Sentenza n. 37 del 1961
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SENTENZA N. 37

ANNO 1961

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Avv. Giuseppe CAPPI, Presidente

Prof. Gaspare AMBROSINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco Pantaleo GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI,

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea della Regione siciliana nella seduta del 29 luglio 1960 recante: "provvidenze a favore delle aziende agricole per la difesa ed il sostegno contro le avversità atmosferiche e parassitarie", promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, notificato il 6 agosto 1960, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 10 agosto 1960 ed iscritto al n. 19 del Registro ricorsi 1960.

Vista la costituzione in giudizio del Presidente della Regione siciliana;

udita nell'udienza pubblica del 10 maggio 1961 la relazione del Giudice Aldo Sandulli;

uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi, per il ricorrente, e gli avvocati Giambattista Adonnino e Aldo Dedin, per il Presidente della Regione siciliana.  

Ritenuto in fatto 

1. - Il 29 luglio 1960 l'Assemblea regionale siciliana approvò un testo legislativo avente ad oggetto "provvidenze a favore delle aziende agricole per la difesa e il sostegno contro le avversità atmosferiche e parassitarie", il quale fu comunicato al Commissario dello Stato per la Regione siciliana il 1 agosto successivo. Il Commissario lo ha impugnato integralmente innanzi a questa Corte, chiedendone la dichiarazione di illegittimità costituzionale con ricorso notificato al Presidente della Regione il 6 agosto e depositato nella cancelleria della Corte il 10 agosto. Del deposito é stata data notizia nella Gazzetta Ufficiale della Regione e in quella della Repubblica, rispettivamente il 2 e il 3 settembre 1960.

La legge - promulgata nelle more del presente giudizio il 29 settembre 1960 con il n. 42 - contempla, in relazione alle finalità indicate nel suo titolo, provvidenze di vario genere in favore di agricoltori e coltivatori: contributi, sovvenzioni e assegnazioni gratuite di grano, a carico del bilancio regionale; sospensioni della riscossione ed esenzioni ventennali dal pagamento dell'imposta sui terreni; garanzie sussidiarie della Regione per prestiti agrari di esercizio; riduzioni dei canoni di affitto dei terreni.

Nel ricorso si afferma quanto segue:

a) l'art. 5 - il quale consente all'Assessore regionale per le finanze di sospendere, fino alla revisione catastale, la riscossione dell'imposta sui terreni per quelle ditte o partite per le quali sia in corso la procedura per la variazione catastale in diminuzione per le cause di eventi naturali, fitopatologici o entomologici previste dall'art. 22 del D. L. 4 aprile 1939, n. 589 (relativo alla revisione generale degli estimi dei terreni) - contrasta coi principi della legislazione statale, dato che questa prevede la sospensione "soltanto durante le necessarie verifiche dei danni". "Essendo titolare in materia tributaria di una potestà di adeguamento, la Regione non può disporre la sospensione dell'applicazione di un tributo erariale";

b) l'art. 6 - il quale estende (per giunta, senza limitazioni e cautele) ai "casi di ripristino di culture gravemente danneggiate o distrutte da particolari avversità atmosferiche o da infestazioni parassitarie" le agevolazioni previste dall'art. 86 del R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, sulla bonifica integrale, e cioè l'esenzione ventennale, dal computo per l'imposta sui terreni, degli incrementi di reddito conseguenti alle opere di ripristino - incorre nel medesimo vizio di legittimità, in quanto estende oltre i limiti fissati dal legislatore statale una provvidenza di carattere eccezionale, e determina "un inammissibile privilegio, suscettibile anche di ripercussioni sui rapporti tributari nel territorio nazionale";

c) l'art. 11 - che prevede, per l'annata agraria 1959 - 60, la riduzione del 40 per cento dei canoni di affitto dei terreni, in favore dei coltivatori diretti e delle cooperative, nelle zone ove sia accertata una diminuzione media della produzione agricola superiore al 40 per cento - é viziato pel fatto che, in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte, accorda l'anzidetta riduzione, destinata a incidere sull'autonomia privata, nonostante ogni mancanza di collegamento tra la riduzione stessa e specifici eventi eccezionali. Inoltre, siccome nell'annata agraria in questione l'intera Nazione é stata colpita da calamità analoghe a quelle determinatesi in Sicilia, senza che nel rimanente territorio nazionale siano state adottate analoghe provvidenze, la norma, da un lato, non può considerarsi basata su "un particolare interesse regionale", e dall'altro introduce una ingiustificata discriminazione rispetto agli affittuari del rimanente territorio dello Stato;

d) l'art. 18 - il quale autorizza l'Assessore per il bilancio a contrarre un prestito di durata pluriennale di lire 1. 560 milioni per fronteggiare gli oneri derivanti dal provvedimento legislativo impugnato, ricadenti nell'esercizio in corso, "senza fissare l'inizio e le modalità dell'ammortamento del prestito stesso" viola l'art. 81, ultimo comma, della Costituzione, "in quanto non contiene alcuna regolamentazione del piano di estinzione del mutuo da contrarre";

e) l'art. 9 - che autorizza la Regione a prestare garanzia sussidiaria agli istituti di credito per i prestiti agrari di esercizio in base alla legge regionale 28 ottobre 1959, n. 28, e successive modifiche, e alle leggi nazionali che prevedono ratizzazioni o facilitazioni per i prestiti agrari a favore di coltivatori danneggiati -, da un lato é illegittimo perché può comportare una responsabilità della Regione per somme di non lieve entità (e con problematiche possibilità di rivalsa) senza che sia prevista alcuna copertura finanziaria per tale onere; e dall'altro contrasta coi principi della legislazione nazionale, cui la Regione é obbligata ad attenersi in materia di credito: infatti, la legge statale 21 luglio 1960, n. 739, all'art. 7, "pone per analoghe operazioni, i conseguenti rischi integralmente a carico degli istituti mutuanti";

f) l'art. 10 - che prevede la concessione ai coltivatori di un ulteriore contributo dell'1,50 per cento nel pagamento degli interessi per le operazioni di credito agrario previste nell'art. 9 - é ugualmente illegittimo, poiché "potrebbe comportare la gratuità delle operazioni creditizie e la riduzione del relativo costo a cifra irrisoria, il che costituisce una innovazione nei riguardi dei principi informatori della legislazione nazionale".

2. - Al ricorso del Commissario dello Stato resiste la Regione siciliana, costituitasi in giudizio il 18 agosto 1960, depositando mandato e deduzioni. In questo ultime la Regione si limita però a chiedere il rigetto del ricorso "perché inammissibile e infondato".

In una memoria depositata il 27 aprile 1961, la Regione, poi, premesso che il provvedimento legislativo in esame "soddisfa, nel modo più congruo al territorio regionale, le eccezionali esigenze di tutela della produzione agricola diffusamente avvertite in molte altre parti del Paese per la serie di calamità e avversità naturali succedutesi negli ultimi tempi con ripercussioni rovinose per l'andamento di questo settore produttivo", tanto che "misure analoghe" furono deliberate dal Parlamento con la legge 21 luglio 1960, n. 739, recante "provvidenze per le zone danneggiate da calamità naturali", e facente capo - come si legge nella relazione governativa - a "un giusto principio di solidarietà dell'intera collettività nazionale verso le popolazioni agricole", nonché ad "evidenti fini di utilità economica generale", contesta analiticamente la sussistenza dei denunciati vizi di legittimità, osservando quanto segue:

a) non sussiste alcun contrasto tra l'art. 5 e i principi della legislazione nazionale, poiché l'art. 11 della legge 21 luglio 1939, n. 589 (rectius della legge 21 luglio 1960, n. 739), la quale non é una norma di carattere generale e, comunque, regola una situazione diversa "e in maniera più larga", consentendo di accordare la sospensione delle imposte sui terreni e sul reddito agrario, nelle zone colpite da eccezionali avversità delimitate dal Ministro delle finanze, tale possibilità prevede "in pendenza delle verifiche", e cioè in un'ipotesi non diversa da quella formulata dalla legge regionale, che prevede la stessa possibilità "in corso di richiesta di variazione catastale". D'altronde, l'art. 26 del decreto luogotenenziale 19 ottobre 1944, n. 348, in caso di riduzione del prodotto del fondo di almeno un terzo, a causa della guerra, consentiva, "durante il corso delle pratiche di sgravio" la possibilità - analoga a quella prevista dalla legge in esame - di sospendere la riscossione in favore di ditte o partite individue;

b) l'art. 6 della legge impugnata, nell'estendere il beneficio fiscale previsto dalla legislazione statale a favore degli aumenti di reddito dei terreni bonificati, agli aumenti di reddito derivanti dal ripristino di culture distrutte o gravemente danneggiate da avversità atmosferiche e infestazioni parassitarie, si inserisce evidentemente nello stesso tipo di esonero previsto dalla legislazione statale, ed é giustificato da esigenze particolari del territorio regionale, più duramente colpito di altre Regioni dalle calamità delle ultime annate;

c) quanto alla riduzione temporanea dei canoni di affitto prevista dall'art. 11, occorre ricordare che la giurisprudenza di questa Corte é orientata nel senso che circostanze ambientali, contingenti, particolari, legittimano la Regione a siffatti provvedimenti, volti a "ricomporre il turbato equilibrio di fattori essenziali all'ordine economico, equilibrio indispensabile alla tipica economia agricola di una Regione meno favorita". Né é esatto che la legge in esame non collega la provvidenza a particolari eventi eccezionali: anche se di tale collegamento tace l'articolo, esso risulta dal titolo della legge; "assoluta garanzia, poi, di retta applicazione della norma é l'intervento degli ispettori agrari: essi dovranno determinare le zone, e, naturalmente, elimineranno quei luoghi che siano stati esenti da eventi eccezionali". Né può aver rilievo - ammesso che sia esatto - il fatto che calamità eccezionali abbiano investito tutto il territorio nazionale: la Sicilia, terra meno favorita, a parità di condizioni, ha certo risentito maggiormente delle eccezionali calamità;

d) in ordine al fatto che l'art. 18 non contiene la regolamentazione del piano di estinzione del mutuo previsto, se la doglianza si riferisce alla "mancanza di un documento contabile di riscontro delle annualità di ammortamento del mutuo con le previsioni della spesa per l'esercizio 1960 - 61", la censura é infondata, perché il riscontro contabile esorbita dalle previsioni dell'ultimo comma dell'art. 81 della Costituzione; se invece "diversamente dalla prospettazione del ricorso" - é da intendere nel senso che manca l'indicazione dei mezzi per far fronte alla nuova spesa per l'esercizio in corso, essa é infondata, poiché gli oneri derivanti dalla legge, compresi quelli per l'ammortamento del mutuo, sono stati calcolati negli artt. 14, 15, 16 e 17 della legge;

e) quanto alla garanzia sussidiaria della Regione, prevista dall'art. 9, é da ricordare che per "tradizione secolare" non si fa menzione nei bilanci delle "pur innumeri e ingentissime garanzie, principali e sussidiarie, prestate dallo Stato in tutte le situazioni di necessità o di opportunità riconosciute dal legislatore": e, infatti, il precetto dell'ultimo comma dell'art. 81 della Costituzione, riguarda gli importi di nuove o maggiori "spese certe, determinate o determinabili", e non "la evenienza di passività ipotetiche od imponderabili";

f) le doglianze relative alle agevolazioni creditizie previste dagli artt. 9 e 10, infine, sono del tutto generiche, il che le rende inammissibili. Comunque, in ordine ad esse la Regione si riserva di replicare nella discussione orale.

3. - L'Avvocatura dello Stato ha depositato anch'essa una memoria il 27 aprile 1961, insistendo per l'accoglimento del ricorso, e chiedendo la dichiarazione di illegittimità costituzionale delle norme contenute negli artt. 5, 6, 8, 9, 10, 11 e 18 della legge impugnata.

A integrazione degli argomenti enunciati nel ricorso, essa osserva quanto segue in riferimento agli anzidetti articoli:

a) l'art. 5 non ha alcun riscontro - nella legislazione nazionale. Nel T.U. del 1958 sulle imposte dirette manca del tutto la facoltà di sospendere la riscossione del tributo fondiario prima che sul piano tecnico sia accertato (cosa che - si sottolinea - non é di competenza della Regione) se la domanda di diminuzione dell'estimo catastale sia fondata. É vero che la recente legge speciale 21 luglio 1960, n. 739, prevede all'art. 11 una sospensione del genere; ma essa la subordina - diversamente dalla legge regionale - alla perdita notevole o addirittura totale del reddito;

b) anche l'art. 6 non ha riscontro nella legislazione nazionale: é vero che l'art. 59 del citato T.U. del 1958 prevede analoghe agevolazioni, ma lo fa limitatamente al ripristino di piantagioni di viti e di agrumi (rispettivamente colpite dalla fillossera o da marciume radicale e mal secco), e per periodi di tempo più brevi (variabili da 5 a 15 anni) e proporzionati alla durata con le singole piante e della loro cultura - limiti che mancano, invece, tutti nella legge impugnata -, mentre l'agevolazione ventennale prevista dalla legislazione statale per le migliorie dipendenti dalla bonifica attiene a un campo e a ragioni del tutto diverse rispetto alla materia della legge impugnata;

c) inficiato da analogo vizio é l'art. 8, il quale estende ai casi di danni derivanti da eccezionali infezioni parassitarie una agevolazione che la legislazione statale prevede soltanto per eccezionali casi di calamità naturali;

d) sia l'art. 8, che gli artt. 5 e 6, anche per il fatto che non prevedono limitazioni e cautele per l'accertamento delle situazioni concrete, contrastano con l'art. 17 dello Statuto regionale, poiché non rispondono ad alcuna particolare esigenza dell'agricoltura in Sicilia, e, quindi, vengono a creare situazioni di privilegio non giustificate da condizioni particolari e interessi propri della Regione;

e) gli artt. 9 e 18, in contrasto con l'art. 81 della Costituzione, non indicano i mezzi per far fronte alle nuove spese, le quali, del resto, non sono determinate, e forse di ammontare "ingentissimo". Quanto al mutuo previsto dall'art. 18, esso non sopperisce, comunque, alla necessità di fronteggiare la spesa nell'esercizio in corso;

f) l'art. 11, poi, che prevede una riduzione del 40 per cento dei canoni di affitto, contrasta palesemente coi principi affermati dalla giurisprudenza, secondo la quale, in tanto é possibile alla legislazione regionale derogare alla disciplina comune dei contratti agrari, in quanto si sia in presenza di due condizioni - eccezionalità di situazioni locali (non bastando la temporaneità della legge) ed esigenza di soddisfare interessi pubblici regionali -, e la legge si limiti ad adattare la legislazione statale alle particolari situazioni locali. Al riguardo si richiama la sentenza di questa Corte n. 7 del 1956, con la quale fu dichiarata illegittima una legge della Regione sarda modificativa di disposizioni del Codice civile, poiché introduceva una riduzione dei canoni di affitto agrari in misura superiore a quella consentita alla discrezione del giudice civile. La legge impugnata - a parte tutto il resto - consente una riduzione del canone senza alcun collegamento con la diminuzione della produzione dei singoli fondi, e, comunque, persino quando la diminuzione dipenda da cause imputabili al conduttore .

4. - All'udienza di trattazione del ricorso, i difensori dello Stato e della Regione hanno illustrato le rispettive tesi.  

Considerato in diritto 

Le disposizioni del provvedimento legislativo denunciato, pur essendo animate dall'intento unitario di favorire le aziende agricole colpite da avversità atmosferiche e parassitarie, e in particolare da quelle dell'ultima annata, hanno oggetto diverso e sono state impugnate per ragioni varie. Le doglianze contenute nel ricorso verranno esaminate secondo l'ordine degli articoli cui si riferiscono.

1. - L'art. 5, che consente all'Assessore regionale per le finanze di sospendere, fino alla revisione catastale prevista dall'articolo 22 del decreto - legge 4 aprile 1939, n. 589, la riscossione dell'imposta sui terreni, per quelle ditte o partite, per le quali sia in corso la procedura di revisione a seguito di richiesta di variazione catastale in diminuzione in conseguenza della perenzione totale o parziale dei fondi o della perdita totale o parziale della loro potenza produttiva, a cagione di eventi naturali, fitopatologici od entomologici, non appare in contrasto con precetti costituzionali, né coi principi della legislazione statale.

La giurisprudenza di questa Corte, formatasi in relazione all'art. 36 dello Statuto siciliano, ha più volte ammesso che, per sovvenire a interessi locali degni di rilievo, la Regione possa con cedere agevolazioni fiscali rispondenti a tipi previsti dalla legislazione statale. Orbene, per la provvidenza in esame - che, date le ragioni e le circostanze ispiratrici della legge, é da ritenere limitata ai soli casi di eventi eccezionali, e non si estende all'ipotesi del naturale esaurimento della potenza produttiva dei fondi - ricorrono entrambe tali condizioni. Da un lato, infatti, essa appare mossa dall'intento di sovvenire alle condizioni di particolare disagio in cui viene a trovarsi l'agricoltura siciliana - notoriamente travagliata da un grave stato di crisi -, allorquando si determinino eventi eccezionali, dai quali risultino colpiti i singoli fondi o le loro piantagioni. Dall'altro, trova rispondenza in analoghe provvidenze concesse dalla legislazione statale in occasione di eventi eccezionali: basterà ricordare, in proposito, la sospensione della riscossione dei tributi fondiari e agrari ammessa, in conseguenza di eventi calamitosi dovuti rispettivamente alla guerra o a fatti naturali, dall'art. 26 del decreto legislativo luogotenenziale 19 ottobre 1944, n. 348, e dall'art. 11 della legge 21 luglio 1960, n. 739.

Pur non mancando di osservare che le condizioni previste in queste ultime leggi statali (le quali, tra l'altro, esigono, per la concessione della provvidenza, che la perenzione del fondo o la perdita della potenzialità produttiva di esso si siano verificate in misura notevole, fissata rispettivamente in un terzo e una metà) non coincidono perfettamente con quelle presupposte dalla legge impugnata, la Corte, tenendo anche presente che non si tratta di una esenzione o riduzione d'imposta, ma semplicemente di una sospensione, ritiene che nel caso in esame non si sia in presenza di una disposizione illegittima.

2. - Fondata é, invece, la censura mossa nei confronti del l'art. 6, che estende ai casi di ripristino di culture gravemente danneggiate o distrutte da particolari avversità atmosferiche o da infestazioni parassitarie l'esenzione ventennale dall'imposta fondiaria per gli aumenti di reddito, prevista dall'art. 86 del R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, sulla bonifica integrale.

Quest'ultimo articolo concede, infatti, il beneficio nei soli casi di trasformazione dei terreni (bonifica), e non anche nei casi di migliorie riguardanti le culture. Esenzioni fiscali temporanee dall'imposta fondiaria per nuove piantagioni sono previste, invece, dall'art. 59 del T.U. approvato con D. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645, sulle imposte dirette: ma, a differenza dell'agevolazione introdotta con la legge impugnata, sono di durata varia, commisurata alla durata del ciclo vitale e dell'arrivo a maturazione delle singole culture, e generalmente inferiore a quella concessa con la legge impugnata. Per giunta il sesto comma dello stesso art. 59 dispone che esse non spettano "quando le nuove piantagioni costituiscono ordinarie reintegrazioni necessarie per mantenere le culture in stato normale, eccezione fatta per quelle sostitutive delle piantagioni di vite distrutte o danneggiate dalla fillossera e delle piantagioni di agrumi distrutte o danneggiate dal marciume radicale o dal malsecco". E l'art. 61 del medesimo T.U., per il caso di "infortuni non contemplati nella formazione delle tariffe d'estimo", non consente la possibilità dello sgravio dell'imposta se non per l'anno in corso, e a condizione che vi sia stata la perdita di almeno due terzi del prodotto ordinario del fondo.

L'agevolazione in esame, lungi dall'essere in rispondenza con un tipo di agevolazione previsto dalla legislazione statale, si pone, dunque, in evidente contrasto con questa. Di conseguenza l'art. 6 é da dichiarare illegittimo.

3. - Pure illegittimo é l'art. 9, il quale autorizza la Regione a prestare garanzia sussidiaria agli istituti di credito per i prestiti agrari di esercizio da concedere ai mezzadri, compartecipanti, assegnatari, affittuari, coltivatori diretti e loro cooperative in base alla legge regionale 28 ottobre 1959, n. 28, e successive aggiunte o modificazioni, nonché in base alle leggi nazionali che prevedono ratizzazioni o facilitazioni per i prestiti agrari a favore di coltivatori danneggiati.

Esattamente rappresenta al riguardo il Commissario dello Stato che, comportando una responsabilità patrimoniale della Regione, la legge avrebbe dovuto prevedere una copertura finanziaria per la stessa. E chiaro che tale copertura non doveva corrispondere all'importo dei crediti garantiti, essendo, invece, sufficiente che fosse commisurata al rischio - da calcolare con metodi adeguati - assunto dalla Regione a proprio carico. Ma é del pari evidente che, in mancanza di qualsiasi indicazione dei mezzi finanziari con cui far fronte ai rischi assunti con la garanzia prestata, l'articolo in esame non può non esser considerato in contrasto con l'art. 81, ultimo comma, della Costituzione (costante mente ritenuto applicabile anche alle leggi regionali), e, quindi, va dichiarato illegittimo.

L'accoglimento di questo motivo d'impugnativa assorbe ogni altra doglianza del Commissario dello Stato nei confronti dello stesso art. 9.

4. - La Corte non ritiene di doversi occupare direttamente delle censure a carico dell'art. 10, in base al quale é concesso ai mezzadri, compartecipanti, affittuari, assegnatari, proprietari coltivatori diretti e cooperative agricole un ulteriore contributo dell'1,50 per cento nel pagamento degli interessi per le operazioni di credito agrario previste dall'art. 9. L'art. 10 é travolto, infatti, in via conseguenziale, dall'illegittimità dell'art. 18, di cui si dirà appresso.

5. - Non ha fondamento, invece, la censura a carico dell'art. 11, che prevede, per l'annata agraria 1959 - 60, nelle zone in cui gli Ispettorati agrari abbiano accertato una diminuzione media della produzione agricola superiore al 40 per cento, una riduzione del 40 per cento, in favore degli affittuari conduttori diretti e delle cooperative, dei canoni di affitto in natura o con riferimento al prezzo dei prodotti, nonché di quelli relativi a contratti in danaro, prorogati o ragguagliati al prezzo del grano.

Secondo il ricorso la disposizione violerebbe il principio costituzionale che, di massima, esclude la possibilità di incidenza della legislazione regionale nel campo dei rapporti privati. Senonché questa Corte, pur non mancando di osservare che la competenza normativa delle Regioni é destinata a esercitarsi essenzialmente nel campo del diritto pubblico, ha avuto più volte occasione di riconoscere la possibilità che essa si svolga - entro limiti circoscritti - anche in relazione a rapporti di diritto privato (si possono ricordare al riguardo le sentenze n. 7 del 17 gennaio 1957; nn. 35 e 36 del 24 gennaio 1957; n. 109 del 27 giugno 1957; n. 123 del 4 luglio 1957; n. 6 del 24 gennaio 1958 e n. 21 del 5 marzo 1959). Possibilità alla quale é da attribuire essenzialmente una funzione correttiva, destinata a operare in quei casi in cui la disciplina comune dei rapporti privati, in presenza di circostanze straordinarie e contingenti, sarebbe in grado di incidere sostanzialmente in modo sfavorevole sui settori di interesse pubblico ai quali la Regione é preposta.

Orbene, la disposizione in esame si pone indubbiamente come uno strumento di carattere straordinario, destinato a far fronte sullo sfondo di una situazione locale di grave e permanente crisi dell'agricoltura, la quale sospinge buona parte dei lavoratori della terra ad allontanarsene - a uno stato di disagio inasprito dalle eccezionali avversità di un'annata particolarmente inclemente, ed é ispirata, appunto, dall'intento di soccorrere, nell'interesse generale dell'agricoltura (commesso in Sicilia alla Regione), i soggetti più indifesi rispetto a tale stato di cose.

Né va trascurato che l'importo della riduzione concessa (40 per cento) non é esorbitante rispetto all'entità della diminuzione produttiva provocata dagli eventi calamitosi dell'annata; anzi si adegua ad essa per difetto, poiché la riduzione dei canoni ha il suo presupposto in una diminuzione della produzione superiore al 40 per cento, da constatare mediante appropriate garanzie. Onde, il criterio adottato, in base al quale é stata ammessa una riduzione superiore a quelle solitamente fin qui concesse - le quali per lo più non hanno superato il 30 per cento (si vedano le leggi regionali siciliane 9 settembre 1947, n. 9; 8 agosto 1949, n. 47; 14 luglio 1950, n. 54; 25 luglio 1952, n. 47) - non può certo esser considerato arbitrario. Al riguardo é anzi il caso di ricordare che con la recente legge 9 marzo 1961, n. 181, lo Stato ha concesso analoghe provvidenze, accordando, nelle zone colpite dagli eventi naturali di carattere eccezionale prodottisi nell'annata agraria 1959 - 60, una riduzione dei canoni di affitto proporzionale all'entità dei danni verificatisi nelle singole zone.

É da ritenere, pertanto, che la disposizione in esame non urti contro i principi costituzionali ricevuti in materia.

6. - Resta, infine, da esaminare la censura a carico dell'art. 18 della legge impugnata, che autorizza l'Assessore regionale per il bilancio "a contrarre un prestito di lire 1. 560 milioni, della durata di anni sei, e con la protrazione non eccedente gli anni cinque, necessario per fronteggiare gli oneri derivanti dalla presente legge e ricadenti nell'esercizio finanziario in corso". Con riferimento all'art. 81, ultimo comma, della Costituzione, il ricorso lamenta che la disposizione impugnata "non contiene, come sarebbe necessario, alcuna regolamentazione del piano di estinzione del mutuo da contrarre".

In effetti, l'art. 18 non specifica non solo in che modo si farà fronte agli oneri del mutuo, ma neanche in che misura il mutuo dovrebbe incidere sui singoli esercizi finanziari, né fissa al riguardo alcun criterio all'Assessore autorizzato a contrarlo.

A prescindere dalle riserve che é doveroso formulare per tutte le Regioni (le quali, a differenza dallo Stato, sono enti a fini tassativamente determinati, e dispongono di una potestà impositiva circoscritta e, quindi, di una finanza che incontra in tale situazione una insuperabile barriera) in ordine ai limiti della possibilità di far ricorso a sistemi di finanza straordinaria (v., ad es., espressamente, l'art. 11 dello Statuto sardo e l'art. 66 dello Statuto del Trentino - Alto Adige), la Corte ritiene che il difetto denunciato sia sufficiente a concretare una violazione dell'art. 81, ultimo comma, della Costituzione. Non può esser dubbio, infatti, che il precetto costituzionale, in base al quale ogni legge, che importi spese nuove o maggiori rispetto a quelle previste dalle leggi sostanziali preesistenti (v. sent. n. 66 del 1959), "deve indicare i mezzi per farvi fronte", esige, prima di ogni altra cosa, - e a prescindere da ogni altro oggetto (del quale non é necessario qui occuparsi) -, che dalla nuova legge risulti su quali esercizi finanziari debbano gravare le "nuove o maggiori spese". Ciò perché é appunto ad essa che i compilatori della legge del bilancio (cui l'art. 81, terzo comma, nega ogni possibilità di apportare modifiche alle leggi sostanziali) dovranno far capo per trovare il titolo alle necessarie iscrizioni negli stati di previsione delle spese e, a un tempo, il limite al proprio potere politico.

7. - L'illegittimità dell'art. 18, e cioè dell'autorizzazione a contrarre il mutuo occorrente per far fronte alle ingenti spese previste dalla legge impugnata, importa, di conseguenza, la dichiarazione dell'illegittimità costituzionale anche di tutte le disposizioni della legge stessa cui ineriscono oneri finanziari destinati a esser fronteggiati dal mutuo, e precisamente degli artt. 1, 3, 4, 7, 8, 10, 12, 13, nonché degli artt. 14 - 17 contenenti l'indicazione degli stanziamenti da effettuare, in proposito, nei singoli capitoli del bilancio.

Per le ragioni indicate nelle sentenze n. 31 e n. 36 del corrente anno, la Corte ritiene, invece, superfluo dichiarare l'illegittimità dei capitoli degli stati di previsione delle spese contenuti nella legge regionale siciliana 3 gennaio 1961, n. 6, di approvazione del bilancio 1960 - 61, destinati a dare attuazione agli anzidetti artt. 14 - 17.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 1, 3, 4, 6, 7, 8, 9, 10, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18 della legge recante "Provvidenze a favore delle aziende agricole per la difesa ed il sostegno contro le avversità atmosferiche e parassitarie", approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 29 luglio 1960, promulgata, nelle more del presente giudizio, il 29 settembre 1960, col n. 42, e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 46 del 4 ottobre 1960;

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate nei riguardi degli artt. 5 e 11 della stessa legge.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 giugno 1961.

Giuseppe CAPPI - Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Francesco Pantaleo GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI

 

Depositata in cancelleria il 24 giugno 1961.