SENTENZA N. 89
ANNO 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Giorgio LATTANZI Presidente
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario
Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto
Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità
costituzionale dell’art. 7, commi 1, 2 e 3, della legge
della Regione Abruzzo 10 gennaio 2013, n. 2, recante «Disposizioni finanziarie
per la redazione del bilancio annuale 2013 e pluriennale 2013-2015 della
Regione Abruzzo (Legge finanziaria regionale 2013)»; degli artt. 1, 4, 11,
15, comma 3, della legge
della Regione Abruzzo 10 gennaio 2013, n. 3 (Bilancio di previsione per
l’esercizio finanziario 2013 - Bilancio pluriennale 2013-2015); e dell’art.
16 della legge
della Regione Abruzzo 16 luglio 2013, n. 20, intitolata «Modifiche alla legge
regionale 10 gennaio 2013, n. 2 recante "Disposizioni finanziarie per la
redazione del bilancio annuale 2013 e pluriennale 2013 - 2015 della Regione
Abruzzo (Legge Finanziaria Regionale 2013)”, modifiche alla legge regionale 10
gennaio 2013, n. 3 recante "Bilancio di previsione per l’esercizio finanziario
2013 – bilancio pluriennale 2013-2015” e ulteriori disposizioni normative»,
promosso dalla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per l’Abruzzo,
nel giudizio di parificazione del rendiconto generale dell’esercizio finanziario
2013 della Regione Abruzzo, con ordinanza
del 23 marzo 2016, iscritta al n. 97 del registro ordinanze 2016 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale,
dell’anno 2016.
Visto l’atto di costituzione della Regione Abruzzo;
udito nell’udienza pubblica del 22 marzo 2017 il Giudice
relatore Aldo Carosi;
udito
l’avvocato Stefania Valeri per la
Regione Abruzzo.
Ritenuto in fatto
1.‒ Con ordinanza del 23 marzo
2016, iscritta al n. 97 del registro ordinanze 2016, la Corte dei conti,
sezione regionale di controllo per l’Abruzzo, ha sollevato, in riferimento agli
artt.
81, quarto comma, nel testo vigente prima della modifica introdotta dalla legge
costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di
bilancio nella Carta costituzionale), e 119, sesto comma, della
Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 7, commi 1,
2 e 3, della legge della Regione Abruzzo 10 gennaio 2013, n. 2, recante
«Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2013 e
pluriennale 2013-2015 della Regione Abruzzo (Legge finanziaria regionale
2013)»; degli artt. 1, 4, 11 e 15, comma 3, della legge della Regione Abruzzo
10 gennaio 2013, n. 3 (Bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2013
- Bilancio pluriennale 2013-2015); e dell’art. 16 della legge della Regione
Abruzzo 16 luglio 2013, n. 20, intitolata «Modifiche alla legge regionale 10
gennaio 2013, n. 2 recante "Disposizioni finanziarie per la redazione del
bilancio annuale 2013 e pluriennale 2013 - 2015 della Regione Abruzzo (Legge
Finanziaria Regionale 2013)”, modifiche alla legge regionale 10 gennaio 2013,
n. 3 recante "Bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2013 -
bilancio pluriennale 2013-2015” e ulteriori disposizioni normative».
1.1.‒ La sezione di controllo
rimettente ‒ premessi i reiterati comportamenti omissivi e dilatori posti
in essere dalla Regione Abruzzo già dal 2012 ‒ riferisce di essere
investita del procedimento di parificazione del rendiconto generale del
bilancio della Regione Abruzzo dell’esercizio finanziario 2013 e ne illustra il
relativo svolgimento.
Dal conto di detto bilancio per
l’esercizio 2013 emergerebbe, come illustrato nel corso del giudizio di
parificazione, un disavanzo d’amministrazione pari ad euro 538.201.471,80,
risultante dal saldo algebrico tra fondo cassa (+372.586.542,75 euro), residui
attivi (+2.189.508.684,93 euro), residui passivi (-1.377.808.708,02 euro) e
somme vincolate da reiscrivere in competenza (-1.722.487.991,46 euro).
Il risultato negativo di amministrazione
costituirebbe l’esito finale della gestione e, come tale, sarebbe determinato
dall’attuazione dei documenti di programmazione finanziaria, in particolare del
bilancio di previsione e delle relative variazioni, concernenti le previsioni
di entrata e le conseguenti autorizzazioni di spesa. A sua volta, il risultato
di amministrazione influenzerebbe le successive gestioni in virtù del nesso di
continuità che lega gli esercizi finanziari.
In particolare, la rimettente
rappresenta che l’analisi condotta ha evidenziato che su tale saldo finale
avrebbero inciso, tra gli altri, impegni di spesa derivanti dalla
riprogrammazione di economie di spesa legate a entrate a destinazione vincolata
(c.d. economie vincolate), finanziate da avanzo non accertato in via definitiva
con l’approvazione del rendiconto relativo all’esercizio precedente (c.d.
avanzo presunto), nonché dal ricorso all’anticipazione di liquidità in base al
decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35 (Disposizioni urgenti per il pagamento dei
debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario
degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti
locali), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64.
In dettaglio, la sezione si riferisce
alle seguenti disposizioni normative regionali che avrebbero condizionato la
gestione finanziaria ed il conseguente risultato contabile: con l’art. 7, commi
1, 2 e 3, della legge reg. Abruzzo n. 2 del 2013 viene disposta, per
l’esercizio finanziario 2013, la riprogrammazione delle economie vincolate
riportate nell’Allegato 3, con conseguente autorizzazione all’iscrizione delle
stesse nel bilancio di previsione 2013. Il comma 2, inoltre, prevede che tale
riprogrammazione abbia efficacia per l’esercizio finanziario 2013 e che gli
importi non impegnati entro il termine dell’esercizio medesimo riacquistino la
loro destinazione di spesa originaria; ai sensi del comma 3, gli impegni
assunti sui capitoli di cui all’Allegato 3 devono essere imputati
prioritariamente agli importi riprogrammati. Infine, con l’art. 15, comma 3,
della legge reg. Abruzzo n. 3 del 2013 viene recepita nel bilancio di
previsione 2013, mediante apposito allegato, la predetta riprogrammazione di
economie vincolate, per l’importo di euro 77.738.970,60.
Successivamente, l’allegato citato
sarebbe stato più volte modificato: in particolare, l’art. 3, comma 1, della
legge della Regione Abruzzo 30 dicembre 2013, n. 59 (Adeguamento L.R. 10
gennaio 2013, n. 2 alla Sentenza della
Corte Costituzionale 9 ottobre 2013, n. 241, ulteriori interventi
finanziari urgenti, modifiche alla L.R. 31 luglio 2012, n. 39, recante
"Disciplina della professione di maestro di sci” e modifiche alla L.R. 16
settembre 1998, n. 86 recante "Ordinamento della professione di guida
alpina-maestro di alpinismo, di aspirante guida alpina, di accompagnatore di
media montagna-maestro di escursionismo”), sostituisce integralmente la tabella
allegata, relativa alla riprogrammazione delle economie vincolate, riducendone
l’importo complessivo a euro 61.889.400,15. In applicazione delle precedenti
disposizioni normative, quindi, con l’art. 11 della legge reg. Abruzzo n. 3 del
2013 verrebbe riportato, nello stato di previsione dell’entrata, il saldo
finanziario positivo presunto 2012 (per euro 1.053.840.000,00), destinandolo
alla copertura delle seguenti somme reiscritte nella competenza dello stato di
previsione della spesa: a) capitoli dei fondi di riserva 323600 (UPB 15.01.003)
«Fondo per la riassegnazione di economie vincolate», per euro 913.261.029,40 e
323700 (UPB 15.02.003) «Fondo per la riassegnazione di risorse perenti vincolate
eliminate dal conto dei residui», per euro 50.000.000,00; b) capitoli 323500
(UPB 15.02.003) «Fondo speciale per la riassegnazione dei residui passivi delle
spese in conto capitale, perenti agli effetti amministrativi, reclamati dai
creditori - articolo 18 della LR 25 febbraio 2002, n. 3» (euro 6.000.000,00) e
321920 (UPB 15.01.002) «Fondo di riserva per la riassegnazione dei residui
passivi di parte corrente, perenti agli effetti amministrativi, reclamati dai
creditori - articolo 18 della L.R. 25 marzo 2002, n. 3» (euro 3.000.000,00). Lo
stesso avanzo presunto è destinato altresì a copertura dei capitoli riportati
nella Tabella economie vincolate riprogrammate con il bilancio di previsione
annuale 2013, allegata alla legge, per complessivi euro 77.738.970,60 (elencati
nella parte in fatto dell’ordinanza di rimessione); c) capitolo 81520 (UPB
12.01.001) «Oneri per il piano di rientro del settore sanitario - LR 16.3.2007,
n. 4», a titolo di maggiori entrate da manovre fiscali regionali degli anni
precedenti a copertura del piano di rientro dai deficit sanitari, per euro
3.840.000,00; le disposizioni dell’art. 15 della legge reg. Abruzzo n. 3 del
2013 vengono, poi, recepite negli artt. 1 e 4 della medesima legge. Con questi
ultimi vengono approvati, rispettivamente, i totali generali delle entrate e
delle spese del bilancio di competenza della Regione per l’esercizio
finanziario 2013, inclusivi sia dell’avanzo presunto, sia degli stanziamenti di
spesa dallo stesso coperti, tra i quali quelli legati alla riprogrammazione di
economie vincolate di cui al precedente punto b); infine, con l’art. 16, commi
1, 2 e 3, della legge reg. Abruzzo n. 20 del 2013 si prevede l’anticipazione di
liquidità ex art. 3 del d.l. n. 35 del 2013.
La Regione Abruzzo ha quindi ottenuto,
nel 2013, la somma di euro 174.009.000,00 a titolo di anticipazione di
liquidità per il pagamento dei debiti certi, liquidi ed esigibili cumulati al
31 dicembre 2012 dalle aziende sanitarie della Regione; detta somma sarebbe
contabilizzata nel bilancio regionale, dal lato delle entrate nel capitolo
51001.1 (UPB 05.01.001) «Anticipazione di liquidità ex art. 3 del decreto-legge
8 aprile 2013, n. 35» e dal lato delle spese nel corrispettivo capitolo 81591.1
(UPB 12.01.006) «Risorse ex anticipazione di liquidità ex articolo 3 del
decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, per la ricapitalizzazione degli enti del
Servizio Sanitario regionale», istituiti con deliberazione della Giunta
regionale n. 539 del 22 luglio 2013.
Con il citato art. 16 della legge reg.
Abruzzo n. 20 del 2013, la Regione provvede ad assicurare la copertura annuale
del rimborso dell’anticipazione di liquidità con le entrate derivanti
dall’aumento della tassa automobilistica di cui all’art. 1 della legge della
Regione Abruzzo 9 novembre 2011, n. 39 (Disposizioni in materia di entrate),
per un importo di euro 13.000.000,00; nel bilancio, gli oneri legati al
rimborso trovano copertura finanziaria con gli stanziamenti iscritti sul
capitolo di spesa 313320 (UPB 16.03.002) «Rimborso quota capitale anticipazione
di liquidità dello Stato, ex articolo 3 del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35»
e sul capitolo di spesa 311720 (UPB 16.01.002) «Interessi passivi su
anticipazione di liquidità dello Stato, ex articolo 3 del decreto-legge 8
aprile 2013, n. 35». La legge regionale non contempla, però, previsioni tese a
neutralizzare, attraverso la costituzione di un fondo di accantonamento di pari
importo, i margini di competenza derivanti dall’iscrizione in entrata
dell’anticipazione di liquidità in esame.
Nel corso dell’udienza di parifica, il
Procuratore regionale ha eccepito l’illegittimità costituzionale di tutte le
disposizioni di legge sopra elencate ed ha chiesto la sospensione del giudizio
sulla regolarità del rendiconto generale del bilancio della Regione Abruzzo
dell’esercizio finanziario 2013.
1.2.– In punto di rilevanza, la sezione
rimettente evidenzia che nella fattispecie in esame, le valutazioni finalizzate
alla parifica dei capitoli riportati nella tabella economie vincolate
riprogrammate con il bilancio di previsione annuale 2013, nonché dei capitoli
51001.1 (UPB 05.01.001) «Anticipazione di liquidità ex articolo 3 del
decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35» sul lato delle entrate e 81591.1 (UPB
12.01.006) «Risorse ex anticipazione di liquidità ex articolo 3 del
decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, per la ricapitalizzazione degli enti del
Servizio Sanitario regionale» sul lato della spesa, comporterebbero
l’applicazione delle leggi regionali n. 2 del 2013, n. 3 del 2013, n. 20 del
2013 e n. 59 del 2013 che ne hanno disciplinato o modificato il finanziamento:
donde la rilevanza della questione.
Sarebbe difatti evidente che, nella
vigenza delle menzionate norme regionali e in assenza di scrutinio di
legittimità costituzionale, la sezione, pur dubitando di detta legittimità,
dovrebbe parificare le predette componenti del rendiconto della Regione
Abruzzo, vanificando le finalità per cui è stata attribuita alla Corte dei
conti la funzione di parifica dei rendiconti regionali.
Le disposizioni finanziarie e di
bilancio censurate, peraltro, inciderebbero sulla gestione annuale,
determinando un ampliamento non consentito della capacità di spesa, pari
all’importo dell’avanzo presunto illegittimamente utilizzato per finalità di
copertura; inoltre le variazioni di bilancio, operate con il richiamato art. 16
della legge reg. Abruzzo n. 20 del 2013, avrebbero generato un impatto
sostanziale sugli equilibri, sul risultato d’amministrazione e,
conseguentemente, anche sull’equilibrio dei bilanci futuri. Difatti, se si applicassero
le citate disposizioni, il disavanzo d’amministrazione dell’esercizio 2013
rimarrebbe fissato in euro 538.201.471,80, come esposto nel progetto di legge
di approvazione del rendiconto. Diversamente, se le stesse venissero dichiarate
costituzionalmente illegittime, le spese legate alla riprogrammazione di
economie vincolate e quelle finanziate con le anticipazioni di liquidità,
ottenute ai sensi dell’art. 3 del d.l. n. 35 del 2013, provocherebbero un
incremento del disavanzo d’amministrazione del relativo importo
(rispettivamente per euro 61.889.400,15 ed euro 174.009.000,00).
Trattandosi di disavanzo
d’amministrazione, che deve essere obbligatoriamente ripianato, esso condiziona
anche l’equilibrio degli esercizi futuri.
1.3.‒ La sezione di controllo
rimettente solleva, innanzitutto, questioni di legittimità costituzionale delle
disposizioni concernenti la riprogrammazione di economie vincolate, la cui
copertura verrebbe garantita con avanzo presunto.
In particolare, censura l’art. 7, commi
1, 2 e 3, della legge reg. Abruzzo n. 2 del 2013, che dispone la
riprogrammazione delle economie vincolate riportate nell’Allegato 3, per
l’importo complessivo iniziale di euro 77.738.970,60, poi ridotto a euro
61.889.400,15, autorizzandone l’iscrizione nel bilancio di previsione. Detta
riprogrammazione ha efficacia per l’esercizio finanziario 2013 e gli importi
non impegnati entro il termine dell’esercizio medesimo riacquistano la loro
destinazione di spesa originaria. In base al comma 3, inoltre, gli impegni assunti
sui capitoli di cui al predetto Allegato 3 sono imputati prioritariamente agli
importi riprogrammati.
La menzionata riprogrammazione viene poi
recepita nel bilancio di previsione 2013 attraverso l’art. 15, comma 3, della
legge reg. Abruzzo n. 3 del 2013, inserita tra gli stanziamenti di spesa (art.
4 della stessa legge regionale) e finanziata con avanzo presunto (art. 11 della
ripetuta legge regionale).
Come già dianzi rammentato, la copertura
tramite avanzo presunto, di cui all’art. 11, nella versione originaria, della
legge reg. Abruzzo n. 3 del 2013, comprendeva anche i capitoli 323500 (UPB
15.02.003) «Fondo speciale per la riassegnazione dei residui passivi delle
spese in conto capitale, perenti agli effetti amministrativi, reclamati dai
creditori - articolo 18 della LR 25 febbraio 2002, n. 3» (euro 6.000.000,00) e
321920 (UPB 15.01.002) «Fondo di riserva per la riassegnazione dei residui
passivi di parte corrente, perenti agli effetti amministrativi, reclamati dai
creditori - articolo 18 della L.R. 25 marzo 2002, n. 3» (euro 3.000.000,00).
La sezione rimettente ritiene, pertanto,
che i medesimi profili di illegittimità costituzionale, per assenza di adeguata
copertura finanziaria, non appaiano manifestamente infondati anche riguardo
alla riprogrammazione di economie attualmente contemplata nell’art. 11 della
legge reg. Abruzzo n. 3 del 2013, a fronte del saldo finanziario presunto del
2012. In particolare, dubita che le riprogrammazioni effettuate con le
disposizioni censurate siano in linea con il principio di unità di bilancio ‒
desumibile dall’art. 81, quarto comma, Cost. (nel testo vigente prima della
modifica introdotta dalla legge costituzionale n. 1 del 2012), e reso esplicito
dall’art. 24, comma 1, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di
contabilità e finanza pubblica).
Le norme in esame sarebbero inoltre in
contrasto con il principio di tutela degli equilibri di bilancio, anch’esso
contenuto nell’art. 81, quarto comma, Cost., nel testo vigente prima della
modifica introdotta dalla legge cost. n. 1 del 2012, in quanto la
riprogrammazione delle economie vincolate ivi disposta non rispetterebbe le
condizioni fissate da questa Corte nella sentenza n. 192 del
2012.
Il predetto principio impedirebbe,
difatti, di estrapolare dalle risultanze degli esercizi precedenti singole
partite, ai fini della loro applicazione al bilancio successivo.
Inoltre, la riprogrammazione sarebbe finanziata
mediante applicazione di «Avanzo presunto», posta che, per giurisprudenza
consolidata, costituisce entità giuridicamente e contabilmente inesistente,
sicché «nessuna spesa può essere accesa in poste di bilancio correlate ad un
avanzo presunto, se non quella finanziata da fondi vincolati e regolarmente
stanziati nell’esercizio precedente» (sentenza n. 70 del
2012).
L’intero impianto dell’art. 11 della legge
regionale n. 3 del 2013 configurerebbe, dunque, la violazione dei principi
della copertura e dell’unità e concorrerebbe a rendere il bilancio
dell’esercizio 2013 privo di equilibrio nel suo complesso, poiché
determinerebbe il sovradimensionamento della spesa rispetto alle risorse
effettivamente disponibili, in presenza di un avanzo presunto rimasto tale fino
a fine esercizio.
Resterebbe, infine, da valutare se la
riprogrammazione prevista dal censurato art. 11 possa rientrare nell’eccezione
al principio generale rappresentata dai fondi a destinazione vincolata rimasti
inutilizzati al termine degli esercizi precedenti. Tale eccezione sarebbe
subordinata alla condizione che permangano le finalità perseguite attraverso il
loro originario stanziamento ed essa non potrebbe operare con riguardo a nuovi
obiettivi enunciati in sede di reiscrizione delle somme nell’esercizio di
competenza.
Ciò premesso, le riprogrammazioni
disposte dall’art. 7, commi 1, 2 e 3, della legge reg. Abruzzo n. 2 del 2013
non soddisferebbero, secondo la sezione rimettente, i requisiti dianzi
descritti, in quanto le risorse derivanti dalle economie vincolate sarebbero
destinate a coprire spese diverse rispetto a quelle che giustificavano
l’originario stanziamento, come emergerebbe chiaramente dalla disamina delle
voci elencate nella tabella di cui all’Allegato 3. D’altronde, sarebbe proprio
la riprogrammazione di risorse rispetto alla destinazione originaria l’elemento
che differenzia le reiscrizioni di cui al predetto art. 7 da quelle previste
dall’art. 15, commi 1 e 2, della legge reg. Abruzzo n. 3 del 2013, le quali,
infatti, sarebbero finanziate con avanzo presunto, ma rimarrebbero destinate
agli originari vincoli finalistici.
Inoltre, l’art. 7, comma 2, della legge
regionale n. 2 del 2013, nel disporre il ritorno alla destinazione di spesa
originaria degli importi non impegnati a fine 2013, confermerebbe la
circostanza che la riprogrammazione di cui al comma precedente potrebbe
comportare la deviazione delle risorse dalla loro originaria finalità.
In questo modo si eluderebbe il divieto
di utilizzazione dell’avanzo presunto, in quanto la Regione amplierebbe la
propria capacità di spesa per mezzo dell’utilizzazione di risorse vincolate per
altre finalità.
In conclusione, l’utilizzo di risorse
vincolate non impiegate per finanziare in bilancio altre spese, minerebbe ‒
in assenza di un rendiconto approvato dal quale emerga un idoneo avanzo di
amministrazione ‒ gli equilibri di bilancio della Regione, la quale, al
manifestarsi delle esigenze di spesa alla base dell’originario stanziamento,
non potrà più disporre delle economie vincolate, in quanto riprogrammate per
altre finalità.
1.4.‒ La sezione rimettente
dubita, inoltre, della legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 81,
quarto comma, nel testo vigente prima della modifica introdotta dalla legge
cost. n. 1 del 2012, e 119, sesto comma, Cost., dell’art. 16 della legge reg.
Abruzzo n. 20 del 2013, che disciplina il rimborso dell’anticipazione di
liquidità in base all’art. 3 del d.l. n. 35 del 2013, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 64 del 2013, in quanto «non prevede misure quali
lo stanziamento di un apposito fondo di accantonamento, teso a sterilizzare i
margini di competenza generati dall’iscrizione, tra le poste in entrata,
dell’anticipazione di liquidità».
Con la menzionata disposizione la
Regione Abruzzo avrebbe assicurato la copertura annuale del rimborso
dell’anticipazione di liquidità ottenuta con le entrate derivanti dall’aumento
della tassa automobilistica di cui all’art. 1 della legge reg. Abruzzo n. 39
del 2011, per un importo annuale di euro 13.000.000,00. Le variazioni di
bilancio necessarie per dare evidenza all’anticipazione di liquidità sono state
approvate, con delibera n. 539 del 22 luglio 2013, dalla Giunta regionale ai
sensi dell’art. 25, comma 2, della legge reg. n. 3 del 2002. La Giunta
regionale avrebbe, quindi, istituito, nella parte entrata e nella parte spesa
del bilancio di previsione 2013, i seguenti capitoli con i relativi stanziamenti:
capitolo di entrata 51001.1 (UPB 05.01.001) «Anticipazione di liquidità ex
articolo 3 del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35», con uno stanziamento in
termini di competenza e di cassa pari a euro 174.009.000,00; capitolo di spesa
81591.1 (UPB 12.01.006) «Risorse, ex anticipazione articolo 3 del decreto-legge
8 aprile 2013, n. 35, per la ricapitalizzazione degli enti del Servizio
Sanitario regionale», con uno stanziamento in termini di competenza e di cassa
pari a euro 174.009.000,00. La posta in entrata rientra nel Titolo V (entrate
derivanti da mutui, prestiti o altre operazioni creditizie), mentre quella in
uscita nel Titolo I (spese correnti).
Detta anticipazione sarebbe stata
assimilata, in base ad un’interpretazione sistematica e costituzionalmente
orientata, all’istituto dell’anticipazione di cassa, pur se caratterizzato da
elementi di ambiguità, quali la durata trentennale, la destinazione a copertura
degli «ammortamenti non sterilizzati» e delle «mancate erogazioni per
competenza».
Dalla predetta ricostruzione giuridica
dell’anticipazione di liquidità consegue che, nella rappresentazione contabile,
la stessa non dovrebbe configurarsi come una risorsa aggiuntiva per la
copertura di spese o disavanzi, bensì come un istituto di natura finanziario-contabile
avente lo scopo di fornire liquidità per onorare debiti pregressi, già
regolarmente iscritti in bilancio ed impegnati o comunque vincolati.
Proprio per evitare tale deviazione, la
sezione delle autonomie della Corte dei conti, con deliberazione n. 19 dell’11
luglio 2014, nell’esercizio della funzione nomofilattica in sede di controllo
sugli enti territoriali, ed il Ministero dell’economia e delle finanze, nel
contratto stipulato per la concessione e la restituzione dell’anticipazione,
hanno previsto l’obbligo di sterilizzare l’anticipazione, affinché la stessa,
da strumento di flessibilizzazione della cassa, non diventi anomalo mezzo di
copertura di nuove spese e di riduzione del disavanzo con modalità contrarie ai
menzionati parametri costituzionali.
Al contrario, il censurato art. 16 della
legge reg. Abruzzo n. 20 del 2013 non prevederebbe alcuna forma di
sterilizzazione dell’anticipazione di liquidità, ma si limiterebbe ad
individuare le risorse per la copertura delle spese legate alle rate annuali di
restituzione dell’anticipazione stessa (euro 13.000.000,00 inclusivi della
quota capitale e della quota interessi), destinando, a tal fine, a decorrere
dall’anno 2014, per un periodo pari a trenta anni e comunque fino alla totale
estinzione di quanto dovuto, le entrate derivanti dall’aumento della tassa
automobilistica, di cui all’art. 1 della legge reg. Abruzzo n. 39 del 2011.
Nel disegno di legge concernente il
rendiconto generale della Regione Abruzzo per l’esercizio 2013 (deliberazione
della giunta regionale n. 688/C del 27 agosto 2015), sottoposto a parifica,
detta lacuna non sarebbe stata colmata, apponendo al risultato di
amministrazione un vincolo pari all’importo dell’anticipazione di liquidità,
con conseguente incremento del disavanzo, da euro 538.201.471,80 ad euro
712.210.472,80.
Secondo la sezione rimettente, la mera
previsione dei soli stanziamenti di spesa, funzionali alla restituzione futura
delle somme ottenute, non sarebbe sufficiente a garantire che la configurazione
contabile dell’anticipazione di liquidità si mantenga in linea con il quadro
costituzionale, come già rilevato nella sentenza n. 181 del 2015.
Sul punto, non sarebbero idonee a fugare
i dubbi di costituzionalità dell’art. 16 della legge regionale n. 20 del 2013,
le osservazioni formulate dalla Regione Abruzzo, nel contraddittorio precedente
al giudizio di parifica, ove sono state richiamate le disposizioni prima
contenute nel decreto-legge 13 novembre 2015, n. 179 (Disposizioni urgenti in
materia di contabilità e di concorso all’equilibrio della finanza pubblica
delle Regioni), non convertito, e poi confluite nella legge 28 dicembre 2015,
n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», le quali prevedono una
disciplina speciale, tesa, da un lato, a far emergere i disavanzi conseguenti
alla mancata sterilizzazione dell’anticipazione di liquidità ex d.l. n. 35 del
2013 da parte delle Regioni che hanno già provveduto ad approvare con legge i
rendiconti relativi agli esercizi 2013 e 2014; dall’altro, ad individuare un
percorso progressivo di recupero di tale disavanzo.
Secondo la Regione Abruzzo, dette norme
consentirebbero di rinviare al rendiconto 2014 l’accantonamento
dell’anticipazione di liquidità ricevuta, mentre, secondo la rimettente esse
costituirebbero una disciplina eccezionale, finalizzata a dare evidenza
contabile a eventuali disavanzi occulti, in presenza di rendiconti già
approvati, prevedendo, contestualmente, un iter agevolato di ripianamento degli
eventuali saldi negativi emersi. Tali disposizioni, per contro, non
esonererebbero la Regione Abruzzo dal dare immediata attuazione alle
indicazioni contenute nella sentenza n. 181 del 2015: l’ente, avendo ritardato
ad approvare i propri rendiconti, è chiamato a dare corretta rappresentazione
contabile all’operazione di anticipazione di liquidità ottenuta già
dall’esercizio 2013, ancora aperto, accantonando le necessarie risorse nel
risultato di amministrazione e facendo conseguentemente emergere un maggiore
disavanzo.
2.− Con memoria depositata il 6
giugno 2016, si è costituita la Regione Abruzzo che ha innanzitutto illustrato
il contesto generale da cui è scaturita l’odierna questione.
A partire dal 2006 la Regione Abruzzo ha
avuto necessità di mettere sotto controllo la spesa per il servizio sanitario
regionale e risanare i debiti pregressi, definendo il Piano di rientro del
deficit del Servizio sanitario, sottoscritto con il Governo nel marzo 2007 ed i
Piani operativi annuali redatti per le annualità successive. Successivamente,
nel luglio 2008, le dimissioni del Presidente della Giunta Regionale ed il
conseguente scioglimento del Consiglio avrebbero reso impossibile
l’approvazione del rendiconto relativo all’esercizio finanziario 2007 e procrastinato
l’inizio della legislatura successiva al gennaio 2009.
Infine, il sisma dell’aprile 2009
avrebbe inevitabilmente compromesso la regolare gestione delle procedure
contabili, dovendo l’azione amministrativa fronteggiare la situazione di
prolungata emergenza.
Peraltro, una volta venute meno le
illustrate cause di forza maggiore, l’amministrazione regionale, a partire dal
2010, avrebbe proceduto all’approvazione dei rendiconti ed al risanamento delle
proprie finanze, con strumenti e misure di riduzione, dettagliatamente elencati
in memoria.
L’esercizio finanziario del 2013, il cui
rendiconto ha formato oggetto del giudizio contabile a quo, sarebbe stato
difatti l’ultimo esercizio nel quale la Regione Abruzzo avrebbe fatto ricorso
alla riprogrammazione di economie vincolate al fine di assolvere obbligazioni
pluriennali già sussistenti ed il cui inadempimento avrebbe prodotto rilevanti
danni alle finanze. A partire dal 2014 non è stato più necessario ricorrere
all’utilizzo di economie vincolate.
2.1.− La Regione Abruzzo ha,
inoltre, ribadito quanto già dedotto in sede di giudizio di parifica.
In particolare, non sfugge alla Regione
il principio in base al quale non possono essere previste in poste di bilancio
spese correlate ad un avanzo presunto, ad eccezione, però, delle spese
finanziate con fondi vincolati, come già riconosciuto nella sentenza n. 70 del
2012.
Dette risorse, iscritte in bilancio con
vincolo di destinazione, qualora non vengano impegnate alla fine
dell’esercizio, costituirebbero «avanzo vincolato presunto» e si
differenzierebbero dalle «economie di stanziamento» già previste dall’art. 7,
comma 4, della legge reg. Abruzzo n. 2 del 2013, dichiarato incostituzionale con
la sentenza n.
241 del 2013 che ne ha statuito la confluenza nell’avanzo di
amministrazione disponibile presunto.
Nella menzionata sentenza, anche
attraverso il richiamo alla precedente sentenza n. 192 del
2012, questa Corte avrebbe ribadito l’obbligo di non utilizzare risorse che
concorrono a determinare il risultato di amministrazione di esercizi
precedenti, estrapolando e applicando parte di esse prima che intervenga il
rendiconto.
Sarebbe evidente, secondo la difesa
regionale, il riferimento di detta pronuncia alle risorse che, non essendo
vincolate, devono costituire economie di bilancio e confluire nell’«avanzo disponibile
presunto» e che, se estrapolate e applicate prima del rendiconto, renderebbero
«incerto e mutevole il risultato stesso» (è citata la sentenza n. 241 del
2013), dovendosi, di contro, escludere quelle iscritte in bilancio con
vincolo di destinazione che alla fine dell’esercizio, se non impegnate,
costituiscono «avanzo vincolato presunto». Queste ultime, difatti, non
potrebbero minare la certezza del risultato del rendiconto, dal momento che il
permanere per esse del vincolo sussistente al momento dell’iscrizione in
bilancio (o della relativa riprogrammazione) obbliga ad escludere l’ammontare
delle stesse dal calcolo dell’avanzo o disavanzo effettivo che ciascun
rendiconto registra.
Nei richiamati precedenti (sentenze n. 241 del
2013 e n.
192 del 2012), questa Corte avrebbe, in buona sostanza, ritenuto che la
riprogrammazione delle economie vincolate e la relativa esposizione in uno
specifico allegato alla legge regionale finanziaria e di bilancio siano
condizioni indispensabili per l’individuazione e l’impiego di risorse
finanziarie. Peraltro, la Regione Abruzzo avrebbe provveduto ad adeguare il
proprio ordinamento e il proprio bilancio alla citata pronuncia n. 241
del 2013, assicurando, con la legge regionale n. 59 del 2013, una nuova
copertura della spesa finanziata con la specifica previsione dichiarata
incostituzionale.
Infine, la difesa regionale ha ribadito
quanto già dedotto in sede di giudizio di parifica in ordine al fatto che la declaratoria
di illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 4, della legge reg. Abruzzo
n. 2 del 2013 non è stata estesa ai precedenti commi 1, 2 e 3, come, invece,
accaduto in altre circostanze (è citata, ad esempio, la sentenza n. 249 del
2014).
In conclusione, il complesso percorso di
riordino dei conti avviato dalla Regione Abruzzo a partire dal 2006, anche in
relazione alla definizione e all’attuazione del Piano di rientro dai debiti
sanitari pregressi, avrebbe comportato la necessità di procedere all’utilizzo
delle risorse vincolate pregresse per adempiere a obblighi ineludibili già
facenti capo alla medesima Regione. Ciò, unitamente alle drastiche politiche di
riduzione della spesa e dell’indebitamento, avrebbe consentito alla Regione di
pervenire progressivamente al ripristino dell’equilibrio del bilancio, con il
bilancio di previsione 2015, nonostante gli ingenti tagli di trasferimenti di
risorse da parte dello Stato a partire dal 2010.
Le deduzioni relative all’art. 7, commi
1, 2 e 3, della legge reg. Abruzzo n. 2 del 2013 possono essere riferite anche
agli artt. 1, 4, 11 e 15, comma 3, della legge regionale n. 3 del 2013 e,
dunque, risulterebbero assorbenti.
2.2.− In ordine alla dedotta
illegittimità costituzionale dell’art. 16 della legge regionale n. 20 del 2013,
la Regione Abruzzo ritiene non conferenti le ragioni addotte a sostegno della
declaratoria di illegittimità costituzionale di analoghe disposizioni della
Regione Piemonte, contenuta nella sentenza n. 181 del 2015, dal momento che la
situazione della Regione Abruzzo presenterebbe tratti di specificità derivanti
dalla mancata conclusione dell’iter di parifica del rendiconto 2013, ancora in
corso alla data dell’entrata in vigore del decreto legge n. 179 del 2015, che
differenzierebbero, sul piano applicativo, la portata precettiva della norma
censurata.
La Regione Abruzzo ha, quindi, concluso
per l’inammissibilità o per la non fondatezza delle questioni sollevate.
Nel corso dell’udienza pubblica, la
difesa della Regione Abruzzo ha illustrato la sopravvenuta legge regionale 7
marzo 2017, n. 16 (Rendiconto generale per l’esercizio 2013. Conto finanziario,
conto generale del patrimonio e nota illustrativa preliminare), che avrebbe
approvato il rendiconto 2013, il quale presenterebbe un congruo avanzo. In tal
modo sarebbe non solo dimostrata l’opera di risanamento dei conti regionali, ma
sarebbero anche superate le censure della sezione rimettente in ordine alla
copertura delle partite di spesa impugnate e delle spese correlate alla
anticipazione di liquidità.
Considerato in diritto
1.– Con l’ordinanza indicata in epigrafe
la Corte dei conti, sezione regionale di controllo per l’Abruzzo, ha sollevato
questioni di legittimità costituzionale dell’art. 7, commi l, 2 e 3, della
legge della Regione Abruzzo 10 gennaio 2013, n. 2, recante «Disposizioni
finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2013 e pluriennale 2013-2015
della Regione Abruzzo (Legge finanziaria regionale 2013)»; degli artt. 1, 4, 11
e 15, comma 3, della legge della Regione Abruzzo 10 gennaio 2013, n. 3
(Bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2013 - Bilancio pluriennale
2013-2015); e dell’art. 16 della legge della Regione Abruzzo 16 luglio 2013, n.
20, intitolata «Modifiche alla legge regionale 10 gennaio 2013, n. 2 recante
"Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2013 e
pluriennale 2013 - 2015 della Regione Abruzzo (Legge Finanziaria Regionale
2013)”, modifiche alla legge regionale 10 gennaio 2013, n. 3 recante "Bilancio
di previsione per l’esercizio finanziario 2013 - bilancio pluriennale
2013-2015” e ulteriori disposizioni normative», in riferimento agli artt. 81,
quarto comma, nel testo vigente prima della modifica introdotta dalla legge
costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di
bilancio nella Carta costituzionale), e 119, sesto comma, della Costituzione.
L’ordinanza è stata emessa nel corso di
un giudizio di parificazione del rendiconto 2013 (delibera n. 39/2016/PARI)
nell’ambito del quale la Corte dei conti, sezione regionale di controllo
Abruzzo, è addivenuta ad una decisione di parifica solo parziale. In pratica
sono state convalidate soprattutto le partite afferenti alla gestione in
termini di cassa, mentre gran parte degli accertamenti sui crediti e sui debiti
iscritti in bilancio ha avuto esito negativo, rendendo impossibile la convalida
dei relativi residui attivi e passivi conservati nella contabilità regionale.
Allo stralcio della parte dei residui, che non ha superato l’esame del
controllo della Corte dei conti, si è aggiunta la sospensione del giudizio di
parifica per una serie di partite, quelle con riguardo alle quali il rimettente
dubita della legittimità delle norme di legge regionale che ne hanno consentito
l’iscrizione e la conservazione in bilancio, oggetto del presente scrutinio di
costituzionalità.
1.1.– Secondo il rimettente, l’art. 7,
commi l, 2 e 3, della legge reg. Abruzzo n. 2 del 2013, disponendo la
riprogrammazione di alcune economie realizzate negli esercizi precedenti,
attraverso l’attribuzione di un vincolo successivo e strumentale
all’ampliamento della facoltà di spesa, violerebbe il principio dell’equilibrio
del bilancio di cui all’art. 81 Cost.
Anche l’art. 15, comma 3, della legge
reg. Abruzzo n. 3 del 2013, che recepisce la riprogrammazione delle economie
vincolate riportate nella tabella di cui al precedente art. 11 della medesima
legge, prevedendone l’iscrizione nello stato di previsione della spesa, risponderebbe
ad analoga ratio contrastante con il suddetto precetto costituzionale.
Il citato art. 11 della legge reg.
Abruzzo n. 3 del 2013, nella parte in cui dispone l’iscrizione, nel totale
generale delle entrate, della voce «Saldo finanziario positivo presunto»
(recte: avanzo di amministrazione presunto), a copertura delle somme di cui
all’art. 7, commi l, 2 e 3, della legge reg. Abruzzo n. 2 del 2013, reiscritte
in parte competenza dello stato di previsione della spesa, sarebbe anch’esso
strumentale all’indebito allargamento della spesa consentita.
Sotto il medesimo profilo sono censurati
gli artt. l e 4 della stessa legge reg. Abruzzo n. 3 del 2013, di approvazione,
rispettivamente, dei totali generali delle entrate e delle spese del bilancio
di competenza della Regione per l’esercizio finanziario 2013, per la parte
relativa all’iscrizione ed all’utilizzazione dell’avanzo presunto.
La combinazione delle norme richiamate
sarebbe gravemente lesiva del principio dell’equilibrio del bilancio.
Secondo il giudice a quo sarebbe
illegittimo utilizzare, con finalità di copertura, il saldo di amministrazione
positivo presunto in quanto palesemente in contrasto con la situazione
amministrativo-contabile afferente agli anni immediatamente antecedenti.
Così, alla data di approvazione del
bilancio di previsione 2013, alla Regione che lo ha adottato non sarebbero
dovuti sfuggire i disavanzi acclarati negli esercizi 2009 (413,6 milioni di
euro), 2010 (433,1 milioni di euro), 2011 (484,5 milioni di euro) e 2012 (454,96
milioni di euro). Detti disavanzi non sarebbero mai stati oggetto di manovre di
recupero mediante iscrizione nei bilanci degli esercizi successivi.
L’ultimo disavanzo, quello
dell’esercizio 2012, manifestatosi a seguito dell’approvazione del relativo
rendiconto con la legge della Regione Abruzzo 23 dicembre 2014, n. 45
(Rendiconto generale per l’esercizio 2012. Conto finanziario, conto generale
del patrimonio e nota illustrativa preliminare), non sarebbe assolutamente
compatibile con l’iscrizione e l’utilizzazione di una posta attiva inesistente.
Inoltre, secondo il rimettente,
contrasterebbe con i parametri costituzionali invocati la riesumazione di
pregresse partite di spesa, destinandone gli stanziamenti residui ad iniziative
del tutto diverse da quelle di origine, con l’effetto di aggirare, in tal modo,
i limiti di spesa consentiti dalle risorse effettivamente a disposizione.
Anche l’art. 16 della legge reg. Abruzzo
n. 20 del 2013, non prevedendo alcuna forma di sterilizzazione
dell’anticipazione di liquidità autorizzata mediante inserimento di una posta
di importo pari alle somme complessivamente incamerate al Titolo V
dell’entrata, sarebbe, a sua volta, in contrasto con il principio
dell’equilibrio di bilancio di cui all’art. 81 Cost. e con l’art. 119, sesto
comma, Cost. in tema di limiti all’indebitamento.
Secondo il giudice rimettente, la
rappresentazione contabile di detta anticipazione non può configurarsi come una
risorsa aggiuntiva per la copertura di spese o disavanzi, bensì come un istituto
di natura finanziario-contabile avente lo scopo di fornire liquidità per
onorare debiti pregressi, già regolarmente iscritti in bilancio ed impegnati o
comunque vincolati per legge.
Proprio per evitare tale deviazione, la
sezione delle autonomie della Corte dei conti (deliberazione n.
19/SEZAUT/2014/QMIG dell’11 luglio 2014) – nell’esercizio della funzione
nomofilattica (sentenza
n. 39 del 2014) in sede di controllo sugli enti territoriali – e lo stesso
Ministero dell’economia e delle finanze – nel contratto stipulato per la
concessione e la restituzione dell’anticipazione – avrebbero previsto l’obbligo
di sterilizzare l’anticipazione stessa, affinché, da strumento di
flessibilizzazione della cassa, non diventi anomalo mezzo di copertura di nuove
spese e di alterazione delle risultanze della gestione economico-finanziaria.
L’art. 16 della legge reg. Abruzzo n. 20
del 2013 non prevederebbe invece alcuna forma di sterilizzazione dell’anticipazione
di liquidità autorizzata, ma si limiterebbe ad individuare le risorse per la
copertura delle spese legate alle rate annuali di restituzione della stessa (13
milioni di euro, comprensivi delle quote annuali di capitale ed interessi),
destinando, a tal fine, a decorrere dall’anno 2014, per un periodo pari a
trenta anni e comunque fino alla totale estinzione di quanto dovuto, le entrate
derivanti dall’aumento della tassa automobilistica.
Sottolinea il giudice a quo che la sua
prospettazione sarebbe conforme ai canoni fissati dalla sentenza di questa
Corte n. 181 del 2015. I principi enunciati in detta pronuncia sarebbero
stati recepiti, a loro volta, dal legislatore nazionale, il quale, nell’art. 1,
comma 692, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità
2016)», avrebbe previsto, come modalità alternativa di registrazione
dell’anticipazione di liquidità, l’iscrizione, «nel titolo di spesa riguardante
il rimborso dei prestiti, [di] un fondo anticipazione di liquidità, di importo
pari alle anticipazioni di liquidità incassate nell’esercizio, non impegnabile
e pagabile, destinato a confluire nel risultato di amministrazione, come quota
accantonata definita dall’articolo 42 del decreto legislativo 23 giugno 2011,
n. 118».
Effettivamente, «[u]n’interpretazione
sistematica e costituzionalmente orientata delle norme statali porta dunque a
concludere che le anticipazioni di liquidità altro non costituirebbero che
anticipazioni di cassa di più lunga durata temporale rispetto a quelle
ordinarie. La loro ratio, quale si ricava dalla genesi del decreto-legge e dai
suoi lavori preparatori, sarebbe quella di riallineare nel tempo la cassa degli
enti strutturalmente deficitari con la competenza, attraverso un’utilizzazione
limitata al pagamento delle passività pregresse unita a contestuali risparmi
nei bilanci futuri, proporzionati alle quote di debito inerenti alla
restituzione della anticipazione stessa così da rientrare dai disavanzi
gradualmente ed in modo temporalmente e finanziariamente proporzionato alla
restituzione dell'anticipazione» (sentenza n. 181 del
2015). E d’altronde per la copertura dei disavanzi di amministrazione il
legislatore statale ha previsto forme alternative d’intervento (con l’art. 3,
comma 16, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, recante «Disposizioni
in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio
delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1
e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42», la copertura del disavanzo in un arco
temporale trentennale; con l’art. 9, comma 5, del decreto-legge 19 giugno 2015,
n. 78, recante «Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali.
Disposizioni per garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di
controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario
nazionale nonché norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali», la
copertura del disavanzo in dieci anni).
1.2.– Costituita in giudizio, la Regione
Abruzzo sostiene che la questione di legittimità costituzionale sollevata
sarebbe irrilevante o, comunque, non fondata.
Le disposizioni impugnate in tema di
utilizzazione dell’avanzo presunto e delle economie vincolate sarebbero, ad
avviso della Regione, perfettamente conformi al principio secondo cui i fondi a
specifica destinazione non utilizzati negli esercizi precedenti possono essere
impiegati indipendentemente dalle risultanze attive o passive dei rendiconti
afferenti alle decorse annualità.
Nel corso dell’udienza la difesa regionale
ha sostenuto che non vi sarebbe un disavanzo di amministrazione precedente,
poiché i residui attivi e passivi da sommare alle risultanze di cassa
finirebbero per dare al risultato di amministrazione un segno positivo: è stata
così richiamata la legge regionale 7 marzo 2017, n. 16 (Rendiconto generale per
l’esercizio 2013. Conto finanziario, conto generale del patrimonio e nota
illustrativa preliminare) che avrebbe dimostrato l’esistenza di un avanzo per
l’esercizio 2013.
Sostiene, peraltro, la resistente che
questa Corte – nella sentenza n. 241 del
2013 emessa a seguito di un ricorso in via principale del Presidente del
Consiglio dei ministri – avrebbe scrutinato favorevolmente i censurati commi l,
2 e 3 dell’art. 7 della legge reg. Abruzzo n. 2 del 2013 (che dispongono la
riprogrammazione di economie vincolate e dunque di parte dell’avanzo
vincolato), così sancendo il permanere, nell’ordinamento positivo, di tali
disposizioni normative.
Ritiene la Regione Abruzzo che – sebbene
in quella sede le norme in esame non fossero state impugnate dallo Stato – «ove
codesto Giudice avesse ritenuto viziati da illegittimità costituzionale anche i
commi l, 2 e 3 (le cui norme costituiscono fonte giuridica della
riprogrammazione di economie vincolate nel bilancio 2013 mediante utilizzo di
parte dell’avanzo vincolato) avrebbe esteso anche a questi ultimi il proprio
pronunciamento, come peraltro è avvenuto, proprio nei confronti della Regione
Abruzzo con la sentenza n. 249 del 2014, laddove, nel dichiarare
l’illegittimità costituzionale dell’art. 38 della L.R. 18/12/2013 n. 55 e
dell’art. 7 della L.R. 21/3/2011 n. 14, è stata altresì dichiarata "in via
consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme
sulla costituzione e sul funzionamento della Corte Costituzionale),
l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma l, della legge della Regione
Abruzzo 30 luglio 2014, n. 34 (Modifica all’articolo 7 della legge regionale 27
marzo 2014, n. 14)”, in considerazione dell’inscindibile connessione esistente
con le norme oggetto della presente declaratoria d’incostituzionalità».
Pertanto, i commi l, 2 e 3 dell’art. 7 della legge reg. Abruzzo n. 2 del 2013
resterebbero «validamente presenti nell’ordinamento positivo della Regione
Abruzzo e disciplin[erebbero] la riprogrammazione di economie vincolate».
Nella discussione orale la difesa
regionale ha menzionato la sopravvenuta legge reg. Abruzzo n. 16 del 2017, che
avrebbe approvato il rendiconto 2013, il quale presenterebbe un congruo avanzo
di amministrazione. In tal modo sarebbe non solo dimostrata l’opera di
risanamento dei conti regionali, ma sarebbero anche superate le censure del
rimettente in ordine alla copertura delle partite di spesa impugnate e delle
spese correlate alla anticipazione di liquidità.
2.– Sotto il profilo dell’ammissibilità,
è costante e risalente l’orientamento di questa Corte, secondo cui la Corte dei
conti, in sede di giudizio di parificazione del bilancio, è legittimata a
promuovere questione di legittimità costituzionale avverso le disposizioni di
legge che determinano, nell’articolazione e nella gestione del bilancio stesso,
effetti non consentiti dai principi posti a tutela degli equilibri economico-finanziari
e dagli altri precetti costituzionali, che custodiscono la sana gestione
finanziaria (ex plurimis, sentenze n. 181 del
2015, n. 213
del 2008 e n.
244 del 1995).
In particolare, ricorrono integralmente
nel caso del procedimento di parifica tutte le condizioni per le quali questa
Corte ha ammesso la possibilità di sollevare questione di legittimità
costituzionale in via incidentale nell’ambito dell’attività di controllo di
legittimità-regolarità della Corte dei conti.
Tali condizioni possono essere così
sintetizzate:
a) applicazione di parametri normativi.
È da sottolineare, in proposito, come nel procedimento di parifica il
prevalente quadro normativo di riferimento sia quello del d.lgs. n. 118 del
2011 e come l’esito del procedimento sia dicotomico nel senso di ammettere od
escludere dalla parifica le singole partite di spesa e di entrata che
compongono il bilancio (sull’esito dicotomico dei controlli di
legittimità-regolarità sui bilanci degli enti territoriali, sentenza n. 40 del
2014);
b) giustiziabilità del provvedimento in
relazione a situazioni soggettive dell’ente territoriale eventualmente
coinvolte. Infatti, l’art. 1, comma 12, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n.
174 (Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti
territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate
nel maggio 2012), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012,
n. 213, come modificato dall’art. 33, comma 2, lettera a), numero 3), del decreto-legge
del 24 giugno 2014, n. 91 (Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la
tutela ambientale e l’efficientamento energetico dell’edilizia scolastica e
universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei
costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di
adempimenti derivanti dalla normativa europea), convertito, con modificazioni,
dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, dispone che avverso le delibere della
sezione regionale di controllo della Corte dei conti – tra le quali, appunto,
quella afferente al giudizio di parificazione – «è ammessa l’impugnazione alle
Sezioni riunite della Corte dei conti in speciale composizione, con le forme e
i termini di cui all’articolo 243-quater, comma 5, del decreto legislativo 18
agosto 2000, numero 267»;
c) pieno contraddittorio sia nell’ambito
del giudizio di parifica esercitato dalla sezione di controllo della Corte dei
conti sia nell’eventuale giudizio ad istanza di parte, qualora quest’ultimo
venga avviato dall’ente territoriale cui si rivolge la parifica. In entrambe le
ipotesi è contemplato anche il coinvolgimento del pubblico ministero a tutela
dell’interesse generale oggettivo della regolarità della gestione finanziaria e
patrimoniale dell’ente territoriale (art. 243-quater, comma 5, del decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante «Testo unico delle leggi
sull’ordinamento degli enti locali»; artt. 53 e seguenti del regolamento di
procedura di cui al regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038, recante «Approvazione
del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti», ora
sostituiti dagli artt. 172 e seguenti dell’allegato 1 del decreto legislativo
26 agosto 2016, n. 174, recante «Codice di giustizia contabile, adottato ai
sensi dell’articolo 20 della legge 7 agosto 2015, n. 124»). In definitiva,
anche nel procedimento di parifica «è garantita la possibilità che gli
interessi ed il punto di vista dell’amministrazione, nelle sue varie
articolazioni, siano fatti valere nel corso del procedimento. [...] D’altronde,
sul piano sostanziale, il riconoscimento di tale legittimazione [al giudizio
costituzionale] si giustifica anche con l’esigenza di ammettere al sindacato
della Corte costituzionale leggi che, come nella fattispecie in esame, più difficilmente
verrebbero, per altra via, ad essa sottoposte» (sentenza n. 226 del
1976).
In conclusione può dirsi che nella
parifica del rendiconto regionale «la situazione è, dunque, analoga a quella in
cui si trova un qualsiasi giudice (ordinario o speciale), allorché procede a
raffrontare i fatti e gli atti dei quali deve giudicare alle leggi che li
concernono» (sentenza
n. 226 del 1976). Pertanto, pur non essendo un procedimento giurisdizionale
in senso stretto, «ai limitati fini dell’art. 1 della legge cost. n. 1 del 1948
e dell’art. 23 della legge n. 87 del 1953, la [parifica della] Corte dei conti è,
sotto molteplici aspetti, analoga alla funzione giurisdizionale, piuttosto che
assimilabile a quella amministrativa, risolvendosi nel valutare la conformità
degli atti che ne formano oggetto alle norme del diritto oggettivo, ad
esclusione di qualsiasi apprezzamento che non sia di ordine strettamente
giuridico. Il controllo effettuato dalla Corte dei conti è un controllo
esterno, rigorosamente neutrale e disinteressato, volto unicamente a garantire
la legalità degli atti ad essa sottoposti, e cioè preordinato a tutela del
diritto oggettivo» (sentenza n. 181 del
2015).
3.– Quanto alla rilevanza ed alla non
manifesta infondatezza, il rimettente espone analiticamente i motivi per cui le
disposizioni impugnate lo costringerebbero a parificare partite di spesa, la
cui natura ed allocazione non sarebbero conformi ai parametri costituzionali
richiamati. La Corte dei conti fa presente che, «pur dubitando della relativa
costituzionalità, dovrebbe parificare le predette componenti del rendiconto
della Regione Abruzzo, venendo quindi meno alle finalità per le quali è stata
intestata alla Corte dei conti la funzione di parifica dei rendiconti
regionali». L’esatta determinazione del risultato di amministrazione
costituirebbe «l’oggetto principale e lo scopo del giudizio di parificazione
che […] riguarda non solo la verifica delle riscossioni e dei pagamenti e dei
relativi resti (residui) ma anche, e soprattutto, la verifica, a consuntivo,
degli equilibri di bilancio. Inoltre, trattandosi di disavanzo
d’amministrazione, che deve essere obbligatoriamente ripianato, esso condiziona
anche l’equilibrio degli esercizi futuri». In particolare, detta applicazione
comporterebbe di validare un risultato di amministrazione infedele e di
consentire un allargamento di spesa al di fuori dei vincoli di bilancio
risultanti dal patto di stabilità e dalle altre disposizioni in materia
economico-finanziaria. Inoltre, l’utilizzazione dell’anticipazione di liquidità
come mutuo comporterebbe, secondo la prospettazione del rimettente, la
violazione della "regola aurea”, di cui all’art. 119, sesto comma, Cost.,
secondo cui i mutui sono consentiti soltanto per spese di investimento.
Da quanto detto discende quindi
l’ammissibilità delle questioni in esame, sia sotto il profilo della
legittimazione dell’organo rimettente a sollevarle, sia sotto quello della
rilevanza e della non manifesta infondatezza.
4.– Occorre poi esaminare la richiesta
formulata dalla Regione Abruzzo nel corso dell’udienza pubblica di dichiarare
la cessazione della materia del contendere a seguito della sopravvenienza della
legge reg. Abruzzo n. 16 del 2017. Secondo la Regione, quest’ultima
consentirebbe di superare le questioni sollevate dal giudice a quo.
La richiesta non può essere accolta,
trattandosi di un giudizio in via incidentale in cui la normativa sopravvenuta
potrebbe, al più, venire in rilievo ai fini della restituzione degli atti al
giudice rimettente per un nuovo vaglio delle questioni sollevate (ex multis, ordinanze n. 230
e n. 258 del
2016). Evenienza, quest’ultima, comunque da escludersi, dal momento che lo
ius superveniens non ha inciso sulle disposizioni censurate dalla rimettente
Corte dei conti.
Peraltro – come si avrà modo di
precisare in seguito – la novella regionale produce norme e meccanismi
contabili elusivi dei medesimi precetti in questa sede invocati.
5.– Occorre innanzitutto chiarire in
punto di diritto due profili controversi sui quali si basa la difesa della
Regione: a) se sia possibile considerare vincolato un fondo proveniente dalle
economie realizzate su pregressi programmi (a suo tempo specificamente
finanziati) attraverso la nuova attribuzione di un diverso vincolo creato da
una nuova disposizione regionale; b) se sia possibile utilizzare
l’anticipazione di liquidità come componente attiva del risultato di
amministrazione oppure se tale anticipazione, da riassorbire nel termine
trentennale di restituzione delle singole rate, debba essere neutralizzata
attraverso l’esposizione, in parte passiva di ciascun bilancio di detto
periodo, della quota complessiva da restituire.
5.1.– In ordine al punto a), è costante
l’orientamento di questa Corte secondo cui «"i vincoli di destinazione delle
risorse confluenti a fine esercizio nel risultato di amministrazione permangono
anche se quest’ultimo non è capiente a sufficienza o è negativo: in questi casi
l’ente deve ottemperare a tali vincoli attraverso il reperimento delle risorse
necessarie per finanziare gli obiettivi, cui sono dirette le entrate vincolate
rifluite nel risultato di amministrazione negativo o incapiente”. Tuttavia, la
deroga al principio generale può essere adottata soltanto in relazione alla
permanenza delle finalità originarie e non con riguardo ai nuovi obiettivi
enunciati in sede di reiscrizione delle somme nell’esercizio di competenza.
Infatti, l’eccezione al principio di correlazione al risultato positivo di
amministrazione è giustificata dalla "clausola generale in materia contabile
che garantisce l’esatto impiego delle risorse stanziate per specifiche finalità
di legge”» (sentenza
n. 192 del 2012, riferita ad analoga fattispecie della Regione Abruzzo;
nello stesso senso, sentenza n. 70 del
2012).
Quanto alla deroga al principio generale
per cui le economie finiscono per confluire, incrementandone la componente
attiva, nel risultato complessivo dell’esercizio, la Corte ha ulteriormente
chiarito che – come conferma l’articolazione del principio contabile contenuto
nell’allegato 4/2, punto 9.2 (rubricato «Il risultato di amministrazione»), del
d.lgs. n. 118 del 2011 – le economie, in quanto tali, non possono essere
rappresentate nella parte passiva del bilancio e nelle componenti negative che
determinano il risultato di amministrazione, il quale, al contrario, si deve
giovare – per tale naturale effetto matematico – di un miglioramento di
dimensione pari all’economia realizzata. Solo in caso di mancato raggiungimento
dell’obiettivo cui è sotteso il vincolo – e solo ai fini del suo ulteriore
perseguimento – è consentito mantenere (ove a ciò non osti ulteriormente
l’obbligo di restituzione dei fondi non tempestivamente impiegati, erogati
all’ente pubblico per il raggiungimento di uno scopo infungibile ed
immodificabile, come ad esempio accade per alcuni fondi europei) le somme
residue – a suo tempo riscosse o comunque accertate nelle forme di legge –
quale quota vincolata del risultato d’amministrazione.
La devoluzione delle economie al nuovo
obiettivo è consentita solo quando la legge istitutiva dell’originario vincolo
oppure il principio contabile di cui all’allegato 4/2, punto 9.2, del d.lgs. n.
118 del 2011 e successive modifiche ed integrazioni prevedono tale possibilità
(per l’interpretazione costituzionalmente orientata di detto principio, sentenza n. 184 del
2016).
Il richiamato principio contabile si
connota inoltre dell’ulteriore regola generale secondo cui le attività
confluite nel risultato di amministrazione possono essere impiegate
nell’esercizio successivo solo «se l’ente non ha rinviato la copertura del
disavanzo di amministrazione negli esercizi successivi, [ed] ha provveduto nel
corso dell’esercizio alla copertura di tutti gli eventuali debiti fuori
bilancio» (allegato 4/2, punto 9.2).
Da ciò deriva che non può considerarsi
vincolato un fondo prelevato da una pregressa iniziativa ormai conclusa e
"riprogrammato” in esercizi successivi per nuovi e diversi obiettivi.
La logica di queste regole, immanenti
all’ordinamento finanziario ed opportunamente esplicitate nell’evocato
principio contabile, trova fondamento proprio negli artt. 81, terzo comma (già
quarto comma), e 97, primo comma, Cost., come introdotto dalla legge cost. n. 1
del 2012, poiché sia le ipotesi normative consentite dalla norma interposta,
sia quelle vietate sono collegate alla salvaguardia degli equilibri di
bilancio.
Ulteriormente esemplificando, se
nell’ambito di un bilancio "sano” la confluenza delle economie in un avanzo di
amministrazione consente di destinare quest’ultimo a nuovi obiettivi, la
presenza di disavanzi di amministrazione provenienti dagli esercizi precedenti
e/o di risultati in pendenza di accertamento, preclude, al contrario, la
creazione surrettizia (nel caso di specie attraverso la "riprogrammazione”) di
un nuovo scopo, poiché tale operazione normativa finisce per aggravare lo
squilibrio potenziale o già accertato.
In definitiva, «il principio di tutela
degli equilibri di bilancio contenuto nell’art. 81, quarto [ora terzo] comma,
Cost., impedisce di estrapolare dalle risultanze degli esercizi precedenti
singole partite ai fini della loro applicazione al bilancio successivo. Si
tratta di una regola posta a presidio della sana gestione finanziaria, dal
momento che la sottrazione di componenti attive dall’aggregato complessivo (il
quale determina il risultato di amministrazione), effettuata senza la previa
verifica di sussistenza dell’avanzo, può aggravare gli eventuali saldi negativi
del conto consuntivo. Essa viene infatti a ridurre il saldo economico
(risultante dall’aggregato complessivo costituito dai residui attivi, dai
residui passivi e dal fondo di cassa) in misura pari alla risorsa sottratta per
la reiscrizione nell’esercizio successivo» (sentenza n. 192 del
2012).
5.2.– Quanto alla questione se sia
possibile utilizzare l’anticipazione di liquidità come componente attiva degli
aggregati che confluiscono nel risultato di amministrazione, tale facoltà deve
essere esclusa alla luce della normativa vigente e della giurisprudenza della
Corte costituzionale e della Corte dei conti.
Per quanto si dirà più diffusamente in
prosieguo, la contabilizzazione dell’anticipazione di liquidità non può essere
disciplinata come un mutuo, la cui provvista finanziaria serve a coprire la
spesa per investimenti ed entra pertanto, a pieno titolo, nella componente
attiva, che concorre a determinare il risultato di amministrazione.
6.– Tanto premesso, è utile esaminare
congiuntamente – in ragione della stretta interdipendenza prospettata dal
rimettente – le questioni sollevate in riferimento all’art. 81 Cost. dalla
Corte dei conti nei confronti dell’art. 7, commi 1, 2 e 3, della legge reg.
Abruzzo n. 2 del 2013; degli artt. 11 e 15, comma 3, della legge reg. Abruzzo
n. 3 del 2013; e degli artt. 1 e 4 della medesima legge reg. Abruzzo n. 3 del
2013, nella parte in cui determinano, rispettivamente, i totali generali delle
entrate e delle spese del bilancio regionale di competenza per l’esercizio
finanziario 2013.
6.1.– Tali questioni sono fondate.
Le norme impugnate compongono un
"mosaico” finanziario che produce contestualmente un allargamento della spesa
consentita ed una alterazione del risultato finanziario caratterizzante, allo
stato, la Regione Abruzzo.
Sotto il profilo eziologico, infatti, la
sequenza normativa opera nel seguente ordine logico: a) l’art. 11 della legge
reg. Abruzzo n. 3 del 2013, nella parte in cui dispone l’iscrizione, nel totale
generale delle entrate, della voce «saldo finanziario positivo presunto», a
copertura delle economie riprogrammate ai sensi dell’art. 7, commi 1, 2 e 3,
della legge reg. Abruzzo n. 2 del 2013, ne consente la correlata iscrizione in
bilancio con conseguente incremento della spesa complessiva; b) gli artt. 1 e 4
della legge reg. Abruzzo n. 3 del 2013, includendo, rispettivamente, nei totali
generali delle entrate e delle spese del bilancio per l’esercizio 2013,
l’iscrizione di tale avanzo presunto e delle correlate economie riprogrammate,
consentono l’espansione dei conseguenti oneri finanziari oltre i limiti
consentiti dall’art. 81 Cost.; c) l’art. 7, commi 1, 2 e 3, della legge reg.
Abruzzo n. 2 del 2013, ha l’effetto di finanziare – con pretese economie
risalenti a pregressi esercizi – nuovi obiettivi di spesa che non trovano
copertura finanziaria e giuridica, sia alla luce dell’indebita iscrizione
dell’avanzo di amministrazione, sia in ragione dell’assenza di un autentico
vincolo di destinazione. Conseguentemente, pregiudicano anch’essi l’equilibrio
del bilancio; d) l’art. 15, comma 3, della legge reg. Abruzzo n. 3 del 2013,
nel prescrivere l’iscrizione, nello stato di previsione della spesa, delle
economie riprogrammate previste nella tabella di cui all’art. 11 della medesima
legge regionale, concorre anch’esso allo sforamento delle facoltà di spesa
consentite alla Regione Abruzzo.
Non possono essere accolte le difese
svolte in proposito dalla Regione.
6.2.– Anzitutto, non può essere
condivisa l’affermazione secondo cui la Regione avrebbe «fatto ricorso alla
riprogrammazione normativa di economie vincolate, per assolvere a obbligazioni
pluriennali già sussistenti e il cui inadempimento avrebbe prodotto
rilevantissimi danni alle finanze pubbliche (non solo regionali)». Come emerge
dalla delibera di parifica e dall’ordinanza di rimessione, non sono ricomprese
nelle partite in contestazione «obbligazioni pluriennali» ma semplicemente una
discrezionale destinazione a nuovi obiettivi. Ciò è, peraltro, confermato dalla
formulazione dell’art. 7, comma 2, della legge reg. Abruzzo n. 2 del 2013, il
quale prevede che «[l]a riprogrammazione delle economie vincolate ha efficacia
per l’esercizio finanziario 2013 e gli importi non impegnati entro il termine
dell’esercizio medesimo riacquistano la loro destinazione di spesa originaria»,
dal che si evince l’assoluta difformità del nuovo vincolo dalla destinazione
afferente alla partita di spesa surrettiziamente estrapolata da pregressi
esercizi.
6.3.– Non può essere condivisa neppure
la tesi secondo cui, con la sentenza n. 241 del
2013, questa Corte, nel dichiarare costituzionalmente illegittima altra
parte di entrata e di spesa del bilancio 2013, correlata all’avanzo presunto ed
alla sua utilizzazione (art. 7, comma 4, della legge reg. Abruzzo n. 2 del
2013), avrebbe validato come costituzionalmente legittime le norme in questa
sede impugnate «così sancendo il permanere nell’ordinamento positivo delle
relative disposizioni normative».
La Regione argomenta tale conclusione
dal fatto che questa Corte – ove avesse ritenuto anche dette disposizioni
viziate – avrebbe esteso a queste ultime «il proprio pronunciamento, come
peraltro è avvenuto, proprio nei confronti della Regione Abruzzo con la sentenza n. 249 del
2014, laddove, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 38
della L.R. 18/12/2013 n. 55 e dell’art. 7 della L.R. 21/3/2011 n. 14, è stata
altresì dichiarata "in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11
marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte
Costituzionale), l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma l, della
legge della Regione Abruzzo 30 luglio 2014, n. 34 (Modifica all’articolo 7
della legge regionale 27 marzo 2014, n.14)”, in considerazione
"dell’inscindibile connessione esistente con le norme oggetto della presente
declaratoria d’incostituzionalità”».
Ma è proprio «l’inscindibile
connessione» con le norme sottoposte all’esame di costituzionalità a
differenziare la fattispecie richiamata dalla resistente da quella oggetto
della presente pronuncia.
Infatti, in quella sede questa Corte ha
preso in esame un ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri che aveva
ad oggetto unicamente le disposizioni poi assoggettate a declaratoria di
incostituzionalità e, solo in ragione del rapporto consequenziale tra norme
impugnate e norme "attratte” nel giudizio ai sensi dell’art. 27 della legge 11
marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte
costituzionale), si era addivenuti a detta estensione della pronuncia.
Quella sollevata dalla Corte dei conti,
invece, è questione diversa, anche se simile, a quelle accolte con la citata sentenza n. 241 del
2013. Il sindacato sulle norme in esame non poteva quindi essere "attratto”
nel precedente giudizio in via d’azione.
6.4.– Non può essere, infine, preso in
considerazione l’argomento, svolto in sede di discussione orale dalla difesa
regionale, secondo cui la sopravvenuta legge reg. Abruzzo n. 16 del 2017
avrebbe risolto il problema della copertura attraverso l’accertamento di un
congruo avanzo di amministrazione.
Detto avanzo viene ottenuto attraverso
un’operazione contabile non corretta, per i motivi in precedenza già
evidenziati, in considerazione del fatto che vengono inserite partite attive
per ben 2.189.508.684,93 di euro in assenza delle necessarie operazioni di
accertamento, come è stato contestato dalla Corte dei conti in sede di parifica
del medesimo rendiconto 2013.
Indipendentemente dalla procedura di
riaccertamento straordinario dei residui prevista dal d.lgs. n. 118 del 2011,
che non è qui in discussione, sussiste comunque l’obbligo indefettibile per
ciascun ente territoriale di effettuare annualmente, ed in ogni caso prima
della predisposizione del rendiconto, l’esatta ricognizione dei residui attivi
e passivi.
Si tratta di un’operazione che
costituisce presupposto del rendiconto in base a principi immanenti alla
contabilità pubblica. In ogni caso, tale verifica faceva già parte degli
adempimenti conseguenti alle sentenze di questa
Corte n. 192 del 2012 e n. 250 del 2013,
rispettivamente in tema di reiscrizione di economie e di ricerca
dell’equilibrio di bilancio conseguente all’annullamento di parte dell’avanzo
di amministrazione presunto iscritto nel bilancio 2013.
La ricognizione annuale dei residui
attivi e passivi è operazione propedeutica a qualsiasi rendiconto, in quanto
consente di individuare formalmente: crediti di dubbia e difficile esazione;
crediti inesigibili ed insussistenti (per l’avvenuta legale estinzione o per
indebito o erroneo accertamento del credito); debiti prescritti; somme da
portare in economia ed, in ogni caso, tutte le componenti degli esercizi
decorsi che influiscono sul risultato di amministrazione.
È evidente che senza una verifica di tal
genere non si può procedere all’approvazione del rendiconto ancorchè tale
procedura sia rafforzata, come nel caso delle Regioni, dall’adozione di un atto
legislativo. In definitiva, la legge sopravvenuta, oltre a non avere un legame
diretto con le norme impugnate, non assicura chiarezza e stabilità ai conti
regionali, peggiorando la situazione dell’ente territoriale, anche per
l’assenza di punti di riferimento sicuri quali la continuità con le risultanze
degli esercizi pregressi e l’esatta contabilizzazione dei crediti e dei debiti
allo stato esistenti.
In particolare, con riguardo ai fondi
vincolati, la loro utilizzazione è impossibile senza l’accertamento delle
risorse dedicate e la sussistenza di impegni od obbligazioni passive afferenti
alla specifica utilizzazione di tali risorse.
6.5.– Dunque, la irrituale
"riprogrammazione” descritta viene concretamene a collidere con il principio di
equilibrio del bilancio, incrementando indebitamente la spesa e, conseguentemente,
i preesistenti squilibri. Pertanto, l’art. 7, commi 1, 2 e 3, della legge reg.
Abruzzo n. 2 del 2013; gli artt. 11 e 15, comma 3, della legge reg. Abruzzo n.
3 del 2013; e gli artt. 1, comma 1, e 4, comma 1, della medesima legge reg.
Abruzzo n. 3 del 2013, i quali determinano, rispettivamente, i totali generali
delle entrate e delle spese del bilancio regionale di competenza per
l’esercizio finanziario 2013, devono essere dichiarati costituzionalmente
illegittimi per contrasto con l’art. 81, quarto comma, Cost., mentre rimangono
assorbite le ulteriori censure mosse nei confronti delle norme in tema di
riprogrammazione delle economie in riferimento all’art. 119, sesto comma, Cost.
7.– La questione di costituzionalità
dell’art. 16 della legge reg. Abruzzo n. 20 del 2013, sollevata in riferimento
agli artt. 81 e 119, sesto comma, Cost., è fondata.
Come le disposizioni precedentemente
esaminate, anche l’art. 16 risulta finalizzato ad un indebito allargamento
della spesa e ad una alterazione del risultato di amministrazione. Inoltre
consente un’operazione creditizia in contrasto con il richiamato art. 119,
sesto comma, Cost.
La norma impugnata riguarda le
anticipazioni di liquidità previste dall’art. 3 del decreto-legge 8 aprile
2013, n. 35 (Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della
pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti
territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali),
convertito con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, che la Regione
Abruzzo ha ricevuto dallo Stato per il pagamento dei debiti pregressi e la
ricapitalizzazione degli enti del servizio sanitario nazionale.
L’anticipazione è stata disposta dal
decreto del Ragioniere generale dello Stato del 16 aprile 2013 (attuativo del
citato art. 3), poi confermato con successivo decreto di analoga natura del 2
luglio 2013. Dal provvedimento in questione si ricava che la somma di 174
milioni di euro è stata assegnata alla Regione Abruzzo per «riparto
anticipazioni di liquidità di 5.000 milioni di euro per l’anno 2013, costruito
in proporzione agli ammortamenti non sterilizzati anni 2001-2011, ponderati al
50% e in proporzione ai crediti v/Regione per spesa corrente o per ripiano
perdite, ponderati al 50%». La composizione di detto contributo è
caratterizzata dalla natura economica mista della destinazione, poiché si
riferisce sia a debiti maturati dalle aziende sanitarie per la spesa corrente,
sia agli ammortamenti delle stesse aziende non finanziati nel decennio 2001-2011.
Gli ammortamenti, come è noto, sono economicamente classificati tra gli oneri
di investimento.
Per quanto successivamente argomentato,
tuttavia, la natura promiscua di tali conferimenti non incide sul giudizio di
legittimità costituzionale del censurato art. 16, che si limita a considerare
le modalità di iscrizione, utilizzazione e contabilizzazione dell’anticipazione
in esame.
Infatti, l’elemento dirimente della
questione riguarda l’allocazione in parte spesa dell’anticipazione e la mancata
individuazione degli oneri pregressi da pagare nonché i relativi effetti sugli
equilibri del bilancio e sull’indebitamento dell’ente.
I crediti delle aziende sanitarie
dovevano avere i caratteri della certezza, della liquidità e della esigibilità,
elementi non congruenti con le modalità di iscrizione in parte spesa adottate
dalla Regione.
Tali caratteri presuppongono infatti la
rappresentazione del debito nelle scritture contabili in un momento antecedente
all’intervento legislativo dello Stato.
Inoltre, sia la posta di entrata
relativa all’anticipazione di liquidità, sia la correlata partita di spesa sono
state inserite nella parte competenza del bilancio 2013 senza sterilizzare i
margini di competenza generati dall’anticipazione, come stabilito dalla
consolidata giurisprudenza della Corte dei conti, dalle prescrizioni del
Ministero dell’economia e delle finanze inserite nel contratto di anticipazione
e dalla stessa giurisprudenza di questa Corte. Ciò ha comportato l’ampliamento
della spesa consentita in competenza esercizio 2013.
Il bilancio di previsione 2013 della
Regione Abruzzo presenta una struttura formalmente e sostanzialmente diversa da
quella prescritta dal d.l. n. 35 del 2013 e dalle norme successive
precedentemente richiamate. Infatti, come emerge dall’ordinanza di rimessione,
gli stanziamenti interessati sono così articolati: «capitolo di entrata 51001.1
(UPB 05.01.001) "Anticipazione di liquidità ex articolo 3 del decreto-legge 8
aprile 2013, n. 35”, con uno stanziamento in termini di competenza e di cassa
pari a euro 174.009.000,00; capitolo di spesa 81591.1 (UPB 12.01.006) "Risorse,
ex anticipazione articolo 3 del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, per la
ricapitalizzazione degli enti del Servizio Sanitario regionale”, con uno
stanziamento in termini di competenza e di cassa pari a euro 174.009.000,00. La
posta in entrata rientra nel Titolo V (entrate derivanti da mutui, prestiti o
altre operazioni creditizie), mentre quella in uscita nel Titolo I (spese
correnti)».
In tal modo viene a mancare la cosiddetta
"sterilizzazione” dell’anticipazione, cosicché essa diviene, nel complesso del
rendiconto, una plusvalenza fittizia ai fini della determinazione del risultato
di amministrazione anziché «onorare» in senso contabilmente neutrale «debiti
pregressi, già regolarmente iscritti in bilancio ed impegnati o comunque
vincolati» (sentenza
n. 181 del 2015). Così l’anticipazione da strumento di "flessibilizzazione”
della cassa (nel senso di porre rimedio a rilevanti diacronie nei flussi
finanziari di entrata e di spesa) finisce per diventare anomalo mezzo di
copertura di spese previste nel bilancio annuale «e di riduzione del disavanzo
con modalità contrarie agli artt. 81 e 119, sesto comma, Cost.» (sentenza n. 181 del
2015).
7.1.– È utile ricordare come la natura
dell’anticipazione di liquidità sia stata assimilata da questa Corte
all’istituto dell’anticipazione di cassa: «[u]n’interpretazione sistematica e
costituzionalmente orientata delle norme statali porta dunque a concludere che
le anticipazioni di liquidità altro non costituiscono che anticipazioni di
cassa di più lunga durata temporale rispetto a quelle ordinarie. La loro ratio,
quale si ricava dalla genesi del decreto-legge e dai suoi lavori preparatori, è
quella di riallineare nel tempo la cassa degli enti strutturalmente deficitari
con la competenza, attraverso un’utilizzazione limitata al pagamento delle
passività pregresse unita a contestuali risparmi nei bilanci futuri,
proporzionati alle quote di debito inerenti alla restituzione della
anticipazione stessa così da rientrare dai disavanzi gradualmente ed in modo
temporalmente e finanziariamente proporzionato alla restituzione
dell’anticipazione» (sentenza n. 181 del
2015).
Quanto detto comporta che la
contabilizzazione dell’anticipazione di liquidità non può essere disciplinata
come un mutuo, la cui provvista finanziaria entra nel risultato di
amministrazione per la parte attiva attraverso l’incameramento della sorte nel
titolo di entrata dedicato ai mutui, prestiti o altre operazioni creditizie e
serve a coprire, in parte spesa, gli investimenti. Nel caso del mutuo il
capitale e gli interessi da restituire pesano sul risultato di amministrazione
per la sola rata annuale, mentre nel caso dell’anticipazione è l’intera somma
"sterilizzata” ad essere iscritta tra le passività.
Peraltro, l’interpretazione dell’art. 3
del d.l. n. 35 del 2013 di cui alla sentenza n. 181 del 2015 di questa Corte e
le conseguenti soluzioni tecniche sono state pienamente ribadite dallo stesso
legislatore in tempi successivi alla citata sentenza. La legge di stabilità per
il 2016 (articolo 1, comma 692, della legge n. 208 del 2015) prevede, come
modalità di registrazione dell’anticipazione di liquidità, l’iscrizione, «nel
titolo di spesa riguardante il rimborso dei prestiti, [di] un fondo
anticipazione di liquidità, di importo pari alle anticipazioni di liquidità
incassate nell'esercizio, non impegnabile e pagabile, destinato a confluire nel
risultato di amministrazione, come quota accantonata definita dall’articolo 42
del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118», laddove la locuzione
«confluire nel risultato di amministrazione come quota accantonata» altro non
significa che "neutralizzazione” della correlata posta attiva ai fini del
calcolo del risultato di amministrazione.
Inoltre, il legislatore ha ulteriormente
sviluppato gli enunciati della sentenza n. 181 del
2015 nel comma 698 della medesima legge di stabilità, prescrivendo che
«[l]e regioni che […], a seguito dell’incasso delle anticipazioni di liquidità
di cui al decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni,
dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, e successivi rifinanziamenti, non hanno
stanziato in bilancio, tra le spese, un fondo diretto ad evitare il
finanziamento di nuove e maggiori spese e non hanno accantonato tale fondo nel
risultato di amministrazione, previo parere dell’organo di revisione
economico-finanziaria, provvedono a rideterminare […]» il proprio risultato di
amministrazione.
La norma si riferisce al rendiconto
2014, ma è evidente che la regola – che costituisce peraltro mera
specificazione contabile, e non atto novativo, del citato art. 3 del d.l. n. 35
del 2013 – si applica anche a situazioni anomale, come quella della Regione
Abruzzo, la quale è in grave ritardo nell’approvazione dei pregressi
rendiconti, così da rendere posticipata alla legge di stabilità 2016
l’approvazione di un bilancio consuntivo che l’avrebbe dovuta temporalmente
precedere.
Il successivo comma 699 dell’art. 1
della legge n. 208 del 2015 prevede, poi, un percorso agevolato di ripiano del
maggiore disavanzo derivante dall’accantonamento di cui al comma 698,
disponendo che lo stesso avvenga annualmente, a decorrere dal 2016, per un
importo pari all’ammontare dell’anticipazione rimborsata nel corso
dell’esercizio precedente.
Non è condivisibile la tesi della
Regione Abruzzo secondo cui le norme più recenti, precedentemente richiamate,
consentirebbero di rinviare al rendiconto 2014 l’accantonamento
dell’anticipazione di liquidità ricevuta. Le disposizioni della legge di
stabilità per il 2016 costituiscono, al contrario, una disciplina finalizzata a
porre immediato rimedio ai disavanzi occultati attraverso l’espediente
contabile in questa sede censurato. Detta disciplina, la cui indefettibile
applicazione non può essere inficiata dallo strumentale rinvio temporale
sostenuto dalla resistente, prevede, per i rendiconti non correttamente
approvati, un procedimento di ripiano dei maggiori disavanzi derivanti
dall’errato utilizzo dell’anticipazione.
Nelle sopravvenute disposizioni della
legge di stabilità per il 2016 non è contenuta alcuna deroga o proroga per le
regioni che, avendo ritardato ad approvare i propri rendiconti, sono chiamate –
alla luce della disciplina statale e degli enunciati della sentenza n. 181 del
2015 – a dare immediata correzione normativa all’operazione di
anticipazione di liquidità ottenuta nell’esercizio 2013 (ancora aperto – come
detto – per quanto riguarda la fase della rendicontazione), accantonando le
necessarie risorse, in modo da assicurare credibili risultanze di
amministrazione e da consentire l’emersione dell’ulteriore disavanzo.
7.2.– In definitiva, con riguardo alla
fattispecie in esame, condizione indefettibile per la somministrazione alle
aziende sanitarie dei fondi anticipati dallo Stato era la preesistenza della
relativa posta di bilancio in conto residui passivi o, quanto meno, il previo
riconoscimento del debito afferente al decennio di mancato finanziamento degli
ammortamenti, ove gli ammortamenti non fossero stati previsti nei pertinenti
esercizi (con il conseguente inserimento in bilancio che doveva assolutamente
precedere l’iscrizione dell’anticipazione, dal momento che il decreto del
Ragioniere generale era stato adottato su esplicita istanza della Regione
Abruzzo per onorare preesistenti passività).
Peraltro, non è neppure certo che nei
residui passivi della Regione Abruzzo non siano presenti le fattispecie
debitorie per le quali lo Stato ha concesso l’anticipazione di liquidità ai
sensi dell’art. 3 del d.l. n. 35 del 2013; infatti, nella decisione di parifica
parziale del rendiconto 2013, la Corte dei conti ha negato la validazione di
un’ingentissima quantità di residui attivi e passivi per assenza della prova
giuridica della loro esistenza. È evidente che il corretto accertamento dei
residui da parte della Regione Abruzzo costituisce comunque adempimento
propedeutico a qualsiasi operazione finanziaria di carattere eccezionale
coinvolgente il pagamento di partite pregresse, poiché la mancata chiarezza dei
rendiconti in ordine alla consistenza delle partite attive e passive comporta
non solo un’errata determinazione del risultato di amministrazione, ma si
riverbera negativamente anche sulla legittimità delle successive operazioni. Ne
è dimostrazione l’art. 13 della sopravvenuta legge reg. Abruzzo n. 16 del 2017
laddove si prevede un avanzo di amministrazione per l’esercizio 2013 pari ad
euro 1.184.286.519,66, mentre il risultato di amministrazione accertato dalla
Corte dei conti presenta, al netto delle partite non parificate, un saldo
negativo, pari ad euro 538.201.471,80, «ritenuto parziale e non attendibile, in
assenza del riconteggio [di poste attive e passive non accertabili] e della
considerazione dell’anticipazione di liquidità ex d.l. n. 35/2013» (delibera
della Corte dei conti, sezione controllo per l’Abruzzo n. 39/2016/PARI, lettera
e del dispositivo).
Le dimensioni del divario, in grande
misura dipendenti dal forzoso inserimento di residui attivi e passivi non
accertati, dimostrano intrinsecamente l’inattendibilità e l’assenza di
credibilità del rendiconto e dell’assunto della Regione resistente secondo cui
l’operazione contestata sarebbe conforme alle vigenti disposizioni.
In particolare, risulta insanabile la
contraddizione tra l’esigenza di chiedere allo Stato l’anticipazione di cassa e
la situazione di formale e rilevante avanzo di amministrazione (ipotizzato
nella sopravvenuta legge regionale in euro 1.184.286.519,66), nonché improbabile
una così florida situazione dopo un deficit della sanità tanto ampio da
comportare una quasi decennale procedura di rientro. È costante orientamento di
questa Corte che l’articolazione dei bilanci e le risultanze degli esercizi
finanziari devono essere credibili, sufficientemente sicure, non arbitrarie o
irrazionali (ex multis, sentenze n. 70 del
2012, n. 106 e n. 68 del 2011,
n. 141 e n. 100 del 2010,
n. 213 del 2008,
n. 384 del 1991
e n. 1 del 1966).
Dunque, la mancata imputazione in parte
residui passivi dei pagamenti ed il loro versamento alle aziende sanitarie in
parte competenza non costituisce una mera irregolarità formale, perché
l’imputazione in competenza allarga indefinitamente (in ragione del mancato
riscontro delle scritture afferenti a debiti pregressi) le potenzialità di
spesa della Regione, trasformando una mera anticipazione di liquidità in una
copertura vera e propria, in violazione dell’art. 119, sesto comma, Cost., che
consente l’indebitamento soltanto per spese di investimento.
8.– La Regione Abruzzo ha più volte
dedotto, sia nelle memorie che oralmente, l’esigenza di mettere in sicurezza i
propri conti e quella di riallineare temporalmente la fisiologica approvazione
dei rendiconti degli esercizi decorsi. Con tali lodevoli intenti non è tuttavia
coerente il percorso normativo seguito.
Infatti, la regolarizzazione della
tenuta dei conti non consiste nel mero rispetto della sequenza temporale degli
adempimenti legislativi ed amministrativi afferenti al bilancio preventivo e
consuntivo. Il nucleo della sana gestione finanziaria consiste, al contrario,
nella corretta determinazione della situazione economico-finanziaria da cui
prende le mosse e a cui, successivamente, approda la gestione finanziaria.
Tale determinazione è strettamente
correlata al principio di continuità degli esercizi finanziari, per effetto del
quale ogni determinazione infedele del risultato di amministrazione si
riverbera a cascata sugli esercizi successivi. Ne risulta così coinvolto in
modo durevole l’equilibrio del bilancio: quest’ultimo, considerato nella sua
prospettiva dinamica, la quale «consiste nella continua ricerca di un armonico
e simmetrico bilanciamento tra risorse disponibili e spese necessarie per il
perseguimento delle finalità pubbliche» (sentenza n. 266 del
2013; in senso conforme, sentenza n. 250 del
2013), esige che la base di tale ricerca sia salda e non condizionata da
perturbanti potenzialità di indeterminazione. Proprio la costanza e la
continuità di tale ricerca ne spiegano l’operatività nell’arco di più esercizi
finanziari; al contrario, prendere le mosse da infedeli rappresentazioni delle
risultanze economiche e patrimoniali provoca un effetto "domino” nei
sopravvenienti esercizi, pregiudicando irrimediabilmente ogni operazione di
risanamento come quella rivendicata dalla Regione Abruzzo attraverso le norme
censurate e la legge sopravvenuta.
In questa prospettiva sia le disposizioni
di legge denunciate dalla magistratura rimettente, sia la richiamata legge reg.
Abruzzo n. 16 del 2017 pregiudicano ulteriormente l’equilibrio finanziario
della Regione Abruzzo, già storicamente inciso dalle pregresse gestioni e dalle
disposizioni di legge regionale che ne erano alla base.
8.1.– Così, nel caso di specie, deve
concludersi che le norme censurate ripetono e aggravano fenomeni distorsivi
della finanza regionale già oggetto di sindacato negativo da parte di questa
Corte (infedeltà del risultato d’amministrazione e mancato accertamento dei
residui; sforamento dei limiti di spesa attraverso l’iscrizione di fittizie
partite di entrata quali l’avanzo di amministrazione presunto: sentenze n. 192
del 2012 e n.
250 del 2013), mentre la sopravvenuta legge reg. Abruzzo n. 16 del 2017,
oltre a non tenere in alcun conto la parifica parziale della Corte dei conti
effettuata con delibera n. 39/2016/PARI, finisce per alterare in modo ancor più
grave le disfunzioni accertate per gli anni precedenti.
È evidente come tutto ciò conduca ad una
situazione di ulteriore anomalia anziché produrre la normalizzazione auspicata
dalla Regione.
8.2.– In definitiva, l’operazione di
risanamento dei conti auspicata dalla Regione non può che passare
dall’adeguamento ai principi espressi da questa Corte. Ciò soprattutto
attraverso un corretto riaccertamento dei residui attivi e passivi che possa
consentire una credibile e congruente determinazione del risultato
d’amministrazione, eventualmente usufruendo – ove risulti un deficit non
riassorbibile in un solo anno – delle opportunità di copertura dilazionata
consentite dalla legislazione statale agli enti territoriali in particolare
situazione di disagio (in ordine a tali disposizioni legislative, sentenze n. 6 del
2017 e n.
107 del 2016).
È evidente che, senza tali verifiche,
ogni procedimento volto ad assicurare chiarezza e stabilità ai conti regionali
ed a recuperare fondi vincolati, incamerati e non spesi negli esercizi
precedenti, rischia di fallire, se non di peggiorare la situazione dell’ente
territoriale per l’assenza di punti di riferimento sicuri, in ordine alle
risorse disponibili ed allo stato dei programmi e degli interventi a suo tempo
intrapresi.
9.– Dunque, l’art. 7, commi 1, 2 e 3,
della legge reg. n. 2 del 2013; gli artt. 1, comma 1; 4, comma 1; 11 e 15,
comma 3, della legge reg. n. 3 del 2013 sono illegittimi per contrasto con
l’art. 81 Cost., dal momento che consentono una spesa non coperta e non
prevista da nessuna disposizione di legge vigente.
È altresì illegittima l’utilizzazione
dell’anticipazione di liquidità di cui all’art. 16 della legge reg. n. 20 del
2013, per contrasto con gli artt. 81 e 119, sesto comma, Cost., dal momento che
la censurata allocazione influisce sia sugli equilibri dei futuri bilanci, sia
sul corretto calcolo dell’indebitamento regionale.
In base al principio dell’equilibrio
dinamico, la Regione Abruzzo è chiamata, pertanto, a rideterminare il bilancio
dell’esercizio 2013 in modo da accertare il risultato di amministrazione
secondo canoni costituzionalmente corretti.
per
questi motivi
LA
CORTE COSTITUZIONALE
1)
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, commi 1, 2 e 3, della
legge della Regione Abruzzo 10 gennaio 2013, n. 2, recante «Disposizioni
finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2013 e pluriennale 2013-2015
della Regione Abruzzo (Legge finanziaria regionale 2013)»;
2) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della legge della Regione
Abruzzo 10 gennaio 2013, n. 3 (Bilancio di previsione per l’esercizio
finanziario 2013 - Bilancio pluriennale 2013-2015);
3) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, della medesima legge reg.
Abruzzo n. 3 del 2013;
4) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’art. 11 della medesima legge reg. Abruzzo
n. 3 del 2013;
5) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’art. 15, comma 3, della medesima legge reg.
Abruzzo n. 3 del 2013;
6) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’art. 16 della legge della Regione Abruzzo
16 luglio 2013, n. 20, intitolata «Modifiche alla legge regionale 10 gennaio
2013, n. 2 recante "Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio
annuale 2013 e pluriennale 2013 - 2015 della Regione Abruzzo (Legge Finanziaria
Regionale 2013)”, modifiche alla legge regionale 10 gennaio 2013, n. 3 recante
"Bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2013 - bilancio pluriennale
2013-2015” e ulteriori disposizioni normative».
Così deciso in Roma, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 marzo 2017.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Aldo CAROSI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 27 aprile
2017.