ORDINANZA N.69
ANNO 1989
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 20 della legge 24 dicembre 1986, n. 958 (Norme sul servizio militare di leva e sulla ferma di leva prolungata), promosso con ordinanza emessa il 10 marzo 1988 dal Pretore di Genova nel procedimento civile vertente tra Tarantino Antonio e l'I.N.A.D.E.L., iscritta al n. 287 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell'anno 1988.
Visto l'atto di costituzione dell'I.N.A.D.E.L. nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 9 novembre 1988 il Giudice relatore Francesco Greco.
Ritenuto che il Pretore di Genova, nel procedimento civile instaurato da Tarantino Antonio contro l'I.N.A.D.E.L., diretto ad ottenere la restituzione delle somme da lui versate per il riscatto del servizio militare il quale era stato disposto dall'Ente con deliberazione del 15 novembre 1984, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 20 della legge 24 dicembre 1987 [rectius: 1986: nota di CoL] , n. 958, secondo cui il periodo di servizio militare e valido a tutti gli effetti per l'inquadramento economico e per la determinazione della anzianità lavorativa ai fini del trattamento previdenziale del settore pubblico;
che risulterebbe violato l'art. 81 della Costituzione per la mancata previsione del finanziamento della spesa subita dall'I.N.A.D.E.L.;
che nel giudizio si è costituito l'I.N.A.D.E.L. che ha concluso, in via principale, per la manifesta infondatezza della questione in quanto la norma censurata non ha efficacia retroattiva e, in via subordinata, per il suo accoglimento se si dovesse estendere il beneficio del computo del servizio militare anche a coloro che beneficiano dell’indennità premio di servizio alla fine del rapporto di impiego;
che l'Avvocatura Generale dello Stato, intervenuta per il Presidente del Consiglio dei ministri, ha concluso per l'inammissibilità o per l'infondatezza della questione sia perché il ricorrente aveva già ottenuto il riscatto e la computabilità del servizio militare prestato e, quindi, non poteva aver diritto alla restituzione delle somme già versate, sia perché la legge (art. 52) ha previsto la copertura finanziaria a prescindere dal fatto che, siccome la computabilità del servizio militare comporta un aumento della retribuzione, si avrebbe anche un aumento delle contribuzioni, sia perché la legge non ha efficacia retroattiva siccome diretta alla incentivazione della prestazione del servizio militare;
considerato che il giudice remittente ha ritenuto l'applicabilità della norma censurata al rapporto de quo disattendendo le tesi dell’inapplicabilità della norma nella controversia per essere stato il rapporto regolato dalla precedente normativa e della non retroattività della norma censurata, sostenuta sia dall'Avvocatura Generale dello Stato, sia dall'I.N.A.D.E.L. ed eventualmente riproponibile in appello;
che, comunque, la legge in esame prevede la copertura finanziaria della spesa sia pure a favore del Ministero della Difesa (art. 52);
che l'obbligo del legislatore di indicare i mezzi per fronteggiare nuove o maggiori spese va osservato con puntualità rigorosa per le
leggi che incidono sull'esercizio in corso per il quale é stato consacrato, con l'approvazione del Parlamento, l'equilibrio tra entrate e spese nell'ambito di una visione generale dello sviluppo economico del Paese e della situazione finanziaria dello Stato, ma non é richiesto con altrettanto rigore per le spese gravanti sugli esercizi futuri essendo ammessa la possibilità di ricorrere, oltre che ai mezzi consueti, quali nuovi tributi, all'inasprimento di quelli già esistenti, alla riduzione delle spese già autorizzate, all'accertamento formale di nuove entrate, all'emissione di prestiti ed, in genere, ad altre operazioni finanziarie che assicurino la raccolta di fondi;
che non é nemmeno richiesta una puntuale e rigorosa previsione della spesa che impegni più esercizi negli esatti termini e nell'esatto importo ai quali, poi, debba corrispondere puntualmente una copertura, essendo possibile effettuare il riscontro nei bilanci dei vari esercizi (sentenza n. 12 del 1987);
che non é sindacabile in sede di giudizio di costituzionalità l'entità della copertura finanziaria, rimessa al giudizio del Parlamento in sede di approvazione della legge.
Visti gli artt. 26, secondo comma, legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 20, legge 24 dicembre 1986, n. 958 (Norme sul servizio militare di leva e sulla ferma di leva prolungata), con riferimento all'art. 81, quarto comma, della Costituzione, sollevata dal Pretore di Genova con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 09/02/89.
Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Mauro FERRI - Luigi MENGONI.
Depositata in cancelleria il 23/02/89.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Francesco GRECO, REDATTORE