’art. 14
del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di
stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito in legge,
con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122,
che obbliga le Regioni alla riduzione delle spese per il personale, nonché, con
l’art. 76, comma 6, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni
urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6
agosto 2008, n. 133, con cui il legislatore statale ha imposto agli enti
pubblici una rigorosa programmazione di spesa per il personale, fissando pure
una disciplina vincolistica per tale tipologia di spesa.
1.2.– Viene impugnato, altresì, l’art. 9
della legge reg. Liguria n. 15 del 2011, secondo cui dal 1° gennaio 2012 le
spese per il personale preposto agli uffici stampa, conformati dalla normativa
regionale ai sensi dell’art. 9 della legge 7 giugno 2000, n. 150 (Disciplina
delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche
amministrazioni) e successive modificazioni ed integrazioni, non concorrono ai
fini della determinazione dei limiti di spesa del personale e di quelli di cui
all’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78, del 2010. La norma regionale in esame, ad
avviso del ricorrente, introduce una evidente deroga al limite previsto in sede
di legislazione statale, in quanto stabilisce che una determinata quota di
personale non concorra al computo della spesa ai fini del raggiungimento del
tetto massimo di spesa sopra descritto. Donde la lesione dei principi
fondamentali di coordinamento della finanza pubblica di cui all’art. 117, terzo
comma, Cost.
L’impugnato art. 9, inoltre, si porrebbe
in contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost., venendo meno sia al principio di
eguaglianza che a quello di imparzialità, in ragione dei profili di disparità
di trattamento introdotti in relazione ai vincoli di spesa cui sono assoggettate
le altre Regioni ai sensi della disciplina statale di cui al succitato art. 9,
comma 28, del d.l. n. 78 del 2010.
2.– Nelle more del giudizio, l’art. 9
della legge reg. Liguria n. 15 del 2011 è stato abrogato – poco prima del 1°
gennaio 2012, data di decorrenza della sua efficacia – dall’art. 18, comma 2,
della legge della Regione Liguria 27 dicembre 2011, n. 38 (Disposizioni
collegate alla legge finanziaria 2012), entrata in vigore il 28 dicembre 2011.
Tant’è che, alla luce di detto ius superveniens, nella memoria di costituzione la resistente
ha eccepito, tra l’altro, la intervenuta cessazione della materia del
contendere e il difetto di interesse al ricorso sul punto.
3.– Con successivo ricorso, iscritto al
n. 37 del relativo registro dell’anno 2012, il Presidente del Consiglio dei
ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale, in riferimento
agli artt. 3, 97 e 117, commi secondo, lettera l), e terzo, Cost., degli artt.
8, comma 8, e 18, comma 1, della citata legge reg. Liguria n. 38 del 2011.
3.1.– L’art. 18, comma 1, della legge
regionale in esame, nel sostituire il già impugnato (con il primo ricorso) art.
8 della legge regionale n. 15 del 2011, prevede che «1. Le ferie maturate e non
fruite dai dipendenti che proseguono il loro rapporto di lavoro con la Regione
Liguria con forma contrattuale diversa, che comporti la cessazione dal rapporto
di lavoro in essere o il collocamento in aspettativa senza assegni per tutta la
durata dell’incarico, non possono essere monetizzate e sono convertite in un
numero di giorni parametrato al valore economico della giornata lavorativa
nell’ambito della nuova tipologia contrattuale».
Sostiene il ricorrente, anche in
riferimento a detta riformulazione della norma, che l’istituto delle ferie è
rimesso alla contrattazione collettiva e ne desume che la disposizione
regionale ora censurata, come quella originaria previamente impugnata, collide,
pertanto, sia contro le disposizioni del Titolo III del decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze
delle amministrazioni pubbliche), sia contro le previsioni della specifica
contrattazione collettiva di riferimento. Di qui la denunciata violazione
dell’art.117, secondo comma, lettera l), Cost. (ordinamento civile), come pure
dei principi di ragionevolezza, di imparzialità e di buon andamento
dell’amministrazione, sanciti dagli artt. 3 e 97 Cost.
3.2.– Quanto poi all’art. 8, comma 8,
della medesima legge regionale n. 38 del 2011, esso ha modificato l’art. 29 della
legge regionale n. 25 del 2006, introducendo, al comma 2, la lettera d quater,
secondo cui «sino all’espletamento delle procedure concorsuali o di mobilità
relative alla copertura dei posti previsti nella dotazione organica
dell’Ufficio stampa, l’Ufficio di Presidenza, nel rispetto dei limiti di spesa
di cui alla lettera d sexies, su proposta del
Presidente può individuare, mediante scelta diretta motivata in relazione alla
professionalità richiesta, unità di personale che sono assunte con contratto di
lavoro subordinato a tempo determinato, di durata sino al 30 giugno 2013, con
applicazione del contratto di lavoro giornalistico».
Ad avviso del Governo, tale disposizione
regionale, non prevedendo procedure di valutazione comparativa ad evidenza
pubblica, si pone in contrasto con l’art. 36 del d.lgs. n.165 del 2001, che,
nel disciplinare l’utilizzo dei contratti di lavoro flessibile, consente le
assunzioni a tempo determinato esclusivamente per esigenze temporanee ed
eccezionali e nel rispetto delle procedure di reclutamento vigenti. Donde la
denunciata violazione dei principi di uguaglianza e buon andamento
dell’amministrazione di cui agli artt. 3 e 97 Cost., nonché dell’art. 117,
secondo comma, lettera l), Cost., che riserva l’ordinamento civile e, quindi,
anche i rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile (contratti
collettivi), alla competenza esclusiva dello Stato.
4.– Con atto depositato il 17 maggio
2012, il Presidente del Consiglio dei ministri ha rinunciato all’impugnazione
dell’art. 8, comma 8, della legge reg. n. 38 del 2011 e con atto depositato il
25 febbraio 2013 la Regione Liguria ha accettato l’anzidetta rinuncia parziale
al ricorso.
5.– La difesa regionale, nelle memorie depositate
nell’imminenza dell’udienza, ha insistito nell’eccezione di difetto d’interesse
a ricorrere in conseguenza dello ius superveniens costituito dall’art. 5, comma 8, del
decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della
spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di
rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135, come
integrato dall’art. l, comma 55, della legge 24 dicembre 2012, n. 228
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
– Legge di stabilità 2013). Tale disposizione prevede che «Le ferie, i riposi
ed i permessi spettanti al personale, anche di qualifica dirigenziale, delle
amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della
pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di
statistica (ISTAT) ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre
2009, n. 196, nonché delle autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione
nazionale per le società e la borsa (Consob), sono obbligatoriamente fruiti
secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e non danno luogo in nessun
caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi. La presente
disposizione si applica anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro per
mobilità, dimissioni, risoluzione, pensionamento e raggiungimento del limite di
età. Eventuali disposizioni normative e contrattuali più favorevoli cessano di
avere applicazione a decorrere dall’entrata in vigore del presente decreto. La
violazione della presente disposizione, oltre a comportare il recupero delle
somme indebitamente erogate, è fonte di responsabilità disciplinare ed amministrativa
per il dirigente responsabile […]».
Ad avviso della Regione Liguria, dunque,
la disciplina statale che rinvia alla contrattazione collettiva, evocata dal
Governo quale "parametro interposto” in relazione alla dedotta lesione della
competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, sarebbe
stata disapplicata dallo ius superveniens
anzidetto, a suo dire radicalmente ostativo a qualunque forma di
monetizzazione, persino in caso di cessazione del rapporto di lavoro. Sicché,
alla luce del mutato quadro normativo di riferimento, il Governo non avrebbe
più interesse alla caducazione di una normativa, come quella regionale
impugnata, intesa a favorire l’effettivo godimento delle ferie del personale
regionale (anche nel caso di "prosecuzione” del rapporto di lavoro in altra
forma) e, quindi, fondamentalmente coerente con la nuova legislazione statale,
oltre che con quella di derivazione europea.
6.– In considerazione della loro
connessione oggettiva e soggettiva, i giudizi relativi alle disposizioni
regionali suindicate devono essere riuniti, per essere decisi con un’unica
pronuncia.
7.– Dev’essere, innanzitutto, dichiarata
cessata la materia del contendere con riguardo alle censure proposte dal
Governo in relazione all’art. 9 della legge reg. Liguria n. 15 del 2011. La
disposizione censurata, destinata ad operare dal 1° gennaio 2012, è stata
infatti abrogata dall’art. 18, comma 2, della legge reg. Liguria n. 38 del
2011, entrata in vigore il 28 dicembre 2011. La norma impugnata, quindi, è stata
espunta dalla legislazione regionale prima che potesse esplicare alcun effetto
(in casi analoghi, sentenze n. 300 del 2012
e n. 341 del
2009). Il che consente di ritenere pacifica la sua mancata applicazione
medio tempore. Tanto è vero che, con l’ultima memoria depositata in giudizio,
la difesa dello Stato ha dichiarato di avere «formalizzato il proprio
intendimento di rinunciare all’impugnativa [de qua]», con il che, pur in
carenza di un atto formale di rinuncia, ha inteso sostanzialmente manifestare
«di non avere più interesse ad una pronuncia nel merito dopo l’avvenuta
abrogazione […] della disposizione che qui viene in rilievo» (per una
fattispecie simile, sentenza n. 234 del
2009).
8.– Ancora preliminarmente, va rilevato
che, dopo il deposito del ricorso, il ricorrente ha rinunciato, in questo caso
in modo formale, all’impugnazione dell’art. 8, comma 8, della legge reg.
Liguria n. 38 del 2011 e che tale rinuncia è stata ritualmente accettata dalla
Regione Liguria. Ne consegue l’estinzione del giudizio relativamente alle
questioni aventi ad oggetto la predetta disposizione censurata (tra le altre,
su tale principio, sentenze n. 77 del 2013
e n. 262 del
2012).
9.– Le questioni di legittimità
dell’art. 8 della legge reg. Liguria n. 15 del 2011 e dell’art. 18, comma 1,
della legge reg. Liguria n.38 del 2011 possono essere esaminate congiuntamente,
trattandosi di due versioni successive della medesima disposizione in tema di
ferie del personale regionale.
Difatti, l’art. 8 della legge reg.
Liguria n. 15 del 2011, in entrambe le formulazioni sottoposte all’esame di
questa Corte (quella originaria e quella novellata dall’art. 18, comma 1, della
legge reg. n. 38 del 2011), regola il trattamento feriale del personale
regionale in occasione della "prosecuzione” del rapporto di lavoro con l’ente
territoriale in altra forma giuridica.
In particolare, la normativa regionale
in esame disciplina tutte quelle ipotesi in cui al rapporto di lavoro a tempo
indeterminato intercorrente fra il singolo e la Regione si venga a sovrapporre,
per effetto del conferimento di incarico e di conseguente collocamento in
aspettativa del destinatario, un altro rapporto di lavoro a tempo determinato.
In situazioni del genere, potrebbe verificarsi che il singolo lavoratore, già
collocato in aspettativa in virtù del conferimento di un incarico a termine,
non sia riuscito a fruire dell’intero periodo feriale cui avrebbe avuto
diritto, e ciò in relazione alla disciplina riguardante il rapporto di lavoro a
tempo determinato instaurato a seguito del predetto incarico prima della sua
scadenza ("cessazione”). Oppure, all’opposto, che il dipendente regionale che
venga destinato ad altro incarico non abbia goduto di tutte le ferie maturate,
fino al momento dell’attribuzione di esso, durante lo svolgimento del precorso
rapporto di lavoro a tempo indeterminato ("collocamento in aspettativa senza
assegni per tutta la durata dell’incarico”).
In tali evenienze, le norme regionali
impugnate istituiscono, quindi, un meccanismo di conversione, alla stregua del
quale le ferie maturate e non fruite nel primo rapporto, ragguagliate al valore
di esse nel nuovo regime, sono convertite (ricalcolate) nel numero di giornate
che in tal modo ne risulta; così da poter essere godute nel corso dello
svolgimento del secondo rapporto. Il dettato originario dell’art. 8 della legge
reg. n. 15 del 2011 contempla la possibilità di un’intesa con il dipendente
interessato, mentre il disposto (integralmente sostitutivo del primo) dell’art.
18, comma 1, della legge n. 38 del 2011 non prevede alternative di sorta.
9.1.– Dev’essere, a questo punto,
disattesa la richiesta della Regione Liguria di dichiarare cessata la materia
del contendere relativamente alle questioni concernenti l’art. 8 della legge
reg. Liguria n. 15 del 2011, sul presupposto della sostituzione integrale del
suo testo, a distanza di circa sei mesi, da parte dell’art. 18, comma 1, della
legge reg. n. 38 del 2011 (entrata in vigore il 28 dicembre 2011), anch’esso
impugnato dal Governo con successivo ricorso, e del fatto che, a detta della
difesa regionale, non avrebbe «avuto alcuna applicazione interinale».
Non vi sono, invero, elementi oggettivi
dai quali si possa inferire con ragionevole certezza che la disposizione de qua
non abbia avuto medio tempore alcuna applicazione. Anzi, proprio perché si
tratta di una misura di efficacia immediata ("conversione” delle ferie ai fini
della conservazione di esse nel "nuovo” rapporto di lavoro con la Regione),
tutto lascia supporre che essa abbia potuto avere applicazione nel corso del
semestre di vigenza (per una ipotesi similare, sentenza n. 19 del
2013). E, comunque, non consta univocamente che essa non abbia avuto nelle
more alcuna concreta operatività (per un rilievo analogo, sentenza n. 307 del
2009).
9.2.– L’eccezione d’inammissibilità
delle questioni in esame, sollevata dalla difesa regionale per alcuni profili
di genericità e contraddittorietà delle censure articolate del ricorrente,
dev’essere rigettata. Il nucleo essenziale dell’impugnazione del Governo è
sufficientemente perspicuo. Esso si condensa nella dedotta occupazione da parte
del legislatore regionale di uno spazio riservato alla competenza legislativa
esclusiva dello Stato, in quanto afferente alla materia dell’ordinamento
civile, e sorregge l’interesse del ricorrente alla caducazione della normativa
censurata.
9.3.– L’eccezione di sopravvenuto
difetto d’interesse del Governo, sviluppata dalla difesa regionale nelle
memorie depositate nel corso del giudizio, dev’essere rigettata.
È pur vero che, con il citato art. 5,
comma 8, del d.l. n. 95 del 2012, alla disciplina contrattuale in tema di
("monetizzazione” delle) ferie – evocata dal Governo a fondamento dell’asserita
lesione della sfera dell’ordinamento civile (riservata alla competenza
esclusiva dello Stato) – si sono sovrapposte nuove regole direttamente dettate
dalla legge statale.
A supporto del persistente interesse del
Governo alla presente impugnazione, dev’essere, tuttavia, osservato che, nella
specie, il mutato quadro normativo sopravvenuto alla proposizione del ricorso
non ha efficacia retroattiva e non può, comunque, considerarsi, non riguardando
direttamente le norme impugnate, satisfattivo della pretesa della parte
ricorrente (per una fattispecie simile, sentenza n. 159 del
2001).
In questo caso, dunque, la legittimità
della norma impugnata dev’essere valutata al momento della proposizione dei
ricorsi, quando cioè la normativa interposta di matrice negoziale collettiva
era ancora interamente in vigore.
Non ricorrono, quindi, i presupposti per
una pronuncia di sopravvenuta carenza d’interesse del ricorrente.
Inoltre, anche in base alla normativa
sopravvenuta, le ferie del personale dipendente dalle amministrazioni
pubbliche, ivi comprese quelle regionali, rimangono obbligatoriamente fruite
«secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti», tuttora modellati dalla
contrattazione collettiva dei singoli comparti. E la stessa attuale preclusione
delle clausole contrattuali di miglior favore circa la "monetizzazione” delle
ferie non può prescindere dalla tutela risarcitoria civilistica del danno da
mancato godimento incolpevole. Tant’è che nella prassi amministrativa si è
imposta un’interpretazione volta ad escludere dalla sfera di applicazione del
divieto posto dall’art. 5, comma 8, del d.l. n. 95 del 2012 «i casi di
cessazione dal servizio in cui l’impossibilità di fruire le ferie non è
imputabile o riconducibile al dipendente» (parere del Dipartimento della
funzione pubblica 8 ottobre 2012, n. 40033). Con la conseguenza di ritenere
tuttora monetizzabili le ferie in presenza di «eventi estintivi del rapporto
non imputabili alla volontà del lavoratore ed alla capacità organizzativa del
datore di lavoro» (nota Prot. n. 0094806 del
Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato).
Permane, quindi, un regime delle ferie
di fonte contrattuale collettiva e, più in generale, di diritto comune,
rispetto al quale sussiste un interesse anche attuale del Governo a verificare
la rispondenza delle disposizioni regionali censurate in tema di "conversione”.
Del resto, anche il nuovo regime delle
ferie introdotto con l’art. 5, comma 8, del d.l. n. 95 del 2012 può essere
riconducibile ad una delle competenze statali di cui il Governo denuncia
l’invasione, ossia a quella esclusiva in materia di ordinamento civile ovvero a
quella concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica. Al primo
ambito, perché i rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche
amministrazioni trovano la loro fonte costitutiva nel contratto individuale di
lavoro, di guisa che l’appartenenza al diritto comune della disciplina di essi,
come di qualunque altro contratto, non è esclusa dall’intervento regolativo
della legge; nella specie, oltre tutto, in coerenza con l’espressa previsione,
tra le fonti, non solo di quella contrattuale, ma anche «delle disposizioni del
capo I, titolo II, del libro V del codice civile e delle leggi sui rapporti di
lavoro subordinato nell’impresa, fatte salve le diverse disposizioni contenute
nel presente decreto […]» e delle disposizioni di legge (regolamento o statuto)
introduttive di discipline specificamente destinate ai lavoratori del settore
pubblico, eventualmente derogabili da parte di successivi contratti o accordi
collettivi (art. 2, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 165 del 2001). Al secondo
ambito, perché l’esclusione di ogni forma di "monetizzazione” delle ferie, in
chiave contraria a un pregresso ricorso incontrollato alla stessa, è inserita
in un testo normativo di riduzione e razionalizzazione della spesa pubblica.
Sicché, il Governo conserva interesse all’impugnazione in oggetto malgrado
l’anzidetto ius superveniens.
Non è affatto scontato, infatti, che la nuova disciplina di fonte statale sia
tale da riassorbire il denunciato conflitto con i parametri costituzionali
evocati delle disposizioni regionali sulla "conversione” delle ferie maturate e
non godute all’esito del primo rapporto di lavoro con la Regione, onde
assicurarne la fruizione "illimitata” durante lo svolgimento di quello
successivo.
9.4.– Nel merito, tutte le questioni
predette sono fondate per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l),
Cost.
L’istituto delle ferie è parte
integrante del trattamento del prestatore di lavoro subordinato, pubblico o
privato che sia. Stante l’intervenuta privatizzazione del rapporto di lavoro alle
dipendenze delle pubbliche amministrazioni, che interessa, altresì, il
personale delle Regioni, la materia è regolata dalla legge dello Stato e, in
virtù del rinvio da essa operato, alla contrattazione collettiva. La Regione,
legiferando in tema di ferie, ha invaso, quindi, la sfera di esclusiva
competenza legislativa dello Stato in materia di «ordinamento civile».
La giurisprudenza di questa Corte
sull’individuazione dell’ambito di competenza del trattamento (economico e
normativo) dei dipendenti regionali è costante: «essendo il rapporto di impiego
di tali lavoratori ormai contrattualizzato, la sua disciplina […] rientra nella
materia dell’ordinamento civile, riservata alla competenza esclusiva statale
(sentenze n. 339
e n. 77 del 2011)»
(sentenza n. 290
del 2012; nello stesso senso, ex plurimis, sentenze n. 215 e n. 213 del 2012,
nonché n. 324
del 2010). Per sostenere l’assunto contrario la difesa regionale
erroneamente richiama, tra le altre, la sentenza n. 18 del
2013, la quale, invece, chiaramente ribadisce che la disciplina del
trattamento economico (nella specie dei dirigenti regionali di area funzionale
della Regione Calabria) dev’essere ascritta alla materia dell’ordinamento
civile.
Peraltro, l’eccepita consonanza delle
disposizioni regionali censurate con la contrattazione collettiva per il
personale del comparto delle Regioni e delle Autonomie locali (artt. 18, commi
9 e 16, del contratto collettivo nazionale di lavoro stipulato il 6 luglio
1995), anche con qualifica dirigenziale (art. 17, comma 13, del contratto
collettivo nazionale di lavoro sottoscritto il 10 aprile 1996), non sussiste.
Le ipotesi di «cessazione e collocamento
in aspettativa senza assegni per tutta la durata dell’incarico», al ricorrere
delle quali la normativa regionale impugnata ricollega l’effetto della
"conversione” delle ferie maturate e non fruite «dai dipendenti che proseguono
il loro rapporto di lavoro con la Regione Liguria con forma contrattuale
diversa», sono, infatti, altrimenti regolate dalle clausole contrattuali.
Nel primo caso (cessazione del rapporto
di lavoro), la difformità dalla disciplina contrattuale è palese, posto che
questa, diversamente dalla norma regionale impugnata, prevede espressamente, in
deroga alla regola generale dell’effettivo godimento del riposo feriale, il
pagamento di un’indennità sostitutiva.
Nel secondo caso (collocamento in
aspettativa senza assegni per tutta la durata dell’incarico), le disposizioni
regionali censurate si discostano parimenti dalla disciplina contrattuale.
Implicitamente, se si accoglie un’interpretazione estensiva al collocamento in
aspettativa della deroga della monetizzazione specificamente dettata per la
cessazione del rapporto. In modo più esplicito, se si considera che, in base
alla contrattazione collettiva di riferimento, le ferie non godute nel corso
dell’anno non sono accantonate sine die (tanto meno attraverso involuti sistemi
di riparametrazione al valore economico acquisito nel successivo rapporto di
lavoro), ma vanno comunque obbligatoriamente fruite, da parte del personale
regionale, entro il primo semestre dell’anno successivo «in caso di
indifferibili esigenze di servizio», oppure entro il primo quadrimestre
dell’anno successivo «in caso di motivate esigenze di carattere personale e
compatibilmente con le esigenze di servizio» (da parte dei dirigenti regionali,
in entrambe le ipotesi suaccennate, entro il primo semestre dell’anno
successivo). E, persino se si ritiene che manchi una regolamentazione esaustiva
della fattispecie in esame nell’ambito delle previsioni dei contratti
collettivi di pertinente comparto, le impugnate disposizioni di legge regionale
risultano, comunque, esorbitanti ed invasive del campo riservato dalla legge
statale all’autonomia sindacale, perché finiscono illegittimamente per colmare
una lacuna del vigente regime dettato in sede negoziale.
Ad ogni modo, neppure la sostanziale
omogeneità con le previsioni dell’autonomia contrattuale che la Regione Liguria
tende ad accreditare sarebbe sufficiente a "salvare” la normativa regionale in
questione, perché questa Corte ha riconosciuto la lesione dell’art. 117,
secondo comma, lettera l), Cost. anche in caso di norme regionali meramente
ripetitive di clausole contrattuali collettive (sentenza n. 7 del
2011).
Le disposizioni regionali censurate
contrastano, infine, anche con la nuova disciplina posta dalla legge statale.
Non solo per la sopravvivenza delle regole generali che impongono la
liquidazione dell’indennità sostitutiva delle ferie all’atto della cessazione
del rapporto tutte le volte che il mancato godimento di esse sia dipeso da
causa non imputabile al lavoratore, ma anche e soprattutto perché la censurata
normativa regionale, nelle ipotesi di cessazione del rapporto come di
collocamento in aspettativa, opera sempre e comunque una "monetizzazione”,
ancorché virtuale, delle ferie non godute al termine del primo rapporto di
lavoro. "Monetizzazione” che è invece rigorosamente vietata sotto qualsiasi
forma («in nessun caso») dal legislatore statale del 2012. E ancora, perché la
legge regionale dispone il suddetto ragguaglio delle ferie residue in vista di
una conservazione a tempo indefinito del diritto a fruirne nel successivo
rapporto. Conservazione che la legge statale, di contro, non consente mai oltre
il primo semestre dell’anno successivo a quello di maturazione, rinviando sul
punto alle discipline contrattuali di settore dei riposi annuali
(«obbligatoriamente fruiti secondo quanto previsto dai rispettivi
ordinamenti»).
Dev’essere, quindi, dichiarata l’illegittimità
costituzionale tanto dell’art. 8 della legge reg. Liguria n. 15 del 2011,
quanto dell’art. 18, comma 1, della legge reg. n. 38 del 2011 (che ha
sostituito il testo del primo).
L’accoglimento delle questioni per
violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., consente di
ritenere assorbite le ulteriori censure.
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’art. 8 della legge della Regione Liguria 28
giugno 2011, n. 15 (Disposizioni di manutenzione e adeguamento della normativa
regionale);
2) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’art. 18, comma 1, della legge della Regione
Liguria 27 dicembre 2011, n. 38 (Disposizioni collegate alla legge finanziaria
2012);
3) dichiara
la cessazione della materia del contendere in ordine alle questioni di
legittimità costituzionale dell’art. 9 della legge reg. Liguria n. 15 del 2011,
promosse, in riferimento agli artt. 3, 97 e 117, terzo comma, della
Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato
in epigrafe;
4) dichiara
estinto il processo relativamente alle questioni di legittimità costituzionale
dell’art. 8, comma 8, della legge reg. Liguria n. 38 del 2011, promosse, in
riferimento agli artt. 3, 97 e 117, secondo comma, lettera l), Cost., dal
Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 novembre 2013.
F.to:
Gaetano SILVESTRI, Presidente
Luigi MAZZELLA, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 4 dicembre 2013.