Sentenza n. 120 del 2024

SENTENZA N. 120

ANNO 2024

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta da: Presidente:

Augusto Antonio BARBERA;

Giudici: Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 7 del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione siciliana in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli), come modificato dall’art. 1, comma 1, del decreto legislativo 18 gennaio 2021, n. 8 (Modifiche all’articolo 7 del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158, recante norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli), e dell’art. 5 della legge della Regione Siciliana 26 novembre 2021, n. 30 (Assestamento del Bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2021 e per il triennio 2021/2023), promosso dalla Corte dei conti, sezioni riunite per la Regione Siciliana, nel giudizio di parificazione del rendiconto generale della Regione Siciliana, per l’esercizio finanziario 2021, con ordinanza del 15 gennaio 2024, iscritta al n. 15 del registro ordinanze 2024 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, prima serie speciale, dell’anno 2024.

Visto l’atto di costituzione della Regione Siciliana;

udito nell’udienza pubblica del 21 maggio 2024 il Giudice relatore Angelo Buscema;

uditi gli avvocati Alessandro Dagnino e Nicola Dumas per la Regione Siciliana;

deliberato nella camera di consiglio del 21 maggio 2024.

Ritenuto in fatto

1.– La Corte dei conti, sezioni riunite per la Regione Siciliana, con ordinanza del 15 gennaio 2024, iscritta al n. 15 del registro ordinanze 2024, emessa nel corso del giudizio di parificazione del rendiconto generale della Regione Siciliana per l’esercizio finanziario 2021, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 7 del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione siciliana in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli), nella versione risultante a seguito delle modifiche apportate dall’art. 1, comma 1, del decreto legislativo 18 gennaio 2021, n. 8 (Modifiche all’articolo 7 del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158, recante norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli), applicato ratione temporis; e dell’art. 5 della legge della Regione Siciliana 26 novembre 2021, n. 30 (Assestamento del Bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2021 e per il triennio 2021/2023), in riferimento agli artt. 81, 97, primo comma, e 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, «in combinato disposto» con gli artt. 3, 5 e 120, secondo comma, Cost.

1.1.– Riferisce il rimettente che all’udienza pubblica del 25 novembre 2023 del giudizio di parificazione del rendiconto dell’esercizio 2021 è stata data lettura del dispositivo con cui, da una parte, sono state accertate specifiche irregolarità del conto del bilancio e del prospetto relativo al risultato di amministrazione, nonché dello stato patrimoniale e del conto economico; dall’altra, per gli aspetti concernenti l’esatta quantificazione degli stanziamenti definitivi da iscriversi nel conto del bilancio dell’esercizio 2021 in relazione al disavanzo finanziario, il giudizio è stato sospeso per sollevare le menzionate questioni di legittimità costituzionale, ai sensi dell’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale).

Più precisamente riferisce il rimettente che il conto del bilancio dell’esercizio 2021, oggetto del giudizio di parificazione, in applicazione delle prescrizioni contenute nell’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019 vigente ratione temporis, ossia nella versione modificata dall’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 8 del 2021, i cui risultati sarebbero poi confluiti anche nell’art. 5 della legge reg. Siciliana n. 30 del 2021, recante l’assestamento al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2021, ha registrato stanziamenti definitivi per il disavanzo finanziario complessivamente pari ad euro 100.000.000, di cui euro 47.341.217,87 sul capitolo 1 (Disavanzo finanziario presunto relativo ai fondi ordinari della Regione) ed euro 52.658.782,13 sul capitolo 16 (Disavanzo finanziario per l’anno 2019 relativo ai fondi ordinari della Regione), in relazione al disavanzo ordinario della gestione dell’esercizio 2019.

Quanto, invece, al disavanzo relativo ai precedenti esercizi – segnatamente: per l’anno 2014, da riassorbire in venti esercizi a partire dal 2015; per l’anno 2015 per effetto del riaccertamento straordinario dei residui, da riassorbire in trenta esercizi a partire dal 2015; per l’anno 2017 da riassorbire ai sensi dell’art. 1, comma 874, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021); per l’anno 2018 da riassorbire in dieci esercizi a partire dal 2019 – gli stanziamenti iscritti nell’esercizio 2021 risultano pari a zero, per effetto delle disposizioni censurate.

Il citato art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, vigente ratione temporis, prevede, infatti, che «1. In sede di prima applicazione delle presenti norme di attuazione, ferma restando la competenza statale esclusiva in materia di armonizzazione dei bilanci, il disavanzo e le quote di disavanzo non recuperate, relative al rendiconto 2018, saranno ripianate in dieci esercizi. In ogni caso l’applicazione del presente comma non può avere effetto sulla gestione dei pagamenti. Per far fronte agli effetti negativi derivanti dall’epidemia da Covid-19, le quote di copertura del disavanzo accertato con l’approvazione del rendiconto 2018, da ripianare nell’esercizio 2021, sono rinviate, esclusivamente per tale annualità, all’anno successivo a quello di conclusione del ripiano originariamente previsto. 2. Anche al fine di tenere conto di quanto previsto dall’articolo 9 della legge n. 243 del 2012, il termine di dieci anni di cui al comma 1 è ridotto a tre anni secondo quanto previsto, rispetto alle tempistiche di rientro indicate al comma 1 con riferimento allo stato di emergenza dell’epidemia da COVID-19, qualora, entro il 31 gennaio 2021, la Regione e lo Stato non sottoscrivano un accordo contenente specifici impegni di rientro dal disavanzo. Tali impegni, in attuazione dei principi dell’equilibrio e della sana gestione finanziaria del bilancio, di responsabilità nell’esercizio del mandato elettivo e di responsabilità intergenerazionale, ai sensi degli articoli 81 e 97 della Costituzione, devono garantire il rispetto di specifici parametri di virtuosità, quali la riduzione strutturale della spesa corrente, con effetti a decorrere dall’esercizio finanziario 2021. La Regione si impegna, altresì, a concordare con lo Stato appositi interventi di riforma per le finalità di cui al presente comma».

Tale assetto normativo, secondo il giudice rimettente, comporterebbe una deroga ai principi generali di cui all’art. 42, comma 12, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42) e all’Allegato 4/2, paragrafi da 9.2.20 a 9.2.30, previsti dal legislatore statale nell’esercizio della competenza legislativa esclusiva in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

Rappresenta, infatti, il giudice a quo che per la Regione Siciliana, in applicazione delle richiamate norme di attuazione statutaria, si sarebbe determinato un alleggerimento degli obblighi di recupero del disavanzo (e un conseguente ampliamento della capacità di spesa) calcolati, dalle Sezioni riunite siciliane rimettenti in euro 2.256.794.220,07.

Dà atto lo stesso giudice a quo che la Regione Siciliana ha impugnato, ai sensi degli artt. 11, comma 6, lettera e), e 123 dell’Allegato 1 al decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174 (Codice di giustizia contabile, adottato ai sensi dell’articolo 20 della legge 7 agosto 2015, n. 124), con ricorso notificato in data 27 dicembre 2023, innanzi alla Corte dei conti, sezioni riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione (d’ora innanzi: sez. riunite giurisd. in speciale composizione), il «dispositivo prot. n. 255 del 25.11.2023, della decisione sul Rendiconto generale della Regione siciliana per l’esercizio finanziario 2021, adottata dalla Corte dei conti, Sezioni Riunite per la Regione siciliana, nella camera di consiglio del 25.11.2023, letto alla pubblica udienza dello stesso 25.11.2023» nonché, con riserva di integrazione dei motivi, la decisione e la annessa relazione, in quel momento non conosciute in quanto non ancora depositate.

1.2.– Quanto alla legittimazione delle Sezioni riunite per la Regione Siciliana a sollevare questioni di legittimità costituzionale nel corso del giudizio di parificazione del rendiconto, è richiamata l’ormai costante giurisprudenza costituzionale.

1.3.– In punto di rilevanza, il giudice rimettente sostiene che le disposizioni censurate, poiché recanti una disciplina sul recupero del disavanzo specifica per la Regione Siciliana ed eccezionale per l’anno 2021 – diversa da quella ordinaria, prevista dall’art. 42, comma 12, del d.lgs. n. 118 del 2011, e per questo asseritamente in contrasto con l’attuale assetto costituzionale – rappresenterebbero le coordinate di riferimento per la quantificazione degli stanziamenti di spesa del conto del bilancio dell’esercizio 2021 e dei conseguenti obiettivi annuali intermedi di ripiano oggetto di programmazione e di rendicontazione. Qualora le disposizioni sospettate di illegittimità costituzionale dovessero essere espunte dall’ordinamento, la posta di disavanzo iscritta nella parte spesa nel bilancio dell’esercizio 2020 si appaleserebbe illegittima in quanto gravemente sottostimata, con potenziale travolgimento dell’intera programmazione e della correlata rendicontazione. Tali disposizioni rilevano «sotto il profilo del percorso argomentativo idoneo a sostenere la decisione del processo principale in termini di parifica/non parifica dei capitoli di spesa pertinenti agli stanziamenti definitivi del disavanzo e di tutte le singole partizioni del documento consuntivo in esame su cui ricadono i conseguenti effetti» (sono citate le sentenze di questa Corte n. 184 del 2022, n. 235 del 2021 e n. 49 del 2018).

Non inciderebbero sulla rilevanza delle questioni né la pendenza della questione di legittimità costituzionale sollevata con ordinanza iscritta al n. 40 del registro ordinanze 2023, riguardante disposizioni dal diverso contenuto precettivo (ossia, l’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, nella sua formulazione originaria, e l’art. 4, comma 2, della legge della Regione Siciliana 28 dicembre 2019, n. 30, recante «Assestamento del bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2019 e per il triennio 2019/2021»), né la normativa sopravvenuta alla chiusura dell’esercizio 2021.

A quest’ultimo proposito, il giudice rimettente evidenzia che, a seguito del deposito del dispositivo con cui le Sezioni riunite hanno sospeso il giudizio di parificazione del rendiconto dell’esercizio finanziario 2020, all’esito dell’udienza pubblica del 3 dicembre 2022, la normativa in materia di disavanzo della Regione Siciliana è stata novellata dal legislatore statale nel corso del 2023 con due interventi normativi.

L’art. 1, commi da 841 a 845, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025), in vigore dal 1° gennaio 2023, ha disposto un nuovo percorso di rientro decennale, a quote costanti, del «disavanzo relativo all’esercizio 2018 e [del]le relative quote di disavanzo non recuperate alla data del 31 dicembre 2022» a decorrere dall’esercizio 2023 e sulla base degli impegni già definiti con lo Stato nell’accordo sottoscritto il 14 gennaio 2021.

Per tale ragione, con deliberazione del 10 febbraio 2023, n. 67 la Giunta regionale siciliana avrebbe approvato il «Piano di rientro dal disavanzo presunto al 31 dicembre 2022», i cui contenuti sono stati trasfusi nell’Allegato 18, approvato con l’art. 3, comma 1, lettera r), della legge della Regione Siciliana 22 febbraio 2023, n. 3 (Bilancio di previsione della Regione siciliana per il triennio 2023-2025).

Al contempo, l’art. 53 della legge della Regione Siciliana 22 febbraio 2023, n. 2 (Legge di stabilità regionale 2023-2025), ha disposto che «[p]er effetto delle disposizioni di cui all’articolo 1, commi 841 e 842, alla legge 29 dicembre 2022, n. 197, per gli esercizi finanziari 2023 e successivi, cessano di avere vigore le disposizioni di cui al comma 2 dell’art. 5 della legge regionale 6 novembre 2021, n. 30».

A decorrere dal 1° gennaio 2023, dunque, il momentaneo percorso di rientro dal complessivo disavanzo sarebbe stato calibrato sulle quantificazioni e sulle cadenze temporali calcolate secondo la nuova normativa (come indicato nel punto 3.5 dell’ordinanza di rimessione).

Dà conto, infine, il giudice a quo che sarebbe in corso il procedimento legislativo di abrogazione del censurato art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, essendo già stato approvato il relativo schema normativo da parte della Commissione mista paritetica prevista dall’art. 43 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana).

La speciale disciplina di ripiano del disavanzo posta dal legislatore statale sarebbe stata, da ultimo, oggetto di modifica in seguito all’accordo sottoscritto il 16 ottobre dal Ministro dell’economia e delle finanze e dalla Regione Siciliana, recepito nell’art. 9, comma 2, del decreto-legge 18 ottobre 2023, n. 145 (Misure urgenti in materia economica e fiscale, in favore degli enti territoriali, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili), convertito, con modificazioni, nella legge 15 dicembre 2023, n. 191, che interviene direttamente sul citato art. 1, commi da 841 a 845, della legge n. 197 del 2022. Per effetto dei richiamati interventi normativi, il disavanzo della Regione Siciliana è attualmente sottoposto al seguente regime: «841. In attuazione dei principi dell’equilibrio e della sana gestione finanziaria del bilancio, della responsabilità nell’esercizio del mandato elettivo e della responsabilità intergenerazionale, ai sensi degli articoli 81 e 97 della Costituzione, a decorrere dall’esercizio 2023, la Regione siciliana è autorizzata a ripianare entro il limite massimo di otto anni il disavanzo relativo all’esercizio 2018 e le relative quote di disavanzo non recuperate alla data del 31 dicembre 2022, secondo le modalità definite con l’accordo tra il Ministro dell’economia e delle finanze e il Presidente della Regione siciliana sottoscritto in data 16 ottobre 2023. 842. Nelle more dell’approvazione del rendiconto relativo all’esercizio 2022, le quote del disavanzo da ripianare ai sensi del comma 841 sono determinate con riferimento al disavanzo di amministrazione accertato in sede di rendiconto relativo all’esercizio 2018. A seguito del definitivo accertamento del disavanzo di amministrazione relativo all’esercizio 2022, la legge della Regione siciliana di approvazione del rendiconto relativo all’esercizio 2022 ridetermina le quote costanti del disavanzo relativo all’esercizio 2018 da recuperare annualmente entro l’esercizio 2030. 843. In caso di mancato rispetto da parte della Regione degli specifici impegni derivanti dall’accordo di cui al comma 841, viene meno il regime di ripiano pluriennale secondo le modalità individuate dal medesimo accordo e trova applicazione il regime ordinario di ripiano previsto dall’articolo 42 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 dall’esercizio in cui è accertato il mancato rispetto degli impegni assunti ovvero dall’esercizio immediatamente successivo se l’accertamento interviene dopo il termine previsto per la deliberazione delle necessarie variazioni di bilancio».

Inoltre, al fine di rispettare gli impegni assunti con il nuovo accordo in merito alle modalità di finanziamento della spesa sanitaria, l’art. 9, comma 1, del d.l. n. 145 del 2023, come convertito, testualmente prescrive che: «[i]n attuazione del punto 9 dell’Accordo in materia di finanza pubblica, sottoscritto in data 16 ottobre 2023 tra il Ministro dell’economia e delle finanze e il Presidente della Regione siciliana, è riconosciuto in favore della Regione siciliana l’importo di 300 milioni di euro per l’anno 2023 a titolo di concorso all’onere derivante dall’innalzamento della quota di compartecipazione regionale alla spesa sanitaria al 49,11 per cento di cui all’articolo 1, comma 830, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. All’onere derivante dal presente comma, pari a 300 milioni di euro per l’anno 2023, si provvede ai sensi dell’articolo 23».

Il giudice rimettente sostiene tuttavia che il descritto quadro normativo intervenuto medio tempore non influirebbe sulla rilevanza delle odierne questioni, dal momento che le nuove disposizioni atterrebbero alla programmazione finanziaria decorrente dall’esercizio 2023 mentre i fatti gestionali rendicontati nel giudizio di parificazione dell’esercizio 2021 sarebbero regolati dalla precedente normativa.

1.4.– In ordine alla non manifesta infondatezza delle questioni, riferisce il rimettente che l’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, nella versione applicabile ratione temporis, e l’art. 5 della legge reg. Siciliana n. 30 del 2021, declinando sul territorio della Regione regole sostanziali ad hoc, costituirebbero una deroga al «modello uniforme» delineato dall’art. 42, comma 12, del d.lgs. n. 118 del 2011, che rappresenta norma interposta rispetto all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. Tale deroga comporterebbe altresì la violazione degli artt. 3, 5, 81, 97, primo comma, e 120, secondo comma, Cost.

1.4.1.– Quanto alla lesione della competenza legislativa esclusiva statale nella materia «armonizzazione dei bilanci pubblici», afferma il rimettente di essere consapevoli del fatto che i rapporti tra la disciplina dell’armonizzazione dei bilanci e l’autonomia delle regioni a statuto speciale sono regolati dall’art. 79 del d.lgs. n. 118 del 2011, ai sensi del quale la decorrenza e le modalità di applicazione delle disposizioni del medesimo decreto nei confronti delle regioni ad autonomia differenziata e delle Province autonome di Trento e di Bolzano sono stabilite, in conformità ai relativi statuti, con le procedure previste dall’art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione), ossia secondo le procedure “pattizie” previste per le norme di attuazione statutaria (è citata la sentenza di questa Corte n. 178 del 2012).

Ciononostante, ad avviso del rimettente, la novella costituzionale del 2012, che ha introdotto il principio dell’equilibrio di bilancio in Costituzione, avrebbe «riverberato effetti immediati sulla “disattivazione” della clausola di salvaguardia contenuta nell’art. 79 del d.lgs. n. 118 del 2011, quanto meno per gli aspetti più qualificanti dell’armonizzazione, cui appartiene specialmente la materia del rientro dal disavanzo». Diversamente opinando, sostengono le Sezioni riunite siciliane, si consentirebbero peculiari adattamenti della disciplina attraverso una fonte normativa – la norma di attuazione degli statuti speciali – cui è demandata senza riserve «la decorrenza e le modalità di applicazione», con pregiudizio per l’omogeneità dei sistemi contabili imposta dai principi costituzionali nella redazione dei bilanci pubblici.

È in questa prospettiva che, secondo il giudice a quo, dovrebbe leggersi «l’esorbitanza delle norme oggetto della presente rimessione dal limite della funzione legislativa legittimamente esercitabile in sede di attuazione dello Statuto della Regione siciliana» ovvero mediante fonti normative regionali.

Peraltro, la modifica apportata nel 2021 al testo dell’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, avrebbe introdotto per tale esercizio una «deroga alla deroga», una ancor più patente surrettizia elusione dell’ambito di «“prima applicazione”» entro il quale la speciale normativa in parola avrebbe dovuto asseritamente operare.

Sulla natura e sul rango delle norme di attuazione statutaria nel sistema delle fonti del diritto, il giudice a quo afferma che per consolidata giurisprudenza costituzionale esse prevarrebbero sulle leggi ordinarie (statali e regionali) nell’ambito della loro competenza e assumerebbero carattere riservato e separato rispetto a quella esercitabile dalle ordinarie leggi della Repubblica, con la conseguenza che la possibilità di introdurre una disciplina particolare e innovativa nell’ordinamento giuridico, attraverso disposizioni di tale rango, sarebbe condizionata dal rispetto del limite della corrispondenza alle norme e alla finalità di attuazione dello statuto, nel contesto del principio di autonomia regionale (sono citate le sentenze di questa Corte n. 316 del 2004, n. 353 del 2001 e n. 212 del 1984).

A parere del giudice a quo, tuttavia, la contabilità e la disciplina del bilancio non figurerebbero nell’elencazione espressa degli oggetti di competenza della legislazione esclusiva e concorrente, rispettivamente contemplati dagli artt. 14 e 17 dello statuto speciale, in disparte la prossimità con la materia dell’ordinamento degli uffici e degli enti regionali (art. 14, lettera p). Sotto tale aspetto, pertanto, non parrebbe sussistere una corrispondenza tra le disposizioni censurate e una specifica competenza statutaria cui dare attuazione.

Infine, non parrebbe convincente, secondo il rimettente, il rinvio contenuto nella disposizione censurata all’art. 9 della legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’articolo 81, sesto comma, della Costituzione), là dove è previsto, al comma 6, che tali disposizioni si applicano alle regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano «compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e con le relative norme di attuazione». Il contenuto precettivo dell’art. 7, comma 2, del d.lgs. n. 158 del 2019, ad avviso delle Sezioni riunite siciliane, difatti, travalicherebbe l’ambito segnato dall’art. 9 della legge n. 243 del 2012 in riferimento alla possibilità di intervenire con norme di attuazione.

1.4.2.– Sempre in punto di non manifesta infondatezza, le disposizioni censurate si porrebbero in contrasto anche con gli artt. 81 e 97, primo comma, Cost., sotto il profilo della lesione dell’equilibrio e della sana gestione finanziaria del bilancio, nonché degli interdipendenti principi di copertura pluriennale della spesa, di responsabilità nell’esercizio del mandato elettivo e di equità intergenerazionale; nonché con gli artt. 3, 5 e 120, secondo comma, Cost., in quanto la disciplina di rientro dal disavanzo disporrebbe un irragionevole trattamento di maggior favore per la Regione Siciliana, discostandosi dall’uniforme paradigma statale che declina l’unità finanziaria ed economica della Repubblica, sottesa alla disciplina della finanza pubblica (è citata la sentenza di questa Corte n. 88 del 2014).

La disciplina di ripiano del disavanzo della Regione Siciliana prevista dall’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, nella versione applicabile ratione temporis, e dell’art. 5 della legge reg. Siciliana n. 30 del 2021, non solo avrebbe impedito che quote rilevanti del disavanzo di amministrazione, non recuperate alla data del 31 dicembre 2018, fossero ripianate in base alla regola dettata dall’art. 42, comma 12, primo periodo, del d.lgs. n. 118 del 2011, ma avrebbe anche determinato la sospensione degli ordinari obblighi di recupero relativi a tutte le altre componenti del disavanzo maturato al 31 dicembre 2018, esentando così la Regione dall’applicazione all’esercizio 2021 di rilevanti quote di disavanzo per oltre due miliardi di euro.

Sotto questo profilo, la disparità di trattamento apparirebbe ancora più accentuata rispetto a quella denunciata (con l’ordinanza delle stesse Sezioni riunite per la Regione Siciliana n. 1/2023/PARI) in relazione alla normativa applicata nell’esercizio finanziario 2020, poiché gli obblighi di recupero delle quote relative all’esercizio 2021, sospesi per la dichiarata ragione di «far fronte agli effetti negativi derivanti dall’epidemia da Covid-19», non sarebbero stati ripristinati con una decorrenza quanto più ravvicinata al presumibile momento di cessazione delle relative cause legate all’emergenza sanitaria, ma «addirittura postergati “all’anno successivo a quello di conclusione del ripiano originariamente previsto”, andando quindi a gravare in modo sproporzionato sulle generazioni future».

Il rimettente esclude, infine, di poter esperire un’interpretazione costituzionalmente orientata delle disposizioni censurate, stante il loro inequivocabile tenore letterale.

2.– Si è costituita in giudizio la Regione Siciliana, rappresentata e difesa dall’Avvocatura regionale, eccependo plurimi motivi di inammissibilità e, in subordine, la non fondatezza delle questioni.

2.1.– La difesa regionale eccepisce anzitutto l’inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale per difetto del requisito della pendenza della controversia innanzi al giudice rimettente, come previsto dall’art. 23 della legge n. 87 del 1953 e dall’art. 1 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, avuto riguardo agli artt. 11, comma 6, lettera e), e 123, cod. giust. contabile.

La stessa difesa riferisce di aver impugnato in data 27 dicembre 2023 innanzi alle sez. riunite giurisd. in speciale composizione il dispositivo del 25 novembre 2023, prot. n. 255, della decisione sul rendiconto generale della Regione per l’esercizio finanziario 2021, adottato dalla Corte dei conti, sezioni riunite per la Regione Siciliana, nella camera di consiglio del 25 novembre 2023 e letto in pari data, anche nella parte in cui ha sospeso «per i restanti accertamenti, il giudizio e per l’effetto la decisione definitiva», sollevando, contestualmente, con separata ordinanza, questioni di legittimità costituzionale.

Afferma la difesa regionale che la Regione aveva chiesto in quella sede di non sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, nella versione applicata ratione temporis, e dell’art. 5 della legge reg. Siciliana n. 30 del 2021 e di annullare la decisione delle Sezioni riunite territoriali.

Secondo la Regione resistente l’ordinanza di rimessione a questa Corte, del 15 gennaio 2024, sarebbe «priva di effetti processuali e sostanziali, in conseguenza dell’intervenuta devoluzione della controversia alla Corte dei conti, Sezioni riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione, per effetto del ricorso del 27 dicembre 2023, come successivamente integrato, proposto avverso la decisione delle SS.RR. territoriali della Corte dei conti, sul giudizio di parifica del rendiconto generale 2021». Ciò in ragione della asserita natura “bifasica”, ma in unico grado (secondo quanto previsto dagli artt. 11, comma 6, e 123, comma 1, cod. giust. contabile), del giudizio di parifica, laddove, in caso di impugnazione innanzi alle Sez. riunite giurisd. in speciale composizione della decisione resa sul giudizio di parifica dalle sezioni riunite territoriali si determinerebbe – a parere della difesa regionale – la «translatio della cognizione sul rendiconto al “giudice della seconda fase”, entro i limiti di quanto ad esse devoluto per effetto dell’impugnazione (c.d. “doppia perimetrazione”, cfr. SS.RR. sp. comp., sentenza n. 9 del 2023, punto 3.1.4)».

Il giudizio innanzi alle Sez. riunite giurisd. in speciale composizione non sarebbe, quindi, un secondo grado di giudizio, ma un rimedio che sposta la competenza decisionale dal giudice periferico alle sezioni centrali, le quali godrebbero di un sindacato pieno ed esclusivo, di natura giurisdizionale, sulle valutazioni delle sezioni territoriali, «finalizzato ad un novum iudicium e non ad una revisio prioris instantiae» (sono citate le sentenze della Corte dei conti, Sez. riunite giurisd. in speciale composizione, n. 6 del 2020; n. 12 del 2019, n. 15 del 2019, n. 30 del 2015, n. 64 del 2015; e n. 3 del 2014).

In altri termini, il giudizio a quo, per effetto della devoluzione alle Sez. riunite giurisd. in speciale composizione, non sarebbe più in corso dinanzi alle sezioni riunite territoriali che hanno sollevato le questioni di legittimità costituzionale. Ne conseguirebbe che, una volta proposta l’impugnazione, sarebbe venuto meno il requisito della pendenza della controversia innanzi alle Sezioni riunite siciliane.

2.2.– In conseguenza dell’impugnazione innanzi alle sez. riunite giurisd. in speciale composizione, le questioni di legittimità costituzionale sollevate sarebbero comunque inammissibili per irrilevanza, in ragione del primo motivo dell’impugnazione, con cui la Regione ha fatto valere la violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma terzo, del decreto legislativo 6 maggio 1948, n. 655 (Istituzione di Sezioni della Corte dei conti per la Regione siciliana), dell’art. 41 del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214 (Approvazione del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti), nonché, ove ritenuto applicabile, dell’art. 1, comma 5, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni urgenti in materia di finanza e di funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012), convertito, con modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213 e degli artt. 4 e 147 cod. giust. contabile e 101 del codice di procedura civile, dolendosi della lesione del contraddittorio nel giudizio innanzi alle Sezioni riunite siciliane (sono citate le sentenze di questa Corte n. 167 del 2022 e n. 141 del 2022 e n. 270 del 2020).

2.3.– Le censure sarebbero inammissibili, a parere della difesa regionale, anche perché le disposizioni in esame «avrebbero spiegato concreti effetti finanziari» esclusivamente a partire dall’esercizio finanziario 2022, che non sarebbe oggetto del giudizio a quo.

2.4.– Le questioni sarebbero in ogni caso non fondate poiché le disposizioni censurate non prevederebbero un allungamento dei tempi di rientro dal disavanzo, bensì «unicamente […] un rinvio di un anno una tantum per ragioni emergenziali e non certo strutturali». Infatti, la sospensione per un solo anno dell’obbligo di recupero del disavanzo avrebbe determinato, solo per quell’anno, l’espansione della capacità di spesa della Regione, onde consentirle di far fronte all’emergenza pandemica.

Non vi sarebbe, pertanto, alcuna violazione né della competenza legislativa statale esclusiva di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. nella materia «armonizzazione dei bilanci pubblici», né dei precetti afferenti all’equilibrio, alla sana gestione finanziaria del bilancio, alla copertura pluriennale della spesa, alla responsabilità nell’esercizio del mandato elettorale e all’equità intergenerazionale, di cui agli artt. 81 e 97, primo comma, Cost., poiché l’effetto prodotto dalla norma emergenziale sarebbe «di durata solo annuale (la minima possibile, essendo annuale il rendiconto), con conseguente sostanziale conservazione del rispetto dei principi in questione».

Quanto, infine, alla violazione dei principi di ragionevolezza e di eguaglianza di cui agli artt. 3, 5 e 120 Cost. la difesa regionale assume che il regime derogatorio previsto dalle disposizioni censurate sarebbe perfettamente compatibile con l’assetto costituzionale vigente in virtù della clausola di salvaguardia stabilita dall’art. 79 del d.lgs. n. 118 del 2011, in quanto concernente misure di sostegno alla finanza regionale finalizzate a contrastare l’emergenza da COVID-19 e rientrerebbe nella materia residuale concernente il sistema contabile regionale, e come tale di legislazione esclusiva regionale ai sensi del quarto comma dell’art. 117 Cost., nell’ambito dell’autonomia finanziaria regionale ex art. 119 Cost., nonché nella materia «coordinamento della finanza pubblica» di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.

I precedenti costituzionali evocati dal giudice rimettente sarebbero inoltre non pertinenti perché riferiti a regioni a statuto ordinario e non relativi a norme emergenziali. Nel caso di specie, invece, ci si troverebbe di fronte a una normativa riguardante una Regione a statuto speciale, attuata nelle forme concertate con lo Stato mediante norme di attuazione statutaria.

Nemmeno la sentenza n. 9 del 2024 di questa Corte potrebbe incidere nel merito del presente giudizio, posto che in quel caso sono state dichiarate costituzionalmente illegittime norme che prevedevano una deroga strutturale per diversi anni al recupero del disavanzo. Nell’odierna fattispecie, invece, la normativa censurata rappresenterebbe una norma di coordinamento della finanza pubblica, volta a consentire alla Regione Siciliana di far fronte agli effetti negativi derivanti dall’epidemia da COVID-19, adottata peraltro in un contesto in cui «con l’avallo dell’Unione europea, era stato autorizzato dal Parlamento lo scostamento di bilancio ai sensi dell’art. 6 della legge 243/2012 (il sesto scostamento di bilancio è stato autorizzato in data 20.1.2021 con Risoluzione n. 6-00169 della Camera e Risoluzione n. 6-00169 del Senato)».

3.– In prossimità dell’udienza pubblica, la Regione Siciliana ha depositato memoria con cui ha ribadito le eccezioni di inammissibilità formulate con l’atto di costituzione e, più precisamente, ha argomentato sull’inammissibilità per difetto sopravvenuto di potestas iudicandi.

Sostiene la difesa regionale che il giudice rimettente non avrebbe argomentato sulla persistenza del potere di rimessione, nonostante avesse avuto contezza sia dell’avvenuta impugnazione da parte della Regione innanzi alle Sez. riunite giurisd. in speciale composizione (sono citate le sentenze di questa Corte n. 16 del 2023 e n. 269 del 2016), sia del suo esito. La Corte dei conti, Sez. riunite giurisd. in speciale composizione, all’udienza pubblica del 20 marzo 2024 ha accolto il ricorso per violazione del principio del contraddittorio, disponendo l’assorbimento degli altri motivi e il rinvio alle Sezioni riunite siciliane per quanto di competenza.

La difesa deduce l’inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale poiché la decisione delle Sez. riunite giurisd. in speciale composizione avrebbe reso radicalmente nullo il giudizio innanzi al Collegio rimettente.

Con argomentazioni analoghe a quelle spese nell’atto di costituzione, la Regione Siciliana ribadisce l’irrilevanza delle censure per erroneo presupposto interpretativo da cui muoverebbe il rimettente, avendo le disposizioni censurate postergato per un solo anno il rientro dal disavanzo. Da tale constatazione deriverebbe comunque la non fondatezza delle questioni.

4.– All’udienza pubblica del 21 maggio 2024 la difesa regionale ha dato lettura dell’ordinanza con cui la Corte dei conti, sezioni riunite per la Regione Siciliana, ha rinviato al Presidente della Corte dei conti la decisione sulla composizione del nuovo collegio per il giudizio di parificazione del rendiconto dell’esercizio finanziario 2021.

Considerato in diritto

1.– La Corte dei conti, sezioni riunite per la Regione Siciliana, con l’ordinanza indicata in epigrafe, emessa nel corso del giudizio di parificazione del rendiconto generale per l’esercizio finanziario 2021, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, nella versione risultante a seguito delle modifiche apportate dall’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 8 del 2021, applicato ratione temporis; e dell’art. 5 della legge reg. Siciliana n. 30 del 2021, in riferimento agli artt. 81, 97, primo comma, 117, secondo comma, lettera e), «in combinato disposto» con gli artt. 3, 5 e 120, secondo comma, Cost.

Riferisce il rimettente che all’udienza pubblica del 25 novembre 2023 del giudizio di parificazione del rendiconto dell’esercizio 2021 è stata data lettura del dispositivo con cui, da una parte, sono state accertate specifiche irregolarità del conto del bilancio e del prospetto relativo al risultato di amministrazione, nonché dello stato patrimoniale e del conto economico; dall’altra, per gli aspetti concernenti l’esatta quantificazione degli stanziamenti definitivi da iscriversi nel conto del bilancio dell’esercizio 2021 in relazione al disavanzo finanziario, il giudizio è stato sospeso per sollevare le menzionate questioni di legittimità costituzionale, ai sensi dell’art. 23 della legge n. 87 del 1953.

Il censurato art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, nella versione applicabile ratione temporis, prevede che «1. In sede di prima applicazione delle presenti norme di attuazione, ferma restando la competenza statale esclusiva in materia di armonizzazione dei bilanci, il disavanzo e le quote di disavanzo non recuperate, relative al rendiconto 2018, saranno ripianate in dieci esercizi. In ogni caso l’applicazione del presente comma non può avere effetto sulla gestione dei pagamenti. Per far fronte agli effetti negativi derivanti dall’epidemia da Covid-19, le quote di copertura del disavanzo accertato con l’approvazione del rendiconto 2018, da ripianare nell’esercizio 2021, sono rinviate, esclusivamente per tale annualità, all’anno successivo a quello di conclusione del ripiano originariamente previsto. 2. Anche al fine di tenere conto di quanto previsto dall’articolo 9 della legge n. 243 del 2012, il termine di dieci anni di cui al comma 1 è ridotto a tre anni secondo quanto previsto, rispetto alle tempistiche di rientro indicate al comma 1 con riferimento allo stato di emergenza dell’epidemia da COVID-19, qualora, entro il 31 gennaio 2021, la Regione e lo Stato non sottoscrivano un accordo contenente specifici impegni di rientro dal disavanzo. Tali impegni, in attuazione dei principi dell’equilibrio e della sana gestione finanziaria del bilancio, di responsabilità nell’esercizio del mandato elettivo e di responsabilità intergenerazionale, ai sensi degli articoli 81 e 97 della Costituzione, devono garantire il rispetto di specifici parametri di virtuosità, quali la riduzione strutturale della spesa corrente, con effetti a decorrere dall’esercizio finanziario 2021. La Regione si impegna, altresì, a concordare con lo Stato appositi interventi di riforma per le finalità di cui al presente comma».

Tale disposizione, secondo il giudice rimettente, costituirebbe una deroga ai principi generali di cui all’art. 42, comma 12, del d.lgs. n. 118 del 2011 e all’Allegato 4/2, paragrafi da 9.2.20 a 9.2.30, del medesimo decreto, previsti dal legislatore statale nell’esercizio della competenza legislativa esclusiva nella materia «armonizzazione dei bilanci pubblici», ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

Rappresenta il giudice a quo che, per la Regione Siciliana l’applicazione della richiamata disposizione di attuazione statutaria avrebbe determinato un alleggerimento degli obblighi di recupero del disavanzo e un conseguente ampliamento della capacità di spesa di oltre due miliardi di euro.

Dà atto il Collegio rimettente che la Regione Siciliana ha impugnato, ai sensi degli artt. 11, comma 6, lettera e), e 123 cod. giust. contabile, con ricorso notificato in data 27 dicembre 2023, innanzi alla Corte dei conti, Sez. riunite giurisd. in speciale composizione, il dispositivo prot. n. 255 del 25 novembre 2023, della decisione sul rendiconto generale della Regione Siciliana per l’esercizio finanziario 2021, adottata dalla Corte dei conti, sezioni riunite per la Regione Siciliana, nella camera di consiglio del 25 novembre 2023, letto alla pubblica udienza in pari data nonché, con riserva di integrazione dei motivi, la decisione e la annessa relazione, in quel momento non conosciute in quanto non ancora depositate.

1.1.– In punto di rilevanza, il giudice rimettente sostiene che le disposizioni censurate, poiché recanti una disciplina sul recupero del disavanzo specifica per la Regione Siciliana ed eccezionale per l’anno 2021 – diversa da quella ordinaria prevista dall’art. 42, comma 12, del d.lgs. n. 118 del 2011, e per questo asseritamente in contrasto con l’attuale assetto costituzionale – rappresenterebbero le coordinate di riferimento per la quantificazione degli stanziamenti di spesa del conto del bilancio dell’esercizio 2021 e dei conseguenti obiettivi annuali intermedi di ripiano, oggetto di programmazione e di rendicontazione. Qualora le norme sospettate di illegittimità costituzionale fossero espunte dall’ordinamento giuridico, la posta di disavanzo iscritta nel bilancio dell’esercizio 2021 si appaleserebbe illegittima in quanto gravemente sottostimata e capace di travolgere l’intera programmazione e la correlata rendicontazione.

Non inciderebbero sulla rilevanza delle predette questioni né la pendenza della questione di legittimità costituzionale sollevata nel precedente giudizio con l’ordinanza iscritta al n. 40 del registro ordinanze 2023, in quanto riguardante norme dal diverso contenuto precettivo (ossia, l’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, nella sua formulazione originaria, e l’art. 4, comma 2, della legge reg. Siciliana n. 30 del 2019) né la normativa sopravvenuta successivamente alla chiusura dell’esercizio 2021.

A quest’ultimo proposito, il giudice rimettente rappresenta che la materia del disavanzo della Regione Siciliana è stata novellata dal legislatore statale nel corso del 2023 con due interventi normativi: l’art. 1, commi da 841 a 845, della legge n. 197 del 2022, in vigore dal 1° gennaio 2023, che ha disposto un nuovo percorso di rientro decennale, a quote costanti, del «disavanzo relativo all’esercizio 2018 e [del]le relative quote di disavanzo non recuperate alla data del 31 dicembre 2022» a decorrere dall’esercizio 2023 e sulla base degli impegni già definiti con lo Stato nell’accordo sottoscritto il 14 gennaio 2021, e l’art. 53 della legge reg. Siciliana n. 2 del 2023, secondo cui «[p]er effetto delle disposizioni di cui all’articolo 1, commi 841 e 842, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, per gli esercizi finanziari 2023 e successivi, cessano di avere vigore le disposizioni di cui al comma 2 dell’articolo 5 della legge regionale 6 novembre 2021, n. 30».

La disciplina di ripiano del disavanzo posta dal legislatore statale sarebbe stata, da ultimo, oggetto di modifica in seguito all’accordo sottoscritto tra il Ministro dell’economia e delle finanze e la Regione Siciliana in data 16 ottobre 2023, il cui recepimento normativo è contenuto nell’art. 9, comma 2, del d.l. n. 145 del 2023, come convertito, che interviene direttamente sul testo del citato art. 1, commi da 841 a 845, della legge n. 197 del 2022.

Dà conto, infine, il giudice a quo che sarebbe in corso il procedimento legislativo di abrogazione del censurato art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019 a seguito dell’approvazione del relativo schema normativo da parte della commissione mista paritetica prevista dall’art. 43 dello statuto reg. Siciliana.

Il giudice a quo sostiene che il descritto quadro normativo, intervenuto medio tempore, non influirebbe sulla rilevanza delle odierne questioni, dal momento che attiene alla programmazione finanziaria decorrente dall’esercizio 2023, mentre il giudizio di parificazione del rendiconto dell’esercizio 2021 avrebbe ad oggetto fatti gestionali regolati dalle norme precedenti.

1.2.– In ordine alla non manifesta infondatezza delle questioni, assume il giudice rimettente che l’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, nella versione applicabile ratione temporis, e l’art. 5 della legge reg. Siciliana n. 30 del 2021 costituirebbero una deroga al «modello uniforme» delineato dall’art. 42, comma 12, del d.lgs. n. 118 del 2011 – che rappresenterebbe norma interposta rispetto all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. nella materia «armonizzazione dei bilanci pubblici» – in quanto detterebbero per la sola Regione Siciliana regole sostanziali difformi da quelle previste per le altre regioni.

Tale difformità comporterebbe altresì la violazione degli artt. 81 e 97, primo comma, Cost., sotto il profilo della lesione dell’equilibrio e della sana gestione finanziaria del bilancio, degli interdipendenti principi di copertura pluriennale della spesa, di responsabilità nell’esercizio del mandato elettivo e di equità intergenerazionale, nonché degli artt. 3, 5 e 120, secondo comma, Cost., in quanto la disciplina di adeguamento dell’ordinamento regionale siciliano in materia di rientro dal disavanzo disporrebbe un irragionevole trattamento di maggior favore, discostandosi dall’uniforme paradigma statale che declina l’unità finanziaria ed economica della Repubblica sottesa alla disciplina della finanza pubblica (è citata la sentenza di questa Corte n. 88 del 2014).

2.– La Regione Siciliana, nel costituirsi in giudizio, ha eccepito plurimi profili di inammissibilità.

2.1.– Anzitutto le questioni di legittimità costituzionale sarebbero inammissibili per difetto del requisito della pendenza della controversia innanzi al giudice rimettente, come previsto dall’art. 23 della legge n. 87 del 1953 e dall’art. 1 delle Norme integrative, avuto riguardo agli artt. 11, comma 6, lettera e), e 123 cod. giust. contabile.

La Regione ha infatti impugnato innanzi alle Sez. riunite giurisd. in speciale composizione il dispositivo della decisione sul rendiconto generale della Regione Siciliana dell’esercizio finanziario 2021, adottato dalle Sezioni riunite siciliane e letto alla udienza pubblica del 23 novembre 2023, con il quale , da un lato, è stata accertata la non regolarità di molteplici voci di entrata e di spesa e, dall’altro, è stata disposta la sospensione del giudizio, e sollevate contestualmente, ai sensi dell’art. 23 della legge n. 87 del 1953, con separata ordinanza, le questioni di legittimità costituzionale in esame.

Afferma la Regione di aver adito le Sez. riunite giurisd. in speciale composizione chiedendo di non sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, nella versione applicata ratione temporis, e dell’art. 5 della legge regionale n. 30 del 2021 e di annullare la decisione delle Sezioni riunite territoriali.

Sostiene dunque la Regione che l’ordinanza di rimessione sarebbe «priva di effetti processuali e sostanziali, in conseguenza dell’intervenuta devoluzione della controversia alla Corte dei conti, Sezioni riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione, per effetto del ricorso del 27 dicembre 2023, come successivamente integrato, proposto avverso la decisione delle SS.RR. territoriali della Corte dei conti, sul giudizio di parifica del rendiconto generale 2021».

L’eccezione è priva di fondamento.

Per costante giurisprudenza di questa Corte, il difetto dei requisiti soggettivi e oggettivi del giudizio a quo determina l’inammissibilità delle questioni quando tale difetto sia palese e rilevabile ictu oculi (ex plurimis, sentenza n. 16 del 2023).

Nella presente fattispecie è indubbia la legittimazione della Corte dei conti, sezioni riunite per la Regione Siciliana, quale giudice della parifica del rendiconto regionale, a sollevare questioni di legittimità costituzionale. Questa Corte, con orientamento ormai univoco, ha difatti ritenuto sussistente «la legittimazione della Corte dei conti, sezione regionale di controllo, a sollevare questioni di legittimità costituzionale di leggi che la stessa si trovi ad applicare nel corso del giudizio di parificazione del rendiconto delle regioni, per motivi che abbiano una incidenza – diretta o mediata – sugli equilibri di bilancio» (sentenza n. 39 del 2024), poiché «ricorrono integralmente nel caso del procedimento di parifica tutte le condizioni per le quali questa Corte ha ammesso la possibilità di sollevare questione di legittimità costituzionale in via incidentale nell’ambito dell’attività di controllo di legittimità-regolarità della Corte dei conti» (sentenza n. 89 del 2017; nello stesso senso, ex plurimis sentenza n. 184 del 2022).

Quanto al profilo oggettivo, si deve rilevare che l’impugnazione del dispositivo da parte della Regione, benché intervenuta prima del deposito formale dell’ordinanza di rimessione, è evidentemente successiva alla decisione di sospendere il giudizio e sollevare le questioni di legittimità costituzionale.

Tanto basta ad escludere che sussista alcun macroscopico difetto di legittimazione del giudice a quo che, solo, potrebbe condurre all’inammissibilità dell’ordinanza (ex multis, sentenze n. 270 e n. 168 del 2020, n. 128 del 2019, n. 269 e n. 133 del 2016).

Inoltre, come più volte affermato da questa Corte, prevale il principio dell’ininfluenza delle vicende relative al giudizio principale sul giudizio di legittimità costituzionale che sia stato – come nella specie – ritualmente promosso, principio espresso dall’art. 21 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

2.2.– Eccepisce altresì la Regione che, in conseguenza dell’impugnazione innanzi alle Sez. riunite giurisd. in speciale composizione, le questioni di legittimità costituzionale sarebbero inammissibili per irrilevanza, in ragione del primo motivo dell’impugnazione, con cui la Regione ha fatto valere la violazione del principio del contraddittorio avvenuta innanzi alle Sezioni riunite siciliane e la falsa applicazione dell’art. 6, comma terzo, del d.lgs. n. 655 del 1948, dell’art. 41 del r.d. n. 1214 del 1934, nonché, ove ritenuto applicabile, dell’art. 1, comma 5, del d.l. n. 174 del 2012, come convertito, e degli artt. 4 e 147 cod. giust. contabile e dell’art. 101 cod. proc. civ.

Sostiene la Regione che il primo motivo di ricorso, accolto dalle Sez. riunite giurisd. in speciale composizione, determinerebbe l’«annullamento integrale» della decisione a qua, facendo caducare l’intero giudizio di parificazione del rendiconto dell’esercizio finanziario 2021. Tale evenienza non consentirebbe di fare applicazione della disposizione della cui legittimità costituzionale si dubita, con conseguente inammissibilità delle questioni per difetto di rilevanza.

Anche questa eccezione non è fondata.

Ai sensi dell’art. 21 delle Norme integrative e per costante giurisprudenza di questa Corte, le sorti del giudizio principale «non producono effetti sul giudizio davanti la Corte costituzionale» (sentenza n. 244 del 2020), in quanto «il giudizio incidentale di costituzionalità è autonomo rispetto al giudizio a quo, nel senso che non risente delle vicende di fatto, successive all’ordinanza di rimessione e relative al rapporto dedotto nel processo principale. Per questo, la costante giurisprudenza costituzionale afferma che la rilevanza della questione deve essere valutata alla luce delle circostanze sussistenti al momento del provvedimento di rimessione, senza che assumano rilievo eventi sopravvenuti (sentenze n. 244 e n. 85 del 2020), quand’anche costituiti dall’estinzione del giudizio principale per effetto di rinuncia da parte dei ricorrenti (ordinanza n. 96 del 2018)» (sentenza n. 270 del 2020).

2.3.– Sostiene, infine, la difesa regionale che le questioni sarebbero comunque inammissibili poiché le disposizioni censurate «avrebbero spiegato concreti effetti finanziari» esclusivamente a partire dall’esercizio finanziario 2022, che non sarebbe oggetto del giudizio di parifica a quo. Oggetto delle odierne questioni di legittimità costituzionale sarebbero, infatti, solo le norme che, per far fronte agli effetti negativi derivanti dalla pandemia da COVID-19, sospendono per il 2021 il ripiano delle quote del disavanzo accertato con l’approvazione del rendiconto 2018 e le rinviano all’anno successivo, ossia al 2022.

Anche questa eccezione è priva di fondamento. La sospensione per il 2021 del recupero delle quote annuali di disavanzo, già approvate con precedente piano di rientro, ha un effetto diretto sull’esercizio finanziario in questione, consentendo di espandere la capacità di spesa dell’ente per un importo pari, secondo la sezione rimettente, a oltre 2 miliardi di euro.

3.– Deve preliminarmente osservarsi che ai fini dell’ammissibilità delle questioni non rileva che l’art. 1 del decreto legislativo 21 dicembre 2023, n. 226 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione siciliana concernente l’abrogazione dell’articolo 7 del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158 e successive modificazioni, recante «Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione siciliana in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli») abbia abrogato la disposizione censurata. Tale sopravvenienza normativa, infatti, poiché vigente a partire dall’esercizio 2024, non incide sulla rilevanza delle questioni, riguardanti norme che hanno dispiegato i loro effetti nell’esercizio finanziario 2021.

4.– Sempre in via preliminare, deve precisarsi che il rimettente ha censurato l’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019 là dove prevede di ripianare in dieci anni il disavanzo emerso nel 2018 e di sospendere per il 2021 il ripiano della quota annuale, rinviandone il recupero a partire dal 2022.

Le questioni sono rilevanti, posto che ambedue le disposizioni trovano applicazione nell’esercizio 2021: la prima ha effettivamente concorso a definire il quantum della singola quota del ripiano del disavanzo derivante dal riaccertamento straordinario dei residui avvenuto nel 2018 e che, per il 2021, in attuazione della seconda disposizione, viene rinviata al 2022.

5.– Così chiarito il thema decidendum, le questioni di legittimità costituzionale sollevate nei confronti dell’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, vigente ratione temporis, in riferimento agli artt. 81, 97, primo comma, Cost., nonché per lesione del principio di equilibrio e di sana gestione finanziaria del bilancio e degli interdipendenti principi di copertura pluriennale della spesa, di responsabilità nell’esercizio del mandato elettivo e di equità intergenerazionale, sono fondate.

5.1.– Questa Corte con la sentenza n. 9 del 2024 ha deciso questioni analoghe, sollevate dal medesimo rimettente, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, nella versione previgente, là dove prevedeva di ripianare il disavanzo della Regione Siciliana in un arco temporale massimo di dieci esercizi, per lesione dei principi dell’obbligo di copertura della spesa, dell’equilibrio del bilancio e della sana gestione finanziaria. La previsione contenuta nell’allora censurato art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019 permetteva, infatti, di ampliare la capacità di spesa della Regione, «provocando un ulteriore squilibrio dei conti pregiudizievole per la finanza pubblica allargata con conseguente necessità di ulteriori manovre finanziarie restrittive che possono gravare più pesantemente sulle fasce deboli della popolazione».

La predetta disposizione, nel prevedere una disciplina per il recupero del disavanzo valevole solo per la Regione Siciliana, si poneva in contrasto con quanto previsto dall’art. 42 del d.lgs. n. 118 del 2011, «regola generale prevista dal legislatore statale per il recupero del disavanzo a tutela dell’equilibrio del bilancio del singolo ente e del complessivo equilibrio della finanza pubblica, non derogabile in sede di Commissione paritetica per la realizzazione del contingente interesse regionale» (ancora sentenza n. 9 del 2024).

5.2.– Come nel citato precedente, anche nell’odierno giudizio di legittimità costituzionale, le questioni sollevate dalla Corte dei conti nell’ambito del giudizio di parificazione del rendiconto generale della Regione Siciliana per l’esercizio 2021 assumono un particolare rilievo, proprio in considerazione della speciale procedura prevista per l’adozione delle norme di attuazione degli statuti speciali per fugare zone d’ombra nel controllo di legittimità costituzionale (sentenze n. 138 del 2019 e n. 196 del 2018).

Per costante giurisprudenza di questa Corte, infatti, le norme di attuazione dello statuto speciale si basano su un potere attribuito dalla norma costituzionale in via permanente e stabile, e sono dotate di competenza «riservata e separata» rispetto a quella esercitabile dalle ordinarie leggi della Repubblica (ex multis, sentenze n. 353 del 2001, n. 160 del 1985 e n. 212 del 1984). Tali fonti sono pertanto idonee a introdurre una disciplina innovativa nel rispetto, tuttavia, dei principi costituzionali e del limite della corrispondenza alle norme e alla finalità di attuazione dello statuto, nel contesto del principio di autonomia regionale (da ultimo, sentenza n. 9 del 2024, che richiama la sentenza n. 316 del 2004).

L’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, vigente ratione temporis, introdotto per dare attuazione allo statuto speciale, non reca alcun riferimento a ciò che è disciplinato dagli artt. 14 e 17 dello statuto medesimo, i quali non includono, tra le materie assegnate alla potestà legislativa esclusiva e concorrente della Regione, quelle della contabilità e della disciplina del bilancio.

Inoltre, la disposizione di attuazione statutaria censurata, rispetto a quanto previsto da quella previgente già dichiarata costituzionalmente illegittima, non solo consente il ripiano del disavanzo in un arco decennale – in deroga all’art. 42, comma 12, del d.lgs. n. 118 del 2011 – ma permette anche di sospendere per il 2021 il recupero delle quote di disavanzo relative al 2018.

Per effetto della normativa censurata, dunque, la Regione Siciliana può beneficiare per il 2021 di un indebito ampliamento della capacità di spesa pari alle quote di disavanzo relative al 2018 non recuperate, il cui ripiano è stato sospeso e rinviato in quote decennali a partire dal 2022.

La possibilità di sospendere per un anno il pagamento delle quote di disavanzo pregresso, in una situazione già precaria per le finanze pubbliche siciliane, non fa che aggravare la situazione finanziaria della Regione, dal momento che, anziché intraprendere un percorso responsabile di contrazione della spesa, ne favorisce l’espansione, riducendo, fino ad azzerare per il 2021, l’onere restitutorio sottoscritto in precedenza dalla Regione con il piano di rientro.

Tale scelta si ripercuote inevitabilmente sui già delicati equilibri di bilancio regionali, presidiati dagli artt. 81 e 97, primo comma, Cost., nonché sugli interdipendenti principi di copertura pluriennale della spesa, di responsabilità nell’esercizio del mandato elettivo e di equità intergenerazionale.

Deve dunque dichiararsi l’illegittimità costituzionale dell’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, vigente ratione temporis.

Restano assorbite le ulteriori censure.

6.– Anche le questioni di legittimità costituzionale sollevate nei confronti dell’art. 5 della legge reg. Siciliana n. 30 del 2021, sono fondate.

L’art. 5 della legge reg. Siciliana n. 30 del 2021 stabilisce in euro 7.418.715.638,23 l’ammontare del saldo finanziario negativo al 31 dicembre 2019 e prevede la modifica del piano di rientro di cui all’art. 4, comma 2, della legge reg. Siciliana 28 dicembre 2019, n. 30, e successive modificazioni, al fine di provvedere al relativo ripiano a decorrere dall’esercizio finanziario 2022.

La disposizione censurata, infatti, ha rideterminato integralmente il previgente percorso di rientro dal disavanzo della Regione Siciliana, recependo le innovazioni introdotte dalla normativa di attuazione statutaria di cui all’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, vigente ratione temporis, sospendendo e dilatando i tempi di recupero del disavanzo.

Anche tale normativa comporta un illegittimo ampliamento della capacità di spesa della Regione Siciliana, la quale, anziché recuperare il disavanzo precedente, può così effettuare nuove spese prive di idonea copertura, provocando un peggioramento del già precario equilibrio finanziario, con conseguenze sui contribuenti presenti e futuri ai fini del ripristino del turbato equilibrio.

Questa Corte ha più volte affermato che, in presenza di difficoltà nel risanamento dell’ente strutturalmente deficitario, «il recupero del disavanzo non può essere ulteriormente procrastinato, dovendosi, per converso, porre in essere azioni indispensabili ad incentivare il buon andamento dei servizi e pratiche di amministrazione ispirate a una oculata e proficua spendita delle risorse della collettività (in tal senso, sentenze n. 235 del 2021 e n. 18 del 2019), anche per evitare gravose “eredità” per i futuri amministrati (ancora sentenza n. 235 del 2021)» (sentenza n. 9 del 2024).

Peraltro, come già rilevato con riguardo all’art. 7 del d.lgs. n. 158 del 2019, anche l’art. 5 della legge reg. Siciliana n. 30 del 2021 dispiega effetti negativi sull’equilibrio della finanza pubblica allargata, in quanto i conti della Regione Siciliana confluiscono nelle risultanze dei conti nazionali, con ciò ostacolando la realizzazione degli obiettivi macroeconomici nazionali e di quelli concordati in sede euro unitaria e sovranazionale (in tal senso, ex multis, sentenze n. 84 del 2023, n. 231 e n. 80 del 2017).

Tale disposizione deve pertanto essere dichiarata costituzionalmente illegittima, per contrasto con la regola generale prevista per il recupero del disavanzo dall’art. 42, comma 12, del d.lgs. n. 118 del 2011, per violazione degli artt. 81, 97, primo comma, Cost., sotto il profilo del principio dell’obbligo di copertura della spesa, dell’equilibrio del bilancio e della sana gestione finanziaria.

Sono assorbiti gli altri profili di censura.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 7 del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione siciliana in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli), nella versione risultante a seguito delle modifiche apportate dall’art. 1, comma 1, del decreto legislativo 18 gennaio 2021, n. 8 (Modifiche all’articolo 7 del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158, recante norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli), applicato ratione temporis;

2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 5 della legge della Regione Siciliana 26 novembre 2021, n. 30 (Assestamento del Bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2021 e per il triennio 2021/2023).

Così deciso in Roma nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 maggio 2024.

F.to:

Augusto Antonio BARBERA, Presidente

Angelo BUSCEMA, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 4 luglio 2024