Sentenza n. 36 del 1961
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SENTENZA N. 36

ANNO 1961

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Avv. Giuseppe CAPPI, Presidente

Prof. Gaspare AMBROSINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco Pantaleo GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI,

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea della Regione siciliana nella seduta del 27 luglio 1960, concernente "integrazione alla legge regionale 20 marzo 1959, n. 8", promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, notificato il 3 agosto 1960, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 10 agosto 1960 ed iscritto al n. 17 del Registro ricorsi 1960.

Vista la costituzione in giudizio del Presidente della Regione siciliana;

udita nell'udienza pubblica del 10 maggio 1961 la relazione del Giudice Costantino Mortati;

uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi, per il ricorrente, e l'avv. Camillo Ausiello Orlando, per il Presidente della Regione siciliana.  

Ritenuto in fatto 

Con legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 27 luglio 1960 si é provveduto ad integrare la precedente legge della stessa Regione 20 marzo 1959, n. 8, relativa alla concessione di mutui alle cooperative edilizie fra i dipendenti dell'Amministrazione regionale. Tali erogazioni erano state previste dal decreto legislativo del Presidente regionale 18 aprile 1951, n. 20 (poi ratificato con legge 13 maggio 1953, n. 35), che, allo scopo di consentire il conseguimento del predetto obiettivo, aveva costituito un apposito fondo ed autorizzata la spesa relativa in 4 miliardi, da ripartire in sette esercizi dal 1950 al 1956. Successivamente altra legge del 2 aprile 1955, n. 24, ebbe a stabilire che l'ammontare delle rate di ammortamento dei mutui pel raggiungimento di dette finalità fosse costituito in "fondo di rotazione" e, pertanto, versato in apposito capitolo di entrata del titolo secondo (entrata straordinaria), cat. seconda (movimento di capitali), per essere iscritto in un corrispondente capitolo di spesa. Essendosi, poi, accertata l'insufficienza di tale forma di finanziamento, si emanò la nuova legge del 20 marzo 1959, n. 8, con la quale l'Assessore per il bilancio venne autorizzato a stipulare apposite convenzioni con istituti di credito per la concessione dei mutui in parola, e si addossò alla Regione l'onere per interessi e spese accessorie (in misura non superiore al 5 per cento), cui si sarebbe dovuto far fronte con la somma del menzionato fondo di rotazione. Le previste convenzioni vennero di fatto stipulate con il Banco di Sicilia e la Cassa di Risparmio ed approvate con decreti assessoriali del 5 e 6 maggio 1959 (pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Regione del 4 luglio 1959, n. 40), ciascuna delle quali prevedeva erogazioni per l'ammontare massimo di un miliardo e 800 milioni.

Con riferimento alle statuizioni per ultimo menzionate, la citata legge del 27 luglio 1960 dispone che il fondo di rotazione possa essere aumentato a decorrere dall'anno finanziario 1960-1961, dell'ammontare annuo massimo di 200 milioni, e che la maggiore somma venga stanziata annualmente, entro detto limite, in misura proporzionale agli oneri derivanti dalle convenzioni in atto.

La legge stessa, comunicata in data 29 luglio 1960 al Commissario dello Stato, é stata da questi, a termini dell'art. 28 dello Statuto siciliano, impugnata innanzi a questa Corte, con ricorso notificato il 3 agosto 1960, affinché ne fosse dichiarata la illegittimità costituzionale, e ciò pel fatto che la medesima, mentre non indica l'ammontare della spesa effettiva da sostenere nell'esercizio in corso, non specifica il modo di provvedere alla copertura del maggiore onere previsto, con conseguente violazione dell'art. 81 della Costituzione.

Procedutosi al deposito del ricorso nella cancelleria della Corte il 10 agosto 1960 e datasi notizia del medesimo nel n. 216 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica del 3 settembre 1960, e nel n. 38 del 2 settembre 1960 della Gazzetta Ufficiale regionale, la Regione, in persona del suo Presidente, Benedetto Maiorana della Nicchiara, si costituiva nel termine di legge, con atto di deduzioni depositato il 20 agosto 1960, a mezzo del suo procuratore, avv. Camillo Ausiello Orlando.

Sostiene la difesa della Regione che la legge impugnata non contiene alcuna disposizione in ordine alle spese gravanti né sul bilancio in corso di esercizio né su quelli futuri, ma si limita ad integrare la precedente legge n. 8 onde assicurare la copertura che si rendesse necessaria dell'onere assunto dalla Regione, per effetto delle due convenzioni già stipulate. La dedotta violazione dell'art. 81 deve, pertanto, ritenersi infondata, dato che non viene effettuato alcuno stanziamento, ma, invece, si rimanda la disposizione della spesa a futuri provvedimenti legislativi, e ciò perché non si può, attualmente, procedere ad alcuna determinazione del suo concreto ammontare, rendendosi questa possibile solo quando si potrà conoscere l'entità dell'onere per ogni singolo esercizio, in dipendenza dei mutui effettivamente concessi sulla base delle predette convenzioni. Conclude chiedendo che il ricorso venga rigettato.

L'Avvocatura dello Stato in data 19 aprile 1961 ha depositato una memoria a sostegno dei motivi del ricorso prodotto dal Commissario del Governo. Con essa si contesta l'esattezza delle deduzioni della difesa regionale, poiché la legge impugnata, per il solo fatto di disporre l'erogazione delle somme necessarie a coprire il carico finanziario assunto dalla Regione in conseguenza delle convenzioni già operanti, dà vita ad una spesa certa, nuova e maggiore (anche se il suo preciso ammontare non é determinabile a priori con assoluta esattezza pel fatto di dipendere dalle modalità di erogazione dei mutui o dal corrispondente effettivo onere degli interessi), e, di conseguenza, incorre in violazione dell'art. 81, per l'omissione dell'adempimento dell'obbligo da questo sancito di indicare, almeno per l'esercizio in corso, i mezzi necessari a far fronte alla spesa stessa. Aggiunge l'Avvocatura che non assumono rilievo le modalità di pagamento eventualmente pattuite con gli istituti mutuanti, poiché, anche ad ammettere che sia consentito alla Regione di pagare le somme afferenti all'esercizio in corso dopo la sua scadenza, non si eliminerebbe la denunciata violazione dell'art. 81, dovendosi, in regime di bilancio di competenza, farsi riferimento all'esercizio pel quale la spesa é stata impegnata. Conclude chiedendo l'annullamento della legge impugnata, o in via subordinata, che la Corte, ove lo ritenga opportuno, disponga l'acquisizione agli atti della causa delle due convenzioni indicate dalla difesa regionale, insieme con i decreti di approvazione debitamente registrati.

Nella discussione orale il difensore dello Stato ha ribadito le considerazioni svolte in memoria, mentre quello della Regione, nell'insistere per la reiezione del ricorso, ha messo in rilievo come finalità della legge impugnata non sia di fare assumere impegni di spesa (poiché ciò era già avvenuto per opera della legge 20 marzo 1959, n. 8), bensì di fissare il limite massimo dell'onere assunto dalla Regione, così da condizionare le autorizzazioni alla assegnazione dei mutui, di competenza dell'Assessore.  

Considerato in diritto 

Risulta dalla esposizione del fatto che la legge regionale 20 marzo 1959, n. 8, nel consentire la stipulazione di convenzioni con istituti di credito per l'erogazione, da parte di questi, di mutui a favore di cooperative o di loro soci, per la costruzione di stabili sociali e l'acquisto di appartamenti, e nell'addossare alla Regione gli oneri relativi al pagamento degli interessi sui mutui stessi, stabilì che ad essi si dovesse far fronte con il fondo di rotazione che era stato costituito con la legge 2 aprile 1955, n. 24: fondo alimentato con gli stanziamenti previsti da varie leggi (e, per ultimo, dalla legge 13 maggio 1953, n. 35, art. 9) per la concessione di mutui per opera della Regione, che avrebbero dovuto trovare la contropartita nei versamenti delle quote di ammortamento da parte dei mutuatari (ciò che conduceva a fare iscrivere le spese e le entrate relative nella categoria delle partite di giro). In particolare l'art. 11 della stessa legge n. 8 autorizzava l'Assessore per il bilancio ad introdurre le variazioni occorrenti solo allo scopo di "adeguare la denominazione" del capitolo di fondo di rotazione alle finalità perseguite.

Ma era chiaro che il maggior onere assunto dalla Regione per effetto dell'entrata in vigore delle citate convenzioni non avrebbe potuto trovare la necessaria copertura nei versamenti effettuati dai mutuatari, per il ricupero delle quote di spesa autorizzate a titolo di concessioni dei mutui, secondo, invece, si verificava in virtù del congegno prima predisposto con il fondo di rotazione. Sicché la legge impugnata ha in realtà avuto lo scopo, che risulta del resto anche dal letterale tenore del suo art. 1, di consentire l'aumento di spesa conseguente all'obbligo assunto di corrispondere agli istituti mutuanti gli interessi sulle somme erogate alle cooperative edilizie o ai loro soci.

Non può, quindi, ritenersi esatta l'affermazione della difesa della Regione secondo cui la legge stessa, lungi dal disporre una spesa effettiva, si limita a prevedere l'eventuale ammontare delle somme erogabili in avvenire per opera di appositi futuri provvedimenti, mirando al solo scopo di fissare il limite massimo dell'onere annuale per interessi, e di circoscrivere in tal modo la discrezionalità dell'Assessore nell'esercizio del compito a lui attribuito di autorizzare le singole operazioni di mutuo. É vero, al contrario, che, una volta divenute operative, dal luglio 1959, le convenzioni (che prevedevano la corresponsione, da parte della Regione, posticipatamente, alla fine di ciascun anno di durata del mutuo, degli interessi nella misura del 5 per cento, e per il primo anno in misura corrispondente all'intera somma mutuata), già al luglio 1960, epoca dell'entrata in vigore della legge in esame, era maturato il debito relativo ai mutui consentiti in precedenza, ed in conseguenza era automaticamente sorto l'obbligo a carico della Regione stessa di provvedere alla sua soddisfazione.

Ciò risulta del resto comprovato dalla constatazione che il bilancio regionale per l'anno finanziario 1960-61, approvato con la legge 3 gennaio 1961, n. 6, comprende, nella categoria delle spese effettive straordinarie, il capitolo 612, in cui é stanziata la somma di lire 388.416.000, destinata, appunto, al pagamento degli interessi sui mutui concessi in forza della legge regionale n. 8 del 1959, e gravanti sull'esercizio in corso.

Ed é chiaro che tale spesa (non più inserita fra quelle delle partite di giro, ed altresì distinta da quella del fondo destinata alla concessione degli altri mutui corrisposti direttamente dalla Regione, ai quali si riferisce il precedente capitolo 611) trova la sua fonte immediata ed esclusiva nell'art. 1 della legge in esame. Sicché, non avendo questa indicato i mezzi necessari per far fronte alla spesa stessa, né avendo fatto rinvio per tale indicazione ad altra legge sostanziale, non può non incorrere nella censura di violazione dell'art. 81, ultimo comma, dato che (come ha costantemente ritenuto questa Corte, muovendo dal rilievo della connessione rilevabile fra i due ultimi commi dell'articolo stesso) la previsione in bilancio di fondi destinati ad una spesa, ove sia contemplata da una legge meramente formale, com'é quella del bilancio, non assolve di per sé sola all'obbligo costituzionale della indicazione della sua copertura.

Non potrebbe, poi, dalla circostanza che la legge impugnata non contiene alcuna autorizzazione all'Assessore ad apportare le variazioni di bilancio relative alla maggiore spesa che si consentiva, desumersi una conferma dell'allegato carattere meramente eventuale di quest'ultima, poiché, invece, essa, specie quando si tenga presente l'avvenuta iscrizione in bilancio della spesa, appare piuttosto indizio del proposito di deviare l'attenzione in ordine alla effettiva portata della statuizione che quella maggior spesa consentiva.

Non potrebbe neppure validamente opporsi, contro l'applicazione dell'art. 81, la considerazione del carattere indeterminato dell'ammontare dell'onere, poiché, come si é detto, al momento dell'approvazione del disegno di legge, esso era determinabile, e d'altra parte per l'osservanza del precetto costituzionale non si rende necessaria una assoluta e puntuale determinazione della spesa che si viene ad assumere.

La dichiarazione di incostituzionalità della legge impugnata ha per conseguenza l'inefficacia degli atti emessi sulla base della medesima, ed in particolare dell'iscrizione nel bilancio di previsione per l'anno finanziario 1960-61 della somma di lire 388.416.000 imputata al capitolo n. 612 della spesa effettiva straordinaria.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

dichiara la illegittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana in data 27 luglio 1960, concernente "Integrazione alla legge regionale 20 marzo 1959, n. 8", in riferimento all'ultimo comma dell'art. 81 della Costituzione.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 giugno 1961.

Giuseppe CAPPI - Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Francesco Pantaleo GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI

 

Depositata in cancelleria il 24 giugno 1961.