SENTENZA N. 181
ANNO 2015
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Alessandro CRISCUOLO Presidente
- Paolo
Maria NAPOLITANO Giudice
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario
Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA
”
- Daria de
PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità
costituzionale della legge
della Regione Piemonte 6 agosto 2013, n. 16 (Assestamento al bilancio di
previsione per l’anno finanziario 2013 e al bilancio pluriennale per gli
anni finanziari 2013/2015) e degli artt. 1 e 2 della legge
della Regione Piemonte 29 ottobre 2013, n. 19 (Ulteriori disposizioni
finanziarie per l’anno 2013 e pluriennale 2013-2015), promosso dalla
Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il Piemonte, nel giudizio
di parificazione del rendiconto della Regione Piemonte per l’esercizio
finanziario 2013 con ordinanza
del 10 novembre 2014, iscritta al n. 246 del registro ordinanze 2014 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, prima serie
speciale, dell’anno 2015.
Visto l’atto di costituzione della Regione
Piemonte;
udito nell’udienza pubblica del 23 giugno 2015 il Giudice relatore Aldo Carosi;
udito l’avvocato Giovanna Scollo per la Regione Piemonte.
Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanza del 10 novembre
2014, iscritta al n. 246 del registro ordinanze 2014, la Corte dei conti,
sezione regionale di controllo per il Piemonte, ha sollevato questione di
legittimità costituzionale della legge della Regione Piemonte 6 agosto
2013, n. 16 (Assestamento al bilancio di previsione per l’anno
finanziario 2013 e al bilancio pluriennale per gli anni finanziari 2013/2015),
limitatamente alle variazioni apportate in entrata mediante l’istituzione
del capitolo 59300 (UPB DB902) con uno stanziamento di euro 447.693.392,78 e
del capitolo 59350 (UPB DB902) con uno stanziamento di euro 803.724.000,00 ed
in uscita mediante la istituzione del capitolo 200/0 (UPB DB09010)
dell’importo di euro 447.693.392,78 e del capitolo 156981 (UPB DB20151)
con uno stanziamento di euro 803.724.000,00 e degli artt. 1 e 2 della legge
della Regione Piemonte 29 ottobre 2013, n. 19 (Ulteriori disposizioni
finanziarie per l’anno 2013 e pluriennale 2013-2015), in riferimento agli
artt. 81, quarto
comma, e 119,
sesto comma, della Costituzione.
La sezione di controllo rimettente
riferisce che, nell’ambito del giudizio di parificazione del rendiconto
2013 della Regione Piemonte, dal conto del bilancio emergerebbe un disavanzo di
amministrazione pari ad euro 364.983.307,72 risultante dal saldo algebrico tra
fondo cassa (+598.037.823,71), residui attivi (+3.328.145.970,67) e residui
passivi (-4.291.167.102,10). L’analisi effettuata dalla sezione avrebbe
evidenziato che questo risultato deriverebbe anche dall’utilizzo, come
fonti di finanziamento del pregresso disavanzo di amministrazione e di alcune
nuove spese in materia sanitaria, delle risorse erogate dallo Stato in
applicazione degli artt. 2 e 3 del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35
(Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica
amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali,
nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali),
convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 giugno
2013, n. 64. L’utilizzo in tal senso delle suddette risorse finanziarie
sarebbe stato disposto dalle leggi reg. Piemonte n. 16 e n. 19 del 2013.
In particolare, nel corso del 2013, la
Regione Piemonte avrebbe sottoscritto, in applicazione delle norme richiamate,
quattro contratti con il Ministero dell’economia e delle finanze (MEF),
ottenendo risorse finanziarie per un importo di euro 2.554.603.200,01,
così destinate: a) euro 447.693.392,78, concessi per l’estinzione
dei debiti certi, liquidi ed esigibili alla data del 31 dicembre 2012, ovvero
dei debiti per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di
pagamento entro il predetto termine, diversi da quelli finanziari e sanitari.
L’importo sarebbe stato destinato a finanziare parzialmente il disavanzo
risultante dal conto del bilancio 2012 (euro 1.150.257.926,03). La relativa
variazione di bilancio sarebbe stata disposta in sede di assestamento con la
legge regionale n. 16 del 2013, che avrebbe previsto in entrata il capitolo
59300 (UPB DB902) con uno stanziamento di euro 447.693.392,78, interamente
riscosso, ed in uscita ha iscritto lo stesso importo quale disavanzo di
amministrazione (capitolo 200/0 UPB DB09010); b) euro 803.724.000,00, concessi
per l’estinzione dei debiti certi, liquidi ed esigibili alla data del 31
dicembre 2012, ovvero dei debiti per i quali sia stata emessa fattura o
richiesta equivalente di pagamento entro il predetto termine degli enti del
servizio sanitario nazionale, e destinati a finanziare il capitolo 156981,
avente per oggetto «trasferimenti alle aziende sanitarie regionali per
l’erogazione delle risorse di cui all’anticipazione di
liquidità ai sensi dell’articolo 3, comma 2, del decreto legge n.
35/2013», per allineamento con la situazione patrimoniale delle aziende
sanitarie regionali (importo rilevato dalla sezione in sede di parificazione
2012 a rettifica, in incremento, del disavanzo 2012 di euro 1.150.257.926,03).
Anche in questo caso la variazione di bilancio sarebbe stata disposta in sede
di assestamento di bilancio con la legge regionale n. 16 del 2013, che avrebbe
previsto in entrata il capitolo 59350 (UPB DB902) ed in uscita il capitolo
156981 (UPB DB20151), entrambi con uno stanziamento di euro 803.724.000,00 ed i
relativi importi sarebbero stati interamente riscossi e pagati; c) euro
660.206.607,23, concessi per l’estinzione di debiti certi, liquidi ed
esigibili alla data del 31 dicembre 2012, ovvero dei debiti per i quali sia
stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il predetto
termine diversi da quelli finanziari e sanitari, e destinati ad ulteriore
parziale finanziamento del disavanzo risultante dal conto del bilancio 2012. La
relativa variazione di bilancio sarebbe stata disposta dall’Allegato A)
della legge regionale n. 19 del 2013, che in entrata avrebbe incrementato il
capitolo 59300 (UPB DB902) di euro 660.206.607,23, interamente riscossi, ed in
uscita avrebbe incrementato di pari importo il disavanzo di amministrazione
2012 da ripianare (capitolo 200/0 UPB DB09010); d) euro 642.979.200,00,
concessi per il pagamento di debiti certi, liquidi ed esigibili alla data del
31 dicembre 2012, ovvero dei debiti per i quali sia stata emessa fattura o
richiesta equivalente di pagamento entro il predetto termine degli enti del
servizio sanitario regionale. L’importo (emerso successivamente alla
parificazione del rendiconto 2012) sarebbe stato destinato a ripianare le
perdite derivanti dai cosiddetti “ammortamenti non sterilizzati delle
aziende sanitarie” e la relativa variazione di bilancio sarebbe stata
disposta dall’Allegato C) della legge n. 19 del 2013, che avrebbe
incrementato in entrata il capitolo 59350 (UPB DB902) di euro 642.979.200,00,
interamente riscossi, ed in uscita avrebbe istituito il capitolo 156985 (UPB
DB20151) avente per oggetto «Trasferimenti alle aziende sanitarie
regionali per l’erogazione delle risorse di cui all’anticipazione
di liquidità ai sensi dell’art. 3, comma 2, del d.l. 35/2013 e dell’art. 13, comma 6, del d.l. 102/2013», con uno stanziamento di euro
642.979.200,00 interamente pagato.
La somma delle variazioni sopra
descritte, pari ad euro 2.554.603.200,01, corrisponderebbe al totale dei
quattro contratti stipulati con il MEF.
La sezione rimettente dubita della
legittimità costituzionale delle suddette variazioni di bilancio e
correlativamente delle leggi regionali n. 16 e n. 19 del 2013, che le hanno
disposte.
Preliminarmente la sezione di controllo
rimettente richiama la consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale
(si citano le sentenze n. 213 del 2008,
n. 244 del 1995,
n. 142 del 1968,
n. 121 del 1966,
n. 165 del 1963)
che riconosce alla Corte dei conti la legittimazione a sollevare questione di
legittimità costituzionale in sede di parificazione del rendiconto.
La sezione di controllo rimettente
ritiene inoltre di essere legittimata ad adire la Corte costituzionale non solo
con riferimento all’art. 81 Cost., ma anche con riferimento a tutte le
norme costituzionali in materia di finanza pubblica, compreso l’art. 119,
sesto comma, Cost., a seguito delle modifiche apportate dalla legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda
della Costituzione), che ha introdotto la nuova formulazione dell’art.
119, sesto comma, Cost., e dalla legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1
(Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale),
che ha inserito ulteriori norme in materia di finanza pubblica ed in
particolare il nuovo art. 97, primo comma, Cost., come interpretate ed
applicate nella recente giurisprudenza costituzionale (si cita la sentenza n. 188 del
2014).
Sotto il profilo della rilevanza, la
sezione rimettente ritiene necessario precisare l’oggetto del giudizio di
parifica, riportando testualmente l’art. 39 del testo unico delle leggi
sulla Corte dei conti, al quale rinvia l’art. 1, comma 5, del
decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni urgenti in materia di
finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori
disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012), convertito, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 213,
che prevede la parificazione per le Regioni a statuto ordinario, nonché
richiamando quanto precisato dalla Corte costituzionale, secondo la quale in
sede di parificazione «la decisione da assumere non può non
vertere anche sulla verifica, a consuntivo, del rispetto degli accennati
equilibri, in relazione, tra l’altro, ai vincoli posti dalla legge
finanziaria» (sentenza n. 244 del
1995). Nel caso di specie la decisione di parifica sarebbe
pregiudizialmente condizionata dal giudizio circa il corretto impiego delle
anticipazioni, del conseguente riverbero sul risultato di amministrazione e
delle sue componenti analitiche da parificare. In applicazione delle censurate
leggi regionali la sezione di controllo dovrebbe parificare il rendiconto della
Regione Piemonte in pregiudizio delle finalità di esatta determinazione
del risultato di amministrazione e di accertamento dell’equilibrio di
bilancio, per le quali le sono state attribuite le relative funzioni.
Quanto alla non manifesta infondatezza
della questione di legittimità costituzionale delle leggi regionali n.
16 e n. 19 del 2013 in riferimento all’art. 81, quarto comma, Cost., nel
testo antecedente alla modifica introdotta dalla legge costituzionale n. 1 del
2012, e all’art. 119, sesto comma, Cost., la sezione rimettente precisa
che le censure sono limitate alle variazioni apportate dalla legge regionale n.
16 del 2013 in entrata mediante l’istituzione del capitolo 59300 (UPB
DB902) con uno stanziamento di euro 447.693.392,78 e del capitolo 59350 (UPB
DB902) con uno stanziamento di euro 803.724.000,00 ed in uscita mediante la
istituzione del capitolo 200/0 (UPB DB09010) dell’importo di euro
447.693.392,78 e del capitolo 156981 (UPB DB20151) con uno stanziamento di euro
803.724.000,00. I dubbi relativi alla legge regionale n. 19 del 2013 riguardano
gli artt. 1 e 2, che hanno approvato gli Allegati A) e C). In particolare
l’Allegato A) ha incrementato di euro 660.206.607,23 in entrata il
capitolo 59300 (UPB DB902) ed in uscita il disavanzo d’amministrazione
2012 da ripianare (capitolo 200/0 UPB DB09010); l’Allegato C) ha
incrementato in entrata il capitolo 59350 (UPB DB902) di euro 642.979.200,00 ed
in uscita ha istituito il capitolo 156985 (UPB DB20151) con uno stanziamento di
pari importo. In entrambi i casi le poste in entrata sono state iscritte al
Titolo V (entrate derivanti da mutui, prestiti o altre operazioni creditizie) e
quelle in uscita al Titolo I (spese correnti).
La remittente ritiene che la natura
delle risorse erogate dallo Stato, tramite il MEF, ai sensi degli artt. 2 e 3
del d.l. n. 35 del 2013, costituirebbero una mera
anticipazione di cassa, definita dal legislatore «anticipazione di
liquidità», che avverrebbe entro un plafond predeterminato dalla
legge e la cui restituzione – in ciò consisterebbe la loro
peculiarità – sarebbe prevista in un periodo non superiore a 30
anni. A tale conclusione giungerebbe, innanzitutto, sulla base
dell’interpretazione letterale delle disposizioni. Difatti, l’art.
2, comma 1, del decreto-legge n. 35 del 2013 dispone che «Le regioni e le
province autonome che non possono far fronte ai pagamenti dei debiti certi liquidi
ed esigibili alla data del 31 dicembre 2012, ovvero dei debiti per i quali sia
stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il predetto
termine, diversi da quelli finanziari e sanitari di cui all’articolo 3,
ivi inclusi i pagamenti in favore degli enti locali, maturati alla data del 31
dicembre 2012, a causa di carenza di liquidità […] chiedono al
Ministero dell’economia e delle finanze, entro il 30 aprile 2013
l’anticipazione di somme da destinare ai predetti pagamenti
[…]».
Analogamente l’art. 3, comma 1,
del citato decreto-legge dispone che «Lo Stato è autorizzato ad
effettuare anticipazioni di liquidità alle Regioni ed alle Province
autonome di Trento e di Bolzano […] al fine di favorire l’accelerazione
dei pagamenti dei debiti degli enti del Servizio sanitario nazionale
[…]». Il comma 6 dell’art. 2 del d.l.
n. 35 del 2013 prescrive che «Il pagamento dei debiti oggetto del
presente articolo deve riguardare, per almeno due terzi, residui passivi in via
prioritaria di parte capitale, anche perenti, nei confronti degli enti locali,
purché nel limite di corrispondenti residui attivi degli enti locali
stessi ovvero, ove inferiori, nella loro totalità […]». Alla
stregua delle riportate disposizioni, sarebbe evidente, secondo la sezione di
controllo rimettente, che le somme servirebbero per pagare residui passivi,
vale a dire spese già finanziate, non potendo allora le stesse
costituire ulteriore finanziamento.
A giudizio della sezione rimettente la
stessa conclusione sarebbe avvalorata anche dall’esame dei lavori
preparatori della legge di conversione, i quali evidenzierebbero che
l’intenzione del legislatore sarebbe stata di considerare
l’erogazione delle risorse in questione quale mera anticipazione di
cassa.
La natura di mera anticipazione di tali
risorse sarebbe stata riconosciuta anche dalla sezione delle autonomie, la
quale, in sede nomofilattica, ha precisato che l’anticipazione avrebbe
dovuto essere sterilizzata nella parte di spesa correlata, in modo da limitarne
gli effetti alla sola disponibilità di cassa necessaria per adempiere
agli impegni non onorati (deliberazione n. 19 del 2014).
Le leggi regionali n. 16 e n. 19 del
2013 avrebbero finanziato delle spese non previste in bilancio con le
anticipazioni di liquidità concesse dallo Stato in base agli artt. 2 e 3
del d.l. n. 35 del 2013, ampliando la capacità
di spesa della Regione e, conseguentemente, avrebbero alterato
l’equilibrio di bilancio. Inoltre, le censurate disposizioni,
trasformando in un vero e proprio indebitamento l’anticipazione di
liquidità, violerebbero il divieto di impiegare prestiti per spese
diverse dagli investimenti di cui all’art. 119, sesto comma, Cost.
Quanto al tentativo di interpretazione
costituzionalmente orientata, la sezione di controllo rimettente procede alla
verifica se le risorse erogate dallo Stato, tramite il MEF, ai sensi degli
artt. 2 e 3 del d.l. n. 35 del 2013, possano
costituire una valida copertura delle spese finanziate, anche facendo ricorso
«all’archetipo negoziale del mutuo».
A conferma che le spese in questione non
potrebbero essere considerate spese di investimento, si osserva che le stesse
leggi regionali hanno iscritto le poste in uscita al Titolo I, nel quale
trovano allocazione le spese correnti. Per quanto riguarda il disavanzo di
amministrazione accertato con il rendiconto dell’esercizio 2012, il
Collegio rimettente rileva che la copertura del risultato
d’amministrazione negativo non sarebbe compresa tra le operazioni che, in
base all’art. 3, comma 18, della legge 24 dicembre 2003, n. 350
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
– legge finanziaria 2004), costituirebbero investimenti ai fini di cui
all’art. 119, sesto comma, Cost. A conferma che le spese in questione non
sarebbero annoverabili tra quelle di investimento, la sezione di controllo
richiama i dati del conto del patrimonio, dai quali non risulterebbe alcun
incentivo dell’attivo patrimoniale che, ripercuotendosi nel tempo,
giustificherebbe l’indebitamento in questione, i cui oneri sarebbero a
carico delle generazioni future.
La sezione di controllo rimettente
conclude che, ove si volessero qualificare le risorse erogate dallo Stato
tramite il MEF ai sensi degli artt. 2 e 3 del d.l. n.
35 del 2013 non come anticipazioni di cassa, ma come un vero e proprio mutuo, i
dubbi di costituzionalità per violazione degli artt. 119, sesto comma, e
81 Cost. verrebbero ad investire le stesse disposizioni statali citate.
2 – Con atto di intervento
depositato il 3 febbraio 2015 si è costituita in giudizio la Regione
Piemonte.
L’interveniente sostiene che la
questione di legittimità costituzionale sollevata sarebbe non rilevante
e manifestamente infondata.
In particolare a giudizio della Regione
la questione di legittimità costituzionale sollevata sarebbe non
rilevante in quanto, riferendosi le leggi della cui costituzionalità si
dubita ad un esercizio ormai concluso, la pronuncia eventualmente adottata
sarebbe inidonea ad incidere sulla disciplina di una spesa già
realizzata.
Nel merito la Regione Piemonte sostiene
che non consterebbe l’avvenuta utilizzazione delle risorse disposte in
base al d.l. n. 35 del 2013 per spese diverse da
quelle costituenti debito esigibile alla data del 31 dicembre 2012. Parimenti,
rileva l’interveniente, non sarebbe strettamente necessitata – in
forza dei principi derivanti dalle norme costituzionali e da quelli espressi
dal decreto-legge istitutivo delle risorse correttive degli squilibri degli
enti territoriali e locali – la soluzione della costituzione di un fondo vincolato
e destinato alla restituzione dell’anticipazione ottenuta. Difatti,
nessuna disposizione di rango legislativo prevederebbe
la costituzione di un fondo di tale natura. Inoltre, la garanzia che parrebbe
imporsi sul piano delle formalità di registrazione sarebbe correlata
soltanto al carattere di inderogabile vincolatezza
dei fondi trasferiti a finanziare i debiti e a fronteggiare i pagamenti
retrostanti ciascun contratto di prestito. Un elemento indiretto per pervenire
ad analoga conclusione sarebbe costituito dal rilievo secondo cui se va per
definizione escluso che gli importi delle anticipazioni possano determinare
effetti espansivi della spesa, la neutralità finanziaria ad esse
corrispondente escluderebbe che i prestiti possano reagire sui saldi finanziari.
Le modalità di contabilizzazione adottate dalla Regione non
sembrerebbero, pertanto, contrastare con la disciplina dettata dal
decreto-legge n. 35 del 2013, atteso che, a fronte dell’obbligo di
restituzione in rate annuali costanti fino al 2043 sembrerebbe coerente
l’iscrizione nel conto del bilancio della quota capitale e della
corrispondente quota di interessi di competenza.
A giudizio della Regione Piemonte una
violazione dei precetti costituzionali non sembrerebbe profilarsi per
l’efficace espletamento dei controlli che sarebbe in grado di consentire
il riequilibrio contabile laddove l’applicazione concreta
dell’amministrazione si rivelasse non conforme a legge, trattandosi di
applicazione di regole che di per sé non genererebbe nuove spese.
La Regione Piemonte conclude che la
corretta contabilizzazione dei fondi che si considerano appare piuttosto
collegata alla necessità che i controlli di riferimento abbiano ad
oggetto l’adeguato impiego delle risorse, in sostanza, non idonee a generare
nuove spese, bensì ad attuare una manovra di riduzione del debito in
realtà rivelatasi non possibile a causa della consistenza forte
dell’indebitamento.
Considerato in diritto
1.– Con l’ordinanza indicata
in epigrafe la Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il Piemonte,
censura la legge della Regione Piemonte 6 agosto 2013, n. 16 (Assestamento al
bilancio di previsione per l’anno finanziario 2013 e al bilancio
pluriennale per gli anni finanziari 2013/2015) – la quale dispone
variazioni allo stato di previsione dell’entrata e della spesa – e
gli artt. 1 e 2 della legge 29 ottobre 2013, n. 19 (Ulteriori disposizioni
finanziarie per l’anno 2013 e pluriennale 2013-2015) – che
apportano variazioni al bilancio di previsione per l’anno finanziario
2013 ed al bilancio pluriennale per gli anni finanziari 2013-2015, approvando
gli Allegati A) e C) – in riferimento agli artt. 81, quarto comma, e 119,
sesto comma, della Costituzione.
1.1.– Il rimettente sostiene che, ai fini di una positiva
decisione di parificazione del rendiconto regionale, deve fare applicazione
delle disposizioni impugnate, della cui legittimità costituzionale
dubita.
Per quel che riguarda la legge n. 16 del
2013, le disposizioni censurate risultano quelle inerenti alle variazioni
introdotte in entrata al capitolo 59300 («Anticipazione a valere sul
fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi,
liquidi ed esigibili art. 2 del d.l. 35/2013»
UPB DB902 – stanziamento pari ad euro 447.693.392,78 e al capitolo 59350
(“Anticipazione a valere sul fondo per assicurare la liquidità per
pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili art. 3 del d.l.
35/2013” UPB DB902 – stanziamento di euro 803.724.000,00), ed in
uscita al capitolo 200/0 («Disavanzo finanziario presunto alla chiusura
dell’esercizio 2012» UPB DB09010 – stanziamento di euro
447.693.392,78 e al capitolo 156981 («Trasferimenti alle aziende
sanitarie regionali per l’erogazione delle risorse di cui
all’anticipazione di liquidità ai sensi dell’art. 3, comma 2,
del d.l. 35/2013» UPB DB20151 –
stanziamento di euro 803.724.000,00).
Con riferimento alla legge n. 19 del
2013, le disposizioni impugnate risultano quelle inerenti alle variazioni
introdotte in entrata dal capitolo 59300 («Anticipazione a valere sul fondo
per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed
esigibili art. 2 del d.l. 35/2013» UPB DB902
– stanziamento di euro 660.206.607,23) e dal capitolo 59350
(«Anticipazione a valere sul fondo per assicurare la liquidità per
pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili arti. 3 del d.l. 35/2013» UPB DB902 – stanziamento di euro
642.979.200,00) ed in uscita dal capitolo 200/0 («Disavanzo finanziario
presunto alla chiusura dell’esercizio 2012» UPB DB09010 –
stanziamento di euro 660.206.607,23 e dal capitolo 156985 («Trasferimenti
alle aziende sanitarie regionali per l’erogazione delle risorse di cui
all’anticipazione di liquidità ai sensi dell’art. 3, comma 2
del d.l. 35/2013» UPB DB20151 –
stanziamento di euro 642.979.200,00).
Nel 2013 la Regione Piemonte avrebbe
sottoscritto, in applicazione delle norme richiamate, quattro contratti con il
Ministero dell’economia e delle finanze (MEF). La somma delle variazioni
sopra descritte, pari ad euro 2.554.603.200,01, corrisponderebbe al totale dei
quattro contratti stipulati con il MEF.
In definitiva, il giudice a quo dubita
della legittimità costituzionale delle suddette variazioni di bilancio
e, conseguentemente, delle leggi regionali n. 16 del 2013 e n. 19 del 2013
nella parte riferita alle evocate poste contabili.
Quanto alla rilevanza della questione di
legittimità costituzionale, il rimettente afferma che le variazioni di
bilancio approvate dalle citate leggi regionali inciderebbero fortemente
sull’equilibrio del bilancio, sul risultato d’amministrazione e,
conseguentemente, anche sull’equilibrio dei bilanci futuri.
L’applicazione delle suddette leggi regionali fisserebbe in modo non
veritiero il disavanzo d’amministrazione dell’esercizio 2013
nell’importo di euro 364.983.307,72 esposto nel rendiconto e nel relativo
progetto di legge di approvazione. Ove le norme impugnate fossero dichiarate
costituzionalmente illegittime, le spese finanziate con le anticipazioni di
liquidità ottenute ai sensi degli artt. 2 e 3 del decreto-legge 8 aprile
2013, n. 35 (Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della
pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti
territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti
locali), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge
6 giugno 2013, n. 64, sarebbero prive di copertura e, conseguentemente, il
disavanzo d’amministrazione risulterebbe di euro 2.554.603.200,01, non
essendo possibile ridurlo attraverso la contestata modalità di
copertura.
Il rimettente ricorda che
l’accertamento dell’equilibrio finanziario complessivo
dell’ente richiede di verificare con esattezza il risultato di
amministrazione. Tale funzione di riscontro del bilancio costituirebbe
l’oggetto principale e lo scopo del giudizio di parificazione che, oltre
ai controlli analitici in tema di riscossioni, pagamenti, debiti, crediti e
situazione di cassa, è finalizzato, soprattutto, alla verifica a
consuntivo degli equilibri di bilancio sulla base del bilancio preventivo e di
tutte le disposizioni sopravvenute, che ne hanno modificato la struttura,
incidendo sia sul disavanzo d’amministrazione – che, in quanto
tale, deve essere successivamente ripianato – sia sugli equilibri dei
bilanci futuri.
Secondo la Corte dei conti la descritta allocazione
contabile comporterebbe un’alterazione del risultato di amministrazione
afferente all’esercizio 2013 ed un allargamento della spesa di competenza
oltre i limiti consentiti dalle entrate disponibili e dai vincoli comunitari e
nazionali.
Sotto tale profilo le leggi regionali si
sarebbero discostate dal d.l. n. 35 del 2013,
attraverso il quale lo Stato avrebbe conciliato l’esigenza di
fronteggiare gravi situazioni debitorie delle amministrazioni pubbliche e
quella di non violare l’art. 119, sesto comma, Cost.,
nonché le disposizioni comunitarie in tema di vincoli
all’indebitamento.
Al fine di consentire il pagamento dei
richiamati debiti, lo Stato avrebbe emesso titoli, trasformandoli in
anticipazioni di liquidità da erogare agli enti territoriali, tra cui la
stessa Regione Piemonte.
La Regione avrebbe invece utilizzato il
finanziamento come un mutuo per alterare il disavanzo e per spese di
competenza, allargando, in tal modo, il ventaglio della spesa consentita, con
violazione contestuale degli artt. 81, quarto comma, e 119, sesto comma, Cost.
Proprio il carattere di anticipazione di
liquidità sarebbe l’elemento differenziante dal mutuo per scopi
diversi dall’investimento, contratto incompatibile con la “regola
aurea” dell’art. 119, sesto comma, Cost.
Secondo il rimettente, non sarebbe
illegittima tanto la allocazione del finanziamento statale al Titolo V
dell’entrata – posta contabile che effettivamente concerne le
entrate derivanti da operazioni creditizie, prestiti e anticipazioni di cassa e
di liquidità – quanto la sua mancata neutralizzazione attraverso
una posta di analogo importo al Titolo III della spesa, in modo da evitarne una
non consentita utilizzazione per la copertura integrativa di oneri diversi da
quelli previsti dal d.l. n. 35 del 2013, che
fungerebbe da norma interposta ai fini della specificazione dei principi, di
cui agli artt. 81, quarto comma e 119, sesto comma, Cost. Il dubbio di
illegittimità riguarderebbe, inoltre, la spesa, nella misura in cui le
somme anticipate sarebbero destinate a finalità diverse da quelle
inerenti al finanziamento statale.
Non sarebbe conforme a legge
l’istituzione dei descritti capitoli di spesa di competenza, in parte
dedicati al ripianamento del disavanzo di amministrazione ed in parte a spese
relative all’esercizio di competenza 2013. Rimarrebbero così eluse
le finalità del d.l. n. 35 del 2013 di
fronteggiare il pagamento di debiti pregressi.
Il risultato della contestata
articolazione normativa delle poste contabili sarebbe quello di allargare, oltre
i limiti consentiti dalla legge, la spesa di competenza, in particolare quella
corrente, e di alterare il risultato di amministrazione, poiché
nell’apposito capitolo contestato non vi potrebbero essere movimenti
finanziari, non essendo evidentemente il disavanzo dell’ente un suo
creditore.
In definitiva, le norme impugnate
impedirebbero il pagamento dei debiti di cui agli artt. 2 e 3 del d.l. n. 35 del 2013.
1.2.– Intervenuta in giudizio, la
Regione Piemonte sostiene che la questione di legittimità costituzionale
sollevata sarebbe non rilevante o, comunque, manifestamente infondata.
In particolare, la non rilevanza
deriverebbe dall’inerenza della questione ad un esercizio ormai concluso
nella sua configurazione di spesa.
La interveniente sostiene che le risorse
erogate dallo Stato ai sensi del d.l. n. 35 del 2013
non sarebbero state utilizzate per spese diverse da quelle costituenti debito
esigibile alla data del 31 dicembre 2012. Secondo la Regione, la soluzione
della costituzione di un fondo vincolato e destinato alla restituzione
dell’anticipazione ottenuta non sarebbe strettamente necessitata in
ragione dei principi derivanti dalle norme costituzionali e da quelli espressi
dal d.l. n. 35 del 2013. Nessuna disposizione di
rango legislativo prevederebbe la costituzione di un
fondo di tale natura. Inoltre, le modalità di contabilizzazione adottate
dalla Regione non contrasterebbero con la disciplina di cui al citato
decreto-legge, poiché, a fronte dell’obbligo di restituzione in
rate annuali costanti fino al 2043, parrebbe coerente l’iscrizione nel
conto del bilancio della quota capitale e della corrispondente quota interessi
di competenza in ciascuno degli esercizi interessati. La Regione richiama a
sostegno di tale tesi le conclusioni del Procuratore regionale della Corte dei
conti intervenuto in sede di parifica.
1.3.– Nelle more del presente giudizio l’art. 1,
commi da 452 a 458, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di
stabilità 2015), ha disposto la nomina di un Commissario straordinario
«per il tempestivo pagamento dei debiti pregressi della regione»
(poi effettivamente individuato nel Presidente della Regione Piemonte).
Le norme suddette dispongono che
«452. In considerazione dell’eccezionale situazione di squilibrio
finanziario della regione Piemonte, che non ha consentito di attingere a tutte
le risorse dell’anticipazione di liquidità assegnate alla regione,
al fine di evitare il ritardo dei pagamenti dei debiti pregressi, con decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri, il presidente della regione Piemonte
è nominato, senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica,
Commissario straordinario del Governo per il tempestivo pagamento dei debiti
pregressi della regione. 453. È autorizzata l’apertura di
un’apposita contabilità speciale. 454. La gestione commissariale
della regione Piemonte di cui al comma 452 assume, con bilancio separato
rispetto a quello della regione: a) i debiti commerciali certi, liquidi ed
esigibili al 31 dicembre 2013 della regione, compresi i residui perenti non reiscritti in bilancio, per un importo non superiore a
quello delle risorse assegnate alla regione Piemonte a valere sul Fondo per
assicurare la liquidità’ per pagamenti dei debiti certi, liquidi
ed esigibili di cui agli articoli 2 e 3 del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, e successive
modificazioni, destinati ad essere pagati a valere sulle risorse ancora non
erogate previste, distintamente per la parte sanitaria e per quella non
sanitaria, delle predette anticipazioni; b) il debito contratto dalla regione
Piemonte per le anticipazioni di liquidità già contratte ai sensi
del richiamato articolo 2 del decreto-legge n. 35 del 2013. La medesima
gestione commissariale può assumere, con il bilancio separato rispetto a
quello della regione, anche il debito contratto dalla regione Piemonte per le
anticipazioni di liquidità già contratte ai sensi del richiamato
articolo 3 del decreto-legge n. 35 del 2013. 455. Al fine di consentire il
tempestivo pagamento dei debiti pregressi posti a carico della gestione
commissariale, il Commissario straordinario del Governo di cui al comma 452
è autorizzato a contrarre le anticipazioni di liquidità assegnate
alla regione non ancora erogate, con ammortamento a carico della gestione
commissariale, nel rispetto di tutte le condizioni previste dagli articoli 2 e
3 del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla
legge 6 giugno 2013, n. 64, e successive modificazioni. 456. In considerazione
degli effetti positivi sul proprio disavanzo, derivante dal trasferimento dei
debiti di cui al comma 454, nel titolo primo della spesa del bilancio della
regione Piemonte è costituito un fondo, allocato su un apposito capitolo
di spesa del bilancio gestionale, con una dotazione annua di 56 milioni di euro
per l’anno 2015 e di 126 milioni di euro a decorrere dall’anno 2016
e fino all’esercizio 2045 per il concorso agli oneri assunti dalla
gestione commissariale. In caso di acquisizione anche del debito contratto
dalla regione Piemonte per le anticipazioni di liquidità già
contratte ai sensi del citato articolo 3 del decreto-legge n. 35 del 2013, il
suddetto fondo è incrementato di 95 milioni di euro per l’anno
2015 e di 96,5 milioni di euro a decorrere dall’anno 2016 e fino
all’esercizio 2045. Per fare fronte a tale onere il Commissario
straordinario del Governo di cui al comma 452 provvede alle necessarie variazioni
in aumento delle aliquote fiscali. 457. Il Commissario straordinario del
Governo di cui al 452 trasmette al Governo la rendicontazione della gestione
trimestralmente e al termine della medesima. Lo stesso Commissario invia al
Ministero dell’economia e delle finanze la comunicazione dei flussi di
pagamento previsti per ogni trimestre successivo al periodo in corso. 458. La
gestione commissariale di cui al comma 452 termina quando risultino pagati
tutti i debiti posti a suo carico ai sensi della lettera a) del comma 454. Alla
chiusura della gestione commissariale il bilancio dello Stato subentra nei
rapporti attivi nei confronti della regione Piemonte derivanti
dall’applicazione del comma 456, e sono consolidati i rapporti di debito
e credito concernenti l’ammortamento dell’anticipazione di
liquidità. In caso di mancato versamento al bilancio dello Stato del
contributo di cui al comma 456, si procede, nei sessanta giorni successivi, al
recupero di dette somme a valere sulle giacenze della regione inadempiente
depositate nei conti aperti presso la tesoreria statale».
2.– Occorre ricordare
preliminarmente il risalente e costante orientamento di questa Corte, secondo
cui la rimettente Corte dei conti, in sede di giudizio di parificazione del
bilancio, è legittimata a promuovere questione di legittimità
costituzionale avverso le disposizioni di legge che determinano,
nell’articolazione e nella gestione del bilancio stesso, effetti non
consentiti dai principi posti a tutela degli equilibri economico-finanziari e
dagli altri precetti costituzionali, che custodiscono la sana gestione
finanziaria (ex plurimis, sentenze n. 213 del 2008
e n. 244 del 1995).
Fino all’entrata in vigore
dell’art. 1 del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni
urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali,
nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio
2012), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7
dicembre 2012, n. 213, la parificazione del bilancio era prevista solo per lo
Stato e per le autonomie speciali. Per effetto della richiamata disposizione,
la stessa è oggi estesa alle Regioni a statuto ordinario, tra cui si
annovera la Regione Piemonte.
In definitiva, non v’è
dubbio che la novella del 2012 abbia esteso alle Regioni a statuto ordinario
l’istituto della parifica del rendiconto e la conseguente disciplina di carattere
processuale e sostanziale. Dal che discende automaticamente
l’ammissibilità delle questioni in esame sotto il profilo della
legittimazione dell’organo rimettente a sollevarle.
In particolare, ricorrono integralmente
nel caso del procedimento di parifica tutte le condizioni per le quali questa
Corte ha ammesso la possibilità di sollevare questione di
legittimità costituzionale in via incidentale nell’ambito
dell’attività di controllo di legittimità della Corte dei
conti: applicazione di norme di legge, rimanendo la verifica di
conformità del rendiconto soggetta solo alla legge; esito del
procedimento vincolato al parametro normativo, cosicché
«Nell’una e nell’altra ipotesi, la situazione è,
dunque, analoga a quella in cui si trova un qualsiasi giudice (ordinario o
speciale), allorché procede a raffrontare i fatti e gli atti dei quali
deve giudicare alle leggi che li concernono» (sentenza n. 226 del
1976). Si può pertanto ribadire anche per il procedimento di
parifica davanti alla sezione di controllo che lo stesso «non è un
giudizio in senso tecnico-processuale [ma] ai limitati fini dell’art. 1
della legge cost. n. 1 del 1948 e dell’art. 23 della legge n. 87 del
1953, la funzione in quella sede svolta dalla Corte dei conti è, sotto
molteplici aspetti, analoga alla funzione giurisdizionale, piuttosto che
assimilabile a quella amministrativa, risolvendosi nel valutare la
conformità degli atti che ne formano oggetto alle norme del diritto
oggettivo, ad esclusione di qualsiasi apprezzamento che non sia di ordine
strettamente giuridico. Il controllo effettuato dalla Corte dei conti è
un controllo esterno, rigorosamente neutrale e disinteressato, volto unicamente
a garantire la legalità degli atti ad essa sottoposti, e cioè
preordinato a tutela del diritto oggettivo, che si differenzia pertanto
nettamente dai controlli c.d. amministrativi, svolgentisi all’interno
della pubblica Amministrazione; ed è altresì diverso anche da
altri controlli, che pur presentano le caratteristiche da ultimo rilevate, in
ragione della natura e della posizione dell’organo cui è affidato
[…]. Deve soggiungersi che non mancano nel procedimento in oggetto
elementi, formali e sostanziali, riconducibili alla figura del contraddittorio.
[...] In tal modo è garantita la possibilità che gli interessi ed
il punto di vista dell’amministrazione, nelle sue varie articolazioni,
siano fatti valere nel corso del procedimento. [...] D’altronde, sul piano
sostanziale, il riconoscimento di tale legittimazione si giustifica anche con
l’esigenza di ammettere al sindacato della Corte costituzionale leggi
che, come nella fattispecie in esame, più difficilmente verrebbero, per
altra via, ad essa sottoposte» (sentenza n. 226 del
1976).
3.– Quanto alla rilevanza ed alla non manifesta
infondatezza, il rimettente argomenta in modo analitico i motivi per cui le
disposizioni impugnate lo costringerebbero a parificare partite di spesa, la
cui natura ed allocazione non sarebbero conformi ai parametri costituzionali
richiamati. In particolare, detta applicazione comporterebbe di validare un
risultato di amministrazione infedele e di consentire un allargamento di spesa
al di fuori dei vincoli di bilancio risultanti dal patto di stabilità e
dalle altre disposizioni in materia economico-finanziaria. Inoltre,
l’utilizzazione del finanziamento statale come mutuo comporterebbe,
secondo la prospettazione del rimettente, la violazione della “regola
aurea”, di cui all’art. 119, sesto comma, Cost.,
secondo cui i mutui sono consentiti soltanto per spese di investimento.
In particolare, l’ordinanza
effettua un puntuale raffronto tra le norme impugnate e quelle interposte, gli
artt. 2 e 3 del d.l. n. 35 del 2013, indicando gli
scostamenti dal modello compatibile con i parametri evocati.
Il rimettente precisa che tale confronto
avviene con il testo dei citati artt. 2 e 3 interpretato in modo
costituzionalmente conforme all’art. 119, sesto comma, Cost.
4.– Al fine di un migliore inquadramento delle
questioni sollevate, sono opportune alcune premesse in ordine al quadro
normativo statale di riferimento in subiecta materia
e alla sua genesi.
4.1.– Gli artt. 2 e 3 del d.l.
n. 35 del 2013, in relazione ai quali la sezione di controllo denuncia lo
scostamento delle disposizioni regionali impugnate, nascono dall’esigenza
di porre riparo ai crescenti ritardi nell’adempimento delle obbligazioni
da parte delle pubbliche amministrazioni. Detto fenomeno, di per sé
negativo, aggravava, tra l’altro, la situazione delle imprese, già
colpite dalla difficoltà di accedere al credito bancario nel contesto
della crisi. Gli spazi finanziari per una rapida liquidazione dei debiti
arretrati erano fortemente limitati dalla necessità di rispettare gli
impegni assunti dall’Italia con l’Unione europea nel quadro del
patto di stabilità e crescita.
Nel dialettico contesto, astretto tra i
vicoli di indebitamento e l’indefettibilità delle scadenze
debitorie, il Governo ha cercato di individuare soluzioni normative e
finanziarie capaci di venire incontro alle esigenze delle imprese, avviando
un’azione di graduale liquidazione dei debiti, attraverso modalità
compatibili con le vigenti preclusioni di carattere finanziario. Ciò anche
attraverso serrate azioni politiche di negoziato a livello europeo per ottenere
un margine di flessibilità del patto di stabilità e crescita.
Così il Consiglio europeo del 14
marzo 2013, facendo seguito agli orientamenti già espressi nel giugno e
nel dicembre del 2012, ha riconosciuto la necessità di porre rimedio al
fenomeno anche attraverso modalità di risanamento differenziate, in modo
da utilizzare spazi di flessibilità per azioni di sostegno alla crescita
e all’occupazione, pur nel rispetto della necessaria stabilità
finanziaria. In sintonia con le linee espresse dal Consiglio europeo, la
Commissione europea, con la dichiarazione del 18 marzo 2013, ha sottolineato
l’urgenza di una pronta risoluzione del tema dei pagamenti arretrati della
pubblica amministrazione e chiarito i termini operativi della nozione di
flessibilità. In particolare, la Commissione ha richiamato gli Stati
membri al recepimento ed all’applicazione della direttiva 16 febbraio
2011, n. 2011/7/UE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa
alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali), al
fine di porre un freno all’accumulo di debiti commerciali delle pubbliche
amministrazioni. La Commissione ha proposto, inoltre, un piano finanziario idoneo
a liquidare i debiti commerciali pregressi, anche in considerazione del fatto
che il patto di stabilità e crescita permette di tener conto di alcuni
“fattori rilevanti” nella valutazione del disavanzo e del debito
(clausola di flessibilità). Il recepimento della direttiva n. 2011/7/UE
è avvenuto con decreto legislativo 9 novembre 2012, n. 192 (Modifiche al
decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, per l’integrale recepimento
della direttiva 2011/7/UE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento
nelle transazioni commerciali, a norma dell’articolo 10, comma 1, della
legge 11 novembre 2011, n. 180), il quale ha, tuttavia, disposto la propria
applicazione alle transazioni commerciali concluse a decorrere dal 1°
gennaio 2013.
4.2.– Nel contesto testé descritto, è stato
emanato il d.l. n. 35 del 2013, il quale ha
introdotto una disciplina di carattere speciale e temporanea, derogatoria del
patto di stabilità interno e di altre disposizioni in materia di finanza
pubblica, per il pagamento dei debiti scaduti delle amministrazioni pubbliche.
In particolare, nel citato decreto-legge
sono contenute le misure dirette a consentire il pagamento da parte delle
pubbliche amministrazioni di debiti scaduti, con modalità differenti per
gli enti locali (art. 1), le Regioni e le Province autonome (art. 2), gli enti
del Servizio sanitario nazionale per il tramite delle Regioni (art. 3) e le
amministrazioni statali (art. 5). Si tratta di disposizioni espressamente
«volte ad assicurare l’unità giuridica ed economica
dell’ordinamento» (art. 6, comma 1).
Pur con alcune differenze rispetto alle
tipologie dei debiti oggetto delle misure ed alle procedure, gli strumenti
all’uopo previsti sono riconducibili a due fattispecie:
l’allentamento del patto di stabilità interno e la concessione di
anticipazioni di liquidità. La prima misura, consistente nel
riconoscimento di “spazi finanziari”, ossia di importi finanziari
che vengono esclusi dal computo del patto di stabilità interno, non
rileva nella questione sottoposta all’attenzione di questa Corte.
La seconda misura, che riguarda
direttamente l’esame delle questioni di costituzionalità in questa
sede sollevate, attiene alle anticipazioni di liquidità, meccanismi
finanziari attraverso i quali – pur rimanendo vietata la loro utilizzazione
per la copertura di spese, che non sarebbero consentite dalla nostra
Costituzione e dai vincoli europei – viene posto rimedio a gravi
deficienze della disponibilità di cassa degli enti interessati dai
ritardi.
A parte le prerogative attribuite agli
enti locali e ad altre amministrazioni pubbliche, anch’esse non rilevanti
nel presente contesto, gli artt. 2 e 3 del d.l. n. 35
del 2013 hanno previsto speciali prescrizioni per i debiti delle Regioni, siano
essi debiti contratti direttamente oppure maturati nell’ambito del
Servizio sanitario nazionale. Tali disposizioni devono essere considerate,
nella lettura ermeneutica in prosieguo specificata, vere e proprie norme
interposte ai fini della perimetrazione degli interventi compatibili con i
vincoli derivanti dai parametri costituzionali invocati dal rimettente.
Le suddette norme risultano così
formulate: art. 2 (Pagamenti dei debiti delle regioni e delle province
autonome) «1. Le regioni e le province autonome che non possono far
fronte ai pagamenti dei debiti certi liquidi ed esigibili alla data del 31
dicembre 2012, ovvero dei debiti per i quali sia stata emessa fattura o
richiesta equivalente di pagamento entro il predetto termine, diversi da quelli
finanziari e sanitari di cui all’articolo 3, ivi inclusi i pagamenti in
favore degli enti locali, maturati alla data del 31 dicembre 2012, a causa di
carenza di liquidità, in deroga all’articolo 10, secondo comma,
della legge 16 maggio 1970, n. 281, e all’articolo 32, comma 24, lettera
b), della legge 12 novembre 2011, n. 183, con certificazione congiunta del
Presidente e del responsabile finanziario, chiedono al Ministero
dell’economia e delle finanze, entro il 30 aprile 2013
l’anticipazione di somme da destinare ai predetti pagamenti, a valere sulle
risorse della “Sezione per assicurare la liquidità alle regioni e
alle province autonome per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili
diversi da quelli finanziari e sanitari” di cui all’articolo 1,
comma 10. 2. Le somme di cui al comma 1 da concedere, proporzionalmente, a
ciascuna regione sono stabilite con decreto del Ministero dell’economia e
delle finanze, da emanare entro il 15 maggio 2013 […]. 3.
All’erogazione delle somme, nei limiti delle assegnazioni di cui al
presente articolo, si provvede, a seguito: a) della predisposizione, da parte
regionale, di misure, anche legislative, idonee e congrue di copertura annuale
del rimborso dell’anticipazione di liquidità, maggiorata degli
interessi; b) della presentazione di un piano di pagamento dei debiti certi, liquidi
ed esigibili, alla data del 31 dicembre 2012, ovvero dei debiti per i quali sia
stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il predetto
termine, ivi inclusi i pagamenti in favore degli enti locali, comprensivi di
interessi nella misura prevista dai contratti, dagli accordi di fornitura,
ovvero dagli accordi transattivi, intervenuti fra le parti, ovvero, in mancanza
dei predetti accordi, dalla legislazione vigente; c) della sottoscrizione di
apposito contratto tra il Ministero dell’economia e delle finanze –
Dipartimento del Tesoro e la regione interessata, nel quale sono definite le
modalità di erogazione e di restituzione delle somme, comprensive di
interessi e in un periodo non superiore a 30 anni, prevedendo altresì,
qualora la regione non adempia nei termini ivi stabiliti al versamento delle
rate di ammortamento dovute, sia le modalità di recupero delle medesime
somme da parte del Ministero dell’economia e delle finanze, sia
l’applicazione di interessi moratori. Il tasso di interesse a carico
della Regione è pari al rendimento di mercato del Buoni Poliennali del
Tesoro a 5 anni in corso di emissione. […] 6. Il pagamento dei debiti
oggetto del presente articolo deve riguardare, per almeno due terzi, residui
passivi in via prioritaria di parte capitale, anche perenti, nei confronti
degli enti locali, purché nel limite di corrispondenti residui attivi
degli enti locali stessi ovvero, ove inferiori, nella loro totalità.
Tali risorse devono, ove nulla osti, essere utilizzate dagli enti locali
prioritariamente per il pagamento di debiti certi, liquidi ed esigibili
maturati al 31 dicembre 2012 ovvero dei debiti per i quali sia stata emessa
fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il predetto termine.
All’atto dell’estinzione da parte della Regione dei debiti elencati
nel piano di pagamento nei confronti degli enti locali o di altre pubbliche
amministrazioni, ciascun ente locale o amministrazione pubblica interessata
provvede all’immediata estinzione dei propri debiti. […]»;
art. 3 (Pagamenti dei debiti degli enti del servizio sanitario nazionale-SSN)
«1. Lo Stato è autorizzato ad effettuare anticipazioni di
liquidità alle Regioni ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano
a valere sulle risorse della “Sezione per assicurare la liquidità
per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti del Servizio
Sanitario Nazionale” di cui all’articolo 1, comma 10, al fine di
favorire l’accelerazione dei pagamenti dei debiti degli enti del Servizio
sanitario nazionale ed in relazione: a) agli ammortamenti non sterilizzati
antecedenti all’applicazione del decreto legislativo 23 giugno 2011, n.
118; b) alle mancate erogazioni per competenza e/o per cassa delle somme dovute
dalle regioni ai rispettivi servizi sanitari regionali a titolo di
finanziamento del Servizio sanitario nazionale, ivi compresi i trasferimenti di
somme dai conti di tesoreria e dal bilancio statale e le coperture regionali
dei disavanzi sanitari, come risultanti nelle voci “crediti verso regione
per spesa corrente” e “crediti verso regione per ripiano
perdite” nelle voci di credito degli enti del SSN verso le rispettive
regioni dei modelli SP. […] 4. Le regioni e le province autonome che, a
causa di carenza di liquidità, non possono far fronte ai pagamenti di cui
al comma 1 del presente articolo, in deroga all’articolo 10, secondo
comma, della legge 16 maggio 1970, n. 281, e all’articolo 32, comma 24,
lettera b), della legge 12 novembre 2011, n. 183, trasmettono, con
certificazione congiunta del Presidente e del responsabile finanziario, al
Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimenti del Tesoro e
della Ragioneria Generale dello Stato, entro il 31 maggio 2013 l’istanza
di accesso all’anticipazione di liquidità di cui al comma 2, ed
entro il 15 dicembre 2013 l’istanza di accesso all’anticipazione di
liquidità di cui al comma 3, per l’avvio delle necessarie
procedure amministrative ai fini di cui al comma 5 […]. 5.
All’erogazione delle somme, nei limiti delle assegnazioni di cui al
presente articolo, da accreditare sui conti intestati alla sanità di cui
all’articolo 21 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, si
provvede, anche in tranche successive, a seguito: a) della predisposizione, da
parte regionale, di misure, anche legislative, idonee e congrue di copertura
annuale del rimborso dell’anticipazione di liquidità,
prioritariamente volte alla riduzione della spesa corrente, verificate dal
Tavolo di verifica degli adempimenti di cui all’articolo 12 della citata
Intesa; b) della presentazione di un piano di pagamento dei debiti certi,
liquidi ed esigibili, cumulati alla data del 31 dicembre 2012 e comprensivi di
interessi nella misura prevista dai contratti, dagli accordi di fornitura,
ovvero dagli accordi transattivi, intervenuti fra le parti, ovvero, in mancanza
dei predetti accordi, dalla legislazione vigente, e dettagliatamente elencati
[…]. Nei limiti delle risorse assegnate ai sensi dei commi 2 e 3 e in via
residuale rispetto ai debiti di cui al primo periodo della presente lettera, il
piano dei pagamenti può comprendere debiti certi, sorti entro il 31
dicembre 2012, intendendosi sorti i debiti per i quali sia stata emessa fattura
o richiesta equivalente di pagamento entro il predetto termine; c) della
sottoscrizione di apposito contratto tra il Ministero dell’economia e
delle finanze – Dipartimento del Tesoro e la regione interessata, nel
quale sono definite le modalità di erogazione e di restituzione delle
somme, comprensive di interessi e in un periodo non superiore a 30 anni,
prevedendo altresì, qualora la regione non adempia nei termini ivi
stabiliti al versamento delle rate di ammortamento dovute, sia le
modalità di recupero delle medesime somme da parte del Ministero
dell’economia e delle finanze, sia l’applicazione di interessi
moratori. Il tasso di interesse a carico della Regione è pari al
rendimento di mercato del Buoni Poliennali del Tesoro a 5 anni in corso di
emissione. 6. All’atto dell’erogazione le regioni interessate
provvedono all’immediata estinzione dei debiti elencati nel piano di
pagamento: dell’avvenuto pagamento e dell’effettuazione delle
relative registrazioni contabili la regione fornisce formale certificazione al
Tavolo di verifica degli adempimenti di cui all’articolo 12 della citata
Intesa, rilasciata dal responsabile della gestione sanitaria accentrata, ovvero
da altra persona formalmente indicata dalla Regione all’atto della
presentazione dell’istanza di cui al comma 4. Quanto previsto dal
presente comma costituisce adempimento regionale ai fini e per gli effetti
dell’articolo 2, comma 68, lettera c), della legge 23 dicembre 2009, n.
191, prorogato a decorrere dal 2013 dall’articolo 15, comma 24, del
decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge
7 agosto 2012, n. 135. 7. A decorrere dall’anno 2013 costituisce
adempimento regionale […] l’erogazione, da parte della regione al
proprio Servizio sanitario regionale, entro la fine dell’anno, di almeno
il 90% delle somme che la regione incassa nel medesimo anno dallo Stato a titolo
di finanziamento del Servizio sanitario nazionale, e delle somme che la stessa
regione, a valere su risorse proprie dell’anno, destina al finanziamento
del proprio servizio sanitario regionale. A decorrere dall’anno 2015 la
predetta percentuale è rideterminata al valore del 95 per cento e la
restante quota deve essere erogata al servizio sanitario regionale entro il 31
marzo dell’anno successivo. […] 9. Nell’ambito del
procedimento di cui all’articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre
2004, n. 311, le regioni possono far valere le somme attinte
sull’anticipazione di liquidità di cui al presente articolo, con
riferimento alle risorse in termini di competenza di cui al comma 1, lettera
b), come valutate dal citato Tavolo di verifica degli adempimenti. A tal fine,
per l’anno 2013, il termine del 31 maggio di cui al citato articolo 1,
comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 è differito al 15 luglio
e conseguentemente il termine del 30 aprile è differito al 15
maggio».
4.3.– È proprio dalla corretta interpretazione delle
richiamate norme interposte – e del contesto sistematico del d.l. n. 35 del 2013 – che discende la soluzione del
presente giudizio. Infatti, le tesi che si fronteggiano riguardano la natura
del finanziamento attribuito alla Regione: mera anticipazione di
liquidità, inidonea a garantire coperture di spesa o disavanzi, secondo
l’assunto del rimettente, oppure vero e proprio mutuo di scopo, secondo
la tesi della Regione, in ciò avallata dall’opinione del
Procuratore regionale della Corte dei conti. In altre parole, il profilo
dirimente della presente questione consiste nel verificare se le norme
regionali censurate siano una fedele specificazione delle disposizioni statali,
come ritenuto dalla Regione e dallo stesso Procuratore, oppure se esse vi
contrastino.
4.3.1.– L’esegesi del decreto-legge non può
prescindere dalla considerazione che nelle sue premesse vengono sottolineate
«l’assoluta necessità di predisporre interventi di immediata
eseguibilità rivolti a graduare il flusso dei pagamenti, accordando priorità
ai crediti che le imprese non hanno ceduto al sistema creditizio» e la
«straordinaria necessità ed urgenza di intervenire in materia di
pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione».
L’art. 2, comma 1, del d.l. n. 35 del 2013 dispone testualmente che le Regioni
«che non possono far fronte ai pagamenti dei debiti [...] a causa di
carenza di liquidità [...] chiedono al Ministero dell’economia e
delle finanze [...] l’anticipazione di somme da destinare ai predetti pagamenti».
Con formulazione analoga, il comma 1 del
successivo art. 3 autorizza lo Stato ad effettuare anticipazioni di
liquidità alle regioni «al fine di favorire l’accelerazione
dei pagamenti dei debiti degli enti del Servizio sanitario nazionale».
L’art. 1, comma 13, dello stesso
decreto-legge prevede un’anticipazione di liquidità a favore degli
enti locali, sostanzialmente analoga a quelle previste per le regioni e per gli
enti del Servizio sanitario nazionale, rispettivamente dai citati artt. 2 e 3,
con la sola differenza che è concessa dalla Cassa depositi e prestiti.
Con riferimento a questa fattispecie il Ministero dell’economia e delle
finanze, con nota del 7 maggio 2013 indirizzata alla predetta Cassa, ha
precisato che per i debiti fuori bilancio può essere concessa
l’anticipazione purché essi siano stati preventivamente
riconosciuti, prevedendo la relativa copertura finanziaria, ed ha fornito le
istruzioni per la loro corretta contabilizzazione (entrata, Titolo V; spesa,
Titolo III), precisando che «l’anticipazione di liquidità
non comporta ampliamento di copertura finanziaria in termini di
competenza».
La I Commissione della Camera dei
deputati (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni), a
proposito del disegno di legge n. 676-A, ha espresso parere favorevole, dopo
aver valutato le disposizioni alla luce dell’art. 119, sesto comma,
Cost., ed ha ritenuto che la norma costituzionale non risultasse violata
«in quanto nel caso delle disposizioni sopra citate si tratterebbe di
un’erogazione avente natura di anticipazione di liquidità
[…] le somme medesime non rilevano – secondo la Ragioneria generale
dello Stato – ai fini della copertura e, per i riflessi sui saldi di
finanza pubblica, incidono solo sul fabbisogno e sul debito, ma non
sull’indebitamento […] di conseguenza, secondo la nota della
Ragioneria, “non si tratta di un vero e proprio prestito da includere nel
campo di applicazione dell’articolo 119, comma sesto, della Costituzione,
in quanto non comporta un ampliamento di copertura finanziaria in termini di
competenza, ma si configura come mera anticipazione di liquidità, a
fronte di coperture già individuate”».
Dalla formulazione di dette disposizioni
si ricava che:
a) la premessa del decreto-legge depone
a favore della natura di mera anticipazione di cassa, facendo riferimento a
debiti della pubblica amministrazione che, proprio in ragione della loro
appartenenza, devono essere già compresi nei bilanci dei decorsi
esercizi; b) la destinazione delle assegnazioni ex d.l.
n. 35 del 2013 al pagamento di residui passivi, cioè di oneri già
previsti in bilanci precedenti e, per ciò stesso, già finanziati,
esclude di per sé che dette assegnazioni costituiscano copertura degli
stessi; c) il riferimento a situazioni debitorie degli enti destinatari
dell’anticipazione conferma in modo implicito che non si tratta di nuova
copertura, dal momento che i debiti dell’amministrazione regionale
possono legalmente sorgere solo all’interno di una gestione del bilancio,
nel caso di specie temporalmente dimensionata in periodo anteriore al 31
dicembre 2012.
4.3.2.– Non ignora, peraltro,
questa Corte che la normativa statale contenuta nel d.l.
n. 35 del 2013 presenta profili di ambiguità riguardo alla natura del
finanziamento. Infatti, la restituzione di capitale ed interessi è
prevista, mediante la predisposizione di un piano di ammortamento, in un
periodo non superiore a trenta anni. Quest’ultimo, per la sua durata,
appare diverso da uno degli elementi tipici, la brevità,
dell’anticipazione di cassa (sentenza n. 188 del
2014).
Anche la locuzione utilizzata
all’art. 3, comma 4, dello stesso decreto-legge – secondo cui
l’anticipazione in questione è fatta «in deroga
all’articolo 10, secondo comma, della legge 16 maggio 1970, n. 281, e
all’articolo 32, comma 24, lettera b), della legge 12 novembre 2011, n.
183», norme che stabiliscono i limiti di indebitamento per le Regioni
– non appare particolarmente precisa.
Altre anfibologie si rilevano per quel
che concerne le anticipazioni nel settore sanitario: le previsioni normative,
da un lato, fanno riferimento ad «anticipazioni di
liquidità» ed a «pagamenti» (art. 3, comma 1),
contemplando tuttavia l’utilizzo a copertura per gli «ammortamenti
non sterilizzati» (art. 3, comma 1, lettera a) e per «mancate
erogazioni per competenza» (art. 3, comma 1, lettera b).
Se alcune aporie semantiche possono
suscitare qualche perplessità circa la tecnica legislativa impiegata,
non v’è dubbio che utilizzare detti profili di ambiguità
per qualificare il finanziamento in esame come vero e proprio mutuo,
anziché mera anticipazione di liquidità, porterebbe
inevitabilmente a concludere che anche le norme interposte sarebbero contrarie
a Costituzione, in quanto palesemente in contrasto con la prescrizione
dell’art. 119, sesto comma, Cost., il cui rispetto, al contrario, era
attestato in sede di lavori preparatori della legge di conversione del d.l. n. 35 del 2013.
Deve essere dunque condivisa
l’opinione del rimettente, secondo cui il meccanismo normativo creato dal
legislatore statale risulta influente sulla sola gestione di cassa:
d’altronde, quando una disposizione si presta a più
interpretazioni e solo una risulta conforme al parametro costituzionale, al
testo legislativo va attribuito il significato compatibile con la Costituzione.
Un’interpretazione sistematica e
costituzionalmente orientata delle norme statali porta dunque a concludere che
le anticipazioni di liquidità altro non costituiscono che anticipazioni
di cassa di più lunga durata temporale rispetto a quelle ordinarie. La
loro ratio, quale si ricava dalla genesi del decreto-legge e dai suoi lavori
preparatori, è quella di riallineare nel tempo la cassa degli enti
strutturalmente deficitari con la competenza, attraverso un’utilizzazione
limitata al pagamento delle passività pregresse unita a contestuali
risparmi nei bilanci futuri, proporzionati alle quote di debito inerenti alla
restituzione della anticipazione stessa così da rientrare dai disavanzi
gradualmente ed in modo temporalmente e finanziariamente proporzionato alla
restituzione dell’anticipazione. E d’altronde – come emerge
dalla formulazione della norma statale (l’onere stimato in 6,25 miliardi
di euro, 2,5 miliardi di euro per il 2013 e 3,7 miliardi di euro per il 2014,
per le anticipazioni di liquidità da restituire in un periodo non
superiore a trent’anni è stato collegato al rendimento dei BTP a 5
anni) – il collegamento del finanziamento dell’ente territoriale ai
titoli del debito pubblico è ulteriore elemento a favore della tesi che
tali operazioni non possano finanziare la copertura di disavanzi o spese di
pertinenza degli esercizi successivi all’entrata in vigore del d.l. n. 35 del 2013.
5.– Occorre poi procedere
all’interpretazione della questione posta dal giudice rimettente. Sebbene
quest’ultima sia sollevata con riferimento sia alle poste di entrata del
finanziamento statale, sia a quelle di spesa, oggetto di censura sono in
realtà solo queste ultime, poiché dalla motivazione dell’ordinanza
si evince con chiarezza che non sarebbe illegittima l’allocazione del
finanziamento statale nel Titolo V dell’entrata, posta contabile che
effettivamente concerne le entrate derivanti da operazioni creditizie, prestiti
e anticipazioni di cassa e di liquidità, bensì la sua mancata
neutralizzazione attraverso una posta di analogo importo al Titolo III della
spesa, in modo da evitare che la liquidità confluisca nella copertura
integrativa di oneri diversi da quelli previsti dal d.l.
n. 35 del 2013.
Oltre che alla mancata neutralizzazione
il sospetto di illegittimità viene poi rivolto alla variazione di spesa,
nella parte in cui le somme anticipate dallo Stato sarebbero destinate a
finalità diverse da quelle inerenti al finanziamento statale.
6.– Alla luce delle esposte premesse, le questioni
sollevate dalla Corte dei conti sono fondate sia in riferimento all’art.
81 che all’art. 119, sesto comma, Cost.
È tuttavia da precisare che
l’illegittimità non riguarda l’allocazione delle partite di
entrata precedentemente richiamate ed in particolare la UPB DB902 –
capitolo 59300 «Anticipazione a valere sul fondo per assicurare la
liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili art. 2
del d.l. 35/2013» e capitolo 59350
«Anticipazione a valere sul fondo per assicurare la liquidità per
pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili art. 3 del d.l.
35/2013» correttamente inserita nel Titolo V afferente alle entrate
derivanti da mutui, prestiti o altre operazioni creditizie (ove peraltro
transitano indifferentemente sia i mutui di scopo che le anticipazioni di
liquidità), bensì le partite di spesa UPB DB09010 –
capitolo 200/0 «Disavanzo finanziario presunto alla chiusura
dell’esercizio 2012» e DB20151 – capitolo 56981 «Trasferimenti
alle aziende sanitarie regionali per l’erogazione delle risorse di cui
all’anticipazione di liquidità ai sensi dell’art. 3, comma
2, del d.l. 35/2013» e capitolo 56985
«Trasferimenti alle aziende sanitarie regionali per l’erogazione
delle risorse di cui all’anticipazione di liquidità ai sensi
dell’art. 3, comma 2 del d.l. 35/2013».
La prima partita di spesa viene
destinata dalla Regione a ripianare il disavanzo d’amministrazione del
2012 e, per i motivi successivamente meglio specificati, viola gli artt. 81 e
119, sesto comma, Cost., in relazione agli artt. 2 e 3
del d.l. n. 35 del 2013.
Nessuna delle due norme interposte
consente di utilizzare le anticipazioni di liquidità per migliorare il
risultato di amministrazione della Regione. Ciò sia con riguardo
all’equilibrio di bilancio, che viene pregiudicato dall’impiego di
un prestito per ottenere effetti economico-patrimoniali, sia con riguardo alla
natura giuridica dell’operazione, diversa dalla finalità di
investimento di cui alla “regola aurea” codificata nel richiamato
art. 119, sesto comma, Cost.
La seconda partita viene destinata ad
ampliare la spesa di competenza dell’esercizio 2013, precludendo
l’adempimento delle obbligazioni pregresse che, per espressa previsione
del legislatore, sono quelle iscritte nella parte del bilancio relativa agli
esercizi pregressi.
In tal modo viene pregiudicato sia
l’equilibrio del bilancio – poiché l’illegittima
destinazione viene a sommarsi, in termini di passività, alle pregresse
situazioni debitorie inevase – sia il rispetto dell’art. 119, sesto
comma, Cost., perché la copertura della
maggiore spesa di competenza viene fronteggiata con il prestito dello Stato, il
cui impiego dovrebbe essere limitato a migliorare la situazione di cassa.
La variazione di bilancio è
altresì illegittima nella parte del Titolo III della spesa ove non sono
previste partite speculari a quelle di entrata iscritte al Titolo V. La mancata
simmetria degli importi iscritti nei predetti Titoli di bilancio impedisce di
“neutralizzare” gli effetti dell’anticipazione di
liquidità sulla spesa corrente e di competenza.
Mentre il legislatore statale, alla luce
di quanto in precedenza argomentato, ha conciliato negli artt. 2 e 3 del d.l. n. 35 del 2013 le dialettiche finalità del
rispetto degli equilibri di bilancio e della “regola aurea” con la
necessità di adempiere ad oneri pregressi, attraverso una mera
anticipazione di cassa di lungo periodo ed un parallelo rientro dal deficit
(mediante proporzionate riduzioni della spesa corrente nel periodo di
ammortamento dell’anticipazione di cassa), quello regionale, con le
impugnate variazioni di bilancio, ha finito per aggravare le disfunzioni cui
l’anticipazione stessa doveva porre rimedio.
Il simmetrico processo di rientro dal
deficit di liquidità avrebbe dovuto essere invece accompagnato nel lungo
periodo da una proporzionata riduzione della situazione debitoria e dal
riequilibrio dello stato economico–patrimoniale della Regione, il cui
turbamento è all’origine di dette disfunzioni.
Al contrario, il legislatore regionale,
manipolando lo schema legislativo che si fonda sul parallelismo di tali
delicati processi, ha contemporaneamente: a) alterato il futuro risultato di
amministrazione, nella misura in cui ha considerato tra le risorse destinate
alla copertura di nuove spese una mera anticipazione di liquidità (sulla
incostituzionalità di norme creatrici di pratiche contabili finalizzate
a consentire capacità apparente di spesa, si vedano le sentenze n. 266 e n. 138 del 2013
e n. 309 del
2012); b) omesso di impiegare le somme per l’adempimento degli
obblighi pregressi, siano essi quelli previsti dall’art. 2 o
dall’art. 3 del d.l. n. 35 del 2013 (in tema di
squilibrio di bilancio originato da situazioni debitorie provocate
dall’inerzia e dai ritardi del legislatore regionale, si veda la sentenza 250 del
2013); c) utilizzato per spese di competenza dell’esercizio 2013
l’anticipazione dello Stato, gestendola come un contratto di mutuo in
patente contrasto con la “regola aurea” di cui all’art. 119,
sesto comma, Cost. (sentenze n. 188 del 2014
e n. 425 del
2004).
6.1.– Non è dunque fondata
l’eccezione della Regione, secondo cui l’utilizzazione prevista
dalle disposizioni impugnate non avrebbe creato effetti espansivi della spesa.
Infatti, come correttamente argomentato
dal rimettente, la destinazione delle somme anticipate alla copertura del
disavanzo pregresso ed a spese della competenza 2013 finisce per alterare il
risultato di amministrazione, nella parte in cui riduce artificiosamente il
disavanzo sommandovi la liquidità acquisita, e peggiora il risultato
consentendo spese della competenza 2013, anziché prescrivere
l’adempimento delle situazioni debitorie non onorate (residui passivi e
residui perenti non prescritti).
Proprio per evitare detto effetto, la
sezione delle autonomie della Corte dei conti (delibera n. 19 del 2014) –
nell’esercizio della funzione nomofilattica in sede di controllo sugli
enti territoriali (sentenza n. 39 del
2014) – e lo stesso Ministero dell’economia e delle finanze
– nel contratto stipulato per la concessione e la restituzione
dell’anticipazione – hanno previsto l’obbligo di sterilizzare
l’anticipazione, affinché la stessa da strumento di flessibilizzazione della cassa non diventi anomalo mezzo di
copertura di nuove spese e di riduzione del disavanzo con modalità
contrarie agli artt. 81 e 119, sesto comma, Cost.
L’anticipazione non deve, infatti,
rappresentare una risorsa aggiuntiva per la copertura di spese o disavanzi,
bensì un istituto di natura finanziario-contabile avente lo scopo di
fornire liquidità per onorare debiti pregressi, già regolarmente
iscritti in bilancio ed impegnati o comunque vincolati.
6.2.– Anche l’argomento
eccepito dalla Regione, in consonanza con la tesi della Procura regionale della
Corte dei conti – secondo cui la neutralizzazione della somma anticipata
«non sarebbe strettamente necessitata in forza dei principi derivanti
dalle norme costituzionali e da quelli espressi dal decreto-legge istitutivo
delle risorse correttive degli squilibri degli enti territoriali e
locali» e «le modalità di contabilizzazione adottate dalla
regione non [contrasterebbero] con la disciplina particolare del decreto-legge
35, atteso che, a fronte dell’obbligo di restituzione in rate annuali
costanti fino al 2043, appare coerente l’iscrizione nel conto del
bilancio della quota capitale e della corrispondente quota interessi di
competenza» – è destituito di fondamento.
Essa contrasta in modo palese con il
combinato disposto dell’art. 119, sesto comma, Cost. – secondo cui
le regioni «[ p]ossono ricorrere
all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento»
– e dell’art. 3 rubricato «Disposizioni in materia di oneri
sociali e di personale e per il funzionamento di amministrazioni ed enti
pubblici», comma 17, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge
finanziaria 2004), secondo cui «[…] costituiscono indebitamento,
agli effetti dell’art. 119, sesto comma, della Costituzione,
l’assunzione di mutui […]. Non costituiscono indebitamento, agli
effetti del citato art. 119, le operazioni che non comportano risorse
aggiuntive, ma consentono di superare, entro il limite massimo stabilito dalla
normativa statale vigente, una momentanea carenza di liquidità e di
effettuare spese per le quali è già prevista idonea copertura di
bilancio».
Dalle norme evocate si ricava
inequivocabilmente che se l’anticipazione di liquidità fosse da
considerare un mutuo ai sensi del citato art. 3, comma 17, la norma statale che
la prevede sarebbe in contrasto con il richiamato parametro costituzionale e,
conseguentemente, sarebbe essa stessa illegittima. A parte l’obbligo
dell’interprete di attribuire alla legge, in casi di polivalenza
semantica, un significato conforme a Costituzione, nel caso in esame proprio la
combinazione di dette norme e la genesi del d.l. n.
35 del 2013 non consentono alternative alla classificazione quale anticipazione
di liquidità delle somme attribuite dallo Stato e da quest’ultimo
acquisite attraverso l’emissione di titoli del debito pubblico.
Peraltro, questa Corte ha già avuto
modo di affermare che «la ratio del divieto di indebitamento per
finalità diverse dagli investimenti trova fondamento in una nozione
economica di relativa semplicità. Infatti, risulta di chiara evidenza
che destinazioni diverse dall’investimento finiscono inevitabilmente per
depauperare il patrimonio dell’ente pubblico che ricorre al
credito» (sentenza
n. 188 del 2014).
6.3.– Anche l’eccezione
formulata dalla Regione – secondo cui, nel caso in cui si ritenesse che
«il quinto capoverso dell’art. 119 possa essere minacciato dalle
leggi regionali che si considerano in relazione al vincolo
dell’indebitamento», non vi sarebbe prova
dell’«avvenuta utilizzazione delle risorse del decreto 35 per spese
diverse da quelle costituenti debito esigibile alla data del 31.12.2012»
e non vi sarebbero conseguentemente effetti lesivi – non è
meritevole di accoglimento per più ordini di ragioni: a) la mancata
utilizzazione dell’anticipazione di liquidità per far fronte agli
oneri pregressi previsti dal d.l. n. 35 del 2013 e la
non consentita allocazione della stessa in bilancio determinano, da parte delle
disposizioni impugnate, la lesione in modo diretto dei precetti costituzionali
invocati; b) la allocazione finalizzata a ripianare il disavanzo di
amministrazione costituisce già «avvenuta utilizzazione» non
conforme a Costituzione dal momento che la liquidità, anziché
essere impiegata per il pagamento dei debiti pregressi è stata acquisita
nella disponibilità finanziaria dell’ente, finendo per alterare in
modo non veritiero il risultato di amministrazione, attraverso la sommatoria
con le componenti attive e passive della gestione finanziaria (in tema di
risultato di amministrazione quale sommatoria algebrica tra riscossioni,
pagamenti, residui attivi, passivi e fondo di cassa, si veda la sentenza n. 70 del
2012); c) detta allocazione, ove fosse conservata, impedirebbe una corretta
parifica del risultato di amministrazione con conseguenze anche sugli esercizi
futuri della Regione Piemonte, per effetto del principio di continuità
del bilancio, il quale collega gli esercizi sopravvenienti nel tempo in modo
ordinato e concatenato; d) la conservazione nel bilancio consuntivo delle somme
stanziate per effetto delle norme oggetto di impugnazione impedisce al
Commissario straordinario del Governo di impiegare le somme inutilizzate per le
finalità di legge.
7.– Con riguardo al profilo sub d), è intervenuto
– nelle more del presente giudizio – l’art. 1, commi da 452 a
458, della legge n. 190 del 2014, la cui attuazione ha comportato la nomina del
Presidente della Regione Piemonte quale Commissario straordinario del Governo
«per il tempestivo pagamento dei debiti pregressi della regione».
A fronte dell’autorizzazione
all’apertura di apposita contabilità speciale da parte del
Commissario straordinario prevista dal comma 453, il comma 454 stabilisce che
la gestione commissariale piemontese «assume, con bilancio separato
rispetto a quello della regione: a) i debiti commerciali certi, liquidi ed
esigibili al 31 dicembre 2013 della regione, compresi i residui perenti non reiscritti in bilancio, per un importo non superiore a
quello delle risorse assegnate alla regione Piemonte a valere sul Fondo per
assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed
esigibili di cui agli articoli 2 e 3 del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, e successive
modificazioni, destinati ad essere pagati a valere sulle risorse ancora non
erogate previste, distintamente per la parte sanitaria e per quella non
sanitaria, delle predette anticipazioni; b) il debito contratto dalla regione
Piemonte per le anticipazioni di liquidità già contratte ai sensi
del richiamato articolo 2 del decreto-legge n. 35 del 2013. La medesima
gestione commissariale può assumere, con il bilancio separato rispetto a
quello della regione, anche il debito contratto dalla regione Piemonte per le
anticipazioni di liquidità già contratte ai sensi del richiamato
articolo 3 del decreto-legge n. 35 del 2013».
Per effetto delle citate norme
sopravvenute e della presente declaratoria di incostituzionalità le
somme non correttamente impiegate potranno quindi entrare nella
disponibilità del Commissario straordinario al fine di liquidare le
passività pregresse ed evitare, almeno per la parte recuperata, un
ulteriore debito statale e regionale: infatti dal comma 452 si deduce che il
Commissario straordinario potrà utilizzare pienamente quanto già
versato dallo Stato alla Regione Piemonte e da questa non erogato.
Ne consegue ulteriormente che il
Commissario straordinario deputato ad assicurare la corretta gestione delle
partite debitorie e creditorie interessate all’eccezionale operazione
finanziata dallo Stato, potrà realizzare con cadenza annuale, fino
all’estinzione della gestione straordinaria, apposite regolazioni
finanziarie col bilancio regionale, idonee a prevenire errori e duplicazioni di
spesa ed a garantire la tutela degli interessi finanziari ispiratori della
complessa manovra istituita dal legislatore statale.
Infatti, dalla sopravvenuta legge n. 190
del 2014, si ricava che, a conclusione di ciascun esercizio della gestione
commissariale, dovrà essere verificata la coerenza tra i dati del
rendiconto della Regione Piemonte e quello coevo del Commissario, la
correttezza delle regolazioni contabili, in particolare di quelle inerenti al
passaggio da un bilancio all’altro dei residui perenti e passivi, delle
quote di anticipazione e delle quote di restituzione rateale del finanziamento.
Con specifico riguardo alla attività di parifica della Corte dei conti,
quest’ultima dovrà verificare – alla luce del descritto sistema
binario – i risultati di amministrazione della Regione Piemonte negli
esercizi successivi a quello in relazione al quale è stata sollevata
questione di legittimità costituzionale.
8.– Dunque, una legge dello Stato,
nata – dopo una complessa elaborazione caratterizzata dall’esigenza
di conciliare i dialettici interessi di salvaguardia della “regola
aurea” e dell’adempimento delle obbligazioni pregresse – per
porre rimedio agli intollerabili ritardi nei pagamenti, ha subito, per effetto
del non corretta attuazione da parte delle disposizioni regionali impugnate,
una singolare eterogenesi dei fini, i cui più sorprendenti esiti sono
costituiti dalla mancata spendita delle anticipazioni di cassa,
dall’allargamento oltre i limiti di legge della spesa di competenza, dall’alterazione
del risultato di amministrazione, dalla mancata copertura negli esercizi futuri
del deficit antecedente alle erogazioni di cui agli artt. 2 e 3 del d.l. n. 35 del 2013, dalla conseguente nomina di un
Commissario straordinario di Governo.
Per quanto considerato deve essere
dichiarata l’illegittimità costituzionale per contrasto con gli
artt. 81 e 119, sesto comma, Cost. ed in relazione agli artt. 2 e 3 del d.l. n. 35 del 2013: della legge reg. Piemonte n. 16 del
2013, nella parte spesa relativa alle UPB DB09010 – capitolo 200/0
«Disavanzo finanziario presunto alla chiusura dell’esercizio
2012» e UPB DB20151 – capitolo 156981 «Trasferimenti alle
aziende sanitarie regionali per l’erogazione delle risorse di cui
all’anticipazione di liquidità ai sensi dell’art. 3, comma
2, del d.l. 35/2013»; degli artt. 1 e 2 della
legge reg. Piemonte n. 19 del 2013, nella parte in cui hanno approvato gli
Allegati A) e C) rispettivamente per la parte spesa UPB DB09010 –
capitolo 200/0 «Disavanzo finanziario presunto alla chiusura
dell’esercizio 2012», che ha previsto l’incremento delle
dotazioni destinate a ridurre il disavanzo di amministrazione, e per la parte
spesa UPB DB20151, che ha istituito il capitolo 156985 «Trasferimenti
alle aziende sanitarie regionali per l’erogazione delle risorse di cui
all’anticipazione di liquidità ai sensi dell’art. 3, comma
2, del d.l. 35/2013»; delle citate leggi
regionali n. 16 e n. 19 del 2013, nella parte in cui non prevedono
l’inserimento nel Titolo III della spesa di una posta sterilizzante di
pari importo delle somme dello Stato complessivamente incamerate al Titolo V
dell’entrata dalla Regione.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara
l’illegittimità costituzionale della legge della Regione Piemonte 6
agosto 2013, n. 16 (Assestamento al bilancio di previsione per l’anno
finanziario 2013 e al bilancio pluriennale per gli anni finanziari 2013/2015),
nella parte in cui istituisce la spesa relativa alle UPB DB09010 –
capitolo 200/0 «Disavanzo finanziario presunto alla chiusura
dell’esercizio 2012» e UPB DB20151 – capitolo 156981
«Trasferimenti alle aziende sanitarie regionali per l’erogazione
delle risorse di cui all’anticipazione di liquidità ai sensi dell’art.
3, comma 2, del d.l. 35/2013»;
2) dichiara
l’illegittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge della
Regione Piemonte 29 ottobre 2013, n. 19 (Ulteriori disposizioni finanziarie per
l’anno 2013 e pluriennale 2013-2015), nella parte in cui hanno approvato
gli Allegati A) e C) rispettivamente per la parte spesa UPB DB09010 –
capitolo 200/0 «Disavanzo finanziario presunto alla chiusura
dell’esercizio 2012» e per la parte spesa UPB DB20151 –
capitolo 156985 «Trasferimenti alle aziende sanitarie regionali per
l’erogazione delle risorse di cui all’anticipazione di
liquidità ai sensi dell’art. 3, comma 2, del d.l.
35/2013»;
3) dichiara
l’illegittimità costituzionale della legge reg. Piemonte n. 16 del
2013 e della legge reg. Piemonte n. 19 del 2013, nella parte in cui non
prevedono l’inserimento, nel Titolo III della spesa del bilancio 2013, di
una posta di importo pari alle somme complessivamente incamerate al Titolo V
dell’entrata ed erogate da parte dello Stato ai sensi degli artt. 2 e 3
del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35 (Disposizioni urgenti per il pagamento
dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio degli
enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti
locali), convertito con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge
6 giugno 2013, n. 64.
Così deciso in Roma, nella sede
della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 giugno 2015.
F.to:
Alessandro CRISCUOLO, Presidente
Aldo CAROSI, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 23 luglio 2015.