Sentenza n. 71 del 2022

SENTENZA N. 71

ANNO 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giuliano AMATO

Giudici: Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Veneto 10 febbraio 2021, n. 3 (Modifiche alla legge regionale 24 agosto 1979, n. 63 “Norme per l’istituzione e il funzionamento dell’Istituto regionale per le ville venete ‘I.R.V.V.’”, ed ulteriori disposizioni), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 12-15 aprile 2021, depositato in cancelleria il 20 aprile 2021, iscritto al n. 24 del registro ricorsi 2021 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell’anno 2021.

Visto l’atto di costituzione della Regione Veneto;

udito nell’udienza pubblica del 25 gennaio 2022 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;

uditi l’avvocato dello Stato Paola Maria Zerman per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Andrea Manzi per la Regione Veneto;

deliberato nella camera di consiglio del 25 gennaio 2022.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso notificato il 12-15 aprile 2021 e depositato il 20 aprile 2021 (reg. ric. n. 24 del 2021), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, in riferimento agli artt. 3, 97, 117, commi secondo, lettera l), e terzo, e 119 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Veneto 10 febbraio 2021, n. 3 (Modifiche alla legge regionale 24 agosto 1979, n. 63 “Norme per l’istituzione e il funzionamento dell’Istituto regionale per le ville venete ‘I.R.V.V.’”, ed ulteriori disposizioni), nella parte in cui aggiunge i commi 3-bis e 3-ter all’art. 25 della legge della reg. Veneto n. 63 del 1979, disponendo l’armonizzazione del trattamento economico accessorio del personale dell’Istituto regionale per le ville venete (IRVV), ente dotato di personalità giuridica pubblica, deputato alle attività di restauro e di valorizzazione delle ville del territorio veneto e friulano, con quello del personale della Giunta regionale del Veneto.

1.1.– Il comma 3-bis dell’art. 25 della legge reg. Veneto n. 63 del 1979, come introdotto dall’articolo impugnato, dispone che «[i]n attuazione di quanto disposto dal terzo comma, a decorrere dal 1° gennaio 2018, al fine di consentire l’effettiva armonizzazione del trattamento economico del personale dell’Istituto regionale ville venete con quello della Giunta regionale del Veneto, i fondi destinati al trattamento economico accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, dell’ente possono essere incrementati, con riferimento al medesimo personale, in misura non superiore alla differenza tra il valore medio individuale del trattamento economico accessorio del personale dell’amministrazione regionale, calcolato con riferimento all’anno 2016, e quello corrisposto al personale in servizio alla medesima data presso l’Istituto».

Ad avviso del ricorrente, tale disposizione violerebbe la potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., a cui sarebbe riconducibile la disciplina del trattamento economico, sia fondamentale, sia accessorio, del personale delle pubbliche amministrazioni.

In particolare, l’Avvocatura generale dello Stato evidenzia che sarebbero lesi l’art. 40 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), secondo cui le Regioni «possono destinare risorse aggiuntive alla contrattazione integrativa nei limiti stabiliti dalla contrattazione nazionale e nei limiti dei parametri di virtuosità fissati per la spesa di personale dalle vigenti disposizioni, in ogni caso nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica e di analoghi strumenti del contenimento della spesa» e l’art. 45 del d.lgs. n. 165 del 2001, che riserva la definizione del trattamento economico fondamentale ed accessorio dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche alla contrattazione collettiva.

La disposizione impugnata violerebbe, ad avviso del ricorrente, anche gli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., in quanto l’incremento del trattamento accessorio previsto per il personale dell’IRVV si porrebbe in contrasto con il principio di coordinamento della finanza pubblica stabilito dall’art. 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante «Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l), m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», che, a decorrere dal 1° gennaio 2017, limita l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale di ciascuna delle amministrazioni pubbliche di cui all’ art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, stabilendo che non possa essere superato il corrispondente importo determinato per l’anno 2016.

1.2.– Il comma 3-ter dell’art. 25 della legge reg. Veneto n. 63 del 1979, come introdotto dalla norma impugnata, dispone, invece, che «[i]n attuazione di quanto disposto dal terzo comma in tema di assoggettamento, anche con riferimento al trattamento economico, alla normativa regionale del personale dell’Istituto regionale ville venete, a decorrere dal 1° gennaio 2020 si applica al medesimo personale quanto disposto dall’ultimo periodo del comma 1 dell’articolo 33 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 “Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi” convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58».

Ad avviso del ricorrente, la disposizione censurata, stabilendo un’automatica ed unilaterale estensione al personale dell’IRVV di quanto disposto dall’ultimo periodo del comma 1 dell’art. 33 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi), convertito, con modificazioni, nella legge 28 giugno 2019, n. 58 – che prevede un adeguamento del limite al trattamento accessorio del personale di cui all’articolo 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017 – violerebbe gli artt. 117, commi secondo, lettera l), e terzo, Cost., in quanto la detta norma statale dovrebbe trovare applicazione solo nei confronti del personale inquadrato nei ruoli delle Regioni a statuto ordinario e non nei confronti dei dipendenti degli enti regionali.

1.3.– Le disposizioni regionali impugnate violerebbero, infine, ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, anche il principio di uguaglianza e i princìpi di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione di cui agli artt. 3 e 97 Cost., determinando «trattamenti difformi e sperequazioni economiche nei confronti tanto del personale dipendente degli altri enti ed istituti della Regione Veneto, quanto del personale alle dipendenze di enti ed istituti appartenenti alle altre regioni a statuto ordinario non assoggettati alla normativa in esame, in quanto non destinatari di analoghi interventi di armonizzazione in aumento del proprio trattamento accessorio».

2.– Si è costituita in giudizio la Regione Veneto chiedendo dichiararsi inammissibili o, comunque, non fondate le questioni di legittimità costituzionale.

2.1.– Preliminarmente, la difesa regionale eccepisce l’inammissibilità dell’impugnativa avente ad oggetto l’art. 1 della legge reg. Veneto n. 3 del 2021, nella parte in cui aggiunge il comma 3-bis all’art. 25 della legge reg. Veneto n. 63 del 1979 ritenendo, in riferimento alla dedotta lesione della potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che il ricorrente si sarebbe limitato «a enunciare il titolo di competenza esclusiva dello Stato e la lesione dello stesso, senza in alcun modo specificare in che modo la norma regionale incida sulla negoziazione contrattuale ovvero quale sia la disposizione di legge statale lesa e la concreta incidenza della legge regionale su di essa», mentre, per quanto riguarda la violazione degli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., che nessuna concreta lesione sarebbe «deducibile dal motivo di impugnazione, che si limita a prospettare illegittimi incrementi della spesa pubblica, non solo indimostrati, ma pur anche meramente eventuali, potendosi essi concretizzare unicamente in sede di contrattazione decentrata».

La Regione sostiene, inoltre, l’inammissibilità, per difetto di motivazione e mancata individuazione del tertium comparationis, anche delle questioni promosse dal ricorrente in riferimento alla violazione degli artt. 3 e 97 Cost.

2.2.– Ad avviso della difesa regionale, tutte le questioni promosse dal ricorrente non sarebbero, in ogni caso, fondate nel merito.

La Regione evidenzia, in primo luogo, che l’art. 25, comma 3, della legge reg. Veneto n. 63 del 1979 stabilisce, nella sua formulazione originaria, l’equiparazione dello status giuridico e del trattamento economico del personale dipendente dell’IRVV al personale di ruolo della Regione Veneto.

Da ciò, ad avviso della difesa regionale, deriverebbe che le disposizioni impugnate, limitandosi a riconoscere la facoltà della Regione di armonizzare il trattamento economico accessorio del personale dell’IRVV con quello del personale della Giunta regionale del Veneto, andrebbero considerate come norme meramente attuative del menzionato art. 25, comma 3, della legge reg. Veneto n. 63 del 1979, prive di incidenza, come tali, sulla disciplina statale.

Tale equiparazione tra personale regionale di ruolo e quello dell’IRVV troverebbe conferma, secondo la parte resistente, nell’art. 4 del Contratto collettivo nazionale quadro (CCNQ) per la definizione dei comparti e delle aree di contrattazione collettiva nazionale (2016-2018), firmato il 13 luglio 2016, che considera nell’ambito del comparto di contrattazione collettiva delle Funzioni locali, sia il personale delle Regioni a statuto ordinario, sia quello degli enti pubblici non economici dalle stesse dipendenti e nelle conseguenti previsioni del Contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) del comparto Funzioni locali, firmato in data 21 maggio 2018.

Sotto altro profilo, ad avviso della difesa regionale, non si potrebbe cogliere, poi, alcuna contraddizione tra le disposizioni impugnate e l’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017, dal momento che l’eventuale divergenza quantitativa del trattamento accessorio rispetto all’importo determinato per l’anno 2016 dovrebbe, comunque, tenere conto degli adeguamenti previsti dal comma l dell’art. 33 del d.l. n. 34 del 2019, come convertito, il cui ambito di applicazione non sarebbe limitato, come sostenuto dal ricorrente, al solo personale delle Regioni a statuto ordinario, in quanto l’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017 fa espresso riferimento al «personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165» in cui rientrano anche «tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali» e, pertanto, anche l’Istituto regionale per le ville venete.

Considerato in diritto

1.– Con il ricorso indicato in epigrafe (reg. ric. n. 24 del 2021), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, in riferimento agli artt. 3, 97, 117, commi secondo, lettera l), e terzo, e 119 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Veneto 10 febbraio 2021, n. 3 (Modifiche alla legge regionale 24 agosto 1979, n. 63 “Norme per l’istituzione e il funzionamento dell’Istituto regionale per le ville venete I.R.V.V.”, ed ulteriori disposizioni), nella parte in cui aggiunge i commi 3-bis e 3-ter all’art. 25 della legge reg. Veneto n. 63 del 1979, disponendo l’armonizzazione del trattamento economico accessorio dei dipendenti dell’Istituto regionale per le ville venete (IRVV) con quello del personale della Giunta regionale del Veneto.

2.– Un primo gruppo di censure ha ad oggetto l’art. 1 della legge reg. Veneto n. 3 del 2021, nella parte in cui aggiunge il comma 3-bis all’art. 25 della legge reg. Veneto n. 63 del 1979, dispone che «[i]n attuazione di quanto disposto dal terzo comma, a decorrere dal 1° gennaio 2018, al fine di consentire l’effettiva armonizzazione del trattamento economico del personale dell’Istituto regionale ville venete con quello della Giunta regionale del Veneto, i fondi destinati al trattamento economico accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, dell’ente possono essere incrementati, con riferimento al medesimo personale, in misura non superiore alla differenza tra il valore medio individuale del trattamento economico accessorio del personale dell’amministrazione regionale, calcolato con riferimento all’anno 2016, e quello corrisposto al personale in servizio alla medesima data presso l’Istituto».

Ad avviso del ricorrente, la norma impugnata invaderebbe la sfera di competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., a cui sarebbe riconducibile la disciplina del trattamento economico, sia fondamentale, sia accessorio, del personale delle pubbliche amministrazioni, ponendosi in contrasto, in particolare, con quanto stabilito dagli artt. 1, comma 3, 2, 40, commi 3-bis e 3-quinquies, e 45 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).

La disposizione impugnata violerebbe, inoltre, gli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost. perché, incrementando i fondi destinati al trattamento economico accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, dell’IRVV, si porrebbe in contrasto con il principio di coordinamento della finanza pubblica posto dall’art. 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante «Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l), m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche» che, allo scopo di contenere la spesa per il trattamento accessorio del personale delle pubbliche amministrazioni, stabilisce che l’ammontare complessivo delle risorse ad esso destinate annualmente non possa superare il corrispondente importo determinato per l’anno 2016.

Infine, ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato, la norma impugnata determinerebbe «trattamenti difformi e sperequazioni economiche nei confronti tanto del personale dipendente degli altri enti ed istituti della Regione Veneto, quanto del personale alle dipendenze di enti ed istituti appartenenti alle altre regioni a statuto ordinario non destinatari di analoghi interventi di armonizzazione in aumento del proprio trattamento accessorio», con la conseguente lesione del principio di uguaglianza e dei princìpi di imparzialità e di buon andamento della pubblica amministrazione di cui agli artt. 3 e 97 Cost.

3.– Va, preliminarmente, esaminata l’eccezione di inammissibilità formulata dalla Regione Veneto per genericità e difetto di motivazione della questione in riferimento a tutti i parametri evocati.

3.1.– L’eccezione è fondata.

3.2.– La giurisprudenza di questa Corte è costante nell’affermare che, nella impugnazione in via principale, il ricorrente non solo deve, a pena di inammissibilità, individuare l’oggetto della questione proposta (con riferimento alla normativa che censura ed ai parametri che denuncia violati), ma ha anche l’onere (da considerare addirittura più pregnante rispetto a quello sussistente nei giudizi incidentali: ex plurimis, sentenza n. 115 del 2021) di esplicitare una motivazione chiara ed adeguata in ordine alle specifiche ragioni che determinerebbero la violazione dei parametri che assume incisi.

Nel caso in esame il ricorrente, in riferimento alla dedotta violazione della potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., si è invece limitato ad enunciare il titolo di competenza esclusiva dello Stato e la lesione dello stesso, ma senza chiarire come la norma censurata, che si limita ad autorizzare uno stanziamento, incida concretamente sulla disciplina statale ritenuta violata.

Come già evidenziato da questa Corte, il ricorso avverso una norma regionale che arrechi pregiudizio alle attribuzioni statali, invadendo materie rientranti nelle competenze legislative esclusive dello Stato, deve «essere adeguatamente motivato e, a supporto delle censure prospettate, deve chiarire il meccanismo attraverso cui si realizza il preteso vulnus lamentato; quando il vizio sia prospettato in relazione a norme interposte specificamente richiamate è necessario evidenziare la pertinenza e la coerenza di tale richiamo rispetto al parametro evocato» (sentenza n. 232 del 2019).

Anche le censure proposte dal ricorrente in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost. risultano del tutto generiche, in quanto la prospettazione di illegittimi incrementi della spesa pubblica è priva di motivazione. In particolare, il ricorrente ha omesso ogni spiegazione circa il meccanismo con cui la norma impugnata si porrebbe in contrasto con il principio di coordinamento della finanza pubblica posto dall’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017, determinando il paventato superamento del tetto di spesa fissato dal legislatore statale.

Infine, risultano assolutamente generiche anche le censure formulate in riferimento alla dedotta violazione degli artt. 3 e 97 Cost., essendosi limitato il ricorrente a denunciare in modo totalmente assertivo la lesione dei parametri evocati, omettendo di individuare, tra l’altro, quanto alla dedotta compromissione del canone dell’eguaglianza, l’indispensabile tertium comparationis.

3.3.– Questa Corte rileva, peraltro, che la disposizione impugnata si limita a intervenire sui fondi per il trattamento accessorio del personale dell’IRVV, al fine di consentirne l’equiparazione a quello del personale di ruolo della Regione. Tale equiparazione è prevista dal comma 3 dell’art. 25 della legge reg. Veneto n. 63 del 1979, come modificato dal comma 2 dell’art. 23 della legge della Regione Veneto 24 ottobre 2019, n. 43 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 24 agosto 1979, n. 63 “Norme per l’istituzione e il funzionamento dell’Istituto Regionale per le Ville Venete ‘IRVV’”), tra l’altro non impugnato dal Governo, e non è prevista dalla disposizione oggetto d'esame, a cui non può essere riconosciuto, sotto tale profilo, un autonomo effetto lesivo a fronte della perdurante vigenza della norma regionale presupposta.

4.– Un secondo gruppo di censure ha ad oggetto l’art. 1 della legge reg. Veneto n. 3 del 2021, nella parte in cui introduce il comma 3-ter dell’art. 25 della legge reg. Veneto n. 63 del 1979, ai sensi del quale «[i]n attuazione di quanto disposto dal terzo comma in tema di assoggettamento, anche con riferimento al trattamento economico, alla normativa regionale del personale dell’Istituto regionale ville venete, a decorrere dal 1° gennaio 2020 si applica al medesimo personale quanto disposto dall’ultimo periodo del comma 1 dell’articolo 33 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 “Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi” convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58».

Quest’ultima disposizione stabilisce l’adeguamento, in aumento o in diminuzione, del limite al trattamento accessorio del personale di cui all’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017, per garantire l’invarianza del valore medio pro­capite, riferito all’anno 2018, del fondo per la contrattazione integrativa, nonché delle risorse per remunerare gli incarichi di posizione organizzativa, prendendo a riferimento come base di calcolo il personale in servizio al 31 dicembre 2018.

4.1.– Secondo il ricorrente, l’estensione al personale di un ente regionale, quale l’IRVV, di quanto stabilito dall’ultimo periodo del primo comma dell’art. 33 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi), convertito, con modificazioni, nella legge 28 giugno 2019, n. 58 determinerebbe la violazione degli artt. 117, commi secondo, lettera l), e terzo, Cost. in quanto la norma, a parere dell’Avvocatura Generale dello Stato, dovrebbe trovare applicazione solo nei confronti del personale inquadrato nei ruoli delle Regioni a statuto ordinario.

4.2.– Inoltre, secondo l’Avvocatura generale dello Stato, la disposizione impugnata sarebbe lesiva anche del principio di uguaglianza e dei princìpi di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione di cui agli artt. 3 e 97 Cost.

5.– La Regione Veneto, regolarmente costituitasi in giudizio, ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità per genericità e difetto di motivazione della questione in riferimento ai parametri di cui agli artt. 3 e 97 Cost., da ultimo citati.

5.1.– L’eccezione è fondata.

5.2.– È giurisprudenza costante di questa Corte, come già detto al punto 3.2, che, anche nelle impugnazioni in via principale, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità, individuare l’oggetto della questione proposta (con riferimento alla normativa che censura ed ai parametri che denuncia violati) e ha l’onere (da considerare addirittura più pregnante rispetto a quello sussistente nei giudizi incidentali: ex plurimis, sentenza n. 115 del 2021) di esplicitare una motivazione chiara ed adeguata in ordine alle specifiche ragioni di impugnazione.

Nel caso di specie, il ricorrente non ha invece chiarito, in alcun modo, né i motivi dell’asserita irragionevolezza della disposizione impugnata, né le ragioni per cui questa dovrebbe considerarsi lesiva del principio di imparzialità e di buon andamento della pubblica amministrazione. La genericità delle doglianze, sprovviste di una adeguata argomentazione a sostegno del contrasto con i parametri indicati, determina, dunque, l’inammissibilità della questione (ex plurimis, sentenza n. 25 del 2021).

6.– Con riferimento ai restanti parametri, di cui all’art. 117, commi secondo, lettera l), e terzo, Cost., la questione non è fondata.

6.1.– La norma impugnata stabilisce l’applicazione al personale dell’Istituto regionale ville venete di quanto disposto dall’ultimo periodo del comma 1 dell’articolo 33 del d.l. n. 34 del 2019, come convertito, in relazione al limite del trattamento accessorio.

Tuttavia, contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, l’ambito applicativo di tale norma non può ritenersi limitato al solo personale delle Regioni a statuto ordinario, in quanto l’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017, che delimita la portata dell’ultimo periodo del comma 1 dell’articolo 33 del d.l. n. 34 del 2019, come convertito, fa riferimento al «personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165». Vi rientrano, dunque, «tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali» e tra i quali va anche annoverato, ai sensi della legge istitutiva, l’IRVV.

D’altra parte, la disposizione contenuta nell’ultimo periodo del comma 1 dell’art. 33 del d.l. n. 34 del 2019, come convertito, richiamata dalla norma regionale, costituisce appunto norma di applicazione del principio di coordinamento della finanza pubblica posto dall’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017.

6.2.– Pertanto, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge reg. Veneto n. 3 del 2021, nella parte in cui aggiunge il comma 3-ter all’art. 25 della legge reg. Veneto n. 63 del 1979, promossa dal ricorrente in riferimento all’art. 117, commi secondo, lettera l), e terzo, Cost., deve essere dichiarata non fondata.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Veneto 10 febbraio 2021, n. 3 (Modifiche alla legge regionale 24 agosto 1979, n. 63 “Norme per l’istituzione e il funzionamento dell’Istituto regionale per le ville venete ‘I.R.V.V.’”, ed ulteriori disposizioni), nella parte in cui aggiunge il comma 3-bis all’art. 25 della legge reg. Veneto n. 63 del 1979, promossa, in riferimento agli artt. 3, 97, 117, commi secondo, lettera l), e terzo, e 119 della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;

2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge reg. Veneto n. 3 del 2021, nella parte in cui aggiunge il comma 3-ter all’art. 25 della legge reg. Veneto n. 63 del 1979, promossa, in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;

3) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge reg. Veneto n. 3 del 2021, nella parte in cui aggiunge il comma 3-ter all’art. 25 della legge reg. Veneto n. 63 del 1979, promossa, in riferimento all’art. 117, commi secondo, lettera l), e terzo, Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 gennaio 2022.

F.to:

Giuliano AMATO, Presidente

Giulio PROSPERETTI, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 15 marzo 2022.