SENTENZA N. 384
ANNO 1991
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Dott. Aldo CORASANITI Presidente
Prof. Giuseppe BORZELLINO Giudice
Dott. Francesco GRECO “
Prof. Gabriele PESCATORE “
Avv. Ugo SPAGNOLI “
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA “
Prof. Antonio BALDASSARRE “
Prof. Vincenzo CAIANIELLO “
Avv. Mauro FERRI “
Prof. Luigi MENGONI “
Prof. Enzo CHELI “
Dott. Renato GRANATA “
Prof. Giuliano VASSALLI “
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2, commi 2 e 3, e 7, comma 2, della legge 7 febbraio 1991, n. 42 (Interventi a favore degli enti delle partecipazioni statali) promosso con ordinanza emessa il 31 maggio 1991 dalla Corte dei conti Sezione del controllo nel procedimento amministrativo tra Corte dei conti e Ministero del tesoro iscritta al n. 421 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell'anno 1991;
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nell'udienza pubblica dell'8 ottobre 1991 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;
Udito l'Avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri;
Ritenuto in fatto
1. - Con ordinanza, emessa il 31 maggio 1991, nel corso del giudizio sull'ammissione al visto ed alla registrazione del decreto del Ministro del tesoro 8 aprile 1991 n. 126354, concernente variazioni allo stato di previsione della spesa dello stesso ministero per l'anno finanziario 1991 e nel bilancio pluriennale per gli anni 1992 e 1993, la Corte dei conti - Sezione del controllo, ha sollevato, in riferimento all'art. 81, quarto comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 2 comma 2 e 3, e 7, comma 2, della legge 7 febbraio 1991, n. 42 che prevede interventi a favore degli enti di gestione delle partecipazioni statali per la realizzazione di programmi di investimento.
Le norme impugnate, inserendosi in un contesto normativo che autorizza i predetti enti a reperire notevoli risorse finanziarie attraverso la contrazione di mutui e l'emissione di obbligazioni, pongono, in gran parte, il relativo onere - articolato nella duplice previsione normativa del concorso al pagamento degli interessi a decorrere dal 1990 (art. 2 comma 2) e dell'ammortamento della quota capitale a decorrere dal secondo semestre del 1993 (art. 2 comma 3) - a carico dello Stato, individuando, però, la copertura finanziaria soltanto per l'onere derivante dal pagamento degli interessi negli anni 1990-92, (art. 7 comma 2).
Si ritiene nell'ordinanza di rinvio che nonostante il provvedimento sottoposto al controllo si limiti a dare attuazione a quest'ultima previsione normativa, ciò nondimeno, la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni che pongono a carico dello Stato l'ammortamento della quota capitale dei mutui e delle obbligazioni senza indicare la relativa copertura finanziaria, non potrebbe non riflettersi sulla legittimità del provvedimento che, pur disponendo in ordine al solo pagamento degli interessi, riguarderebbe, tuttavia, un intervento sostanzialmente unitario e finanziariamente indivisibile, anche per l'impossibilità di scindere l'ammortamento della quota capitale dal pagamento degli interessi che, del primo costituiscono un accessorio. Essendo unico l'onere posto a carico dello Stato, il relativo problema della copertura finanziaria coinvolgerebbe tutte le disposizioni che tale onere prevedono e la cui eventuale illegittimità costituzionale farebbe venir meno la possibilità di emanare il provvedimento sottoposto a controllo.
Così precisata la rilevanza della questione, si osserva che la mancata quantificazione e previsione di copertura degli oneri di ammortamento della quota capitale dal secondo semestre 1993 (anno compreso nel bilancio pluriennale in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni impugnate) non appare in armonia con le regole dettate, per l'attuazione dell'art. 81, comma 4, della Costituzione, dalla legge 5 agosto 1978, n. 568 come modificata dalla legge 23 agosto 1988, n. 362.
D'altra parte, l'invocato parametro costituzionale disporrebbe l'obbligo della copertura finanziaria per ogni legge che importi nuove o maggiori spese senza distinguere fra spese correnti o in conto capitale, annuali o pluriennali ovvero permanenti. Da ciò la conseguenza che le disposizioni legislative, quali quelle impugnate, che introducono spese pluriennali a quote annuali crescenti sono costituzionalmente obbligate ad individuare i mezzi idonei a fronteggiare, nell'ambito di un programma finanziario, le quote di ciascun anno, evitando di riversarle, sia pure implicitamente, sui bilanci futuri che, soprattutto in una situazione di grave deficit quale l'attuale, non sarebbero assolutamente in grado di sostenerle con le normali entrate. Nel caso di specie, la copertura finanziaria per gli anni 1990-92, individuata dall'art. 7, comma 2, per l'onere relativo agli interessi, risulterebbe del tutto insufficiente rispetto al complessivo onere derivante dalle norme impugnate della cui legittimità costituzionale, per gli stessi motivi esposti nell'ordinanza di rimessione, si dubitò anche nel corso dei relativi lavori parlamentari.
2. - Nel giudizio cosi promosso è intervenuta l'Avvocatura generale dello Stato rilevando anzitutto che le operazioni finanziarie previste dalla legge cui appartengono le disposizioni impugnate non potranno non iniziare con un anno di ritardo rispetto agli originari programmi e, di conseguenza, l'onere di ammortamento della quota capitale inciderà concretamente solo a partire dal 1994. Non riguardando dunque il bilancio triennale 1991-1993, la mancata indicazione della relativa copertura finanziaria non contrasterebbe con le norme di cui alla legge 5 agosto 1978, n. 568.
In riferimento a quest'ultime disposizioni che avrebbero dato attuazione all'art. 81, quarto comma, della Costituzione, l'interveniente osserva che il metodo della programmazione finanziaria, al quale deve ispirarsi la previsione di entrata e di spesa dello Stato (art. 1- bis), ha, in concreto, una dimensione triennale, essendo difficile elaborare "credibili" documenti di programmazione economico-finanziaria relativi ad un più lungo arco di tempo. Di conseguenza, gli oneri di spesa ultratriennali, porrebbero un problema non tanto di copertura finanziaria in senso stretto, quanto piuttosto di copertura programmatoria, come risulterebbe confermato dalla circostanza che le norme che individuano e disciplinano le modalità della copertura finanziaria in senso stretto, anche in relazione alle leggi che comportano una spesa pluriennale (artt. 11- ter e 11-quater), fanno esclusivo riferimento al bilancio triennale.
Ad avviso dell'interveniente, inoltre, l'onere previsto a carico dello Stato per i due diversi interventi finanziari, in conto interessi ed in conto capitale, non sarebbe affatto unico ed indivisibile, in quanto è la stessa legge che lo concepisce in una duplice forma, rendendolo oggetto di distinte previsioni normative, e prevedendo, poi, che solo dall'"onere di ammortamento", e non anche da quello relativo al pagamento degli interessi, siano esclusi i finanziamenti ottenuti mediante obbligazioni convertibili.
Essendo dunque distinti i due interventi la questione sollevata risulterebbe irrilevante ai fini del controllo del provvedimento sottoposto al suo esame che, in relazione a quanto effettivamente dispone (in ordine, cioè, al solo onere derivante dal pagamento degli interessi), dà attuazione ad una norma provvista di copertura finanziaria, mentre il dubbio di costituzionalità nei termini in cui è stato prospettato non potrebbe che riguardare atti ancora inesistenti e che saranno emanati in un futuro relativamente lontano.
La questione, inoltre, risulterebbe inammissibile, non solo per palese irrilevanza, ma anche perché oggetto di censura dovevano essere altre disposizioni, e precisamente, gli artt. 11 comma 3, 11-ter, comma 2, ed 11-quater, comma 1, della legge 5 agosto 1978, n. 468 come modificata dalla legge 23 agosto 1988, n. 362.
Nel merito, secondo l'Avvocatura, la questione risulterebbe infondata sotto vari aspetti essendo state comunque osservate le norme che danno attuazione all'art. 81, quarto comma, della Costituzione, in modo esauriente.
Osserva infine l'interveniente che il recente d.d.l. presentato dal Governo per la modifica dell'art. 81 della Costituzione, prevede espressamente che l'individuazione della copertura finanziaria dovrà riferirsi all'intero periodo di applicazione della legge, e ciò nell'evidente presupposto che l'attuale testo della norma non impone al legislatore un tale obbligo.
Considerato in diritto
1. - La Corte dei conti, Sezione del controllo, nel corso del giudizio sull'ammissione al visto ed alla registrazione del decreto del Ministro del tesoro che, ai sensi dell'art. 7, comma 2, della legge 7 febbraio 1991, n. 42 (Interventi a favore degli enti delle partecipazioni statali), dispone variazioni allo stato di previsione della spesa dello stesso ministero per l'anno finanziario 1991 e nel bilancio pluriennale per gli anni 1992 e 1993, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, commi 2 e 3, e 7, comma 2, della citata legge.
Ad avviso dell'organo ausiliario di controllo la legge sottoposta a scrutinio di costituzionalità, autorizzando (art. 1) gli enti pubblici ivi previsti a reperire risorse finanziarie per complessivi 10.000 miliardi nell'anno 1990 da considerarsi quali conferimenti dello Stato nei rispettivi fondi di dotazione dei predetti enti (art. 2, comma 4), mediante la contrazione di mutui e l'emissione di obbligazioni, prevede l'assunzione a carico del bilancio dello Stato degli oneri relativi ad una parte degli interessi e all'ammortamento del capitale, (art. 2, commi 2 e 3) indicando la copertura finanziaria (art. 7, comma 2), solo per i primi, relativamente agli anni 1990-92 e, quindi, in modo "assolutamente insufficiente", tenuto conto del protrarsi degli oneri derivanti dalla legge nel suo complesso.
2. - Preliminarmente, deve essere ribadita la legittimazione della Corte dei conti, nell'esercizio della funzione di controllo, a promuovere il sindacato di costituzionalità delle leggi di spesa in riferimento ai profili di copertura finanziaria posti dall'osservanza dell'art. 81 della Costituzione.
Tale legittimazione è stata riconosciuta (sent. n. 226 del 1976) alla Corte dei conti in ragione della sua particolare posizione istituzionale e della natura delle sue attribuzioni di controllo. Sotto il primo aspetto, viene posta in rilievo la sua composizione di "magistrati, dotati delle più ampie garanzie di indipendenza (art. 100, comma 2, Cost.)" e la sua natura di "unico organo di controllo che goda di una diretta garanzia in sede costituzionale". Sotto il secondo aspetto, viene in evidenza il peculiare carattere del giudizio portato dalla Corte dei conti sugli atti sottoposti a controllo, che si risolve nel valutarne "la conformità ( ..) alle norme del diritto oggettivo, ad esclusione di qualsiasi apprezzamento che non sia di ordine strettamente giuridico". Una funzione cioè di garanzia dell'ordinamento, di "controllo esterno, rigorosamente neutrale e disinteressato ( ..) preordinato a tutela del diritto oggettivo".
Tali caratteri costituiscono indubbio fondamento della legittimazione della Corte dei conti a sollevare questioni di costituzionalità limitatamente a profili attinenti alla copertura finanziaria di leggi di spesa, perché il riconoscimento della relativa legittimazione, legata alla specificità dei suoi compiti nel quadro della finanza pubblica, "si giustifica anche con l'esigenza di ammettere al sindacato costituzionale leggi che, come nella fattispecie in esame, più difficilmente verrebbero per altra via, ad essa sottoposte" (sent. n. 226 del 1976 cit.).
È proprio in relazione a queste ipotesi che la Corte ha auspicato (sent. n. 406 del 1989) che quando l'accesso al suo sindacato sia reso poco agevole, come accade in relazione ai profili attinenti all'osservanza dell'art. 81 della Costituzione, i meccanismi di accesso debbano essere arricchiti. La Corte dei conti è la sede più adatta a far valere quei profili, e ciò in ragione della peculiare natura dei suoi compiti essenzialmente finalizzati alla verifica della gestione delle risorse finanziarie.
3.1. - Va poi disattesa l'eccezione di inammissibilità per asserita irrilevanza della questione, sostenuta dall'Avvocatura generale dello Stato sotto il profilo che, ai fini della registrazione del decreto di variazione, non dovrebbe farsi applicazione delle norme oggetto d'impugnativa.
L'assunto non può essere condiviso perché, come si è riferito, la Corte dei conti ha sollevato la questione di costituzionalità dell'art. 2, commi 2 e 3, della legge n. 42 del 1991 che pone a carico dello Stato gli oneri (per il pagamento di parte degli interessi e per l'ammortamento del capitale) relativi ai mutui contratti ed ai prestiti obbligazionari emessi dagli enti all'uopo autorizzati, nonché dell'art. 7, comma 2, che provvede alla copertura finanziaria dell'onere relativo agli interessi per gli anni 1990-92 mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1990-92 al capitolo 9001 dello stato di previsione del ministero del tesoro per l'anno finanziario 1990.
Orbene, è proprio per dare attuazione a questa norma concernente la copertura finanziaria degli oneri assunti dallo Stato che il Ministro del tesoro ha emanato, a norma del successivo comma 3 dello stesso articolo, il decreto di variazione sottoposto a controllo, onde è evidente la rilevanza della questione sollevata, poiché, in conseguenza dell'eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale delle norme denunciate, verrebbe meno la copertura finanziaria della variazione autorizzata (che nel decreto sottoposto a controllo si estende fino al 1993) e quindi il presupposto legittimante il relativo decreto.
3.2. - Neppure può essere condivisa l'altra eccezione di inammissibilità, sollevata dall'Avvocatura generale dello Stato nell'assunto che il decreto di variazione sottoposto al controllo concerna il solo onere relativo al concorso nel pagamento degli interessi relativi agli anni 1991-1993. Onere per il quale la copertura, assicurata dall'art. 7, comma 2, impugnato, sarebbe pienamente sufficiente, con la conseguenza che, rispetto al decreto del Ministro del tesoro che dispone la suddetta variazione ai fini della concreta assunzione della spesa, la questione risulterebbe irrilevante.
L'eccezione di inammissibilità, testé riferita, trova già puntuale risposta nella stessa ordinanza di rimessione la quale, in relazione ad analoga eccezione dedotta nel corso del procedimento di controllo dal rappresentante della ragioneria generale della Stato, ha osservato che l'assunto "muove da valutazioni insufficienti della portata e delle conseguenze del provvedimento di variazioni del bilancio dello Stato, con il quale si dà ingresso ad un intervento che è finanziariamente unico". Argomento questo che deve essere condiviso, risultando evidente che nei casi, come quello in esame, in cui da parte dello Stato viene congiuntamente assunto l'onere per gli interessi e quello per l'ammortamento del capitale, la vicenda ha necessariamente carattere unitario. Il pagamento degli interessi è, quindi, inscindibilmente legato, in funzione accessoria, all'ammortamento del capitale ed anche se, in un regime di prestiti con periodi di preammortamento (come nel caso in esame), precede cronologicamente l'inizio delle operazioni di rimborso del credito, si presenta chiaramente prodromico rispetto a questa seconda fase, dalla quale non può essere separato, trovando in essa la sua ragion d'essere.
Di conseguenza, l'eventuale accertata mancanza di copertura finanziaria della prevista assunzione dell'onere di ammortamento si riverbera necessariamente, come sostiene l'ordinanza di rinvio, sull'onere per gli interessi, in quanto l'indicazione di copertura, per essere sufficiente, deve accompagnare l'operazione nella sua globalità, proprio perché concepita, nella fattispecie in esame, in modo unitario.
3.3. - Va infine disattesa l'eccezione di inammissibilità che l'Avvocatura generale dello Stato deduce sostenendo, anche sotto altro aspetto, la non rilevanza della questione che, a suo dire, non dovrebbe avere ad oggetto le impugnate norme della legge n. 42 del 1991, bensì gli artt. 11, comma 3, 11- ter, comma 2, ed 11-quater, comma 1, della legge 5 agosto 1978, n. 468, come modificata dalla legge 23 agosto 1988, n. 362, di quelle norme, cioè, che limiterebbero ai soli anni del bilancio pluriennale in corso (che è attualmente predisposto per un triennio) l'obbligo di quantificazione delle quote di competenza attribuite a ciascuno di essi.
L'eccezione investe un profilo che attiene più propriamente alla verifica della fondatezza della questione, onde si rinvia anche a quanto, al riguardo, si chiarirà in prosieguo.
Ai fini della dedotta inammissibilità è sufficiente fin da ora anticipare che le richiamate norme della legge n. 468 del 1978, come modificate dalla legge n. 362 del 1988, hanno funzione di raccordo - in attuazione dell'art. 81, quarto comma - della Costituzione, delle leggi di spesa pluriennale con il bilancio annuale e con quello pluriennale e dettano la relativa disciplina, subordinata al precetto costituzionale, senza esaurire tutti gli aspetti che attengono alla sua osservanza e che devono, perciò, per la parte non regolata dalla legge ordinaria, attingere direttamente ad esso così come interpretato dalla giurisprudenza di questa Corte.
In modo pertinente, quindi, la questione è stata sollevata solo nei confronti della legge sostanziale di spesa che si assume priva di sufficienti indicazioni di copertura finanziaria.
4.1. - Nel merito la questione è fondata.
La Corte costituzionale ha costantemente affermato la propria competenza a sindacare leggi di spesa, per profili attinenti alla loro copertura finanziaria, ai sensi dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione che, come è noto (dopo il terzo comma secondo cui "con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese" prescrive che: "ogni altra legge che importi nuove e maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte".
In proposito la sentenza n. 1 del 1966 (la prima in ordine di tempo ad affrontare il problema dalla copertura finanziaria delle leggi dello Stato, all'uopo richiamando principi già affermati in precedenti pronunce relative a leggi regionali) a fronte dei due noti indirizzi interpretativi dell'art. 81, quarto comma, ha ritenuto conforme allo spirito ed alla lettera della Costituzione, quello diretto ad attribuirgli un significato estensivo, comprendente non solo la legge di bilancio, ma anche la legislazione ad essa preesistente nel suo complesso. A tal fine si è rilevato che tale precetto "tiene di vista l'insieme della vita finanziaria dello Stato, che ( ..) non può essere artificiosamente spezzata in termini annuali, ma va, viceversa, considerata nel suo insieme e nella sua continuità temporale, segnatamente in un tempo ( ..) nel quale gli interventi statali ( ..) impongono previsioni che vanno oltre il ristretto limite di un anno e rendono palese la necessità di coordinare i mezzi e le energie disponibili per un più equilibrato sviluppo settoriale e territoriale dell'intera comunità". Di conseguenza, si è precisato che, nonostante il legame fra il terzo ed il quarto comma dell'art. 81, della Costituzione, il significato del termine "ogni altra legge", non è tale che possa essere ricondotto "ad ogni legge successiva al bilancio in corso, e modificatrice in peius dell'equilibrio contabile di esso, ma viceversa, attiene ad ogni altra legge che non sia legge di bilancio, senza alcuna connessione cronologica con questa". Si è inteso cioè dire che il quarto comma dell'art. 81, non ha un significato contabile, ma una portata sostanziale che attiene ai "limiti ( ..) che il legislatore ordinario è tenuto ad osservare nella sua politica di spesa, che deve essere contrassegnata non già dall'automatico pareggio del bilancio, ma dal tendenziale conseguimento dell'equilibrio tra entrate e spesa".
Né potrebbe sostenersi che questa interpretazione colpisca il principio dell'unità del bilancio con l'assegnare ad ogni spesa una determinata entrata, avendo la già citata sentenza n. 1 del 1966 chiarito al riguardo che la predetta interpretazione "non conduce ad una precisa aggregazione di una entrata ad una spesa, laddove, invece, l'indicazione dei mezzi che essa richiede per fronteggiare spese nuove o maggiori, si riduce a determinare ed individuare un incremento dell'entrata che, in una visione globale del bilancio, nel quale tutte le spese si confrontano con tutte le entrate ( ..) assicuri il mantenimento dell'equilibrio complessivo del bilancio presente e di quelli futuri, senza pretendere di spezzarne l'unità".
4.2. - La funzione sostanziale così riconosciuta al quarto comma dell'art, 81, pur considerato in stretta connessione con il terzo comma dello stesso articolo, ha indotto a risolvere il problema della copertura finanziaria delle leggi pluriennali di spesa, nell'unico modo coerente con la premessa. La Corte ha, difatti, sempre ritenuto (sentt. n. 16, 37 del 1961, n. 1 del 1966, n. 47 del 1967, nn. 17, 22, 94 del 1968, n. 158 del 1969, n. 140 del 1976, n. 12 e 13 del 1987, n. 69 del 1989, n. 283 del 1991) che l'obbligo della copertura debba essere osservato dal legislatore ordinario anche nei confronti di spese nuove o maggiori che la legge preveda siano inserite negli stati di previsione della spesa di esercizi futuri.
Il che è possibile perché l'adempimento dell'obbligo costituzionale, come si è detto, non implica necessariamente il riferimento a documenti contabili già formati o da formarsi.
Per tale ragione, dovendosi necessariamente prendere atto della diversità degli effetti che gravano su un bilancio già approvato, rispetto a quelli che si producono sui bilanci non ancora formati, si è affermato che l'obbligo della copertura deve essere "osservato con puntualità rigorosa nei confronti di spese, che incidono sopra un esercizio in corso per il quale è stato (già) consacrato, con l'approvazione del Parlamento, un equilibrio ( ..) tra entrate e spese, nell'ambito di una visione generale dello sviluppo economico del Paese e della situazione finanziaria dello Stato" (in termini: sent. n. 1 del 1966 cit.).
Indirizzi meno rigidi e più articolati, ma nel contempo diretti ad evitare indicazioni di copertura fittizie ed arbitrarie, sono stati invece dettati dalla giurisprudenza con riferimento agli esercizi futuri, relativamente ai quali un equilibrio tra entrate e spese specificamente quantificate in tutte le loro voci non è stato ancora consacrato in documenti contabili, nella considerazione dell'impossibilità di formulare puntuali previsioni di lunga durata. Esse vincolerebbero, infatti, in modo esorbitante la funzione del Parlamento e del Governo in ordine a quei possibili mutamenti delle situazioni di fatto e all'andamento della vita del Paese che potrebbero indurre ad una modifica degli indirizzi di politica economica e quindi della impostazione dei bilanci.
Si è al riguardo considerato che, rispetto agli esercizi futuri, "la legge di spesa si pone come autorizzazione al Governo che la esercita non senza discrezionalità nel senso che, nella predisposizione del bilancio, le spese possono essere ridotte o addirittura non iscritte nei capitoli degli stati di previsione della spesa, salvi sempre l'approvazione ed il giudizio politico del Parlamento, quante volte l'esigenza dell'equilibrio e dello sviluppo economico sociale consiglino una diversa impostazione non globale del bilancio e la configurazione di un diverso equilibrio".
Si è ammessa, conseguentemente, la possibilità di ricorrere, nei confronti della copertura di spese future, oltre che ai mezzi consueti, quali nuovi tributi o l'inasprimento di tributi esistenti, la riduzione di spese già autorizzate, l'accertamento formale di nuove entrate, l'emissione di prestiti e, anche alla previsione di maggiori entrate, tutte le volte che detta previsione si dimostri "sufficientemente sicura, non arbitraria o irrazionale, in un equilibrato rapporto con la spesa che si intende effettuare negli esercizi futuri, e non in contraddizione con le previsioni del medesimo Governo, quali risultano dalla relazione sulle situazione economica del Paese e dal programma di sviluppo del Paese: sui quali punti la Corte potrà portare il suo esame nei limiti della sua competenza" (sent. n. 1 del 1961 cit.).
Va a questo punto chiarito che gli indirizzi testé illustrati, sono stati in gran parte enunciati anteriormente all'emanazione della legge n. 468 del 1978 che ha introdotto il bilancio pluriennale, ed anche se ripetuti successivamente si riferivano solo all'esercizio annuale in corso, distinguendo tra periodi di spesa riferiti a tale esercizio e periodi di spesa riferiti agli anni successivi.
Ma una volta introdotta con la legge per ultimo citata la regola del bilancio pluriennale, previsto come bilancio non inferiore al triennio dalla modifica di cui alla legge n. 362 del 1988, che ha sancito l'obbligo della quantificazione della spesa per tutta la durata del documento contabile triennale, tali indirizzi, coordinati con la nuova disciplina, restano inalterati per quel che riguarda gli esercizi successivi al triennio.
Va da sé che il controllo di costituzionalità non coinvolge aspetti di politica economica perché il parametro di giudizio non implica, in questo caso, un sindacato sulle leggi di tipo diverso da quello istituzionalmente proprio di questa Corte. L'art. 81, quarto comma, della Costituzione, costituisce il parametro di riferimento per valutare l'attendibilità delle deliberazioni di spesa anche di lunga durata e non solo per garantire l'equilibrio dei bilanci già approvati. Specie quando, come nel caso della legge in esame, gli oneri che vanno a gravare sugli esercizi futuri siano inderogabili, l'esigenza imposta dalla costante interpretazione dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione, lungi dal costituire un inammissibile vincolo per i Governi ed i Parlamenti futuri, tende anzi proprio ad evitare che gli stessi siano costretti a far fronte, al di fuori di ogni margine di apprezzamento, ad oneri assunti in precedenza senza adeguata ponderazione dell'eventuale squilibrio futuro.
L'obbligo di una ragionevole e credibile indicazione dei mezzi di copertura anche per gli anni successivi è diretto ad indurre il legislatore ordinario a tener conto dell'esigenza di un equilibrio tendenziale fra entrate e spese la cui alterazione, in quanto riflettentesi sull'indebitamento, postula una scelta legata ad un giudizio di compatibilità con tutti gli oneri già gravanti sugli esercizi futuri.
4.3. - Dagli indirizzi interpretativi della giurisprudenza costituzionale relativi all'art. 81, quarto comma, della Costituzione, si può arguire che l'attenuazione dell'obbligo di puntuale indicazione dei mezzi per far fronte alle spese che andranno a gravare sui bilanci non ancora approvati, è legata alla discrezionalità con cui il Governo, con l'approvazione del Parlamento, esercita il potere di predisposizione del bilancio, il che consente di ridurre o addirittura di non iscrivere spese già deliberate in leggi precedenti nei capitoli degli stati di previsione quante volte ciò possa essere imposto da una diversa visione dell'equilibrio economico finanziario e dal concreto sviluppo economico-sociale del Paese.
Più di recente l'attenuazione di tale obbligo è stata collegata anche alla non determinabilità della spesa a priori nella sua esatta entità (sent. n. 12 del 1987 cit.).
Nonostante però che, relativamente alla legge oggetto del presente giudizio non sussistano né l'uno né l'altro carattere (flessibilità delle determinazioni nel momento attuativo e indeterminabilità della spesa), trattandosi di oneri inderogabili e determinabili in relazione all'ammontare dell'operazione finanziaria autorizzata, si è addirittura omessa, per gli anni successivi al triennio, ogni indicazione dei mezzi di copertura degli oneri.
Deve perciò essere condiviso l'assunto della Corte dei conti circa l'indicazione di copertura finanziaria "assolutamente insufficiente" perché limitata al periodo del bilancio pluriennale in corso. .
Al riguardo, e di ciò si è già avuto modo di riferire nel respingere una delle eccezioni di inammissibilità, l'Avvocatura dello Stato - ribadendo la tesi già esposta dal rappresentante del Governo e dai sostenitori della legge nel corso del dibattito parlamentare ad essa relativo, secondo cui "non esisterebbe un obbligo normativo di dare corrispondente copertura certa fuori dell'arco triennale del bilancio" - è dell'avviso che l'obbligo di indicare i mezzi di copertura finanziaria sia stato compiutamente osservato. Sostiene l'Avvocatura, che l'art. 7, comma 2, della legge in questione, cioè proprio una delle norme oggetto di impugnativa, stabilisce che all'onere per gli interessi gravanti sugli anni 1990, 1991 e 1992 si debba far fronte mediante "corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1990-1992, al capitolo 9001 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno finanziario 1990 all'uopo utilizzando l'accantonamento ivi previsto".
Che l'art. 81, quarto comma, della Costituzione risulti cosi osservato discenderebbe dal fatto che l'art. 11- ter della legge n. 468 del 1978 come modificato dall'art. 7 della legge n. 362 del 1988 ha natura attuativa del precetto costituzionale. Tale norma, nello stabilire che le leggi pluriennali di spesa in conto capitale "quantificano la spesa complessiva, l'onere per competenza relativo al primo anno di applicazione, nonché le quote di competenza attribuite a ciascuno degli anni considerati nel bilancio pluriennale", esaurirebbe, secondo l'Avvocatura dello Stato, nel riferimento al triennio, l'obbligo costituzionale dell'indicazione della copertura finanziaria delle leggi pluriennali di spesa. La difesa erariale è difatti dell'opinione che sarebbe "palesemente arduo produrre credibili documenti di programmazione economico-finanziaria e bilanci pluriennali per un più lungo arco di tempo". Poiché l'art. 11- ter citato, introdotto nella legge n. 468 del 1978 dall'art. 7 della legge n. 362 del 1988, anche quando menziona le leggi pluriennali di spesa, non si spinge oltre la durata del bilancio triennale, la legge impugnata relativamente agli anni successivi al primo triennio di propria applicazione non porrebbe profili di copertura finanziaria, bensì solo di natura programmatoria.
In proposito va considerato che nella legge impugnata e nella relazione tecnica manca, comunque, anche qualsiasi indicazione del genere che possa consentire il sindacato sulla sua concreta idoneità a soddisfare l'osservanza dell'art. 81, quarto comma, come interpretato dalla costante giurisprudenza.
Quanto all'art. 11- ter citato, esso non è esaustivo delle modalità di attuazione della norma costituzionale, ma, essendo inserito in un contesto normativo (quale la legge nn. 468 del 1978 e 362 del 1988) diretto essenzialmente a disciplinare la formazione degli strumenti di programmazione economico-finanziaria, del bilancio annuale e pluriennale, della legge finanziaria, si riferisce alle leggi pluriennali di spesa solo per stabilirne le modalità di collegamento con gli strumenti legislativi e contabili oggetto della disciplina, mentre non prende in considerazione i periodi ulteriori delle leggi di spesa.
Gli indirizzi della giurisprudenza di questa Corte, che impongono di indicare i mezzi di copertura per tutto il periodo di durata delle leggi di spesa, non possono perciò ritenersi contraddetti dalla legge n. 468 del 1978 come modificata dalla legge n. 362 del 1988, non ponendosi neppure - come già si è avuto modo di anticipare in occasione dell'esame di una delle eccezioni di inammissibilità - un problema di costituzionalità di dette ultime norme. Queste non contrastano con il precetto dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione, limitandosi a dargli parziale attuazione limitatamente alla durata dei documenti contabili oggetto della disciplina, senza incidere sulle ulteriori modalità di attuazione del precetto costituzionale che restano quelle enunciate dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte.
4.4. - Nemmeno possono seguirsi le argomentazioni svolte dall'interveniente che, per suffragare la tesi della assenza di ogni obbligo di indicazione dei mezzi di copertura per gli esercizi successivi a quelli contemplati nel bilancio pluriennale, fa riferimento, da un canto, alla prassi seguita nell'approvazione di recenti leggi di spesa, dall'altro, al disegno di legge costituzionale di iniziativa governativa di modifica dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione che, tendendo a rendere effettivo l'obbligo per l'intero periodo di applicazione della legge di spesa, ne confermerebbe l'attuale insussistenza.
Quanto al primo argomento, va osservato che leggi indicative di eventuali prassi, contrastanti con i precetti costituzionali, non possono assumere alcun rilievo esemplare nel giudizio di costituzionalità.
In ordine poi al secondo argomento, a parte che non è possibile ancora stabilire quale possa essere l'evoluzione dell'iniziativa legislativa del Governo, va osservato che l'argomento dell'assenza attuale di tale obbligo potrebbe trarsi solo dall'inequivocabile significato innovativo della modifica proposta. Significato quest'ultimo che non è possibile però desumere dal raffronto con l'attuale testo della norma costituzionale, quale costantemente interpretata da questa Corte, che riferisce l'obbligo all'intera durata della legge, sia pur con le enunciate attenuazioni per quel che riguarda gli anni successivi agli esercizi contemplati nei documenti contabili già approvati.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 2, commi 2 e 3 e 7, comma 2, della legge 7 febbraio 1991, n. 42 (Interventi a favore degli enti delle partecipazioni statali).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 ottobre 1991.
Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI.
Depositata in cancelleria il 17 ottobre 1991.